lunedì 31 agosto 2009

Torniamo su Antica e Nuova Alleanza. E gli ebrei?

Padre Giovanni Scalese riporta oggi sul suo blog Querculanus il seguente Comunicato della Conferenza Episcopale Statunitense:

"I Vescovi americani hanno comunicato che il Vaticano ha concesso la recognitio a una modifica nel Catechismo cattolico per gli adulti statunitense, che chiarisce l’insegnamento cattolico sull’alleanza degli ebrei con Dio.

La prima versione del catechismo, nella sua trattazione dell'alleanza di Dio con gli ebrei, affermava: «L’alleanza che Dio concluse con il popolo ebraico attraverso Mosè rimane eternamente valida per loro».

Il testo modificato dice: «Il popolo ebraico, che Dio scelse per primo per ascoltare la sua Parola, ha "l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne"». Nel passo riveduto si cita il capitolo 9 della lettera ai Romani e il paragrafo 839 del Catechismo della Chiesa Cattolica.

La recognitio del Vaticano è una dichiarazione che un documento è in linea con l’insegnamento cattolico. La modifica era stata approvata nella riunione del giugno 2008 dei Vescovi americani a Orlando in Florida.

Un comunicato stampa della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (USCCB) affermava: «Il chiarimento non è una modifica nell’insegnamento della Chiesa. Esso riflette l’insegnamento della Chiesa secondo cui tutte le precedenti alleanze che Dio aveva concluso con il popolo ebraico si sono compiute in Gesú Cristo attraverso la nuova alleanza, stabilita con la sua morte sacrificale sulla croce. I cattolici credono che il popolo ebraico continua a vivere entro la verità dell’alleanza che Dio stabilí con Abramo, e che Dio continua a essere a loro fedele». Il comunicato stampa dell’USCCB citava un passo della Costituzione del Concilio Vaticano II Lumen gentium, che insegna che il popolo ebraico «rimane molto caro a Dio; perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili».

In giugno [2008] i Vescovi statunitensi avevano chiarito anche un documento del 2002 dal titolo Alleanza e missione, dicendo che il documento erroneamente minimizzava l’importanza della diffusione del Vangelo.

L’Associated Press riferisce che la modifica ha portato i principali gruppi ebraici e i rabbini delle tre maggiori correnti del giudaismo americano a dire che le loro relazioni con i leader cattolici erano a rischio. Giovedí i rabbini del movimento ortodosso, di quello conservatore e di quello riformista si sono uniti all’Anti-Defamation League e al Comitato Ebraico Americano nell’affermare che il documento è "antitetico" all’essenza del dialogo interreligioso. Secondo loro, tale dialogo diventa "insostenibile", se lo scopo dei partecipanti cristiani è quello di convincere gli ebrei ad accettare Cristo.

Il Vescovo di Bridgeport in Connecticut, William Lori, ha commentato la revisione di giugno [2008] dicendo: «Se da una parte la Chiesa cattolica non converte il popolo ebraico, essa non può d’altra parte rinunciare a testimoniare loro la propria fede in Cristo, né ad accoglierli nella condivisione di quella stessa fede quando necessario».

Noto con sollievo come anche in questo caso si stia procedendo alla revisione di quel linguaggio post-conciliare che non può non sfociare in vere e proprie eresie. Il precedente "Catechismo degli adulti dei Vescovi americani affermava che l’Antica alleanza "rimane eternamente valida per gli ebrei".

Il comunicato della Conferenza episcopale certamente non si distingue con una formulazione 'chiara e distinta', ma per lo meno afferma che l'antica alleanza trova il suo compimento in Cristo. E' già un inizio confortante, di questi tempi: un altro passo avanti forse troppo timido, ma non per questo meno significativo - insieme alla benedettiana "riforma della riforma" ed alla ricerca della 'continuità' conciliare con la Tradizione -, nel ripristino della verità e nella ricostruzione dell'identità cattolica.

Per opportuna completezza e documentazione, vi metto il link ad un interessante ed esaustivo documento di Mons. Gherardini che, se vi interessa, potete scaricare, in formato rtf, qui

sabato 29 agosto 2009

Condanna del peccato o del peccatore?

Dopo giorni di assenza, trovo molti incalzanti eventi e situazioni che interpellano la nostra riflessione e la nostra coscienza: dalla smentita del "documento" sulla "Riforma della Riforma", alla lunga intervista del card Bertone (questioni sulle quali potremo tornare) e infine alla querelle Feltri-Boffo e connesse risonanze intra ed extra-ecclesiali.
E' da tempo che mi colpisce sfavorevolmente la prontezza e la determinazione con cui i vescovi intervengono in questioni politiche o morali. Non dico che non debbano farlo, ma è come lo fanno che spesso lascia perplessi. Quello che mi tocca profondamente è il fatto che la Chiesa, ma soprattutto il Cristianesimo che essa dovrebbe diffondere e difendere, non E' una morale, ma HA una morale che scaturisce dal rapporto vivo col Signore che scrive la Sua legge nel cuore dei credenti e non gliela getta addosso come un abito spesso scomodo, soprattutto per chi è duro d'orecchie come in questo nostro tempo permissivo, edonista e assetato di una libertà che diventa licenza e rende schiavi delle pulsioni più svariate. E quindi, mi sembrerebbe più logico e anche coerente con la loro missione, il fatto che i Vescovi fossero molto ma molto più attenti a diffondere e difendere le verità della fede, a parlare del Signore e della Sua Grazia e più pronti a condannare l'errore piuttosto che a difendere l'errante, come avvenuto recentemente nei riguardi di Boffo. Mi permetto di dire così, non riferendomi in alcun modo alla vita privata del Direttore di Avvenire, ma di fronte ad una sentenza dell'Autorità giudiziaria e all'assenza di querela, almeno finora, nei confronti di chi ha sferrato un attacco discutibile e di bassa lega, ma che certamente risponde a strategie e dinamiche perverse del difficile e confuso contesto che ci troviamo a vivere.
Quanto mi piacerebbe vedere i vescovi più svegli, pronti e attenti, a difendere le Verità della Fede che molti di loro sembrano i primi ad aver perso di vista! E soprattutto, una Chiesa che ha rinunciato da un pezzo a condannare l'errore e l'eresia che la dilaniano, forse farebbe bene a smetterla col moralismo e con la difesa degli erranti cui affida compiti di rilevanza pubblica. Quant'è diverso il comportamento e di quanti anni luce più lontano da queste dinamiche l'insegnamento del Papa!

venerdì 21 agosto 2009

Inedito di Benedetto XVI "La Messa del futuro? Ecco come deve essere"

Riprendiamo dal "Giornale" di oggi una notizia che sarebbe forse il caso di definire clamorosa :
"...una lettera di Joseph Ratzinger al Dott. Heinz-Lothar Barth e uno stralcio di un intervento sempre di Benedetto XVI, tratte da Davanti al Protagonista. Alle radici della liturgia (Cantagalli, pagg. 232, euro 15), volume in cui i due scritti sono stati raccolti insieme per la prima volta. Nel libro - che verrà presentato al Meeting di Rimini e sarà in libreria a settembre - il Papa (che all’epoca della lettera era ancora cardinale) si interroga sul significato e lo stato attuale della liturgia, esprimendo la speranza che essa non diventi «terreno di sperimentazione per ipotesi teologiche». Caro dottor Barth, la ringrazio cordialmente per la sua lettera del 6 aprile cui trovo il tempo di rispondere solo ora. Lei mi chiede di attivarmi per una più ampia disponibilità del rito romano antico. In effetti, lei sa da sé che non sono sordo a tale richiesta. Nel contempo, il mio lavoro a favore di questa causa è ben noto. Al quesito se la Santa Sede «riammetterà l’antico rito ovunque e senza restrizioni», come lei desidera e ha udito mormorare, non si può rispondere semplicemente o fornire conferma senza qualche fatica. È ancora troppo grande l’avversione di molti cattolici, insinuata in essi per molti anni, contro la liturgia tradizionale che con sdegno chiamano «preconciliare». E si dovrebbero fare i conti con la considerevole resistenza da parte di molti vescovi contro una riammissione generale. Diverso è tuttavia pensare a una riammissione limitata. La stessa domanda verso l’antica liturgia è limitata. So che il suo valore, naturalmente, non dipende dalla domanda nei suoi confronti, ma la questione del numero di sacerdoti e laici interessati, ciononostante, gioca un certo ruolo. Oltre a ciò, una tale misura, a soli 30 anni dalla riforma liturgica di Paolo VI, può essere attuata solo per gradi. Qualunque ulteriore fretta non sarebbe di sicuro buona cosa. Credo tuttavia, che a lungo termine la Chiesa romana deve avere di nuovo un solo rito romano. L’esistenza di due riti ufficiali per i vescovi e per i preti è difficile da «gestire» in pratica. Il rito romano del futuro dovrebbe essere uno solo, celebrato in latino o in vernacolo, ma completamente nella tradizione del rito che è stato tramandato. Esso potrebbe assumere qualche elemento nuovo che si è sperimentato valido, come le nuove feste, alcuni nuovi prefazi della Messa, un lezionario esteso - più scelta di prima, ma non troppa -, una «oratio fidelium», cioè una litania fissa di intercessioni che segue gli Oremus prima dell’offertorio dove aveva prima la sua collocazione. Caro dott. Barth, se lei si impegnerà a lavorare per la causa della liturgia in questa maniera, sicuramente non si troverà solo, e preparerà «l’opinione pubblica ecclesiale» a eventuali misure in favore di un uso esteso dei libri liturgici di prima. Tuttavia bisogna essere attenti a non risvegliare aspettative troppo alte o massimali tra i fedeli tradizionali. Colgo l’occasione per ringraziarla del suo apprezzabile impegno per la liturgia della Chiesa romana nei suoi libri e nelle sue lezioni, anche se qua e là desidererei ancora più carità e comprensione verso il magistero del Papa e dei vescovi. Possa il seme da lei seminato germinare e portare molto frutto per la rinnovata vita della Chiesa la cui «sorgente e culmine», davvero il suo vero cuore, è e deve rimanere la liturgia. Con piacere le impartisco la benedizione che lei ha domandato."Il pensiero del Santo Padre è dunque chiarissimo, una vera benedizione per la Chiesa, se coniugato con la sua saggezza paterna, ma mai tentennante.

martedì 18 agosto 2009

Evoluzionismo applicato alla Chiesa

Ho appena risposto a Zufolo parlando del modernismo e dell'Evoluzione penetrata nella Chiesa che ha investito perfino i dogmi e mi imbatto in queste parole di Mons. Oliveri in un articolo apparso su "Studi Cattolici"

E’ tuttavia assai dura a morire la mentalità secondo la quale il Concilio Vaticano II sia stato quasi una rifondazione della Chiesa nei tempi moderni, e che, con esso la Chiesa abbia fatto pace con il mondo, si sia rappacificata con la modernità, con la filosofia diventata quasi esclusiva negli ultimi secoli, secondo la quale tutto è sempre "in fieri", tutto si evolve, tutto dipende dal pensiero creativo dell’uomo, tutto è in suo totale potere.

Un’altra idea molto diffusa, continua ad essere sostenuta: quella secondo la quale ci sarebbero state senza dubbio delle variazioni di rilievo, negative, dopo il Concilio Vaticano II, ma esse sarebbero esclusivamente dovute ad erronee interpretazioni del Vaticano II, il quale dovrebbe considerarsi tutto perfetto in se stesso e che non conterrebbe nei suoi testi nulla, assolutamente nulla, che possa dar adito a cattive interpretazioni. Questo modo di pensare non tiene conto che i cattivi interpreti, postconciliari, del Concilio, hanno- non pochi – lavorato dentro il Concilio, i cui testi mostrano in diversi punti l’influsso dei "novatores": in diversi testi sta qualche radice che favorisce la cattiva interpretazione. Peraltro coloro che si appellano al cosiddetto "spirito del Concilio" per superarne la lettera, per giustificare l’ermeneutica della discontinuità radicale, sarebbero così poco intelligenti ed avveduti da creare il loro ragionamento partendo dal nulla, dall’inesistente? O partendo da documenti – quelli del Concilio – che con nessuna delle loro espressioni potrebbero far pensare a novità rispetto al Magistero della Chiesa nei secoli, negli ultimi secoli, nell’ultimo Pontificato prima del Vaticano II ?

Nei documenti conciliari non vi sarebbe proprio traccia di quella mentalità che esisteva all’interno del Concilio e che il Cardinal Joseph Ratzinger, descrive nel suo libro- autobiografia ("La mia vita") in questi termini?: "sempre più cresceva l’impressione che nella Chiesa non ci fosse nulla di stabile, che tutto può essere oggetto di revisione. Sempre più il Concilio pareva assomigliare a un grosso parlamento ecclesiale che poteva cambiare tutto e rivoluzionare ogni cosa a modo proprio… Le discussioni conciliari venivano sempre più presentate secondo lo schema partitico tipico del parlamento moderno". (p. 97-98).
"Alla fine 'credere' significava come 'ritenere', avere un’opinione soggetta a continue revisioni" (p.90).

Sostanzialmente vengono confermate cose che andiamo ripetendo da tempo: l'idea di Rifondazione della Chiesa, la "nuova" Chiesa dalle magnifiche sorti e progressive coniata e diffusa da troppi spiritodelconcilio dipendenti, tra cui fa spicco il Cammino neocatecumenale.
Mons Oliveri cita la recente riedizione dei testi di Romano Amerio e come da tempo andiamo ripetendo dice di Amerio
:

ha rivelato con assoluta onestà le variazioni della Chiesa cattolica del XX secolo, ne ha mostrato l’incongruenza con la "Traditio Ecclesiæ" (con quanto cioè nei secoli era stato dalla Chiesa creduto, insegnato, trasmesso con un linguaggio che non può dire "nova" -cose nuove, verità nuove-, ma tutt’al più "nove"- in modo nuovo); se tali segnali di interesse e considerazione sono segni reali e dovessero ancor crescere diffusamente, si potrebbe sperare che i tempi del disorientamento in molta Filosofia ed in altrettanta Teologia stiano per essere superati per lasciare spazio ad un pensiero corrispondente alle essenze, alla realtà delle cose, alla sostanza delle cose, sostanza che non muta, che non può mutare, neppure quando mutano gli accidenti, le forme esterne, le espressioni contingenti, che non costituiscono il "quid est" di una cosa.

Poco prima affermava:

Si sta forse prendendo atto che là dove il Concilio Vaticano II è stato interpretato come discontinuità con il passato, come rottura, come rivoluzione, come cambiamento sostanziale, come svolta radicale e, dove è stato applicato e vissuto come tale, è nata davvero un’altra chiesa, ma che non è la Chiesa vera di Gesù Cristo; è nata un’altra fede, ma che non è la vera fede nella Divina Rivelazione; è nata un’altra liturgia, ma che non è più la Liturgia Divina, ma che non è più la Liturgia tutta intessuta di Trascendenza, di Adorazione, di Mistero, di Grazia che discende dall’Alto per rendere davvero nuovo l’uomo, per renderlo capace di adorare in Spirito e Verità; si è andata diffondendo una morale della situazione, una morale che non è ancorata se non al proprio modo di pensare e di volere, una morale relativistica, a misura del pensiero non più sicuro di nulla, perché non più aderente all’essere, al vero, al bene.

E' lo stesso nostro 'sentire' che non poteva essere espresso meglio!

venerdì 14 agosto 2009

Risposta da Catania al nostro appello

Paolo, da Catania, ha risposto al nostro appello per l'aiuto richiesto dall'estensore della testimoninza pubblicata qualche giorno fa. Lo pubblico per l'utilità che possono trarne tutte le persone del luogo che non hanno punti di riferimento, come invece ne ha trovati lui.

Mi chiamo Paolo sono di Catania e sono appartenuto al cammino neocatecumenale per 19 anni nella parrocchia di San Leone. Ne sono uscito dopo una lunga disputa contro parroco e catechisti su statuti ed altro. Sono ormai totalmente isolato dagli ex fratelli ma non dispero; ho riscoperto una Chiesa tradizionale tenera ed amorevole che si prende cura delle mie angosce e mi sostiene. Non è la prima volta che vi scrivo, l'ultima volta fu l'anno scorso per una testimonianza. Potete dare il mio indirizzo email a chi di Catania vuole contattarmi.
Cristo regni!

paolenna@inwind.it
12 agosto 2009

Questo è quanto Paolo ha risposto alla nostra richiesta di autorizzazione a rendere pubblica la sua mail:

Non sono contrario alla pubblicazione della mia email, dubito però che possa sortire effetti più persuasivi di altre testimonianze in vostro possesso; fai tu! Del resto io ho fatto sempre tutto alla luce del sole e non temo confronti o giudizio in merito.

Mi preme invece conoscere chi, nella mia diocesi, ha sperimentato il mio stesso disagio all'interno del cammino e non ha ancora il coraggio di dare voce alla propria coscienza; per timore del giudizio dei catechisti o perchè non ha trovato interlocutori sereni ma fermi su punti cardini della Fede, tanto da interrogare parroco e catechisti alla presenza di preti non neocatecumenali per chiarire certi atteggiamenti ambigui.

In questo modo vedrei più concretamente l'applicazione della prima delle opere di Misericordia Spirituale: consigliare i dubbiosi.

Un abbraccio nel Signore a tutti. Aggiungete anche me nelle vostre preghiere.
Paolo.

giovedì 13 agosto 2009

Non è di una Chiesa più umana di cui abbiamo bisogno ma di una Chiesa più divina

"il sussidiario" di oggi ha riedito un illuminante intervento tenuto dal card Ratzinger al Meeting di Rimini nel 1990. Mettiamo a vostra disposizione il testo, che merita di essere conosciuto e meditato per intero: consultabile qui - e invece scaricabile in formato rtf qui

Una Chiesa che riposi sulle decisioni di una maggioranza diventa una Chiesa puramente umana. Essa è ridotta al livello di ciò che è plausibile, di quanto è frutto della propria azione e delle proprie intuizioni ed opinioni. L'opinione sostituisce la fede. Ed effettivamente, nelle formule di fede coniate da sé che io conosco, il significato dell'espressione "credo" non va mai al di là del significato "noi pensiamo". La Chiesa fatta da sé ha alla fine il sapore del "se stessi", che agli altri "se stessi" non è mai gradito e ben presto rivela la propria piccolezza. Essa si è ritirata nell'ambito dell'empirico, e così si è dissolta anche come ideale sognato.
L'attivista, colui che vuole costruire tutto da sé, è il contrario di colui che ammira (l'"ammiratore"). Egli restringe l'ambito della propria ragione e perde così di vista il Mistero. Quanto più nella Chiesa si estende l'ambito delle cose decise da sé e fatte da sé, tanto più angusta essa diventa per noi tutti. In essa la dimensione grande, liberante, non è costituita da ciò che noi stessi facciamo, ma da quello che a noi tutti è donato. Quello che non proviene dal nostro volere e inventare, bensì è un precederci, un venire a noi di ciò che è inimmaginabile, di ciò che "è più grande del nostro cuore". La reformatio, quella che è necessaria in ogni tempo, non consiste nel fatto che noi possiamo rimodellarci sempre di nuovo la "nostra" Chiesa come più ci piace, che noi possiamo inventarla, bensì nel fatto che noi spazziamo via sempre nuovamente le nostre proprie costruzioni di sostegno, in favore della luce purissima che viene dall'alto e che è nello stesso tempo l'irruzione della pura libertà.

Siamo ben consapevoli che tutto questo accade quando si lascia spazio all'umanesimo al posto della fede viva e si pone l'uomo al centro di tutto e non il Signore. E' per questo che da tempo parliamo di antropocentrismo della Riforma modernista: "è l'assemblea che fa l'Eucaristia" (parole di Kiko Arguello), è l'Assemblea che celebra (dimenticando che se lo fa è solo nel senso che è UNO con il vero Celebrante Cristo che agisce nel suo Ministro, il Sacerdote, che ora ne è divenuto il Presidente).

Altro linguaggio, altra ecclesiologia, altra teologia. Non nascondiamoci più dietro al dito del Concilio riformatore; l'autentica ricorma non c'è stata ed è lo stesso card Ratzinger a ricordarcelo già nel 1990:

"Non è di una chiesa più umana di cui abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana"

E, oggi, il nostro Papa, col motu proprio e con la sua Riforma sul campo, ce ne sta mostrando la Via.

E' il Signore che fa la Chiesa, non l'uomo faber costruttore di nuove rivelazioni e nuove liturgie 'fai da te' che svegliano il sentimento e inaridiscono il cuore. E' il Signore che deve tornare al centro di ogni insegnamento e di ogni esperienza, non surrogati come le nuove ideologie moderniste o il sedicente "metodo di iniziazione cristiana" di nuovo conio, del quale stiamo da tempo analizzando tutto ciò che del Signore è solo scimmiottatura.

martedì 11 agosto 2009

Alcune riflessioni: Novus Ordo e abusi neocat

Scrive oggi Tripudio, in riferimento ai testi richiesti dall'estensore dell'ultima testimonianza:

Quei libri documentano che il Cammino è sempre stato lo stesso, ha sempre prodotto gli stessi problemi, ovunque si sia impiantato. Per una persona che vuole uscire dal Cammino possono essere utili per capire di più, per aprire di più gli occhi, ma purtroppo non rappresentano la soluzione definitiva. Quei libri li vedrei bene sulla scrivania di un vescovo. Aperti, pieni di note e sottolineature da parte di sua eccellenza. Purtroppo non è andata così.

Kiko non cerca pubblicità, se non quella necessaria a mantenere in piedi il grande inganno. Ciò che i neocat temono di più è l'esistenza di persone (dentro e fuori il CN) che si interrogano sul CN chiedendo o addirittura fornendo informazioni precise. Anche quando avessero il comando esplicito di ignorarci, alcuni finiscono su questo blog a sparare commenti infuriati e minacciosi perché non hanno resistito nel vedere smascherati alcuni degli arcani segreti di Pulcinella del Cammino.

Ma il grande inganno è architettato bene e prosegue. Vi racconto l'ultimo episodio, che mi intristisce non poco.

Mi riferisco all'indifferenza rispetto al CN da parte dei preti progressisti, tifosi irriducibili del Novus Ordo Missae e del Concilio Vaticano II. Qualche giorno fa con delicatezza ricordavo ad uno di costoro quanto il CN abbia tradito (!!!) il NOM e il CV2, ricevendo in risposta un agghiacciante «sì, ma sono tanti, sono in crescita...»

Aggiungevo che il CN rovina le famiglie e mi sentivo rispondere che ogni movimento ecclesiale ha le sue beghe interne. In realtà, sembrava che il sacerdote in questione semplicemente non volesse occuparsi del caso. Come se NOM e CV2 gli significassero distruzione del passato e trascuratezza nel presente.

Dev'essere una malattia molto diffusa, altrimenti qui con noi avremmo anche degli strenui difensori del NOM a condannare le storture liturgiche del Cammino...

Infatti Tripudio; avevo appena predisposto il nuovo articolo che inserisco qui:

Vogliamo fornire un breve excursus di Storia della Liturgia per dare informazioni corrette a quei novatori, di cui fanno farte anche i neocatecumenali, i quali sono soliti citare a pappagallo insegnamenti frutto di quell'"insano archeologismo liturgico" già stigmatizzato da Pio XII nella Mediator Dei - (Le citazioni sono tratte da "La mia vita" di Joseph Ratzinger) :

"Pio V si era limitato a far rielaborare il messale romano allora in uso, come nel corso vivo della storia era sempre avvenuto lungo tutti i secoli. Non diversamente da lui, anche molti dei suoi successori avevano nuovamente rielaborato questo messale, senza mai contrapporre un messale a un altro. Si è sempre trattato di un processo continuativo di crescita e di purificazione, in cui, però, la continuità non veniva mai distrutta. Un messale di Pio V che sia stato creato da lui non esiste. C'è solo la rielaborazione da lui ordinata, come fase di un lungo processo di crescita storica [..] Ora, invece, la promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nel corso dei secoli, fin dal tempo dei sacramentali dell'antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano solo essere tragiche. Come era già avvenuto molte volte in precedenza, era del tutto ragionevole e pienamente in linea con le disposizioni del Concilio che si arrivasse a una revisione del messale, soprattutto in considerazione dell'introduzione delle lingue nazionali. Ma in quel momento accadde qualcosa di più: si fece a pezzi l'edificio antico e se ne costruì un altro, sia pure con il materiale di cui era fatto l'edificio antico e utilizzando anche i progetti precedenti".

Commento della Redazione di Messainlatino, ed è quel che avremmo scritto noi: "La Messa antica risale almeno al Papa Gregorio Magno, nei suoi elementi essenziali, tanto che il card. Castrillòn proponeva l'espressione 'messa gregoriana'. 1500 anni di applicazione ininterrotta (con crescita e modifiche, ma sempre gradualissime e 'organiche') rappresentano di sicuro un tempo immemorabile che giustifica appieno l'espressione Messa o liturgia di sempre. Invece la Messa di Paolo VI, che esiste da 40 anni e che, come scriveva il card. Ratzinger, è un 'edificio nuovo', non merita in alcun modo quel titolo. Il che non esclude la validità della nuova liturgia, sia ben chiaro.
E prima del V secolo? Quel che c'era nei primi secoli non lo sappiamo con certezza, ma con ogni probabilità era più simile a quel che immediatamente e organicamente è seguito (ossia la 'messa gregoriana') che non la ricostruzione di Bugnini, archeologistica a parole ma in realtà impastata di pregiudizi novecenteschi, che ha recuperato qualcosa qui e là (ad es. le preghiere dei fedeli) ma in realtà distruggendo lo spirito di quel che si faceva ai tempi apostolici. [Lo stesso dicasi per le aggiunte e manipolazioni introdotte da Kiko Arguello sul Novus Ordo, tratte da una rivelazione di nuovo conio luterana e giudaizzante]
Come nella comunione in mano: che era sì usanza antica, ma circondata di tali e tanti atti devozionali da corrispondere negl'intenti infinitamente di più al successivo inginocchiarsi e comunicarsi in bocca, che non all'odierna fila per il rancio (e si tratterà pure di abusi, ma indicateci una sola parrocchia ove la comunione mostra il grado di riverenza non diciamo del rito 'tridentino', ma degli usi dei primi secoli, con lunghi digiuni, la mano lavata degli uomini e coperta da un velo le donne, ecc.).

Cosa dice, oggi in nostro Papa? Nell'ultima catechesi tenuta il 5 agosto scorso, dedicata al Curato D'Ars, Giovanni Maria Vianney, scelto come protettore dell'Anno Sacerdotale - e richiamato come esempio di una pastorale feconda in virtù della centralità dell'Eucaristia, dell'Adorazione e dell'assiduità alle confessioni - dice il Papa: " Lungi allora dal ridurre la figura di san Giovanni Maria Vianney a un esempio, sia pure ammirevole, della spiritualità devozionale ottocentesca, è necessario al contrario cogliere la forza profetica che contrassegna la sua personalità umana e sacerdotale di altissima attualità. Nella Francia post-rivoluzionaria che sperimentava una sorta di “dittatura del razionalismo” volta a cancellare la presenza stessa dei sacerdoti e della Chiesa nella società, egli visse, prima - negli anni della giovinezza - un’eroica clandestinità percorrendo chilometri nella notte per partecipare alla Santa Messa. Poi - da sacerdote – si contraddistinse per una singolare e feconda creatività pastorale, atta a mostrare che il razionalismo, allora imperante, era in realtà distante dal soddisfare gli autentici bisogni dell’uomo e quindi, in definitiva, non vivibile.
Cari fratelli e sorelle, a 150 anni dalla morte del Santo Curato d’Ars, le sfide della società odierna non sono meno impegnative, anzi forse, si sono fatte più complesse. Se allora c’era la “dittatura del razionalismo”, all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di “dittatura del relativismo”. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo. Oggi però, come allora, l’uomo “mendicante di significato e compimento” va alla continua ricerca di risposte esaustive alle domande di fondo che non cessa di porsi.

Purtroppo oggi il relativismo è penetrato anche in campo religioso e liturgico e sta mettendo a serio rischio i fondamenti della nostra fede: la categoria di "liturgisti" con cui ci troviamo a confrontarci e che pretende di eludere i dogmi della Chiesa ormai vive prigioniera dei propri "dogmi" incapace di mettere in discussione alcunché. E non riesce neppure a cogliere la portata dello scempio, perché manca degli strumenti di comprensione -avendo oltretutto interiorizzato una invincibile ostinata rigidità mentale- che sono gli insegnamenti e le intenzioni della Chiesa di Sempre di rendere autentico culto a Dio. Nelle celebrazioni bugniniane, nonché in quelle kikiane, abbiamo il culto dell'uomo: l'Assemblea che celebra, il Sacrificio di Cristo sullo sfondo e neppure tanto. L'escatologia scaturisce dall'Assemblea e non dal vero Celebrante che è il Signore e dalla sua Espiazione Redentiva!

Tutto questo ovviamente per sommi capi. Il problema è che non solo i neocatecumenali, ma molti sacerdoti e vescovi della "nuova" Chiesa sono portatori di questa forma di neo-protestantesimo e noi non smetteremo di tener desta l'attenzione e di ricordare le Verità di Sempre

sabato 8 agosto 2009

Testimonianza da Catania

Spett.le internetica,

premetto che non sono mai entrato nel cnc. Purtroppo ho dei familiari che ne fanno parte. Tutto è iniziato una decina d'anni fa quando una delle mie sorelle (la chiamerò GRA) fu contattata da alcuni neocatecumenali. Questi, approfittando del difficile momento che attraversava col marito, la indussero ad iniziare il cammino.

Come potete benissimo immaginare dopo circa 4 anni, io i miei genitori e le altre mie sorelle (che chiamerò MED e PIC) fummo invitati ad una celebrazione.

Qui caddero nella tela del ragno altre quattro persone: mio padre, mia madre, mia sorella MED e suo marito. Anche loro iniziarono con gli impegni serali. Dapprima solo due giorni la settimana, poi pian piano sono arrivati a sette. Adesso GRA e suo marito sono stati promossi a responsabili. Scomparsi. Non si vedono più né con i miei genitori e neanche con MED, perché fanno parte di comunità diverse.

Se prima era solo GRA e suo marito a martellarci con le richieste di aderire al cnc adesso sono molti di più. Solo mio padre non mi hai mai detto niente, anzi vuole a tutti i costi abbandonare il cammino perché fortunatamente ha capito di trovarsi dentro un movimento settario. Ma come fa ad uscirsene? Come può lasciare questo famigerato cammino? Ogni qualvolta esprime la volonta di non voler andare, viene attaccato su tutti i fronti. Non dorme più. E' un uomo disperato. Che fare? Dove andare? Con chi parlare? Non c'è più pace in quella casa. Immaginete i litigi fra mio padre e mia madre.

Una volta ci incontravamo quasi settimanalmente tutti i figli con le relative famiglie ( siamo tutti sposati ) a casa di mio padre. Adesso in quella casa entrano solo nc.

Mi ricordo un Sabato pomeriggio di molti anni fa dissi ad un mio collega :" Stasera ho una bella mangiata a casa di mio padre con tutte le mie sorelle , saremo circa quindici e abbiamo comprato chili e chili di pesce, dopo ci divertiremo a cantare e scherzare". Lui mi rispose quasi con invidia: "La vostra deve essere una bella famiglia unita, perché ti sento dire spesso di queste serate con i tuoi familiari." Adesso io mi chiedo:" Ma a cosa serve questo cammino, se non ad odiare chi non è con loro? A cosa serve questo cammino se non a disgregare le famiglie?"

Per favore aiutatemi. Vorrei almeno riuscire affinché mio padre possa rimanere in casa a coltivare il suo orto e non sia costretto ad andare ad incontri , celebrazioni, convivenze e quant'altro usa fare il movimento.

p.s. Dove posso comprare i libri di
E. Zoffoli
Gino Conti
Nicodemo
Elio Marighetto
Ho provato a Catania ma non si trovano neanche ad ordinarli.

Grazie
Nocnc1

martedì 4 agosto 2009

Ultimissime di agosto

Riportiamo dalla "Ultimissime" del sito:

3 agosto. Leggiamo sul blog Cathcon "Tabernacolo neocatecumenale "a due livelli": "At the end of the wall there will be a Tabernacle, designed with two levels: one has the presence of the Blessed Sacrament, and the other has the presence of the Sacred Scripture". Traduzione: "In fondo al muro ci sarà un Tabernacolo, progettato in due livelli: uno ha la presenza del Santissimo Sacramento, e l'altro ha la presenza della Sacra Scrittura".
Per noi non è una novità tant'è che dalla documentazione sulla Domus Galileae traiamo l' eloquente immagine e il commento. Che dire dell'esistenza, nella Domus, del Santuario della Parola e della grande enfasi che lo accompagna? Basti pensare, ad esempio, alle celebrazioni con Rabbini che danzano intorno alla Torah compiaciuti per lo stile antico-testamentario della costruzione. Dobbiamo tener conto che il giudaismo dei tempi di Gesù, centrato sul Tempio e sul sacrificio dell’agnello pasquale, è scomparso col Tempio; e dal II secolo dopo Cristo, è stato sempre più decisamente sostituito dal “culto della Torah”. Questa importanza data alla Parola è tipica del popolo Ebraico ed inoltre l'uso dell'adorazione della Parola in luogo di quella del Santissimo, di cui non riconosce la Presenza Reale, è tipica di una certa parte del Protestantesimo. La nostra non è una “religione del Libro”, e la divinizzazione di un Testo, bensì è Fede nel Verbo fatto Uomo, il Signore Gesù, che non ci sembra trovi adeguata dignità in mezzo a tanti orpelli e in tutta questa immaginifica costruzione fatta di un'accozzaglia di simboli tratti dall'ebraismo, di sapore qabbalistico.
A proposito della equiparazione della Parola alle Sacre Specie[vedi anche]

domenica 2 agosto 2009

Novus e Vetus a confronto, con intermezzo neocatecumenale

I blog cattolici Messainlatino e Rinascimento Sacro hanno dato ampio spazio a due discorsi di Paolo VI, rispettivamente del 1976 e del 1977, che difendono la riforma liturgica e tuttavia condannano gli abusi già evidenziatisi. Desidero rimanere in tema alla nostra maniera, proponendo le seguenti riflessioni.

Dal discorso si nota come Lefebvre viene apostrofato direttamente - e anche con insolita violenza se consideriamo la 'medicina della misericordia' di conio conciliare -, mentre gli appunti ad altri comportamenti sono generici e strumentali alla Riforma "fabbricata a tavolino" appena varata (tra l'altro il beneamato Rahner, ovviamente, non è citato da Paolo VI)

Quoto dal discorso queste parole che, con la lettura odierna, mi fanno rabbrividire:

"Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II. Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino.
La stessa disponibilità noi esigiamo, con la stessa autorità suprema che ci viene da Cristo Gesù, a tutte le altre riforme liturgiche, disciplinari, pastorali, maturate in questi anni in applicazione ai decreti conciliari. Ogni iniziativa che miri a ostacolarli non può arrogarsi la prerogativa di rendere un servizio alla Chiesa: in effetti reca ad essa grave danno."

Che dire, se non chiedersi da quale parte fossero i profeti di sventura, scambiata per la "nuova primavera della Chiesa". Inconsapevoli? Solo il Signore lo sa. Sta di fatto che questa "rottura degli argini" ha reso possibile ogni genere di abusi, tra i più deleteri dei quali il nuovo rito neocatecumenale.

Riporto queste parole di Florenskij, citate da Mosebach nel suo ultimo libro "L'eresia dell'informe": "Il nostro ufficio divino è più antico di noi e dei nostri genitori, più antico del mondo stesso. L'ufficio divino non è stato per così dire inventato ma trovato, raggiunto: ciò che sempre già era, questa è più o meno l'essenza di una preghiera ragionevole. La fede ortodossa ha assunto in sé l'eredità del mondo, e in essa abbiamo davanti a noi il grano delle religioni, passato al setaccio, puro, battuto, sceverato dalla pula, la vera e propria essenza dell'umano... (Mosebach definisce l'antico rito come il compendio di tutte le religioni e di tutti i sacrifici, ricordando quello umano, animale e incruento, rappresentati da quello di Abele, Abramo e Melchisedech e in via definitiva sostituiti da quello di Cristo, come esplicitato nell'antico canone salvaggiamente tagliato) Pertanto è fuori di dubbio che il nostro ufficio divino non derivi dall'uomo ma da angeli..."

Presupposto per vivere in tal modo il culto cristiano, è un assoggettamento alla forma che dissolva ogni traccia di quanto è soggettivo. Già nella primissima cristianità il padre della Chiesa orientale Basilio il Grande insegnava che la Liturgia è Rivelazione esattamente come la Sacra Scrittura e per tale ragione non deve mai essere intaccata. E così si è mantenuto fino al pontificato di Paolo VI, con una riforma liturgica che ha divorato i suoi figli!

In conclusione - senza mettere il discussione la validità del NOM ben celebrato al quale accostarsi con la consapevolezza di unire il nostro al Sacrificio di Cristo, dei nostri peccati e accogliendo le Grazie a noi concesse senza nient'altro, con semplicità naturalezza e devozione - cerchiamo di non cadere in un altro tipo di naturalezza, che è soltanto un presunto e arbitrario ritorno alle origini, in base alla quale non ci si inginocchia più neppure durante la Consacrazione e, per condensare il tutto in un frammento:

che differenza tra la gioia mistica e sorgiva di Davide che 'gioca' (nel senso più puro del termine) danzando innanzi all'Arca dell'Alleanza, e la scimmiottatura delle danze davidiche perpetrata dai neocatecumenali al termine del rito (che non può definirsi "ufficio divino" perché è la festa dell'Assemblea) da parte di persone preda dell'esaltazione emotiva, che è il contrario del raccoglimento, dell'Adorazione e porta 'fuori di sé', oltretutto semi-analfabete per quanto riguarda i fondamenti della fede da interiorizzare e assimilare e quindi vivere