lunedì 30 agosto 2010

Mistificazioni neocatecumenali su Wikipedia

Com'è ormai noto, il Cammino neocatecumenale, da sempre enfatizza con ogni mezzo tutto ciò che è e compie, conducendo vere e proprie operazioni di 'marketing' su tutti e fronti e con ogni mezzo, soprattutto mediatico.

Quanti conoscono bene cos'è davvero questa realtà che, in virtù di un'anomala approvazione ora può dirsi ecclesiale, e quindi riescono ad andare al di là dell'accentuata opera di autoesaltazione e di sempre più raffinata mimetizzazione sotto una abile parvenza di cattolicità, non mancano di smascherarne le manifestazioni più subdole. Un esempio molto eloquente di pubblicità ingannevole nonché di evidente menzogna è la strumentalizzazione della Lettera inviata nel febbraio 2007 al Cammino dai Vescovi di Terra Santa contenente, insieme agli incoraggiamenti iniziali di rito, precisi richiami e indicazioni di comportamento:
[Tratto da Vikipedia Inglese, tra le notizie pubblicate alla Voce "Cammino NC"]
-A letter from the bishops of the Holy Land (2/2007)-
Three days later, on the 25, The Catholic Bishops of the Holy Land wrote a letter to Kiko saying, amongst other things: The Catholic bishops of the Holy Land wrote a letter welcoming the Neocatechumenal Way, giving indications for its work in the area.
"Brothers and sisters of the Way: You are welcome in our dioceses," the bishops wrote in their letter released Sunday. "We thank God for the grace the Lord has given you and for the charism that the Holy Spirit has infused in the Church through your ministry of post-baptismal formation.
"We are grateful for your presence in some of our parishes, for the preaching of the Word of God, for the help given to our faithful in deepening their faith and in rooting them in their own local church."
["Ringraziamo Dio per la grazia che il Signore vi ha data e per il carisma che il Santo Spirito ha effuso nella Chiesa tramite il vostro ministero della formazione post-battesimale. Siamo riconoscenti per la vostra presenza in alcune delle nostre parrocchie, per la predicazione della Parola di Dio, per l'aiuto offerto ai nostri fedeli nell'approfondimento della loro fede e nel radicarsi nella loro propria chiesa locale, in "una sintesi di predicazione kerygmatica, cambiamento di vita e liturgia" (Statuti, Art 8)]
Sulla versione inglese di Vikipedia, come potete ben vedere, è stato inserito il preambolo, ma non la parte 'sostanziosa' della lettera: cioè le correzioni e le prescrizioni dei vescovi di Terrasanta, che pubblichiamo di seguito, chiedendoci come possa accadere e cosa significhi che una realtà ecclesiale usi la “pubblicità ingannevole” per enfatizzare la propria attività.
Qui a lato inseriamo un'immagine eloquente: la Torah 'vestita' more ebraico intorno alla quale sono soliti danzare anche i rabbini ospitati alla Domus, 'luogo' di grande e impropria commistione con l'ebraismo (come a suo tempo pubblicato da Sandro Magister).

Per saperne di più sulla Domus Galilaeae [vedi]

Ricordiamo che Magister fu l'unico vaticanista a denunciare le nefandezze di Maciel, all'epoca degli assordanti silenzi dei suoi protettori in Vaticano, con grande disappunto dell'allora card. Ratzinger che, eletto Papa non tardò ad allontanarlo. Magister è uno dei pochi a parlar chiaro sui neocatecumenali, anch'essi molto dotati di appoggi potenti nell'ambito delle più alte cariche della Curia...
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Ed ecco, di seguito, il pezzo mancate nella documentazione di cui si fregia sul web il Cammino

[….] (Preambolo riportato sopra, inserito su Vikipedia inglese, senza quanto segue)

In seguito alla Lettera che il Papa Benedetto XVI vi ha indirizzato il 12.1.2006, e a quella della Congregazione del Culto Divino del 1.12.2005, vi domandiamo di prendere posto nel cuore della parrocchia nella quale annunciate la Parola di Dio, evitando di fare un gruppo a parte. Vorremmo che poteste dire con S. Paolo: " Mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero" (I Cor 9, 19).

II principio al quale dobbiamo tutti insieme restare fedeli e informare la nostra azione pastorale dovrebbe essere ”una parrocchia e una Eucaristia”. II vostro primo dovere perciò, se volete aiutare i fedeli a crescere nella fede, è di radicarli nelle parrocchie e nelle proprie tradizioni liturgiche nelle quali sono cresciuti da generazioni.

In Oriente, noi teniamo molto alla nostra liturgia e alle nostre tradizioni. E' la liturgia che ha molto contributo a conservare la fede cristiana nei nostri paesi lungo la storia. Il rito è come una carta d'identità e non solo un modo tra altri di pregare. Vi preghiamo di aver la carità di capire e rispettare l'attaccamento dei nostri fedeli alle proprie liturgie.

2. L'Eucaristia è il sacramento di unità nella parrocchia e non di frazionamento. Chiediamo pertanto che le celebrazioni Eucaristiche, in tutti i riti orientali, nonché nel rito latino, siano sempre presiedute dal parroco, o, nel caso del rito latino, in pieno accordo con lui. Celebrate l'Eucaristia con la parrocchia e secondo il modo della Chiesa locale. "Là dove c'è il vescovo, lì c'è la chiesa", ha scritto S. Ignazio di Antiochia. Insegnate ai fedeli l'amore per le loro tradizioni liturgiche e mettete il vostro carisma al servizio dell'unità. [la foto in alto mostra la 'fractio panis' del sincretistico rito neocat sulla 'mensa' su cui campeggia vistosamente la channukkiàh ebraica al posto della croce]

3. Vi chiediamo inoltre di mettervi seriamente allo studio della lingua e della cultura della gente, in segno di rispetto per loro e quale strumento di comprensione della loro anima e della loro storia, nel contesto della Terra Santa: pluralismo religioso, culturale e nazionale. Inoltre, nei nostri Paesi, Palestina, Israele, Giordania, tutti sono alla ricerca della pace e della giustizia, una ricerca che fa parte integrante della nostra vita di cristiani. Ogni predicazione dovrebbe guidare i nostri fedeli negli atteggiamenti concreti da assumere nel diversi contesti della vita e nella stessa situazione di conflitto che continua in Palestina: atteggiamento di perdono e di amore per il nemico, da un lato, e dall'altro, esigenza dei propri diritti: specialmente la dignità, la libertà e la giustizia.

Vi chiediamo di predicare un Vangelo incarnato nella vita, un Vangelo che illumini tutti gli aspetti della vita e radichi i fedeli in Gesù Cristo Risorto e in tutto il loro ambiente umano, culturale e ecclesiale.

Domandiamo a Dio di colmare i vostri cuori della sua forza e del suo amore, e di darvi la grazia affinché possiate colmare i cuori dei fedeli del suo amore e della sua forza.”

Gerusalemme, 25 Febbraio 2007

† Michel Sabbah, Patriarca Latino di Gerusalemme
† Elias Shakour, Arcivescovo Greco Melchita Cattolico di Acri, Haifa, Nazaret e di tutta la Galilea
† George El-Murr, Arcivescovo Greco Melchita Cattolico di Filadelfia, Petra e della Giordania
† Paul Sayyah, Arcivescovo Maronita di Haifa e della Terra Santa ed Esarca Patriarcale Maronita di Gerusalemme, dei Territori Palestinesi e della Giordania
† Fouad Twal, Vescovo Coadiutore Latino, Gerusalemme
† Kamal Bathish, Vescovo Ausiliare Latino, Gerusalemme
† Selim Sayegh, Vicario Patriarcale Latino per la Giordania
† Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vicario Patriarcale Latino per Israele
† Pierre Melki, Esarca Patriarcale Siro-Cattolico di Gerusalemme, di Terra Santa e della Giordania
† George Bakar, Esarca Patriarcale Greco Melchita Cattolico di Gerusalemme.
Rafael Minassian, Esarca Patriarcale Armeno Cattolico di Gerusalemme, di Terra Santa e di Giordania

sabato 28 agosto 2010

QUALE “INIZIAZIONE CRISTIANA”?

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, con molta semplicità ed altrettanta chiarezza individua l ”iniziazione cristiana” esclusivamente nell’ assunzione di tre sacramenti, Battesimo, Confermazione ed Eucaristia, posti a fondamenti di ogni vita cristiana. “...I fedeli, rinati nel santo Battesimo, sono corroborati dal sacramento della Confermazione e, quindi, sono nutriti con il cibo della vita eterna nell'Eucaristia, sicché, per effetto di questi sacramenti dell'iniziazione cristiana, sono in grado di gustare sempre più e sempre meglio i tesori della vita divina e progredire fino al raggiungimento della perfezione della carità “. (Paolo VI, Cost. ap. Divinae consortium naturae: AAS 63 (1971) 657; cf Rito dell'iniziazione cristiana degli adulti, Introduzione generale, 1-2 ;1992, p. 17).

Dunque l' “iniziazione” si riferisce esclusivamente all’ acquisizione di questi tre sacramenti essenziali per la vita del cristiano e non si spinge fuori da questo terreno nemmeno di un millimetro, vista anche la delicatezza e i molteplici significati che sono evocati dallo stesso termine e che potrebbero dare luogo a fraintendimenti.

Qualche autorevole prelato di Santa Romana Chiesa, come il cardinale Martini, ritiene tuttavia legittimo spingersi molto oltre nell’analisi dei significati del termine “iniziazione”, tanto da domandarsi: ” La chiesa primitiva ha conosciuto diverse tappe della maturazione cristiana? Ha ritenuto cioè che l'iniziazione alla conoscenza del Vangelo e la sua integrazione nella vita non avvenissero in breve tempo, per esempio durante la preparazione al battesimo, ma richiedessero tempi lunghi e momenti successivi di maturazione? “ Sulla scorta di tale autoprovocazione, lo stesso cardinale, dopo una lunga serie di riflessioni e una faticosa esegesi biblica, da lui evidentemente condotta, giunge a delineare un’ipotesi non contemplata affatto dal Catechismo della Chiesa Cattolica, anche se suggestiva. Egli infatti afferma: “ Se dunque esisteva nella chiesa primitiva la coscienza di un itinerario cristiano da percorrere in momenti successivi, ci si può chiedere ulteriormente se nel tempo del Nuovo Testamento sia esistito qualcosa come uno o più “manuali” atti a introdurre in queste diverse tappe. E' a questo punto che si colloca un'ipotesi di lavoro secondo cui i “quattro Evangeli”, nell'ordine Marco – Matteo – Luca - Giovanni, potrebbero essere considerati come indicativi dello spirito caratteristico dei diversi momenti di questo itinerario. Pur tenendo conto del fatto che le diversità tra i vangeli sono dovute a molti motivi, ...sembra che non sia da trascurare, nella valutazione delle loro diversità, anche l'intenzione specifica di ciascuno di essi di servire ad un particolare momento della maturazione cristiana. Ritenendo Marco come il Vangelo più antico si vedrà facilmente che esso è particolarmente adatto per la prima istruzione catecumenale in preparazione al battesimo. Sviluppando lo schema della vita di Gesù che ha in comune con i discorsi kerygmatici degli Atti degli Apostoli, esso offre la materia essenziale per una prima istruzione sul fatto cristiano incentrata sulla persona e l'opera di Gesù. Matteo, col rilievo dato al tema della comunità e con l'abbondante raccolta dei detti parenetici di Gesù, si presta assai bene per la formazione di coloro che hanno ricevuto il battesimo e debbono iniziarsi ai doveri della vita in comune. L'opera lucana ( Luca e Atti ) prolunga il racconto della evangelizzazione fatta da Gesù con la narrazione della testimonianza resa dai suoi inviati ed è particolarmente indicata per preparare il battezzato a proclamare ad altri la parola di Dio. Infine Giovanni, il Vangelo del “presbitero”, rappresenta la riflessione matura della coscienza cristiana sul mistero della Rivelazione, e si presta soprattutto per l'istruzione di coloro che, avendo percorso i gradi successivi dell'esperienza cristiana, la vogliono contemplare nel suo insieme unitario nella trasparenza della fede.

Dunque il cardinale Martini , in base a tali studi individuerebbe l”iniziazione cristiana” non soltanto nella preparazione e nell’acquisizione dei tre sacramenti indicati dal CCC, ma anche e soprattutto nell’analisi e nell’assimilazione, a tappe, dei quattro Vangeli, secondo una logica di successione temporale molto precisa.

Né il CCC, né gli studiosi cattolici più “avanzati” dunque pretendono di dare al termine e alla sostanza dell”iniziazione” significati diversi da quelli cui si è accennato, quali, ad esempio, quelli che possono valere in ambiti non strettamente cristiani ed ecclesiali o religiosi in genere, ma ampiamente antropologici.

Ida Magli, ad esempio, fa derivare il termine 'Iniziazione' dal latino "Initium", indicante la cerimonia con la quale si entrava in una associazione misterica. E ne individua quattro gruppi principali:
  1. riti di iniziazione tribale compiuti su giovani maschi (iniziazioni puberali);
  2. cerimonie e particolari esperienze fisiche e spirituali che conferiscono il diritto di entrare ed appartenere a gruppi chiusi, associazioni, società segrete;
  3. riti di passaggio da un'età ad un'altra (al fine di creare una gerarchia all'interno del medesimo gruppo culturale);
  4. addestramento cui determinati individui vengono sottoposti per accedere alla condizione di sciamani, stregoni, maghi, medicine-men (guaritori).

L'elemento che accomuna questi quattro tipi di esperienze è quello iniziatico, ovvero "un particolare complesso rituale e ideologico definibile della morte-resurrezione, in quanto prevede il passaggio dell'iniziando da uno status religioso e sociale (morte) a un nuovo status (resurrezione o nuova nascita)". Procedimento che, con termine greco, potremmo definire dunque “Kenosis”.

Per questo motivo Van Gennep ("I riti di passaggio", 1909), annovera tali fenomeni in una unica categoria quella dei "riti di passaggio", inscindibili dai momenti critici della vita umana quali appunto: nascita, pubertà, matrimonio, morte. Dunque, iniziazione come passaggio e trasformazione.

In "L'iniziazione", 1986, Bent Parodi riferendosi all'iniziazione, afferma: "Si tratta di una profonda trasformazione dell'essere individuale, d'una rinascita che segue la morte della vecchia condizione profana". Essa lascia un segno indelebile poiché l'iniziato è un "altro" uomo: "Comporta una mutazione ontologica del regime esistenziale" (B. Parodi).

Abbandonando il piano fenomenologico per lo "psicologismo", Serge Hutin in "Le Società Segrete", 1996, afferma che "l'iniziazione, in generale, si può definire: un processo destinato a realizzare psicologicamente nell'individuo il passaggio da uno stato dell'essere giudicato inferiore, ad uno stato superiore, la trasformazione da profano in iniziato".

Ferma la caratterizzazione psicologica (ed applicando lo schema: purificazione = morte - illuminazione - reintegrazione = rinascita allo stato prima della caduta o stato pre-adamitico) si tratterebbe, secondo Hutin, di "una realizzazione puramente interiore dell'essere umano, realizzazione di una possibilità che l'individuo portava in sè, allo stato virtuale".

Da ciò deriverebbe che l'individuo deve essere "iniziabile", avere cioè già in sè un'attitudine da sviluppare. Senza esagerare, potremmo definire questa dimensione molto prossima a quella del battezzato che si pretende comunque di "iniziare" al battesimo.

L'iniziazione dunque è connotata da un carattere fortemente individualistico: "Il significato reale della segretezza iniziatica non è un voler nascondere, ma un non poter rivelare a chi non ha i mezzi della comprensione immediata. Solo tra eguali è possibile un dialogo iniziatico" (S. Hutin). Infatti, l'iniziato non "apprende qualcosa, ma avverte un sentimento: la percezione è diretta e non mediata da sintesi intellettuali. In questo senso il segreto è: arretòn, cioè indicibile" (S. Huttin). A proposito dell'essenza iniziatica massonica O. Wirth scriveva: "Voi non conoscerete della Massoneria se non quello che avrete trovato voi stessi ".

L'iniziazione dunque, che non è l'esposizione dogmatica di una dottrina, ma un serie di riti ed operazioni che "agiscono attraverso una specie di impregnazione del sub-cosciente, al quale essi conferiscono una potenza ed efficacia reali" (J. Boucher), partecipa in questo senso dell'aggettivo esoterico come pure nel senso dell'esperienza assolutamente personale e non trasmissibile tramite la parola a chi non sia iniziato ovvero, a chi non abbia provato, a chi non abbia vissuto. Ed in effetti non trasmissibile fino in fondo nemmeno fra iniziati, tanto connotati come individui noi siamo l'uno rispetto all'altro. Trattasi di un segreto "sostanziale", oseremmo dire "esistenziale", e non "formale", livello al quale volgarmente viene ridotto.

Le molteplici forme di iniziazione nell'interpretare ognuna a suo modo lo schema: discesa (caduta) - risalita, morte - resurrezione (Vdns. le Catechesi iniziali di Kiko ), fanno comunque riferimento tutte ad una saggezza primordiale, ovvero ad una tradizione iniziale estremamente antica. Cosicchè lo sforzo di ogni gruppo sarà quello di provare la propria antichità, talvolta ad ogni costo, "invocando una successione regolare ed ininterrotta di adepti, una specie di catena" (S. Hutin).

A questo punto forse occorre chiedersi una buona volta: il Cammino Neocatecumenale, che si autodefinisce “Iniziazione Cristiana”, per le sue caratteristiche di fondo, per le varie tappe misteriche e segrete lungo le quali si snoda, per la sua sovrabbondante mistagogia, fatta di segni e simboli particolarmente “generosi” di ricadute emotive sui destinatari, appartiene alla categoria “iniziatica” indicata dal Catechismo della Chiesa Cattolica, a quella individuata dal cardinale Martini o non piuttosto a quella delineata da Ida Magli e, in genere, dagli studiosi di antropologia?

martedì 24 agosto 2010

Risposta ad un giudeo-neocat sul Padre nostro, che è scaturito e scaturisce dal Cuore di Cristo

Giandomenico Racca ha lasciato un nuovo commento sul post "Essenziale catechesi sul Padre nostro":
"Ma del fatto che il padre nostro è un "copia incolla" preso direttamente dall'antico testamento e da alcune preghiere ebraiche, non vi dice nulla?"
Innanzitutto ci dice che Gesù, il Cristo, nostro Signore era ebreo. Ebbene? Siamo rimasti ebrei anche noi o, nella pienezza dei tempi il Padre in Cristo Signore ha portato a compimento la Storia della Salvezza iniziata con Abramo? Egli, in Cristo, ci introduce -fatto ontologico che inizia nel Battesimo per sviluppare tutte le sue meravigliose dinamiche nella vita di fede e sacramentale nella Chiesa- nel suo rapporto unico col Figlio, il diletto, il prescelto, nel quale egli si compiace perché in Lui riconosce la sua immagine.

Il primogenito di molti fratelli: gli uomini nuovi Redenti dal Suo sangue prezioso e che in lui ricevono l’adozione a Figli, la partecipazione alla vita divina... Non ricevono “la natura divina” che è solo di Dio mentre Kiko la attribuisce a coloro che hanno lo Spirito Santo (i neocatecumenali) e solo i catechisti sono in grado di stabilirlo; il che è frutto del suo immanentismo panteista e che lascia del tutto indifferenti i vescovi: da Epikopus=colui che vigila… Ma dove sono gli Episkopoi, cioè i vescovi, dove sono le Sentinelle?

E' questa la nuova realtà portata da Cristo Signore che ci riguarda: è già tutta qui, nel Prologo di Giovanni: "... a quanti però lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati..."

Non ci riguarda, invece, l’"elezione" introdotta dalla nuova Chiesa “rifondata” dal Concilio in un cammino gnostico di iniziazione a tappe, che “si fa e non si studia”, nel quale è stata messa al bando la ragione per aderire alle nuova rivelazione kikarmeniana proclamata dai “nuovi apostoli”: i catechisti totipotenti, che governano con cieco autoritarismo le vite degli adepti, comprese quelle dei sacerdoti, di fatto annullando il loro Munus Docendi e Regendi e sovvertendo quello Sanctificandi attraverso un rito sincretistico pieno di ‘inclusioni’ operate da un laico in base alla sua pseudo-teologia, ancor più nuova della “novelle teologie” che tanti danni ha arrecato alla chiesa…

È pur vero che siamo innestati sulla "radice santa" del giudaismo pre-rabbinico (non su quello talmudico predicato da Kiko) e che il Dio che si è rivelato e ha portato a compimento la Storia della Salvezza in Gesù Cristo è lo stesso dei Patriarchi e dei Profeti; ma se ci fermiamo a questo dato, ignoriamo che nella pienezza dei tempi Dio si è rivelato in Cristo Signore, che gli ebrei hanno rifiutato e continuano a rifiutare. Ed è Dio Trinità, icona e fonte di tutte le nostre relazioni, che noi cristiani Adoriamo, per averlo conosciuto attraverso la Rivelazione del Signore Gesù e degli Apostoli. Quel "quid" in più di un Dio Incarnato e Morto per i nostri peccati e Risorto per introdurci nella Creazione Nuova, fa una differenza abissale e adorare l'Uno piuttosto che l'altro non è ininfluente, perché si diventa 'conformi' (la ‘configurazione’ a Cristo di Paolo) a Colui che si Adora, anche perché i nostri atteggiamenti interiori e comportamenti vi si conformano in base ad una 'connaturalità' donata nella fede e realizzano un'antropologia e, conseguentemente, una storia diverse...

Inoltre il “Padre nostro” è ben altro e ben più che un copia-incolla di preghiere ebraiche. Esso scaturisce dal cuore e dalla vita di Gesù e racchiude ‘in nuce’ tutto quello che dobbiamo sapere credere chiedere essere e vivere in Lui con Lui e per Lui nel rapporto unico con Dio Padre, che se anche era conosciuto come tale nell’Antico Testamento, con la venuta di Cristo cambia totalmente perché è successo un FATTO inaudito! Il Padre non solo crea i suoi figli, ma li “genera”. Hai presente il Credo: “Generato, non creato, consustanziale al Padre”? Ebbene, è in Cristo che anche noi veniamo 'generati' nel grembo della Vergine Maria che coincide con quello della Chiesa, se Lo accogliamo e aderiamo a Lui e ci affidiamo a Lui. “Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.” (è sempre il Prologo di Giovanni, fonte inesauribile della nostra gioia...)

Hai capito? vennero: il Messia è già venuto non siamo gli ebrei che non l’hanno accolto e lo stanno ancora aspettando e nemmeno i kikiani che credono che sia come Elia che viene a portarli sul suo carro di fuoco, la famosa merkavàh. Per noi cristiani certamente è un po’ più scomodo, perché fa morire il nostro ‘uomo vecchio’ sulla Croce che accogliamo e viviamo e offriamo in Lui, ma è proprio ‘passando’ da qui (è questa la vera Pasqua cristiana!) che poi ci porta con Lui nel Suo Regno della Resurrezione. E non ci porta allo ‘svuotamento di sé’ per riempirci dell’uomo nuovo kikiano, ma ci libera, guarisce, perdona, trasforma. Perché la grazia suppone la natura e la porta a compimento, nella pienezza della perfezione che è nel Progetto del Padre, nel Figlio per opera dello Spirito Santo, non la annichilisce per sostituirla con qualcosa che, se è fabbricato da mani d'uomo, di certo non è nel Progetto del Padre…

giovedì 19 agosto 2010

Essenziale catechesi sul Padre nostro

Premessa

Questa preghiera è particolarmente struggente perché ci viene direttamente dal Signore. La riconosciamo intessuta di realtà bibliche (i"cieli"; il "regno"; la "volontà" di Dio; il "pane"; i "debiti"; la "tentazione"; il "male"…) e tuttavia ne esce, le supera. Noi non ci rivolgiamo a "Colui che è", all'"Onnipotente", all'"Altissimo", ma al "Padre", che è la fonte della vita, il Dio di tutti gli esseri viventi, ma che il Signore Gesù ci rivela come Padre. Essa ci educa a distogliere il nostro sguardo da noi stessi per posarlo su Dio e apprendere da Lui il senso e l'essenza della nostra vita.

Il testo del "Padre nostro" ci è giunto in greco: quindi bisogna ricorrere anche al greco per una sua giusta lettura. L'osservazione più immediata in questa lettura è che le richieste del "Padre nostro" sono tutte all'imperativo ("Sia santificato"; "venga"; "sia fatta"; "dacci oggi"; "rimetti"; "non ci indurre"; "liberaci").

Dobbiamo osservare che la lingua greca usa oltre all''imperativo anche il modo "ottativo", che indica l'espressione di un desiderio; l'imperativo, invece indica un comando. Ebbene, il testo greco del "Padre nostro" ha nelle forme verbali l'imperativo, non l'ottativo. Dunque chi ce ne ha tramandato il testo ha colto senz'altro in modo inequivocabile il pensiero di Cristo. La forma imperativa, dunque, viene da Cristo. Nel "Padre nostro" è Dio che prega in noi. Lo Spirito Santo grida in noi con gemiti inesprimibili "Abbà!"; "Padre!". È Dio che ci "comanda" che cosa dobbiamo chiedergli come figli; e i figli "chiedono" ciò che è loro necessario da chi li ha generati.

Per la contemplazione

Padre nostro. Già con questa prima invocazione il Signore mette sulle nostre labbra, ma prima ancora nel nostro cuore e nella nostra mente la rivelazione di Colui al quale ci stiamo rivolgendo: in ebraico è semplicemente Abìnu (Abbà col suffisso noi)
Padre, cioè Colui che ci ha voluti pensati chiamati alla vita in questo mondo, ma che ha fatto di più, ha 'mandato' il Figlio, il diletto nel quale ci sono tutte le sue compiacenze, a redimerci a salvarci a ri-generarci per poterci rivolgere a Lui come Figli ritornati, non più vaganti senza meta senza direzione senza scopo senza guida. Il Padre che ci ha preceduti e che ci ha costituiti, ci accompagna e ci attende ogni giorno, ogni istante della nostra vita

nostro. Questo plurale indica un "noi" a partire dall'"io" che lo pronuncia e che è inserito nella 'famiglia, tra i 'familiari' di Dio: "famulis tuis subveni..." soccorri i tuoi 'familiari'...

che sei nei cieli. Stupendo questo 'localizzare', situare l'Infinito, altrimenti inaccessibile! Ricordo che S. Francesco diceva che "i cieli" sono le anime delle persone che accolgono Dio (quando troverò la dizione precisa la condividerò con voi!), ma già questo ci dice qualcosa che mai avremmo immaginato da soli: l'anima come 'luogo' della Presenza di Dio, sua dimora, suo Tabernacolo. Mi viene in mente «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23) è una promessa, è una realtà viva e vera...

sia santificato il tuo Nome. Il nome, nel linguaggio biblico, indica l’essere, il carattere, la funzione di colui che lo porta. Nell'ebraismo antico, chiamare qualcuno per nome significava conoscere la realtà più profonda del suo essere, era quasi come esercitare un potere su di lui. Per questo, il Nome Santo di Dio, che indica la sua stessa essenza, era considerato impronunciabile. I rabbini tendevano pertanto a leggere אדני (Adonay=Signore mio) tutte le volte che trovavano יהוה e il Signore ci ha insegnato, anzi comandato di chiamarlo Abinu

Santificare è un altro termine biblico, un vero e proprio semitismo e significa 'mettere da parte', consacrare per il Signore. E' in questo senso che nel matrimonio ebraico lo sposo, esercitando un servizio sacerdotale 'santifica' la sposa, cioè la separa da tutto il resto e la 'mette da parte' per sé. E’ in questo senso che in Esodo 20,8 si dice di “santificare il sabato” cioè renderlo sacro a Dio. E' in questo senso che noi “santifichiamo” la domenica, Dies Domini.
Ma con queste parole noi affermiamo anche: alla tua persona sia dato rispetto, venerazione, fiducia...
Santificare il Nome che è già Santo di per sé, significa renderlo Santo e attribuirGli rispetto, venerazione, fiducia innanzitutto in noi, nella nostra vita e conseguentemente in tutto ciò con cui veniamo in contatto e affermando anche che così avvenga anche per tutti coloro che ancora non Lo conoscono.

Venga il tuo Regno. Il Regno indica la Potenza del re la Sua Signoria, tutto ciò che è costituito, ordinato, armonizzato in Lui: l'instaurazione del Regno significa cieli nuovi e terra nuova, la nuova Creazione inaugurata da Cristo e dalla Vergine Maria, naturalmente sempre a partire da chi invoca per allargarsi subito al "noi". Quindi il Suo Regno comincia nel nostro cuore liberato, pacificato, unificato, orientato definitivamente… il desiderio e l’invocazione non può che estendersi a tutti e a tutte le cose.
Il mio regno non è di questo mondo”. Il Regno è la vittoria definitiva di Cristo su satana.

Sia fatta la tua volontà. ricorda immediatamente le parole di Gesù nel Getzemani “non la mia, ma la tua volontà sia fatta”. Riguarda l’adeguamento del pensare del sentire del volere, ma soprattutto nel fare, al Progetto che il Padre ha per me e per tutti e che io tante volte ho sciupato col mio velleitarismo con i miei incaponimenti; ma il Signore mi dona la Sua luce per ‘vedere’ e riconoscere la volontà del Padre e la Sua Grazia per aderire, adeguarvi la mia… a volte costa anche molto, ma è l’unica cosa che vale

Come in cielo, così in terra. questa corrispondenza, correlazione, adesione perfetta fa capire come fare la volontà del Padre significhi portare il cielo, cioè la Sua perfezione, bellezza bontà, verità qui sulla terra e operarne, nel Signore la trasfigurazione. Siamo impastati di terra, ma siamo fatti per il cielo...

Dacci oggi il nostro pane quotidiano. A me sembra il punto centrale della preghiera, reso possibile dal realizzarsi di quel che precede e che a sua volta apre a quel che segue: il pane che chiediamo non è certamente il solo sostentamento materiale, ma il pane "quotidiano", quello di cui abbiamo bisogno ogni giorno per vivere la Vita vera; il pane supersubstantialem "sopra-sostanziale" (così traducevano i Padri della Chiesa il greco epioùsion), quello che nutre non solo il corpo, ma lo spirito; il pane "necessario", quello di cui Gesù ha detto "Chi mangia di questo pane vivrà in eterno"; è il pane che si identifica con Cristo stesso (Parola e soprattutto Eucaristia): "Io sono il Pane vivo disceso dal cielo".
Oggi, perché è una richiesta da rinnovare costantemente ogni giorno ogni oggi del nostro vivere, perché senza quel Pane non possiamo vivere davvero

Rimetti a noi i nostri debiti. Ecco, dopo aver ricevuto il pane della Vita siamo in grado di vedere cos’è che ci allontana dalla Vita e di chiedere al Padre di affrancarcene. Si tratta di “debiti”, cioè di qualcosa che è dovuto a Lui, perché è nel rapporto con Lui che innanzitutto abbiamo mancato con i nostri egoismi e col nostro peccato, che poi purtroppo oltre a danneggiare noi stessi danneggia anche gli altri. La cosa essenziale che ci è dato comprendere è che dalla nostra relazione con il Padre, nel Figlio, per opera dello Spirito Santo, prendono vita e diventano feconde tutte le altre relazioni con le persone e anche con le cose, perché tutto è strettamente interconnesso e si riverbera

Come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Ecco ancora, dopo esser stati perdonati, siamo capaci a nostra volta di perdonare, ma dobbiamo volerlo e chiedere di esserne capaci, perché non è così scontato se ci lasciamo andare solo ai nostri istinti… ma dobbiamo farlo proprio nello stesso modo, così come abbiamo riconosciuto di essere peccatori e chiesto e ricevuto il perdono, altrettanto e con la stessa misericordia: non per dovere, ma per amore…

Non ci indurre in tentazione. Emerge un’altra costante, un’altra difficoltà del nostro vivere che è sempre in pericolo a causa dei nemici: la prova, la tentazione, i turbamenti cui siamo sottoposti, ma soprattutto del Nemico che ne è l'autore. E anche in questo abbiamo bisogno dell’intervento, della mano potente e provvidente che non ci lasci cadere nel turbamento che non ci rende più padroni di noi stessi e della nostra vita. Quindi, non abbandonarci nel potere del peccato, della trasgressione, dell'errore, della tentazione, della vergogna. Non lasciare che prevalga in noi l'inclinazione al male

Ma liberaci dal male. Esiste l'autore di questo turbamento. Mi commuove sempre questa richiesta confidente di intervento diretto personale soccorrevole: è il Padre che ha il potere di liberarci da quella presenza negativa che ci opprime e ci svia in molti modi, una presenza che ci è estranea, ma c’è; però Cristo lo ha vinto per sempre ed è in Lui che il braccio potente e mosso dalla Misericordia del Padre ci preserva e ci libera.
AMEN Così è oggi e sempre

In una situazione normale non spetterebbe a noi sindacare l'operato del Papa. Ma siamo in una situazione normale?


Così ci dice Jonathan, in risposta alla domanda inserita come titolo ed io condivido toto corde

Certo. Però, non spetta a noi neppure giustificarlo, anche contro l’evidenza, arrampicandoci sulle virgole delle sue parole, o con supposizioni alla Dan Brown. Stiamo in mezzo a una tempesta inaudita e la zatterina di belle parole non basta più, proprio non basta più. Sto leggendo, tra l’altro, il libro di Colafemmina "Il mistero della Chiesa di San Pio", che è a dir poco sconcertante: altro che fumo di Satana, c’è anche l’arrosto. E se il Papa benedice, devo pensare che approva. Come approva tutto il resto che va e procede con e senza di lui. Mi spiace, perché amo questo Papa e amo la Chiesa che a lui è affidata. Ma mi sono arresa e forse anche lui.

Oramai, temo, per salvare e custodire la nostra fede, non abbiamo che da adottare i santi come pastori e guide. Per salvare la mia certezza di Lui, non ho che chiedere aiuto a chi quella stessa certezza l’ha vissuta. Magari in un tempo in cui la Chiesa era ancora Una.

Tuttavia la diaspora è di fatto inevitabile, direi legittimata e autorizzata in questa realtà fatta di anarchia e anomia. Intendo diaspora non solo di parole, ma anche di atteggiamenti, di modi di porsi e di far fronte all’emergenza spirituale che tutti ci interpella. Ciascuno è non solo autorizzato, ma direi costretto a cercarsi non dico un timoniere, ma per lo meno un interprete che non gli faccia perdere di vista la rotta, cioè la verità custodita nella Tradizione della Chiesa. In questo senso ho molto apprezzato l’abitudine, immagino non casuale, di inserire qui quelle splendide catechesi sui cardini essenziali della nostra fede.

Perché il Magistero petrino, ricco e sapientissimo, raggiunge il suo scopo, la ragione del suo esserci, nella misura in cui è messo in atto, reso visibile, operativo nell’assemblea dei fedeli. Il Vangelo non mi chiede di passare il mio tempo libero a studiare le encicliche, o a ripassare la consecutio temporum. Mi chiede di fare la Sua volontà, di lasciare che si compia in me la Sua Parola, e che quel che è Suo diventi anche mio. A quella Volontà deve guidarmi il magistero petrino, attraverso e dentro la Chiesa, altrimenti… a che mi serve?

Ma mi guardo intorno e che vedo? Vedo che ognuno fa quel che gli pare, e resta dove sta. Il cammino prolifera nonostante il magistero petrino, detto … papale papale,come, guarda caso, suol dirsi! Quante meraviglie sulla liturgia, per esempio, ha detto Papa Benedetto. Ma di fatto, nel cn e non solo, tutto il contrario e nessuno li ferma, nessuno li richiama concretamente. Di fatto, li approvano. Di fatto non siamo affatto Uno come dovremmo, ma tanti e diversi anche. Di fatto, colloqui interminabili con la FSSPX e con Kiko solo frettolosi sotterfugi per un via libera che li mette al riparo da tutto. Non voglio neppure sapere perché, solo prendo atto ed è la sola cosa che posso fare.

E allora. Perseverare, ciascuno come può, senza farsi troppe illusioni. Mi spiace, ma non vedo altro.

Riprende Francesco. Anche con lui concordo pienamente:

Nell'accreditamento che la Chiesa dà dei movimenti e delle nuove comunità, queste ultime sono ritenute frutto della Nuova Pentecoste, dono dello Spirito Santo alla Chiesa. C'è infatti un'implicita linea di demarcazione tra i movimenti nati ante concilio (Focolari, Legionari di Cristo) e quelli, certamente più numerosi e variegati, nati dopo o " in conseguenza" del Concilio, quasi che di per sé l'assise conciliare sia stata il volano privilegiato per una nuova effusione di Spirito Santo attraverso i movimenti.

Sono, queste, premesse indispensabili per comprendere che questa linea di demarcazione è intanto arbitraria: la Chiesa, la S. Trinità dagli albori del Cristianesimo ad oggi non muta DNA e nemmeno è schiava di metodologie: la Grazia si effonde oggi, come si effondeva quasi duemila anni fa non per merito di singole persone o assemblee conciliaristiche, ma, appunto, per imperscrutabile dono di Dio e, soprattutto per gli effetti dell'Opera Redentrice di Cristo Signore.
Su queste basi sbagliano quei movimenti che, intanto, fondano tutta la loro ragion d'essere sull'effusione dello Spirito Santo, abbandonando una visione, accompagnata da un'azione cristocentrica, sempre più indispensabile per evitare voli pindarici, esaltazioni collettive, forme di deresponsabilizzazione nella predicazione, alienazione della Ragione da non disattivare mai perché indispensabile per assimilare elaborare e testimoniare le ragioni della propria Fede attinte alle Sorgenti perenni della Scrittura e della Tradizione.

Lo Spirito Santo non è responsabile certo delle predicazioni e delle azioni che violentano le coscienze durante gli scrutini neocatecumenali, mai e poi mai si sognerebbe di decorticare le coscienze degli " scrutinati". Lo Spirito Santo non è responsabile di adunate oceaniche realizzate "a pagamento", spillando tikets esosi in denaro ai partecipanti: non saprebbe cosa farsene del denaro.

Lo Spirito Santo volerebbe infine altissimo e lontano da chi pensa, come certe nostre conoscenze, che il peccato è ineluttabile e che la salvezza, indipendentemente dall'agire personale, giunga come per incanto solo se si aderisce acriticamente ad un Cammino.

Voi che ne pensate?

Ed oggi Stefano, che ci aiuta a fare chiarezza:

"per questo, fratelli, ho ribattutto continuamente su questo "cambiamento di metodo", sul cambiamento del Blog e del modo di informare. Perchè ne gioverebbe la nostra anima! Se siamo, come siamo, persone con cognizione di causa, non possiamo e non dobbiamo lasciarci prendere dalla sfiducia! Soprattuto dalla sfiducia nel Papa! "

Ringrazio Stefano per la sua vibrante testimonianza. Quanto a questo cambiamento di metodo al quale spesso ci richiama, faccio alcune osservazioni.
  1. se si riferisce all'esposizione di argomenti in un Forum, che anche a suo tempo mi aveva visto orientata favorevolmente, resta tuttora invariata in base ai conti che devo fare con la mia realtà, la mia indisponibilità all'indispensabile lavoro preliminare di organizzare e sistematizzare i documenti: è molto impegnativo e va organizzato, predisposto e poi attuato bene fin dall'inizio, pena il fallimento dell'iniziativa... e questo tempo non riesco a darmelo.
  2. resta tuttora valida anche la considerazione che di Forum cattolici ce ne sono tanti; ma in genere tendono a non alimentare riflessioni sul cammino NC e noi, non per fissazione, ma per 'mission' fin dall'inizio, ci siamo dati l'impegno di focalizzare l'attenzione sull'innegabile problema che esso rappresenta, pur se lo abbiamo sempre non assolutizzato, ma visto in relazione con l'intera situazione della Chiesa e la seria crisi che sta attraversando anche per altre cause concomitanti al Cammino; ma delle quali esso rappresenta -l'ho detto più volte e lo ripeto- un unicum per l'aggressività, capacità di pernetrazione e pretesa di sostituirsi alla Chiesa, il che non mi sembra poco...
  3. lo sdegno cui si accenna non è il filo conduttore del nostro blog e, se affiora in alcuni momenti proprio perché siamo umani e le motivazioni non mancano, poi mi pare che siamo tutti abbastanza equilibrati e anche sereni nelle nostre riflessioni, confronto e conclusioni
  4. non è di secondaria importanza lasciare lo spazio alle testimonianze, che ci danno il polso della situazione e la conferma dell'immutata e immutabile realtà del cammino, mentre danno voce a chi voce -e anche conforto e sostegno e verifica e confronto seri- diversamente non l'avrebbe in alcun luogo... e anche questo non mi sembra poco
  5. Quanto al soffermarci sugli statuti, a parte che lo abbiamo fatto, sviscerandone sia le anomalie che la non applicazione in diverse ripetute occasioni, sappiamo che essi rappresentano soltanto una legittimazione formale che sarà sempre e comunque fatta valere sia dai neocat che dai pastori compiacenti, qualunque sia ogni pretesa di fedeli o dimostrazione da parte nostra. Purtroppo parlo per esperienza, anche se non escludo che ognuno, in condizioni di opporsi in parrocchia o nelle diocesi dovrebbe quanto meno tentare anche se i risultati sembrano scontati... da certi vescovi non vengono ascoltati i parroci, figuriamoci i semplici fedeli... ma almeno si potrebbe dire di aver fatto il proprio dovere
  6. il blog è sempre uno strumento snello, vivo e, insieme alla possibilità di mettere a disposizione contenuti informativi e di raffronto, rende possibili contatti più ravvicinati e fluidi e quindi efficaci per esprimersi, far passare un messaggio o sviluppare una corrente di pensiero
  7. che dire ancora? Se di questo cambiamento di metodo che spesso tira fuori, Stefano volesse dirci qualcosa di più per farci capire in cosa consista esattamente... a meno che io non sia tarda di comprendonio, mi sembra che fa come il Papa: proclama la 'continuità', ma poi non ce ne dà alcuna dimostrazione o magari lo fa nelle parole ma non nei fatti ;)
  8. infine, non mi sentirei di 'marchiare' col termine "sfiducia" nei confronti del Papa il lasciarsi andare a critiche che diventanbo ogni giorno più consapevoli riguardo alla situazione di degrado e di sfascio che appare accelerare piuttosto che regredire... che lui sia in qualche modo 'incastrato' e che la situazione sia davvero seriamente compromessa, non rende meno necessario informare, con equilibrio (sempre) e senza scandalizzare, per quanto sia ancora possibile, perché per non scandalizzare nessuno dovremmo tapparci la bocca e disattivare cuore e ragione e non credo sia quello che ci viene richiesto...
  9. Il successivo richiamo al fatto che "L’opposizione al Magistero petrino impedisce l’unità dei cristiani" francamente mi indigna perché proprio non ci riguarda e prende in considerazione il paradosso di mettere noi nelle veste degli OPPOSITORI, quando -e l'ho appena sostenuto sopra- una critica equilibrata, ma soprattutto non basata su opinioni personali e fondata sul magistero di sempre, non è certo "opposizione al Magistero petrino". Anche perché:
  1. il Papa non è onniscente ed è perciò tributario delle informazioni che gli danno, mentre sappiamo di che panni si veste la Curia
  2. inoltre non si può star sempre a ricordare che egli è infallibile solo quando parla ex cathedra.
  3. non esiste Carità senza Verità, che in questo nostro tempo frammentato e difficile è molto oscurata e soprattutto non custodita proprio da chi maggiormente lo dovrebbe. Non intendo certo il Papa, ma la maggior parte dei vescovi; lo affermo perché ormai è sotto gli occhi di tutti
Anzi, nella situazione in cui siamo forse la critica -sempre rispettosa e mai in contrapposizione- è un richiamo ad esercitarlo, il primato petrino, mentre di fatto dopo il concilio esso non viene più esercitato nella sua pienezza come attività di governo.

E noi dobbiamo obbedienza a PIETRO e non a SIMONE. Spero sia chiaro cosa intendo dire

mercoledì 18 agosto 2010

Da dove si deduce che il cammino neo-catecumenale è divinamente ispirato?

Pubblico questo testo di un nostro interlocutore, che merita visibilità per la sua incontestabile e drammatica attualità, che merita di essere costantemente portata all'attenzione.

C'è uno slogan ripetuto fino alla noia dai neocatecumenali che qui intervengono: il Cammino sarebbe opera dello Spirito Santo. Il guaio è che a dircelo non è la Rivelazione Apostolica, bensì Kiko Arguello ed i suoi fedelissimi.

Non esiste nessuna 'prova' che il cammino neocatecumenale sia opera dello Spirito Santo poichè non vi sono testi sacri, testimonianze di santi, documentazioni di miracoli e una "storia" secolare precedente che ci racconti ciò. Anzi, la storia secolare precedente della Chiesa è ritenuta superata e obsoleta. Lo dimostra, con molta più eloquenza di queste parole, l'immagine a lato, che riporta una sorta di 'letargo' (vedi linea piatta senza eventi significativi) da Costantino al Vaticano secondo, ritenuto pretestuosamente l'evento "rifondatore" piuttosto che "riformatore" della Chiesa.

Abbiamo sempre ed unicamente la parola di un tizio che dice di essersi sentito chiamato dal Signore alla conversione e a nuova vita più una sbandieratissima anomala 'approvazione' di uno statuto - peraltro non rispettato- che, mentre rimanda a testi mai approvati: ed è questa la prima anomalia, alla quale se ne agigungono altre: esso non nomina -quindi non regola affatto- prassi discutibili alle quali gli aderenti vengono sottoposti nel corso della loro pluriennuale esperienza e che comunque sono dettate sia dai testi ancora avvolti dal 'segreto' che da una tradizione orale rimasta immutata da oltre 40 anni, con alcune 'inclusioni' (S.Rosario e Adorazione) rese indispensabili dall'evidente contrasto di esplicite irrisioni (peraltro mai cessate) a pratiche devozionali così vive e presenti della spiritualità dei Papi e comunque vissute, all'interno del cammino, in maniera distorta e comunque particolare. Lo dimostra il fatto che le Sacre Specie, nelle quali Adoriamo la Presenza Reale del Signore anche dopo la celebrazione, sono considerate allo stesso livello della Sacra Scrittura, nella quale incontriamo sì una Presenza, ma mediata dal testo e dalla disposizione di chi lo accosta. [vedi, a lato, tabernacolo "a due piazze", presente nel cosiddetto -e significativamente- "Santuario della Parola", presente nei loro Centri in luogo della "Cappella dell'Adorazione].

Nel thread precedente abbiamo sviluppato l'autentico significato della Santa Divina Liturgia e della Comunione. E' evidente che qui ci troviamo di fronte ad una diversa ecclesiologia e teologia che enfatizzano la 'mensa' della Parola, rispetto al quella dell'Eucaristia, mentre la presenza del Signore è considerata come simbolica. Kiko parla esplicitamente e luteranamente di 'transignificazione', cui peraltro aggiunge anche altro; ad esempio: Cristo che viene "a servirli" e portarli sul "carro di fuoco": la merkavah di Ezechiele... e finalizzata esclusivamente alla celebrazione e all'Assemblea e non al Protagonista, unico Sacerdote, Vittima e Altare!

E le affermazioni visionarie dell'Arguello sono quelle di ogni veggente, santone, imbonitore carismatico che si rispetti, compresa l'apparizione della Vergine, stranamente e inusitatamente mai verificata né messa in discussione da alcuna autorità religiosa. Non c'è un capo-setta che non racconti di aver avuto sogni cruciali, visioni mistiche, contatti ravvicinati con Dio a seguito dei quali ha iniziato un nuovo "cammino" conquistando alla causa altri 'fratelli' in una catena di Sant'Antonio infinita. E' la norma per ogni setta religiosa.

Ad aggravare la faccenda sono arrivate poi gradualmente le contestazioni dei dogmi, gli stravolgimenti liturgici, la sminuizione del clero, la riprogettazione delle chiese, la separazione dal resto dei credenti, la rigida struttura e le irreformabili regole e prassi, compresa la violazione del 'foro interno' della persona, che contemplano anche l'ingabbiamento degli adepti nei circoli chiusi delle comunità: un disastro progressivo che ha distinto nefastamente il Cammino rispetto alla Chiesa che pure l'aveva accolto e continua ad accoglierlo e incoraggiarlo nel proprio grembo, anche se non sono mancati tentativi di correzione e 'purificazione' (termine usato da Benedetto XVI) rimasti tuttavia senza esito. Purtroppo lo spirito-conciliare fa sì che la Chiesa si limiti a 'indicare', 'mostrare', quasi timidamente alludere, ma non condanni più l'errore; il che significa consentirne la proliferazione e non garantirne i 'piccoli'...

Possiano considerare logico oltre che mentalmente sano il fatto che si possa innescare tutto questo in nome dello Spirito Santo? Lo Spirito Santo avrebbe favorito la nascita di un cammino che ha destabilizzato totalmente ed in ogni aspetto la Casa del Signore? Semplicemente assurdo.

Scindiamo dunque l'esperienza positiva di alcuni neocatecumenali, i quali dicono di aver ritrovato la fede perduta attraverso la loro esperienza del cammino -non potendo tuttavia tacere le molte perplessità su QUALE sia questa fede sbandierata e anche molto mimetizzata "per quelli di fuori" come cattolica- e la realtà oggettiva di un cammino, che crea forte 'dipendenza' e che rientra in toto nella tipologia della setta radicale anticattolica, nel suo caso attraverso una indiscutibile e accentuata protestantizzazione a giudaizzazione degli insegnamenti e delle prassi seguite. Sono due questioni distinte e separate, né la prima legittima o corregge la seconda.

Ogni neocatecumenale che abbia conservato un minimo di raziocinio dovrebbe chiedersi seriamente al servizio di chi e di cosa si è andato a mettere, invece di confondere la eventuale positività della personale esperienza con le tante zone oscure e le gravi contraddizioni del movimento, che non si vuol definire movimento.

I NC neppure per un istante dovrebbero dimenticare che i critici del Cammino difendono sempre l'integrità e la tradizione della Chiesa, mentre loro difendono una setta-movimento gravata delle mille contraddizioni e anomalie accennate.

Spesso viene ripetuto che il Cammino sarebbe opera dello Spirito Santo a causa dei FRUTTI o SEGNI. E vediamoli questi segni. Si allude alle centinaia di migliaia di proseliti sparsi per il mondo? Oppure alle centinaia di "alzate" missionarie? Sarebbero questi i 'FRUTTI'?

Ma questi sono SEGNI di tutte le altre sette mondiali, nessuna esclusa. Cambia solo la quantità di adepti. Dovremmo forse riconoscere che ogni grossa setta, avendo fatto migliaia di adepti in tutto il mondo, sia opera dello Spirito Santo? Così per le 'missioni': tutte le sette religiose hanno propri esponenti che se ne vanno in giro a reclutare nuovi aderenti. Sarebbe anche questa un'opera dello Spirito Santo?

E come la mettiamo con la mole degli altri 'segni', ben più rilevanti perchè riguardano la vita stessa della Chiesa: la reinterpretazione delle Sacre Scritture, il capovolgimento del messaggio di Cristo, lo stravolgimento della liturgia, la reinvenzione dei luoghi e simboli sacri, la diminuzione della figura del sacerdote e l'usurpazione delle sue funzioni, la violazione delle coscienze soporattutto negli scritinii, la divisione introdotta tra i fedeli, la manipolazione incontrollata di flussi di denaro, la spaccatura introdotta nelle famiglie con componenti riottosi ad entrare nel Cammino, ecc. ecc. ?

Sono anche questi segni dello Spirito Santo? Certamente no. E' del tutto improponibile il concetto che lo Spirito Santo abbia ispirato la nascita di un 'cammino' portatore di tanti contrasti e violazioni nella Chiesa!

Questa idea della divina ispirazione del Cammino, oltre ad essere un espediente, oltre a essere comune a tutte le altre sette religiose, considerati i risultati dell'azione dei neocatecumenali, è un'altra delle bufale colossali spacciate dai capi e assorbite passivamente dagli accoliti.

Infine, un consiglio a tutti i neocatecumenali. Invece di riproporre questioni affrontate e dipanate lucidamente in vecchie pagine del blog, prima di intervenire si vadano a rileggere quelle pagine, almeno alcune: troveranno risposta alla maggior parte delle obiezioni che continuano a porre ad ogni nuova pagina, risposte non di rado esemplari ed inoppugnabili in quanto strettamente aderenti alla lettera e allo spirito del magistero e della dottrina della Chiesa.

lunedì 16 agosto 2010

Eucaristia. La medesima Vittima della Croce come lode e ringraziamento

L'Eucaristia è il memoriale della Passione, il compimento delle figure dell'Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate da Cristo.

Cosa AVVIENE sull'Altare? Dopo preghiere preparatorie e il momento solenne delle Letture, il sacerdote offre il pane e il vino: è l'offerta o Offertorio; fra poco questi elementi saranno trasformati nel Corpo e nel Sangue di Nostro Signore. Il sacerdote invita poi i fedeli e gli spiriti celesti a circondare l'altare (Pregate fratelli e Prefazio che diventerà un nuovo Calvario), ad accompagnare con lodi, omaggi e in Adorazione l'azione santa. Dopo di che, egli entra silenziosamente in comunione più intima con Dio. Arriva il momento della Consacrazione. Stende le mani sulle offerte, come faceva in antico il sommo sacerdote sulla vittima da immolare; ripete (non racconta) tutti i gesti e tutte le parole di Cristo nell'ultima Cena al momento di istituire il Sacrificio: Nella notte in cui fu tradito... Poi, identificatosi con Cristo, egli pronuncia le parole rituali: "Questo è il mio Corpo...", "Questo è il mio Sangue...".

Queste parole, pronunciate da Colui "per mezzo del quale tutte le cose sono state create", operano il cambiamento del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Gesù Cristo. Per la sua espressa volontà e la sua istituzione formale, Cristo si rende presente realmente e sostanzialmente con la sua divinità e la sua umanità, sotto apparenze che restano quelle che sono e tuttavia, se lo nascondono ai nostri sensi materiali, vivificano quelli spirituali.

Parole, Actio divina, di Cristo stesso che è Altare, Vittima, Sacerdote e Sacrificio, per mezzo delle quali il Sacrificio è compiuto. In virtù delle parole: Questo è il mio Corpo "offerto in sacrificio per voi", Cristo, per l'intermediazione del sacerdote, trasforma nella sua carne le specie del pane; con le parole: Questo è il mio Sangue "versato per voi", trasforma nel suo sangue le specie del vino. Cristo in questo modo separa misticamente la sua Carne e il suo Sangue, che sulla Croce furono fisicamente separati, e la cui separazione produsse la morte, e si assoggettò anche alla successiva sepoltura per entrare persino in questo supremo e drammatico momento del nostro 'passaggio' alle sponde dell'eternità.

Ed ecco, la Resurrezione. Ora Cristo non può più morire: la morte non ha più potere su di lui (Rm 6,9). La separazione del suo Corpo e del suo Sangue che si fa sull'altare è mistica. Lo stesso Cristo, che è stato immolato sulla Croce, è immolato sull'altare, ma in modo diverso; e questa immolazione, accompagnata dall'offerta, costituisce un vero sacrificio.

La Comunione continua il Sacrificio; è l'ultimo atto importante della Messa. Il rito della consumazione della Vittima completa l'espressione dell'idea di sostituzione e soprattutto il legame che si trova in tutto il Sacrificio. Unendosi così intimamente alla Vittima che gli si è sostituita, l'uomo s'immola, per così dire, di più; mangiando l'Ostia, divenuta cosa santa e sacra, noi partecipiamo della virtù divina operata dalla consacrazione e solo in quella di Cristo possiamo presentare l'offerta della nostra vita, cioè offrire i nostri corpi "come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Paolo Rm 12, 1-2)

Nella Messa, la vittima è Cristo stesso, Uomo-Dio; perciò la comunione è l'atto per l'eccellenza di unione col Signore; è la migliore e la più intima partecipazione a questi frutti di alleanza e di vita divina che ci dona l'immolazione di Cristo.

Così, dunque, la Messa non è soltanto una rappresentazione o un 'memoriale', nel senso di commemorazione del sacrificio della Croce; non ha il valore di un semplice ricordo. E' sì un ricordo "ogni volta che farete questo lo fate in memoria di me"; ma è un ricordo che ri-attualizza; ed è un vero sacrificio, come quello del Calvario, che essa riproduce e riproducendolo lo perpetua e ne applica i frutti fino alla fine dei tempi.

Quando partecipiamo al Santo Sacrificio, nel quale Gesù, vittima divina, si offre a Dio come sul Calvario, il Padre riceve da questa offerta, un omaggio di valore infinito, veramente degno delle sue perfezioni. Infatti, per opera di Gesù Cristo, Uomo-Dio, Figlio suo, immolato e adorato sull'altare: per Lui, con Lui e in Lui sale a Dio Padre Onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli.

E' solo per questo che la nostra anima, piena dello stupore di essere l'oggetto delle compiacenze divine, esclama: "Signore, come posso io, povera creatura, ricambiare tanti tuoi benefici? Benché tu non abbia bisogno dei miei beni, è tuttavia giusto che io riconosca la tua bontà infinita: come posso io degnamente ringraziarti: Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?". È questo il grido del sacerdote, che diventa il grido di tutta la Chiesa, dopo la comunione con l'Ostia. E quale risposta la Chiesa mette sulle sue labbra? Alzerò il calice della salvezza...". "Quid retribuam Domino pro omnibus quae retribuit mihi? Calicem salutaris accipiam: et Nomen Domini invocabo"(Salmo 116,12). Invocazione che possiamo far nostra, partecipando, insieme a tutte le altre sublimi preghiere preparatorie e successive, ad eccezione della formula Consacratoria!

La Messa è l'azione di grazie per eccellenza, la più perfetta e la più gradita che possiamo rendere a Dio.

Ci dice S. Tommaso: "Nessun sacramento in realtà è più salutare di questo: per sua virtù vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita di tutti i carìsmi spirituali. Nella Chiesa l'Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti". Perché tutti possano accogliere il Signore e così essere da Lui Redenti e ri-generati e divenire una cosa sola in Lui: il Suo Corpo Mistico, la Chiesa

Il Vangelo ci dice che prima di istituire questo Sacrificio, Gesù rese Grazie al Padre. S. Paolo usa la stessa espressione e la Chiesa ha conservato questo termine a preferenza degli altri, benché non escluda altre espressioni per designare l'offerta dell'altare: ecco perché sacrificio eucaristico significa sacrificio di azione di grazie: Eucaristia.

domenica 15 agosto 2010

Dormizione, Assunzione della Vergine

L’Assunzione della Vergine esprime in modo mirabile l’adagio patristico diffusosi a partire da Ireneo di Lione, nel II secolo: “Dio si è fatto uomo perché l’uomo possa diventare Dio”. Diventare Dio: cioè un vivente la cui vita non ha limiti, una vita liberata dal male e dalla morte. Per descrivere con maggior chiarezza questa festa, accosterò l’una all’altra due icone: quella della Vergine con il bambino e quella della Dormizione-Assunzione (più avanti spiegherò questi due termini).

Nella prima è la madre a reggere e proteggere il bambino, e a volte, come nella “Vergine della tenerezza”, essa appoggia il proprio volto al volto minuto del Figlio. Maria, a nome di tutta l’umanità, accoglie Dio. Prima assunzione: quella della divinità da parte dell’umanità.

Nella seconda icona, avviene esattamente il contrario: la madre è morta; le sue spoglie, nera crisalide, sbarrano orizzontalmente la composizione; ma lo spazio della morte si apre, appare Cristo, vittorioso, verticale di luce che fa dell’icona una croce di gloria. Egli prende tra le braccia l’anima non disincarnata di sua madre, rappresentata come una bambina che porta a compimento la sua nascita nel regno. E in alcune icone, Gesù stringe al proprio volto il volto di questa donna bambina: germe e anticipazione della trasfigurazione di tutto il creato. Seconda assunzione, questa volta dell’umano da parte del divino. [v.a destra l'Icona di Novgorod, XIII secolo]

La Chiesa, infatti, maturò presto l’intuizione secondo cui il corpo di Maria, prodigiosamente “consustanziale” a quello del Risorto, non era possibile che fosse rimasto prigioniero della morte. Così, al Dio fatto uomo corrisponde l’uomo deificato, e il primo essere umano presente, anima e corpo, nella gloria divina è la “Donna vestita di sole” di cui parla l’Apocalisse.

Maria si trova ormai al di là della morte e del giudizio, in quella luce che le Scritture chiamano “regno di Dio”; e tuttavia umana, infinitamente materna, ella rimane totalmente rivolta verso gli uomini, verso le loro sofferenze, verso il pellegrinaggio compiuto così spesso a tastoni dalla chiesa, e prima ancora dalla chiesa mistica che ingloba l’intera umanità e tutto quanto il cosmo. Nella grande spiritualità della chiesa antica, come pure in molte leggende popolari, Maria è colei che pronuncia sull’inferno – anche sul nostro inferno interiore – la preghiera per la salvezza universale.

I testi delle omelie orientali associano, a partire dal V secolo, la Dormizione di Maria – vale a dire una morte pacifica, in cui l’anima entra nella pace – e la sua Assunzione corporale – l’anima ricongiunta al corpo nell’unità della persona (come avverrà a ciascuno di noi), ormai elevata al cielo, letteralmente sollevata dallo slancio “risurrezionale” del Cristo –.

Parecchie leggende, ricche peraltro di significato, si sono sedimentate nelle più antiche liturgie. Mentre Maria viene avvisata della sua morte da un angelo, gli apostoli, dispersi lontano da lei, le sono miracolosamente trasportati accanto. Lei li consola, li benedice, prega per la pace del mondo, e muore. Essi la seppelliscono nel Getsemani. Dopo tre giorni, Maria appare loro mentre stanno celebrando l’eucarestia, e gli apostoli trovano la sua tomba vuota.

Celebrata originariamente in ricordo di una “stazione” (così si faceva la liturgia, di stazione in stazione) ubicata nei pressi di Betlemme e dove la Vergine si sarebbe riposata, l’Assunzione veniva festeggiata in Oriente come in Occidente nel mese di gennaio. La festa estesa all’impero bizantino intorno all’anno 600, giunse in Occidente quarant’anni più tardi, grazie a papa Teodoro I, il quale proveniva dal clero di Gerusalemme.

Nel 1950, Pio XII proclamò con tutte le solennità che si addicono ad un dogma che l’“immacolata Madre di Dio, la sempre Vergine Maria, dopo aver terminato il corso della sua vita terrena, è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste”. La chiesa ortodossa, che si prepara a questa festa con un digiuno di quindici giorni, non ha avvertito la necessità di un simile dogma; nessun ortodosso, infatti, contesta il mistero della dormizione-assunzione proclamato dai testi liturgici dell’ortodossia: “Ella è la Madre della vita, e colui che aveva abitato il suo seno verginale l’ha trasferita alla vita… Ogni figlio della terra trasalga nel suo spirito e celebri con gioia la venerabile assunzione della Madre di Dio”. Si aggiunga che in oriente la venerazione mariana è al tempo stesso onnipresente e assai discreta, quasi iniziatica, poiché dipendente non tanto dall’annuncio della risurrezione di Cristo, quanto dalla ricezione di tale annuncio.

La differenza tra l’oriente e l’occidente è che per il primo Maria doveva passare, in Cristo, attraverso una morte e resurrezione reali, mentre per il secondo il dogma dell’Immacolata Concezione rende dubbia la sua morte: su questo punto il dogma del 1950 non si pronuncia. Si tratta di una semplice disputa terminologica? Ciò che è in gioco sono due approcci parzialmente differenti al tema del “peccato originale” e della sua trasmissione? Oppure il problema è un altro?

In realtà, sia per l’oriente che per l’occidente, l’assunzione è un segno delle cose ultime. In Maria, “figlia del proprio Figlio”, dice Dante, ci è data un’anticipazione della glorificazione di tutto l’universo che avverrà alla fine dei tempi, quando Dio sarà “tutto in tutti”, “tutto in ogni cosa”.

Innalzata al cielo – a differenza di Cristo che si innalza da se stesso – Maria, dicono certi testi liturgici, è la nostra “Terra promessa”. La dormizione-assunzione anticipa la parusìa, e non è affatto un caso che nei grandi affreschi che impreziosiscono i muri esterni delle chiese monastiche moldave, il tronco di Iesse divenga un immenso, cosmico roveto ardente.

L’ Assunzione anticipa e prepara il nostro comune destino. Nel corpo della Vergine, sepolto simbolicamente dagli apostoli (richiamo della pentecoste) nel Getsemani (richiamo della passione, unica fonte della nostra salvezza), in quel corpo portato verso la luce originaria e terminale, tutto il creato è assunto dall’Increato, tutta la carne della terra diventa eucaristia. Come Giovanni Damasceno, allora, anche noi possiamo dire: “Rallegrati, germe divino della terra, giardino in cui fu posto l’Albero della vita!”
Da “Le feste cristiane” di Olivier Clément.

E che la Regina del Cielo pieghi il suo sguardo su di noi e sussurri al Cuore del Suo Figlio la nostra preghiera, come a Cana. Perché venga il Suo Regno.

sabato 14 agosto 2010

Più che un indizio: una prova della mimetizzazione pseudo-cattolica del cammino NC, cioè la 'facciata' che presenta a "quelli di fuori"

Mi segnalano dal blog di Tornielli e riporto pari pari:

Dav Scrive: August 13th, 2010 at 11:10 pm
Caro Cherubino dubiti pure. E’ giusto dubitare di tutto e di tutti. Una cosa però non gliela consento. Quando dico che il Cammino Neocatecumenale è chiesa mi riferisco a quanto scritto sullo Statuto” Il Cammino neocatecumenale è iniziazione cristiana postbattesimale”. Non è un movimento e non è un’associazione,ma una realtà di chiesa approvatissima dalla chiesa
Cherubino Scrive: August 13th, 2010 at 11:00 pm
Per DAV... Mi permetta però di osservare che la frase “il cnc è Chiesa” si presta a letture diverse, non tutte accettabili. Se intende dire che anche il cnc è membro attivo e positivo della Chiesa è un conto, se intende dire che esso rappresenta l’espressione migliore e fondamentale della Chiesa, quasi un punto di arrivo per ogni altra realtà non dice una cosa vera. Del resto, mi permetta un dubbio: questa ed altre sue espressioni invece che chiarire e riconciliare attizzano la reazione e offre il fianco a giuste critiche. Questo mi fa dubitare di due cose: che lei sia in linea con la posizione effettiva dei NC (ho amici che non direbbero affatto certe cose), che lei sia veramente un NC.
Naturalmente è solo un dubbio.
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Abbiamo a confronto evidente un Neocat ruspante ed uno ben irreggimentato nell'opera di 'mimetizzazione' da noi da tempo denunciata, che permette al movimento che non è un movimento di presentarsi, persino a noi che lo conosciamo bene, con la 'facciata' pseudo-cattolica destinata a "quelli di fuori"... Conosciamo bene infatti ed abbiamo le prove di come anche attualmente l'esortazione ostentata dall'estensore del post lasci il tempo che trova e lo Statuto, oltre a non essere affatto rispettato, presenti serie anomalie. Si consideri inoltre che quanto dallo statuto non è neppure previsto e quindi risulta non regolato, è la realtà fondante, irriducibilmente coriacea nonché "altra" dalla Chiesa, rappresentata dal cammino neocatecumenale. Ed esso continua ad essere definito "non un movimento né un'associazione"... mentre sta inquinando le diocesi italiane, e non solo!

Si ripropone in tutta la sua efficacia quanto dicevamo in questo documento

martedì 10 agosto 2010

Perché vescovi e parroci vanno 'a scuola' da Kiko Arguello

Il CNC è una moda, un trend che persuade ed ammalia perchè sa di lobby elitaria, perchè sembra dare uno scossone alle coscienze affievolite dei credenti e smuove il clima a volte fin troppo stagnante di parrocchie e diocesi, perchè mobilita cospicui flussi di denaro.

Queste le ragioni del suo successo tra le gerarchie più sensibili a tali argomenti.

Ma è tutto un fumo illusorio, e le testimonianze di tanti che si sono scottati pesantemente con il neocatecumenato, delle macerie che si lascia alle spalle, evidenziano i guasti che provoca sulle persone e nelle famiglie.

Tuttavia, poichè incombe sulle gerarchie vaticane la psicosi della secolarizzazione e della perdita di influenza in Europa e nel mondo, una nuova proliferazione di nascite cattoliche viene vista come un rimedio, e la fabbrica di figli neocatecumenale nonostante tutto viene sempre di più adocchiata come un antidoto, in quanto tale accettata senza troppi scrupoli da molti vescovi e cardinali. Ad essi appare ininfluente il fatto che la famiglia tradizionale venga fagocitata e assorbita nella "grande famiglia" della comunità, in cui i ruoli di guida e responsabilità competono solo ed insindacabilmente ai catechisti, che si arrogano persino il munus discendi (insegnamento) e quello regendi (guida) dei sacerdoti, mentre il munus sanctificandi (Liturgia, Sacramenti) risulta diluito e sovvertito dalla banalizzazione e dal sincretismo introdotti dall'iniziatore.

Così in un pianeta che scoppia demograficamente e non riesce a sfamare le popolazioni, anzichè lavorare per una maternità e paternità consapevoli, coscienti ed equilibrate e migliori condizioni per tutti, si fa a gara nella battaglia demografica per incrementare i ranghi delle proprie schiere, ciechi e sordi ai segnali che arrivano dalla natura profondamente devastata.

Il CNC vorrebbe accreditarsi come cura contro il tumore della disaffezione e della secolarizzazione del cattolicesimo, ma esso somiglia terribilmente a quelle cure che per un verso non hanno effetti terapeutici sul male e per l'altro contribuiscono ad ammazzare le persone, non senza averle profondamente prostrate e debilitate.

Il CNC non è di certo la soluzione ai mali della Chiesa secolarizzata. E' una proposta di rimedio non solo illusoria ed effimera a causa delle conseguenze che provoca, ma anche profondamente distruttiva perchè mutagenica e generatrice di disordine rispetto all'integrità della fede cattolica. Le ragioni sono ampiamente illustrate e documentate nel sito di riferimento. Da esse risulta che, pur se 'approvato', questo cosiddetto "metodo" d'iniziazione continua a non rispettare gli Statuti né le indicazioni del Papa.

Ma ciò non sembra per nulla chiaro a tanti prelati e porporati che accorrono al canto delle sirene del capo del neocatecumenato.

Il guaio è che allorquando si prenderà infine coscienza di ciò, saranno stati prodotti abbastanza danni da ottenere l'effetto opposto a quello sperato, oltre a richiedere chissà quanto tempo e risorse per riparare alle 'mutazioni' alla Chiesa e alla fede...

domenica 8 agosto 2010

Essenziale catechesi sul "Segno di Croce"

Ancora molto toccata dalle testimonianze del precedente thread, oggi voglio introdurre la riflessione sul "Segno di Croce".

Dai Padri della Chiesa

«Non vergognamoci, dunque, della croce di Cristo ma, per un'altro mistero, se ci segniamo la fronte apertamente, i demoni verranno scacciati tremando davanti a questo segno regale. Facciamo, dunque, questo segno quando mangiamo e beviamo, quando ci siediamo e riposiamo, quando ci muoviamo, parliamo e camminiamo; in una parola, facciamolo in ogni occasione [per render presente] Egli che fu in terra crocefisso e ora è nei cieli». [San Cirillo di Gerusalemme (315-86), Catech. IV. n. 14.]

Il "piccolo Segno" e il "Grande Segno"

Esiste anche il cosiddetto "piccolo segno"' : tracciare sopra la fronte un piccolo segno di croce con il dito pollice (o l'indice) della mano destra, è di uso antichissimo, ispirato ad un passo del libro del profeta Ezechiele, che molti testi dei padri della chiesa collegarono alla croce di Cristo e a passi analoghi dell'Apocalisse (7,3; 9,4; 14,1). Secondo Ezechiele: « Il Signore gli disse: "Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono" » (Ezechiele 9,4)

La lettera "tau" o "taw", corrispondente alla "T" del nostro alfabeto, è l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico e rappresenta (come la "omega" greca) Dio nella sua perfezione. Sino all'epoca di Cristo questa lettera era tracciata proprio come una croce. In questo passo appare come i fedeli a Dio, coloro cioè che non si arrendono al peccato, vengono segnati con un segno speciale, esterno, che aveva forma simile alla nostra croce, per essere subito riconosciuti da Dio.
I cristiani usavano segnarsi la fronte contro le tentazioni del demonio anche al di fuori del culto liturgico.

Quello che viene chiamato "Grande Segno di Croce" è un gesto che coinvolge anche il corpo che prega con l'anima: la redenzione salva TUTTO l'uomo!

Esso significa rendere visibile, tracciandola sul proprio corpo, e quindi sull'intera persona (corpo, mente, anima, spirito), lo sfraghis (il sigillo di appartenenza) indelebile ricevuto nel Battesimo, attraverso il gesto battesimale compiuto "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo", per immergerci sempre e di nuovo nell'abbraccio della Trinità.

Aver ricevuto un "sigillo indelebile" che induce un cambiamento "ontologico", non ci deve costringere a 'ratificare' il Battesimo, come il cammino va introducendo nelle diocesi ormai inquinate ed in ogni parrocchia in cui si insedia. Come se il vero battesimo fosse quello del cammino, che in ogni caso è un "altro" battesimo, per di più circondato dal mistero, col pretesto della 'riscoperta' che di fatto è una contraffazione.... E che il Signore ci metta Lui le mani!

Il Segno di Croce è un gesto di grande impronta sacrale. Innanzitutto perché ricorda, nel simbolo della Croce, il più grande atto di amore di Dio per l'uomo: la morte espiatrice di Cristo. Inoltre è il segno che nella donazione del Figlio, rende presente l'amore del Padre e la sorgente dell'effusione dello Spirito sul mondo. Per questo è anche un atto di fede (affidamento), di riconoscenza, di impegno.

Condivido con voi questo testo di Romano Guardini (uno dei miei maestri)

"Quando fai il segno di croce, fallo bene. Non così affrettato, rattrappito, tale che nessuno capisce cosa debba significare. No, un segno della croce giusto, cioè lento, ampio, dalla fronte al petto, da una spalla all'altra.
Senti come esso ti abbraccia tutto? Raccogliti dunque bene; raccogli in questo segno tutti i pensieri e tutto l'animo tuo, mentre esso si dispiega dalla fronte al petto, da una spalla all'altra. Allora tu lo senti: ti avvolge tutto, ti consacra, ti santifica. Perché? Perché è il segno della totalità ed il segno della redenzione.
Sulla croce nostro Signore ci ha redenti tutti. Mediante la croce egli santifica l'uomo nella sua totalità, fin nelle ultime fibre del suo essere. Perciò lo facciamo prima della preghiera, affinché esso ci raccolga e ci metta spiritualmente in ordine; concentri in Dio pensieri, cuore e volere; dopo la preghiera, affinché rimanga in noi quello che Dio ci ha donato. Nella tentazione, perché ci irrobustisca. Nel pericolo, perché ci protegga. Nell'atto di benedizione, perché la pienezza della vita divina penetri nell'anima e vi renda feconda e consacri ogni cosa. Pensa quanto spesso fai il segno della croce, il segno più santo che ci sia!
Fallo bene: lento, ampio, consapevole. Allora esso abbraccia tutto il tuo essere, corpo e anima, pensieri e volontà, senso e sentimento, agire e patire, tutto vi viene irrobustito, segnato, consacrato nella forza del Cristo, nel nome del Dio uno e Trino."

Usciamo dall'abitudine e recuperiamo il senso profondo e ricchissimo e vivificante dei segni della nostra Fede!