Proseguiamo la discussione con due testimonianze in risposta a chi chiedeva: a cosa è stato dovuto il tuo distacco dai tuoi amici?
Il Cammino Neocatecumenale "cambia la vita" delle persone: in peggio. Le testimonianze che seguono dimostrano che le migliori e più oneste intenzioni soffocano di fronte alla "realtà" del Cammino, che in modo subdolo e viscido porta i singoli a tagliare tutti i ponti con ciò che non riguarda strettamente la comunità neocat.
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Cantando un canto kikiano... |
Nel mio piccolo cercherò di soddisfare la tua curiosità.
Io sono stato 7 anni nel cammino e in questi 7 anni non mi sono perso mai una convivenza, un passaggio, dare catechesi, incontri con i fondatori,
Ora tu dici: ''Posso chiederti a cosa è stato dovuto il tuo distacco dai tuoi amici''?
Deduco che non sei un "catechista", perchè se tu lo fossi non porresti questa domanda.
I cosiddetti "catechisti" durante il periodo di evangelizzazione non hanno nemmeno un minuto a settimana a loro disposizione, il lunedì prepari la catechesi che devi dare il martedì, il mercoledì vai in comunità per la parola, il giovedì prepari la catechesi che dai il venerdì, il sabato vai in comunità per l'eucarestia, se sei cantore devi preparare i canti per il mercoledì e per il sabato, la domenica hai la convivenza con la tua comunità o con quelle che hai evangelizzato, durante queste settimane gli amici ti chiamano per uscire e tu non puoi perchè impegnato, durante la settimane i parenti ti chiamano per il compleanno del nipotino, della mamma, del papà, specialmente il sabato, e tu non puoi, il cinema te lo scordi, gli amici ti chiamano per una pizza, una serata al pub e tu non puoi,
arrivi al punto che i tuoi amici e tuoi parenti accettano la tua scelta e non ti cercano più. Rimani solo.
Solo quando ti si accende la lampadina e
vedi che qualcosa non funziona nel cammino e cerchi una spiegazione un confronto di idee un discernimento,
vieni subito messo al bando, nel cammino è vietato pensare cose diverse del cammino, non puoi avere una tua coscienza, devi fidarti ed andare avanti,(altro non è che devi stare zitto e andare avanti) non puoi confutare, in poche parole non sei un UOMO LIBERO. Per riacquistare questa libertà, potresti dire ai tuoi "catechisti":
«Guardate che io ci sono, ho una mia personalità una mia coscienza,un mio cervello... Una mia chiamata, che non è quella che vorreste voi che accrescerebbe solo il vostro ego»: ma così entri in conflitto con loro (bada: dico con loro e non con Dio).
Nel mio caso non hanno voluto dialogare, già sapevano che non avrei fatto la loro volontà e con una semplice telefonata mi hanno messo a riposo.
Io ero innamorato del cammino che mi stava facendo conoscere Gesù, e loro mi hanno negato questo,
la mia comunità che tanto amavo e mi amava di punto in bianco mi ha rinnegato sotto pressione dei catechisti, sono rimasto solo senza fratelli di comunità, nessuno mi ha telefonato nessuno mi ha cercato neanche il parroco che avrebbe dovuto lasciare le 99 pecore e andare in soccorso della pecorella smarrita, mi ha abbandonato, abitavo a 500 metri dalla parrocchia, eravamo amici di vecchia data... "facile a dirsi, difficile a farsi"...
Caro Jeff dare 7 anni della propria vita totale (oltre tutto, in quanto responsabile, dovevo andare a far visita ai fratelli in crisi e portar loro una parola di conforto per
ricondurli nel cammino ed era moooolto pesante!) a questo movimento,
ti porta a tagliare tutti i ponti con tutte le altre realtà della tua vita, fai intorno a te terra bruciata.
Ci sono voluti altri otto anni per non sentirmi più un
Kikodipendente per tornare libero, libero di amare chi mi pare, libero di condividere qualsiasi altra esperienza con i miei amici con i miei cari con tutti quelli che mi vogliono bene senza la legge del contraccambio e,
il ticchettio dell'orologio neocatecumenale che scandiva la mia vita.
Salve
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Kiko ha un grande progetto per te:
battimani, girotondi e... decime! |
Sono entrato in comunità a 13 anni. Ero un ragazzino molto insicuro, e trovai un po' di sicurezza nel cammino.
Non ricordo bene come, ma cominciai subito a sentirmi diverso dai miei coetanei. Io avevo cominciato un percorso da
cattolico adulto, cosa potevo spartire con dei ragazzini che non andavano a messa, o che erano solo
cristiani della domenica?
Così da un giorno all'altro smisi di sentire e vedere questi amici. Per anni ho avuto incubi in cui il senso di colpa prendeva il sopravvento. Sogni in cui questi amici mi accusavano di averli
abbandonati.
Così cominciai le scuole superiori nella solitudine assoluta. Avevo solo la comunità come supporto, ma allora eravamo pochissimi ragazzi, e non avevo amici con cui passare del tempo. In seguito considerai una fortuna avere la comunità: era l'unico luogo per spezzare dalla mia solitudine, anche se solo un paio di volte a settimana.
Passarono gli anni, crebbi e mi ero fatto nuovi amici al liceo. Qualcuno era un "cristiano della domenica", qualcuno non si curava di Dio o ce l'aveva con la Chiesa.
Io mi sentivo comunque sempre in dovere di spiegare che stavo in comunità, di invitare gli amici alle catechesi ecc. Se ricevevo un rifiuto, sentivo come se un muro si frapponesse fra noi. Come potevo aderire al 100% al cammino ("Dio ha un grande progetto per te!"), e contemporaneamente frequentare persone "tiepide" rispetto al CN?
Rimasi comunque loro amico, ma dovetti allontanarmi un po' dalla comunità. Infatti per mantenere dei rapporti di amicizia, specialmente da ragazzi, è necessario (e piacevole!) uscire insieme, ad esempio il sabato sera. Allora saltavo la comunità. Attenzione però, perché io continuavo ad andare a messa la domenica.
Tuttavia il prete e il "catechista", e anche i fratelli, mi facevano sentire in colpa. Mi chiamavano "paganaccio" (col sorriso sulle labbra).
E' vero che frequentavo persone che non andavano in Chiesa, ma erano bravi ragazzi, e non facevamo niente di male. Andavamo al cinema, al pub, in pizzeria. Nessuno si drogava, nessuno fumava (neppure sigarette!), né si andava in discoteca a cercare rapporti sessuali facili.
La mia vita era giunta a un bivio. Ero al 5° anno delle superiori. La mia comunità aveva subito alcune fusioni, ed eravamo diventati molti ragazzi. In pratica avevo due gruppi di amici: quelli di scuola e quelli di comunità. Io prediligevo quelli di scuola, nel senso che, come ho detto, preferivo uscire il sabato sera con loro piuttosto che andare in comunità e andare in giro con gli amici della comunità. Però come ho detto il prete e i fratelli mi facevano sentire in colpa.
Accadde poi un fatto che mi depresse alquanto. Una ragazza con cui stavo da alcuni mesi mi lasciò senza motivo apparente. Ci rimasi molto male. I miei amici mi stettero accanto, sia quelli di scuola che quelli di comunità. Trovai però più conforto nella comunità. Mi dissi che era giunto il momento di prendere più seriamente la comunità. Avevo capito che solo nella comunità potevo trovare la salvezza. Fu così che cominciò un periodo della mia vita (gli anni dell'università) in cui mi sono dedicato al 100% alla comunità (non saltavo quasi mai la parola, l'eucarestia, mai saltata una convivenza, ho fatto tutte le convivenze di inizio corso con Paolo Cometto, anche il centro vocazionale, i pellegrinaggi...). Se veramente Dio mi aveva chiamato a stare in comunità, se mi aveva chiamato a compiere una grande missione nel Cammino Neocatecumenale, tutto ciò che non è il CN appariva superfluo.
Gli amici a cui tanto tenevo, in realtà erano solo affettività che avrebbero potuto distogliermi dal seguire il CN. Il sabato sera non dovevo più uscire con loro, perché era vitale andare in comunità. Solo nella comunità traevo la mia forza e la mia vita, non dovevo sovrapporre nient'altro a essa.
I fratelli della comunità dovevano essere i miei migliori amici. Infatti erano i fratelli che Dio mi aveva dato. Erano più che amici, erano fratelli!
Non solo mi allontanai dagli amici di scuola, ma anche mi sembrava inutile stringere nuove amicizie con quelli dell'università. A che pro? Se l'avessi fatto per altro, mi sarei sentito in obbligo di portarli nel CN, cosa che cmq mi ha sempre dato fastidio.
Quelli di scuola sono quelli con cui vorrei ricucire, ma mi sembra assai difficile. In particolare con due di loro mi sento in gran colpa. Entrambi ce l'hanno con la Chiesa. Uno di loro era anche un praticante.
Cercavano da me delle risposte, era chiaro. Ma io non seppi dargliene. L'unica cosa che feci fu portarli alle catechesi. Ne uscirono sconvolti da quel pazzo del mio "catechista" che urlava.
Avrei dovuto parlar loro di Dio, della fede, della preghiera. Invece mi veniva da parlare solo del cammino.
Scusate se sono stato prolisso...
Sebastian