giovedì 29 dicembre 2022

Lo straziante cammino per sfuggire al Cammino

"Mentre tua madre ti porta alla convivenza iniziale..."
Vogliamo riproporre due interventi tratti dallo spazio commenti del nostro blog relativi ai problemi relazionali fra genitori e figli; essi sono provocati, nelle famiglie di aderenti al Cammino, da una visione coercitiva e obbligante della frequenza degli appuntamenti della comunità neocatecumenale e da una sostanziale difficoltà, da parte dei genitori, di dialogare in modo aperto soprattutto su argomenti di fede e, da parte dei figli, di difficoltà nel poter esprimere e veder accolte le proprie opinioni a causa di un atteggiamento dirigistico, autoritario ed opprimente della famiglia e della comunità.


  • "Ai quali è stato detto che bastava fare il cammino". Questa frase concentra tutta l'ignoranza su qualsiasi fronte delle persone poste a guida delle comunità, sacerdoti neocat in testa, con grandissimo menefreghismo di buona parte della Chiesa.
Si fa fatica a vedere la maternità della Chiesa, te lo assicuro. È una lotta feroce e senza nome. I figli del cammino sono le reali vittime sacrificali di questa folle idolatria satanica.
Si fa fatica a vedere una giustizia in questo. Un giorno un sacerdote mi ha detto "Ricorda la strage degli innocenti al tempo di Erode". Forse nell'economia della salvezza tutto questo avrà anche un senso, e forse il vero atto di fede per una come me, con la vita devastata da due genitori neocat ottusi ed esaltati, totalmente indifferenti ai figli perché altrimenti li distolgono dal CNC e letteralmente "sbolognati qua e là", oggi come ieri, è semplicemente questo: credere nonostante e al di là di tutto, sapendo che ognuno prima o poi dovrà rispondere. Poi però rimane la vita quotidiana e i drammi che il CNC ha causato e causa, e l'indifferenza con cui la Chiesa lo lascia stuprare la vita delle persone sinceramente fa salire parecchia rabbia.
(da: Autore della Lettera)


  • Posso solo immaginare la sofferenza che ti ha causato crescere con due genitori ottusi seguaci del Cammino. 
Soprattutto penso che ci si senta deprivati della propria infanzia, dei propri spazi. sempre col Cammino di mezzo. E il sabato sera sempre all'eucarestia con gli occhi che ti si chiudono per la stanchezza, ma devi stare sveglio e magari anche rispondere al didascalo che ti interroga, e la domenica mattina le lodi obbligate, e poi convivenze, passaggi, cento piazze, ecc. ecc. Ho cominciato a capire "dal vivo" come il Cammino entra a gamba tesa nella famiglia, Avanti con i miei figli piccoli... Con mia moglie ci siamo resi conto che ci stava mangiando la vita, che tutto ormai ruotava attorno al Cammino. Volevamo incontrare qualcuno, no, c'era la convivenza; una cena con i colleghi, no, c'era la preparazione. Per ogni piccolo impegno o svago extra Cammino era sempre una corsa a ostacoli ... E anche per i figli il tempo era sempre poco... . Quando ho appena cominciato a pensare che potevo avere il sabato sera libero, e anche gli altri giorni, non mi sembrava nemmeno vero,! È stato come uscire da una lunga prigionia. 
(da: Porto)
 
Di seguito, a conferma del fatto che le difficoltà familiari nell'ambito del Cammmino, sono un problema rilevante, a tal punto  da aver attirato l'attenzione delle reti Anti-Sette e dei media, traduciamo un articolo del sito cadenaser.com segnalato dal blog spagnolo Cruxsancta.
 

Lo straziante cammino per sfuggire alle organizzazioni ultrareligiose: "Se ci dicevano che dovevamo andare in comunità, non potevamo dire di no. Tante volte ci hanno obbligato con la forza"
In Spagna si stima che circa 100.000 persone appartengano a gruppi cattolici o conservatori come il Cammino Neocatecumenale.

"E se non siete oppressi,
vi ci faremo diventare!"
Mi sono sempre sentito obbligato a fare il Cammino Neocatecumenale, a casa mia non c'era altra scelta”, racconta José González, un ragazzo di 25 anni che vive ad Almería. Nella sua famiglia sono in 14, i suoi due genitori e 12 figli. Tutti i figli sono appartenuti per un certo punto della loro vita al Cammino Neocatecumenale, meglio conosciuto come Kikos, ma vi è rimasto solo chi ha continuato a vivere con i genitori. 

In Spagna si stima che circa 100.000 persone appartengano a gruppi ultracattolici o ultraconservatori. José è stato in Cammino per più di 8 anni e, dopo aver detto ai suoi genitori che non voleva continuare, è dovuto andare a vivere all'estero. Molti dei membri di queste organizzazioni sono figli di famiglie di aderenti e non hanno mai avuto la libertà di decidere autonomamente se appartenere o meno a quella comunità cattolica. Una situazione che sta diventando sempre più comune e che fa sì che molti di loro vengano  espulsi dalle loro case e dalle loro famiglie.

La maggior parte dei membri di queste organizzazioni entra tramite il passaparola. I genitori di José avevano 25 anni quando un cugino della famiglia li fece entrare nel Cammino. "Da quando ho memoria, vado a Messa con i miei genitori e appartengo a questa comunità", ricorda José. Il presidente della Rete Settaria di Prevenzione, Juantxo Domínguez , afferma che “molte volte, in modo molto subdolo e controllante, approfittano di quando i ragazzi sono minorenni per agganciarli. Il  Cammino Neocatecumenale è un'organizzazione che agisce in modo molto coercitivo”.

Formazione dei giovani:
balletto scatenato davanti
alla basilica del Presepe
"Molte volte ci hanno obbligato con la forza"

Anche la famiglia di Pablo Herrera apparteneva alla stessa comunità cattolica. I suoi genitori si sono uniti ai Kikos quando avevano 33 anni e, come i genitori di José, li hanno conosciuti tramite un parente. 
"Dovevamo essere obbedienti ai nostri genitori e se ci dicevano che dovevamo andare, beh, non potevamo dire di no. Molte volte ci obbligavano con la forza". 
Queste organizzazioni cattoliche agiscono liberamente all'interno del cattolicesimo e non ci sono quasi dati ufficiali su di esse. 
Domínguez afferma che il problema principale che non permette di controllare queste organizzazioni è la mancanza di leggi ad hoc in Spagna: "Non sono mai state introdotte strategie preventive e informative  su questi gruppi settari".
La routine di José con la sua famiglia era sempre la stessa: tutte le sere si riunivano in soggiorno per pregare e nei fine settimana dovevano partecipare alla messa comunitaria. Le normali abitudini per i ragazzi di 13 anni il sabato o la domenica, come andare al parco o il compleanno di un compagno di scuola, erano una realtà irraggiungibile per José: "Quando ero piccolo non potevo mai incontrare i miei compagni di scuola, la mia vita si è basata solo sullo stare con persone della comunità".

A quell'età i figli dei già membri della comunità iniziano la catechesi e diventano ufficialmente membri del cammino. In quel momento José iniziò una doppia vita. "Dentro casa ero una persona che pregava, che andava a Messa e che andava in Cammino tutti i giorni, ma quando uscivo dalla porta ero un'altra persona. Andavo con i miei amici e mi divertivo. Solo così potevo essere me stesso" confessa. Il presidente de La Rete Anti-Sette avverte che questi gruppi "limitano la libertà delle persone e le loro relazioni personali. Se sei all'interno del gruppo hai una certa libertà sempre sotto controllo, ma se sei fuori dal gruppo vieni considerato niente o nessuno", dice.

Liturgia domestica neocatecumenale in Corea: i bambini portano la statuetta di Gesù nel presepe con canto di Kiko , chitarra e tamburello.
Notare la Madonna di Kiko e santacarmen in posizione d'onore

 

"Mi sono reso conto che, se non volevo frequentare il Cammino, dovevo uscire di casa"

Sia José che Pablo ammettono di essere stati in Cammino per anni per paura della reazione dei loro genitori, finché alla fine non hanno detto loro cosa pensavano. Nel caso di José, i suoi genitori non gli hanno lasciato scelta: finché viveva sotto il loro tetto, non poteva uscire dal Cammino. 

Mi hanno detto che i miei fratellini avrebbero potuto seguire i miei passi, che dovevo stare attento a come mi comportavo, perché  avrebbero potuto imitare il mio comportamento. Allora ho compreso che, se non volevo andare in comunità, dovevo andarmene da casa mia."
Pablo, al contrario, ha deciso di non parlare con i suoi genitori e ha costretto i membri del Cammino a buttarlo fuori. 
"Quando finisci la catechesi, c'è un ultimo passaggio finale in cui devi impegnarti a dare ai poveri ciò che hai di più prezioso. Ho visto come la gente donava la macchina, i gioielli... qualunque cosa. Quando è arrivato il mio turno ho rifiutato di farlo e mi hanno espulso", dice. 

Pablo è riuscito a lasciare Los Kikos e quindi la sua casa. I suoi genitori non accettavano che se ne fosse andato né la sua condizione sessuale. "I miei genitori non accettavano che fossi omosessuale, pensavano che dietro la mia condizione sessuale ci fosse il diavolo", dice.

Attualmente José ha recuperato il rapporto con i suoi genitori, anche se non vive ancora con loro. Pablo invece vive a Madrid e attraverso un blog aiuta altre persone che vogliono uscire dal Cammino e non ci sono ancora riuscite. "Lasciare la comunità e lasciare la mia casa, iniziare la mia vita, è stata la decisione migliore che potessi prendere. È qualcosa di cui non mi sono mai pentito", ammette.

lunedì 26 dicembre 2022

La "nueva estetica" tra Tutankhamon e Disney

Proponiamo, traendolo dal sito "Il pensiero cattolico"   un articolo di don Nicola Bux, teologo e liturgista, recante interessanti osservazioni sull'arte sacra, in particolare su quella iconografica della Chiesa latina e orientale, che dovrebbero  essere unite da un nesso indissolubile  a fede, preghiera, dottrina e liturgia.
Attualmente la Chiesa cattolica sembra essere ad un bivio fra la conservazione pur con elementi  di innovazione, riproponendo la propria tradizione, e tra il replicare malamente l'iconografia orientale, oppure ancora lo scadere nell'aniconicità protestante.

Monsignor Bux osserva che la liturgia e l'iconografia cristiana non possono essere mitologiche o tendenti all'astrazione; ad esempio gli occhi nelle figure di questi novelli bizantineggianti (l'esempio fatto è  quello del più  noto Rupnik, ma avrebbe potuto allo stesso modo citare Kiko Argüello) sono indefiniti come quelli dei personaggi disneyani; ciò condiziona le figure, facendo scadere la scena quasi a raffigurazione gnostica. 

Conclude monsignor Bux affermando che l'iconofilia che ha preso i latini sa di patologia. Avendo abbandonato o addirittura distrutto la tradizione figurativa occidentale, si cerca di riempire il vuoto, prendendo le icone orientali e mettendole nel nostro contesto culturale: una de-culturazione. L'icona orientale nella liturgia romana è un pesce fuor d'acqua!

Le preziose osservazioni di questo articolo vanno a confermare ciò che nel nostro blog viene detto da sempre a riguardo della la nueva estetica neocatecumenale, per la quale, scriveva Lino Lista, "tutto della Chiesa tradizionale, dallo spazio sacro alle rubriche alle icone ai canti etc. etc., deve essere annichilito nel vuoto cosmico delle salette neocatecumenali, le quali possono essere riempite soltanto dalla Comunità e dal suo agire. In questa logica dell'operare comunitario, anche vanno collocate le creazioni più propriamente artistiche di Kiko Arguello (icone, arredi, musiche, canti), le sole ad essere ammesse perché, per mezzo del fondatore, esse identificano la Comunità e le sue prassi.
Tutto, essendo ricondotto alla Comunità e al suo agire, deve essere semanticamente riconoscibile – è un'altra affermazione di Kiko Arguello, questa: il simbolo teologico deve cedere il passo al segno comunitario".
 
Mentre invece, osserva monsignor Nicola Bux, è sempre e solo l'incarnazione del Verbo - non quella dell'artista - la condizione senza la quale non ci può essere liturgia e nemmeno iconografia.

Il Santo Stefano di Kiko
non vede i "cieli aperti"

Sebbene da parte di molti teologi e liturgisti si richiami di frequente il celebre principio lex orandi-lex credendi, a ricordare che tra la fede e la preghiera, tra la dottrina e la liturgia che hanno prodotto la musica e l'arte sacre cristiane, vi sia un nesso indissolubile, assistiamo da decenni alla rottura e discontinuità tra essi.

L'innovazione ha cancellato la tradizione, invece di mantenersi in equilibrio con essa, la riforma è diventata rivoluzione, in quanto non è stata condotta in base a criteri di scelta dell'antico. La Chiesa cattolica è a un bivio: o conservare innovando, cioè riproponendo mutatis mutandis, la tradizione delle immagini nel luogo di culto, o replicare malamente l'iconografia orientale oppure l'aniconicità protestante. 

Ad evitare tale rischio e riparare i guasti ove già consumati, urge la comprensione dell'unità sussistente tra simbolismo liturgico dei riti, loro interpretazione mistagogica e disposizione iconografica. Ne dipende la comprensione della verità cattolica. L'icona è la presenza divina, una finestra sul Mistero, dice l'Oriente slavo: serve per indicare all'uomo: qui c'è Dio. E se c'è Dio, cosa si fa: si deve coltivare il rapporto (colere) con lui: ecco il culto. 

Il card. Thomas Spidlik, uno dei noti teologi cattolici della spiritualità orientale, era contrario alle icone orientali nelle chiese occidentali, perché esse si possono comprendere perfettamente solo nella liturgia orientale; senza questa, le icone sono oggetti certamente belli, straordinari, ma, staccati dal contesto per il quale vengono creati, perdono il loro significato. Si capisce subito che da noi le icone sono estranee al contesto, ma inserite per esotismo.

Certamente le icone non riempiono il vuoto creato dalla iconoclastia postconciliare e dalla confusione vigente nella liturgia, anzi, paradossalmente le aggravano; anche perché il popolo non le capisce e non le venera, e noi sappiamo che le icone esistono per essere venerate. Infatti una immagine sacra non è fatta per il gusto dell'artista, ma per la venerazione di colui che rappresenta: il Signore, la Vergine, i Santi.

Simbolismo e raffigurazione non sono la stessa cosa, nell'arte come nella liturgia. Così si andarono definendo tre tipologie di immagini cristiane: simbolica, allusiva ai sacramenti e parabole; narrativa, di episodi biblici, evangelici o di santi; iconica, cioè immagini per il culto. Proprio su quest'ultimo tipo si aprì la discussione nell'VIII secolo, sfociato nell'iconoclasmo, con conseguenze drammatiche sulla tenuta della Chiesa d'Oriente; ma fu gradualmente confutato riaffermando il dogma dell'incarnazione, col concilio Niceno II(787), che tra i suoi principali attuatori ebbe san Giovanni Damasceno. 
Il padre Rupnik, non so se si sia posto il quesito: dai miei mosaici, il fedele è indotto a venerare i prototipi che rappresentano, o si ferma solo all'ammirazione estetica? Se poi dinanzi ad essi si svolge la liturgia, questa non diventa una "danza vuota intorno al vitello d'oro che siamo noi stessi"(J.Ratzinger)? Si pensi ai mosaici della cripta dove è esposto san Pio da Pietrelcina, che hanno portato ad etichettarla come "tomba di Tutankhamon".

C'è un modo, invece, di fare arte sacra, che Dio stesso ha rivelato, che mantiene in unità il rito, l'arte e l'interpretazione della liturgia, per non scadere in "un imparaticcio di usi umani"(Is 29,13), cioè nell'idolatria. L'incarnazione del Verbo - non quella dell'artista - è la condizione senza la quale non ci può essere liturgia e nemmeno iconografia. Ecco delineato lo spirito della liturgia, non solo orientale, collegato al concetto di culto e di liturgia celeste e terrena, al mondo visibile come segno dell'invisibile. Ecco il mistero della presenza sacra nell'icona come, seppur ad altro livello, nell'Eucaristia. Così la presenza divina guarisce l'uomo e lo trasforma in santo, lo santifica.

La teologia orientale sostiene la deificazione dell'uomo in Cristo. Se si prescinde da questo e dall'incarnazione del Verbo, la liturgia e l'iconografia scadono nella mitologia. Lo sviluppo in essa dell'allegoria, vuol rendere presente il mistero di Cristo, dal suo ingresso nel mondo al suo ritorno per giudicare il mondo. La liturgia è capace di velare e svelare, di celare e di far capire, perché non è possibile comprendere tutto nello stesso tempo; molte cose si capiranno solo successivamente, dice Gesù agli apostoli. La liturgia e le immagini servono a sentire il "Dio vicino", che è il cuore del cristianesimo, a differenza dell'ebraismo che lo attende ancora o dell'islamismo che lo considera irraggiungibile. Gesù è il Dio vicino, che entra nella vita dell'uomo.

Quindi la liturgia e l'iconografia cristiana non possono essere mitologiche o tendenti all'astrazione. Si guardino gli occhi nelle figure di Rupnik: sono indefiniti come quelli dei personaggi disneyani; ciò condiziona le figure, facendo scadere la scena quasi a raffigurazione gnostica. 

L'iconofilia che ha preso i latini sa di patologia. Avendo abbandonato o addirittura distrutto la tradizione figurativa occidentale, si cerca di riempire il vuoto, prendendo le icone orientali e mettendole nel nostro contesto culturale: una de-culturazione. L'icona orientale nella liturgia romana è un pesce fuor d'acqua! Eccezion fatta per quelle icone arrivate a noi nel Medioevo quando la liturgia romana era più simile alla bizantina e che hanno avuto la fortuna di godere della venerazione dei fedeli. Si dirà che non favoriamo lo scambio tra l'oriente e l'occidente. Non è così: deve svilupparsi la conoscenza delle rispettive tradizioni, ma rimanendo nella loro differente ricchezza; proprio questo e non il bricolage favorisce lo scambio.
 
(Don Nicola Bux)

venerdì 23 dicembre 2022

Il diabolico errore della "salvezza attraverso il peccato"

Qui la versione inglese dell'articolo a cura del blog "Neocatechumenal Way in the USA".

Per capire uno degli aspetti più pericolosi della mentalità neocatecumenale - quello che chiameremmo "la salvezza attraverso il peccato" -, è necessario fare una lunga premessa, ricordando cose che dovrebbero essere note a tutti i cristiani fin dai tempi del catechismo dei bambini.

 La Chiesa ci ha sempre insegnato che la natura umana è "ferita dal peccato". Questa ferita implica che nella storia umana sono entrate anche la morte, le malattie, la sofferenza... e tutta un'altra serie di conseguenze che danno luogo a incidenti, a sofferenze innocenti, a una continua inadeguatezza di ogni anima davanti a Dio. Le sole eccezioni sono quella di Nostro Signore (vero Dio e vero uomo, che ha condiviso con noi la natura umana in tutto fuorché nel peccato) e la Beatissima Vergine (che per particolarissima grazia divina fu esentata dal peccato originale - e quindi visse senza minima ombra di peccato -, poiché Nostro Signore non poteva incarnarsi in una storia umana macchiata dal peccato).

Noi cattolici dunque sappiamo di essere peccatori, "inclini al peccato", oltre che anche vittime (purtroppo spesso) del peccato altrui, delle ingiustizie della società umana che in quanto tale sarà sempre imperfetta, dell'inimicizia della natura (calamità, maltempo, animali feroci o virus nocivi)... E sappiamo anche che il rimedio è nell'accogliere il più possibile la divina grazia, sforzandosi di non peccare, sforzandosi di moltiplicare gli atti virtuosi (anche i più piccoli e apparentemente insignificanti), perché più opere buone compiamo (di preghiera, di carità...), e più rendiamo facile a noi stessi l'accogliere la grazia che ci viene continuamente offerta. E siccome non siamo tutti "forti" spiritualmente, non ci meravigliamo di "cadere" spesso nel peccato: semplicemente facciamo di tutto per rialzarci, cerchiamo continuamente di iniziare una nuova vita ("convertirci"), anche se solo di un pelino più vicina a Dio di quanto di meglio avessimo vissuto fino al giorno prima. Ogni passo in più verso Dio porterà frutto, anche se in futuro dovessimo pasticciare parecchio (e abbiamo fiducia in Dio perché si è degnato talvolta di salvare anime perse che però in qualche periodo della loro vita avevano compiuto del bene o erano state sinceramente devote della Madonna; dunque ogni opera buona, anche la più piccola, potrebbe essere fondamentale per la nostra salvezza).

Premesso tutto questo, si capisce che è un'assurdità il pensare che per accogliere la grazia sarebbe necessario prima "fare esperienza del peccato". Sarebbe come a dire che un bicchiere andrebbe preso a martellate in modo da riaggiustarlo per renderlo adatto a bere: è un'assurdità, un'asineria mostruosa.

Ora, è pur vero che nel caso della natura umana e della grazia che la "aggiusta", "i pezzi di ricambio sono migliori degli originali". Il peccatore che accoglie la grazia si trova in una condizione addirittura migliore di chi non ha mai peccato (ce lo dice Nostro Signore nel Vangelo in diverse occasioni, anche quando dice che c'è più gioia nei cieli per un peccatore convertito che per tanti "che non hanno bisogno di conversione", cfr. Lc 15,7). Ma questo non significa mai che per avvicinarsi a Dio sarebbe necessario crogiolarsi nel peccato. È una mentalità profondamente sbagliata, perché inverte le premesse con le conclusioni. Peccare ti allontana da Dio, è indiscutibile. E comunque siamo mortali, cioè seguendo quell'assurda mentalità potresti ritrovarti ad aver peccato ma a non aver avuto il tempo di convertirti. Peraltro siamo tutti - tutti, anche i santi - già qualificabili come peccatori, come inclini al peccato, come bisognosi della grazia, per cui non c'è mai motivo, tanto meno necessità, di "peccare" per poter fare esperienza della grazia. Non c'è mai motivo di "allontanarsi da Dio" come passo necessario per preparare un "avvicinarsi a Dio".

Ebbene, nell'insegnamento del Cammino Neocatecumenale fanno sembrare "necessario" fare "l'esperienza del peccato" per poter accogliere la grazia.

Di fronte al caso di neocatecumenali pubblici peccatori, i cosiddetti "catechisti" del Cammino ti fanno credere che fosse necessario peccare per poter finalmente assaporare il perdono di Dio. Invece noi cattolici sappiamo che non è mai "necessario" peccare, e che non è la quantità e la qualità dei peccati a produrre l'esperienza del perdono. (Quando certi grandi peccatori si sono convertiti, si sono resi conto della misericordia del Signore proprio perché si rendevano conto - e si erano veramente pentiti - delle proprie malvagità: ma questo non implica che per avvicinarsi alla gloria di Dio dovessero assolutamente peccare, e loro stessi, nell'assaporare la misericordia, se ne rendevano finalmente conto: "tardi ti amai", sospirava sant'Agostino).

Quando nel preconio pasquale si canta "felice colpa, che meritò tale e così grande Redentore", non si sta affermando una necessità dell'avere "colpa" per poter ottenere la Redenzione ma si sta parlando della libera e misericordiosa opera di Dio, e noi si resta colpiti dall'immensità di tale misericordia perché durante la nostra vita abbiamo avuto tante "colpe". Che non erano né necessarie, né utili.

Ribadiamo qui che come in ogni setta eretica, anche nel Cammino avviene che gli errori più madornali vengono nascosti dietro paroloni tanto altisonanti quanto fumosi. Così come il tipico kikos a parole proclama di amare il Signore nell'Eucarestia ma nei fatti agisce come se non credesse alla presenza reale di Nostro Signore nel Santissimo Sacramento, allo stesso modo il tipico kikos a parole proclama di evitare il peccato e di rifugiarsi nella misericordia del Signore ma nei fatti agisce come se gli fosse stato continuamente insegnato che per fare esperienza di quella misericordia deve prima lasciarsi andare al peccato.

Infatti il laico Kiko Argüello Wirtz - che si autodefinì «il Vostro Catechista» e addirittura «Giovanni Battista in mezzo a voi» - proclama che «l'uomo non può non peccare» (ossia che il tipico kikos non deve sforzarsi di fuggire le tentazioni e non deve resistere al peccato), proclama che la confessione dei peccati mortali sarebbe facoltativa e rinviabile a piacere, ecc., proprio come se autorizzasse (anzi, invogliasse) i suoi adepti a crogiolarsi nel peccato prima che possano dire di aver fatto esperienza del perdono.

E infatti da un lato abbiamo la tipica parlantina neocatecumenalizia: «il Signore mi ha perdonato da aborti risse divorzi discoteche omicidi droghe» (soprattutto da parte di gente che non avrebbe mai compiuto cose del genere), dall'altro lato abbiamo l'autoassoluzione di comodo, come quando il tipico kikos dice: «eh, quando il Signore mi toglie la mano dalla testa, ne combino di ogni!» (come se fosse stato il Signore a imporgli di peccare).

Dobbiamo anche dire che Kiko e Carmen non se lo sono inventato, questo diabolico concetto della necessità di peccare come preludio all'esperienza del perdono (diabolico perché il peccare viene indicato come "necessario" mentre il perdono potrebbe anche non avere occasione o condizioni di avverarsi), e che risale almeno a diversi secoli prima.

Vogliamo qui ricordare il caso degli ebrei che credettero in un falso (e sedicente) messia, tale Sabbatai Zevi, vissuto nel XVII secolo, il quale fu catturato dai musulmani che gli imposero o di convertirsi all'islam o di farsi decapitare. Il soggetto - che fra i correligionari ebrei si era spacciato come il messia e aveva creato attorno a sé un discreto movimento di ebrei che non avevano riconosciuto Cristo e però seguirono Zevi - indovinate cosa fece? Si convertì all'islam.

I suoi seguaci inventarono dunque un articolatissimo "spiegone": dissero che si era convertito solo esteriormente, e che quindi per avvicinarsi a Dio occorreva prima scendere negli abissi del peccato, e da lì poi risalire, e che quindi il grosso peccato dell'abiurare la fede - peccato pubblico, scandaloso, oltre che ipocrita per finzione - serviva appunto per fare "esperienza del peccato". Seguirono poi altri falsi messia, che attirarono a sé numerosi altri ebrei nei decenni e secoli successivi, e tutti ad elaborare in modo sempre più macchinoso quell'assurdità, organizzando orge e altre robacce, al fine di fare in privato "esperienza del peccato" (l'antinomia, cioè l'andare contro ogni legge) ed esperienza dell'ebraismo, e in pubblico fare la figura dei bravi convertiti all'islam o al cattolicesimo. Ne parla estesamente Maurizio Blondet nei suoi saggi, tra cui I fanatici dell'apocalisse e Cronache dell'anticristo, letture che consiglierei in quanto non richiedono lauree in teologia per essere capite, rispetto ad altri testi più enciclopedici ma che richiedono un po' di infarinatura culturale.

Ora, si nota quello stesso madornale errore nella mentalità neocatecumenale direttamente derivata dalla predicazione di Kiko e Carmen, instillandolo in maniera subdola.

Quando Kiko dice che occorre fare l'esperienza del peccato, del sentirsi peccatori, sta insinuando proprio che i suoi adepti dovrebbero crogiolarsi nei peccati. Non sta insegnando a fuggire le tentazioni, non sta insegnando a ricorrere il più possibile a ricorrere agli strumenti principali della grazia (i sacramenti), sta solo parlando genericamente di detestare sé stessi, senza che ciò abbia un nesso con l'accogliere la grazia (e infatti nelle comunità è tipico il cominciare le proprie omelie laicali dicendo: "mi faccio schifo..."). Per quante mille volte Kiko blaterasse di grazia, dell'amore del Signore, della misericordia, del perdono, la mentalità neocatecumenale è sempre quella di un cupo pessimismo, un crogiolarsi nel peccato, un arrendersi con "tanto l'uomo non può non peccare, il peccato è inevitabile" (sottinteso: "che mi sforzo a fare? perché dovrei fuggire le tentazioni se l'uomo è irrimediabilmente peccatore?"). E quindi anche blaterando di "il Signore perdona sempre", i kikos restano infognati nell'odio a sé stessi anziché nel collaborare alla divina grazia.

Questa mentalità pessimista e autolesionista è utilissima ai capicosca del Cammino, giacché rende i fratelli delle comunità "zombificati", "lobotomizzati", incapaci di usare la propria libertà, capaci solo di autoflagellarsi (spiritualmente) e di farsi guidare come marionette dai burattinai interessati a decidere come devi vivere la tua vita, il tuo lavoro, i tuoi studi, la tua vocazione, e soprattutto i tuoi soldi. E per alimentare tale mentalità, oltre alla predicazione apocalittica e funerea, ci sono i vari "giri di esperienze", "scrutini", eccetera, a cui tanti kikos si inventano peccatoni super-giganti perché altrimenti i cosiddetti "catechisti" ti giudicano come uno che ha qualcosa da nascondere.

Da notare che nell'esperienza della Chiesa, anche nel parlare della bruttura del peccato, si ricorda sempre che il singolo è chiamato a ravvedersi, e che grazie ai sacramenti (vissuti nelle dovute disposizioni) può sempre rinascere come uomo nuovo. Nella Chiesa il peccato non viene né spettacolarizzato, né trasformato in punto d'appoggio per un pessimismo autolesionista, né considerato "necessario" per salvarsi.

Questa fissazione kikiana-carmeniana del far sciorinare in pubblico i propri super mega peccatoni, del parlare in termini positivi del fare esperienza del peccato, è una cosa che ci ricorda il tentatore nel giardino dell'Eden: «diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male...» (cfr. Gn 3,1-7) senza dire che quella "conoscenza del male" era l'inimicizia con Dio. Quando la Chiesa dice che occorre riconoscersi peccatori, sta parlando di un moto dell'anima che riconosce i propri peccati e desidera avvicinarsi a Dio. Cioè la Chiesa ti ricorda i peccati che hai già commesso, Kiko ti dà il bonus per compierne altri. La Chiesa ti invita alla conversione del cuore e a guardare avanti, Kiko ti invita a guardarti l'ombelico, a guardare sempre i tuoi peccati, a dichiararti peccatore senza che ciò implichi un tuo sforzo per convertirti. (E così va a finire che una donna che avevi perso di vista da anni, si infogna nella setta neocatecumenale, e ti telefona per urlarti "sono una peccatrice, sono una Caina!!" e tu al telefono che non riesci a capire se ha seri problemi mentali o se ha appena cominciato a raccontare una barzelletta grottesca).

Ecco perché Kiko va ereticamente insegnando che: «il Signore ti ha già perdonato... poi, domani, se vuoi, sigillerai [in confessione]». Kiko insinua che il Signore ti avrebbe "già perdonato" (sottinteso: anche se non sei pentito, è un "perdonismo automatico"), per cui puoi restartene con l'anima macchiata di peccati, tanto poi "domani" (cioè chissà quando), "se vuoi" (cioè quando proprio ti andrà a genio, cioè alle calende greche), "sigillerai" (parolone altisonante perché evidentemente a Kiko dispiace troppo dire che il singolo abbia bisogno della confessione: dopotutto il Cammino ogni 40-60 giorni ti organizza le "penitenziali", no?, la confessione potrà attendere, la "comunione seduti" pare solo una distribuzione di un "sacro snack di unità fraterna" fattibile anche in stato di peccato mortale, tanto -come dice Kiko- l'uomo non può non peccare).

Nota a margine: c'è anche una spiegazione umana a quella sbagliatissima mentalità. Ed è il fatto che il peccatore che non si adopera per rialzarsi è un comodissimo burattino, anche dal punto di vista psicologico. Ecco perché il Cammino instilla a poco a poco una concezione pessimista e funerea delle cose della vita, un delegare ogni sforzo mentale e spirituale alle arroganti e insensate direttive dei cosiddetti "catechisti", un'autorizzazione ad autoassolversi comodamente ("quando il Signore mi toglie la mano dalla testa...") e nello stesso tempo fingersi agnellini candidi e mansueti (vengono qui a vantarsi di quanto digiuno quaresimale hanno fatto e poi la loro vita è tutto un vendicarsi, un calunniare, un fare porcherie in famiglia e nella società, un negare l'evidenza quando sia scomoda al Cammino, a costo di mentire e ingannare, "tanto il Signore perdona sempre, e poi il Signore salva a grappoli, e poi il Signore ti salva se fai bene il Cammino cioè paghi la Decima e vai alle convivenze...").

martedì 20 dicembre 2022

Testimonianza di una "religiosa naturale"

Pubblichiamo una storia di conversione e di fede che qualcuno, dalle parti di Kikolandia, definirebbe la testimonianza di una "religiosa naturale".
 
L'infinito cammino:
tutto fumo, non ci casca più nessuno
 

All'inizio, comincia come la maggior parte delle biografie neocatecumenali: una vita da cattolica tiepida, praticante anche se senza costanza senza slanci particolari. 
Una grave malattia del figlio, che la mette nella crisi esistenziale simile a quella di Kiko davanti alla sofferenza degli innocenti o come quella di Carmen cacciata dal convento.

Poi però non prosegue, come nello standard neocatecumenale, con l'incontro dei Mosè del Cammino in parrocchia, la Kenosi  nel peccato e dopo 12 o 15 anni di frequentazione delle salette, aver dato via i beni eccetera, l'incontro con la Madonna, presentata solo nel momento in cui si è  in grado di "capirla" senza cadere nel "devozionismo":
la Santa Vergine la incontra subito, nella cappella dell'ospedale, riscopre la preghiera del Rosario, senza necessità d'essere obbligata dal catechista di turno. 

Si mette al collo la medaglia miracolosa, quella stessa che faceva impazzire Carmen se la indossava qualcuna delle "sue" catechiste, la quale le attira, da allora in poi, molte grazie.

Si inginocchia devotamente durante la Messa.

Prega l'arcangelo Michele, recita novene... anch'esse formalmente snobbate in Cammino, se non quando dedicate alla propria fondatrice. 

Ascolta una catechesi sui Dieci Comandamenti: al termine della catechesi - un format di don Fabio Rosini che Kiko Argüello concepiva solo come un modo per incanalare i giovani nel suo Cammino - senza necessità di farsi infangare come il cieco nato per anni in una saletta neocatecumenale, vede e riconosce i propri peccati, si accosta alla confessione: fa una confessione generale, cosa che mai è stata consigliata ai camminanti, istruiti, nelle loro penitenziali, a buttare lì i proprio peccati in tutta fretta nel mezzo di una saletta tra il frastuono delle chitarre e dei canti.

Ma possibile che nella storia di questa "religiosa naturale" manchi proprio l'annuncio del kerigma, la comunità, le catechesi kikiane così necessarie al cammino di "iniziazione cristiana"?

In effetti qualcosa del genere lo racconta: infatti nel 2021 decide di aderire ad un "gruppo cattolico", ma quasi subito si rende conto che i loro non sono insegnamenti dottrinalmente corretti e se ne scappa a gambe levate... ringraziando il suo angelo custode!

Senza frequentare nessuna "associazione cattolica" e senza fare la tappa della Preghiera, le Lodi obbligate dal breviario (con acquisto del set di salteri per tutto l'anno), senza ripetere la frase del Pellegrino russo, le si aprono le porte della preghiera contemplativa. 

E tutto ciò grazie... al cammino di iniziazione, alla vendita dei beni, ad essersi alzata alla GMG, alla intercessione della santa di categoria superiore eccetera eccetera?

Niente affatto: tutto "per intercessione della Vergine, che mi ha presa nel Suo Cuore Immacolato" che le ha permesso di procedere "camminando sempre più svelta verso il Cuore di Cristo. È Lei la porta del Cielo. Se non le avessi chiesto aiuto, non penso che sarei qui ora".

Di seguito, riportiamo i punti salienti della testimonianza di quella che i neocatecumenali definirebbero "religiosa naturale".

Questo il link al blog di Aldo Maria Valli che l'ha pubblicata per chi la volesse leggere nella sua completezza.




Nasco formalmente cattolica, ma fino a due anni fa ero annoverata tra i “non praticanti”, qualunque cosa significhi questo termine, perché oggi si tende a definirsi così per non vedere la verità per come è, ossia che se credi allora devi anche praticare, altrimenti non credi.

A messa “quando me la sento”, confessione non pervenuta e preghiere ogni tanto. Questa ero. Ho sempre voluto bene al Signore, ma sostanza poca.

Fino a due anni fa, dicevo. Ma se devo essere onesta questa storia d’Amore inizia nel 2018, grazie alla Vergine Maria.
All’epoca mio figlio ha solo sei mesi e gli viene diagnosticata una rara forma di epilessia infantile. (...) Arrivati nel grande ospedale cittadino, corro a cercare una cappella. Appena dentro, piango tutte le lacrime che ho, chiedendo alla Vergine di aiutarmi. Chiedo al Signore di guarirmi il bambino, gli dico che non voglio niente dalla vita, né ricchezze né successi: voglio solo che i miei figli, in particolare lui, siano sani.(...)
Uscita dalla cappella mi sento pervasa da una forza e una pace che non so spiegarmi. Aspetto che mio figlio si addormenti per pregare il Rosario: non so quanti ne dico!

Già dopo la prima iniezione di farmaco, con una dose bassissima, meno di 1ml, mio figlio sta bene. (...) Il primario del reparto di neurologia infantile mi dice che una guarigione così rapida non l’ha mai vista in quarant’anni di professione: ha più del miracoloso che dello scientifico.

Ad oggi mio figlio, che ha ormai cinque anni, è sano come un pesce e molto vispo.

Quella storia mi ha profondamente segnata, ma ha anche sancito il mio primo legame stretto con Maria. Avevo ancora una devozione debole, ma la Vergine è paziente e mi ha aspettata. Forse la Medaglia miracolosa che da allora iniziai a portare al collo mi ha attirato molte Grazie.(...)

Succede che un giorno qualcuno posta su Instagram lo screenshot di un video di YouTube con un sacerdote che tiene una catechesi su san Michele Arcangelo.
Incuriosita, data la mia passione per gli angeli, vado ad ascoltare e scopro che il sacerdote invita a fare la novena per il 29 settembre. Allora cerco su YouTube la novena e, arrivata sul canale di un santuario, inizio a pregarla. Finita la novena, il giorno dopo faccio la consacrazione a san Michele.(...)

Inizio ad ascoltare le catechesi sui dieci comandamenti proposte dai sacerdoti di quel canale YouTube (...)

Incomincio a vedermi come in un film. A osservare tutti i miei peccati commessi in passato. Tutti. Sin da quando ero piccola. Anche quelli che uno dimentica facilmente. L’esperienza dura una manciata di secondi, e ne esco più morta che viva. Mi vedo per quella che sono, e sto male.

Capisco che ho bisogno di confessarmi, ma provo molta vergogna. Cosa dirà il mio parroco?
“Casualmente” quella settimana mi viene il desiderio di andare a messa nel pomeriggio. Ci vado e trovo un sacerdote molto anziano, un uomo che mi appare subito buono e mite. È novembre. L’omelia è sui Novissimi. Niente di peggio per chi è nella mia situazione.(...) Prendo appuntamento per la confessione.
Senza nemmeno sapere cosa sia, faccio una confessione “generale”, come lui stesso mi chiede. Poi mi dice: “Ti ringrazio, perché mi hai raccontato una conversione.”

Come mi sento leggera dopo! Ho confessato tutto, anche i peccati che avevo in mente di dire solo in punto di morte.

Nel frattempo inizio, con fatica, le quindici orazioni di santa Brigida, per un anno. (...)

Il Signore inizia a quel punto a mandarmi messaggi. Per quasi due anni trovo scritta sento la frase di Ef 6, 12: “La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti”. Ogni giorno è così. La sento ovunque. Credo di impazzire. E non capisco perché.

Kiko ha copiato dai protestanti? O viceversa?
Nel 2021 conosco una certa associazione. Decido di aderirvi, ma capisco presto che non è la mia strada. Avverto che dicono cose poco cattoliche. La prova è dura. Ripeto: non ho una formazione teologica o dottrinale, ma capisco quando c’è l’eresia. Il mio angelo custode, efficientissimo, mi dà sempre i consigli giusti. Deciso di allontanarmi da quel gruppo.

Inizio a frequentare la messa in rito antico, e la mia devozione cresce. Questa messa mi cambia profondamente. All’inizio non capivo il perché di tutti quegli inginocchiamenti, ma ora mi inginocchio a lungo anche alla messa parrocchiale novus ordo, e pazienza se altri, vedendomi, mormorano. Ho fatto investitura dello scapolare del Carmelo e consacrazione al Cuore Immacolato di Maria.(...)

È la preghiera, il pregare per altri che aiuta nel progetto di Dio, nel progetto della Vergine. La mia fede doveva maturare.
Mi son fatta carico delle esigenze degli altri, partendo dai miei famigliari, pregando per loro. Facendo novene. E sa cosa succede? Le richieste arrivano una dopo l’altra. Finita una novena ne inizio un’altra. E molti rosari.

Di fronte alla difficoltà di trovare il tempo di pregare di più, si è aperta la porta della preghiera contemplativa. Si è aperta da sola, senza che io dovessi sforzarmi. So solo che ho iniziato con una pia invocazione inventata da me e ora mi rendo conto che vado avanti a dirla continuamente. Ovviamente il combattimento spirituale riguarda anche me personalmente. Se uno vuol progredire nel cammino di perfezione non può rifiutarsi di combattere il maligno dentro di sé.
Il Signore mi ha fatto e mi fa ogni giorno molte grandi Grazie. Una veramente grossa me l’ha fatta l’anno scorso. Riflettendo sul mio passato sono scoppiata a piangere di dolore. Ero al lavoro e sono andata a nascondermi in bagno per piangere.

Non ne faccio motivo di vanto, mi considero sempre un nulla e sono ben lontana dalla perfezione cristiana che il Signore vuole da me. Ma mi sono resa conto di come per intercessione della Vergine, che mi ha presa nel Suo Cuore Immacolato, io stia camminando sempre più svelta verso il Cuore di Cristo. È Lei la porta del Cielo. Se non le avessi chiesto aiuto, non penso che sarei qui ora.
Ecco, questa è la mia storia.
Grazie.

Lettera firmata



sabato 17 dicembre 2022

Quando la comunità celebra solamente se stessa

Vi presentiamo una nostra traduzione di un articolo pubblicato su Infocatolica: "Senza autocelebrarci" 
(sempre dello stesso autore questo articolo già  pubblicato sul blog).

L'autore dell'articolo, Javier Sánchez Martínez, sacerdote della diocesi di Córdoba, ordinato il 26 giugno 1999, Laureato in Teologia, con specializzazione in liturgia, ha tenuto vari corsi di formazione liturgica ed è stato docente per la formazione permanente della vita religiosa e consacrata e membro dell'équipe diocesana di liturgia. Si è spento all'età di 48 anni l'11 settembre 2021. 
Riportando questo suo articolo, ci uniamo al suo ricordo con la preghiera.

La liturgia cessa di essere liturgia cristiana, culto nello Spirito e nella verità, quando diventa spettacolo festoso, incentrato sulla celebrazione del gruppo stesso o sull'esaltazione dei suoi presunti “impegni”.

Una comunità che non celebra se stessa

 C'è un cambiamento secolarista nella liturgia che manipola il sacro e lo sostituisce con il "noi"; Cristo viene rimosso e al suo posto viene messo il gruppo-comunità. La liturgia diventa il segno distintivo del gruppo per rafforzare i legami umani, trasmettere slogan e valori umani e ripetere instancabilmente che "renderemo una società più giusta e premurosa".

Questo si nota negli accenti umani, didattici e molto moralistici delle osservazioni e dell'omelia (questa lunghissima, un comizio); si nota nel tipo di canti durante la liturgia che cercano di avere ritmo e di provocare emozione e sentimentalismo; Si nota anche nel modo in cui gli elementi si moltiplicano affinché molti possano intervenire salendo al presbiterio (un avviso alla volta, un lettore per richiesta... o anche la lettura di un manifesto o «impegno»). Quella liturgia centra tutto sul gruppo concreto.

Fatto ciò, ci sono elementi della liturgia che vengono posticipati perché non hanno senso né sanno cosa farne: silenzio nell'atto penitenziale, dopo il “Preghiamo” della preghiera collettiva o dopo l'omelia; il canto del salmo responsoriale, meditativo, contemplativo; le preghiere della Messa e la stessa preghiera eucaristica, rivolte a Dio, che si recitano velocemente perché non sappiamo più pregare Dio con la liturgia; soppressi i segni dell'adorazione (genuflessione, inginocchiarsi alla consacrazione, profondo inchino al passaggio davanti all'altare... così come le processioni (ingresso, Vangelo) o gli incensi...

La liturgia cessa di essere liturgia cristiana, culto nello Spirito e nella verità, quando diventa spettacolo festoso , incentrato sulla celebrazione del gruppo stesso o sull'esaltazione dei suoi presunti “impegni”.

Una comunità  che celebra se stessa
Sempre più la liturgia diventa antropocentrica: l'uomo si esalta, la comunità stessa è centro e polo di attrazione : tutto è discorso, nuovo moralismo, valori e impegni, un movimento di commozione e di sentimenti in canti e gesti (canti sentimentali, tante baci e abbracci in pace…).

È finita la sobrietà, la gravità, la delicatezza, della liturgia che celebra Dio ed è azione di Dio, e quindi ci eleva e ci unisce a Lui. Tutto diventa banale, volgare, superficiale, emotivo.

Il primo inganno sarebbe centrare la liturgia come se fosse qualcosa di proprietà del sacerdote, dell'équipe liturgica o della comunità, e quindi manipolata. Piuttosto, la liturgia appartiene alla Chiesa, e noi ci inseriamo in essa, con rispetto, per ricevere la Vita e glorificare il Signore. 

Questa visione ecclesiale della liturgia è stata più volte esposta da Papa Benedetto XVI: «Dobbiamo chiederci sempre di nuovo: chi è il soggetto autentico della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa. Non è il singolo -sacerdote o fedele- o il gruppo che celebra la liturgia, cioè in primo luogo l'azione di Dio, attraverso la Chiesa , che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività» (Lettera al Gran Cancelliere del Pontificio Istituto di Musica Sacra nel I Centenario della sua fondazione, 13 maggio 2011).
La liturgia è anzitutto azione di Dio, non nostra propria azione creatrice ; è il luogo della grazia e della santificazione di Dio e per questo la liturgia viene accolta come dono, non viene fabbricata ogni volta come un'invenzione umana o una festa secolare, in attesa di vedere cosa si inventano ogni domenica:
«Possiamo dire che né il sacerdote da solo, né la comunità da sola sono responsabili della liturgia; ma è il Cristo totale, Capo e membra. Il sacerdote, la comunità, ciascuno è responsabile nella misura in cui è unito a Cristo e nella misura in cui lo rappresenta nella comunità del Capo e del Corpo. Ogni giorno deve crescere in noi la convinzione che la liturgia non è il nostro 'fare', ma, al contrario, è l'azione di Dio in noi e con noi» (SILVESTRE VALOR, JJ, Con uno sguardo a Dio Riscoprire il liturgia con Benedetto XVI, Madrid 2014, 185).
Conviene approfondire e ripetere questi concetti, di pari passo con Benedetto XVI, per sradicare qualcosa di così diffuso come il fatto che la liturgia appartiene al gruppo e deve essere una festa divertente e originale, che colpisce:
«Non è la sola persona – sacerdote o fedele – o il gruppo che celebra la liturgia, ma la liturgia è anzitutto l'azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività. Questa fondamentale universalità e apertura, che è caratteristica dell'intera liturgia, è uno dei motivi per cui non può essere ideata o modificata dalla comunità o dagli esperti, ma deve essere fedele alle forme della Chiesa universale» (Udienza generale, ottobre 3, 2012).
La liturgia si riceve dalla Chiesa, si celebra in comunione con tutta la Chiesa, plasma le nostre anime e ci santifica glorificando Dio . Questa è, quindi, la sua esatta prospettiva e, opportunamente assimilata, corregge la falsa creatività e la demistifica.
«Non è che facciamo qualcosa, che mostriamo la nostra creatività, cioè tutto ciò che potremmo fare. Proprio la liturgia non è uno spettacolo, non è un teatro, una rappresentazione, ma vive dell'Altro. Questo deve essere visto chiaramente. Per questo è così importante il fatto che la forma ecclesiale sia prestabilita. Tale modulo può essere riformato nei dettagli, ma non può essere prodotto in ogni caso dalla comunità. Come ho detto, non si tratta di produrre se stessi. Si tratta di uscire da se stessi e andare oltre se stessi, arrendersi a Lui e lasciarsi toccare da Lui… [lo stile celebrativo, la liturgia] non nasce solo dalla moda del momento» (Benedetto XVI, Luz del mundo, Barcellona 2010, 164).
Per questo, in ogni liturgia, in ogni parrocchia, monastero, chiesa, comunità cristiana, ecc., solo Dio deve risplendere , e per questo è essenziale adeguarsi ai libri liturgici e celebrare con sguardo contemplativo, con adorazione, sapendo davanti a chi siamo. No, non celebriamo noi stessi.

«In fondo, questa è la domanda: celebriamo il mistero della morte e risurrezione di Gesù Cristo o celebriamo le nostre esperienze di morte e di vita, perché in qualche modo di celebrare sembra che la presenza o la non presenza di Dio non importa, poiché tutto è incentrato sulla comunità» (Rodríguez, P., La sagrada liturgia, 305).

 

Javier Sánchez Martínez , sacerdote.



domenica 11 dicembre 2022

Don Fabio Rosini svela: l'unico vero Cammino di tutti i cattolici è...

Riportiamo l'introduzione di don Fabio Rosini alla propria raccolta di commenti al Vangelo domenicale dell'anno liturgico A "Di Pasqua in Pasqua", che desideriamo giustapporre, in occasione della terza domenica di Avvento, all'annuncio kikiano proprio del periodo liturgico.

Ricordiamo ai nostri lettori che don Rosini è presbitero di origine neocatecumenale, letteralmente estromesso dal Cammino in seguito all'esplosione di successo delle proprie catechesi sui 10 Comandamenti nelle diocesi romane, format da lui ideato diffusosi poi in tutta Italia (e imitato perfino dai kikos stessi, con "Le 10 parole" e iniziative similari ma attivate solo per adescare nuovi adepti). Per approfondimenti, linkiamo qui un articolo sulla vicenda.

Nota bene: Don Rosini, molto correttamente, non accenna mai all'esperienza con il Cammino, finita in modo così disastroso, ma non perde l'occasione per dare una "raddrizzata" alle teorie e alle esegesi kikiane. Motivo per cui abbiamo segnalato già le sue catechesi in passato, e lo faremo ancora.


La riscoperta dell'iniziazione cristiana, conseguente al Concilio Vaticano Il, favorì, a suo tempo, un'epoca nuova per la formazione cristiana concretizzata nell'esperienza dei movimenti, e moltiplicò, anzi continua a moltiplicare la nascita di percorsi di fede che a vario titolo sono stati proposti al popolo di Dio.

Le tante esperienze di appartenenza a proposte di vario tipo hanno creato anche una sorta di frammentazione nel popolo di Dio. La domanda che è bene farsi è: cammini vari, movimenti vari e percorsi vari dove possono trovare la loro unità? Qual è il vero cammino di tutti i cattolici? Cos'è che resta cattolico aldilà di ogni appartenenza?

La risposta è abbastanza facile: l'unico vero cammino della Chiesa cattolica che tutti i battezzati condividono è il percorso dell'anno liturgico. In una ciclicità triennale, tutto ciò che è necessario per la fede di un cristiano viene riproposto in forma celebrativa e densa, tanto da fornire tutti gli elementi di un cammino di fede; e questa non è una trovata di qualcuno ma è la più solida tradizione della Chiesa, la sua tradizione liturgica che nella ciclicità del tempo, dettata dalle stagioni e dalle leggi fisiche, fa da contrappunto all'evoluzione costante e Iineare della storia umana, per quel tipo di condizione per cui, se anche ogni tre anni io mi ritrovo a celebrare la stessa liturgia con la stessa Parola di Dio, non è un problema, perché se lei è la stessa, sono io che sono cambiato. 

La conversione infatti non è una questione solo orizzontale, ossia un "andare oltre" (secondo l'etimologia non solo della parola ebraica Pesah, ma anche della parola greca metánoia) ma pure di tipo verticale: ossia un movimento che va più nel profondo. È illuminante ascoltare le parole dell'Annunzio della Pasqua che vengono proclamate dal diacono nel giorno dell'Epifania:

Fratelli carissimi,
la gloria del Signore si e‌ manifestata
e sempre si manifestera‌ in mezzo a noi
fino al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo
ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.
Centro di tutto l’anno liturgico
e‌ il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto,
che culminerà nella domenica di Pasqua, il 17 aprile.
In ogni domenica, Pasqua della settimana,
la Santa Chiesa rende presente questo grande evento
nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.
Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:
le Ceneri, inizio della Quaresima, il 2 marzo;
l’Ascensione del Signore, il 29 maggio;
la Pentecoste, il 5 giugno;
la prima domenica di Avvento, il 27 novembre.
Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli apostoli, dei santi
e nella Commemorazione dei fedeli defunti,
la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.
A Cristo, che era, che e‌ e che viene,
Signore del tempo e della storia,
lode perenne nei secoli dei secoli. Amen.


La Chiesa in sostanza celebra sempre una e una sola cosa: la Pasqua di nostro Signore Gesù Cristo, vale a dire il suo essere andato oltre la morte, il suo aver vinto il nulla con la potenza della misericordia del Padre, inaugurando la vita nel posto più inaudito, il sepolcro. Il Signore del tempo e della storia è colui che fa la storia mentre ci siamo ancora dentro: in ogni liturgia eucaristica, infatti, noi usciamo dal tempo per entrare nell'eternità, e siamo trasfigurati nella nostra più autentica identità quella di figli di Dio, portatori del sigillo battesimale, per essere destinati, in tutto ciò che facciamo, a una e una sola mèta: il Cielo.

Santo Curato d'Ars
E ne assaggiamo il sapore gia qui, nell'esperienza della conversione alla sua santa volontà, per mezzo della quale, come diceva il Santo Curato D'Ars, la terra dove cammina un cristiano diviene un ponte verso il Cielo. Questo viaggio straordinario è anticipato proprio attraverso la celebrazione eucaristica.

La liturgia eucaristica, infatti, celebra la Pasqua attingendo alle due mense, quella della Parola che prepara e conduce a quella del banchetto delle nozze dell'Agnello, e così contiene al suo interno tutti gli elementi per vivere settimanalmente questo salto oltre il nulla che è l'esperienza della gloria di Dio, vero tesoro dei figli di Dio, la vita eterna.

Nessun cristiano può compiere la sua missione se non attinge a questa sorgente, che è la chiave per capire ogni opera cristiana, ogni atto realmente ecclesiale, ogni riconciliazione e ogni comunione fraterna, che è l'essenza stessa della vita dei cristiani, l'amore reciproco.

Questo amore ha bisogno di essere re-innescato mille volte; le coppie cristiane per poter vivere la grandezza e la bellezza del matrimonio hanno bisogno di fare Pasqua tante volte con il loro Signore e fra loro. Un prete ha bisogno di questa vita che è appunto la vita eterna per non scivolare nel banale e non diventare un profeta da quattro soldi, che dice fa cose solamente secondo il buon senso, quelle cose per cui non c'era bisogno che Cristo morisse in croce, quelle per cui basta un minimo di spessore umano.

Per non restare in questa banalità, per non diventare una Chiesa che funga semplicemente da "cappellana" di un mondo i cui idoli falsi e bugiardi non vengono mai messi in discussione, noi compiamo questo cammino, cioè il cammino dell'anno liturgico il quale contiene in sé tutte le cose necessarie, come già detto, per vivere in un assetto pasquale.


Evidenziamo alcuni concetti che don Fabio Rosini mette in luce in questa breve introduzione:

La riscoperta dell'iniziazione cristiana ha costituito un elemento fondante dei movimenti post Concilio Vaticano II: non del movimento (che poi movimento non si vuole proprio definire) Cammino neocatecumenale che ne vorrebbe fare una proprietà indivisa.

"Le tante esperienze  hanno creato una frammentazione  nel popolo di Dio": in particolare l'elitaristico Cammino ha creato una vera e propria scissione settaria fra i cattolici delle salette e dei catecumenium e i fedeli della chiesa parrocchiale.

Ma qual è l'unico vero cammino della Chiesa cattolica? Quello che si snoda in trent'anni attraverso le "rivelazioni" delle arcane catechesi di Kiko Argüello e Carmen Hernández? No di certo. "L'unico vero cammino, quello che fornisce tutti gli elementi di un cammino di fede", non dura trent'anni ma tre anni ed è  il percorso liturgico, comune a tutti i fedeli della santa Chiesa Cattolica, il quale "contiene in sé tutte le cose necessarie per vivere in un assetto pasquale".

E, spiega don Fabio Rosini, questa non è  la "trovata di qualcuno" ma "la solida tradizione della Chiesa".

A buon intenditor...

giovedì 8 dicembre 2022

La devozione alla Vergine roba da religiosi naturali: quella a Carmen e a Kiko invece...

O Maria, Vergine potente e Madre di Misericordia, Regina del Cielo e Rifugio dei peccatori, noi interamente ci consacriamo al tuo Cuore Immacolato. Ti consacriamo tutto il nostro essere e tutta la nostra vita: tutto ciò che abbiamo, tutto ciò che amiamo, tutto ciò che siamo: i nostri corpi, i nostri cuori, le nostre anime.

Insegna il Catechismo di San Pio X alla domanda 128:

Domanda. Quali sono le intenzioni della Chiesa nella celebrazione della festa della Immacolata Concezione?

Risposta. Le intenzioni della Chiesa nella celebrazione della festa della Immacolata Concezione sono:

  1. di eccitare in noi viva riconoscenza verso Dio, che ha con tale privilegio tanto esaltata la beata Vergine;
  2. di avvivare la nostra fede intorno alla esenzione di Maria dal peccato originale;
  3. di farci intendere quanto Dio apprezzi ed ami la purezza e la santità dell’anima;
  4. di accrescere sempre più in noi la devozione verso Maria.

 


Già da anni presso le Comunità del Cammino neocatecumenale queste intenzioni della Chiesa vengono accantonate per dare lustro alla celebrazione della "visione" di Kiko Argüello, illustre fondatore, ritenuta come un mandato celeste da parte della Vergine.

Quest'anno in particolare la Vigilia della grande festività dell'Immacolata trascorrerà, nelle Messe neocatecumenali, fra monizioni ambientali interminabili su Carmen Hernàndez, la donna "insopportabile" (a detta di Kiko: i buontemponi che ci accusano di blasfemia se la vedano con lui) finalmente divenuta serva di Dio e perciò incamminata verso la "santità di categoria superiore" e addirittura una quinta Preghiera Universale dedicata alla buona riuscita della causa di canonizzazione intrapresa domenica 4 dicembre 2022 in un palazzetto sportivo di un'università di Madrid.

Non ci stupisce questa svalutazione di Maria Vergine e Immacolata, sulla devozione alla quale si sono sempre abbattuti gli strali dei due iniziatori, pronti a definire Fatima un devozionismo, la recita del rosario roba da donnette religiose naturali (tranne il rosario neocatecumenale, chissà perché ritenuto esente da bigottismo) e non riconoscendo nei fatti la sua specialità.

Nell'annuncio di Avvento 2022 addirittura Ascensión, che di Carmen ha preso il posto nella équipe internazionale, insieme a Kiko rispolvera la vecchia tiritera dei "religiosi naturali" a cui si contrappone la "fede adulta" maturata nell'infinito Cammino neocatecumenale. Ma, nei fatti, è  esattamente il contrario: il Cammino è  fondato su una idolatria: l'idolatria dei fondatori.

Una sintesi efficace di questo fenomeno la ritroviamo in un interessante contributo di un lettore, evidentemente  buon conoscitore del Cammino, sul blog Cruxsancta.

Come è possibile che il CNC sia così opportunista e doppiogiochista?
Hanno sempre sminuito e attaccato la tradizione della Chiesa cattolica, attaccano tutto ciò che ha a che fare con le espressioni di devozione;

arrivano persino a dire che tutto questo viene dal diavolo, "smettetela di essere religiosi naturali!", dicevano i catechisti, e, se avevi altari in casa, se ne uscivano con epiteti dispregiativi come: "bigottoni religiosi pregatori baciapile della messa alle 12!": con sarcasmo lo dicono! .......

Ma qui viene la doppia e monumentale ipocrisia di quel falso movimento cattolico del CNC: si scopre che quando si tratta dei loro interessi interni alla setta promuovono l'idolatria di kikocarmenpezzi; nel caso di Carmen Hernández, da spudorati e cinici quali sono, nella maggior parte delle case dei neocatecumenali è stato loro insegnato ad allestire altari per adorare/venerare i kikocarmenpezzi con tanto di candele.

Molto sottilmente li hanno portati a sostituire le immagini dei Santi Cattolici con l'immagine di Carmen Hernández e Kiko, hanno persino sostituito l'immagine della Beata Vergine Maria con l'immagine di Carmen (non è un segreto, negli incontri e nelle Eucaristie lo hanno fatto con la più grande sfacciataggine del mondo),.

Nell'Eucaristia proibiscono di inginocchiarsi davanti a Gesù Cristo, ma insegnano ai loro seguaci a inginocchiarsi davanti alle immagini di Carmen e Kiko e davanti alla tomba di Carmen! Ad esempio, quando vedono Kiko, corrono a prostrarsi davanti a lui perché li benedica con un dito sulla fronte (non lo fanno nemmeno davanti a un prete cattolico).

Se questo non bastasse, inducono la Chiesa Cattolica, da loro sempre giudicata e calunniata, ad avviare comunque un processo di beatificazione... mostrando una foto della defunta non corrispondente al vero; per ottenere una cosa del genere e convincere la Chiesa cattolica, ora stanno parlando delle virtù eroiche di Carmen, del carattere calmo, della gentilezza, della simpatia, dell'empatia, dell'educazione, della gioia e dell'amore per gli altri.
TUTTO QUANTO DETTO SOPRA È UNO SCHERZO... VERO??? 

Magari fosse uno scherzo, rispondiamo noi! Stanno facendo terribilmente sul serio.

Ognuno al suo posto:
un bell'altarino cattolico


 Per approfondimenti:

Il segreto ammirabile del santo rosario

Trattato della vera devozione a Maria

Il segreto di Maria


lunedì 5 dicembre 2022

La causa di beatificazione di Carmen? Un mezzo fiasco

A SUA ECCELLENZA REVERENDISSIMA

MONS. RAFFAELLO MARTINELLI
VESCOVO DI FRASCATI

IN OCCASIONE DELL'APERTURA DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE DI CHIARA LUBICH, CHE SI TIENE NELLA CATTEDRALE DI FRASCATI, SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO RIVOLGE IL SUO CORDIALE PENSIERO, AUSPICANDO CHE IL LUMINOSO ESEMPIO DI VITA DELLA FONDATRICE DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI SUSCITI IN QUANTI NE CONSERVANO LA PREZIOSA EREDITÀ SPIRITUALE RINNOVATI PROPOSITI DI FEDELE ADESIONE A CRISTO E DI GENEROSO SERVIZIO ALL'UNITÀ DELLA CHIESA. IL SANTO PADRE INVOCA ABBONDANTI DONI DEL DIVINO SPIRITO SU QUANTI SONO IMPEGNATI NELLA POSTULAZIONE ED ESORTA A FAR CONOSCERE AL POPOLO DI DIO LA VITA E LE OPERE DI COLEI CHE, ACCOGLIENDO L'INVITO DEL SIGNORE, HA ACCESO PER LA CHIESA UNA NUOVA LUCE SUL CAMMINO VERSO L'UNITÀ E, MENTRE CHIEDE DI PREGARE A SOSTEGNO DEL SUO UNIVERSALE MINISTERO DI SUCCESSORE DELL'APOSTOLO PIETRO, PER INTERCESSIONE DELLA VERGINE SANTA, INVIA A VOSTRA ECCELLENZA, ALLA POSTULAZIONE, ALL'INTERA OPERA DI MARIA ED A QUANTI PARTECIPANO AL GIOIOSO EVENTO L'IMPLORATA BENEDIZIONE APOSTOLICA.
 

CARDINALE PlETRO PAROLIN
SEGRETARIO DI STATO DI SUA SANTITÀ

Dal Vaticano, 27 gennaio  2015

 

"E questa cos'è?" si staranno chiedendo i nostri 25 lettori. "E cosa c'entra con la magnifica apertura della causa di beatificazione della "santa di categoria superiore" Carmen Hernández avvenuta a Madrid  proprio ieri, 4 dicembre 2022?"

Ebbene, questo è  il testo della lettera che il Santo Padre Papa Francesco  fece pervenire, tramite la sua Segreteria di Stato, al Vescovo di Frascati per l'inizio della Causa di beatificazione di Chiara Lubich il 27 gennaio 2015.

E all'arcivescovo Carlos Osoro Sierra, cosa è  arrivata dalla Segreteria di Stato pontificia per Carmen? Proprio nulla. Nè una lettera, nè un biglietto, nè una telefonata (sappiamo che Kiko spesso si è  vantato delle telefonate del Papa): nulla di nulla. NADA DE NADA.

L'articolo di oggi potrebbe finire qui, perché da questo elemento mancante possiamo valutare in quale grande considerazione tenga il Pontefice, come rappresentante della Chiesa tutta, questa causa che a tutti i costi, caparbiamente, Kiko Argüello ha voluto intentare per la propria collega quasi per preparare la strada alla propria.

Così come aveva dichiarato a Trieste alla presentazione dei Diari di Carmen: come mi diceva un giornalista tedesco: "Com'è un uomo che sa che sarà canonizzato?"
"Tu pensi che mi canonizzeranno? forse è necessario per voi e per il futuro del cammino..."

La voglia di supremazia, di primato, che mal si concilia con la modestia del vero credente, è troppo scoperta perché possa sfuggire agli occhi di chi sa vedere.

Ma, a ben vedere appunto, alla cerimonia del 4 dicembre non solo il Papa ha dato forfait, ma pure molti Vescovi e i Cardinali "amici", sempre pronti quando invece si tratta di andare a fare una settimana di vacanze in Israele, ospiti alla Domus Galilaeae.

Infatti, Kiko Argüello nella propria introduzione, saluta i presenti indefettibili cardinali Rouco Varela e Paolo Romeo, accennando solamente alle molteplici lettere di felicitazioni e di scuse di Vescovi invitati ma non presenti e leggendo quella del Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, Kevin Farrell, che si scusa accampando impegni pregressi; come allo stesso modo  si era scusato il cardinal Filoni, con la missiva letta da Kiko nella convivenza di Avvento.

Rimane il popolo neocatecumenale, nella grande sala del Polisportivo della Università Francisco de Vitoria di Madrid, addobbata come per le grandi occasioni con una  enorme tribuna rossa e sullo sfondo una gigantografia di una icona neobizantina di Kiko Argüello. Per il 50esimo a Tor Vergata era il Giudizio Universale, per questa serata vi sono alcune scene della Corona Misterica, il Cristo Pantocrator, la Trasfigurazione, la Crocifissione, la discesa agli Inferi, la Ascensione.

E il cardinale Osoro Sierra, che si rende conto molto bene della situazione imbarazzante in cui, da presule, si è  messo patrocinando questa causa invisa al Pontefice, cerca di rimediare al silenzio assordante da parte di Papa Francesco parlando della grande confidenza di Carmen con gli ultimi Papi ed anche con l'attuale Pontefice che le avrebbe telefonato consolandola, dicendo che l'erba mala non muore mai e promettendole di mandarle una sigaretta.(sic!)

Carlos Metola, postulatore  della causa di Carmen, ci tiene fin dall'inizio a precisare che quell'incontro non è una liturgia, probabilmente visto che lo scenario è esattamente quello delle liturgie neocatecumenali, né  più  né  meno.
Ma il cardinale Carlos Osoro, arcivescovo di Madrid, accolto da un grande applauso dai neocatecumenali presenti, dopo una breve invocazione allo Spirito Santo, fa recitare ai presenti un'Ave Maria e un Gloria, sicuramente con sconcerto dei neocatecumenali ("si prega? Ma allora è una liturgia...o almeno a noi è stato insegnato così, nelle salette...").


Kiko, da parte sua, dopo aver presentato  i presenti ma soprattutto gli assenti, nomina anche la delegazione delle suore Missionarie, anch'esse invitate fisse alle kermesse dopo la morte di Carmen, per esempio alla presentazione dei suoi diari.

Nessuno si chiede come mai prima, quando ancora Carmen era in vita, non siano mai state invitate ai raduni neocatecumenali. Eppure sarebbe stato opportuno. Mai c'è stato un momento di riconciliazione pubblica fra le sorelle che avevano cacciato Carmen dal convento e la reietta. Anzi, di queste suore, Kiko aveva detto che dopo la cacciata di Carmen erano state abbandonate dallo Spirito Santo non avendo più vocazioni per la loro congregazione.

Kiko prosegue leggendo il proprio intervento con l'ausilio di Ascensión. È una combinazione provvidenziale la contemporanea commemorazione del 60° del Concilio Vaticano II  perché Carmen ha dato la sua vita per portare il Concilio alle parrocchie e perché loro due insieme hanno realizzato ciò che il CVII disponeva nei propri documenti con i poveri nelle baracche delle Palomeras. Quello che vissero con i poveri fu una terra di coltivazione che lo Spirito Santo aveva preparato per la Sua Chiesa, continua Kiko.

Come sempre facciamo notare, questo afflato per i poveri i due fondatori spagnoli l'hanno perso immediatamente: e del Concilio Vaticano II hanno sempre e solo parlato senza mai approfondirne i contenuti. 

Sollevando gli occhi dall'intervento scritto ed eludendo la sorveglianza di Ascension, Kiko trova modo di dire "Carmen mi disprezzava come cursillista, ma quando vide il vescovo Morcillo nella mia baracca, in quello stesso momento cambiò. La Chiesa accetta Kiko? Incredibile..." Poi riprende a leggere: Un mistero grande la collaborazione fra me e Carmen. Mi costò  molto accettare Carmen, anche se il Signore mi diceva interiormente... 

Solleva gli occhi dal foglio e di nuovo si sfoga: "perché Carmen era insopportabile! Voi l'avete conosciuta tutti, no? -risate-. È una soriana seca (un gioco di parole, Carmen nasce in provincia di Soria, ma soriana è anche una varietà di carne secca), ti diceva la verità...quello che credeva lei. 'Tu sei un cursillista hombre.' Per lei essere cursillista era un motivo di disprezzo..."

Poi Ascension lo sollecita e lui riprende a leggere: il Signore mi diceva interiormente che Carmen era una grazia grandissima, che mi diceva la verità...È stata una donna stupenda, straordinaria e ha fatto molto bene non solo ai fratelli del Cammino neocatecumenale, ma a tutta la Chiesa. Che donna meravigliosa...per non parlare della sua vita crocifissa e soprattutto delle sue virtù  nascoste.

Cita poi le parole papa Francesco a Tor Vergata nel 2018 per il 50° del Cammino: famoso discorso in cui ricordiamo che il Pontefice si guardò  bene dal nominare Carmen, morta da appena due anni. Mentre il giorno dopo andava dai Focolarini a parlare di Chiara Lubich.

Finito l'intervento di Kiko, viene letto il vangelo della Trasfigurazione. Poi cantano Carmen '63. Infine Carlos Metola legge il supplex libellus, la richiesta per l'apertura della causa consegnata al cardinal Osoro un anno e mezzo fa, il 20 luglio 2021, convinti che dopo due/tre mesi si sarebbe passati all'ufficialità... ed invece i neocatecumenali scalpitanti del "santa subito" hanno dovuto aspettare fino ad ora appena perché si potesse aprire la causa.

Nel libello, Carmen viene definita "catechista laica". Viene quindi a cadere l'ipotesi fatta da alcuni che Carmen e Kiko fossero dei "laici consacrati". Ed anche evapora l'idea di poter creare per Carmen una categoria di santi fondatori.

È un po' difficile esaminare tutto il contenuto del libello, se ne avremo la voglia -e lo stomaco- vi dedicheremo un articolo a parte; sta di fatto che raramente crediamo sia potuto succedere che venissero accumulate così tante menzogne su una persona sola!

Per il momento osserviamo che si dice che non mancava mai di recitare neppure un'ora del breviario, soprattutto l'ufficio del mattino; ma dai suoi Diari Carmen non risultava mai sveglia al mattino. Probabilmente recuperava di pomeriggio...
Leggeva i salmi perché  "molto esistenziali".
Aveva amore per i sacramenti, soprattutto  per l'Eucarestia che frequentava ogni giorno.

Sorvoliamo sulla famosa catechesi sull'Eucaristia di Carmen piena di eresie tanto da essere espunta dal Direttorio.

Ma quando frequentava la Messa? Quando era novizia o comunque prima della fondazione ed avvio del Cammino neocatecumenale! Se infatti avesse frequentato la Messa tutti i giorni anche successivamente, si sarebbe resa responsabile di non averlo mai ricordato ai fratelli del Cammino, permettendo anzi che fossero accusati di bigottismo se lo facevano.

Parlava molto liberamente: questo è vero, soffriva di una vera e propria incontinenza verbale.

Aveva un amore speciale per le pecore perdute, per coloro che soffrivano, per chi stava attraversando momenti difficili o era in crisi. Carmen lo chiamava e lo incoraggiava... conosceva a memoria nomi e situazioni familiari degli itineranti e si preoccupava di loro...

Di come si comportava realmente la Serva di Dio con gli itineranti  negli incontri a Porto San Giorgio e della questione delle pecore  perdute abbiamo già  parlato e rimandiamo agli articoli scritti in proposito.

Infine Carlos Metola descrive tutte le infermità di Carmen degli ultimi tempi senza neppure sfiorare il suo tragico decadimento  mentale. Si è spenta senza resistenza o ribellione, dice. Noi ricordiamo invece il pugno che diede all'anestesista ad uno dei suoi ricoveri in ospedale.
Ci chiediamo: come possono essere così omissivi e bugiardi? Davanti a Dio, soprattutto.

Membri del Tribunale diocesano per l'ispezione della causa

Questo pensiero domina ascoltando la nomina del tribunale delegato per l'ispezione diocesana del processo -formato da Don Alberto Fernando Sanchez delegato episcopale, Martin Rodaho Morales promotore della causa di giustizia, due notaie, Carlos Metola-   e il giuramento dei suoi membri.

La formula del giuramento è  la seguente:
"Io ... accetto l'incarico di ... per il quale sono stato nominato in questo processo di istruzione diocesana. Giuro anche di osservare il segreto in tutte quelle cose che possano pregiudicare alla serva di Dio o a qualsiasi altra persona. Che Dio mi assista e mi aiutino questi santi vangeli".
Il giuramento del postulatore è diverso. Giura di   "non dire e non fare niente che possa attentare alla verità e alla giustizia o che possa limitare la libertà dei testimoni."
Non crediamo che il giurare sui vangeli incastonati di foggia neocatecumenale possa diminuire l'impegno a dire la verità (questa sconosciuta!) o alleviare l'eventuale spergiuro.

A conclusione della kermesse, le due sinfonie che vengono presentate come "nuove" non sono altro che la trasposizione sinfonica del canto "Akedah" e di "Figlie di Gerusalemme" di Filippucci (che si perde una buona occasione per ricordare).