venerdì 31 luglio 2020

Santi Fabiano, Venanzio ed Hernández

Quasi due anni fa il parroco di una chiesa romana, dedicata ai Santi martiri Fabiano e Venanzio, propose ad un disegnatore che aveva appena finito una produzione con uno studio di animazione e aveva urgente bisogno di trovare un altro progetto, di decorare dei pannelli fonoassorbenti, di cui la chiesa doveva essere dotata per risolvere alcuni problemi acustici, con una serie di ritratti di Santi.

Il disegnatore descrive il progetto in questo modo:
"Una serie di ritratti di Santi, di testimoni della fede che raccontino anche la storia della parrocchia e che mostrino la comunione dei santi, insomma ciò che ogni messa mostra e realizza: il Cielo sulla terra e la terra nel Cielo. Una processione festosa e orante che guarda con allegria verso la meta, in direzione del Santissimo. Questo era quello che desideravo tanto poter rappresentare, i santi sono tutta gente allegra…perché un cristiano triste è un tristo cristiano… una contraddizione in termini! "
Il 18 maggio 2020, giorno in cui si è potuto riprendere a celebrare la santa messa dopo il lockdown, è stata inaugurata la parrocchia, completamente trasformata soprattutto per la presenza dei nuovi pannelli.

Ed è stato allora che, tra le figure di Santa Maria Goretti, sant'Ignazio di Loyola, san Francesco di Sales, san Benedetto da Norcia, santa Ildegarda, un utente del nostro blog, che si firma Anonimo che ben sa, ha potuto scorgere, sicuramente con uno spiacevole tuffo al cuore, nientepopodimeno che la coiniziatrice del Cammino neocatecumenale e responsabile, insieme a Kiko Argüello, di molteplici eresie e tradimenti che il suo movimento ha inferto al cuore della Chiesa cattolica.

"Carmen Hernández" davanti a tutti i santi

Cosa ci fa l'infiltrata iniziatrice del Cammino neocatecumenale nella "processione festosa e orante" di Santi effigiati sui pannelli fonoassorbenti della chiesa dei santi Fabiano e Venanzio?

Che ci fa Carmen - che non ha alcun riconoscimento dalla Chiesa Cattolica - tra i santi Luigi Gonzaga, Gregorio Nazianzeno, Francesco di Sales, Giovanna Francesca di Chantal, Massimiliano Kolbe, Madre Teresa?
Che c'entra con i beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi o con la Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo oppure con un pontefice come Pio XI?

Si potrà obbiettare che sui pannelli l'artista ha provveduto a riprodurre anche due parroci ed un diacono defunti, ma costoro facevano parte della parrocchia e, in più , avevano una caratteristica che li accomunava: l'essersi dedicati alle opere di carità fino all'ultimo respiro. Cosa che assolutamente la"santa di categoria superiore" Carmen Hernández si è ben guardata dal fare.

Anche se sembra che la sua figura sia la più diafana di tutta la serie, quasi solo disegnata, non colorata come le altre, con la veste bianca e le mani intrecciate esattamente come è stata composta nella bara ormai quattro anni fa, è come una specie di fantasma, appiccicato a lato della grande santa Ildegarda de Bingen.

Però c'è… è stata infiltrata, chissà con quale augusta raccomandazione!

Se i neocatecumenali sono stati capaci di infilarla fin d'ora tra i santi, i beati, venerabili e servi di Dio, pontefici e buoni parrocchiani defunti, testimoni di fede ben conosciuti, sulle pareti di una chiesa, complice la disattenzione e l'assenza dei fedeli in questo periodo di quarantena, cosa saranno capaci di fare in seguito, per imporre la propria santa-fantoccio?

Il disegnatore sembra non aver conosciuto Carmen, tanto da averla ritratta con l'aspetto dimesso da contadina sudamericana, con la veste bianca e le dita intrecciate così come è stata composta nella bara; un ritratto che avrebbe fatto rabbrividire la señorita Carmen, così attenta al look e tanto superbamente altezzosa.
Sicuramente la conosceva di più l'artista che l'ha ritratta con la bibbia sotto braccio insieme al compagno Kiko, senza vesti bianche (che d'altronde non risulta essi abbiano mai indossato in vita) e su uno sfondo indubbiamente più "caloroso".

I nuovi falsi profeti tra le anime dell'inferno




mercoledì 29 luglio 2020

A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio

Il Prologo di San Giovanni è un inno di perfetta bellezza e al contempo il brano più complesso tra tutti i Vangeli. Sant' Agostino e San Crisostomo affermavano che lo scrivere questo prologo andava ben oltre le capacità umane, poichè ogni espressione è un condensato di teologia ed esperienza dal contenuto di inesprimibile elevatezza.
Per questa ragione darò la parola a Lino Lista, esperto di esegesi biblica.
«Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato il potere di diventare figli di Dio»

Lino Lista
Lino Lista:  « Il nostro Sommo Simbolo è Cristo, sin dal Prologo del IV Vangelo: "E il Verbo si face carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Cristo unisce perfettamente in sé la natura divina, il Verbo, e quella umana, la carne. Simbolo in tali termini è l'Eucarestia, che unisce in sé la componente tangibile e visibile, il pane e il vino, con quella del Corpo e del Sangue del Signore.

É  questa, dal mio punto di vista, la massima eresia di Kiko Arguello e del Cammino: trasportare tutti i simboli dei Vangeli sul piano meramente terreno, esistenziale, antropologico, rimuovendone la meta trascendente. Lo è perché da questa eresia scaturiscono tutte le altre, in primo luogo l'Eucarestia trasformata in banchetto e trasmessa prevalentemente con un "tipo", la prefigurazione dell'Esodo. Oramai i neocatecumenali, più che il pane e il vino, più che il Corpo e il Sangue del Sacrificio di Cristo, vedono l'Esodo, il passaggio nella Terra promessa, il passaggio dalla morte alla vita figurato anche nel loro balletto attorno alla mensa.

I neocatecumenali, nell'unzione di Gv 9, non riconoscono la Grazia che porterà a "vedere" Cristo, soltanto una lordura che mostra i peccati.

I neocatecumenali, nel sicomoro di Zaccheo, non riconoscono l'ascesa, lo sforzo per "vedere" Cristo: per chi ha ascoltato Kiko alla GMG di Rio, il sicomoro è un'altra kenosis, un'altra discesa nei propri peccati; è un montare sugli altri, un isolarsi sull'attaccamento "al denaro e al mondo", come predicò Arguello.

Per i neocatecumenali (perlomeno per quelli che sono giunti alla tappa del "Padre nostro" e hanno ascoltato i catechisti ripetere la catechesi di Kiko sulle Nozze di Cana) la mancanza di Vino non significa la sopravvenuta insufficienza della Legge, della Torah per la salvezza, l'inadeguatezza sostitutiva colmata da Cristo con il Sacrificio dell'Ultima Ora: essa significa che "nella tua vita, nel tuo matrimonio, nella tua famiglia manca il vino c’è una sofferenza!".

Si potrebbe continuare per ore, perché questo è il criterio "esegetico" di Kiko Arguello, quando non si produce (per l'assenza di simboli nei passi evangelici che tratta) in allegorie forzate e fondamentaliste, che non hanno alcuna corrispondenza con la lettera dei Vangeli, quando non tira fuori interpretazioni sballate come per il peccato originale che, per decenni fino alle correzioni dei mamotreti, è stato insegnato come "una realtà che ci circonda".

Purtroppo per i neocatecumenali (quelli fanatici, intendo), la favola del bambino che svela la nudità del re ha una sua morale. Una volta mostrato l'imbroglio, in tanti si rendono conto che i sarti del re sono imbroglioni e che il re è nudo (e non di una nudità biblica, è nudo di una nudità oscena)»

- Non è da poco la mistificazione del simbolo: falsificare il simbolo significa falsare i Vangeli e il deposito della Fede. 
Il simbolo è un codice della teologia, il linguaggio umano non ha parole e locuzioni per figurare l'Altro e l'Altrove. Soltanto con il simbolo si riescono a rappresentare contemporaneamente le cose di questo mondo e le idee concernenti le realtà invisibili. 
Giovanni afferma che si diviene “figli di Dio” nella pratica di un amore simile a quello del Padre; un amore che fa crescere l' uomo e che necessita di un'adesione perpetua a Cristo. Quindi si è  certi di essere in comunione con Dio perché si è dato assenso a Gesù, modello dell’uomo e modello d’amore. Il Cammino persegue invece una strada avversa fondata sulla convinzione d' essere figli del demonio, trovandosi quindi in contrasto con quanto affermato nel IV Vangelo.
Kiko: «Gesù Cristo non è affatto un ideale di vita. Gesù Cristo non è venuto a darci l’esempio e ad insegnarci a compiere la legge» (p. 125) «La gente pensa che Gesù Cristo è venuto a darci una legge più perfetta della precedente  (l‘ebraica) e che, con la sua vita e la sua morte, la sua sofferenza soprattutto, ci ha dato l’esempio perché noi si faccia lo stesso. Per queste persone (ossia per tutti i santi) Gesù è un ideale, un modello di vita… » (p. 126)
«…Il Cristianesimo non è per nulla un moralismo. Perché, se Gesù Cristo fosse venuto a darci un ideale di vita, come avrebbe potuto darci un ideale talmente alto, talmente elevato, che nessuno lo può raggiungere?» (p. 126)
In questa maniera Kiko smorza ogni desiderio di pienezza di vita, propaga le tenebre e allontana le anime dalla fede.
Dice Giovanni: “questa luce brilla nelle tenebre”. La comunità dei credenti che ha accolto questo messaggio di Gesù, nel viverlo emana la luce e non vive il senso di oppressione e avvelenamento che il cammino dell' Argüello imprescindibilmente provoca.  Nel movimento vige la cecità.
Chi ha letto "Il fango e il segreto" sa che la critica di Lino era incentrata insistentemente sulla catechesi di Kiko Argüello concernente la guarigione del Cieco Nato. La mistificazione base su cui è impiantata l' intera "teologia" del Cammino e da cui sgorgano tutte le distorsioni.
"Guarigione del cieco nato"
(Duccio Buoninsegna)
Prosegue Lino: «"Che cosa è il catecumenato? Un tempo in cui ti si metterà fango sugli occhi. Questa è l'azione di Gesù Cristo. Perché non sai che sei cieco. Non sai che sei sporco e perciò non ti vuoi lavare [...]", dice il fondatore del Cammino. È la mistificazione di uno dei miracoli più significativi di Gesù, mistificazione che serve a giustificare trent'anni di scrutini (dei peccati) condotti da laici.
In gioco non c'è soltanto la diffusione di una esegesi sballata. La questione concerne l'incomprensione del fondamentale messaggio insito (sin dal Prologo) nel Vangelo di Giovanni: "la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie" (Cfr. Gv 3,19)
In gioco c'è il verbo "vedere", nelle sue varie forme: bleso, theorein, horaô al perfetto. Scorgere, osservare con attenzione, contemplare: è una progressione che conduce a riconoscere il Verbo fatto carne, il Signore, che porta a vedere in Lui il Padre. Ne diede uno splendido conto p. Ignace de la Potterie, gesuita, teologo, esegeta e professore della Facoltà Biblica del Pontificio Istituto Biblico.

È questa la progressione che muove lo sguardo e il pensiero del cieco nato, altro che visione di quei peccati del cieco che Cristo in Gv 9 nega e sui quali a insistere sono i farisei!

Dapprima, essendo nato cieco, il mendicante non poteva aver visto Cristo. Perciò non aveva peccato, perciò la catechesi del fango/mota del Cammino è sballata . Una volta sanato nel visus fisico, l'ex cieco inizialmente scorge un uomo, poi osserva un profeta, infine nel possesso sia del visus fisico sia di quello mentale riconosce il Signore e si prostra. I farisei, invece, dicevano di vedere ma nemmeno riuscivano a scorgere il Cristo. Perciò il loro peccato rimane.

C'è, nella progressione del cieco-nato, la fede che scaturisce dalla grazia del miracolo e dalla ragione che approfondisce l'evento:  Fides et Ratio. Negli altri ciechi evangelici guariti ci sono altri insegnamenti , che si desumono dalla natura della cecità, da come gli si accostano, da come sono portati a Gesù, da come vengono sanati in una o due fasi.

Il Cammino riferisce di rivolgersi ai "lontani", "lontani" che tecnicamente sono dei "ciechi nati", da trattare quindi con il balsamo di Cristo. Per trent'anni, invece, ogni neocatecumenale è infangato al fine di mostrare ogni suo idolo. Più che la taumaturgia di Cristo, l'approccio è quello dei farisei di Gv 9.
In realtà, il Cammino pesca la maggior parte degli adepti nelle parrocchie, non tra i "lontani": quindi diverso dovrebbe essere il cieco evangelico di riferimento, non il cieco nato.»
L' inganno esegetico sulla guarigione del cieco nato rappresenta l' elemento costitutivo ed essenziale del movimento. Ringraziamo di cuore Lino Lista per averne rilevato la mistificazione.
Sottoponiamo alla lettura due pagine di Ignace de la Potterie, compianto teologo ed esegeta, tra i massimi esperti del Vangelo di Giovanni.
Durante i nostri ultimi dialoghi, Lino volle che gli leggessi il Prologo di San Giovanni per almeno tre volte di fila e, con la poca voce rimastagli, sussurrava: "che bello".
Il Prologo di San Giovanni è un inno solenne, una meravigliosa preghiera che possiede l'incisiva bellezza delle cose antiche, nella quale troviamo le radici autentiche della nostra grandezza, le ragioni della nostra fede e la sorgente di ogni preghiera. Lino  aveva capito benissimo che nel Prologo giovanneo c'è la chiave di lettura di tutta la Rivelazione divina, poiché egli contemplava di già il mistero; Lino aveva di già da tempo trasceso e ciò risultava chiaro a chi gli era accanto.
«A quanti però l'hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio»
Accogliere Gesù significa credere nel suo Nome. Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Credere in Gesù significa amarlo, seguirlo secondo i suoi insegnamenti non travisati da menti superbe, significa dare la vita per questo ideale di salvezza. Significa adorarlo per l'Amore infinito che ci dona. Significa accoglierlo nella sua pienezza nella Chiesa e non nelle salette impregnate di subdolo kikianesimo.
Essere figlio di Dio quindi significa lasciarsi immergere nel Suo Sangue prezioso, nella Sua totale volontà. Lino aveva ragione ad affermare con costanza e convinzione, nei momenti cruciali della malattia: IO SONO FIGLIO DI DIO!

lunedì 27 luglio 2020

"IL SALE DELLA TERRA", V° PUNTATA. OPPOSTE TEOLOGIE A CONFRONTO DOPO IL CONCILIO VATICANO II°. VEDIAMO OGGI.

Che questa trasmissione sia altamente tendenziosa, ingannevole e propagandistica, lo mostra l’attenzione rivolta alle comunità della “Teologia della Liberazione”, invise alla Chiesa di allora più di quanto lo siano oggi, soprattutto nella persona di Giovanni Paolo II, reduce dai sistemi totalitari di un certo colore politico e quindi molto sensibile al tema.

La tendenziosa malafede si rileva perché alle comunità e ai nuovi Movimenti post conciliari concorrenti del loro proprio, viene dedicata un’attenzione meno che minimale, mentre nei confronti di coloro che “non possono recare danno” alla loro organizzazione perché già condannati, avversati e stigmatizzati dalla Chiesa, buttano benzina sul fuoco.

Così facendo il Movimento Neocatecumenale ne esce comunque vittorioso: dei concorrenti si parla meno di poco e ai “perdenti devianti” si dedica più di mezza puntata.

Ne esce quindi che “loro sono, tra tutti, i migliori”.

In questa seconda metà della V° puntata, infatti, si parla ampiamente della Teologia della Liberazione e si mettono in mostra tutti i lati negativi, per dimostrare come nel post-Concilio siano nate anche “comunità non buone”, da non confondersi con le loro.

Si va quindi in Centro America, patria di questo tipo di “teologia” e in un video si mostrano le COMUNITA’ DELLA CHIESA POPOLARE.

Il primo intervistato è il vescovo emerito di Cuernavaca, Messico, Sergio Méndez Arceo che in effetti rilascia dichiarazioni molto pesanti, almeno nella traduzione italiana.

Siccome però nel momento di queste dichiarazioni “forti” è ripreso a distanza, ci sorge il dubbio che possa aver detto esplicitamente quello che sentiamo, giacché in qualche altra circostanza ci siamo accorti che la traduzione non rispecchiava il parlato madrelingua dell’intervistato.

Che un vescovo possa dire a cuor leggero e pubblicamente quelle cose ci sembra incredibile, addirittura mancante di savoir faire e della dovuta prudenza, anche se appoggiava la teologia dei “preti guerriglieri”.

Inizialmente si esprime a favore del rinnovamento del Concilio, soprattutto per quel che riguarda l’introduzione della lingua popolare che ha permesso la formazione di comunità ecclesiali per la lettura delle Scritture.

Poi dice:

Gesù ha sfidato tutti i poteri, religiosi, economici, politici, del suo tempo. Allora la corona di questo è la croce”.

Poi però si inerpica in una forma di predicazione totalmente opposta a quella neocatecumenale, quando gli viene chiesto se è possibile la comunione tra ricchi e poveri:

E’ possibile se si chiudono gli occhi su queste differenze sociali. Ma se si aprono gli occhi, allora la comunione non è possibile. Si può avere l’amore, se si parla di comunione come amore, ma l’amore del ricco deve essere cessare l’accumulazione che proviene dallo sfruttamento dei poveri. L’amore dei poveri è esigere che i ricchi cessino l’oppressione e lo sfruttamento. Ma se non si cambia il sistema, le relazioni sociali, non si può arrivare… la comunione esige un cambio di queste strutture”.

Già questo ultimo periodo lo pronuncia “a distanza”, mentre prima era inquadrato in primo piano.
Nel fugace momento in cui appare il suo volto, non pare che le parole che pronuncia corrispondano a ciò che si sente.
Intervista "a distanza" al vescovo Arceo

Non vorremmo essere troppo sospettosi, ma quando parla “da lontano” facendo affermazioni così dirette che non risulta abbia mai fatto in altre circostanze, un po’ ci viene in mente che la voce che sentiamo non sia proprio la sua.

Infatti, alla domanda sul come è possibile cambiare le strutture senza la violenza, si sente:

E’ vero questo. Io penso che quelli che sono gli sfruttatori nelle attuali strutture, non lasceranno lo sfruttamento senza violenza. Non si può ottenere un cambio delle strutture senza la violenza”.

Ora, o è matto, e non pare proprio che lo sia stato, o qualcosa non torna.

Un vescovo che davanti alla televisione (italiana, non messicana) dichiara così esplicitamente che le strutture si devono cambiare con la violenza, quasi inneggiando alla violenza e giustificandola apertamente, mi pare poco credibile.

L’avrebbero silurato immediatamente, come hanno mostrato di saper fare con altri sacerdoti, invece è rimasto 30 anni alla guida della diocesi, finché non ha lasciato per sopraggiunti limiti di età.

Non è per difendere nessuno, noi sappiamo quello che possiamo leggere, non eravamo presenti agli eventi, ma quello che leggiamo è che è stato un vescovo certamente controverso e controcorrente, chiamato dai detrattori “il vescovo rosso”, ma che ha sempre fortemente cercato il dialogo, denunciando in maniera scomoda l’oppressione dei vari regimi totalitari instauratisi in America Centrale, che hanno fatto soffrire e costretto alla povertà il popolo, mediante la repressione.

Che incitasse ed inneggiasse alla violenza non c’è scritto da nessuna parte, come invece si trova che stava sempre dalla parte dei poveri, dei deboli, degli oppressi, pur mostrando affinità al socialismo contro il capitalismo imperante e totalitario.

OGGI sappiamo che il vescovo Oscar Arnulfo Romero, accusato in vita di incitare «alla lotta di classe e alla rivoluzione», mentre era considerato malfamato e deriso dalla destra come sovversivo e comunista, è stato dichiarato santo nel 2018.

Nel Centro mons. Romero a El Salvador, tra i ritratti dei “Padri della Chiesa latinoamericana”, figura  anche il messicano Sergio Mendez Arceo, deceduto nel 1992.

Murale sulla santità del vescovo Romero
Non vogliamo entrare nello specifico, né prendere posizione, ma farci rendere conto che su queste realtà dell’America Centrale è stato detto di tutto ed il contrario di tutto. Realtà lontane, per noi nemmeno immaginabili, dove l’oppressione totalitaria ha causato sofferenze e dolori taciuti, poco noti, che certamente hanno portato all’omicidio del vescovo Romero nel 1980, proprio mentre stava celebrando la Messa ed hanno portato a vivere la fede in modi radicali, diversi, nel tentativo di frenare la sanguinosa repressione del popolo povero che chiedeva solo giustizia e pace.

Un conto quindi è la Teologia della Liberazione, che si legge abbia assunto in alcuni connotazioni troppo politicizzate fino ad arrivare ai “preti guerriglieri”, un conto è denunciare le ingiustizie, opporsi a un sistema autoritariamente repressivo e non equo, dare asilo ai rivoluzionari, assimilabili ai nostri partigiani del secondo conflitto.

E’ facile fare di tutta l’erba un fascio, ma non si può fare.

I salvadoregni erano lì, lo vedevano che Romero era un santo e lo amavano, come anche si legge a proposito di Arceo, che riempiva le chiese di poveri.

Questa intervista ci sembra quindi poco credibile, soprattutto conoscendo poi come si sono svolte le cose successivamente, in cui è stato chiaro che il vescovo Arceo, pur essendo osteggiato e da molti ritenuto “scomodo”, non ha mai subito sanzioni né allontanamenti, come invece è successo proprio di recente per il vescovo Del Palacio, allontanato prima del termine nel silenzio più assoluto delle motivazioni.

I regimi totalitari sono sempre un male, di qualsiasi colore siano, e chi li ha vissuti, come Giovanni Paolo II visse quello di uno specifico colore, ne sviluppa un’allerta, un rifiuto.

Ma non è che se il colore cambia, come nell’America Centrale in diversi tempi storici, la situazione sia migliore, e questo, per esempio, lo sa Papa Francesco.

I forti che opprimono e reprimono i deboli, i poveri ed i diseredati, sono sempre un male per la Chiesa ed anche per il mondo.

Lo dicono anche le parole di un canto che passa nel video, molto “popolare” e poco melodioso:

Io non posso tacere, non posso restare indifferente davanti al dolore di tanta gente, io non posso tacere. Perdonatemi amici miei se sento oggi il dovere di cantare la realtà”.

La "Chiesa popolare" povera

La realtà.

Di tutto quello che è passato nel video, l’unica cosa che Gennarini sottolinea, per conquistarsi i favori della Chiesa dell’epoca, ma forse anche per la sua indifferenza al dolore ed alle sofferenze altrui, è che la Bibbia è appoggiata su un giornale con la fotografia di un prete guerrigliero, in un’assemblea di preghiera messicana.

Dal Messico passa al Nicaragua, dichiarando che dalla data della registrazione del video al momento attuale, il Nicaragua è in subbuglio.

Quello che propone sono due interviste agli antipodi, una ad Ernesto Cardenal, simbolo della Teologia della Liberazione, ed una al card. Obando y Bravo, di cui ci siamo occupati di recente, che sarebbe stato il simbolo della Chiesa giusta.

Ernesto Cardenal racconta la sua conversione a monaco trappista, la fondazione di una comunità contemplativa ed il successivo annuncio della Teologia della Liberazione ai contadini nicaraguensi.

Anche in questo caso la traduzione non sembra collimare col parlato, specialmente quando dice:

Ci siamo impegnati sempre più politicamente per la rivoluzione col movimento sandinista. I giovani della mia comunità sono diventati guerriglieri. Dopo la rivoluzione sono stato nominato ministro della cultura

In realtà esistono fonti che affermano la predicazione della non violenza negli anni della comunità contadina che aveva fondato, non dell’incitazione alla guerriglia.

Dopo aver mostrato la deviazione così esplicitamente dichiarata di Cardenal a favore dei preti guerriglieri, l’intervista continua in una netta contrapposizione tra la Teologia della Liberazione e la Teologia del Servo di Jahwe, quella sostenuta dai neocatecumenali in incognita.

Comunque Cardenal continua:

La teologia della liberazione… Non è basata solo sulla bibbia, ma anche sugli avvenimenti di attualità e sulle scienze, specialmente quelle sociali. Invece la teologia del servo di Jahwe vuole impedire ai cristiani di fare politica, vuole che il cristiano sopporti la sofferenza come il servo di Jahwe. C’è una interpretazione reazionaria del vangelo e una interpretazione rivoluzionaria. L’interpretazione reazionaria parla di porgere l’altra guancia, e il popolo non si deve difendere quando è oppresso, che porga l’altra guancia. L’interpretazione rivoluzionaria è invece quella di un giovane contadino della mia comunità che ha detto “questo riguarda i ricchi, gli oppressori”. Quando la rivoluzione confisca una proprietà a un ricco, che lui porga l’altra guancia e consegni anche quello che ancora gli resta. Cristo è venuto a portare una buona notizia ai poveri, a liberarli. Da chi? Dagli oppressori, dai ricchi. Una buona notizia per i poveri, una cattiva notizia per i ricchi”.

Naturalmente, ascoltando Cardenal, si capisce subito che sta dalla parte del torto, pur se difende i poveri dagli oppressori: la guerriglia, la violenza, sono aliene al Vangelo.

Ma esprime una cosa interessante, quando dice che gli oppressori, i ricchi, a loro volta violenti con mezzi superiori a quelli dei poveri, utilizzano per i loro scopi la predicazione di una Teologia che non indirizzano a se stessi, ma al popolo: porgere l’altra guancia, non resistere al male che loro stessi fanno. Questo lo deve fare il popolo, non loro.

Si capisce quindi che c’è una gran confusione: pare che tutti stiano nel torto.

L’intervento del card. Obando non dirime la questione:

Qui in Nicaragua abbiamo anche difficoltà perché viene attaccata la gerarchia della chiesa attraverso i mezzi di informazione ufficiali, servendosi di alcuni preti di quella che chiamano la “chiesa popolare”. La chiesa popolare è una chiesa alleata al marxismo. Queste comunità ecclesiali di base della chiesa popolare sono critiche, amareggiate, ostili alla gerarchia. Un tempo anche io ero entusiasta della teologia della liberazione, perché mi sembrava fosse un mezzo per aiutare il popolo, ma guardando qui in Nicaragua come si realizza la teologia della liberazione, mi sembra che essa risvegli l’odio, e l’odio non è cristiano. Io penso con Paolo VI e con il Concilio che non ci può essere una vera liberazione se non si trasforma il cuore dell’uomo. E il cuore dell’uomo si trasforma quando portiamo Cristo. Noi vescovi del Nicaragua riteniamo che sotto il regime di Somoza c’era una situazione di peccato e abbiamo esercitato la funzione profetica annunciando la buona novella di Cristo morto e risorto, rilevando certe situazioni di peccato. SICCOME QUI LA CHIESA HA UNA CERTA INFLUENZA, ciò ha contribuito alla caduta del governo di Somoza. Ma anche con l’attuale regime sandinista quando vediamo una situazione di peccato la denunciamo...”.

Tre anni prima era avvenuto l’assassinio del vescovo Romero a San Salvador, per questo l’intervistatore chiede ad Obando se ha paura di essere assassinato.

Naturalmente, Obando parla di voci, non meglio specificate, a proposito della pianificazione di un attentato verso di lui, di cui lui saprebbe anche i nomi.

Racconta così dell’increscioso episodio occorso poco tempo prima al parroco portavoce della Curia (che noi sappiamo essere Bismarck Carballo, ma lui non lo dice), a cui è stato teso un agguato: assalito e tramortito è stato denudato e gli è stata messa accanto una donna. L’episodio fu ripreso dalla televisione e mandato in onda per diversi giorni.

Per cronaca, dobbiamo dire che dopo quell’evento, Carballo è poi divenuto incondizionatamente amico fedele del dittatore Ortega, cosa che contrasta con quanto accaduto negli anni '80, quando fu vittima della campagna diffamatoria da parte degli stessi con cui poi si alleò.
Bismarck Carballo, amico della dittatura come Obando, è attualmente parroco della parrocchia del Espíritu Santo a Managua, che parrebbe una parrocchia neocatecumenalizzata.


Parrocchia del Espiritu Santo, Managua
Qui però ci sono da fare obbligatorie precisazioni, perché in tutto questo parlare di violenza e guerriglia, non si capisce più ad opera di chi viene perpetrata e chi è che la perpetra.

Innanzitutto il primo violento era il corrotto regime militare della dittatura della famiglia Somoza, al potere dal 1936, che attraverso la Guardia Nacional, istituita in Nicaragua dagli Stati Uniti che lo sostenevano, reprimeva con la forza ogni opposizione. Fu la mano che uccise Augusto César Sandino, leader della resistenza nicaraguense contro l'esercito d'occupazione degli Stati Uniti; Pedro Joaquín Chamorro, direttore del giornale La Prensa, oppositore di Somoza e membro di una delle famiglie più importanti del paese; Bill Stewart, giornalista statunitense di ABC News…

Dal 1972 la violenza accrebbe con la rivoluzione sandinista (così denominata in onore di Sandino), ma la guerra civile era iniziata molto prima e durò 20 anni.

In questo tempo era un bagno di sangue, da entrambe le parti: Somoza faceva radere al suolo interi villaggi sospettati di aiutare i ribelli, bombardava interi quartieri della capitale, uccidendo migliaia di persone.

I ribelli sandinisti, dal loro canto, conducevano azioni militari contro il regime, assaltando ministri, prendendo in ostaggio membri del governo di Somoza, assaltando presidi della Guardia Nacional, fino a rovesciare il regime nel 1979, grazie all’aiuto degli insorti civili che corsero alle armi rafforzando il fronte dei ribelli.

In questo stato di cose, Ernesto Cardenal, che peraltro era nato da famiglia ricca, sostenne la guerriglia armata sandinista e, dopo la vittoria e la salita al Governo di Daniel Ortega, l’attuale presidente nicaraguense, gli venne assegnato l’incarico di Ministro della Cultura nel nuovo nascente governo.

Fu questo, insieme di sicuro ad altre considerazioni, che gli costò la sospensione a divinis nel 1984 da parte di Giovanni Paolo II, ma è stato riabilitato da Papa Francesco nel 2019, poco tempo prima della sua morte.
Immagine storica: Giovanni Paolo II rifiuta di farsi baciare la mano
ed ammonisce pubblicamente Cardenal, senza dargli la benedizione.


Cardenal, con la stola, concelebra la Messa dopo la
riabilitazione di Papa Francesco
Dopo aver sostenuto Ortega nella rivoluzione, infatti, negli anni ’80 ne diventò un critico e abbandonò il Fronte Sandinista nel 1994, perché intuì che l’ex rivoluzionario, una volta al potere, si stava trasformando a sua volta in dittatore corrotto.
Definì quella di Ortega "la nuova dittatura familista in Nicaragua".

A modo suo, commettendo anche diversi errori, cercava sempre di stare dalla parte degli oppressi. Anche quelli del regime Ortega, che prima aveva sostenuto.

Tanto è vero questo, che al suo funerale nel 2020, i sostenitori della dittatura di Ortega irruppero tra la folla, interrompendo la Messa e picchiando 5 giornalisti, chiamando Cardenal “traditore”.

Su alcuni giornali si legge che Ortega E’ PEGGIO di Somoza. La corruzione del potere: “L’Onu e la Oea hanno impiegato 8 mesi per accorgersi dei massacri sistematici, le sparizioni di incarcerati, le violenze sui famigliari, le minacce ai sacerdoti. Qui in Europa silenzio tombale, dà fastidio ciò che accade”.

E poi c’è la figura del card. Obando, che in questa intervista del 1983 condanna apertamente la Teologia della Liberazione che, come Cardenal, afferma aver abbracciato per un tempo, ma ha poi ricusato perché foriera di odio e ostile alla gerarchia.

Eppure, nel 1979 scrisse una lettera pastorale a favore della forza armata e incoraggiò i nicaraguensi a non temere il socialismo, tanto che da parte del regime di Somoza fu definito “Comandante Miguel”.

Cosa di diverso rispetto a Cardenal?

C’è che all’inizio degli anni ’80 cambiò totalmente e si oppose radicalmente a ciò che aveva sostenuto.
Ma ormai la rivoluzione aveva vinto e la guerra civile era durata 20 anni, i più sanguinosi, durante i quali, come Cardenal, Obando appoggiava la rivolta.

Cosa cambiò?

Ortega era appena diventato presidente e non aveva ancora incominciato a fare tutti quei danni che sappiamo aver fatto dopo, quando anche Cardenal lo abbandonò, e che sta continuando a fare tuttora.

Obando iniziò ad opporsi alla “chiesa popolare”, alla Teologia della Liberazione” e si contrappose a Cardenal, che prima sosteneva, sull’esercizio del potere civile da parte dei sacerdoti.

Un bel voltafaccia.

Che vantaggio ne trasse?

Nel 1985, l’anno dopo che Giovanni Paolo II rimproverò pubblicamente Cardenal, Obando fu promosso cardinale dallo stesso Papa.

Abbandonare i ribelli gli fece fare subito carriera.

Ma non fece solo questo: invece di denunciare, come aveva promesso, le violazioni dei diritti umani da parte dei Contras (controrivoluzionari), non solo non li denunciò quando le violazioni avvennero, ma andò negli Stati Uniti a chiedere aiuti militari a favore dei Contras.

Divenne poi sostenitore del dialogo e portò avanti alcuni accordi che ponevano fine alle violenze, che però poi si riaccendevano. Sosteneva che la chiesa “era con la gente”, pronta a denunciare le ingiustizie, una chiesa TOTALMENTE DEDITA ALL’EVANGELIZZAZIONE.
Fu lui che si dice "volle" il seminario neocatecumenale Redemptoris Mater di Managua.

Per rafforzarla in questa missione promosse a Managua il sinodo diocesano, con l'obiettivo di far penetrare nella società la verità su Cristo e la verità sull'uomo, anche grazie al contributo dei laici cristiani (chi saranno stati?)

La sua carriera proseguì: fu presidente della Conferenza Episcopale nicaraguense dal 1971 al 2005, salvo brevi interruzioni.

Dal 1976 al 1981 fu presidente del Segretariato episcopale dell'America Centrale e Panama.

I riconoscimenti potrebbero continuare, ma ci fermiamo qui, segnalando solo che nel 2016 venne dichiarato ufficialmente "sacerdote nazionale per la pace e la riconciliazione" dal regime di Ortega, con una legge approvata con ben 65 voti favorevoli e solo 1 contrario.

Di lui abbiamo già parlato.

Rammenteremo soltanto che è stato considerato alleato al potere dittatoriale di Ortega e suo consigliere spirituale, La Commissione di riconciliazione, per la quale Ortega nominò Obando presidente (non la Chiesa), avrebbe dovuto essere inutile, ormai dopo due decenni dalla fine della guerra civile.
In più, Ortega gli attribuì anche il grado di Ministro di Stato, ignorando un editto di Papa Giovanni Paolo II, che sospese tre sacerdoti nicaraguensi, tra cui, per l'appunto Ernesto Cardenal.
Obando col Presidente Ortega

Lo ha nominato Consigliere personale. Allo stesso modo, ha sospeso uno scandaloso processo legale contro l'agenzia di beneficenza COPROSA appartenente a Obando y Bravo, quando fu perseguito penalmente per frode per aver importato 26 camion di lusso e auto Mercedes Benz esenti da tasse. 

Era Roberto Rivas, il protetto di Obando y Bravo, il direttore di COPROSA.
Ortega ha smantellato le accuse contro Rivas e gli ha conferito la posizione di presidente del Consiglio supremo elettorale, garantendo così la manipolazione fraudolenta delle elezioni a favore di Ortega.
Come se ciò non bastasse, l' ÚNICA, l'Università Cattolica di Obando y Bravo, ha ricevuto ogni anno, con decreto dell'Assemblea Sandinista, 15 milioni di pesos e mezzo milione di dollari per le spese educative.
Il direttore di ÚNICA era una sorella di Rivas. Tutto sempre rimasto in famiglia.

Obando con il criminale Rivas

Quando Obando è morto nel giugno 2018, né Ortega, né Murillo, né suo figlio adottivo Rivas hanno partecipato alla sua Messa solenne o al suo funerale e i parrocchiani erano ben visibili per la loro assenza. NON C'ERANO PIU' DI 20 PERSONE (oltre a quelle d'obbligo: sacerdoti e forze dell'ordine orteguiste).

Rosario Murillo, molto legata ad Obando insieme al marito Daniel Ortega che l'ha nominata vicepresidente del Nicaragua, si dice che non pratichi alcuna religione in particolare. Ma in un'intervista esclusiva per la televisione ufficiale due anni fa, ha aperto le sale di Carmen, la dimora che occupa a Managua, mostrando agli spettatori gli altari che ha dedicato a Buddha, alla pratica del voodoo, alle divinità del Santeria, riti esotici dal Brasile, dall'Africa e altre pratiche associate a seguiti pagani che non erano noti nel Nicaragua cattolico.
La Murillo, che viene sprezzantemente chiamata da molti "la strega chamuca" e altri epiteti ancora più volgari e appropriati, coltiva e si delizia in queste pratiche e allo stesso tempo minaccia i preti cattolici sulle stazioni radio e televisive accusandoli di complotti e nemici del popolo senza produrre la minima prova.

Ma non ha mai minacciato l'amico card. Obando.

Scarsità di presenze al funerale del vescovo Obando
Infatti è stata ben contenta, insieme al card. Obando, di ricevere un incontro di neocatecumenali allo stadio di Managua nel 2017…

Obando, quindi, viene definito “una persona che sta andando in discesa, una persona molto mediocre nella sua formazione e molto vana. È un camaleonte politico", addirittura “un abile politico" "Tutte le mosse che ha fatto sono adattate ai suoi interessi" "Ora ha una posizione, parla ancora, è ancora nella mischia".

Non è la prima volta che Obando è strettamente legato al potere politico. Il cardinale era stato coinvolto in scandali di corruzione durante l'amministrazione dell'ex presidente Arnoldo Alemán, condannato a 20 anni di prigione per frode statale e recentemente rilasciato.

La peggiore azione, comunque, è stata la protezione offerta da sempre al corrotto miliardario Roberto Rivas, oggi indagato insieme tutta la famiglia per i peggiori crimini.

Sono proprio le alleanze politiche del cardinale e il suo flirtare con il potere che lo hanno reso un PERSONAGGIO IMPOPOLARE TRA I NICARAGUENSI, che secondo i sondaggi disapprovano l'alleanza tra Obando e Ortega. I sondaggi mostrano che oltre il 70% della popolazione non supporta tale relazione. Il cardinale sembra essere stato lasciato solo poiché la gerarchia della Chiesa cattolica nicaraguense prende le distanze dal suo ex leader.
"Il cardinale ha pochissimo peso all'interno della Chiesa e tra la gente, che rifiuta il flirt con Sandinismo.
"

Ecco com'è finita la storia:

ERNESTO CARDENAL è stato riabilitato e assolto da tutte le censure canoniche e, dopo 35 anni, ha potuto celebrare la Messa.
Alla sua morte, il vescovo Silvio José Báez ha detto:

"Addio all’amico Ernesto Cardenal, che ora può cantare il suo Salmo 15 davanti a Dio: Non c’è gioia fuori di te. Io non rendo culto alle star del cinema né ai leader politici e non adoro i dittatori"

Come riconoscimento della riacquisita ministerialità, il vescovo Báez ha compiuto un gesto eloquente:

"Mi sono inginocchiato e ho chiesto la sua benedizione come sacerdote della Chiesa cattolica, alla quale ha accettato con gioia. Grazie Ernesto!" 


I sandinisti di Ortega, amico di Obando, boicottano l'affollato funerale di
Ernesto Cardenal.
Se interessati ai commenti, vedere QUI, sulla pagina Twitter del vescovo Báez
IL CARD. MIGUEL OBANDO Y BRAVO è morto praticamente da solo, legato ad un regime corrotto e dittatoriale, protettore di criminali internazionali, anche se alla sua morte, almeno qui da noi in Italia, lo si è voluto ricordare come "sacerdote per la pace e la riconciliazione", secondo quanto il dittatore Ortega aveva stabilito.

La dimostrazione che Gennarini voleva dare, OGGI a distanza di quasi 40 anni, ha evidenziato da che parte stavano.

sabato 25 luglio 2020

"IL SALE DELLA TERRA" V° PUNTATA. NOVITA’ DELLA CHIESA DOPO IL CONCILIO VATICANO II°

Nota: questo post fa parte di una serie di articoli dedicati a "Il sale della terra", trasmissione televisiva andata in onda sulla RAI nel 1983.



Oggi è la volta delle NOVITA’ post Concilio.

Siamo molto curiosi.

Si inizia con un video, che per primo mostra un’intervista al Movimento Carismatico, nato ad ANN ARBOR, Michigan. Parlano i fondatori.
Raccontano che loro credono che oggi sia possibile sperimentare gli stessi doni della chiesa primitiva.

Il “dono della profezia” non è necessariamente predire il futuro, ma dire la parola del Signore, spinti da Lui o sotto la sua ispirazione, a un’altra persona o anche a un gruppo di persone.
E qui mi pare che, pur sotto nomi diversi, siano uguali ai neocatecumenali “sotto l’ispirazione del Signore”, termine invalso ma pericolosissimo, accomuna i due Movimenti.

Parlare le lingue” è un dono dello Spirito Santo che “ci rende capaci di pregare a un livello più profondo della mente cosciente. La preghiera in lingue è un modo di pregare. Talvolta è di fatto un’altra lingua, ma molte volte non sappiamo che cos’è. Diciamo delle parole che lo Spirito Santo di Dio ci ispira, questo ci permette di pregare e adorare il Signore, di rendere grazie al Signore, ad un livello spirituale molto profondo”.

Un video mostra un’assemblea di persone che ad alta voce “dicono le parole che lo spirito santo ispira”, a caso, ognuno le sue, in una babele concreta ed assordante.

Pregano secondo "ispirazione"
dello Spirito Santo,
ognuno individualmente.
"Talvolta è di fatto un’altra lingua,
E se in mezzo a quel bailamme qualcuno fosse ispirato a “pregare altro”, chi se ne accorgerebbe?
Non ne escludo la possibilità. Sembrano invasati.

Si chiama “glossolalia” e produce un casino pazzesco in cui non si capisce nulla.
Impressionante, per usare un termine kikiano.

Le “guarigioni”, viene spiegato mentre passa il video di alcuni preti che impongono le mani tra l’assemblea, non sono vere e proprie guarigioni, ma siccome la chiesa ha trascurato per molto tempo di mostrare il potere di Dio, queste servono a testimoniare che questo non è vero: Dio è presente e attivo nella storia, fa la storia, guarisce le persone.

Molto vago. Giudizio sulla chiesa. Anche loro.
Su questo si intendono bene coi neocatecumenali.
Ambedue “frutti” del Concilio. Novità.

Viene intervistato un carismatico in studio.
Anche lui giudica la chiesa di “prima” come foriera di sacrifici, obblighi e doveri eccessivi.
Ora ha capito: la chiesa è una cosa molto diversa da come la capiva prima, è una comunità, un’unione di fratelli che si amano nella gioia.
Pare un neocatecumenale, ma è un carismatico.

Entrambi denigrano la chiesa di “PRIMA” per mostrare la bellezza della chiesa di “ORA”.

Solo per cronaca, stando ai dati riportati, parrebbe che il Movimento Carismatico OGGI batta quello Neocatecumenale quanto a diffusione nel mondo: solo 134 nazioni per i neocatecumenali (da fonte neocatecumenale di 4 anni fa), contro le 235 dei Carismatici.
Sarà il perché delle bandierine sul mappamondo: devono acquistare terreno, sono un bel po' indietro...

Ma non solo i carismatici hanno la “comunità”, come ben sappiamo ce l’hanno anche i neocatecumenali, e questo lo mostra un video di “una piccola comunità, una piccola chiesa che ha ricevuto una catechesi, che cammina in conversione”.

Siamo a Milano, dove sappiamo che il Card. Martini aveva pubblicamente dichiarato di non approvare il Movimento neocatecumenale, che ha stentato molto ad attecchire nella sua diocesi.

Parla una neocatecumenale e racconta della malattia e morte del marito, circostanza nella quale si è sentita sorretta dalla sua comunità di 48 persone, che li ha aiutati anche finanziariamente.
Fin qui tutto bene, è quello che dice dopo, questa signora molto triste, che appare evidente come un giudizio sulla chiesa e sulle persone.
Ma pare non rendersene conto.

Dice che il marito, davanti alla sua ribellione, le disse:

Per me è UN SEGNO, perché la persona di 90 anni che tu dici e che noi conosciamo e che è una nostra parente, dovrà dire il rosario per altri 10 anni, ma io devo morire perché, tramite la mia morte molta gente crederà”.

Pare un’affermazione innocua, ma importa una presunzione grande.

Intanto credere che la propria morte possa convertire le persone, quindi attribuirsi un valore cristiano alto, per essere un simbolo, un segno.

Secondariamente un giudizio sull’anziana signora di 90 anni che “avrebbe continuato a dire il rosario altri 10 anni”, come se fosse inutile, come se questa preghiera non avesse potuto convertire nessuno.

Sentirsi migliori, più cristiani.

Infatti la moglie, pur non dicendo nulla, dice genericamente che “molte persone che venivano a trovarlo hanno cambiato la loro vita”.

Ma che vuol dire?

A volte l’incontro con un sofferente ha un impatto temporaneo, se non ci sono basi solide si torna ben presto alla vita di sempre.

“Cambiato la loro vita” non spiega niente, non dà informazioni.

Dopo la signora neocatecumenale, non poteva mancare l’immancabile padre Farnes, ormai ospite stabile della trasmissione.
A lui si affida la spiegazione della Chiesa che ha “ripensato se stessa”, quello che è OGGI.

Peggior consulente non lo potevano trovare:

Sì, prima del Concilio Vaticano II, forse dopo i secoli del medioevo, la chiesa si vedeva soprattutto sottolineando l’aspetto della nostra salvezza. Era l’immagine della chiesa come una barca di salvezza, presente già nelle scritture dei primi secoli. Ma il Concilio ha saputo sottolineare con forza un altro aspetto molto importante: la chiesa è un corpo che serve alla salvezza dell’umanità. Questa visione della chiesa come corpo sacerdotale, è in certo modo non nuova, ma recuperata".

Questo è un discorso sensato, è quello successivo che è tendenzioso, sull’imbeccata di Gennarini che afferma che la Chiesa appare piccola, molte nazioni e zone che non l’accettano:

“La chiesa deve fare la sua funzione, deve evangelizzare il mondo… ma non sappiamo se nel progetto di Dio questa chiesa in un momento determinato deve essere una piccolissima chiesa o una grandissima chiesa. Ciò che noi sappiamo è che Cristo vuole che noi CI SFORZIAMO PERCHÉ TUTTI GLI UOMINI FORMINO PARTE DELLA CHIESA. Dopo aver fatto tutto quanto è nella nostra potestà per ampliare, per predicare perché gli uomini entrino nella chiesa, se la chiesa in un luogo o in un’epoca determinata resta piccolissima, Dio, dice San Tommaso, è più grande anche della chiesa e allora Dio questa salvezza la può realizzare anche se la chiesa in un dato momento è piccola”

Non si è capito?

Sta parlando della chiesa “frutto dell’evangelizzazione neocatecumenale”, che a volte E’ MOLTO PICCOLA, ma in grado di salvare tutta la “massa”.

Paolo VI, nel video che viene mostrato subito dopo dice:

La chiesa è una comunione. Comunione degli uomini con Dio, con Cristo e con Dio e comunione degli uomini fra di loro. E’ una unità, una grande famiglia umana. Noi siamo tanto più vicini a Dio, quanto più siamo vicini ai nostri fratelli. E questa comunione assume aspetti sociali, come quello che oggi chiamiamo preferibilmente “comunità.

Comunione tra TUTTI, non solo tra appartenenti ai gruppi.

Unità, grande famiglia umana: non solo l’”amore e l’unità” di kikos, per cui gli altri cristiani diranno “guarda come si amano”…

Comunità: è una definizione generica, preferita dal nuovo corso, ma riferita alla Chiesa tutta.
Che dire se, e noi lo sappiamo meglio OGGI di ALLORA, una parte di queste “comunità” comanda sulla comunità-parrocchia e sui singoli? C’è UNITA’ o c’è dittatura?

Mons. Castellano, vescovo di Siena, intervistato, pronuncia un’illusione:

Oggi nel mondo c’è tanta divisione… La divisione che diventa ostilità, che diventa motivo di sofferenza per tutti. Ebbene, di fronte a questo spettacolo, c’è la realtà quanto mai consolante della chiesa, che specialmente oggi dà una dimostrazione al mondo, di comunione”.

Poveretto, vedeva nella chiesa dei 17 anni di post-Concilio, una dimostrazione di comunione…

La divisione procurata dal Movimento Neocatecumenale allora non era forse così evidente.
OGGI sappiamo tutti che laddove si incista quel Movimento entra la divisione, non solo a livello parrocchiale, ma anche a livello diocesano, come abbiamo visto per il Callao di Del Palacio.

A questo punto, arrivati ormai alla penultima puntata, devo dire che il Movimento Neocatecumenale all’epoca aveva veramente poco ampio respiro.
Infatti rimandano per l’ennesima volta un video dall’Africa. Uno dei pochi luoghi dove evidentemente credevano di aver messo radici. Sempre gli stessi luoghi.
Veramente prevedibile e molto noioso.

Il video mostra ancora una volta una “piccola comunità africana”.
Che palle! Si può dire?
Un mondo troppo piccolo.

Parla un uomo secondo la solita ormai stantia tiritera. Un mucchio di parole.
Siamo veramente annoiati.

A quest’uomo LA COMUNITA’ E’ SERVITA per conoscere persone che incontrava “solo la domenica”.
Quindi era un africano già convertito al cristianesimo da altri, di cui poi il Movimento Neocatecumenale si è impossessato senza faticare.

Anche una donna afferma che LA COMUNITA’ LE E’ SERVITA a superare la paura di parlare davanti agli altri e a conoscere persone.

Un altro uomo ritorna sulla Messa della domenica, che era l’unica cosa da fare e poi lasciare.
A lui LA COMUNITA' È SERVITA a riscoprire l’amore alla famiglia e a “trovare molti amici”.

Questo pover’uomo crede che questi “amici” siano diversi da quelli che aveva prima, con i quali l’amicizia finiva quando finiva lo scambio delle cose comuni. Crede, perché è all’inizio, che qui sia diverso, perché “ci si ama per la Parola di Dio”.

Avrà provato nel tempo, la delusione che tutti noi ex abbiamo provato nel vedere che non gli amici, ma i “fratelli”, hanno finito la “fratellanza” quando è finito lo scambio della cosa comune che è la comunità?
Povero illuso!

L’intervistatore neocatecumenale in Africa, adesso pone ad un vescovo una domanda retorica, a risposta obbligata:

Per realizzare la speranza del Concilio di realizzare la chiesa, voi vescovi dell’Africa orientale AVETE SCELTO LE PICCOLE COMUNITA’. Perchè?

Innanzitutto sarebbe da dimostrare se TUTTI i vescovi dell’Africa hanno fatto questa scelta, o se si tratta solo di questo o di alcuni.
Per come la mette il neocatecumenale, sembra che TUTTA L’AFRICA abbia scelto le “piccole comunità”.

Comunque il vescovo risponde a tono:

Tutti vogliono costruire piccole comunità. Preti, laici, religiosi, ma molti le concepiscono solo come nuove strutture. La gente invece di pregare in una chiesa parrocchiale, prega nelle piccole comunità, solo come una nuova entità esteriore. Non sono molti ancora quelli che hanno compreso il significato profondo della comunità cristiana. Non comprendono a sufficienza che questo proposito implica la conversione del cuore. Se un uomo è stato egoista, ora deve mutare e dividere con tutti gli altri le sue qualità, i suoi doni, i suoi beni materiali. Raggiungere tutto questo richiederà molti più anni, ma non si tratta di formulare nuovi programmi, ma di attendere con pazienza che tutto questo accada. E queste strutture che non sono ancora comunità, sono un aiuto necessario per aiutare a vivere il senso di “communio”, l’aspetto di “communio” proprio del vangelo. Questo richiede molti anni, perché comporta la conversione del cuore, cosa che non si verifica in un giorno.”

Questo vescovo vede le comunità come “strutture” e ne attende i frutti.
Evidentemente non considera che i frutti ci siano già.
Poi dipenderà se si accontenta di frutti selvatici o desidera frutti buoni.

Alla domanda su cos’è la conversione, il vescovo risponde che è darsi completamente a Cristo, non solo osservare i comandamenti e questo pensa che sia possibile solo attraverso la comunità e punta molto sui laici.
Però dice:

Io sento in modo diverso da altri

Nel dire questo conferma il nostro sospetto che non tutti i vescovi vogliano le comunità, come invece faceva intendere l’intervistatore neocatecumenale.

Ma Gennarini va dritto allo scopo e chiede a padre Hamman, presente in studio, se può confermare che il fenomeno delle “piccole comunità”, diffuso a livello mondiale, è una novità o meno.

Padre Hamman, professore di patrologia, spiega che fino al II o III secolo le comunità potevano contare 50-60 persone e, quando diventavano più grandi, si dividevano in altre comunità, dove c’era ogni specie di persone e i pagani “vedevano come si amavano”.

Questo Hamman pare a fare una catechesi neocatecumenale.

Probabilmente ha tratto il numero dei componenti delle prime comunità cristiane, dalle “domus ecclesiae” dei primi cristiani, edifici privati che venivano messi dai proprietari a disposizione delle comunità.

OGGI non potremmo essere più sicuri di questa convinzione, perché esistono studi che dimostrano come le prime comunità cristiane, con l’aumento delle conversioni, si siano unite spontaneamente, e non solo dopo Costantino, costruendo luoghi di culto più grandi.

Le basiliche infatti sembra proprio che esistessero “prima” dell’Editto di Costantino e non che sia dovuto a lui l’abbandono della domus ecclesiae, ma all’accrescimento numerico dei cristiani convertiti, già nel II° - III° secolo.

Siccome dopo il Concilio Vaticano II è tornata in auge la moda di rifarsi alla chiesa primitiva, per recuperarne i contenuti “perduti”, Gennarini chiede a questo Hamman, certo già della risposta, se ancora oggi è possibile replicare il modello delle “piccole comunità” della chiesa primitiva.
Naturalmente la risposta è affermativa, ma per nulla convincente:

Certamente, perché non si amavano solo a parole, in baci, ma anche in azioni. Mettevano insieme la fortuna di tutti, c’era una cassa comune che sosteneva gli elementi poveri, malati e il diacono che portava il cibo ed il necessario per la vita

Questo spiega ciò che facevano, conoscibile da tutti con la lettura del Nuovo Testamento, NON SPIEGA PERCHE’ E COME OGGI SIA POSSIBILE RECUPERARE QUEL MODELLO, dato che i cristiani sono milioni di numeri maggiori rispetto all’epoca delle “piccole comunità”.

Partendo dalla coda, quindi, e non dal capo, Gennarini insiste:

Questo è più facile naturalmente in una comunità piccola, che in una chiesa massiva

E riceve, anche stavolta, conferma da padre Hamman:

Certamente, ma penso che in una chiesa massiva dovrebbe DIVIDERSI in piccole comunità come fanno questi africani

Proprio quello che Gennarini voleva sentirsi dire!

Dividere le parrocchie in tante comunità (neocatecumenali preferibilmente)!

Ma se si guarda bene, ciò che ha detto questo padre Hamman, succede anche in quella che in senso sottilmente dispregiativo chiama “chiesa massiva”.

Le parrocchie sostengono i poveri e i malati con le offerte LIBERE (la decima non esisteva più nemmeno nella chiesa primitiva) dei fedeli. I ministri si organizzano per portare non solo il cibo materiale, ma anche quello spirituale. Le persone si conoscono, anche se non tutte e non è necessario per amarsi conoscere vita morte e miracoli dell’altro.
Anche nelle “piccole comunità” si formano i gruppetti, per non dire veri e propri clan familiari.
I giovani, dopo le celebrazioni, stanno con i giovani, proprio come succede nelle Messe “della domenica”. Gli amici vanno in vacanza con gli amici, si frequentano, proprio come succede nelle parrocchie.

Se si parla di “vizi” delle parrocchie, nelle “piccole comunità” vengono replicati pari pari ed anzi, sono maggiormente dannosi perché l’ambiente è “chiuso”, di piccolo respiro.



giovedì 23 luglio 2020

SCRUTINIO A KIKO ARGUELLO

SCRUTINIO DI KIKO ARGÜELLO

Scrutinio al Papa?
Avanti, chi è il primo che ci prova?
(Commento introduttivo stilato da Valentina Giusti).

L'argomento scrutinio è un punto dolente nella teologia e nella prassi neocatecumenale. Innanzitutto si è voluto accreditare al neocatecumenato antico la prassi dello scrutinio, quando sappiamo solo che vi era una valutazione della fede e del grado di preparazione dei catecumeni in vista del battesimo. Qualcosa di molto diverso dall'interrogatorio in comunità, di fronte a tutti, su fatti, questioni e pensieri del tutto personali e per nulla attinenti alla fede cattolica, del resto già professata con accesso a tutti i Sacramenti.

Inoltre l'interrogatorio è fatto a laici, che non appartengono a ordini religiosi e quindi non si sono impegnati al rispetto di  specifiche discipline, ad opera di altri laici, i catechisti, impreparati e volutamente ignoranti delle fondamentali nozioni del catechismo cattolico.
A parere di Kiko e Carmen, tutti devono essere sottoposti allo scrutinio dei loro chiaroveggenti "catechisti", senza differenza di persona, siano essi suore, preti o financo il Papa.

Si sono ribattezzati: ma chi li ha scrutinati?
Ci siamo chiesti però  più volte, vista la necessarietà  dello scrutinio, se Kiko e Carmen vi si siano mai sottoposti; la risposta è arrivata chiara e certa da parte dei due fondatori: Dio stesso li avrebbe sottoposti a scrutinio, evidentemente promuovendoli a pieni voti, come si può desumere dal fatto che si siano ribattezzati nel Giordano.

Un altro argomento di successo proposto ai neocatecumeni è che la vita stessa si incaricherà di fare loro gli ultimi scrutini con la vecchiaia, la malattia e la morte. A questi scrutini i due fondatori non hanno potuto sottrarsi, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Per gli stessi motivi sarebbe chiaramente inutile lo scrutinio del catechista cattolico a Kiko Argüello.
Lino Lista ha voluto comunque immaginarlo, con il duetto che vi proponiamo di seguito, tessuto con fine ironia ma grande senso di realtà.

SCRUTINIO A KIKO ARGÜELLO

Per umiltà,
ha omesso 'uomo di spettacolo '

Catechista cattolico:
"Dunque, kiko, prima di frequentarci, quale falso concetto avevi di te?"

Kiko: "Io credevo di essere Giovanni Battista in mezzo a voi. Pensavo di dover salvare la Chiesa del terzo millennio sostituendo tutta l'arte cristiana con la mia Nueva Estetica. Anche credevo di essere un veggente, un esegeta illuminato, un musicista, un direttore di orchestra, il più grande iconografo dell'arte cristiana, un luminare della teologia post conciliare".

Catechista cattolico:
"E di Dio, avevi falsi concetti?".

Kiko: "Sì. Io credevo che Dio mandasse disgrazie ogni qualvolta qualcuno non risponde alle mie 'alzate' nelle adunate del Cammino, specialmente un cancro alle mamme. Io pensavo che Gesù Cristo fosse andato per le vie della Galilea, della Samaria e della Giudea trasportando un secchio di mota per insozzare i ciechi nati, che se qualcuna fosse andata a visitare una cognata ammalata invece di partecipare alle mie convivenze sarebbe finita nei guai, direttamente all'inferno. Io, come gli gnostici, pensavo che Giuda fosse stato il più intelligente degli Apostoli, necessario per il Mistero pasquale, che senza Giuda Dio non avrebbe potuto perseguire alcun disegno salvifico. Anche credevo che l'uomo fosse figlio del Demonio e non avesse responsabilità alcuna dei propri peccati".

Catechista cattolico:
"Bene fratello, coraggio! Noto che sei sulla via della guarigione, basta con i sufrimienti. E dimmi, se tu non sei Giovanni il Battista in mezzo a noi, chi sei allora?".

Kiko: "L'ho capito soltanto dopo la dipartita di Carmen, la quale frenava le mie visioni intellettuali: io sono il Messia".

martedì 21 luglio 2020

Il Cammino Neocatecumenale proclama i "suoi" Santi, prima e a prescindere da ogni riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa.



19 luglio 2016 - 19 luglio 2020.

Il prossimo anno dobbiamo stare attenti: parte la Canonizzazione!

Quest'anno il Triduo... la Novena era troppo lunga!?

Comunque il tempo passa; son passati quasi cinque anni dalla dipartita di Carmen e come abbiamo potuto constatare i neocatecumenali perseguono nella loro opera di "santificazione" senza mollare la presa. Per buon senso e verità non dovrebbe aprirsi nessuna causa di canonizzazione, ma dato lo sbandamento attuale della Chiesa, che permette questioni dannose e che permane silente dando così assenso a questioni avverse, non metterei la mano sul fuoco circa il rifiuto di questa ignobile intenzione dei neocatecumenali.

Il Paradiso si spalanca agli "eletti" neocatecumenali,
basta aver ricevuto il
  "vero spirito del cammino".




Il Cammino Neocatecumenale proclama i "suoi" Santi senza considerazione alcuna del giudizio della Chiesa.

... Ed è proprio così...

In primo luogo perchè al Cammino di ciò che la Chiesa pensa non è mai importato niente, nè il suo discernimento ha mai influito in alcun modo.

In secondo luogo perchè il basso target della santità neocatecumenalmente intesa fa sì che in gran numero coloro che sono stati in vita fedeli camminanti (per un neocatecumeno non esiste perfezione più alta!) e abbiano imitato in tutto i loro maestri possano aspirare all'ambito titolo di santo e beato.

Per tutti costoro, infatti, il santo è di certo colui che più degli altri ha collezionato esperienze del suo essere peccatore/che/non/può/non/peccare. Poichè questa è la prova regina per poter raggiungere lo stato di eletto con la veste bianca che nel Cammino Neocatecumenale equivale al riconoscimento di una santità ante-litteram che non necessita neanche della morte per essere confermata.

Una volta che uno ha superato tutti gli scrutini con i kikatechisti, raggiungendo l'ambito traguardo della fine del cammino e ottenendo finalmente il nome nuovo di neofita e fedele, non deve più temere giudizio alcuno nè in terra nè in cielo
(Ricordiamo quanto affermato in varie occasioni dal padre Mario Pezzi che coloro che hanno fatto bene il Cammino hanno sicuramente scontato già il Purgatorio in terra).

Questo produce un duplice effetto dannoso a carico del neocatecumeno.
Quello di farlo vivere nutrendo false illusioni e quello di privare le persone defunte del necessario suffragio a cui tanto anelano nell'altro mondo per la loro totale purificazione, dal momento che vengono invocate appena morte per impetrare grazie, nella certezza assoluta che sono già sante per sempre.


Invito del padre Mario Pezzi (Kiko preferisce, in grande umiltà, restare in silenzio) 
- 17 luglio, ore 01:51

Invitiamo quanti lo desiderano ad unirsi in preghiera nel triduo che da oggi ci accompagna fino al 19 luglio giorno della nascita al cielo di Carmen Hernandez iniziatrice del Cammino Neocatecumenale insieme a Kiko Arguello.
Presbitero dell’Équipe Responsabile Internazionale del Cammino Neocatecumenale Padre Mario Pezzi.




         Li ha adulati sempre, il sornione padre Mario.
         Per questo dopo 50 anni è ancora al suo posto.
       (Non si nota, ma Kiko ha un telecomando)
           La Carmen mai che in mano tenesse un Rosario!

Chiediamo grazie speciali.
L'orazione di questi tre giorni ci ottenga una sua particolare vicinanza per quello che con rettitudine di cuore desidera il nostro spirito in comunione e per il bene di tutta la chiesa . 


In uno dei commenti si esplicita meglio:

Care sorelle,
in questo triduo mediteremo alcuni passi dei diari di Carmen pubblicati nel libro che li raccoglie e la invocheremo al termine della recita del Santo Rosario e della liturgia delle ore quotidiana.








 Ordunque, la dottrina di Kiko e Carmen è chiara: a nessun processo essi saranno sottoposti.

L'iter per essere dichiarati santi nella Chiesa consiste proprio in un processo, il cd. Processo di Canonizzazione o Causa dei santi. Inoltre mentre essi stessi, affiancati dai loro sostenitori, perorano la Causa, a sostenere l'accusa è da sempre il  famoso "Avvocato del Diavolo" dal quale lor signori non avranno proprio nulla da temere, essendo parenti stretti per avere in comune lo stesso padre.
Insomma, loro se la cantano e loro se la suonano, anche in questa circostanza!


Vogliamo un altro recentissimo esempio?

E' notizia di questi giorni la morte inaspettata di padre Enio Fasolo di 72 anni, Francescano Conventuale, la sera del 13 luglio scorso.

Ne danno così notizia:

"Sorella Morte è venuta improvvisamente a lui lasciandoci addolorati e sgomenti ma con la certezza che la Madre Celeste e Carmen l'abbiano preso per mano presentandolo al cospetto del Padre Misericordioso accogliendolo nella gloria dei santi."

Carmen alla stregua della Santa Vergine!

Eh sì! Tanta enfasi ha meritato questo presbitero perchè, prima che francescano, è sempre stato un fedele a Kiko e al Cammino, con un ruolo nelle equipe di evangelizzazione.
In lui si concretizza appunto quanto sopra abbiamo descritto.

Inoltre, di questo sacerdote il nostro Blog già si è interessato due anni fa con  il post pubblicato il 4 giugno 2018 dal titolo "Catechisti neocatecumenali all'opera".


 Egli è il prete di cui si parla nel commento messo in evidenza e che inizia così:

Da un'esperienza proveniente dal gruppo Facebook "Testimonianze di ex neocatecumenali":

"E basta!
Due coppie di catechisti locali del cammino, assieme al prete partecipante del contesto settario in oggetto, in maniera assai furbesca hanno provveduto ad inserire in un conto bancario apposito gran parte delle decime e delle fruttuose elargizioni neocatecumenali. Ad un certo punto, uno spiffero di venticello sapiente (o forse invidioso, chissà) fece viaggiare la grave faccenda, finché non vennero aspramente ripresi e rimossi dal ruolo di privilegio. A distanza di qualche anno dalla curiosa faccenda, una delle due coppie di catechisti si ritrova nuovamente al potere, per mia sorpresa, già da molto tempo. Di certo, nell'ambiente, le amicizie fanno da garanzia. Manca ancora poco, stanno per viaggiare verso la ricca Domus, mettendo piede in Terra Santa con l'unico scopo di esaltare il proprio ego svolgendo l'«ultima» e fatidica tappa: l'Elezione!"

D'accordo, siamo tutti peccatori! Tutti speriamo nella Misericordia di Dio. Ma dare per scontata la propria salvezza eterna è un'altra cosa. Così come il ritenere una sorta di lasciapassare per il Paradiso la reiterata esperienza, maturata nei lunghi anni di cammino, di essere il peggior peccatore di tutti! Esperienza maturata sulla scorta del "cieco nato" di Gv.9, così come interpretato da Kiko.