giovedì 31 dicembre 2020

L' invasione aliena neocatecumenale

Pare proprio che i sangiorgesi non apprezzino l' ufo neocatecumenale atterrato sulle verdeggianti colline della loro terra. 

D'altronde come dargli torto, si tratta di un pugno in un occhio discostato dal contesto sociale e comunitario. Uno sfregio alla bellezza paradisiaca caratterizzante Porto San Giorgio, che oggi subisce come simbolo imposto un disco volante dalle fattezze kikiane. Un mostro insomma. 

Le esilaranti schermate offerte di seguito sono state reperite nel gruppo dedicato alla splendida città di Porto San Giorgio, dove un cittadino ha deciso di pubblicare una foto ritraente l' ufo in questione inserendola incautamente tra le pubblicazioni di altri utenti concernenti scenari di bellezza encomiabile. Un gesto sconsiderato che ha ottenuto delle reazioni degne di nota. 


"E arrivata la comunità..."
dice qualcuno con tono canzonatorio e dileggiante. 

"Vergogna" affermano molti altri, contrariati e indispettiti per l' invasione aliena che lacera il paesaggio. 

Il popolo sangiorgese non digerisce il cammino, la sua invadenza e le sue rappresentazioni inquinanti, di conseguenza è facile desumere che non tolleri neanche il riconoscimento concesso all' Argüello, che nel gennaio 2019 è stato omaggiato della nomina di cittadino onorario di Porto San Giorgio. Una realtà che contrasta con i pensieri degli abitanti del luogo, che consci della bellezza autonoma di Porto San Giorgio, che attrae a prescindere dalla presenza degli alieni simboli kikiani, preferirebbero che la struttura venisse smantellata e rimandata al mittente.

Di seguito, come promesso, una piccola rassegna dei commenti all'UFO kikiano dalla pagina Facebook "Porto San Giorgio  social". 



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martedì 29 dicembre 2020

La "Summa Teologica" di Kiko Arguello. Destinata a chi ha intrapreso il Cammino Neocatecumenale perseverando in esso.

Esasperata auto-referenzialità
Siamo ormai a fine anno, e, nel corso di questo 2020, al termine di un lungo periodo di assenza dalle scene, abbiamo avuto l'opportunità di vedere Kiko Argüello tornare alla ribalta con due discutibili 'catechesi' fatte in occasione dell'Inizio Corso e dell'Annuncio di Avvento.

Si tratta di due testi poco chiari.

Il primo dei due probabilmente non è stato neppure mai pronunciato, da un Kiko così infuriato e depresso da "non avere più parole" da dire ai suoi;
il secondo invece è stato addirittura pubblicato sul sito del Cammino, tanto sembrava "ispirato": si tratta invece, ai nostri occhi, di un discorso stolidamente ripetitivo apparentemente innocuo ma non esente dai soliti richiami  all'elitarismo e al separazionismo, e persino, a tratti, minaccioso e ricattatorio.

Probabilmente, comunque, in ambedue i casi i due soliloqui sono segnati dall'esposizione 'a braccio' di un Kiko ormai poco lucido, preda dei propri stati emotivi e in evidente stato confusionale.

Per capire con più  chiarezza quale sia il messaggio fondante del Cammino, dobbiamo risalire perciò ad una cosiddetta catechesi che, in tempi di lockdown, l'iniziatore del Cammino Neocatecumenale non ha potuto pronunciare dal vivo (e quindi rimasta nella propria redazione originale) che è  contenuta nella lettera inviata alle Comunità  in occasione della Pentecoste.

La lettera a cui facciamo riferimento viene introdotta da un messaggio a firma della triade responsabile internazionale ma non scritta da Kiko. Chi sa, forse dal padre Mario Pezzi.

Già l'introduzione è sconcertante: 

"Il Signore ha preparato per noi delle feste e in queste feste. preparate per noi, si è impegnato, ci ha promesso un'assistenza particolare....". 

Puntano subito i riflettori solo su loro stessi e le prassi liturgiche proprie e diverse da quelle della Chiesa. Essi sono una cosa a parte e come d'incanto tutto il resto scompare.

"Molti fratelli ci hanno chiesto una parola di Kiko in occasione della prossima Veglia di Pentecoste"
 
Andrebbe, di seguito, letta tutta d'un fiato la Lettera di Pentecoste 2020 indirizzata da Kiko a tutti i fratelli del Cammino neocatecumenale.  

Dopo un lungo silenzio, l'iniziatore del Cammino aveva ceduto alle pressanti richieste: 
Kiko, dacci una parola!

Sono appena tre paginette.  La necessità di fissare un testo scritto sembra aver liberato Kiko dalla sua logorrea.  Nel fiume di parole finisce per diluire la sua dottrina.  Queste tre paginette, invece, hanno il pregio di offrire un concentrato, una summa dei suoi insegnamenti, una sorta di Testamento Spirituale.
Kiko tratteggia il nucleo centrale di tutto il suo insegnamento.  Balza all'occhio immediato il frutto e l'obiettivo finale della sua predicazione.

Troviamo conferma del fatto che Kiko e Carmen sono riusciti a dare vita ad un mondo a parte. Nulla in esso vi è di Ecclesiale né di Cattolico, neanche di Cristiano e ancor meno di umano.
Il Neocatecumenato delle piccole comunità, incistate e allocate nelle Parrocchie, che doveva essere "una" modalità dell'Iniziazione Cristiana  al "servizio" dei Vescovi è stato strutturato in una rigida organizzazione laica piramidale, fondata sulla cieca obbedienza al carisma. 
Un mondo a parte, dicevamo.

Chi ne entra a far parte deve aver ricevuto e accettato l'indottrinamento iniziale.  La prima convivenza si chiama, infatti, dell'Amen. "Chi non fa il cammino non può capire"!
Da qui l'arcano. La consegna è precisa: non raccontare a nessuno dentro cosa accade  - "Vieni e vedi!" -  ma accompagnare le persone ad ascoltare le catechesi: un'infinita caccia a nuovi adepti camuffata da annuncio del Vangelo ai lontani.  Ma tutti sono "da convertire"; anche i vicini diventano lontani.

Un sacerdote pochi giorni fa mi raccontava che non ha voluto il Cammino nella sua Parrocchia per lo strapotere dei laici e perché mentre lo avevano fatto partecipare, dietro invito, agli incontri che dicevano loro quando, in una diversa occasione (i capi in testa portavano avanti una Redditio in una Parrocchia confinante con la sua), fu lui spontaneamente a chiedere di partecipare, gli fu risposto che non era possibile in quella circostanza (Tappa e annessi scrutini) perché "lui non faceva il cammino" e "non avrebbe capito"! Tanto è bastato a quel Parroco per tenerli lontani come la peste. Cosa facevano mai che egli non poteva "capire"? Sentì - questo mi ha detto - puzza di setta.


Interessanti alcuni passaggi del discorsetto di Kiko.

Una premessa:

Il centro dell'universo e l'ombelico del mondo nell'immaginario kikiano è il suo "potente cammino".  Non esiste altro.  Né all'interno della Chiesa, né fuori di essa.  Tutto il resto appare sfocato.  Tutto è in funzione del "progetto".
Le persone vengono ammaestrate negli interminabili anni di cammino a non vivere di niente altro, in una segregazione simile a quella di chi è tenuto in ostaggio.

Partiamo dalla conclusione della Lettera, questa:

"Vedete la situazione del mondo oggi, nel tempo della pandemia del coronavirus: come una donna in parto, grida, urla, piena di sofferenza. Ma il Signore distrugge queste tenebre con la sua apparizione, con la sua resurrezione, il Signore ha mostrato i segni del suo amore."

Plasticamente è dimostrata l'alienazione totale di Kiko Arguello, vittima designata delle sue stesse false profezie. Egli parla della situazione del mondo oggi, al tempo della pandemia, con una superficialità sconcertante. Il mondo grida di dolore, come una donna in parto ma a noi il Signore prepara delle Feste e si impegna per la nostra felicità! Punto. Riduttiva e squallida sintesi kikiana!

Kiko crea il suo solito: gli altri e noi.

Ai fratelli del cammino, infatti, si rivolge continuando:

"Coraggio! Che per voi Dio ha ancora dei segni più grandi, ancora vi mostrerà cose maggiori.  Avete visto di Pentecoste in Pentecoste Dio che sta benedicendo la vostra comunità. Non guardate la vostra debolezza, ma il progetto, il disegno che Dio ha per la salvezza di questa generazione."

Kiko si è affacciato un attimo soltanto sul mondo circostante, per rituffarsi subito nel "suo" trascinando dietro tutti quelli che lo seguono.

Kiko augura per tutti il dono dello Spirito Santo, la lingua di fuoco sulla testa che non può lasciare tranquillo nessuno di loro, pensando alla "tantissima gente" che "non conosce Gesù Cristo" "che sta nell'inferno" (espressione usuale di Kiko per definire tutti quelli che sono fuori del cammino e che bisogna salvare).


Egli stesso si ritrae
aggrovigliato nei suoi grovigli.

  "Noi abbiamo questo dono immenso di aver incontrato il Signore."

Solita spinta poderosa che imprime ai suoi adepti, per orientarli dritto dritto alla sola cosa che gli importa avvenga nel Cammino: fare proselitismo.

Esorta: "Chiamate lo Spirito Santo! Dio ti chiama e ti invita ad amare."

Questa la sintesi di Kiko. Egli ancora una volta spiega a cosa conduce questa chiamata all'amore nel suo cammino, nella piena maturità ... di Kiko! Non certamente di Cristo! (cfr.  San Paolo Ef.  4,13)

"Noi siamo tutti dei privilegiati, perché Dio ha mostrato in noi quest’opera, che non è nostra, perché la comunione la costruisce Gesù Cristo, costantemente, grazie allo Spirito Santo, per cui ci dà questa lingua unica che è la comunione dei santi, che è meravigliosa e che ci permette di perdonarci."

Kiko definisce i Neocatecumeni dei "privilegiati" per mezzo dei quali Dio ha mostrato la sua opera. Opera di Dio sarebbe - a suo avviso - quella che egli definisce la "lingua unica" e che identifica con la "comunione dei santi" sempre intesa a modo suo e incardinata sul pessimo perdono neocatecumenale del quale abbiamo trattato infinite volte e che ha strutturato all'interno delle comunità il trionfo dell'ingiustizia e l'impero incontrastato degli iniqui impenitenti.

Basta mettere a confronto le parole dette a vanvera da Kiko con gli Atti degli Apostoli in cui si narra la Pentecoste. I discepoli "cominciarono a parlare in altre lingue" e ciascuno li sentiva parlare nella sua lingua nativa. (cfr. Atti 2, 3s.. 7s.)

Dove mai ha letto Kiko questo dell'"unica lingua"? Maestro di mistificazioni!
Egli ha fatto sempre questo.

Quando i discepoli uscirono dal Cenacolo a Pentecoste non avevano guadagnato la "lingua unica". Essi parlavano la lingua degli altri e tutti li comprendevano perfettamente. Erano diventati universalmente comprensibili.

Kiko, al contrario, ha ridotto tutti i linguaggi umani ad un' "unica lingua": la sua. 
Lingua comprensibile solo ai catechizzati all'interno del contesto settario, poiché ad essa bisogna essere "iniziati" gradualmente, attraverso "arcani" tanto impenetrabili che se introdotti all'improvviso potrebbero devastare gli sprovveduti.
Persino un prete che ha fatto tutta la Teologia se scaraventato di botto nel contesto esclusivo del cammino, assistendo imprudentemente a tappe avanzate di questa straordinaria iniziazione, ne resterebbe scandalizzato!

La unica lingua di cui Kiko parla non è utile ad unire, ma a separare e dividere. A fare distinguo. Essa non proviene dallo Spirito Santo!  
 
Lingua unica - Comunione dei santi: molto discende da questo nell'immaginifica kikolandia. Menzogne con menzogne impastate.
Così la  Comunione dei santi nel cammino si riduce ad un regime incontrastato di connivenza e omertà. Comunione forzata o forzosa, basata sulla violenza, sulla convocazione nelle salette, sugli scrutini condotti da laici ignoranti e studiati apposta per sottomettere il popolino allo scettro di ferro di chi è posto al comando delle comunità che conduce e al governo del cammino secondo i vari gradi del potere piramidale e laico. Tra loro, lo dice l'esperienza, tanti sfruttatori, aguzzini spietati che hanno giurato obbedienza incondizionata a Kiko e Carmen e sono da sempre saldamente "legati" a loro. Questa è l'unica condizione richiesta, oltre alla fedeltà provata, per essere inviati nel loro stesso nome a percorrere tutta la terra per fare seguaci (chiarisco che l'espressione "dovete essere legati a noi" la adoperava Carmen in forma esplicita nelle adunanze di itineranti, per inculcare bene come funziona il Cammino).

Con chi faranno mai comunione costoro se non tra loro soltanto? Contro la Chiesa e contro il mondo intero?  Cos'ha a che vedere con tutto questo la "comunione dei santi"?
Quando tutto somiglia molto più ad un'associazione di persone sì, ma "associazione a delinquere".

Blaterano di "arcani" per giustificare e tenere al sicuro i loro inconfessabili segreti.

Un solo vero arcano regna nel C.N.: l'arcano del che non si parla, non si può parlareNessuno sa niente delle magagne degli altri "fratelli della comunità".  E se qualcuno sa qualcosa tace, altrimenti son dolori.  Serpeggia giudizio e malcontento, scandali sedati e scalpitanti sotto la cenere bollente, pronti a prendere fuoco in qualsiasi momento ma tenuti sepolti da un regime dispotico e spietato che sa farsi temere e rispettare.

Ma di che comunità magnifiche parla mai Kiko?  Di quale splendida, invidiabile, inossidabile comunione perfetta?
Tra i neocatecumeni è tutto un disastro.  Macerie su macerie.  Parlo a ragion veduta delle numerose comunità  che conosco e che hanno finito il cammino e si dibattono tra un Viaggio in Israele e un Matrimonio Spirituale e una Cena dell'Alleanza, un rinnovamento delle promesse battesimali e un rinnovamento del rinnovamento del rinnovamento....
Una saga infinita peggio della peggiore stiracchiata Telenovela a cui mai si scrive la parola fine.

Non li coglie vergogna perché non la conoscono.
L'amore sviscerato al denaro e ai suoi stretti parenti lì ha completamente accecati, sommersi da un fango che oramai si è indurito come cemento sui loro occhi ottenebrati, indurito come il loro cuore, più della pietra.

E' vergognoso e incommentabile l'abuso che Kiko fa della Parola di Dio!  Essa è asservita ai suoi fini.  Quali sono i suoi fini? Tenere i fratelli in ostaggio, docili e rassegnati ad ogni angheria, sopruso o violenza.  Si parla di Croce, di amore ai nemici, di non resistere al male.  Ma la Croce sulle spalle dei fratelli sono loro stessi a caricarla, sono loro i nemici da cui i poveri fratelli martiri dovrebbero difendersi e gli autori del male che li affligge.


Intanto Kiko continua a sorprenderci:
"... ma il Figlio offre quella sofferenza per gli stessi assassini che lo stanno uccidendo, di modo che dal rifiuto, dal peccato, Dio trae la salvezza:  il rifiuto Dio lo trasforma in nostra salvezza."
Ma vi pare possibile che sia questo il modo di parlare di un Apostolo?
 
Nessun accenno neanche piccolo alla contrizione e al pentimento necessari e indispensabili per accedere alla salvezza!




Al cpv. successivo Kiko, per completare l'opera, trasforma tutto quanto in una legge:
"... tutti i giorni ci troviamo con eventi, con fatti piccoli o grandi nei quali dobbiamo offrire la nostra gola come pecore al macello."

Egli elenca una serie di cose ingiuste e, via: "dobbiamo offrire la nostra gola come pecore al macello" dobbiamo e dobbiamo... ut semper.
"Offrire la tua gola come Isacco" "E' l'obbedienza." Ma... "abbiamo tutti bisogno dello Spirito Santo" non è con i nostri sforzi e i nostri pugni.

 
E ora arriva al punto, al top del top. Dopo c'è solo la fine:
"È un mistero meraviglioso anche quello che si compie in noi, perché il Cammino Neocatecumenale che cos’è? Lo Spirito Santo ci sta donando la comunione, tenendoci insieme da tanti anni, tutti con lo stesso linguaggio, la stessa comunione. ... siete uno spettacolo... è una cosa bellissima, impressiona moltissimo vedere una comunità unita..."
Che grande menzogna!

Kiko mente sapendo di mentire. Egli conosce bene tutti i disastri e i fallimenti delle comunità, specie di quelle più vecchie di cammino e mente spudoratamente.


 
E spara l'ultima palla megagalattica, più grossa delle altre fin qui sparate, per offuscare la vista:
"I Papi hanno detto che il Cammino Neocatecumenale viene dal cielo per la salvezza della Chiesa: hanno questo carisma di discernimento."

Che volete di più?

domenica 27 dicembre 2020

Il clone neocatecumenale è un burattino ideale

Tanti esseri umani cercano di somigliare al proprio idolo, che sia religioso, musicale, politico, criminale e via dicendo. 

Peccato che questi esseri umani insicuri scadano nella ridicolaggine. Restando in tema di gente insicura e ridicola, presso l'holding religiosa "Cammino Neocatecumenale" si assiste al decennale fenomeno imitativo dei due iniziatori: Kiko Arguello e Carmen Hernandez, i quali a loro volta hanno copiato e taroccato la loro "arte", saccheggiando da altre fonti preesistenti: icone, composizioni musicali, arredi religiosi, testi sacri, catechesi.

Discorso a parte per i loro libri autobiografici: scritti da ghost writers prezzolati, utili ad accendere il barbecue.

Paccottiglia da vendere come gadgets di "fede adulterata", ma vuoi mettere la soddisfazione di avere un'icona farlocca di Kiko in casa oppure uno scopino da wc con logo neocat?

Gli imitatori dei carismatici sclerotici Kiko e Carmen sono trasversali: giovani, anziani, catechisti, super catechisti, presbiteri, tutti più o meno inconsapevoli; tutti addestrati.

I cloni neocatecumenali vanno suddivisi in due sezioni: maschile e femminile. Dalla culla alla tomba, il "Buon Dio Kiko" provvederà a loro, spese psichiatriche escluse.

 


Il clone maschio neocatecumenale

Il clone maschile - figlio di famiglia in Cammino - inizia la carriera di cavia da laboratorio di Kiko fin dalla prima giovinezza, assieme alle sue sorelle comunitarie clonate, unico modello erotico per lui, dopo la pornografia online. 

Addestrato negli anni alla diffidenza verso chi non sia in Cammino, il clone ebefrenico si caratterizza per la mancanza di spina dorsale, che lo fa assomigliare ad una ameba, che imita Kiko nel linguaggio e alla chitarra, imparando le hits cimiteriali del guru, magari cantandole per attirare l'attenzione del clone femminile, che - eccitata dai canti d'amore e morte del Cammino - sceglierá il clone da sposare il prima possibile, per non offendere il catechista.

Passano gli anni, di passaggio in passaggio, il clone maschio ebefrenico ingrassa, compiaciuto dall'adipe mistica, che lo fa sentire vicino al panciuto Kiko, magari facendosi crescere la barba come lui, in perfetto stile "profeta postconciliare", che ha un illustre esempio in Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose.

La barba carismatica da profeta saggio è la maschera necessaria per fondare una comunità.

Dopo aver procreato il quinto figlio/clone, il burattino di Kiko, deve flirtare con "sorella calvizie", sua fedele amante per il resto della vita, al contrario di sua moglie.

Il sogno della sua vita? Indirizzare uno dei figli verso la vita consacrata a Kiko, presso una delle speculazioni edilizie (seminario) in franchising "Redemptoris Mater", in modo da acquisire punteggio in comunità. 

 


Invece, il maschio che entra in comunità in età della ragione, la perderà del tutto, felice di diventare un clone acquisito, magari dopo essere stato adescato sessualmente da una reclutatrice clonata e scaraventato in comunità.

Tra una pausa su You Porn ed una lode alla gang di Kiko, il clone maschio frequenta con profitto gruppi facebook di zerbinaggio neocatecumenale, nel caso in cui il suo viscidume dovesse sfociare in mitomanía, fonderà lui stesso un'eccitante gruppo facebook a tema "Cammino Neocatecumale".

 


Il clone femmina neocatecumenale 

Il clone femmina - figlia di famiglia camminante - è immacolata dalla nascita fino alla pensione, ma se dovesse entrare nel Cammino su consiglio o per diletto, diverrebbe immacolata subito dopo aver versato la prima decima in euro, come da contratto. 

È imitatrice seriale di Santa Carmen Hernandez, acconciatura compresa. Col tempo, il clone femmina assumerà il carattere psicolabile-ebefrenico della sua santona spagnola, trasformandosi in un donnino mica male, con spiccate doti di attricetta sorridente, viscida quanto basta per scalare posizioni in comunità. 

I suoi hobbies sono le Giornate Mondiali della Gioventù con annesse alzate vocazionali selvagge, nel tentativo di diventare suora di clausura. Il carattere ebefrenico sviluppatosi in comunità, le permette qualche bonus: non potendo riprodursi con l'amato Kiko o catechista, prende un clone a caso in comunità, creando una famiglia artificiale, che sarà gestita con doti da nazi-kapò, per compensare la mancanza cronica di spina dorsale del clone-marito. 

Per questioni di marketing religioso, il clone femmina è addestrata a sposarsi presto, riprodursi presto, suonare presto la chitarra, essere finta come una moneta da 3 euro e competere col resto delle sorelline comunitarie su chi abbia sfornato più cloni, in modo d'essere ammirata per 10 minuti dal suo catechista-sosia di Kiko in terra. 

 

Ascension Romero: il clone di Carmen?

Il clone-femmina imita le seguenti doti di Santa Carmen Hernandez: mistica-isterica, teologa da accattonaggio, astrologa, indovina e strega. 

Per consulti a pagamento, chiamate la comunità della vostra città.

 

(da: Tommaso Francavilla giornalista)

venerdì 25 dicembre 2020

"Il Maestro dell'umiltà discese dal cielo per insegnarci la via"



"Ma il Maestro dell'umiltà,
che si rese partecipe della nostra debolezza
donandoci insieme la partecipazione della sua divinità,
discese dal cielo
per insegnarci la via e per essere lui stesso la via;
e, fra tutte le altre cose, 
si degnò inculcarci per prima la sua umiltà."
(Dal commento sul salmo 58, disc. 1 di s. Agostino Vescovo)


da Rebel:

Correttivo della superbia è l'umiltà, su tale cura e buona predisposizione d'animo, sant' Agostino fonda la sua riflessione.
Kiko è infatuato di sé stesso, ciò è talmente palese da non poter sfuggire ad alcuno. Egli non vuole intendere ragione, non tollera alcuna contraddizione e, a stento, è riuscito a sopportare l' estenuante Carmen, la quale gli dichiarava guerra per rabbia repressa e non certo per amore volto alla correzione. 
Ad entrambi è sempre piaciuta la compagnia degli adulatori, così che potessero crogiolarsi in quella soddisfazione pessima che deteriora l' anima, il corpo e la psiche. 
Una situazione senza via di mezzo che ammala tutto l' insieme! 

Star con loro - parlo degli innocenti ritrovatisi loro malgrado nel contesto - non infonde alcuna pace, piuttosto esaspera e conduce ad essere perennemente rivolti a Dio; non certo per loro santa influenza, ma per richiesta perpetua di liberazione dalla loro squallida presenza. 
Imparate da me...
Due personaggi che si sono opposti ad ogni benevola trasformazione interiore perché assetati di potere e guadagno; soddisfazione personale che nulla vale in realtà, ma che per loro rappresenta la vita!
L'ossigeno - avvelenato - che permette loro di avanzare nella gloria infida del mondo! 
Quanto potranno durare respirando aria intossicata? Forse son già morti ancor prima di perire nel corpo.
Ricordiamoci che non c'è vera santità senza la pratica dell'umiltà.  
L’umiltà si fonda su due basi: la verità e la giustizia. Attraverso la verità ci conosciamo così come siamo; a Santa Teresa d’Avila piaceva ripetere: “L’umiltà è camminare nella verità”
E la giustizia ci inclina ad agire secondo questa conoscenza. 
Entrambe queste basi risultano essenziali, ed entrambe sono state volutamente bandite dalla vita dei due iniziatori.
Due meschini privi di umiltà e, di conseguenza, mancanti di santità, che erano soliti dichiarare una frase principe e standard che racchiude tutta la loro disumanità e superbia

"Tu non vali niente!".  (Rebel)
 
 

Disumanità e superbia alla base di tutto: essenza marcia dei due protagonisti e ideatori della saga neocatecumenale. Certo non hanno imparato da Gesù secondo la Sua esortazione: Imparate da me... . All'opposto, mentre da un lato hanno nutrito per tutta la vita la loro superbia e presunzione grande, dall'altro hanno piegato nell'umiliazione il prossimo che ha avuto la sventura di conoscerli, senza eccezione alcuna. Scuola di "umiltà" per gli altri, mai per se stessi!

"Tu non vali niente!"

È proprio vero che quella frase di disprezzo profondo era molto spesso sulle labbra di Kiko e di Carmen, anche in quest'altra formula molto usuale e più esplicativa:
"Chiediti chi sei oggi tu senza il Cammino?".
Frase ambigua e subdola al tempo stesso, un messaggio molto chiaro e un avvertimento.
Erano soliti, di preferenza Kiko il conduttore designato in quanto capo-responsabile di tutto, rivolgersi con questa precisa espressione in particolare a chi, nei giri di esperienza, piantava qualche grana o mostrava stanchezza e velleità di cambiamento.
Kiko, con quella sua arietta furbetta e ammiccante, invece di aiutare nel merito il soggetto in questione, si rivolgeva a lui pronunciando in maniera risolutiva la famosa frase:
"Chi sei tu senza il cammino".
Sottintendendo ancor peggio: 
"Chi sei tu senza di me!".
E ti insinuava il dubbio dei dubbi.

E certo! Dopo che, anno dietro anno, sei stato ridotto a niente, sempre a correre dietro a loro lasciandoti alle spalle tutto il resto e tagliando anche i ponti dietro di te...

In fondo Kiko, fuor di metafora, vuole dirti:  
"Ma dove credi di andare? Se vai via di qui non arrivi lontano... Tu senza il cammino non sei nessuno!"


ha diretto la nostra vita con la bacchetta!    

 

Minacce lanciate nel subconscio, ma a volte anche a parole, sparate in faccia senza tante cerimonie.
Perché questo era il messaggio che Kiko e Carmen volevano trasmettere. Questa l'unica risposta che davano, indolore solo per loro, ad ogni minimo problema potesse insorgere o a qualunque grana uno volesse piantare.
 
Avendoti condotto ad abbandonare tutto, negandoti così l'autonomia economica e privandoti del domani, il Cammino finisce per tenerti totalmente in pugno e si trasforma in un mostro, armato contro di te. I primi anni ti mostra la bella faccia, perché tu possa fidarti, abbandonarti senza riserve nelle sue braccia. 
Poi, pian piano, di anno in anno si fanno sempre più frequenti le minacce, gli avvertimenti, i "guai" apocalittici. E la tua vita si trasforma in un incubo.

 
È necessaria una buona dose di carattere, molta determinazione, propensione al sacrificio perché, per chi lascia il cammino, risalire la china non è facile e ricominciare daccapo, quando non si hanno più trent'anni, un'autentica impresa!
 
È necessario, sopra ogni altra cosa, l'aiuto dal Cielo e una Fede salda nell'aggrapparsi a Dio e affidarsi alla Madonna. 
 
Poiché sul fatto che sia cosa buona e giusta fuggire via senza mai voltarsi indietro non nutri più neanche il minimo dubbio.


mercoledì 23 dicembre 2020

Ipocrisia neocatecumenale: "Se il parroco non ci corregge, siamo approvati. Se ci corregge, cambiamo parrocchia"

Tempo fa ho avuto un interessante scambio di idee con alcuni miei ex fratelli neocatecumenali.

Io, Statuto alla mano, gli contestavo alcune cose riguardo la loro liturgia Eucaristica del sabato sera.

Loro mi rispondevano che quello che facevano il sabato sera lo facevano da tanti anni e nessuno, sacerdoti compresi, gli aveva mai contestato nulla di quello che gli contestavo io.

 

Regole contro consuetudine.

 


La consuetudine vinceva a mani basse anche perché, se la Chiesa, rappresentata dal sacerdote, (odio il termine neocatecumenale di presbitero), non aveva niente da obbiettare, questo voleva dire che molto probabilmente io non avevo "interpretato" bene il senso dello statuto, oppure che c'era qualche altro documento, che io non avevo, che gli permetteva di superare quello che facevano non espressamente contenuto nello Statuto.

 

Mi hanno detto testualmente: "Se il presbitero non ci corregge, significa che la Chiesa è d'accordo". Io ho dovuto prendere atto della loro eccezione, eccezione, mio malgrado, più che valida.

 

Ho provato a spiegare che i sacerdoti che vanno a fare l'Eucarestia con loro vengono quasi tutti da seminari R.M. cioè seminari neocatecumenali, ma loro hanno detto, giustamente, che questi presbiteri sono stati ordinati da Vescovi della Chiesa, quindi, sono a tutti gli effetti presbiteri diocesani della Chiesa.

Sono stato zitto, mio malgrado, perché davanti ad un sacerdote della Chiesa che non contesta nulla non avevo altri argomenti migliori da presentare.

 

Ho provato a contestare la decima e l'obbedienza ai catechisti laici neocatecumenali, che non sono presenti nello statuto, ma ormai la loro eccezione era diventata una corazza e forti di questa corazza hanno respinto al mittente ogni altra cosa scomoda che io affermavo, statuto alla mano, perché anche la decima e l'obbedienza, ai loro catechisti laici neocatecumenali, non è stata mai contestata dai sacerdoti, che nel tempo, hanno seguito la loro comunità. 

 

Gli Statuti del Cammino: usati solo come specchietto per le allodole e mai rispettati

Dopo qualche mese ci siamo rivisti con le stesse persone e dopo alcuni discorsi vari, siamo rientrati, per loro scelta, sul discorso cammino neocatecumenale.

Mi hanno raccontato di essere stati allontanati dalla loro parrocchia. 

In pratica, cosa era successo? Secondo loro, essendo cambiato il parroco e tutti i sacerdoti parrocchiani, il nuovo parroco, dopo un certo tempo, ha deciso di non volere più il CN nella propria parrocchia.

Loro sono rimasti molto male e si lamentavano con me di avere subito una ingiustizia, di essere stati scacciati dalla loro parrocchia senza aver fatto nulla di male.

 

Ma le cose non stavano esattamente così!

Mi sono fatto raccontare un po' di fatti successi prima dell'allontanamento ed è venuto fuori piano piano che parroco e sacerdoti avevano provato a correggere diverse pratiche neocatecumenali specialmente riguardo alla liturgia Eucaristica.


Hanno tagliato le risonanze, hanno ridotto le monizioni, hanno tolto il momento del didascalo che fa le domande ai bambini dopo il Vangelo, hanno usato altre preghiere liturgiche diverse dalle solita seconda, hanno tolto il pane azzimo, sostituendolo con l'ostia, hanno tolto la distribuzione dei segni Eucaristici (pane e vino) al responsabile di comunità se non è un Ministro Straordinario della Eucarestia, hanno fatto la Comunione prima il sacerdote e poi il popolo ed infine hanno obbligato le persone che si comunicano a consumare subito l'ostia ricevuta dal sacerdote.

 

In pratica hanno seguito il Messale Romano e le uniche cose diverse che prevede lo Statuto neocatecumenale, cioè il segno di pace prima dell'offertorio e il segno del pane consegnato, in piedi ed al loro posto, a tutti i partecipanti.

 

La Messa trasformata in messinscena

Ho fatto notare che quello che hanno fatto quei sacerdoti nella loro parrocchia è in linea con quello che prevede la Chiesa ed il loro Statuto e gli ho chiesto se loro si erano adeguati a queste direttive parrocchiali.

È venuto fuori che queste direttive non sono state accettate da tutti, specialmente dalle comunità più anziane di CN.

Tra le righe hanno ammesso che ci sono stati dissidi e critiche che hanno indotto una ridotta partecipazione dei sacerdoti parrocchiali ai molteplici eventi più o meno liturgici dei neocatecumenali.

Ci sono stati problemi anche con il post-cresima neocatecumenale e ci sono stati degli incontri non molto tranquilli tra il parroco e i responsabili del CN e del post-cresima neocatecumenale.

 

Poi è venuto fuori il nocciolo del discorso, cioè che nella nuova parrocchia (neocatecumenale) che li ospita, hanno ripreso le loro vecchie abitudini.

 

Quindi, secondo loro, non erano sbagliate le loro pratiche ma erano stati perseguitati, ingiustamente da un cattivo parroco. 

Anche perché il Vescovo, poco dopo il trasferimento di parrocchia, è andato a fare una Messa con loro per rassicurarli sulla possibilità di continuare tranquillamente il loro "cammino di fede".

 

Come conseguenza di questi fatti, loro erano più che convinti che mai di avere ragione e di essere stati perseguitati ingiustamente.

 

In pratica, cosa era successo? Era successo che, di fronte alle correzioni del parroco e dei sacerdoti in linea con Messale Romano e Statuto del Cammino neocatecumenale, i fratelli delle comunità  avevano cominciato ad avere dei dubbi, avevano iniziato a farsi qualche domanda sulla bontà del loro percorso di fede; alcuni di loro si erano avvicinati alla parrocchia ed al nuovo parroco ed alcuni di loro sono usciti dal Cammino neocatecumenale. Allora i loro catechisti laici neocatecumenali, sentendosi minacciati da questo nuovo corso, hanno giocato la carta dell'intransigenza, mettendo paletti al parroco e costringendolo a prendere la decisione di allontanare il CN.

In conclusione: i catechisti neocatecumenali hanno capito di non poter fare più come gli pare in quella parrocchia ed hanno costretto il parroco a fare la parte del "cattivo" per compattare il gruppo del CN e scongiurare altri abbandoni.

 

I catechisti hanno fatto la parte delle vittime innocenti perseguitate ingiustamente. Ed hanno avuto gioco facile quando un altro parroco (neocatecumenale), che li ha accolti nella sua parrocchia, ha riammesso tutte le storture delle loro liturgie Eucaristiche neocatecumenali. 

 

Il Cammino modifica anche le Tavole della Legge (ma non le sacre leggi kikiane)

Ora, a conti fatti, ditemi voi, fratelli del Cammino, chi ha ragione? Chi rappresenta veramente la Chiesa?

Un parroco che si attiene al Messale Romano o un altro parroco che chiude un occhio e magari anche due perché viene da un seminario neocatecumenale ed è "tifoso" di quel movimento laico?

E voi, come potete dire di essere approvati dalla Chiesa se, quando un suo ministro cerca di farvi rispettare i vostri stessi Statuti, gli fate guerra per andarvi a rifugiare laddove si chiude un occhio ed anche due sulla disciplina della Chiesa e sul rispetto delle sue norme e del vostro stesso sbandierato 'carisma' ?

 

(da: LUCA)

lunedì 21 dicembre 2020

Compendio della dottrina di Kiko Arguello (Inizio Corso e Annuncio di Avvento 2020) e dottrina cattolica di Padre Pio da Pietrelcina, Santo. Un confronto..

 


Teniamo sempre fisso lo sguardo in quella nobile augusta e santa comitiva che segue Gesù al Golgota: non vi è un solo che non porti la professione della vera fede in fronte, l’annegazione nel cuore e sulle spalle la croce ed animiamoci a seguire questo popolo avventuroso, in cui tutte le consolazioni vi sono unite a tutti i sacrifizi, tutte le speranze a tutte le virtù. (Pietrelcina, 1 luglio 1915,Padre Pio a padre Agostino, Ep. I, p.603) (*)

 ad una figlia spiritualeNon vi sgomenti la croce…le tribolazioni, le croci sono state sempre l’eredità e la porzione delle anime elette. Gioite, vi dico, nel vedervi cotanto privilegiata contro ogni vostro demerito. Quanto più siete tribolata, tanto più dovete esultare perché l’anima nel fuoco delle tribolazioni diverrà oro fino, degno di esser posto a splendere nella reggia del cielo. (Pietrelcina, 14 luglio 1914, Padre Pio a Raffaelina Cerase, Ep. II, p. 128)

così conclude:  Purtroppo a percorrere questa strada ci vuole molta forza, ma coraggio, il Salvatore non vi farà mai venire meno il suo aiuto… Perciò affrettiamoci di unirci, di confonderci con tutte quelle anime pie e fedeli che vanno appresso al divin Maestro. Affrettiamoci, dico, di non rimanere dietro di molto a questa comitiva. (Pietrelcina, 4 agosto 1915, Padre Pio a Raffaelina Cerase, Ep. II, p. 470)
La sequela neocatecumenale porta per altre vie. Offre miraggi. 
Kiko fa promesse di felicità e benessere:
"… Tu ci proteggi dal COVID, dal male, dalle malattie, ci proteggi da tutto" 
egli arriva ad affermare stoltamente per incitare a riprendere il cammino. Eppure ci sono state morti per COVID a causa di una ingiustificabile sconsideratezza e irresponsabilità. Ma Kiko da sempre cammina sui morti... purchè sia salvo il BUON NOME DEL CAMMINO.

Negli ultimi incontri neocatecumenali sta prendendo forma sempre più un'immagine falsa di dio, un dio che accontenta i fratelli del cammino in tutto, che si appaga nel vederli felici. Kiko, stretto nel suo angusto orizzonte, dell'insegnamento cattolico non trasmette ai suoi niente di niente. Che sia Inizio Corso o Annuncio di Avvento, di Quaresima o di Pasqua, la sua predicazione kerigmatica è sempre la stessa. Non sono previsti "esercizi spirituali" per i neocatecumenali. Diventati “cristiani adulti” e terminato l’itinerario di fede ormai da decenni, continuano a sentir parlare solo della LORO piccola comunità nella quale NON devono giudicare nessuno, di catechisti a cui DEVONO obbedire per tutta la vita, ringraziando Dio tutti i giorni di averglieli donati PER SEMPRE. 
 
 
Kiko, ormai al capolinea, ha a cuore una cosa sola: che i suoi adepti comprendano bene la loro “missione” tutta comunitaria e kikocentrica e l'adempiano.
Ben povera cosa davvero! E per arrivare a tanto ci son voluti 50 anni! (la giustificazione di Kiko: “Noi facciamo le cose sul serio, facciamo i cristiani adulti!"). Kiko assolutizza il suo pensiero distorto e carente della struttura portante della Fede fondata su una Tradizione bimillenaria, che lui insieme a Carmen ha inteso cancellare nel cammino. 
 
Egli, fino ad oggi, ha trasmesso non mezze verità ma complete menzogne e conclamate eresie. E, per dirla tutta, ha rasentato sovente la blasfemia.
 
Proponiamo qui un estratto dalla predicazione recente di Kiko per evidenziare a cosa sia ridotta la vita cristiana secondo la puerile e strampalata dottrina kikiano/carmeniana e per porla a confronto con la dottrina che emerge dalle esortazioni ai fedeli e ai figli spirituali di un grandissimo Santo contemporaneo: San Pio da Pietrelcina.. 
Santa umiltà di un Sacerdote.
 
A dimostrazione che la Chiesa, nei secoli, ha insegnato sempre le stesse medesime cose e che l’essenza del Cristianesimo permane identica nei secoli.

A leggere Kiko si resta annichiliti.

Ma a quale religione mai appartiene il suo insulso insegnamento?
 
 
 
 
 
Dall’Inizio Corso 2020:
 
Kiko: Cristo ci ha chiamato a vivere il cristianesimo nella Chiesa... in una maniera nuova, perché formate parte di un carisma che Dio vi ha dato, come lo ha dato a me: Lui mi ha scelto, contro ogni speranza.

Lo ha portato il Signore giorno per giorno. E formiamo una realtà che oggi vediamo è importante per la Chiesa: l’iniziazione cristiana, fare cristiani, cristiani, cristiani veri, …

 ... Dovete ringraziare il Signore che vi ha donato Kiko Argüello che è per la vostra conversione, per Carmen Hernandez, per Mario Pezzi, per la signorina Maria Ascensión Romero, per coloro che Dio ha posto come suoi collaboratori per voi, per la vostra conversione e la vostra salute spirituale.

Coraggio, fratelli, coraggio! Il Signore ci ama tanto, si compiace di noi, ci vuole un bene dell’anima, dobbiamo essergli grati per il suo amore. Preghiamo gli uni per gli altri. Siamo contenti di essere con il Signore in questa convivenza: nessuno se lo merita! Ma il Signore ci vuole bene, ci dobbiamo compiacere nell’amore che il Signore ha per noi, ringraziarlo per il suo amore. Il Signore ci ama e la prova che Lui ci ama è che ha creato il Cammino Neocatecumenale per voi ed ha suscitato Kiko Argüello, Carmen Hernandez, Mario Pezzi per un cammino di conversione nella fede, un itinerario di educazione alla fede adulta. È tutto quello che il Signore ha pensato per voi e per noi. L’unica cosa che il Signore vuole per noi è che siamo grati per il suo amore e la sua benevolenza.

Sono 50 anni che facciamo convivenze e ogni anno il Signore ci visita, ci aiuta, ci conforta, ci lecca le ferite, ci dà coraggio e ci dice: andiamo avanti!

Al colmo dell'esaltazione Kiko offre un'ultima fausta previsione futura in conclusione dell'ultimo incontro a Madrid:

A Roma ho profetizzato un anno pieno di Spirito Santo e di grazia, per la Chiesa e per voi, allora, qui lo dico anche per voi. Se sono veramente un profeta, vi profetizzo che il Signore vuole che il 2021 sia un anno di grazia, di bontà, di gloria per il Signore, per la vostra famiglia, per la vostra comunità e per il Cammino, ecco perché dovete abbandonarvi completamente all’azione dello Spirito Santo.

In sostanza Kiko promette a tutti i suoi ancora per il futuro che hanno davanti felicità, prosperità e grazia. Il Signore non aspetta altro che compiacerli in tutto, affinchè essi si compiacciano in lui. Per il popolo eletto neocatecumenale tutto è meraviglioso, tutto si volge sempre in loro favore. E il loro dio si impegna molto con loro e si rallegra nel vederli allegri e contenti di tutti i doni che egli largamente elargisce da mane a sera.

Parafrasando l'Argüello, diciamo che:

Avere la propria comunità e i propri catechisti, poi, è il massimo della vita. Nessun altro al mondo ha un privilegio simile! Questi sono doni per cui è doveroso rendere grazie, notte e giorno.

Non può mancare un ultimo, accorato appello:

“Ordunque, miei amati, cosa temete? Abbandonatevi senza riserve alla… mia volontà!”

 

Ma Padre Pio, e tutti i Santi, lo smentiscono!

 

Oh quanto è sublime e soave il dolce invito del divin Maestro: “Chi vuol venire dopo di me, rinneghi se stesso, e (prenda) la sua croce e mi segua” (Mt 16,24). Era questo invito che faceva uscire santa Teresa in quella preghiera verso lo Sposo Divino: “O patire o morire”. Era pure questo invito che faceva esclamare santa Maria Maddalena de’ Pazzi: “Sempre patire e non morire”. Era pure per questo invito che rapito in estasi il serafico nostro padre san Francesco esclamava: “È tanto il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto”. Lungi sia da noi il lamentarci di quante afflizioni ed infermità piacerà a Gesù mandarci. (Pietrelcina, 26 novembre 1914, Padre Pio a Raffaelina Cerase, Ep.II, p.249)
Seguiamo il divin Maestro per l’erta del Calvario carichi della nostra croce…ringraziamolo e teniamoci fortunati di tanto onore a noi fatto, sapendo che l’essere in croce con Gesù è atto sommamente più perfetto di quell’altro di contemplare solamente Gesù in croce. (Pietrelcina, 26 novembre 1914, Ep.II, p.249)
Sforziamoci noi pure, come tante anime elette, di tener sempre dietro a questa benedetta Madre, di camminare sempre appresso ad ella, non essendovi altra strada che a vita conduce, se non quella battuta dalla Madre nostra: non ricusiamo questa via, noi che vogliamo giungere al termine. (Pietrelcina, 1 luglio 1915, Padre Pio a padre Agostino, Ep.I, p.602)
Riaccendiamoci sempre più di amore per questa Mamma e siamo fidenti che nulla ci sarà negato, perché nulla manca a Lei, che ha un cuore di Madre e di Regina. (12 luglio 1959) … È Mamma! E se sembra di non volerci ascoltare, è prova anche certa che vuol essere ancor più che mai importunata. Quindi importuniamola a tempo opportuno, ma sempre confidenti e perseveranti, e questa sarà la nostra certezza e la nostra salvezza. (7 luglio 1959, brevi pensieri di Padre Pio ai suoi figli spirituali, dato che era malato, mentre fervevano i preparativi a San Giovanni Rotondo per ricevere la Madonna di Fatima).
Non poteva mancare l'invito del santo padre cappuccino a rivolgersi sempre a Maria, nostra Madre e Regina invocandola e standole sempre d'appresso nel cammino, per giungere con sicurezza al Figlio.

No, non può essere stata la stessa Madonna ad aver ispirato a Kiko il suo strano e fuorviante Cammino! 
 
 
Madonna delle Grazie a San Giovanni Rotondo



________

(*) Tutti i brani sono tratti dall’Epistolario, a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni.

Ne aggiungiamo un'ultimo in nota sull'edificio spirituale:
Ogni anima destinata all’eterna gloria può benissimo dirsi una pietra destinata ad innalzare l’edificio eterno. Un muratore che vuole innalzare una casa ha bisogno innanzi tutto di passar a ripulitura le pietre che debbono entrare nella composizione della casa; e tutto questo l’ottiene a colpi di martello e di scalpello. Nella stessa guisa si comporta il Padre celeste con le anime elette, le quali fin dall’eternità furono dalla sua somma sapienza e provvidenza destinate alla composizione dell’eterno edificio. Dunque l’anima destinata a regnare con Gesù Cristo nella gloria eterna deve essere ripulita a colpi di martello e di scalpello…questi colpi…sono le ombre, i timori, le tentazioni, le afflizioni di spirito, i tremori spirituali con qualche aroma di desolazione ed anche il malessere fisico. (Pietrelcina, 19 maggio 1914, Padre Pio a Raffaelina Cerase, Ep. II, p. 88)


sabato 19 dicembre 2020

Perché il "Vieni e vedi" è un errore per nulla innocuo

Riportiamo, per una opportuna riflessione, un recente articolo di Corrado Gnerre il cui titolo originale è "Ridurre il Cristianesimo ad esperienza… un errore per nulla innocuo", pubblicato su Dio è Verità, Bontà e Bellezza Il Cammino dei Tre Sentieri.
Lo dedichiamo ai super catechisti neocatecumenali, che sul "vieni e vedi", sul "credi a noi senza cercare di capire", sulla "crocifissione della ragione", sul primato dell'esperienza sulla dottrina e sulla verità hanno costruito il proprio impero.


Non è da adesso, ma ormai da diversi decenni a questa parte, il sentir dire che il Cristianesimo sia unicamente un’ “esperienza” e che tutto sommato bisognerebbe soprassedere sulla verità e sulla sua conoscenza.
Parlare in questi termini non è assolutamente corretto.
Naturalmente
non dicono affatto
di essere neocat...
Il Cristianesimo non solo non è riducibile ad esperienza, ma è verità che produce e giudica l’esperienza.

Non è l’esperienza che giudica la verità, bensì è la verità che giudica l’esperienza.
Facciamo un esempio molto semplice, se diciamo: siamo cristiani perché ci sentiamo felici di esserlo… come la mettiamo con il musulmano o con il testimone di Geova che potrebbe ovviamente rispondere: anch’io sono felice di essere quello che sono?

Certamente è importante il riscontro dell’essere cristiano nella propria vita, ma non è determinante.

Lo ripetiamo: è la verità che giudica l’esperienza, non il contrario. Identificare Gesù con la felicità non è affatto sbagliato, anzi è verissimo; ma non basta. Cristo è la felicità perché è la Verità.

Si sa che oggi non è molto efficace un metodo ben strutturato come quello tomista che parte dalla centralità della verità, mentre può essere più persuasivo quello agostiniano che parte dalle esigenze esistenziali dell’uomo, ma ciò non vuol dire che, anche partendo dalle aspettative dell’uomo e dal suo bisogno di senso, non si debba poi completare l’annuncio facendo capire la priorità logica della Verità.

Facciamo un esempio: l’ideale è vedere un film partendo dall’inizio; ma ciò non toglie che lo si può capire anche se si arriva al cinema a proiezione in corso; poi, una volta che lo si vede per intero aggiungendo la parte iniziale a cui si è mancati, la trama diviene comprensibile. Così per il Cristianesimo, si può anche approdare alla vita cristiana (e forse avviene per la maggioranza dei casi) attraverso circostanze esistenziali varie, ma poi si è sempre tenuti a rendere ragione della propria fede come dice san Pietro nella sua prima lettera (3,15): “(…) adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.”

Indubbiamente l’uomo di oggi non è quello del XIII secolo, è purtroppo un uomo completamente destrutturato che deve essere prima di tutto coinvolto attraverso i bisogni esistenziali; ma ciò non toglie –come abbiamo già detto- che una volta utilizzato questo approccio, gli si debba far capire che tutto inizia dalla Verità e tutto ha senso nella Verità.

Ma c’è un’altra cosa da aggiungere.
Bisogna ben capire cosa significa “felicità”.
La felicità non è uno stato dell’animo che riconosce che tutto è positivo e che è capace di produrre sempre e comunque una condizione di consolazione e di gaudio. Se fosse questa la felicità, i santi avrebbero qualche problema in merito. Basterebbe pensare a tutte le prove che contrassegnano la loro vita: desolazioni, “notti”, tentazioni.

La felicità in senso cristiano non è alternativa alla sofferenza ma alla disperazione. La felicità è la pace dell’anima che può e deve coniugarsi anche con l’esperienza delle prove più terribili.
Ma per capire questo –e torniamo al punto iniziale- bisogna che l’esperienza cristiana sia sempre esito del riconoscimento di ciò che è vero.

Detto questo, dobbiamo porci un interrogativo. Come dobbiamo intendere la famosa espressione “vieni e vedi” (Giovanni 1,46)?

Le "verità di fede kikiana"
nelle cosiddette "catechesi" neocatecumenali

Molti oggi dicono che più che fare catechesi, basterebbe “invitare” nelle proprie comunità a vivere l’’esperienza cristiana, come avrebbero fatto i primi cristiani.
Rispondiamo.
Prima di tutto va detto che ciò che facevano i primi cristiani andrebbe ben chiarito, perché ci sono molti luoghi comuni da sfatare. L’espressione “vieni e vedi” va bene, ma va correttamente intesa.
Certamente il riscontro della vita cristiana sta nelle opere, le quali –lo sappiamo bene- concorrono alla salvezza dell’anima.
Ebbene, in quella frase, utilizzata dall’apostolo Filippo e che si diffuse presso i primi cristiani, si voleva dire proprio questo: vieni a vedere quanto è diversa la vita dei cristiani rispetto a quella dei pagani; per esempio, quanto è diversa dal modo come trattano le donne, gli schiavi, i bambini … Prendiamo come esempio i bambini: nel mondo pagano era diffusissimo l’infanticidio, cosa che ovviamente fu subito rifiutata dai cristiani.
Insomma, la frase “vieni e vedi”, lungi dal voler essere una negazione dell’importanza della verità, era piuttosto l’attestazione e la dimostrazione concreta dell’accoglienza della verità: la vita dei cristiani è diversa da quella falsa e violenta dei pagani, perché è diversa la verità in cui credono.

Insomma tutto muoveva e muove dalla Verità, quella con la “V” maiuscola… s’intende.

(Da: Dio è Verità, Bontà e Bellezza - Il Cammino dei Tre Sentieri)

giovedì 17 dicembre 2020

Il Cammino Neocatecumenale e il Concilio di Trento

Articolo originariamente pubblicato su L'ecclettuale da L. Badolati il 10 dicembre 2020:


IL CAMMINO NEOCATECUMENALE E IL CONCILIO DI TRENTO

A partire degli anni ’80 vedono la luce alcune notizie su un sedicente movimento che si definiva “cristiano”. Il 13 marzo 1983 Padre Virginio Rotondi nella rubrica “Così, semplicemente” de “Il Tempo” accennava a certi “errori” dottrinali contenuti in uno dei loro documenti.

Circa un decennio dopo uno dei più grandi teologi della Chiesa, padre Enrico Zoffoli, nel 1992 ha pubblicato “Eresie del Movimento Neocatecumenale, Es. Segno, Udine, 1992” in cui a suo modo tirava le orecchie a questi “bravi ragazzi”: “chiesa parallela”, “scempio dell’eucaristia”, “società segreta”, etc.. Tre anni dopo sempre per le edizioni Segno uscì il libro “Verità sul Cammino neocatecumanele” in cui lo stesso autore raccolse una serie di testimonianze e di documenti che rivelano la natura non sempre trasparente della “Via”.

Ne seguirono una serie di interventi del Magistero cattolico che furono raccolti e pubblicati da don “Elio Marighetto, Segreti del Cammino Neocatecumenale, Arti Grafiche Cantagallo, Penne (PE), 2001” in cui ne denunciava gli abusi liturgici e altre anomalie.
Oltre alla carta stampata l’universo virtuale offre anche numerosi contributi in rete. È dal 2006 l’anonimo “Osservatorio sul cammino neocatecumenale secondo verità” cui si oppone un “Controsservatorio” anch’esso anonimo. Moltissimi sono i siti scritti e curati dagli ex adepti del Cammino oppure “Anticammino. Il cammino della disperazione” oppure il recentissimo blog di Pablo Herrera.

Tra le testimonianze più drammatiche c’è quella di Augusto Faustini,“La tela del ragno. Plagio psicologico del Cammino Neocatecumenale” che li paragona alla criminalità organizzata (Massoneria e Mafia) e quella di Daniel Lifschitz che, dopo aver completato tutte le tappe dell’itinerario, ha pubblicato due libri: “Dio sceglie l’immondizia. Storia di un ebreo cattolico, ed. Parva, Melara, 2008” e “L’immondizia ama Dio. Storia di un cattolico ebreo, ed Parva, Melara, 2008”.

La vicenda dei fuoriusciti dal Cammino ha attirato l’attenzione di molti professionisti tra cui Lorita Tinelli, psicologa e criminologa, da sempre impegnata nel campo delle psicosette, di psichiatri in “Le Armate del Papa, Ponte delle Grazie 1996”, degli storici, dei medici, dei consulenti, dei parroci in “Neocatecumenali sul viale del tramonto, Ed. Segno, Udine, 2011” curato da don Umberto Buonincontro, della magistratura, del mondo accademico “Genesi di una realtà ecclesiale attraverso lo studio delle fonti” tesi di dottorato di Francesca Campigli che dimostra la dipendenza dei neocatecumenali dalla teologia protestante (Dietrich Bonhoeffer e Karl Barth) e molti altri.

Il 6 aprile 2013 il periodico “Questotrentino” ha pubblicato un articolo dal titolo “Neocatecumenali: i nuovi cattolici” con sottotitolo a fondo pagina: “una setta dentro la Chiesa. Intervista al sociologo Marco Marzano” autore del libro “Quel che resta dei cattolici, Feltrinelli, Milano, 2012” in cui scrive: “se facciamo riferimento alle definizioni sociologiche più accreditate, rientra in un gruppo settario, al pari dei Testimoni di Geova, dei mormoni e di molti altri gruppi” (Faita, 2013). Analogamente si è espresso Ariel Levi di Gualdo nel suo libro “La setta neocatecumenale. L’eresia si fece Kiko e venne ad abitare in mezzo a noi, Ed. L’Isola di Patmos, Roma, 2019” che contesta una “concezione ereticale del sacro mistero eucaristico in parte a una pasqua ebraica e in parte a un banchetto calvinista” (I neocatecumenali sulla via del tramonto, col contributo del papa, 7 ottobre 2019). Più moderata ma non meno incisiva l’inchiesta condotta da Danilo Riccardi, “Il Cammino Neocatecumenale. Storia e pratica religiosa, Terebinto, Avellino, 2018” che smentisce alcuni problemi di cui si parla spesso:

  • “i guasti in quest’organizzazione sono impressi nelle voci di migliaia di fuoriusciti” (Faita, 2013)
  • “al vertice c’è Kiko che decide ogni cosa ed è venerato più del papa” (Faita, 2013)
  • “è una specie di stupro mentale per soggiogare intere famiglie” (Faita, 2013)
Su questo ultimo punto si segnalano le “numerose denunzie di plagio delle persone, pervenute alla CEI” (Zoffoli, 1995:26) e al centro di ascolto Gris di Roma dove “le richieste riguardavano soprattutto il Movimento Netocatecumenale e l’Opus Dei” (Di Marzio R., Nuove religioni e sette. La psicologia di fronte alle nuove forme di culto, Magi, Roma, 2010, p. 85).
Ma chi sono questi “Neocatecumenali”? Le note ufficiali parlano di un itinerario di formazione cristiana fondato nel 1964 in Spagna dal pittore Josè Gomez Argüello detto “Kiko” e dalla ex suora Carmen Hernández. Sorprende la rapidità con cui si è diffuso in 107 paesi con 19 mila comunità per un totale di mezzo milioni di affiliati. In Italia le stime indicano 1500 comunità con 300 mila adepti (Faita, 2013). Papa Bergoglio se da una parte è consapevole di “una realtà solida e legittimata che secondo varie testimonianze apporta molte risorse finanziarie ai vertici curiali” (Faita, 2013), d’altra parte in più occasioni non ha nascosto una certa insofferenza (Udienza alle comunità del Cammino Neocatecumenale, 1 febbraio 2014).

Nota metodologica

Scopo di questo articolo è di indagare sulle origini teologiche e fornire degli strumenti agli insegnanti di religione e a quanti intendono fare luce su uno dei movimenti più controversi del mondo cattolico. L’idea è di confrontare alcune ipotesi di base tra il Cammino Neocatecumenale e Trento, la città del concilio, laddove lo stesso fondatore “Kiko” ritiene siano iniziati i problemi per la Chiesa. Il Concilio di Trento (1545-1563) fu indetto da papa Paolo III su quella città che si pensava fosse un “ponte” tra l’Impero e il Papato. Per la trattazione ho scelto dieci argomenti, ognuno dei quali ha caratteristiche proprie ma che ruota attorno a un punto centrale, adattando lo schema proposto da Gino Conti (Conti G., Neocatecumenali al bivio. Sussidio per una scelta, Ed. Segno, Udine, 1994), il quale riporta per ogni argomento l’insegnamento delle catechesi neocatecumenali, l’insegnamento del catechismo della chiesa cattolica e i numeri del catechismo citati nel capitolo. Pertanto ogni confronto è così organizzato: ad una prima formulazione tratta dal Direttorio Catechetico (Kiko o Carmen) propongo la sentenza del Concilio che più si avvicina al tema di indagine; i confronti si concludono con una nota sull’equivoco. Si tratta di un confronto molto rischioso a causa della distanza che intercorre tra le due parti non solo di tempo ma anche di spazio e di termini (atti conciliari contro comuni opinioni). Entrambi i fenomeni sono stati prodotti da idee, luoghi e persone ma sono stati attraversati anche da conflitti e ostacoli. Nel corso della narrazione cercheremo di capire chi sono i neocatecumenali per poi andare a confrontare i punti di discontinuità con il concilio di Trento ed infine concludere con alcune osservazioni. Per il testo dei decreti del concilio di Trento ho fatto affidamento all’edizione di Internet Service che aderisce al magistero pontificio e al Progetto culturale della Cei (vedi Bibliografia). Per il catechismo tridentino mi sono basato sull’ottima versione online disponibile su Wikisource. Per i documenti del Cammino ho utilizzato gli “Orientamenti” forniti dal Centro Neocatecumenale “Servo di Jahvé”.

L’adorazione eucaristica

Cosa dice Carmen:

“Da Trento in poi si celebrerà la Messa per consacrare ed avere presente Gesù Cristo e metterlo nel tabernacolo (…) In questa epoca comincia il Corpus Christi, le esposizioni solennissime del Santissimo, le processioni col Santissimo, le messe sempre più private, le visite al Santissimo e tutte le devozioni eucaristiche. Tutto questo è ormai più importante della celebrazione. Tanto è vero che io stessa sono andata a messa per comunicare e portarmi via Gesù Cristo nel cuore. La messa era il meno: era questo: una visita di Gesù nel tuo cuore che è quello che diciamo ai bambini quando fanno la prima Comunione. Questo significa minimizzare l’Eucaristia” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, pp. 329-330).

Cosa dice il Catechismo Tridentino:

“Appunto in questo medesimo senso noi affermiamo che bisogna adorare questo sacramento, intendendo cioè il corpo e il sangue del Signore. Ma è chiaro che tutte queste cose sono dette sacramenti solo impropriamente. Tale nome, invece, in senso stretto spetta solo alle specie del pane e del vino” (Catechismo Tridentino, Parte II L’eucaristia, Il sacramento dell’eucaristia, n. 209).

L’equivoco è servito:

Qui si nota l’influenza di Lutero secondo cui la presenza reale di Cristo può darsi soltanto entro certe condizioni da cui il divieto di adorazioni o di processioni. Però di fatto Lutero non mise mai in discussione la presenza reale come invece appare in più punti del Direttorio Catechetico (Conti, 1997: 240; Zoffoli, 1995:67). Probabilmente Carmen si confonde sul valore reale dell’adorazione eucaristica scambiandola per una comune devozione.

La Bibbia

Cosa dice Kiko:

“In questo cammino vogliamo che la gente incontri direttamente i libri della Bibbia. È inutile che la gente si legga la Bibbia in casa, perché al quarto giorno si stanca. La Bibbia si interpreta da sé stessa, attraverso i parallelismi” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 372).

Cosa dice il Concilio di Trento:

“Inoltre, per reprimere gli ingegni troppo saccenti, dichiara che nessuno, basandosi sulla propria saggezza, negli argomenti di fede e di costumi, che riguardano la dottrina cristiana, piegando la sacra Scrittura secondo i propri modi di vedere, osi interpretarla contro il senso che ha (sempre) ritenuto e ritiene la santa madre Chiesa, alla quale spetta di giudicare del vero senso e dell’interpretazione delle sacre scritture o anche contro l’unanime consenso dei padri, anche se queste interpretazioni non dovessero esser mai pubblicate. Chi contravvenisse sia denunciato dagli ordinari e punito secondo il diritto” (SESSIONE IV 8 aprile 1546 Primo decreto: Si ricevono i libri sacri e le tradizioni apostoliche).

L’equivoco è servito:

Qui pesa la dottrina luterana del libero esame secondo cui chiunque può sviluppare un interpretazione autonoma delle Scritture. C’è inoltre un’accusa alla teologia ebraica e a quella pagana (niente però a vedere con la “Casa del catecumeno” fondata da Ignazio di Loyola nel XVII secolo per convertire gli ebrei al cattolicesimo) che avrebbero “inquinato” il cristianesimo con le loro tendenze sincretistiche nonostante il Cammino neocatecumenale faccia ampio ricorso a pratiche giudaiche e pseudopagane, ad es. le danze rituali, il lucernario, la scrutatio, la confessione pubblica, etc.

La chiesa

Cosa dice Kiko:

“È chiaro che un cristiano di 20-30 anni fa, di fronte a questi due tipi di uomo, di fronte a questo sviluppo che si manifesta attorno a lui, di fronte a questi due tipi di persona che non sono più disposti ad ascoltarlo, si trova con un complesso di inferiorità. Dato che è dentro ad una Chiesa che sta attraversando un momento grave, perché è una Chiesa monolitica, molto dommatica, una Chiesa eccessivamente ritualistica, una Chiesa in cui non c’è Parola di Dio perché è tutto in latino, perché la Bibbia era praticamente proibito leggerla, una Chiesa dove il popolo è alimentato da devozioni particolari, come il Sacro Cuore, novene, culto dei santi, ecc. Quest’uomo ha una teologia molto giuridica ed è molto poco formato, generalmente ha una formazione di prima comunione, cui è seguito poi quello che gli hanno insegnato a scuola o al collegio nella materia “religione” e poco altro. È un uomo che ha fatto esercizi spirituali e che spesso ha un direttore spirituale ma che si trova in una situazione molto povera per poter rispondere a quello che gli è cascato addosso: un mondo che cambia seriamente, cui deve dare una risposta” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 42).

Cosa dice il Concilio di Trento:

“Nella Chiesa cattedrale sia celebrata, ogni giovedí, la messa dello Spirito santo, con le litanie e le altre preghiere stabilite a questo scopo. Nelle altre chiese vengano dette nello stesso giorno almeno le litanie e le orazioni. E durante il tempo delle funzioni sacre, non si chiacchieri e non si raccontino storie, ma si assista il celebrante con la bocca e col cuore” (SESSIONE II 7 gennaio 1546 Decreto sul modo di vivere e su altre cose da osservarsi nel Concilio).

L’equivoco è servito:

Considerando che gli “Orientamenti” risalgono al 1972, le sue stime si riferiscono agli anni ’40-’50 durante la dittatura franchista dove però era ammessa una certa libertà di predicazione. Kiko e Carmen inoltre sono testimoni di una guerra civile spagnola (1936-39) che ha visto tanti martiri immolarsi per la causa cristiana. Alcuni sono stati canonizzati, altri beatificati recentemente. Ciò non sarebbe stato possibile in una Chiesa “in cui non c’è Parola di Dio”.

L’Eucaristia

Cosa dice Carmen:

“Ma a Trento si punta tutto sulle essenze, sulla efficacia, e si perde di viste il valore sacramentale del segno. Per questo è lo stesso fare la comunione con il pane o con l’ostia che non sembra più pane ma carta, che il vino lo beva uno solo perché il sacramento essenzialmente si realizza lo stesso” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 175).

Cosa dice il Concilio di Trento:

“Poiché, poi, Cristo, nostro redentore, disse che era veramente il suo corpo ciò che dava sotto la specie del pane, perciò fu sempre persuasione, nella Chiesa di Dio, – e lo dichiara ora di nuovo questo santo Concilio – che con la consacrazione del pane e del vino si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del corpo di Cristo, nostro signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo sangue. Questa trasformazione, quindi, in modo adatto e proprio è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione” (SESSIONE XIII 11 ottobre 1551 Decreto sul santissimo sacramento dell’eucaristia, Cap. IV).

L’equivoco è servito:

Come giustamente osserva Gino Conti, Carmen fa confusione sulle definizioni del Concilio di Trento in quanto non il segno ma gli atti del penitente producono la remissione dei peccati (Conti, 1997:137). Elio Marighetto riporta vari episodi di derisione e di profanazione delle sacre specie compiuti dai neocatecumenali (Marighetto, 2001:130; v. anche Zoffoli, 1995:142-143).

La Messa come sacrificio

Cosa dice Kiko:

“È chiaro che questo offrire a Dio non è affatto una cosa cattiva ma l’eucaristia è un’altra cosa ben diversa… Nell’Eucaristia tu non offri nulla, è Dio assolutamente presente quello che dà la cosa più grande e cioè la vittoria di Gesù Cristo sulla morte…In questa maniera … la gente ormai non vive per la Pasqua fanno sì che la liturgia si riempia di questa idea di offerta e di molte altre legate ad una mentalità pagana” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 321).

Cosa dice il Concilio:

“E poiché in questo divino sacrificio, che si compie nella messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che si immolò una sola volta cruentemente sull’altare della croce, il santo Sinodo insegna che questo sacrificio è veramente propiziatorio, e che per mezzo di esso – se di vero cuore e con retta fede, con timore e riverenza ci avviciniamo a Dio contriti e pentiti – noi possiamo ottenere misericordia e trovare grazia in un aiuto propizio” (SESSIONE XXII 17 settembre 1562 Dottrina e canoni sul santissimo sacrificio della Messa, Cap. II).

L’equivoco è servito:

Uno dei motivi di maggiore attrito con la Chiesa cattolica è il rito della messa che violerebbe alcuni canoni del diritto (841 e 846) oltre ad essere “ridotta a pura commemorazione” (Zoffoli, 1995:26) il che ha richiesto l’attenzione dall’autorità ecclesiastica (nel 2005 dal card. Francis Arinze, nel 2007 da papa Ratzinger). Una prima regolamentazione, risalente al 29 giugno 2002, prevedeva l’apertura delle celebrazioni al pubblico mentre al 11 maggio 2008 risale l’approvazione dello Statuto e al 26 dicembre 2011 del Direttorio Catechetico (tredici volumi) tramite il Pontificio consiglio per i laici (Faita, 2013).

Le opere di carità

Cosa dice Kiko:

“È terribile fare della Chiesa una religiosità naturale in cui l’uomo si salva per mezzo di pratiche, mentre la Chiesa è qualcosa di tanto impressionante, è il tempio di Dio, il Corpo di Gesù Cristo”. (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 147).

Cosa dice il Concilio:

“Se qualcuno dirà che per quanto riguarda la pena temporale, non si soddisfa affatto, per i peccati, a Dio per mezzo dei meriti di Cristo con le penitenze da lui inflitte e pazientemente tollerate, o imposte dal sacerdote; e neppure con quelle che uno sceglie spontaneamente, come i digiuni, le preghiere, le elemosine, o anche altre opere di pietà; e che, perciò, la miglior penitenza è una vita nuova, sia anatema” (Sessioni XII-XVI 1551-1552 Canoni sul santissimo sacramento della penitenza, n. 13).

L’equivoco è servito:

Come osserva Gino Conti la differenza tra religione naturale e quella soprannaturale è costituita dal fine a cui l’uomo è diretto il che avviene solo attraverso il cristianesimo (Conti, 1997:35). Su questo punto pesa la teologia protestante secondo la quale l’uomo è intrinsecamente malvagio e quindi incapace di fare il bene. Fatto sta che la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale sono giunti ad un accordo che ridimensiona il ruolo delle opere (31 ottobre 1999). Elio Marighetto riporta uno schema di vendita dei propri beni “per destinarli ai poveri” (Marighetto:141) tuttavia l’impossibilità di reperire i bilanci del Cammino e la mancata trasparenza rende vana qualsiasi stima sull’entità di queste vendite e la loro destinazione. È più probabile che la maggior parte di risorse accumulate servano a finanziare l’attività organizzativa, ad es. in una circolare firmata da Kiko si chiede di coprire un debito di 100 mila euro per una convivenza in un albergo a Porto S.Giorgio sulla riviera adriatica.

Il peccato originale

Cosa dice Kiko:

“Il peccato nella Scrittura, come si vede nelle catechesi, ha sempre un senso esistenziale ed ontico di situazione dell’uomo sulla terra. Così lo presenta la Genesi: situazione di nudità, di timore, di morte. Non ha mai il senso legalista e giuridico che ha acquistato ai nostri giorni. La conversione non è mai uno stringere i denti, uno sforzo dell’uomo. La conversione in tutta la Scrittura appare come un dono di Dio, una chiamata di Dio, un’iniziativa di Dio. Da questa idea è percorsa tutta la Scrittura. Per questo nella Scrittura il popolo dice: “convertici, Signore, mostraci lo splendore del Tuo volto perché noi ci convertiamo” (Sal 80), ossia “la conversione non esiste se non c’è Dio che appare per primo” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 163).

Cosa dice il Concilio di Trento:

“Chi nega che per la grazia del signore nostro Gesú Cristo, conferita nel battesimo, sia rimesso il peccato originale, o anche se asserisce che tutto quello che è vero e proprio peccato, non viene tolto, ma solo cancellato o non imputato sia anatema. In quelli infatti che sono rinati a nuova vita Dio non trova nulla di odioso, perché non vi è dannazione per coloro che col battesimo sono stati sepolti con Cristo nella morte, i quali non camminano secondo la carne, ma spogliandosi dell’uomo vecchio e rivestendosi del nuovo, che è stato creato secondo Dio, sono diventati innocenti, immacolati, puri, senza macchia, figli cari a Dio, eredi di Dio e coeredi di Cristo; di modo che assolutamente nulla li trattiene dall’ingresso nel cielo. Questo santo Sinodo confessa che tuttavia nei battezzati rimane la concupiscenza o passione. Ma, essendo questa lasciata per la lotta, non può nuocere a quelli che non acconsentono e che le si oppongono virilmente con la grazia di Gesú Cristo. Anzi, chi avrà combattuto secondo le regole, sarà coronato” (SESSIONE V I7 giugno 1546 Decreto sul peccato originale, n. 5).

L’equivoco è servito:

Pesa qui la dottrina luterana che enfatizza la chiesa invisibile (sacramentale) a danno di quella visibile (gerarchia). Ne consegue l’idea secondo cui la Chiesa non sarebbe una realtà giuridica ma carismatica. Secondo la “Teologia del servo sofferente” Gesù Cristo sarebbe solo un messaggero venuto ad annunciare il perdono di Dio. Kiko ignora che mediante la Sua morte e resurrezione ha cancellato la colpa dei protogenitori ma non il danno da cui si può rimediare con gli atti di remissione e di intercessione. Negando queste due occorrenze si afferma la predestinazione dell’uomo che non può tornare a Dio se non è da Questi voluto (Zoffoli, 1995:112). Ne risulterebbe però un “automa” e non un essere umano cosciente come vuole la tradizione cattolica.

La penitenza e la riconciliazione

Cosa dice Kiko:

“Così arriviamo al Concilio di Trento e dal XVI° al XX° secolo tutto rimane bloccato. Appaiono i confessionali, queste casette sono molto recenti. La necessità del confessionale nasce quando si comincia a generalizzare la forma della confessione privata, medicinale e di devozione portata dai monaci. Non ridete perché l’abbiamo vissuto anche noi. La confessione come mezzo di santificazione personale, così come la direzione spirituale, tutto fa parte del cammino della perfezione. Chi mette confessionali dappertutto è San Carlo Borromeo. Con dettagli che riguardano anche la grata, ecc…Adesso comprendete che molte delle cose che diceva Lutero avevano un fondamento” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 174).

Cosa dice il Concilio di Trento:

“Del resto, per quanto riguarda il modo di confessarsi segretamente dinanzi al solo sacerdote, quantunque Cristo non abbia proibito che uno, in punizione dei suoi peccati e per propria umiliazione, sia come esempio per gli altri, che per edificazione della Chiesa, che è stata offesa, possa confessare pubblicamente i suoi peccati, ciò non è comandato da alcuna legge divina; e non sarebbe saggio comandare con una legge umana che si manifestassero le colpe, specie se segrete, con una pubblica confessione. Poiché, quindi, la confessione sacramentale segreta, che la santa Chiesa ha usato fin dall’inizio ed usa ancora, è stata sempre raccomandata con grande, unanime consenso dai padri più santi e più antichi, evidentemente risulta vana la calunnia di coloro che non hanno scrupolo di insegnare che essa è aliena dal comando divino, che è invenzione umana, e che ha avuto inizio dai padri del Concilio Lateranense” (SESSIONE XIV 25 novembre 1551 Dottrina dei santissimi sacramenti della penitenza e dell’estrema unzione, cap. V).

L’equivoco è servito:

Nel tentativo di eludere la deriva pelagiana (l’uomo può salvarsi da sé) e quella luterana (l’uomo non può correggersi), Kiko si spinge al punto di massimizzare il perdono divino alienando l’essere umano dalla possibilità di fare il bene. Da qui i reiterati inviti a non sforzarsi e a non resistere al male. Ne consegue uno svilimento della confessione individuale ed un enfasi di quella pubblica durante gli scrutini. Alla Comunità è riservato un ruolo disciplinare fino al punto di adottare vere e proprie strategie atte a indurre il soggetto deviante alla conformità dei comportamenti (sedia bollente, stanza maledetta, lucernario, etc.). Su questo punto si rimanda alla bibliografia vista l’imponente quantità di testimonianze al riguardo, anche drammatiche, nonché l’impossibilità di verificarle una per una.

Il sacerdozio

Cosa dice Kiko:

“Noi cristiani non abbiamo altare, perché l’unica pietra santa è Cristo, Pietra angolare. Perciò noi possiamo celebrare eucaristia sopra un tavolo: e la possiamo celebrare in una piazza, in campagna e dove ci piaccia. Non abbiamo un luogo in cui esclusivamente si debba celebrare il culto. Non abbiamo nemmeno sacerdoti nel senso di persone che separiamo da tutti gli altri perché in nostro nome si pongano in contatto con la divinità. Perché il nostro sacerdote, colui che intercede per noi è Cristo. E siccome siamo il suo Corpo, siamo tutti sacerdoti. Tutta la Chiesa è sacerdotale nel senso che intercede per il mondo. È vero che questo sacerdozio si visibilizza in un servizio e ci sono alcuni fratelli che sono servitori di questo sacerdozio, ministri del sacerdozio. Nel Nuovo Testamento non si usa la parola “sacerdote” dato che riferita a Cristo; invece si parla di ministri e presbiteri” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 56-57).

Cosa dice il Concilio di Trento:

Il sacrificio e il sacerdozio per divino ordinamento sono talmente congiunti che l’uno e l’altro sono esistiti sotto ogni legge. E poiché nel nuovo Testamento la Chiesa cattolica ha ricevuto dalla istituzione stessa del Signore il santo visibile sacrificio dell’eucaristia, bisogna anche confessare che vi è in essa anche il nuovo e visibile sacerdozio, in cui è stato trasferito l’antico. Che poi questo sia stato istituito dallo stesso Signore e salvatore nostro, e che agli apostoli e ai loro successori nel sacerdozio sia stato trasmesso il potere di consacrare, di offrire e di dispensare il suo corpo e il suo sangue; ed inoltre di rimettere o di non rimettere i peccati, lo mostra la Sacra Scrittura e lo ha sempre insegnato la tradizione della Chiesa cattolica (SESSIONE XXIII 15 luglio 1563 Dottrina vera e cattolica sul sacramento dell’ordine a condanna degli errori del nostro tempo, Cap. I).

L’equivoco è servito:

Nel Cammino Neocatecumenale vige una certa rigidità in tema di ruoli: il sacerdote presiede la celebrazione e somministra i sacramenti mentre la responsabilità delle comunità è affidata ad un laico o ad una coppia di laici che sono scelti “mediante votazione” (Statuto, art. 10 co. 3 Tit. II Cap. II). Secondo alcuni (Zoffoli, 1995:21) il presbitero sarebbe relegato ad un ruolo di secondo piano, adombrato dai catechisti, ai vertici della piramide neocatecumenale, “perché hanno lo Spirito Santo che li rende maestri e giudici degli altri in maniera inequivocabile” (Zoffoli, 1995:21). I catechisti percepiscono un terzo dei proventi (Faita, 2013) e a loro si deve obbedienza piena con la minaccia di essere espulsi (nel gergo neocatecumenale i “fichi maledetti” sono coloro che non si adeguano alle loro direttive, cfr. Marighetto:172).

La musica

Cosa dice Kiko:

“La vera teologia è un canto a Dio, è l’Eucaristia stessa, un canto completo di lode a Dio perché si è lasciato conoscere. Le teologie del XVI secolo non sono altro che elucubrazioni mentali senza una esperienza biblica da cui sgorga l’Eucaristia” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 329).

Cosa dice il Concilio di Trento:

“Bandiscano, poi, dalle chiese quelle musiche in cui, con l’organo o col canto, si esegue qualche cosa di meno casto e di impuro; e similmente tutti i modi secolari di comportarsi, i colloqui vani e, quindi, profani, il camminare, il fare strepito, lo schiamazzare, affinché la casa di Dio sembri, e possa chiamarsi davvero, casa di preghiera” (SESSIONE XXII 17 settembre 1562 Decreto su ciò che bisogna osservare ed evitare nella celebrazione delle messe).

L’equivoco è servito:

Nonostante il tentativo di ristabilire la monodia, la musica della Controriforma esaltava la polifonia a cappella tipica dei canoni romani. L’ambiente musicale tridentino, tuttavia, era tutt’altro che sobrio (Vettori:7) con “l’uso massiccio di strumenti” (Id:20), “banchetti e danze” (Id:21). Kiko, da parte sua, tradisce la cultura andalusa e mette in grande risalto il canto solista (chitarra) e una varietà di strumenti di accompagnamento (flauto, violino, banjo, percussioni, etc.) obbligando i catechisti a interpretare i brani contenuti in un canzoniere “Resuscitò” basato sui salmi e altri testi biblici modificati a suo arbitrio. Anche qui si nota l’ombra di Lutero che, da buon agostiniano, conosceva bene la musica (frau musik) ma lascia ai grandi interpreti il compito di rielaborare le melodie gregoriane in maniera intuitiva per favorire la comprensibilità del testo e permettere al popolo di capire e partecipare con la propria lingua madre.

Conclusioni

Scopo dell’articolo, di qualsiasi natura (insegnante, accademico, religioso, etc), doveva essere quello di risolvere problemi ma ritengo ne abbia più creati che altro. E a ben vedere. Nessuno ha mai la soluzione in tasca. Il meglio che si può fare è di offrire al pubblico degli strumenti attraverso l’analisi e l’esposizione dei punti di vista. Abbiamo visto che per alcuni il Cammino Neocatecumenale è una setta mentre per altri il riconoscimento della Chiesa è una garanzia di legittimità. Il fondatore Kiko Argüello, in base ai dati riportati nei documenti, ha più volte sottolineato che nel corso della storia ecclesiastica vi sono state delle crisi culminate nel Concilio di Trento e che, di fronte alla polemica di Lutero, si è preferito ricorrere a formule selettive (“extra ecclesia nulla salus” che si potrebbe parafrasare in “extra iter nulla salus”). Ma il dialogo è rinnovamento e non compromesso. E a un certo punto la Chiesa ha sentito il bisogno di confrontarsi con i fratelli separati e i nemici dichiarati. Analogamente il Cammino si è dovuto confrontare con l’autorità ecclesiastica e lo stesso Kiko ha riconosciuto che nel testo-base delle sue catechesi vi erano degli errori (Marighetto:172). Non ha senso dunque preoccuparsi dei superstiti di ieri e trascurare quelli di oggi perché la stessa Chiesa primitiva nasce dai fuoriusciti dal giudaismo e dal paganesimo (cristianesimo come inculturazione). Oggi il Cammino rischia di essere sopraffatto dai superstiti (vedi bibliografia) sebbene gli stessi neocatecumenali sono “fuoriusciti” da quella che chiamano “religiosità naturale”. In questa sorta di “exologia” (teologia dei superstiti) non ci sono vincitori né vinti ma solo ignoranza e le varie interpretazioni equivoche lo dimostrano (settarismo, fanatismo, ateismo). È chiaro che dopo 500 anni il mondo è cambiato a tal punto da far conciliare Kiko con Trento e tutte le conseguenze che ne derivano. Innanzitutto l’elaborazione dottrinale sarebbe affetta da un certo ermetismo (si tendono a imporre certi concetti a prescindere dalla loro comprensione) per cui ad una sacramentaria sistematica tridentina e ad una “teologia del servo sofferente” arguelliana si interpone un “ecclesiologia di ritorno dei superstiti” (nuova evangelizzazione). Un domani Kiko continuerebbe a scrivere di storia, dei fatti della sua vita. L’insegnamento della teologia non lo pone al primo posto ma non lo esclude perché nessuno può immaginare un “pezzo di carta” senza una sua funzione (non esiste un’edizione critica del Direttorio Catechetico). Un secondo punto in comune è la dimensione dell’equivoco: nella pandemia soteriologica del “salviamo tutto a tutti i costi” tra i due litiganti un terzo grida (l’uno ha detto “chi salverà il mondo dai protestanti?”, l’altro ha pensato “chi salverà il mondo da Trento?” e il terzo grida “chi salverà il mondo da Kiko?”). Dal divorzio tra Kiko e Trento sarebbero nati uno o più figli adulterini che sarebbero stati affidati in custodia cautelare alla Chiesa? In altre parole ci chiediamo se il processo di revisione avviato di volta in volta (Concilio di Trento, Neocatecumenali di Kiko e superstiti) abbia influito nella comprensione della fede in Gesù Cristo? La risposta è senz’altro positiva: i vari progetti di fede si riprendono a loro volta nei conflitti, nelle vicende e nelle domande che suscitano nei credenti di oggi. Un terzo punto in comune è la logica della sopraffazione: leggendo i documenti sembra di trovarsi di fronte a dei monologhi non dissimili da quelli con cui i padri conciliari lanciavano gli anatemi. È normale nel Cammino Neocatecumenale escludere le persone, è normale vedere allontanarsi qualcuno, è normale diffondere imbarazzo verso gli adepti “non allineati”. La letteratura è piena di testimonianze di superstiti con le loro drammatiche esperienze di vittimizzazione il che è in contraddizione con gli scopi organizzativi secondo cui “Modello della comunità neocatecumenale è la Sacra Famiglia di Nazareth” (Statuto, Tit. II Cap. 1 art. 7 co. 2). Certo bisogna favorire la partecipazione al culto che è cattolico e quindi a tutti gli effetti pubblico (Codice di diritto canonico cann. 298, 837 e 1221) ma ridurre la “Sacra Famiglia” ad un istituzione “normale” o “formale” significa relativizzare il mistero di Cristo. Chi proviene da esperienze pregresse nella Chiesa o in altri gruppi parrocchiali, spesso deludenti, allora non avrebbe ragione ad aspettarsi qualcosa di più del mero scambio di diritti e interessi? Sarebbe una contraddizione per chi accusava la Chiesa di essere un’entità giuridica e non sacramentale. C’è quindi un nesso di causalità che lega tutti i fenomeni. Non c’è dubbio che Trento rappresenta una tappa fondamentale della Chiesa che però non è riuscita a conciliare i protestanti che nel frattempo hanno avuto il tempo per consolidarsi ed assumere una propria fisionomia senza la quale non avremmo mai avuto il Cammino Neocatecumenale e, con i suoi fuoriusciti, il modo di liberarcene. Ci sono probabilmente altri punti in comune o in contrasto che non è possibile contemplare in questo articolo. Non esiste una soluzione a tutto pena il rischio di produrre più problemi che conversioni. Nel frattempo non soffermiamoci alla ricerca razionale della “verità” ma apriamoci al confronto.

Bibliografia e approfondimenti