domenica 30 maggio 2021

Il sì di Maria alla Verità, il no di Kiko

I sei motivi che dimostrano che se si ama la Madonna, si è fedeli alla Dottrina

10 GENNAIO 2021 di Corrado Gnerre

Primo motivo: Perché Maria ci ha donato la Verità 

Filippo Lippi - Annunciazione
Gesù dice di se stesso: “Io sono la via, la verità, e la vita” (Giovanni 14). 

Gesù è Pastore e Redentore, ma prima ancora è Maestro. Egli è il Verbo (il Logos) che si è fatto carne. Dunque, senza il “sì” di Maria, non sarebbe entrata nel mondo la Verità, non ci sarebbe stata la Luce per squarciare le tenebre della menzogna del mondo pagano. 

Secondo motivo: Perché Maria ha assentito umilmente alla Verità 

Se Maria non avesse detto di “sì” all’Angelo, sarebbe stato pregiudicato il progetto di Dio. Ci sarebbe stata una seconda possibilità? Non lo sappiamo. 

Ragioniamo su questo. L’assenso di Maria Vergine è l’obbedienza. Ella, Nuova Eva, si contrappone alla Prima Eva a causa della quale entrò il peccato nel mondo. Ciò che rende diversa Maria da Eva è l’umiltà. Eva peccò perché attratta dalla possibilità di “diventare come Dio”; Maria ci ha ridonato la Grazia convinta che l’unica posizione umanamente ragionevole fosse quella di farsi “ancella di Dio”. 

Dietro ogni eresia c’è sempre l’orgoglio. C’è sempre l’intenzione di non voler ascoltare, bensì rielaborare secondo i propri criteri e le proprie ambizioni. Dunque, da questo punto di vista, si capisce bene quanto la devozione mariana serva per ottenere la virtù dell’umiltà. 

Terzo motivo: Perché Maria ha generato la Verità 

Maria non si è limitata a donarci la Verità, l’ha anche generata. Il Verbo incarnato è l’unione del divino con l’umano. Mentre il divino è stato apportato dallo Spirito Santo, l’umano è stato apportato da Maria Vergine. Maria ha dato il suo sangue e il suo nutrimento alla Verità incarnata. Se a Gesù avessero fatto l’analisi del nucleo mitocondriale, avrebbero trovato lo stesso nucleo mitocondriale di Maria. Ragioniamo su questo. Mettersi alla scuola di Maria, vuol dire mettersi alla scuola di Colei che ha generato la Verità. Quale modo migliore per conservare la Verità se non chiedendo l’aiuto a Colei che l’ha generata? 

Quarto motivo: Perché Maria ha portato la Verità nel suo grembo 

Kiko raffigura la Madonna e San Giuseppe
come Adamo ed Eva cacciati dall'Eden
Maria è veramente Madre della Chiesa, che è la realtà a cui Cristo ha voluto affidare la Verità da custodire nei secoli. La Chiesa è l’unione del divino con l’umano e già Cristo (il Capo) è tutta la Chiesa, per cui si può ben dire che la Vergine ha generato e portato la Chiesa dentro di sé. Ha alimentato la Chiesa con il suo sangue. Questo fatto che la Vergine abbia portato dentro di sé la Chiesa fa capire tutta la connotazione anti-gnostica del Cristianesimo. La Verità è portata dal grembo di una donna, per cui si è chiamati, relativamente alla Verità, ad una dimensione di convivenza e non solo di conoscenza. 

Le eresie, invece, nascono sempre da un approccio alla Verità in senso primariamente intellettualistico. Paradossalmente (ma non troppo) anche in quelle eresie che negano il valore e la propedeuticità della Ragione per l’atto di Fede. Il “Caso Lutero” lo dimostra ampiamente: per lui la Ragione non aveva valore, eppure cercò nello studio della Scrittura il fondamento delle sue teorie, riducendo il Cristianesimo ad una “religione del Libro”. 

Pertanto possiamo dire che tutta la deriva in senso intellettualistico della teologia contemporanea ha come causa proprio la voluta dimenticanza della devozione mariana, e tale dimenticanza è a sua volta causa della deriva intellettualistica della teologia contemporanea 

Quinto motivo: Perché Maria ha alimentato la Verità 

Se Maria ha alimentato la Verità, vuol dire che ha dato ossigeno, vita ad essa. Ed ecco che con il suo aiuto si può veramente capire quanto la Verità venga prima di tutto. E’ essa che dà ragione all’Amore. 

Sesto motivo: Perché Maria è l’immacolatezza della Verità 

Vergine bambina in adorazione
F.de Zurbarán
Maria è la purezza in quanto tale. Ella, a Lourdes nel 1858 venne a confermare il dogma promulgato da Pio IX quattro anni prima e disse di sé: Io sono l’Immacolata Concezione. Non disse: Io sono stata concepita immacolatamente, ma Io sono l’Immacolata Concezione. Ovvero: Io sono la Purezza per eccellenza, l’unica purezza esistente nella realtà creaturale. Maria, dunque, ci ricorda come la purezza sia alla base dell’acquisizione della Verità e della sua generazione. Ella fu preservata proprio perché doveva generare il Verbo incarnato. 

Ragioniamo. Di per sé la perdita della purezza, pur essendo peccato grave, può non essere il peccato più grave, ma è senz’altro il peccato che più compromette la sfera intellettuale. 

Il rifiuto della purezza è la bestializzazione; e con la bestializzazione c’è la morte del retto intendere e della logica. 

Non si vive come si pensa, si finisce sempre col pensare come si vive. A tal riguardo, se si approfondisce lo studio della vita privata di molti eretici, si scopre quanto le formulazioni degli errori siano stati preceduti da cedimenti sul piano tanto della disciplina quanto della vita morale. 

(da: Dio è Verità, Bontà e Bellezza Il Cammino dei Tre Sentieri)

venerdì 28 maggio 2021

"Pecca e lascia peccare!". Dalla "Catechesi sul Cammino" del secondo scrutinio neocatecumenale (IV)

Proseguiamo con la lettura della Catechesi sul Cammino dagli Orientamenti alle équipes di catechisti per il secondo scrutinio battesimale del Cammino Neocatecumenale (1977)In questa catechesi Kiko tratteggia le modalità di proseguimento successive al secondo passaggio, in un lungo e contorto discorso dal quale abbiamo estrapolato sette aspetti salienti. Kiko presenta ai fratelli un Cammino di:

4) Accettazione supina (salvo privilegi) dei peccati altrui, presentata come amore al nemico. (Qui di seguito)
6) Precarietà, spirituale e materiale, imposta come stile di vita. (Parte IParte II)
7) Liberazione dai Estorsione dei beni materiali, coperta dall'arcano.

Siamo alla quarta parte: Un cammino di accettazione supina (salvo privilegi) dei peccati altrui, presentata come "amore al nemico".

Per esaminare più in dettaglio le premesse "dottrinali" del cammino di amore al nemico che si apre al Secondo Passaggio è necessario uscire dalla catechesi in esame e scorrere tutto il mamotreto, soffermandosi in particolare sulla Catechesi del Sale (pagg. 93-112)Dice Kiko a pag. 104:
E che cosa ti dice Dio? Che l'amore è questo, che l'amore è portare i peccati degli altrilasciarti distruggere a causa dei peccati degli altri.
A pag. 141:
La perfezione alla quale ti chiama Gesù Cristo  l'amore al nemico.
In queste parole, molti fratelli che erano cattolici prima di entrare in Cammino avranno creduto di riconoscere gli insegnamenti evangelici di Madre Chiesa, scusando a Kiko l'espressività a tinte forti. In realtà, dalla lettura di tutto il mamotreto emerge, in modo chiaro ed inquietante, la predicazione di un amore deturpato e monco, strumentale alla conservazione del Cammino stesso ed offensivo di Nostro Signore.

"Pecca e lascia peccare... quell'uomo che voi chiamate Il Figlio di Dio ha fatto 
prooprio cossìì... poi Dio lo ha risuscitato... per aprirvi lo ssstesso cammino...." 

Sono innanzitutto le prassi del Cammino Neocatecumenale ad inchiodare la malafede delle catechesi pseudocattoliche di Kiko: "dai frutti li riconoscerete" (Mt. 7, 15-20)Nel Cammino l'amore al nemico è normato da definizioni rigide e direttive a cui non si sfugge. La gestione di inimicizie e reati è totalitaria e faziosa: fatta eccezione per la gerarchia, per i fratelli in Cammino vigono le consegne di abdicare al retto giudizio e di non opporre resistenza al male, quale che esso sia (pagg. 20, 44, 51, 52, 103-108), fino al punto di non denunciare gravi reati subiti pur avendone ovviamente diritto (pag. 51) ed indipendentemente dalla libera scelta e dal grado di crescita spirituale dei fratelli, distinzione che è prevista da Madre Chiesa. Kiko invece mette becco persino nei litigi dei bambini (altrui) (pag. 74)

A partire da questo passaggio, tappa dopo tappa, il Cammino attuerà una fine regolazione della (ormai non più) libera coscienza dei fratelli ed una meticolosa gestione delle loro vite tramite i catechisti,  facendo leva sulla superstizione tutta neocatecumenale che questi ultimi sarebbero investiti di ispirazione divina (pagg. 11, 20, 21, 25, 45, 126, 132, 162)Nella vita ordinaria del neocatecumenale, il nemico in questione, altrimenti detto la tua croce, non è qualcuno di lontano (quelli sono i Giuda, i Satana o i Faraoni) ma il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli stessi di comunità, il catechista. L'altro "a cui devi morire" è il prossimo più intimo, sta facendo il tuo stesso percorso di iniziazione "battesimale" e gode del tuo stesso diritto di peccare e di esserti nemico e nel frattempo deve sopportare i tuoi peccati, così come tu devi sopportare i suoi.

Il dovere di accettare i peccati altrui va a sommarsi al diritto tutto neocatecumenale di peccare allo scopo (millantato) di sperimentare la misericordia di Dio (pagg. 77, 106), al dovere di aprirsi senza pudori alla comunitàurtando la sensibilità propria e quella altrui (pagg. 80, 169-190), al comandamento dell' "odio" contro i familiari che si oppongono all'appartenenza alla comunità (pagg. 78, 79) e contro i fratelli che ne escono (pag. 108), ed all'esortazione alle comunità ad essere litigiose, per liberarsi dall'idolatria del perbenismo. 

Un gran cumulo di pesi da portare, per i fratelli, ed è proprio a causa di questo carico pesante e sbilanciato che la vita in comunità diventa surreale e che le comunità sono spesso palestre di malamore ed inimicizia, con le pesanti conseguenze psicologiche o psichiatriche che molti riportano - pensiamo per esempio alla dissonanza cognitiva, alla depersonalizzazione, alla depressione. I professionisti del settore ne sanno qualcosa. 

Cammino Maratonda neocatecumenale: tra il diritto di peccare ed il dovere di subire il nemico,
non si arriva mai alla Terra Promessa. E difatti il Cammino non finisce mai.
Notare l'ottimismo di Kiko: Corajo, fratelli! L'onda in arrivo sommerge tutti tranne lui.
(Fotogramma dal film d'animazione Alice nel Paese delle Meraviglie)

A monte delle prassi, nel Cammino sono i concetti stessi di amore e di nemico ad essere ridefinitiKiko predica che l'amore di Dio Padre è principalmente datore di libertà (benché con le mistificazioni che abbiamo discusso in precedenza), evitando tuttavia ogni richiamo alla Divina Giustizia. L'amore umano invece è intrinsecamente omicida. Kiko non crede che sia vero un amore pacifico e virtuoso: lo marchia come ipocrita e banale desiderio di reciprocità (pag. 62, 75-76, 79, 111, 143-144). Il nuovo falso profeta teorizza quindi che l'amore vero, anche chiamato "morire all' altro", sia quello non corrisposto o avversato, quello di chi si lascia massacrare ed uccidere dal prossimo senza opporgli condizioni, limiti, resistenza né richiamarlo ai suoi doveri di virtù verso Dio e verso il prossimo.

Addentrandoci ulteriormente a monte dei suddetti concetti, troviamo il nucleo radioattivo, la radice marcia, il seme del male di questo tipo di amore al nemico nell'immagine deformata di Nostro Signore Gesù Cristo, mal ridipinta dall'imbrattatele spagnolo e martellata nella mente dei fratelli, all'apposito scopo di far loro perseguire una altrettanto mal riformulata imitazione di Cristo.

Kiko ci presenta la caricatura di un figlio di Dio (a volte unigenito, a volte non è chiaro - pagg. 33, 34) vittima imbellemuta e rassegnata di noi, tutti cristicidi volontari. Una vittima che subisce e si lascia fare, senza rispondere, senza pretendere, senza insegnare, e intanto ci perdona. Lo troviamo lungo tutto il mamotreto e soprattutto nella Catechesi del Sale. A pag. 106:
Hai visto come è morto Cristo, ha dato tutto il Suo sangue per tesi è lasciato dissanguare, si è lasciato torturare. Egli ha offerto il Suo corpo a Dio come sale. [...] 
Ma quello che ha fatto Gesù, lo farai anche tu: offire il tuo corpo. Ma questo non lo puoi fare senza il sale. Offrire il tuo corpo perché in te sia mostrato agli uomini che Dio li ama. [...]  
L'amore che cosa è? E' l'amore che Dio ha per il peccatoreper il nemico. E come lo può manifestare? Attraverso di te. Che il nemico ti uccide, che ti sta distruggendo e tu non hai odio per lui. Ricambi con il bene. [...] L'acqua attacca il sale, lo dissolve, lo distrugge. Ed il sale ricambia con un amore che dà sapore. Ricambia il male che gli vien fatto con il bene. [...]
 

Col suo perdono Cristo ci mostra l'esempio, con la risurrezione operata dal Padre ci fa risorgere con lui rendendoci identici a lui, cioè capaci di farci martoriare ed uccidere dal prossimo, perdonandolo senza porgli condizioni e, tramite il nostro perdono incondizionato, convertirlo a Dio. A Pag. 107: 

Il che vuol dire che tutte le canaglie, che tutta la gente malvagia, che tutti i ladri e le prostitute devono incontrare in te Cristo sulla terra, il Salvatore e la misericordia. Guarda come devi cambiare la tua mentalità! Perché essi non hanno altro segno nel quale appoggiarsi all'infuori di Cristo. Ma Cristo dov'è? Nella Chiesa, in te, se tu sei Cristo.[...]
Le icone non si firmano e non si datano, perché l'autore di un'icona non esprime se stesso ma è uno strumento nelle mani di Dio per trasmettere verità teologiche immutabili. Avendo firmato quest'opera, Kiko ne rivendica l'attribuzione, motivo per cui la kikona non può più dirsi icona, coerentemente col fatto che le rappresentazioni che Kiko dà di Gesù Cristo non corrispondono a Nostro Signore.

Ma di quale Cristo parla Kiko? Il "suo Cristo" non somiglia a Nostro Signore Figlio unigenito di Dio, partecipe della Sua infinita immensità, salvatore, 
giudice, maestro, profeta, sacerdote, Tabernacolo dell'Altissimo, Re di eterna gloriaRe di infinita maestàfonte di vita e santitàgioia dei Santiabisso di ogni virtùpace e riconciliazione nostravittima per i peccatorisperanza di chi muore (v. le Litanie al  Sacro Cuore di Gesù) e tutte le altre qualità che Madre Chiesa riconosce (cfr. Credo, 2-7) al suo Sposo Mistico (Mc 2,19, CCC 796).

Manca completamente Cristo modello di perfezione e santità: alla scuola di Kiko troviamo in cattedra, come supplenti, i catechisti e gli itineranti (pag. 162) a predicare eresie nel nome del Signore, e persino il Talmud (pagg. 72, 98, 143, 144, 194, 198). Mancano anche il riconoscimento del Santo Sacrificio dell'Altare e del Ministero Sacerdotale (pag. 58). Manca il riconoscimento del sacramento della Confessione perché dopo la risurrezione di Gesù, secondo Kiko, saremmo riscattati non solo dal peccato originale ma anche da quello attuale e non occorrerebbero né pentimento né penitenza: paga tutto il Signore al posto nostro (pagg. 50, 52, 54, 55, 59, 66, 105, 106, 124, 132, 149, 211).

La leggerezza con cui viene considerata la Passione di Cristo, poi, è inquietante, soprattutto se confrontata all' 
accanimento maniacale e morboso sulle sofferenze del Signore crocifisso e all'altrettanto ossessiva pressione sui fratelli affinché lo imitino. Colpisce, molto dolorosamente, la completa assenza di compassione verso le sofferenze di Nostro Signore, un connotato che invece risalta in modo eclatante in tutte le biografie dei Santi. Leggiamo per esempio dalla Pratica di Amar Gesù Cristo di Sant'Alfonso Maria de'Liguori, al Cap. I.21:

Dice S. Bonaventura che non vi è divozione più atta a santificare un'anima che la meditazione della Passione di Gesù Cristo; onde ci consiglia a meditare ogni giorno la Passione, se vogliamo avanzarci nell'amore divino: [...] E prima disse S. Agostino, come riferisce il Bustis, che vale più una lagrima sparsa per la memoria della Passione che il digiuno in pane continuato in ogni settimana: [...] 
Perciò i santi si son sempre occupati a considerare i dolori di Gesù CristoS. Francesco d'Assisi per tal mezzo diventò un serafino. Un giorno fu trovato da un galantuomo piangendo e gridando a gran voce; dimandato, perchè? «Piango, rispose, i dolori e le ignominie del mio Signore; e quello che più mi fa piangere è che gli uomini, per cui egli ha patito tanto, ne vivono scordati». E ciò dicendo raddoppiò le lagrime, sì che colui anch'esso si pose a piangere. Quando il santo udiva belare un agnello o vedeva altra cosa che gli rinnovava la memoria di Gesù appassionato, subito rinnovava le lagrime. Stando un'altra volta infermo, uno gli disse che si avesse fatto leggere qualche libro divoto: «Il libro mio, rispose, è Gesù crocifisso». E perciò non faceva altro che esortare i suoi frati a pensar sempre alla Passione di Gesù Cristo.

Leggiamo anche Santa Teresa D'Avila Dottore della Chiesa, da Il libro della mia vita, Cap. 9.1:
«Entrando un giorno in oratorio, i miei occhi caddero su una statua (statua lignea e dipinta, molto realistica n.d.r.) che vi era stata messa, in attesa di una solennità che si doveva celebrare in monastero, e per la quale era stata procurata. Raffigurava nostro Signore coperto di piaghe, tanto devota che nel vederla mi sentii tutta commuovere, perché rappresentava al vivo quanto Egli aveva sofferto per noi: ebbi tal dolore al pensiero dell’ingratitudine con cui rispondevo a quelle piaghe, che parve che mi si spezzasse il cuore. Mi gettai in un profluvio di lacrime, supplicandolo a darmi forza per non offenderlo più»

L'eretica "cristologia" del Cammino non è certo pensata per far progredire i fratelli nella conoscenza di Cristo e quindi nell'amore e nella vera e completa imitazione di Nostro Signore - anche se fortunate eccezioni in tal senso esistono ma non fanno regola. 

L'eresia cristologica è infatti funzionale all'esistenza in vita del Cammino stesso: i fratelli,  allontanati dalla pratica delle virtù per poter compiere la loro "kenosis(pag. 77) sono lasciati a stagnare per anni nei loro vizi e problemi: delusi, amareggiati, scontenti dei loro progressi nella fede malgrado le sincere intenzioni, tipiche di molti malcapitati. Si tratta di persone a cui viene impedito di ascoltare la voce dello Spirito Santo (quello vero), che le guiderebbe ciascuna verso il proprio ambito vocazionale, fuori dalla Comunitàcome era stato promesso dai fondatori del Cammino per farsi approvare dalla gerarchia ecclesiastica. A rinforzo della "kenosis", l'obbligo di amare il nemico (interno) apporta ulteriore collante a quelle comunità dalle quali si vorrebbe solo fuggire poiché piene di croci, ovvero di fratelli-nemici. 

Il Cammino non insegna ad amare il nemico ma a subirlo passivamente, principalmente nella "persona" del Cammino stesso (cioè dei fratelli, e dei suoi VIP). Il Cammino non vuole veramente che i fratelli conoscano e quindi amino Gesù Cristo, perché non vuole cedere a Lui il primato che Gli spetta: altrimenti non Lo disprezzerebbe nei sacramenti dell' Eucaristia, del Ministero Sacerdotale e della Penitenza. Di conseguenza il Cammino non vuole neppure che si ami veramente il prossimo, cosa che includerebbe le doverose correzioni e le giuste restrizioni da applicare al nemico, e cioè al Cammino stesso.

A riprova di ciò osserviamo due cose. (1): L
'incoerenza del nuovo falso profeta, che ha sempre tenuto se stesso ed i suoi sgherri al riparo dall'imitazione di quell'immagine di Nostro Signore da lui stesso adulterata. Qui non ci troviamo davanti ad un visionario che si getta anima e corpo in qualcosa di folle in cui crede sinceramente, ma ad un nuovo fariseo, amaro e cinico spregiatore del Cattolicesimo, che opprime i cattolici "con pesi insopportabili che egli non tocca nemmeno con un dito" (Lc 11, 46).

E (2): che all'apparire di un nemico esterno, cioè di chiunque metta in difficoltà il Cammino (famiglia, Parroci e Vescovi non consenzienti e persino il Papa), la tanto predicata docilità di fronte al nemico si rivela per ciò che è, ovvero un espediente che ordinariamente garantisce il controllo interno ma viene sconfessato appena si frappone un ostacolo all'avanzata della setta. In queste occasioni si dispiegano le forze della rissosità neocatecumenale, che è notoriamente di una slealtà sconfinataLa velocità di questa trasformazione fa comprendere l'entità della preparazione al combattimento, brace accesa sotto la coltre di cenere del falso pacifismo e del falso perdonismo.

Uscire dal Cammino? Proprio dopo il secondo scrutinio, quando bisogna iniziare a pagare la decima? Non se ne parla. Il Cammino è geloso delle sue risorse. Gli anni passano, i progressi sono intenzionalmente lenti (pagg. 18, 65, 104, 106, 109), sempre che non si regredisca. Causa che pende, causa che rende: il più che confortevole risultato a cui mirano i capi del Cammino è quello di tenere le persone legate al gruppo e con esse i proventi della vendita dei loro beni, dei lasciti, delle quote fisse e, non ultimo, garantire l'immunità penale per i catechisti ed i presbiteri abusatori di ragazze o bambini. Si tratta, in definitiva, di una truffa, innanzitutto spirituale e poi materiale di conseguenza. 

Cosa trattiene allora nel Cammino? Sorvolando sulle motivazioni poco nobili di esaltazione fanatica, orgoglio, abitudine, convenienza materiale e sociale e simili, ciò che fa esitare per anni molti fratelli in buonafede è la paura di abbandonare anche il Signore e di non ritrovarlo più nella Chiesa, timore purtroppo instillato in modo subdolo ed orrorifico dagli iniziatori della setta e supportato da anni di procurata dipendenza psicologica. 

A pag. 108 troviamo un inquietante ricatto morale di Kiko indirizzato agli eventuali disertori, cioè a chi pensasse, dopo aver passato gli scrutini, di poter rifiutare l'ormai definitivo ruolo neocatecumenale  di "sale che si lascia disciogliere dal peccato altrui per dare in cambio il perdono di Dio". Kiko promette disgrazie, odio, disprezzo, solitudine. Tuttavia, quando Nostro Signore ha detto "Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio" (Lc 9, 62), intendeva proprio il regno di Dio, non il Cammino Neocatecumenale: soltanto Kiko identifica le due cose. Il suo Cammino dell'amore al nemico invece non prevede alcuna pietà per i fratelli che scelgono di far fruttare altrove la propria vocazione:

Prima che questo succeda nella tua vita e ti spari un colpo (perché la gente che ha rinnegato Cristo degenera, degenera e cade sempre più in basso, e non può scappare perché la verità è la verità e tu non puoi liberartene), guardate che cosa dice il Signoreche non passino. Perché,se no, questi fratelli li distruggete. Dice: "Voi siete il sale della terra, ma se il sale perde il sapore con che cosa lo si salerà? Non serve che ad essere gettato fuori e calpestato dagli uomini". Guardate che cosa significa ciò: gettati fuori, non potete più stare nella comunità, gettati fuori dalla comunità e per giunta calpestati dagli uomini. La gente dirà: "E quello era così cristiano. Guarda com'è ridotto. Credo che la moglie lo abbia lasciato, sai? E adesso vive da qualche parte con un'altra. E i figli? Ah, li ha abbandonati. Sì, sì, questi cristiani* ... Te lo dicevo io che finiscono tutti allo stesso modo, che lì c'era un pasticcio".
* intende i cristiani da lui detti "della-domenica", cioè che non vanno o non vanno più in comunità.

La Barca di Pietro in un momento particolarmente difficile
dovuto all'emersione del Cammino Neocatecumenale.

La Santa Madre Chiesa che il Cammino pretende di "rivoluzionare" non può avere, per la sua natura di Sposa Mistica di Cristo, così tanti tentacoli e così tenaci. Quando ciò succede o sembra succedere, si tratta di infiltrazioni di servi cattivi e di aggressioni eretiche, come anche in questo caso.

Qualcuno dei suoi faccia pervenire copia di questo catechismo a Francisco Alvaro Marcelo Gomez Lopez Perez Fuentes Fernadez Alvarez Morales Cabron De La Vega Argüello. Fategli sapere che anche a lui, come a tutti, Dio ha cambiato il nome per la sua conversione (pagg. 110, 130, 131, 207) e che quando Dio lo avrà "pestato ben benino" per abbattergli l'orgoglio (pagg. 107, 108, 109, 110, 156)egli rimarrà "Chicco Gomez", vivendo "nella semplicità!!" (pag. 213).

Come il suddetto catechismo è stato d'aiuto a noi per uscire dalle grinfie delle eresie neocatecumenali che il suddetto Chicco Cabron De La Vega predica da 50 anni, la sua lettura e meditazione saranno d'aiuto a lui stesso per prepararsi all'esamone finale: sia a quello particolare che a quello generale, quando il Cristo che egli ha cercato di detronizzare, tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo Regno non avrà fine. Ricordate anche al vostro "Principe Giovanni d'Inghilterra" fanfarone ed impostore, che Cristo è nostro Re, anche se a lui piace chiamarlo Servo di Jahvè (pagg. 12, 24, 28, 47, 51, 54, 59, 61, 64, 65, 74, 84, 162).



mercoledì 26 maggio 2021

Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Gesù

“Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.” (Filippesi 2:5-7)



Avere gli stessi sentimenti di Gesù vuol dire soprattutto vivere ogni istante della propria vita uniti alla volontà di Dio fino al momento della morte. Di questi sentimenti Paolo ne descrive tre. Raccogliamoli per capire che cosa Paolo intenda.

Il primo: non considerare nostro quello che siamo e quello che abbiamo come se fosse frutto dei nostri meriti, perché Gesù Cristo «non ritenne un privilegio l’essere come Dio»
("io sono"; io faccio"; "io so pittore"; "io so il messia"; "io; io; io"; "Io, invece di stare in uno studio a Parigi con una ragazza, sono quì con voi. Che avrò fatto per dovervi sopportare?" by Kiko)
Il secondo: la capacità di spogliarsi del proprio egoismo, «assumendo una condizione di servo» del prossimo.
("Devolvetemi denari e beni, idolatratemi e servitemi" by Kiko)
Il terzo: umiliarsi facendosi ubbidiente al progetto di Dio «fino alla morte e a una morte di croce»
("costruitemi 1..2…3 Domus; se devo umiliarmi lo faccio nel lusso"; "io non posso obbedire a nessuno, perché il progetto di Dio sono io!"; "mi hanno sparato ad una gamba, ho un buco che non si rimargina, soffro, mi sgozzeranno, morirò martire…vabbè, non è successo niente, ma intanto mi faccio i santini." By Kiko)


Il fulcro del Cammino è la mistificazione; la menzogna che spalanca le porte terrene - e deturpa lo spirito - concedendo un successo momentaneo, effimero e apparente destinato a fallire. Il "ritocco" kikiano non risparmia neanche il concetto di "piccolezza evangelica", che i neocatecumenali concepiscono come un'esortazione all'ignoranza e alla credulità arrestante il bisogno di conoscenza.

I neocatecumenali più assidui e convinti si trastullano nell' ignoranza, ritenendo la mancata conoscenza della verità una virtù piuttosto che un problema.
Ciò chiarisce molteplici fattori, come ad esempio la loro necessità di scoprire (e anche inventare), con metodi kikiani e subdoli, i propri peccati enfatizzandoli, ma non di studiare le Sacre Scritture rispettandole. Loro posseggono il coraggio di denominare questa umiliazione scaturente dalla mancanza di conoscenza: piccolezza.

Questo preambolo ci introduce ad un fatto accaduto poco più di un anno fa, quando una neocatecumenale - sostenuta da un gruppetto di audaci kikos mentitori - pur di contrastare le logiche e inconfutabili asserzioni di Lino Lista, espresse: "noi del Cammino preferiamo essere come i piccoli, gli infanti…piuttosto che dei sapienti accecati dalla superbia della loro intelligenza"; "la Bibbia va scrutata non studiata!"

Ovviamente la Bibbia non si può indagare, né investigare. La Bibbia va letta immersi nella Luce e Sapienza di Dio, altrimenti si possono comprendere lucciole per lanterne.

Che confusione, stravolgono le Scritture bandendo la conoscenza per affidarsi totalmente al proferire degli "illuminati" catechisti.
Una precisazione è d' obbligo:
- Un proverbio popolare sintetizza agevolmente la motivazione per cui i kikos si accaniscono contro Lino tentando di svilirne le opere e cancellarne il nome:

"Quando la volpe non arriva all'uva, dice che è acerba"!

A seguire la risposta chiara e concisa di Lino, che serba delle severe correzioni agli imbarazzanti sproloqui dei neocatecumeni:

"NOI [NEOCATECUMENALI] INVECE DICIAMO…

E dite un'altra balordaggine che pure è una bestemmia. Cosa intendete dire, che il Signore si manifestò a "piccoli" che, secondo la vostra stolta idea, erano ignoranti?
Lo sapete chi sono i "piccoli" nel Vangelo? Sono i discepoli di Gesù. E tra i discepoli di Gesù ci fu Matteo (un pubblicano) che sapeva leggere, scrivere e anche fare di conti e ci fu Pietro che dirigeva una piccola "cooperativa" di pescatori. A vostro avviso i discepoli di Gesù furono scelti tra gli ignoranti? E San Paolo, allora, che era stato allievo del famoso rabbino Gamaliele? Lo sapete che l'Evangelista Luca era medico? E avete mai letto che tra i discepoli (in segreto) di Gesù c'erano membri del Sinedrio, i quali erano tutt'altro che ignoranti?
Lasciate che vi spieghi pure chi sono i "Magi", ai quali fu indicato il cammino verso il luogo ove sarebbe nato Gesù. I Magi non furono cartomanti del genere Kiko Argüello & C. che usano la pratica della bibliomanzia. Erano i sapienti dell'epoca, ve l'ha detto mai nessuno?
Allora, cari neocatecumenali incalliti che invece di andare a farsi evangelizzare da un buon catechista si danno alle balordaggini, come la mettiamo con Dio che si sarebbe nascosto agli intelligenti e ai sapienti?"

Chi è piccolo si riconosce creatura. Non si erge a correttore di Dio come faceva Giuda nei confronti di Gesù e come fa Kiko nei confronti della Parola; del Vangelo di Cristo.
I piccoli non sono, come affermano i neocatecumenali, gli ignoranti che si privano volontariamente della cognizione, ma sono coloro che riconoscono di aver bisogno del Signore. Sono quelli che raccolgono l’invito di Gesù: «Venite a me!». Sono quelli che si liberano dell’orgoglio, che si lasciano amare, che diffondono carità e che vivono con umiltà, quella vera, non certo quella manipolata che priva i piccoli di cultura, socialità, famiglia, beni, per incrementare la prosperità di Kiko.

A seguire la testimonianza di M.:

Caro Lino, è stato detto anche a me dai catechisti:

"NOI INVECE DICIAMO CHE…"

ma non si riferivano a Gesù Cristo, bensì alla convivenza della Redditio della mia comunità (che iniziava di giovedì, febbraio 2002) che cadeva in coincidenza con gli scrutini scolastici, supplivo una collega e le sedi delle scuole si trovavano a 80-90 km da casa mia (più o meno 1h e 30 - 2h di macchina), per cui presi la decisione di risiedere a B. presso un convento di suore. Avvisai i fratelli di comunità della mia situazione e che li avrei raggiunti in convivenza alla fine del mio lavoro. Mi venne suggerito di chiamare la segreteria della scuola per dire che ero malata e non sarei stata presente il giovedì, il venerdì e il sabato, in coincidenza con la convivenza della Redditio; la mia risposta è stata: "quello che mi suggerite è una truffa alla scuola e allo Stato". E scelsi di adempiere al mio dovere nei confronti della scuola. Alla fine degli scrutini scolastici (sabato ore 14.30) parto da G. (seconda sede, quella più lontana da casa mia) raggiungo in due ore l'albergo in cui si svolgeva la convivenza e trovo i fratelli di comunità presenti liberamente in giro per la hall dell'albergo, saluto i catechisti (i supercatechisti che fanno parte di un'altra diocesi ma si occupano di tutte le convivenze e i passaggi a livello regionale) non mi dicono nulla sul mio arrivo. Finito il momento di ricreazione convocano tutti in sala per continuare la convivenza. Il supercatechista (uno dei 120 papabili alla successione) riprende il discorso spiegando come rispondere alle domande della Redditio ma improvvisamente si ferma e (sempre parlando al microfono) mi chiede se fossi arrivata in quel momento e perché, rispondo chiaramente spiegando la questione. Comincia a dire frasi incomplete tipo "… e le Redditio si vive dall'inizio… non è redditio se si arriva tardi… " poi il sacerdote che presiedeva dice ai catechisti di avvicinarsi a lui, quindi parlano per qualche minuto (non so leggere il labiale ma ho avuto la senzazione che il sacerdote dicesse ai catechisti "Può restare") mentre il supercatechista torna al microfono e dice "NOI INVECE DICIAMO CHE…" ma continua a girare intorno al discorso con frasi del tipo: "le cose IMPORTANTI sono già state dette; la catechesi è importante; quello che viene dopo non è così importante; quello che abbiamo vissuto in convivenza è fondamentale…" ad un certo punto chiamandolo per nome dico con voce alta e sicura: "S. che devo fare? devo restare o me ne devo andare?" il supercatechista risponde "te ne devi andare" ed io riprendo senza nessuna alterazione o agitazione: "ALLORA BUONA CONVIVENZA A TUTTI" allontanandomi e tornando a casa. Alcuni giorni dopo ho chiesto ad una sorella come continuava la convivenza, mi rispose che quello che veniva dopo era LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA! Ovvero la Parola del catechista è più importante della Parola di Dio. La catechesi è più importante dell'Eucaristia. Meditate gente, la piccolezza non esiste in cammino, ma è la superbia a far da padrona."

Cristo ha quindi dimostrato che si può scegliere di farsi piccoli senza diminuirsi.
Non bisogna degradarsi dietro alle scellerate decisioni del catechisti del cammino sopprimendo la propria esistenza.

"NOI INVECE DICIAMO CHE…" una frase che è sinonimo di superbia, che sta ad indicare la supremazia che i neocatecumenali vorrebbero esercitare sulla Chiesa; su Dio!

Vuoi essere grande? Comincia con l’essere piccolo. Vuoi erigere un edificio che arrivi fino al cielo? Costruisci prima le fondamenta dell’umiltà.
Agostino d’Ippona



lunedì 24 maggio 2021

Trent'anni in tre minuti

Diceva Kiko nel 2012 ai Cappuccini a Cracovia: 
«Noi siamo con la Chiesa, con il Papa, però lentamente. Sapete quando diamo noi il Rosario nel Cammino? Dopo dodici anni diamo il Rosario. Se lo diamo prima, scappano. Dopo quindici li portiamo dal Papa. Con pazienza, con pazienza con pazienza. Bisogna stare molto attenti perché la gente non sopporta i devozionismi. Gli atei Fatima non la sopportano, i devozionismi, Fatima, queste cose. Allora credono che noi siamo una chiesa nuova, diversa. E noi dobbiamo dimostrare che non siamo eretici e che facciamo le cose per amore a loro, perché dice che il Buon Pastore prende la pecora perduta e la mette sulle spalle e la porta lentamente a Cristo.» 

 

I volti stupefatti dei frati Cappuccini


Ecco come giustificava Kiko non solo un linguaggio diverso del proprio Cammino rispetto a quello della Chiesa, ma anche una diversa ritualità e addirittura una azione attiva nel tenere lontani i conversi dalla vita profonda e dalle devozioni della Chiesa: 
dodici anni per pregare il rosario, quindici per andare dal Papa (intendeva il viaggio a Roma e l'ingresso trionfale della comunità in san Pietro): il linguaggio della Chiesa è vecchio, stantio, incomprensibile, inviso agli atei, a chi non crede più, mentre la "diversità" dei kikos fa credere loro di essere in una nuova Chiesa, poi, lentamente, vengono riavvicinati ad essa. 
 
E qui Kiko commette lo sproposito di paragonare questa pedagogia mistificatoria a quella del Buon Pastore che si mette la pecorella sperduta sulle spalle per riportarla all'ovile. 
Sappiamo che anche questa è un'ennesima bugia di Kiko, raccontata ai Cappuccini perché non sarebbero in grado al momento di recepire la novità non solo formale ma sostanziale del suo Cammino neocatecumenale, quindi vengono anch'essi trattati come gli atei, cioè gli si "nasconde la verità", viene data loro una mezza bugia accettabile alle loro menti ancora non pronte, vengono presi sulle spalle da Kiko-buon-pastore per essere condotti gradualmente alla verità del Cammino. 
 
Purtroppo i frati ridevano, pensavano fosse una macchietta, uno spagnolo pieno di buona volontà, che in fondo in fondo lavora per la fede...e questo è il grande errore di molti sacerdoti, la loro tragica sottovalutazione. 
 
Per convertire i lontani alla fede è necessario che chi porta l'annuncio sia credibile, autentico: non è necessario inventare nuove parole, dietro alle quali si nascondono nuovi significati, non è necessario ingannare, non è necessario presentarsi (purtroppo, essendolo) come una nuova Chiesa. 
 
Andrè Frossard, saggista francese, figlio di dirigente comunista, ateo, disinteressato totalmente alla religione, entrò per caso in una chiesa durante l'esposizione del Santissimo e ne uscì, poco dopo, dichiarando: "Sono cattolico, apostolico, romano... Dio esiste ed è tutto vero": passarono tre minuti, non trent'anni. 
 
Così Gesù Cristo converte gli atei, non certo Kiko, che invece converte a sé i cattolici.

sabato 22 maggio 2021

“Veglia di Pentecoste”: Pentecoste ebraica o Pentecoste cattolica? Solita confusione neocatecumenale!

 

La voce "Notizie" del Sito Ufficiale del C.N. è ferma al 13 Aprile scorso. Si comunicavano le dimissioni del padre Mario Pezzi dall'ospedale. Si chiedeva ancora di "continuare a pregare per Kiko e P. Mario fino al loro completo recupero". Dopo questo più nulla. Che fine hanno fatto? Come se la passano? Dove sono? Sempre a Madrid nel loro rifugio? Aspettavamo qualche segno di vita per la Pentecoste. Poiché lo scorso anno Kiko scrisse una Lettera in preparazione alla Veglia. Ma quest’anno solo silenzio. 

Pare che le indicazioni alle comunità siano arrivate dai catechisti direttamente: "Si celebri al sabato la Veglia in presenza il più possibile, visto il miglioramento della situazione. Chi non può si colleghi su piattaforma: è vietato giudicare i fratelli che non se la sentono ancora..." (oh, come sono diventati comprensivi e misericordiosi!). La domenica, poi, si tenga una convivenza di mezza giornata con le lodi e il giro di esperienze, e ciascuno torni a casa sua per pranzo. Meglio non correre ulteriori rischi di contagio. Insomma, si può iniziare pian piano la ripresa. 

Intanto la domanda è sempre la stessa: Ma Kiko dov’è? O non sta ancora bene del tutto, o non sa più cosa dire. I fratelli, intanto, che si attengano allo schema trasmesso lo scorso anno in uno con la Lettera di Kiko per la Veglia di Pentecoste 2020. Queste le disposizioni orali un poco dappertutto. 

 Grande festa la Pentecoste, “festa della nascita della Chiesa”, sottolinea Kiko. Ma tutto devono rivisitare! Tutto devono ri-vivere a modo loro e per conto loro. Da anni ormai le comunità per Pentecoste vanno in convivenza fuori dalla Parrocchia. Per disposizione degli Iniziatori già da molti anni l’ideale è recarsi in un albergo fin dal sabato sera per celebrare per comunità e in forma solenne la Veglia con le sette letture (e certo, devono sempre strafare, moltiplicando pure le risonanze). Si ricorda anche che questa è l’unica occasione in cui è consentito battezzare i propri figli, sempre rigorosamente per immersione, oltre che alla Veglia di Pasqua. 

Ma perché – vien da chiedersi - si dà tanta importanza alla Pentecoste neocatecumenale? E’ chiaro! Perché costoro celebrano la nascita della kikiana chiesa sorta per rinnovare quella stessa Parrocchia da cui, come sempre, si tengono a debita distanza. E chi non l’accolga è condannato all’estinzione. Celebrano, in definitiva, l’avvento dello Spirito Santo sulle loro “piccole comunità”

Dice Kiko: 

“Coraggio! Che per voi Dio ha ancora dei segni più grandi, ancora vi mostrerà cose maggiori. Avete visto di Pentecoste in Pentecoste Dio che sta benedicendo la vostra comunità. Non guardate la vostra debolezza, ma il progetto, il disegno che Dio ha per la salvezza di questa generazione” 

“Questo amore... che prima non esisteva sul nostro pianeta, Dio lo ha voluto dare a noi. Questo amore è nel fondo il compimento della Torà...” 

“I Papi hanno detto che il Cammino Neocatecumenale viene della cielo per la salvezza della Chiesa: hanno questo carisma di discernimento.”  (cit. tratte dalla Lettera per la Veglia di Pentecoste 2020

Kiko ostenta e si pone al centro. Questa sempre la sua malattia. Il C.N., opera di Dio per la Chiesa e per gli uomini, guai a chi non lo riconosce! 

E, scoperta nella scoperta: l’ebraicizzazione come ritorno alle origini e all’autenticità perduta. 

Spazzati via secoli e secoli di storia che lo hanno preceduto. I secoli, il creato e il mondo intero aspettavano con ansia il suo avvento! Kiko aggancia all’ebraismo il suo avvento e lo racchiude nel suo spazio angusto. Disincarna Gesù Cristo, Vero Dio e Vero Uomo, dal suo Cammino iniziatico. Da esso esclude la Chiesa universale, cattolica, romana. 

Si cita, per produrne prova, dalle Letture della Messa di Domenica scorsa: Ascensione del Signore (Anno B) 

Dal Vangelo secondo Marco 16, 15 : 

Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 

Dagli Atti degli Apostoli 1, 3-8 : 

Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre «quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni». Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: «Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra».

 Questa precisa parola avevano nel cuore gli Apostoli e la Vergine Maria radunati nel Cenacolo in obbedienza a Gesù e in preghiera. 

Nella Lettera dello scorso anno con sconcerto prendevamo atto del limitato e limitante orizzonte kikiano (dovuto alla sua ignoranza o voluto?)

Shavuot.
Festa della Mietitura

Rotolo di Ruth

“Quando gli Apostoli stavano celebrando nel Cenacolo, con la Madonna, la discesa del Signore sul monte Sinai e la consegna della Torà, sapete che un vento impetuoso ha smosso le finestre e di colpo sono apparse come lingue di fuoco sulle loro teste ed è disceso su di loro lo Spirito Santo…”. 

Kiko innesta la Pentecoste direttamente sulla festa ebraica della Torà: la consegna delle tavole della legge a 50 giorni dall’uscita dall’Egitto. Lo Shavuot, in senso stretto, per gli ebrei è primariamente Festa delle settimane (sette settimane dopo la Festa degli azzimi), in greco Pentecoste poiché cade 50 giorni dopo Pesach. E’ Festa delle primizie, festa conclusiva della mietitura: gli Israeliti si recavano al Tempio portando con sé le primizie del raccolto e offrendo sacrifici. 

Questo che Kiko fa con la Pentecoste è lo stesso che nel Cammino si fa per la Pasqua, tutta innestata sulla Pasqua ebraica (e di conseguenza per l’“eucarestia” pasqua della settimana, che va celebrata rigorosamente alla vigilia del giorno di festa e di riposo) che viene intesa solo come mero compimento e perfezionamento dell’uscita dall’Egitto: schiavitù-libertà = morte-vita. Passaggio sigillato nel pane e nel vino che assurgono a “segno” e basta, a mero simbolo. Ossia importante è il significato catechetico che incarnano (non dimentichiamo mai che nel Cammino tutto è catechesi e in funzione della catechesi!). Pane della fretta, Pane della schiavitù dell’Egitto; Vino della Terra Promessa, sigillo della libertà conquistata. Tutto il resto della Messa per la dottrina kiko/carmeniana è incrostazione, come ben si sa. E primariamente è incrostazione per l’aspetto sacrificale, per il silenzio, per l’adorazione. Come si può accettare l’ "Ostia" al posto del “Pane”? Quando Ostia significa proprio Vittima e il suo posto è l’Altare consacrato

Ma non vogliamo disperderci, parlavamo della Pentecoste. Il raffronto ci aiuta solo a comprendere che nulla nel Cammino è affidato al caso. Si risponde sempre alla medesima logica. Come ben vediamo. E’ proprio al fine di strutturare bene la loro concezione negli adepti, che tutte le più rilevanti Feste Cattoliche si tende a viverle, nel contesto neocatecumenale, in un clima di totale isolamento. Le rigide, inderogabili e puntuali “consegne” approntate rispondono a questa precisa logica ed esigenza: educare un popolo di “credenti” che si mantengano chiaramente distinti dai comuni fedeli e diversi da tutti gli altri. Che si autoescludano puntualmente dalla comunione ecclesiale, in tutte le occasioni in cui più opportuni sarebbero gli incontri. 

Proprio la Pentecoste è il momento che più accomuna tutte le realtà ecclesiali (sempre i Papi lo hanno ribadito). E i neocatecumenali, per kikiana disposizione, proprio in questa occasione così significativa e di aggregazione attorno al Papa, si vanno a relegare, neanche nelle consuete sale e salette parrocchiali, ma addirittura in alberghi prenotati fuori città. 

Kiko e Carmen, per re-immergere la loro creatura totalmente nell’ebraismo (mai abbastanza rimpianto!) hanno scavallato non solo 2000 anni di storia della Chiesa, ma anche Nostro Signore, che rimarcò con la sua vita, morte e resurrezione e in tutta la sua predicazione il totale superamento dell’ebraismo, aprendo a tutte le nazioni e popoli, fino agli estremi confini della terra. Così è tutto per costoro!

Concluso con la Pentecoste il tempo pasquale, si arriva rapidamente alla Solennità del Corpus Domini. E Kiko cosa ti inventa? 

L’“adorazione notturna” per i fratelli più avanti nel cammino. Ti pareva non dovesse fare qualche invenzione? E’ sempre lo “spirito del cammino” a fagocitare tutto. Non sia mai che entri qualcosa di puramente cattolico nei suoi indottrinati. 

Si segue, come sempre, uno schema preciso, predisposto ad hoc dai “santi” Iniziatori tra letture, canti, salmi e un poco di preghiera silenziosa. (Ci si reca in Chiesa sera molto tardi, perchè si permarrà fino al mattino. Il Parroco o chi per lui esporranno per il gruppo adorante il Santissimo, per poi andar via e tornare al mattino per riporre l'Ostensorio). E poi, restando davanti a Gesù Sacramentato esposto nell’Ostensorio sulla mensa preparata mentre i fratelli veglianti siedono tutt’intorno, si procede ognuno aprendo una parola al caso per sè e, per l’occasione, si concede qualcosa di veramente eccezionale. 

 

Accozzaglia di simboli kikiani asfissianti.
 Nel cammino, generalmente, ognuno dà la sua esperienza; nessuno si deve ergere a censore o giudicare il fratello. Solo col sorgere, dopo il Padre Nostro, del gruppo dei “garanti” (altro carisma neocatecumenale adulto) si concederà al solo garante di poter "dare una parola" ai fratelli del suo gruppo, che sono quelli che a lui sono stati assegnati (normalmente per sorteggio) dai catechisti alla consegna del cammino per la Tappa del Padre Nostro. Il garante, insomma, è una sorta di primus inter pares e il collante con i catechisti…. Ma in questa notte di veglia speciale nella settimana del Corpus Domini, in cui si alterneranno a gruppi tutti i fratelli della comunità, avviene che dopo che uno ha “aperto al caso” la parola per sé (perché il Signore va a dare in questa notte a ciascuno una “parola profetica per la sua vita”) è concesso a chiunque lo voglia, di dire una parola “ispirata” al fratello di turno; e così per tutti. Questo sempre davanti a Gesù esposto. Incapaci come sono di mettersi in ascolto silenzioso e in preghiera e a questo mai educati.

Gesù esposto sulla kikiana mensa

  i fratelli seduti restano nascosti

(anche questo è arcano!)

 


Ricordo bene che all’Iniziazione alla Preghiera ci fu detto: "da ora piano piano avrete il Cristo parlante in voi, vi insegneremo ad ascoltarlo; il Maestro Interiore di cui parla Sant’Agostino…. Non ti servirà più nessun catechista...

Come sempre tutte balle e solo balle raccontano! Alla fine del cammino ecco che si arriva, piuttosto, a queste oscene pagliacciate. 

Le Feste, le Solennità più grandi, potrebbero essere altrettante occasioni per fare almeno le prove di inclusione nella Chiesa (sarebbe pure ora!). Per educare alla comunione ecclesiale, alla partecipazione attiva alla vita della Parrocchia (se non si sbaglia, questo era lo scopo finale dell’ispirazione di Kiko: sciogliersi nella Parrocchia), per iniziare ad assaporare la fede adulta condivisa nella vera “comunione dei santi”, non in quella comunione elitaria e distorta dalla visione kikiana dell’essere UNO

Esclusivismo neocatecumenale
Invece i momenti più forti dell’anno liturgico sono per il Neocatecumenato altrettante occasioni per isolarsi ancor più, per escogitare liturgie e riti propri e marcatamente caratterizzanti, buoni solo a incrementare le differenze. Perché sulle sue trovate Kiko struttura l’unicità, identità, autenticità del suo “carisma”. E’ così che il divario tra Chiesa e Cammino, Parrocchia e Comunità si fa sempre più grande fino a divenire incolmabile. Com’è sotto gli occhi di tutti. E questo è per tutte le Feste Liturgiche! Vogliamo parlare ancora del Santo Natale? O dei tempi di preparazione ai tempi forti: Avvento e Quaresima? Tutto così nel cammino, senza riuscire ad intravedere neanche la più piccola eccezione che, come si dice, confermerebbe la regola! 

Se osservi tutte queste incongruenze mentre fai parte del cammino da lunghi anni o sei alla fine del percorso e oltre, può essere che ti sorgono dei dubbi e vorresti porre qualche domanda. Non sia mai! 

Qui scatta l’obbedire senza pensare che si lega, senza soluzione di continuità, all’originario: Nel cammino non si pongono domande, il cammino è sull’ascolto… quel che non comprendi lo capirai… forse… e se no, non fa niente, anzi meglio di tutto è "obbedire senza pensare!" (Come se il tenere attivo il senso critico e la ragione fosse l’ostacolo insormontabile, l’impedimento più grande all’ascolto e alla conversione). 

Trigramma col nome di Cristo nella Chiesa di San Francesco (Prato) (1420 ca.)

 

giovedì 20 maggio 2021

30 anni di decima

Scriveva qualche tempo fa un commentatore neocatecumenale sul nostro blog:

"Per quanto riguarda la decima penso che io sia libero di fare dei miei soldi quello che voglio e se voglio condividere con chi e' nel bisogno sono fatti miei"

Pubblichiamo la risposta a questo commento, a nostro parere particolarmente interessante, di 30anni.


 

"Questo non lo puoi sapere per certo visto che è assolutamente vietato sapere che fine fanno i soldi delle decime. 

Ma il vero capolavoro suggestivo è che per parecchi anni riescono a convincerti che questo faccia parte della fede e che viceversa il chiedere conto è segno di incredulità e attaccamento al denaro. E senza contare quanti giudizi e mormorazioni produca questo arcano (tutto sottotraccia ca va sans dire ... ).

Ora, in questo humus suggestivo dare la decima è vera libertà ?

La visione offuscata dei neocat

 

Ma passiamo al famoso "dì fatti concreti" dando dei numeri. 

Se uno guadagna diciamo 5000 EUR al mese dovrebbe darne 500 di decime;

è una cifra molto alta ma presumibilmente la sua famiglia, per es con 5 figli, non avrà problemi economici e solo risparmierà di meno.

Ma se la stessa famiglia ha un solo reddito di 1000 EUR al mese dovrebbe darne 100 di decima; cifra molto inferiore alla precedente ma che per la famiglia significa la differenza tra l'arrivare con fatica a fine mese e il non arrivarci e fare la fame. 
 
Libero di non darla? 
In astratto sì, ma la sua libertà è vincolata dal senso di colpa e dalla paura del giudizio pubblico durante i giri di esperienze. Cosicché molto probabilmente se non dà la decima lo farà senza dirlo. 
 
È libertà questa? 
Direi proprio di no. 
 
Ma ammettiamo che la dia comunque confidando nel prenderla poi dal responsabile. 
Nel migliore dei casi (raro) riavrà i suoi 100 euro in una sorta di teatrino che comunque richiede dal povero padre di famiglia l'umiliazione mensile nel chiedere. 
 
Ma molto più facilmente non ci sarà "trippa" per tutti e il padre si troverà ad essere come quel paralitico del vangelo che si buttava sempre in ritardo nella piscina. 
Quindi otterrà poco o addirittura niente, e questo dopo aver dovuto comunque chiedere ad un responsabile, dominus della situazione, che probabilmente non gli farà mancare come ulteriore umiliazione la classica domanda "a cosa ti servono?" (domanda ignobile perché la rendicontazione del dare è vietata e quindi lo dovrebbe essere anche il ricevere).
 
Se a questo aggiungiamo che anche qui ci sono sempre i "furbi" che si buttano subito nella piscina e prendono più decima e i fessi come il nostro padre di famiglia, il quadro è completo, con le conseguenze in termini di miseria e recriminazioni che si possono immaginare. 
Egregio, non stiamo a raccontarci balle e stiamo sui "fatti concreti".

Quello che ho scritto è esperienza personale; più di 30 anni di cammino, elezione, nome scritto sulla mattonella alla Domus non lontano dai cerbiatti ..."

Lapidi con i nomi di chi ha 'finito' il Cammino
sullo scalone di ingresso alla Domus Galilaeae (Israele)

 

(da 30anni)