La voce "Notizie" del Sito Ufficiale del C.N. è ferma al 13 Aprile scorso. Si comunicavano le dimissioni del padre Mario Pezzi dall'ospedale. Si chiedeva ancora di "continuare a pregare per Kiko e P. Mario fino al loro completo recupero". Dopo questo più nulla. Che fine hanno fatto? Come se la passano? Dove sono? Sempre a Madrid nel loro rifugio? Aspettavamo qualche segno di vita per la Pentecoste. Poiché lo scorso anno Kiko scrisse una Lettera in preparazione alla Veglia. Ma quest’anno solo silenzio.
Pare che le indicazioni alle comunità siano arrivate dai catechisti direttamente: "Si celebri al sabato la Veglia in presenza il più possibile, visto il miglioramento della situazione. Chi non può si colleghi su piattaforma: è vietato giudicare i fratelli che non se la sentono ancora..." (oh, come sono diventati comprensivi e misericordiosi!). La domenica, poi, si tenga una convivenza di mezza giornata con le lodi e il giro di esperienze, e ciascuno torni a casa sua per pranzo. Meglio non correre ulteriori rischi di contagio. Insomma, si può iniziare pian piano la ripresa.
Intanto la domanda è sempre la stessa: Ma Kiko dov’è? O non sta ancora bene del tutto, o non sa più cosa dire. I fratelli, intanto, che si attengano allo schema trasmesso lo scorso anno in uno con la Lettera di Kiko per la Veglia di Pentecoste 2020. Queste le disposizioni orali un poco dappertutto.
Grande festa la Pentecoste,
“festa della nascita della Chiesa”, sottolinea Kiko. Ma tutto devono
rivisitare!
Tutto devono ri-vivere a modo loro e per conto loro. Da anni ormai le comunità per
Pentecoste vanno in convivenza
fuori dalla Parrocchia. Per disposizione degli Iniziatori già da molti anni l’ideale è recarsi in un albergo fin dal sabato sera per celebrare per comunità e in forma solenne la
Veglia con le sette letture (e certo, devono sempre strafare, moltiplicando pure le risonanze). Si ricorda anche che questa è l’unica occasione in cui è consentito battezzare i propri figli, sempre rigorosamente
per immersione, oltre che alla Veglia di Pasqua.
Ma perché – vien da chiedersi - si dà tanta importanza alla Pentecoste neocatecumenale? E’ chiaro! Perché costoro celebrano la nascita della kikiana chiesa sorta per rinnovare quella stessa Parrocchia da cui, come sempre, si tengono a debita distanza. E chi non l’accolga è condannato all’estinzione. Celebrano, in definitiva, l’avvento dello Spirito Santo sulle loro “piccole comunità”.
Dice Kiko:
“Coraggio! Che per voi Dio ha ancora dei segni più grandi, ancora vi mostrerà cose maggiori. Avete visto di Pentecoste in Pentecoste Dio che sta benedicendo la vostra comunità. Non guardate la vostra debolezza, ma il progetto, il disegno che Dio ha per la salvezza di questa generazione”
“Questo amore... che prima non esisteva sul nostro pianeta, Dio lo ha voluto dare a noi. Questo amore è nel fondo il compimento della Torà...”
“I Papi hanno detto che il Cammino Neocatecumenale viene della cielo per la salvezza della Chiesa: hanno questo carisma di discernimento.” (cit. tratte dalla Lettera per la Veglia di Pentecoste 2020)
Kiko ostenta e si pone al centro. Questa sempre la sua malattia. Il C.N., opera di Dio per la Chiesa e per gli uomini, guai a chi non lo riconosce!
E, scoperta nella scoperta: l’ebraicizzazione come ritorno alle origini e all’autenticità perduta.
Spazzati via secoli e secoli di storia che lo hanno preceduto. I secoli, il creato e il mondo intero aspettavano con ansia il suo avvento!
Kiko aggancia all’ebraismo il suo avvento e lo racchiude nel suo spazio angusto. Disincarna Gesù Cristo, Vero Dio e Vero Uomo, dal suo Cammino iniziatico. Da esso esclude la Chiesa universale, cattolica, romana.
Si cita, per produrne prova, dalle Letture della Messa di Domenica scorsa: Ascensione del Signore (Anno B)
Dal Vangelo secondo Marco 16, 15 :
Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.
Dagli Atti degli Apostoli 1, 3-8 :
Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre «quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni». Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: «Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra».
Questa precisa parola avevano nel cuore gli Apostoli e la Vergine Maria radunati nel Cenacolo in obbedienza a Gesù e in preghiera.
Nella Lettera dello scorso anno con sconcerto prendevamo atto del limitato e limitante orizzonte kikiano (dovuto alla sua ignoranza o voluto?):
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Shavuot. Festa della Mietitura
Rotolo di Ruth
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“Quando gli Apostoli stavano celebrando nel Cenacolo, con la Madonna, la discesa del Signore sul monte Sinai e la consegna della Torà, sapete che un vento impetuoso ha smosso le finestre e di colpo sono apparse come lingue di fuoco sulle loro teste ed è disceso su di loro lo Spirito Santo…”.
Kiko innesta la Pentecoste direttamente sulla festa ebraica della Torà: la consegna delle tavole della legge a 50 giorni dall’uscita dall’Egitto. Lo Shavuot, in senso stretto, per gli ebrei è primariamente Festa delle settimane (sette settimane dopo la Festa degli azzimi), in greco Pentecoste poiché cade 50 giorni dopo Pesach. E’ Festa delle primizie, festa conclusiva della mietitura: gli Israeliti si recavano al Tempio portando con sé le primizie del raccolto e offrendo sacrifici.
Questo che Kiko fa con la Pentecoste è lo stesso che nel Cammino si fa per la Pasqua, tutta innestata sulla Pasqua ebraica (e di conseguenza per l’“eucarestia” pasqua della settimana, che va celebrata rigorosamente alla vigilia del giorno di festa e di riposo) che viene intesa solo come mero compimento e perfezionamento dell’uscita dall’Egitto: schiavitù-libertà = morte-vita. Passaggio sigillato nel pane e nel vino che assurgono a “segno” e basta, a mero simbolo. Ossia importante è il significato catechetico che incarnano (non dimentichiamo mai che nel Cammino tutto è catechesi e in funzione della catechesi!). Pane della fretta, Pane della schiavitù dell’Egitto; Vino della Terra Promessa, sigillo della libertà conquistata. Tutto il resto della Messa per la dottrina kiko/carmeniana è incrostazione, come ben si sa. E primariamente è incrostazione per l’aspetto sacrificale, per il silenzio, per l’adorazione. Come si può accettare l’ "Ostia" al posto del “Pane”? Quando Ostia significa proprio Vittima e il suo posto è l’Altare consacrato?
Ma non vogliamo disperderci, parlavamo della Pentecoste. Il raffronto ci aiuta solo a comprendere che nulla nel Cammino è affidato al caso. Si risponde sempre alla medesima logica. Come ben vediamo.
E’ proprio al fine di strutturare bene la loro concezione negli adepti, che tutte le più rilevanti Feste Cattoliche si tende a viverle, nel contesto neocatecumenale, in un clima di totale isolamento. Le rigide, inderogabili e puntuali “consegne” approntate rispondono a questa precisa logica ed esigenza: educare un popolo di “credenti” che si mantengano chiaramente distinti dai comuni fedeli e diversi da tutti gli altri. Che si autoescludano puntualmente dalla comunione ecclesiale, in tutte le occasioni in cui più opportuni sarebbero gli incontri.
Proprio la Pentecoste è il momento che più accomuna tutte le realtà ecclesiali (sempre i Papi lo hanno ribadito). E i neocatecumenali, per kikiana disposizione, proprio in questa occasione così significativa e di aggregazione attorno al Papa, si vanno a relegare, neanche nelle consuete sale e salette parrocchiali, ma addirittura in alberghi prenotati fuori città.
Kiko e Carmen, per re-immergere la loro creatura totalmente nell’ebraismo (mai abbastanza rimpianto!) hanno scavallato non solo 2000 anni di storia della Chiesa, ma anche Nostro Signore, che rimarcò con la sua vita, morte e resurrezione e in tutta la sua predicazione il totale superamento dell’ebraismo, aprendo a tutte le nazioni e popoli, fino agli estremi confini della terra.
Così è tutto per costoro!
Concluso con la Pentecoste il tempo pasquale, si arriva rapidamente alla
Solennità del Corpus Domini. E Kiko cosa ti inventa?
L’“adorazione notturna” per i fratelli più avanti nel cammino. Ti pareva non dovesse fare qualche invenzione?
E’ sempre lo “spirito del cammino” a fagocitare tutto. Non sia mai che entri qualcosa di puramente cattolico nei suoi indottrinati.
Si segue, come sempre, uno schema preciso, predisposto ad hoc dai “santi” Iniziatori tra letture, canti, salmi e un poco di preghiera silenziosa. (Ci si reca in Chiesa sera molto tardi, perchè si permarrà fino al mattino. Il Parroco o chi per lui esporranno per il gruppo adorante il Santissimo, per poi andar via e tornare al mattino per riporre l'Ostensorio). E poi, restando davanti a Gesù Sacramentato esposto nell’Ostensorio sulla mensa preparata mentre i fratelli veglianti siedono tutt’intorno, si procede ognuno aprendo una parola al caso per sè e, per l’occasione, si concede qualcosa di veramente eccezionale.
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Accozzaglia di simboli kikiani asfissianti.
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Nel cammino, generalmente, ognuno dà la sua esperienza; nessuno si deve ergere a censore o giudicare il fratello. Solo col sorgere, dopo il Padre Nostro, del
gruppo dei “garanti” (altro
carisma neocatecumenale adulto) si concederà al solo
garante di poter
"dare una parola" ai fratelli del suo gruppo, che sono quelli che a lui sono stati assegnati (normalmente per sorteggio) dai catechisti alla consegna del cammino per la Tappa del Padre Nostro. Il
garante, insomma, è una sorta di
primus inter pares e il collante con i catechisti….
Ma in questa
notte di veglia speciale nella settimana del Corpus Domini, in cui si alterneranno a gruppi tutti i fratelli della comunità, avviene che dopo che uno ha
“aperto al caso” la parola per sé (
perché il Signore va a dare in questa notte a ciascuno una “parola profetica per la sua vita”) è concesso a chiunque lo voglia, di dire una parola
“ispirata” al fratello di turno; e così per tutti.
Questo sempre davanti a Gesù esposto. Incapaci come sono di mettersi in ascolto silenzioso e in preghiera e a questo mai educati.
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Gesù esposto sulla kikiana
mensa i fratelli seduti restano nascosti (anche questo è arcano!)
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Ricordo bene che all’Iniziazione alla Preghiera ci fu detto: "da ora piano piano avrete il Cristo parlante in voi, vi insegneremo ad ascoltarlo; il Maestro Interiore di cui parla Sant’Agostino…. Non ti servirà più nessun catechista..."
Come sempre tutte balle e solo balle raccontano! Alla fine del cammino ecco che si arriva, piuttosto, a queste oscene pagliacciate.
Le Feste, le Solennità più grandi, potrebbero essere altrettante occasioni per fare almeno le prove di inclusione nella Chiesa (sarebbe pure ora!). Per educare alla comunione ecclesiale, alla partecipazione attiva alla vita della Parrocchia (se non si sbaglia, questo era lo scopo finale dell’ispirazione di Kiko: sciogliersi nella Parrocchia), per iniziare ad assaporare la fede adulta condivisa nella vera “comunione dei santi”, non in quella comunione elitaria e distorta dalla visione kikiana dell’essere UNO.
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Esclusivismo neocatecumenale
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Invece i momenti più forti dell’anno liturgico sono per il Neocatecumenato altrettante occasioni per
isolarsi ancor più, per escogitare liturgie e riti propri e marcatamente caratterizzanti, buoni solo a incrementare le differenze. Perché sulle sue trovate Kiko struttura l’unicità, identità, autenticità del suo
“carisma”. E’ così che il divario tra Chiesa e Cammino, Parrocchia e Comunità si fa sempre più grande fino a divenire incolmabile. Com’è sotto gli occhi di tutti.
E questo è per tutte le Feste Liturgiche! Vogliamo parlare ancora del Santo Natale? O dei tempi di preparazione ai tempi forti: Avvento e Quaresima? Tutto così nel cammino, senza riuscire ad intravedere neanche la più piccola eccezione che, come si dice, confermerebbe la regola!
Se osservi tutte queste incongruenze mentre fai parte del cammino da lunghi anni o sei alla fine del percorso e oltre, può essere che ti sorgono dei dubbi e vorresti porre qualche domanda. Non sia mai!
Qui scatta l’obbedire senza pensare che si lega, senza soluzione di continuità, all’originario: Nel cammino non si pongono domande, il cammino è sull’ascolto… quel che non comprendi lo capirai… forse… e se no, non fa niente, anzi meglio di tutto è "obbedire senza pensare!" (Come se il tenere attivo il senso critico e la ragione fosse l’ostacolo insormontabile, l’impedimento più grande all’ascolto e alla conversione).
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Trigramma col nome di Cristo nella Chiesa di San Francesco (Prato) (1420 ca.) |