Apologetica a rovescio -- p.Enrico Zoffoli

Riportiamo qui sotto il breve scritto di padre Enrico Zoffoli: Chiesa e uomini di Chiesa. Apologetica a rovescio, pubblicato negli ultimi anni del suo pellegrinaggio terreno.

Questo suo testo lo raccomandiamo caldamente alla meditazione sia di coloro che pensano di essere "approvati" dalla Chiesa, sia di coloro che dalla Chiesa si sentono invece scandalizzati.


PREMESSA.

Non scrivo un'apologia, ma una chiarificazione perché la Chiesa, per difendersi, ha bisogno soltanto di esser conosciuta e presentata al mondo e alla storia quale Gesù l'ha realmente pensata e istituita.
Tutto il resto che in qualsiasi modo la riguarda è irradiazione della sua vitalità e potenza redentrice, oppure difetto e tradimento di figli indegni, nei quali il mondo deve riconoscere e condannare soltanto se stesso.

Roma, 16 luglio 1994.

1. L'EQUIVOCO

La Chiesa non può né deve confondersi con gli uomini di Chiesa, com'è certo che questi non sono la Chiesa.

Identificare papi, cardinali, vescovi, parroci e fedeli con la Chiesa, equivale a sopprimere questa, ossia negarne l'origine e la natura, l'autonomia dei suoi poteri, la trascendenza della sua storia e del suo destino. In breve: significa avvilire la Chiesa a livello di ogni società umana.

In effetti, chi pretende di confondere Chiesa e uomini di Chiesa offende la verità, perché induce ad attribuire all'una e agli altri indifferentemente; mentre, come il bene spetta tutto e solo alla Chiesa, agli uomini di Chiesa - considerati in se stessi, o dal punto di vista della loro umanità con quanto ad essa è naturalmente possibile - si deve tutto il male.

Ne consegue la necessità di ricostruire la storia, per dare a ciascuno il suo, liberandosi da ogni pregiudizio tipicamente laico, avente la sua remota origine nella concezione immanentistica della realtà e dei valori, che soprattutto dal periodo illuministico ha tentato di eliminare il sacro.

Infatti, se l'Altro non c'è, l'umanità deve ritenersi assolutamente autonoma, nella condizione di poter vivere, organizzarsi e progredire indipendentemente da qualsiasi superiore Potenza creatrice e provvidente...; da ogni evento che trascenda il naturale sviluppo storico della specie umana, essendo questa - nell'ipotesi - esclusiva arbitra del suo destino.

Appunto il presupposto dell'umanesimo ateo che, come ha sempre respinto (e irriso) ogni positiva rivelazione divina, così ha rifiutato costantemente la Chiesa quale concreta e vissuta testimonianza di tale rivelazione.

Insomma, senza Dio, Cristo è soltanto un «Uomo», e la Chiesa resta responsabile di tutto il bene e il male di cui è capace ogni società umana. C'è di più: secondo l'umanesimo ateo, la Chiesa sarebbe la peggiore delle società umane perché, parlando in nome di Dio, avrebbe avuto la presunzione d'imporsi come Autorità suprema, indiscutibile, attribuendosi prerogative e rivendicando privilegi quali nessun potere civile ha mai preteso, senza scatenare tremende quanto legittime reazioni.

In sostanza: chi identifica la Chiesa con i suoi fedeli e i suoi capi, umanizza la Chiesa, attribuendole colpe non sue, ma dei suoi membri. È l'equivoco in cui cadono: non-credenti, che ignorano la vera storia della Chiesa; e credenti, che non ne hanno mai compreso la natura profonda.


2. CHIESA E UOMINI DI CHIESA SECONDO LA STORIA

Ho presente la storia del Cristianesimo come potrei aver quella del buddismo, dell'islamismo e di altre religioni...

Le sue fonti comprendono principalmente i libri del Nuovo Testamento, oltre alle opere di scrittori ecclesiastici e profani dei primi secoli.

Da esse apprendo che Gesù è il fondatore di una società religiosa e visibile, venutasi formando in seguito all'invito da Lui fatto a discepoli, parenti, amici e ammiratori.

La predicazione apostolica, dopo la Pentecoste - sempre secondo la storia - determinò un rapido quanto prodigioso sviluppo della Chiesa, propagatasi in tutte le province dell'Impero romano.

Essa non è una scuola filosofica, né una corrente di spiritualità o ascetismo; ma una società religiosa, organizzata, con una sua gerarchia, una dottrina, un culto.

Chiamando a sé gli Apostoli, Gesù comanda loro di continuare la sua opera: Pietro come Capo, partecipe di tutti i suoi poteri; e gli altri come pastori a lui subalterni, a cui - per le singole comunità cristiane - succedono vescovi, presbiteri, diaconi.

Tutti, in armonia col Vescovo di Roma, esercitano un triplice potere: di magistero, santificazione e governo.

Il primo - noto anche per la catechesi dei Padri e gli scritti degli Apologisti - rivela il fondo dottrinale della religione professata, risolvendosi nell'interpretare, proporre e difendere le verità dogmatiche e morali insegnate da Gesù, trasmesse dagli Apostoli, contenute nei Libri Sacri.

Il secondo consiste nell'amministrazione dei Sacramenti, che fanno capo al Sacrificio eucaristico. Si tratta di un potere esclusivamente proprio di soggetti investiti del sacerdozio, derivato dal conferimento dell'Ordine sacro che li distingue dai semplici battezzati: essi compongono la Gerarchia.

Il terzo mira a disciplinare il comportamento esterno dei fedeli nei riti religiosi e nei rapporti sociali, risultandone - col tempo - quelle raccolte di rubriche e decreti che confluiranno nel Codice di diritto canonico, espressione più concreta del carattere giuridico della Chiesa.

Dal punto di vista esterno, storicamente verificabile, son questi gli elementi della struttura della Chiesa, analoga a quella di un organismo. Essa ha un Capo nel Papa e nei vescovi...; dei membri nei fedeli d'ogni categoria...; delle energie nei poteri di cui è dotata...; una vita condizionata al loro esercizio.

Sempre in base a quanto ogni storico accorto ed onesto può osservare, nella Chiesa abbiamo un vero Corpo morale, la cui formazione si deve unicamente a Gesù il Cristo, ritenuto Uomo ideale, Maestro incomparabile, la cui dottrina teoretica e pratica è realmente unica, superiore a tutte le esigenze della ragione, a tutte le aspirazioni del cuore umano.

Nella Chiesa, difatti, tutto deriva dal suo Fondatore; tanto che nessuno dei discepoli si è mai attribuito un solo barlume della sua rivelazione del Padre, una sola idea del suo messaggio.

Per ciascuno, Gesù è tutto: ammirabile modello di perfezione, esclusivo tramite di comunione con Dio, insostituibile criterio di amore fraterno, ispiratore di una civiltà comprensiva di tutte le culture, inesauribile sorgente di vita e di evoluzione dei popoli, supremo traguardo della storia universale.

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Nella struttura della Chiesa è essenziale e insopprimibile la duplice categoria del Clero e dei laici. Se l'uno rappresenta il Capo e opera nel suo nome; gli altri rappresentano se stessi come suoi membri e - nei suoi ministri - sono i rappresentati presso il Padre.

Tutti però, chierici e fedeli, sono e restano uomini, con la loro natura e l'originaria condizione di miseria che li rende capaci di tutte le aberrazioni intellettuali e morali, soggetti a tutte le rispondenti conseguenze negative.

Pertanto, né il Battesimo rende impeccabili i fedeli, né l'Ordine sacro rende tali i membri della gerarchia. Gesù, se, eleggendo Pietro come suo vicario visibile, ha promesso a lui e ai suoi successori soltanto l'assistenza che ne rende infallibile il magistero, non ha però dispensato né loro, né i vescovi, né i sacerdoti, né i fedeli dallo sforzo del tutto personale necessario per pensare e vivere in modo conforme alle verità professate.

Se il Papa, come Pastore universale, non può errare, non si esclude però che - come persona privata - possa essere assalito dal dubbio, tentato di apostasia, nutrire opinioni errate... Molto meno può escludersi che sia moralmente mediocre (e persino corrotto!), soggetto a debolezze ed errori più o meno gravi, motivando perciò la critica dei contemporanei e severi giudizi della storia.

Dei singoli vescovi, sacerdoti e fedeli la condizione non è migliore: ciascuno può sempre tradire la fede, cedere alla pressione delle concupiscenze di una natura ferita dal peccato, insidiata dal demonio, esposta alle seduzioni del mondo.

Sono questi gli uomini di Chiesa che, prescindendo da ogni criterio soprannaturale, anche lo storico non credente può e deve distinguere realmente dalla Chiesa:

- primo, perché non è possibile attribuire ai medesimi tutto quello che costituisce e caratterizza la Chiesa quale Madre e Maestra...;

- secondo, perché eccetto quanto concerne il carisma dell'infallibilità pontificia, tutti possono tradire e disonorare la Chiesa, dissentendo dalle direttive del suo Fondatore...;

- terzo, come la loro personalità esemplare non fonda la Chiesa - che tutti trovano già istituita e organizzata -; così la loro condotta indegna non la sopprime, lasciandola perciò essenzialmente inalterata. La Chiesa, scrive S. Caterina, non ha bisogno di essere riformata perché «non diminuisce né si guasta per i difetti dei suoi ministri» (Dialogo della divina Provvidenza, La dottrina della perfezione, Ed. Studio Domenicano, Bologna, 1989, p. 58).

Se si parla di uomini di Chiesa è solo perché essi appartengono alla medesima in quanto ne professano la fede, sono soggetti alla sua gerarchia, partecipano al suo culto.

Ma, anche qui, l'appartenenza non implica nessuna causalità ed autonomia, perché essi non creano nulla: la loro fede è quella insegnata da Gesù, la loro subordinazione riguarda una gerarcha fondata su Gesù, il culto a cui partecipano è quello reso a Dio principalmente da Gesù... Insomma, la loro appartenenza alla Chiesa non deriva da una scelta personale, perché la Chiesa stessa, animata dal suo Spirito e guidata dal suo Capo, ha avuto l'iniziativa nell'invito a tutti rivolto di entrare nell'Ovile di Cristo, far parte del suo Gregge.

Segue, che i fedeli la suppongono, non la costituiscono, come invece si verifica per tutte le società umane, create unicamente dai membri che le compongono, e sciolte non appena essi si separano. È la Chiesa infatti che, preesistendo, li invita a sé, li accoglie, li compagnia, li matura, li incorpora per assimilarli a Cristo, che ripete a tutti: «Non voi avete scelto me, ma Io ho scelto voi!» (Gv 15,16).

Se debitamente informato delle fonti del cristianesimo, penso che un discorso simile sia possibile anche al miscredente. Il quale, rivolgendosi a papi, cardinali, vescovi, parroci, religiosi, laici... può sempre giudicare se, come e quanto essi vivano in modo coerente nella fedeltà a Cristo, alla Tradizione Apostolica, alle dichiarazioni del Magistero...; egli può distinguere i cristiani autentici da quelli apparenti e degeneri; come può celebrare l'eroismo di quelli esemplari e biasimare le imperfezioni dei mediocri, le follie dei traditori.


3. CHIESA E UOMINI DI CHIESA SECONDO LA FEDE

Per il credente, la Chiesa non è soltanto un Corpo morale, ma anche e soprattutto mistico, come comporta la soprannaturalità della sua struttura, documentata dalle fonti della Rivelazione e dai progressi del Magistero, quale autocoscienza sempre più chiara e profonda della Chiesa stessa.

Punto di avvio di una seria riflessione teologica al riguardo è l'assoluto primato di Cristo in ogni ordine di grazia e di natura: tutto è stato concepito, voluto e realizzato da Lui.

Il Verbo, assumendo la nostra natura, si è fatto mediatore della famiglia umana, creata ed elevata, decaduta e redenta in Lui e per Lui.

In essa è compresa la Chiesa quale porzione di un'umanità attualmente privilegiata, scelta area d'influenza della sua mediazione espiatrice e redentrice.

Ed è stato appunto per il suo primato che Gesù - quale mandato dal Padre - ha potuto fondare l'umanità nuova nella formazione della sua Chiesa. Egli, non altri, è il Pastore che chiama, raccoglie e difende il suo gregge...; il Capo che dirige ogni funzione del suo Corpo...; la «Vite» che comunica ai suoi «tralci» la linfa vitale...; il «Pane» che nutre le sue membra, ne conserva e a umenta le energie...; il «Re» che impone ai suoi discepoli la sua legge...; il «Giudice» che ne verifica e sanziona meriti e colpe.

Perciò nella Chiesa - ambito della grazia - tutto è dato da Cristo, operante in virtù dello Spirito, principio animatore del suo Corpo, segreta sorgente di energie divine.

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Il Cristo-Capo non risolve in Sé l'intera realtà del Corpo Mistico, perché questo comprende anche le membra da Lui dirette: esse costituiscono la pienezza del suo sviluppo, la graduale rivelazione della sua vitalità.

Ma se il Corpo, per essere perfetto, esige le membra, non vuol dire che queste possano vantare una qualche autonomia di esistenza e di operazioni. Appartenendo al Corpo, le membra - come il Corpo di cui fanno parte - emanano dal Cristo come i «tralci» della «Vite». In realtà, è Lui che costruisce una Chiesa detta «sua» perché, vitale produzione del suo Spirito, prolungamento della sua costituzione umano-divina. Da Lui infatti gli uomini di Chiesa derivano la propria unità e solidarietà, uscendo dallo stato di dispersione e solitudine in cui vivevano secondo la condizione di una natura decaduta ed errante... Da Lui traggono vita, differenze di struttura, varietà e gerarchia di funzioni.

L'assimilazione al suo Corpo inizia col Battesimo, che conferisce un nuovo volto all'uomo, ormai redento, figlio ed amico di Dio nel Cristo. Ed ecco i «fedeli», la cui elevazione all'ordine della grazia è assicurata dal ministero esercitato dalla Gerarchia, che rappresenta visibilmente il Capo nell'attuare l'opera della redenzione, nell'applicarne i meriti.

Uomini di Chiesa, dunque, anche e principalmente i membri del Clero: papi e vescovi, sacerdoti e diaconi.

Ora, sembra che soprattutto l'eminenza della loro dignità sia all'origine dell'equivoco che ha fatto confondere la Chiesa con gli uomini di Chiesa. Non suole riflettersi, infatti, che il loro carattere sacro con i poteri che ne conseguono sono così trascendenti da prescindere pienamente da ogni opera e merito delle persone che ne sono investite... Carattere e poteri che sussistono e restano efficaci - quali soprannaturali risorse del Corpo Mistico - destinati alla santificazione e alla salvezza delle anime, anche quando il clero si comporta indegnamente, meritando - per se stesso - l'esecrazione e il disprezzo di credenti e miscredenti.

I quali devono attribuire al sacerdote in quanto tale solo il bene dovuto al ministero da lui esercitato, perché allora, in lui e per lui, opera e parla soltanto il Cristo; mentre la colpa di tutti i suoi errori e vergogne si deve al medesimo in quanto uomo. Mentisce, dunque, se, come tale, osa identificarsi con la Chiesa, imporsi in suo nome, abusare dei suoi poteri. Per ciò stesso egli commette il più turpe dei sacrilegi, si comporta come il suo denigratore più insidioso e temibile.


4. LA CHIESA COLPEVOLE?

Dunque, chi confonde la Chiesa con gli uomini di Chiesa induce ad attribuire a questa le colpe dei suoi membri.

In realtà oggi certi promotori - in alto e in basso - di un ecumenismo a tutti i costi non fanno che deplorare le colpe della Chiesa, preoccupati che questa si riconcili con quanti, nei secoli scorsi, essa avrebbe offeso.

Sembra che ebrei, musulmani, protestanti di tutte le sette, greci scismatici di tutti i riti, credenti di tutti i culti, ecc. abbiano molte e grosse pecche da rimproverare alla Chiesa Cattolica: dal nepotismo alla simonia, dall'oscurantismo all'ambizione del potere, dall'ipocrisia alla corruzione dei costumi, dalla cupidigia delle ricchezze alla complicità coi tiranni...

Per letterati e storici di tutte le ideologie sono un boccone ghiottissimo particolarmente certi episodi come l'Inquisizione, le Crociate, il caso Galileo e innumerevoli altri, meno noti, ma non meno discussi e incresciosi, la cui responsabilità si fa ricadere sulla Chiesa. Non c'è iniziativa infelice di papi, legati pontifici, cardinali, vescovi, ecc. che non le sia attribuita.

La Chiesa sarebbe la prima colpevole di insuccessi diplomatici, riforme fallite, manovre equivoche, disposizioni dissennate, scismi secolari, scandali a non finire...

L'accusa è grave, e più allarmante è la conclusione che se ne potrebbe trarre a favore dell'ecumenismo più confusionario e malaccorto: la religione professata da una «chiesa tale» non può esser l'unica degna di fede, superiore e preferibile alle altre... Ciascuna è «vera», sia pure a suo modo; quindi, capace di procurare la salvezza a quanti vi aderiscono, contro il «colonialismo missionario», altra accusa mossa alla Chiesa Cattolica.

Inoltre, si potrebbe persino obiettare che, se in passato questa spesso e gravemente ha errato, si avrebbero tutte le ragioni di temere che per l'avvenire commetta altri e anche peggiori errori; per cui non è affatto affidabile come «Maestra di vita».

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Con accuse del genere si comprende come un cattolico sprovveduto possa restare profondamente scosso, disarmato... Ma, evidentemente, ignora la natura intima della Chiesa quale essa si è sempre riconosciuta e presentata al mondo.

Egli ha sempre creduto che la Chiesa è santa, come ha appreso dall'unanime professione di tutti i «simboli» (cf. D-S 1, 2, 3, 4, 5, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 19, 21, 23, 26, 27, 28, 29, 30, 36, 41, 42, 51, 60, 61, 62, 63, 150, ecc.). S. Paolo aveva dichiarato che la vera Chiesa di Cristo è «tutta gloriosa, senza macchia, né ruga o alcunché di simile», e quindi «santa e immacolata...» (Ef 5, 27. D-S 493).

Appunto per questo, il Concilio ecumenico di Vienne, seguendo il solco dei Padri, la ritiene «sposa di Cristo» (coniux Christi), «Chiesa Madre» (unica et immaculata ac virgo sancta mater Ecclesia) (D-S 901).

I Documenti del Magistero pontificio e conciliare non cessano di affermare e spiegare che la Chiesa è il Corpo mistico di cui Cristo è Capo, lo Spirito Santo l'Anima, i fedeli membri.

La dicono ripetutamente «Sposa di Cristo», «regno di Cristo», «famiglia di Cristo», «pienezza di Cristo», «gregge di Cristo». È «Madre», «sacramento di salvezza», «portatrice della Rivelazione», ecc.

S. Ireneo, ai suoi tempi, aveva già tutto intuito e riassunto quando scriveva: «Nella Chiesa Dio pose Apostoli, Profeti, Dottori e tutta quanta l'azione dello Spirito, di cui partecipano quanti ricorrono ad essa; mentre se ne privano altri, seguendo una falsa dottrina e vivendo una pessima vita. Dovunque infatti è la Chiesa, ivi è lo Spirito di Dio, e dov'è lo Spirito di Dio, là è pure la Chiesa con la pienezza della grazia» [In Ecclesia posuit Deus apostolos, prophetas, doctores et universam reliquam operationem Spiritus, cuius non sunt participes omnes qui non currunt ad ecclesiam, sed semetipsos fraudant a vita per sententiam malam et operationem pessimam. Ubi enim ecclesia, ibi et Spiritus Dei; et ubi Spiritus Dei, illic ecclesia et omnis gratia»] (Adv. haer., III, 24, 1, PG 7, 996. Cf. Origene, Contra Celsum, I, 26, PG 11, 709; iv. III, 29, PG 11, 957; Adamantius, Dialogus..., V, 28, PG 11, 1884; S. Cirillo di Ger., Catecheses, XVIII, 23, PG 33, 1044).

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Se tale è la Chiesa, qualsiasi credente può chiedersi come possa essere peccatrice, attribuirsi delle colpe. Ma la risposta è facile dopo quanto finora ho tentato di chiarire.

Se Cristo è il Capo, il Corpo che Egli si forma ed è vivificato dal suo Spirito (essendone l'Anima), si compone necessariamente di due elementi:

a) il primo lo definisco formale, attivo, eminentemente soprannaturale, ed è costituito:

1) dal Cristo-Capo;
2) dal suo Spirito animatore;
3) dalla sua grazia, che previene e vivifica, trasformando l'umanità nel Corpo mistico;
4) dalla struttura del medesimo, consistente nella distinzione dei fedeli nella duplice categoria dei laici e dei chierici; i quali, partecipi del sacerdozio di Cristo secondo i tre gradi del diaconato, del presbiterato e dell'episcopato, rappresentano visibilmente il Capo, nella cui Persona parlano ed operano, esercitando il potere di istruire, santificare e dirigere il popolo di Dio.

Dunque, struttura soprannaturale, perché ideata da Gesù e da Lui realizzata secondo la diversa e graduale effusione del suo Spirito nei fedeli e nei membri della gerarchia; a loro volta forniti di poteri divini, perché derivati dal Sommo Sacerdote Gesù, Mediatore dell'umanità peccatrice presso il Padre.

Poteri, l'esercizio dei quali si svolge:

1) nel magistero quale insegnamento infallibile della verità rivelata...;
2) nel ministero sacro, riassunto dalla celebrazione del Sacrificio eucaristico e nell'amministrazione dei sacramenti...;
3) nel governo quale direzione della vita dei fedeli secondo il dogma e la morale evangelica.

Elemento, dunque, sovrumano, gratuito, dovuto soltanto alla liberalità di un Dio verace, fedele alle sue promesse, a cui preme condurre a termine l'impresa della redenzione, offrendo tutti i mezzi che la rendono possibile all'uomo d'ogni epoca e cultura, anche se questo resta sempre fallibile, potendo assecondare e anche rifiutare l'invito di Dio.

b) Il secondo elemento del Corpo Mistico è definibile come sua componente materiale, passiva. Esso è costituito da tutti i fedeli, ciascuno dei quali, prevenuto dalla grazia, è illuminato, sollecitato e trasformato in «membro» di Cristo, in porzione viva della sua Chiesa.

Elemento che, a sua volta, si ritrova sia nel laicato che nel Clero, e ciò per quel comune fondo di umanità che resta sempre in tutti.

Alludo all'umanità che ha ereditato le tristi conseguenze della prima colpa, per cui è rimasta menomata:

1) quanto alla sua apertura al vero, spiegando ignoranza, dubbi, errori, involuzioni, controversie...;
2) fiaccata nella volontà, resa suggestionabile dalle seduzioni del male, indolente, volubile, incline ad ogni degradazione...;
3) demolita nel morale, resa pusillanime, gretta, vile, restia ad ogni nobile sacrificio ed impresa...;
4) sconvolta dalla incessante tempesta delle passioni, che l'accecano e avviliscono fino all'abbrutimento.

Ora, tali originarie condizioni di miseria non possono fare dell'uomo che l'elemento passivo o materia dell'azione medicinale ed elevante della grazia di Cristo. Sull'uomo infatti incombe unicamente il dovere di ricevere, non dare..., avendo di proprio solo una natura bisognosa di redimersi, esercitandosi in una passività vissuta come consapevole e cordiale docilità all'azione di Dio nel Cristo Mediatore.

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I due elementi descritti compongono la Chiesa quale Corpo che prolunga la costituzione ontologica del Cristo-Capo: Verbo sussistente nelle due nature divina ed umana. Divina infatti è la componente soprannaturale e soprannaturalizzante, detta appunto «formale», «attiva»...; umana invece quella che in tutti i fedeli, è fondamentalmente menomata, soggetta al peccato... Ma, pur essendo tale, l'elemento è essenziale, necessario, immancabile, come, nel composto umano, il corpo rispetto all'anima.

Elemento che, costituito da uomini (non da angeli), rende visibile la società ecclesiale; quindi un vero sacramento di Cristo e, in Lui, di tutto il divino, che trascende i sensi e l'intero contesto spazio-temporale della realtà umana.

Appunto questo insopprimibile elemento risulta composto di fedeli giusti e peccatori:

a) nei primi, la santità della Chiesa è partecipata in atto da coloro che vivono in grazia;

b) nei secondi, quella santità è partecipata solo in potenza secondo le note che caratterizzano un cammino di conversione, nella disponibilità - più o meno sincera e prossima - a riconciliarsi con Dio, valersi dei mezzi di resipiscenza offerti dalla Chiesa.

S'intuisce che dall'elemento materiale-passivo (e quindi dall'appartenenza al Corpo mistico) restano esclusi apostati ed eretici formali, apertamente alleati coi nemici della Chiesa.

Ora - è opportuno sottolinearlo - la santità dei giusti, per quanto elevata, non è quella attiva, propria della Chiesa quale Sposa di Cristo e Madre dei Santi; bensì quella passiva dei fedeli che si lasciano assimilare al Cristo, riconoscendone in Lui l'unica Fonte. Santità autentica, anche se conseguita e vissuta drammaticamente, perché - fino alla morte - esposta al pericolo di soste e cadute anche gravi.

Essa tuttavia resta una delle note fondamentali e distintive della vera Chiesa di Cristo. Nota rivelatrice e insopprimibile del Corpo mistico, perché prova concreta della vitalità che esso trae dal Cristo suo Capo, e dallo Spirito che l'anima.

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Siamo alla conclusione.

Se la vera Chiesa è essenzialmente santa della santità attiva propria della Sposa di Cristo; e della santità passiva, partecipata in atto da alcuni, e in potenza da altri, è assurdo ed ingiusto attribuire delle colpe alla Madre dei Santi, mentre ad essa spetta tutto il bene che la sua storia ha potuto e potrà registrare.

I peccatori, che esse gesta nel proprio seno, le appartengono soltanto perché - per i soccorsi da lei offerti - si trovano nella privilegiata condizione di potersi ravvedere. Ma, finché si ostinano nel male, essi non riflettono il volto di Cristo, rifiutano il suo amore, si ribellano alle sue leggi, non fanno propria la vita del suo Corpo, rinnegano la Chiesa, la denigrano, provocando il disprezzo e le invettive dei suoi nemici, rendendosi complici della sua tentata demolizione.

In breve: le colpe attribuite alla Chiesa sono esclusivamente proprie degli uomini di Chiesa, laici e chierici, in basso e in alto. Uomini detti «di Chiesa» solo perché appartengono ad essa come tralci secchi e sterili, ancora inseriti nella vite, ma prossimi ad essere recisi e gettati al fuoco.

In realtà, pur non essendo scismatici né eretici, la loro fede è in via di estinzione, sopraffatta dall'impeto di concupiscenze ereditate da una natura corrotta, alimentate nel terreno di coltura di un mondo dominato dal Maligno e per il quale Gesù non ha pregato (Gv 17, 9).

Soprusi, violenze, turpitudini, sacrilegi di cattolici empi e di sacerdoti rinnegati, non sono della Chiesa ma del mondo, che, sotto mentite spoglie, vi si è intruso per eclissare - più o meno coscientemente ed efficacemente - la luce dei suoi dogmi, offuscare la purezza della sua morale, profanare i suoi riti, sopprimere le sue tradizioni, secolarizzarla fino ad eliminare ogni residuo del «sacro».

A loro volta filosofi, storici e letterati, ecc. più si accaniscono a biasimare la Chiesa, più condannano duramente se stessi, perché quel che le rimproverano è precisamente quanto ha la sua esclusiva origine nella società di cui fanno parte, nella cultura da essi creata...

Le accuse mosse alla Chiesa sono la più rivoltante e vergognosa espressione dell'ipocrisia umana.

***

Riepilogando: attribuire alla Chiesa delle colpe è lo stesso che attribuirle a Cristo, perché ogni azione del Corpo spetta al Capo che lo dirige. L'unità soprannaturale che vincola il Corpo al Capo fa della Chiesa una Persona mistica, ossia quel Super-Soggetto che, nel Cristo, risponde di ogni opera meritoria dei fedeli, ossia di tutto il bene da essi compiuto in virtù della luce della sua sapienza, del fervore della sua grazia. Non ha detto forse che non possiamo nulla senza di Lui, come appunto «il tralcio» senza «la vite»? (Gv 15,5).

E le colpe dei fedeli, le carenze, i disordini, i tradimenti, gli scandali del Clero? Se tutto il bene viene solo da Cristo, tutto il male è imputabile soltanto ad essi. Ciò si deve al fatto che, pur essendo membri - più o meno qualificati e responsabili - della Chiesa, non traggono però dalla sua vitalità tutte le energie necessarie per salvare la propria identità di «cristiani».

Costituendo il suo elemento materiale-passivo, non si lasciano guidare interamente dal Cristo, animare e modellare dal suo Spirito, conseguendone perciò una loro appartenenza al suo Corpo soltanto esteriore, imperfetta, menzognera.

Se il «santo» non può affermare di essere la Chiesa, dovendo limitarsi a credere di esserne un elemento materiale-passivo; il peccatore ostinato e impenitente - onestamente - non può ritenersi neppure tale, perché materia ribelle all'azione della Grazia, almeno finché non si converte. Egli è «l'anti-Chiesa».


V. APOLOGETICA A ROVESCIO

Non sono propenso ad un'apologetica volta a difendere a tutti i costi l'operato degli uomini di Chiesa, anche se è doveroso riconoscere le benemerenze dei molti rimasti a lei fedeli quanto ad ortodossia nelle idee e ad innocenza di costumi. Essi costituiscono l'elemento materiale-passivo pienamente animato dal suo Spirito, vivo della stessa vitalità del Corpo Mistico, col merito di essere una delle note della vera Chiesa di Cristo.

Ciò chiarito, non esito a rilevare le colpe di uomini di Chiesa (fedeli, religiosi, sacerdoti, vescovi, cardinali, papi); ossia a porre in evidenza la santità della Chiesa e, insieme, denunziare l'empietà di un mondo che non ha mai cessato di vituperarla; che, nei suoi biasimi, si è rivelato puntualmente bugiardo ed ipocrita.

E sottolineo che dal suo interno - ora l'uno e ora l'altro, chi più e chi meno consapevolmente e gravemente - essi hanno fatto del tutto per demolirla, tentando di frantumarne le basi nel negare la sua autorità di Maestra, abbattere la sua struttura gerarchica, contraffare (e quasi parodiare) la sua liturgia, vanificare la sua opera missionaria.

Quasi senza avvedersene, hanno assorbito la cultura ispirata ad un umanesimo ateo, che idolatra natura e ragione e, in alcune correnti di estrema sinistra, presume di risolvere la totalità del reale nel flusso della coscienza o nel puro vissuto, relativizzando tutti i valori.

I maggiori responsabili della catastrofe sono teologi, esegeti, liturgisti, titolari di cattedre universitarie di nomina pontificia, case editrici sedicenti cattoliche impegnate a diffondere - mediante opere di polso e riviste scientifiche - ogni stravaganza, propagata con conferenze, trasmissioni radiotelevisive, catechesi a tutti i livelli, sì da confondere un pubblico sempre più vasto e sprovveduto.

Un po' dovunque, il disorientamento spesso si fa critica mordace e protesta, traducendosi in accuse che arrivano a colpire la Chiesa - tirata sempre in ballo - e, in questa, il Cristianesimo, da molti rifiutato come una colossale fandonia, mentre resta bloccata la corrente delle conversioni, ed anzi si moltiplicano le apostasie e dilaga un indifferentismo più micidiale di ogni persecuzione cruenta.

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Le condanne via via lanciate dall'autorità ecclesiastica sono la fonte più autorevole della storia delle eresie; la peggiore delle quali è quel modernismo che le riassume tutte per la radicalità, l'estensione e la persistenza del suo rifiuto del Cristianesimo.

Dopo quasi un secolo, il decreto Lamentabili (3.7.1907) e l'enciclica Pascendi dominici gregis (8.9.1907) di san Pio X, sono ancora attuali.

Penso che oggi, nei diversi strati del mondo cattolico, non serpeggi aberrazione che, almeno in germe, non sia contenuta negli scritti dei fautori del modernismo (da F. Schleiermacher, A. Ritschl, A. Sabatier a L. Laberthonniér, A. Loisy, G. Tyrrell, E. Buonaiuti, A. Fogazzaro, ecc.) e non abbia avuto nei documenti pontifici la sua denunzia più chiara, completa, sistematica.

Così, citandoli e commentandoli un po' tutti, osservo:

- Se la verità non è più immutabile dell'uomo stesso, perché in lui, con lui e per lui si evolve, come sostengono teologi improvvisati, travolti dalla corrente immanentistica della filosofia moderna, la Chiesa - che da sempre insegna tutto il contrario - presentandosi come Maestra di una dottrina assolutamente vera, sarebbe responsabile della più turpe impostura della storia umana...

- Se la storicità e l'inerranza della S. Scrittura sono discutibili, per cui la sua interpretazione è relativa all'intelligenza, alla sensibilità e alla cultura umana, mutabili da un'epoca all'altra - come certi esegeti cattolici suppongono -, al magistero della Chiesa viene a mancare una delle fonti principali che lo rendono credibile.

- Se dogmi, sacramenti, gerarchia sono il prodotto dello sviluppo del «piccolo germe latente nel Vangelo» dovuto a cause esterne, il Cristianesimo, quale si è venuto realizzando nella storia ultramillenaria della Chiesa, è soltanto un'invenzione umana più o meno rispettabile. Non altro.

- Se è impossibile conoscere verità assolute, ogni religione è relativamente vera, per cui nessuna è oggettivamente preferibile alle altre. Segue che l'attività missionaria non solo è superflua - potendo tutte condurre alla salvezza -, ma anche offensiva della coscienza umana, lesiva della libertà a cui ogni persona ha diritto, non rispettosa delle tradizioni e della cultura dei singoli popoli.

- Se si accetta il relativismo gnoseologico, nessun argomento può dimostrare l'esistenza di Dio a livello rigorosamente razionale; per cui il suo rifiuto è comprensibile al pari della fede in Lui, del quale perciò tutto può essere affermato e negato.

- Se la Rivelazione non è altro che la coscienza dei rapporti dell'uomo con Dio, i dogmi proposti dalla Chiesa non sono caduti dal cielo, essendo un'interpretazione dei fatti religiosi elaborata lentamente dalla cultura umana attraverso i secoli, risultandone formule di fede sempre mutevoli quanto la cultura stessa.

- Se la divinità di Cristo è un dogma che la coscienza religiosa dei credenti ha dedotto dalla nozione di «Messia», i fedeli non sanno più a chi rivolgersi, non essendoci nessuno che - come Lui - abbia «parole di vita eterna».

- Se il biblico peccato originale dei progenitori è soltanto una fiaba, e quello personale è impossibile per quel relativismo etico che nella coscienza individuale riconosce l'unica norma dell'agire umano - come si ripete insistentemente in alcuni ambienti cattolici - l'opera espiatrice di Cristo perde ogni senso.

- Se, appunto per questo, la sua morte non è stata un «sacrificio», la «Croce» resta «scandalo per i Giudei e stoltezza per i Pagani». Perciò, la partecipazione al suo «mistero», che motiva e caratterizza l'ascetismo cristiano, deve cedere all'umanesimo come celebrazione dei valori temporali, ricerca e godimento del piacere, impegno e solidarietà sociale, conquista del mondo affidata alla scienza e alla tecnica, destinate al pieno dominio dell'uomo sulla natura.

- Se la Risurrezione di Cristo non è propriamente un fatto storico, non dimostrato né dimostrabile, ma una verità scaturita dalla fede e dall'entusiasmo della Chiesa primitiva, convinta dell'immortalità del Maestro presso Dio, viene meno il miracolo ritenuto la più valida dimostrazione della sua opera messianica, della sua mediazione redentrice.

- Respinta la divinità di Cristo e la realtà del suo sacrificio di espiazione, è vano credere che il culto debba consistere principalmente nel celebrarlo: la Messa può avere un senso e un valore solo se intesa come banchetto fraterno, espressione di un amore universale, possibile a tutti i cultori della Trascendenza. Nell'unico pane della comunione eucaristica il falso ecumenismo non potrebbe avere un simbolo più efficace.

- Se l'Eucarestia è soltanto una mensa e, per essere commensali, basta credere e amarsi a vicenda, la funzione del sacerdozio non comporta alcun potere e dignità che renda chi ne è investito superiore agli altri fedeli.

- Eliminato il sacerdozio ministeriale, la gerarchia ecclesiastica non ha alcun fondamento, per cui la Chiesa sarebbe retta democraticamente come ogni società civile: alla «potestas regiminis» supplirebbe il potere della grazia, il fascino del carisma, la voce della coscienza, nella piena eguaglianza di tutti i credenti.

Gerarchia, sacerdozio ministeriale, sacrificio dell'altare, transustanziazione, culto eucaristico: tutto, essendo strettamente collegato, subisce la medesima sorte per quella eliminazione del «sacro» detta secolarizzazione del Cristianesimo. «Partita dal mondo protestante (...), il suo contraccolpo sul mondo cattolico è oggi estremamente violento: sta infatti nascendo tra i cattolici e si sta vigorosamente sviluppando una forte corrente secolarizzante» (G. De Rosa, La secolarizzazione del Cristianesimo, in La Civiltà Cattolica, 1970, II, p. 216).

- Vivere, come se Dio non ci fosse o fosse morto, significa affermare l'uomo, affidare a lui tutti i compiti, attendersi da lui la soluzione di tutti i problemi: non occorre altro per escludere la divinità di Cristo, la necessità della sua opera redentrice. È appunto la secolarizzazione riflessa in una cristologia neo-ariana, che a sua volta porta alla declericalizzazione del prete, alla soppressione del celibato, alla svalutazione dell'ascesi, all'esaltazione del laicato, all'esclusivo o prevalente impegno nel sociale...

- Agnosticismo, positivismo, materialismo hanno invaso talmente la cultura in Occidente, che per l'uomo moderno è ingenuo parlare ancora di paradiso e inferno. Il Catechismo olandese ritiene che, con la morte, «l'uomo ritorna alla terra, come una foglia d'autunno, come un animale (...). La morte è radicale. Non muoiono solo le braccia, le gambe, il busto, la testa. No. Muore tutto l'uomo terrestre. Su questo punto hanno ragione coloro che non possono ammettere la sopravvivenza: la morte è la fine di tutto l'uomo, quale lo conosciamo...» (Il Nuovo Catechismo Olandese, ed. L.D.C., Torino-Leumann, 1969, p. 569).

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Una vera tempesta le cui raffiche, ormai da decenni, sono avvertite ovunque, anche se non sempre in modo traumatico. In Italia le risentono particolarmente gli Istituti di scienze religiose, dove laici sprovveduti assorbono il veleno di un'esegesi biblica sprezzante d'ogni richiamo della Gerarchia, di una teologia libera da ogni giudizio del Magistero, mentre si rivela preoccupatissima (?) di adeguarsi alle correnti del protestantesimo liberale.

Le conseguenze sono disastrose nella prassi ormai fatta propria da circoli, gruppi, movimenti parrocchiali, dove è possibile cogliere strafalcioni d'ogni genere nel campo dogmatico, morale, liturgico... Non c'è verità che, sotto qualche aspetto, non risulti contraffatta, contraria a quanto finora i fedeli hanno sempre creduto e prfoessato. Alcune sono negate, altre taciute, altre irrise, altre adattate in modo irriconoscibile.

Tutto ciò non è espressione di cattivo umore, di pessimismo, d'intolleranza: la storia della Chiesa contemporanea giustifica l'angosciosa deplorazione di Giovanni Paolo II, secondo il quale «si sono propagate vere e proprie eresie in campo dogmatico e morale, creando dubbi, confusioni, ribellioni»; per cui «i cristiani, oggi, in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi (...), tentati dall'ateismo, dall'agnosticismo, dall'illuminismo vagamente moralistico, da un cristianesimo sociologico, senza dogmi definiti e senza morale oggettiva» (Disc. del 6.2.1981).

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La Chiesa, dunque, in agonia, ed anzi distrutta, schiacciata sotto il cumulo enorme dei suoi errori?

Così pensano i suoi nemici esterni, che s'illudono di poter enumerare e aggravare le sue «colpe». In realtà, la Chiesa, non avendo commesso alcun errore, non ha bisogno di esser difesa. L'unica apologia possibile e doverosa per uno storico oggettivo ed un credente realmente illuminato è quella fondata sulla sua vera natura e la sua irriducibile distinzione dagli uomini di Chiesa.

Ora, uomini di Chiesa non sono gli atei, gli ebrei, i musulmani, le sette protestanti, ma i cattolici; appunto quelli che, appartenendo in qualche modo alla Chiesa, sono responsabili del più grossolano e calunnioso degli equivoci.

«Cattolici» sono quanti figurano nei registri degli archivi parrocchiali e diocesani come battezzati, cresimati, uniti in matrimonio, elevati ad uno dei gradi dell'Ordine sacro, dal chierico-diacono al Papa...

Questo gli uomini di Chiesa, che hanno potuto e potranno ancora disonorarla, inducendo la cultura laica, tradizionalmente faziosa, ad attribuirle le proprie colpe. E «colpe» sono:

1) tutte le negazioni della verità, d'ordine razionale e rivelato;
2) gl'innumerevoli fatti di malcostume, quali violazioni della legge di natura e di grazia;
3) l'immensa e incalcolabile serie delle manche volezze dovute all'ignoranza e alla fragilità umana...

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A chi si deve tale mortificante somma di mali?... Ripeto - e riprendo a dimostrarlo -: non alla Chiesa, ma agli uomini di Chiesa. In realtà:

1) la Chiesa, in tutto ciò che di realmente, eternamente e infallibilmente vero ha sempre insegnato e continuerà ad insegnare, lo deve al Cristo suo Capo, unico Maestro, verità sussistente e personale, operante nella Chiesa con tutta la virtù del suo «Spirito di verità», cui si deve la Tradizione apostolica e la stesura dei Libri Santi, fonte della Rivelazione.

È a tale «Chiesa» che i credenti devono il dono di definizioni infallibili quanto alla fede e alla morale; per cui è celebrata come «Madre e Maestra di verità» per la sua indissolubile unione col Verbo incarnato, che nei papi e nei concili ecumenici fa udire la sua voce.

- Al contrario, è soltanto agli uomini di Chiesa - elemento indistruttibilmente umano - che si devono ignoranza, dubbi ed errori, triste patrimonio di una natura ferita dal peccato.

Di loro perciò sono: negligenza e presunzione, reticenze ed equivoci, incoerenze e compromessi, controversie e contraddizioni. È la vanità che li dispone a fare buon viso a tutte le novità, nella ostentata e boriosa noncuranza di tutto un passato; nella disponibilità a subire le nefaste influenze della cultura profana con le stravaganze e le idiozie di presunti pensatori geniali, cui la storia della filosofia e della teologia deve negazioni radicali, che hanno provocato conflitti e rivoluzioni...

2) Se la Chiesa è Cristo, perché scaturita dal suo Cuore e animata dal suo Spirito, è certamente la sua Sposa immacolata, da Lui resa Madre feconda di Santi. Dunque, dobbiamo anche credere che, per se stessa, è responsabile soltanto del bene, ossia di tutte le grazie, i carismi, le infinite forme di santità; e perciò, di tutto ciò che «è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, meritevole di lode» (Fil 4,8).

La verità che insegna, i poteri che esercita, gli esempi che offre, la vita a cui stimola: tutto è santo e santificante. Ed è appunto per l'irriducibile austerità della sua morale, l'intransigenza del suo ascetismo, la fermezza con cui richiama come insostituibile la sapienza della croce, che la Chiesa è stata e sarà sempre incompresa ed irrisa, perseguitata e bandita dai grandi e i gaudenti del mondo.

- Purtroppo, non sempre i credenti sono rimasti fedeli alle promesse battesimali: la loro storia, troppe volte ha grondato lacrime e sangue, non essendoci delitto che non sia stato commesso da laici e chierici di tutte le condizioni sociali. In alto: ambizione, simonia, nepotismo, prepotenze, ecc.; e, ovunque, superstizione e corruzione, rivalità e violenze, hanno straziato la Chiesa, esponendola al ludibrio universale. La secolarizzazione, come mondanizzazione, profanazione e irrisione del «sacro», è un fenomeno assai più antico della recente «teologia radicale».

3) Fondata da Cristo, Re del creato, Pastore e Maestro, Legislatore e Giudice universale, la Chiesa ha ricevuto dal suo Capo tutte le doti per un governo sapiente e giusto, forte ed equilibrato, degno di una società unica ed anzi suprema nel contesto di tutte le altre, dato il Fine a cui conduce i fedeli e i poteri di cui dispone per realizzarlo.

Le sue direttive, derivate dalle verità di fede e dai precetti della sua morale, sono l'espressione concreta del messaggio evangelico adattato da un secolo all'altro a tutte le culture e situazioni storiche dei popoli. Lo rivela la cura pastoralis di tutti i santi pastori della chiesa d'Oriente e Occidente, rimasti nella memoria dei posteri veri giganti di saggezza e di zelo.

- Ma al loro governo - che raggiunse le vette della perfezione, l'eroismo, spesso coronato anche dal martirio - contraddice apertamente la condotta di molti membri della gerarchia. Non si allude a vere colpe morali, ma certamente ad errori più o meno gravi, dovuti a carenze di preparazione, a difetti di temperamento, a disgraziate combinazioni di circostanze, che hanno suggerito una diplomazia sconsiderata, sono all'origine di disposizioni errate, seguite da incidenti che hanno offerto al mondo una pessima immagine del papato. Gli esempi sono infiniti...; e - sembra - particolarmente per essi l'opinione pubblica e la critica storica hanno potuto infierire. Può dirsi che spesso papi e vescovi sono rimasti al livello di poveri uomini di Chiesa, inferiori per chiarezza d'idee, ardore di zelo, capacità organizzativa, personalità, ecc. a molti principi secolari...

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Se ciò è innegabile, la Chiesa, distinta dagli uomini che compongono il suo peggiore elemento materiale-passivo, ha potuto e potrà sempre difendersi dagli attacchi dei suoi denigratori. Essa alludendo ai medesimi, può parlare di veri «anticristi» che, secondo Giovanni, «sono usciti da noi, ma non erano dei nostri» (1 Gv 2, 19). Ma c'è di più.

Distinti dalla Chiesa - ed anzi ad essa avversi - i falsi cattolici sono i migliori alleati dei suoi nemici, di cui condividono idee e sentimenti, abitudini e interessi, programmi e tenore di vita. Segue che, smascherando certi uomini di Chiesa, si arriva a colpire non la Chiesa, ma il mondo che, dominato dal Maligno, è simbolo di tutte le menzogne, le violenze, le turpitudini, le follie umane...

Ciò vuol dire che una forma di apologetica particolarmente efficace può essere favorita dalla ricerca di tutte le malefatte dei falsi credenti, dall'ultimo dei fedeli ai vertici della gerarchia. Costoro, sotto le sembianze della pecora hanno nascosto la scaltrezza e la ferocia del lupo: le loro convinzioni e intenzioni non sono mai state della Chiesa di Cristo, ma di uomini che, abilmente travestiti, sono colpevoli di averla tradita e denigrata, responsabili della sua tentata «autodistruzione», lamentata da Paolo VI; di aver dato l'impressione di una Chiesa che sta come percuotendo se stessa..., facendo supporre che «per qualche fessura il fumo di Satana sia entrato nel tempio di Dio»; per cui - dopo il Vaticano II -, «invece del sole, abbiamo avuto le nuvole, la tempesta, le tenebre» (Disc. del 29.6.1972).

***

Dunque non abbiamo alcun interesse di coprire le colpe di cattivi cristiani, di sacerdoti indegni, di pastori vili e arroganti. Ingenuo ed inutile sarebbe il proposito di difenderne la casa, attenuarne le responsabilità, ridurre le conseguenze dei loro errori, ricorrere a contesti storici e situazioni singolari per tutto poi spiegare e tutti assolvere...

Tentarlo equivarrebbe a occultare il tumore, non estirparlo. Accertata la verità oggettiva dei fatti, non c'è rispetto dovuto alla Chiesa, che possa dispensare dal dovere di colpire i suoi nemici. E, allora, non abbiamo paura, né ci sentiamo irritati ed offesi quando storici, sociologi, letterati, massoni, scrittori e registi di sinistra si scagliano contro certi papi dei secoli bui; quando condannano la debolezza, l'assolutismo e la corruzione di altri succedutisi dall'alto Medioevo al Rinascimento...

Non ci sentiamo imbarazzati quando denunciano l'inumanità della tortura, gli eccessi dell'Inquisizione, la facilità di cedere al braccio secolare la condanna a morte di eretici e streghe... Assai meno dobbiamo arrossire nel sentirci descrivere le prepotenze di vescovi-principi, il concubinato del clero, la decadenza e la corruzione di conventi e monasteri.

Neppure ci sorprendono le ombre lasciate dall'impresa dei Crociati; l'irresponsabilità e la frivolezza di certi papi umanisti, le lussurie del Borgia, il comportamento di Urbano VIII e della commissione del S. Ufficio nel caso Galileo, ecc. Si comprende anche l'errore della soppressione dei Gesuiti, come l'ostinata difesa dello Stato Pontificio, fonte d'infinite umiliazioni e tragedie per la Chiesa...

Nulla di tutto ciò stupisce, perché tutto si deve a quella sorda e opaca materia-umana non ancora pienamente animata dallo Spirito, né quindi partecipe della vita del Corpo Mistico. Più si rilevano le miserie della natura, più risalta la necessità della grazia redentrice operante nella Chiesa gerarchica. L'apologetica non può svolgere una migliore funzione.

***

Perciò, agli anticlericali di tutte le risme e gli uomiri dichiaro di deplorare e condare le malefatte degli uomini di Chiesa. Ma insieme, vorrei una buona volta persuaderli che le loro invettive colpiscono principalmente loro, responsabili e maestri di tutto il male da cui si sentono ipocritamente scandalizzati.

Signori miei! TUTTO È ROBA VOSTRA,
 perché appartengono al comune fondo della natura umana orgoglio, ambizione, presunzione, cupidigia, arrivismo, frode e violenza, stupidità e vergogna degli uomini di Chiesa.


È proprietà esclusiva di un mondo che, questi, al momento del Battesimo, giurarono di far morire in se stessi per rivivere in Cristo; mentre hanno coltivato e fatto crescere rigoglioso il germe di tutte le sue concupiscenze. Così, abbiamo avuto una vera caterva di falsi cristiani, nascosti nella Chiesa e congiurati ai suoi danni.

Ora appunto in loro gli anticlericali rivelano la stoltezza ed empietà delle proprie convinzioni; per cui, sbandierando i supposti scandali della Chiesa, smascherano se stessi...

In realtà, le colpe degli uomini di Chiesa sono soltanto un pretesto per demolire la Chiesa, da cui hanno sempre dissentito, sostenendo un'opposta concezione della vita e dei valori... L'ateo, il materialista non potranno mai perdonarle l'intrepidezza e la costanza con cui essa ha sempre celebrato la Trascendenza, si è appellata ad una Legge Eterna, ha sperato in una vita futura, ha sostenuto l'assolutezza dei valori morali, ha creduto nella potenza invincibile del Cristo crocifisso e risorto.

D'altra parte, storici, politici, letterati, quando hanno presunto di accusare la Chiesa, hanno dovuto sempre appropriarsi indebitamente dei criteri di giudizio di cui essa è stata e sarà l'unica Maestra.

Dunque, di qual bene possono vantarsi, se astraggono dall'influenza esercitata dalla Chiesa nella civilizzazione dei popoli?

E di qual male - nei falsi credenti, loro complici - non sono responsabili?

Oltre ai crimini e agli scandali dei falsi credenti, noi condanniamo soprattutto la malafede e l'ipocrisia di coloro che ne traggono il pretesto per abbattere il Cristianesimo.


VI. RILIEVI CONCLUSIVI

Mi auguro che queste riflessioni concorrano a dare una svolta all'attuale letteratura apologetica del mondo cattolico.

La Chiesa, la vera, Sposa immacolata di Cristo, Madre dei Santi, può esser difesa principalmente facendone conoscere l'origine, i poteri, le funzioni nella sua indissolubile unione col Verbo Incarnato.

L'analisi della sua complessa struttura è sufficiente a distinguerla dai suoi membri indegni che l'hanno screditata, dandone quella falsa immagine che ha offerto ai suoi nemici tutti i pretesti per tentare di liquidarla.

Solo l'analisi sulla quale sono tornato più volte, mentre giustifica le note caratteristiche della vera Chiesa (unità, santità, cattolicità, perennità), proibisce di ritenerla peccatrice, bisognosa di penitenza, in cammino di conversione: appunto ciò che riguarda esclusivamente i fedeli, elemento materiale-passivo della sua struttura. È ad essi infatti che il Vaticano II si riferisce quando insiste sul dovere della riforma, del rinnovamento, della purificazione (LG 8, 15; UR 4, 6; GS 43).

Dunque, non c'è da temer nulla per la Chiesa, né per il suo Capo, superiore a tutta la potenza delle tenebre: Egli ha vinto il mondo.

Tutti i timori invece devono nutrirsi per gli uomini
 che la Chiesa-Madre chiama, accoglie, rigenera, compagnia, purifica, salva, senza violentarne l'arbitrio, ossia lasciandoli tutti potenziali peccatori, e di fatto, spessissimo, subendone il voltafaccia, il tradimento.

È il loro contegno, quindi, che preoccupa per la sorte sempre incerta di noi tutti, non per quella della Chiesa, che non ha bisogno di nessuno, mentre tutti hanno bisogno di lei che, «sacramento di salvezza», pazienta, attende, riforma, perdona, trionfa sull'ostinazione e la stupidità umana...

***

Oggi la Chiesa è impegnata a superare forse la più grave di tutte le crisi: la tempesta scatenata dal modernismo - vera sintesi di tutte le eresie, idra dai mille tentacoli -, dopo circa un secolo ancora infuria. Superfluo richiamarne le aberrazioni dottrinali, condannate dalla Chiesa all'inizio del secolo. Nell'attuale neo-modernismo esse sono anche più insidiose, imperversando ovunque, sostenute - con la proverbiale ambiguità di linguaggio, propria dei mestatori - da docenti di seminari, università cattoliche, Istituti di scienze religiose eretti per laici e suore.

Sembra che il gran pubblico si vada adattando all'errore, talmente da assorbirlo e assimilarlo, per cui oggi pochi sono in grado di avvertirne il contrasto con la verità. La quale, a livello teoretico, per molti è quasi un disvalore, riconoscendo pragmatisticamente per vera soltanto la verità vissuta, intesa in senso relativistico e storicistico..., ossia, nella sua dimensione umana e sociale, che obbliga a lasciare in secondo ordine dogmi definiti e norme etiche assolute.

Appunto per questo, i problemi d'indole esistenziale (come quelli del lavoro, della fame, dell'assistenza, ecc.) prevalgono su quelli di livello speculativo, metafisico, teologico, facendo avvertire con particolare urgenza il dovere dell'ecumenismo, promosso come riconciliazione fra le chiese cristiane, da realizzarsi in virtù dell'amore assai più che sull'unità della fede, sulla base di un'identica comprensione della Parola di Dio, sull'unanime ritorno alla Tradizione Apostolica, al magistero della sede romana.

La vera Chiesa si riconosce solo in questo magistero contro la diffusa e quasi impercettibile tendenza all'umanesimo ateo d'innumerevoli uomini di Chiesa, responsabili di una dissacrazione che sovverte esegesi biblica, teologia dogmatica, celebrazioni liturgiche, legislazione canonica, principi etici, criteri di pastorale...

Il disorientamento dei fedeli è universale, angoscioso, e la comune deplorazione sale al colmo quando essi da quegli uomini odono discorsi e ricevono consigli, assistono a certi loro riti, notano un loro modo di acconciarsi ed un contegno talmente strano e indecoroso, da far sospettare che il Cristianesimo sia un'enorme impostura. Per questo ed altro - secondo Giovanni Paolo II - non sono tentati persino di ateismo?

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Allora è pure grave la tentazione di non fidarsi di alcuni vescovi e partoci che, privi di cultura e disinformati, superficiali e indolenti, abbandonano il popolo a se stesso, affidandolo a gruppi ereticali, a movimenti di preghiera acefali o condotti da veggenti discutibilissimi, a teologi improvvisati e parolai, a catechisti semi-analfabeti e presuntuosi...

È difficile credere ancora nella reale presenza eucaristica, quando ministri ordinari e straordinari espongono il Sacramento a profanazioni e sacrilegi, relegano il Tabernacolo in angoli della Chiesa, senza fiori né lampada, aboliscono genuflessioni, irridono ogni manifestazione di fede.

Appunto la Messa risulta presa come d'assalto da numeroso Clero irresponsabile, che si rifiuta di celebrarla come Sacrificio, insistendo in modo esclusivo sul suo carattere di convito, sì da favorire irriverenze, distrazioni e baldorie... Preti e monaci - ribelli alla Chiesa - arrivano a deplorare come abuso le Messe individuali, specialmente se celebrate senza l'assistenza dei fedeli...

Inducono alla miscredenza quando mostrano di non aver mai capito né accettato il prodigio della transustanziazione, insegnando che nei frammenti dell'ostia consacrata cessa la reale presenza del Signore...

Non favoriscono il culto eucaristico quando, spesso con arroganza, impongono specialmente ai bambini di ricevere l'Eucarestia nella mano, non esigenzo il rispetto delle condizioni prescritte dalla C.E.I. Eppure, non ignorano il moltiplicarsi delle messe nere, celebrate da associazioni sataniche e favorite dalla nuova prassi liturgica, mai comandata, ma solo permessa, contro gravi e sempre valide ragioni opposte da Paolo VI.

Gli uomini di Chiesa, che impunemente si permettono tali e tante prevaricazioni, non riflettono che il popolo resta tremendamente scosso e tentato di ridersi di quanto la Chiesa insegna sul Mistero Eucaristico, da essa definito «culmine e fonte di tutto il culto e della vita cristiana...»? (C. di Dir. Can., 897).

E sono sempre uomini di Chiesa coloro che, alterando la «lex orandi» contenuta in venerati testi liturgici, sembra vogliano sovvertire la «lex credendi» a proposito del dogma della Redenzione, formulato e celebrato infinite volte. Alludo specialmente alla preghiera della festa del Corpus Domini. Per secoli si è ripetuto: «Deus, qui nobis sub Sacramento mirabili Passionis tuae memoriam reliquisti...»; mentre oggi il testo dice: «...ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua...».

I liturgisti, autori della nuova forma, non sanno che tutti, da millenni, - secondo ogni buon dizionario di lingua italiana - intendono la Pasqua come festa che commemora la risurrezione di Cristo, e non certo la sua Passione? Anche l'ultimo dei fedeli sa che una cosa è la risurrezione quale passaggio dalla morte alla vita, e altra la passione quale passaggio dalla vita alla morte. Nel caso nostro è appunto la morte per la quale Cristo, sacrificandosi - e non già risorgendo - ha espiato i nostri peccati e ci ha salvati, precisamente come la Chiesa ha ribadito contro Il Nuovo Catechismo Olandese, che voleva insinuare le stupidità di certa fanta-teologia moderna (cf. iv., L.D.C., Torino-Leumann, 1969, pp. 46 ss).

Per colpa di certi uomini di Chiesa, non siamo forse al solito tranello dell'umanesimo ateo rivendicato nell'affermazione dell'Uomo, negazione del peccato come offesa di Dio, rifiuto dell'espiazione e del Sacrificio quale supremo atto di culto?

S'intuisce che tali istanze di livello dogmatico sono radicalmente sovversive; e appunto esse ispirano la falsa euforia di Eucaristie» celebrate un po' dovunque da gruppi favoriti da pastori incoscienti. La Chiesa la pensa ben diversamente, e con essa c'è solo da condannare le innumerevoli profanazioni ed abusi che travisano l'essenza stessa del culto e della vita cristiana. Ciò non è tutto.

***

È assurdo coltivare una sensibilità morale in sintonia con le disposizioni della Chiesa e la tradizione dei più illuminati credenti, seguendo le direttive di confessori disposti ad ascoltare e assolvere soltanto penitenti assassini o rapinatori di banche ecc., dissuadendo dalla confessione frequente dei peccati veniali, inducendo a credere che l'assoluzione sacramentale può essere supplita da un atto di contrizione...

Non si contano i casi in cui giovani fidanzati sentono dichiararsi che - dopo il Concilio - è lecito ogni rapporto prematrimoniale, purché si amino... Masturbazione, contraccettivi, fecondazione artificiale, manipolazioni genetiche, ecc. sarebbero giustificate, secondo moralisti dissennati, ribelli a severissime condanne della Gerarchia.

Queste ed altre le cialtronerie che si permettono di diffondere certi uomini di Chiesa, secondo i quali norme disciplinari del diritto canonico e prescrizioni liturgiche avrebbero valore soltanto facoltativo o di orientamento, rimettendo tutto alla spontaneità, al fervore, alla coscienza di ciascuno...

Del resto, - ridendosi di tutto - ripetono con irritante sufficienza che il Signore guarda il cuore, la sua misericordia supplisce a tutto; per cui sarebbe superfluo ogni controllo dei superiori e offenderebbe la persona umana ogni loro eventuale sanzione... Tutti, infine, - si arriva a blaterare -, essendo destinati alla salvezza, devono impegnarsi nel temporale e nel sociale sereni e fiduciosi perché l'inferno sarebbe il residuo di una catechesi superata, in contrasto con l'universalità e l'efficacia della Redenzione.

Queste le fantasie ereticali che stanno mulinando nel cervello di alcuni laici, indottrinati da falsi pastori.

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Ma, tutto considerato, sarebbe illogico concludere che il mondo può fare a meno del Clero per il fatto che la sua condotta può contraddire alla sua missione. I poteri trascendenti a lui conferiti dal Cristo e indispensabili per compiere la medesima obbligano il mondo ad accettarlo qual è. Si tratta di poteri - e di una mediazione - che il sacerdote, per quanto disonesto, non può mai perdere, e dei quali il mondo non cesserà mai di aver bisogno per percepire i frutti della Redenzione.

Nel «prete», l'uomo non può sopprimere «il Cristo»; ossia la natura umana, in lui, non potrà mai rendere inefficace la grazia del suo sacerdozio; il quale, nei piani della Provvidenza, è necessario quanto - per analogia - la stessa incarnazione del Verbo.


COMMIATO

Quanto ho riferito si ripete da decenni in tutti i toni e in ogni occasione, sia pure a mezza voce, con un frasario ambiguo, vaporoso, insinuante, creando un clima di inconsapevole e garbato rifiuto della Chiesa gerarchica, del bagaglio di verità sacrosante ribadite da papi e concili.

Ho potuto constatare personalmente che spesso, parlando di dogmi e norme morali immutabili, si arriva a provocare diffidenza e disprezzo in sacerdoti e laici quasi invasati dal demone di una libertà sfrenata.

Ma essi - poveri e infelici uomini di Chiesa! - non essendo la Chiesa, non possono parlare in suo nome: sono l'anti-Chiesa.

Bisogna pregare per loro perché si ravvedano; ma è anche doveroso segnalarli all'opinione pubblica perché molti fedeli, retti ed ingenui, non precipitino nel baratro scavato dalla loro protervia.

Un'apologia a rovescio - solo apparentemente scandalosa - giova a presentare la vera Chiesa di Cristo e specialmente denunziare i pretesti di quanti, strumentalizzando le malefatte dei suoi figli degeneri, si ostinano a denigrarla condannando però solo se stessi.

È per questo che oso esortarli a scrivere ancora e persino - in buona o cattiva fede - ad inventare ed esagerare quanto vogliono. Penso che riusciranno unicamente a rivelare al mondo e alla storia le miserie, gli errori e le infamie di una natura umana che, comune a credenti e miscredenti, chierici e laici, la Chiesa ha ricevuto il mandato e il potere di redimere.

Ai fedeli resta il dovere di pregare il padrone della messe perché mandi dei buoni operai, di collaborare con essi, condividendone le necessità personali e pastorali, compatirli nelle debolezze, confortarli nelle crisi, ripararne le colpe, stimolarli al ravvedimento, favorirne la santificazione.

Questa la più efficace difesa contro i nemici della fede, i quali spiano ogni difetto dei credenti per tentare di screditare la Chiesa, neutralizzarne l'opera.