sabato 31 marzo 2018

La Pasqua Neocatecumenale e il Signore "che passa"

Pubblichiamo un'utile riflessione tratta da alcuni commenti ricevuti recentemente, che dedichiamo a chi si appresta a "celebrare" la Pasqua Neocatecumenale, per rammentare che cosa sia davvero il "passaggio" di Gesù Risorto nella vita di un credente e cosa invece non lo sia.

Cari fratelli del Cammino, non è che il Signore "passa", il Signore "c'è sempre"!

Il Cammino,
cavallo di Troia nella Chiesa
Non è che il Signore "passa", il Signore "c'è sempre" presente nel Santissimo Sacramento (sì, il tabernacolo c'è proprio per tale motivo).

La nostra partecipazione alla liturgia non riguarda un marcare presenza eseguendo certe attività per avere tutti i bollini sacri nelle caselline, ma riguarda il beneficio spirituale che otteniamo personalmente dall'assistere al sacrificio eucaristico e l'enorme beneficio (direttamente riguardante la propria salvezza personale) nel fare la Comunione secondo le dovute disposizioni.

Tutto qui.

Nella mentalità neocatecumenale la liturgia è invece uno spettacolino da far riuscire bene, e perciò vi si dà eccessivo peso ai canti, alle letture, alla "preparazione", alle omelie dei laici (un parolame interminabile che di fatto annacqua la liturgia), ecc. Troppo accento alle attività umane, e troppo poco alla Comunione, ridotta ad un gesto rappresentativo da compiere tutti insieme contemporaneamente.

Questa cosa che i NC chiamano "il passaggio del Signore" descrive nel migliore dei casi una presa di coscienza dove l'intervento della Grazia è sicuramente possibile, anche se la denominazione è discutibile.

Spesso però i NC chiamano "passaggio del Signore" quella suggestione "mistica" particolarmente intensa, indotta da stimoli emotivi fuori dal quotidiano (intimità emotiva forzata, specialmente nelle convivenze), ed eventualmente favorita dalla privazione del sonno (come a Pasqua), da ritmi incalzanti (sia nell'agenda che nella musica), dall'isolamento dal quotidiano per più giorni, dall'impossibilità di raccogliersi nel silenzio, insomma da tutte quelle tecniche di cui si servono tutti i gruppi settari.

E, chissà perché, quando il "Signore passa" il camminante finisce per ammettere che tutto e solo quello che c'è scritto nei mamotreti è vero nella propria vita.

In questo caso, hai voglia a dirgli che Dio è in cielo, in terra ed in ogni luogo, è sempre stato e sempre sarà, perché si sono costruiti un tipo di fede basata sul "sentire" (mentre io scommetto sul rilascio di dopamina indotto verbalmente), e per la quale Dio è presente solo e quando Lo sentono, cioè al momento del suo passaggio (e qui scambiano la causa con l'effetto).
Però, dopo un po' di tempo, o a volte sulla dura pista di atterraggio della realtà, alcuni di loro si risvegliano e si rammaricano delle sensazioni che sono state indotte in loro, in preda alle quali hanno compiuto magari scelte sbagliate. Ammettere a se stessi di essere stati manipolati è già un atto di coraggio ed un bel balzo in avanti.

In realtà per vivere bene la liturgia occorre solo l'unione con Dio, gesto interiore e del tutto personale. I santi hanno nutrito la loro spiritualità senza sgolarsi a cantare, senza comunità fraterne affannatesi a preparare, senza diluviare di parole la Parola di Dio, senza ammennicoli né fronzoli (e perfino restando indifferenti alle inutili chiassate delle grandi occasioni): semplicemente uniti di cuore al Signore, vivendo bene (e frequentemente) il sacramento della confessione, e facendo la Comunione riconoscendo Colui che è veramente presente nel santissimo Sacramento.

mercoledì 28 marzo 2018

GNE... GNE... GNE

Il selfie con Kiko, necessario da pubblicare
su Facebook Instagram e altri social
Io li chiamavo in vari modi. Ho deciso di massificarli anche nel nome, obliando ogni altro. Faccio mio l'appellativo con il quale li definisce un sacerdote mio amico in Facebook: "Gne... gne... gne". "Gne... gne...gne" ben riproduce i mantra con i quali i neocat si esprimono.

L'Annuncio di Pasqua 2018 è materia da "Gne... gne... gne" su nastro registrato. Roba ripetuta a ogni Annuncio, a ogni incontro, a ogni presentazione di libro, a ogni catechesi.

Gne... gne... gne: pagine e pagine di autoesaltazione del Sommo Tuttologo dell'Arte, le cui parole sono dettate dall'angelo che l'assiste 24 ore su 24, le cui catechesi sempre sono ispirate da Dio. Relativamente alla musica, come ha notato un altro mio amico, c'è da chiedersi come faccia il fondatore del Cammino a comporre sinfonie se, per sua stessa ammissione, egli ignora il solfeggio; un'altra ispirazione celeste, evidentemente. Prima o poi dovremo sorbirci i panegirici su una Divina Commedia kikiana, la quale oscurerà Dante così come la sua pittura avrebbe oscurato quella di Giotto, che secondo il Sommo Tuttologo dell'Arte nulla ebbe di sacro.

Gne... gne... gne: l'ostentazione di un quadro del fondatore e la presentazione di un video con l'opera lirica la cui visione – ribadisce il personaggio pubblico Kiko Arguello – assolutamente va impedita a "quelli di fuori", i barbari dei social network.

Dal Video Proibito: Kiko esegue il gesto di
Arthur Fonzarelli di Happy Days, e con ciò
dimostra di aver "composto" lui questo
Nuevo Sufrimiento Super Segreto
Gne... gne... gne: solita tiritera sul seder pasquale neocatecumenale, con Israele che entra nella terra promessa, il posto a tavola vuoto, l'attesa di Elia che viene ad annunziare la venuta del Messia ecc. eccetera.

Gne... gne... gne: ennesima presentazione della sostituta della cofondatrice. Ennesima ripetizione della storia che ha portato alla sua scelta.

Gne... gne... gne: non si esime la nuova responsabile dell'Equipe internazionale dall'imitare il cigolio dei cardini non oliati; addirittura ha riproposto una catechesi del 1984 della scomparsa cofondatrice, una catechesi secondo la quale il Faraone si reincarnerebbe in ogni Pasqua per impedire la Veglia pasquale.

Gne... gne... gne: la spiegazione dello Gne... gne... gne della sostituta di Carmen non poteva toccare che a Kiko, ovviamente: "Alcuni Vescovi non permettono la doppia celebrazione in chiesa, sempre abbiamo avuto problemi. Il Faraone si alza per impedire la Veglia Pasquale". Lo Gne... gne... gne è interpretabile: oggi il Faraone si reincarnerebbe a Pasqua nei Vescovi [alcuni! Sic!] che non desiderano la Veglia separata degli illuminati del Cammino.

Gne... gne... gne: affido la sintesi all'analisi delle ricorrenze, che nell'analisi testuale sono molto significative:
  • Faraone = 25 citazioni;
  • Egitto = 10 citazioni;
  • midrash/misdrashico = 6 citazioni;
  • Mosè = 5 citazioni;
  • varie occorrenze singole (Abramo, le dieci piaghe d'Egitto, il seder pasquale, altro).
Di contro, degli eventi e dei personaggi della Resurrezione (il Risorto nel giardino, gli angeli, apparizione alle donne, Maria di Magdala, Pietro e Giovanni che entrano nel sepolcro, i lini, ecc. eccetera) niente di niente. E questo sarebbe un Annuncio della Pasqua dei cattolici? Ebbe ragione mons. Athanasius Schneider: "il Neocatecumenato è una comunità Protestante-Ebraica all'interno della Chiesa, che di cattolico ha solo la decorazione".

Mi fermo qui: "Tutto il resto è noia", è il ritornello adatto per accompagnare il seguito dell'Annuncio. "Tutto il resto è Gne... gne... gne", possiamo replicare in coro.

(da: Lino Lista)

martedì 27 marzo 2018

Testo del Kikoannuncio di Kikopasqua 2018


Notare le sigarette e
l'atteggiamento del santone
(fonte 1) (fonte 2)

Nel gergo neocatecumenale, i grandi show in cui Kiko Argüello si degna di ammannire le sue omelie ai fratelli del Cammino, vengono detti "annuncio".

Presentiamo qui sotto il testo completo del cosiddetto "annuncio" di Pasqua 2018 avvenuto lo scorso fine settimana a Roma, evidenziandone in giallo alcuni passi discutibili (naturalmente non sono gli unici passi meritevoli di dibattito).

In estrema sintesi, i punti principali di questo Annuncio sono due:

1) celebrare le veglie pasquali neocatecumenali separatamente dalla parrocchia, contraddicendo le disposizioni del Santo Padre, della liturgia, dei vescovi "Faraoni", dello Statuto, ecc.;

2) il ciclo delle cosiddette "catechesi iniziali" del Cammino viene trasferito nelle 100 Piazze Neocatecumenali, possibilmente affidato a dilettanti allo sbaraglio, e i nuovi adepti che vengono raccattati vanno spediti a rimpolpare le nuove comunità fondate altrove.

In pratica il Cammino si prepara a ritirarsi nelle case perché non può più abbindolare le parrocchie.

A differenza di altre occasioni (come ad esempio quando Kiko blaterò che il Papa avrebbe detto "Kiko è un santo"), nel solito diluvio di vaccate stavolta non ne ha dette di grossissime, ad eccezione della processione a Cuenca. Nel testo che segue (riportato per intero ad esclusione delle pagine pubblicitarie conclusive) suggeriamo in particolare di considerare questi punti:
  • Kiko parla di sé stesso: «Non solo sono un grande artista ma anche musicista» (pag. 3) e più avanti aggiungerà: «io... io... io...»
  • Carmen, citata dalla Ascension che ne avrebbe preso il posto, dice che i vescovi sfavorevoli al Cammino sono "faraoni" che si reincarnano ad ogni Pasqua per impedire al Cammino di fare la propria veglia pasquale separata (pag. 5)
  • si nota l'ossessione per Mosè e la Pasqua ebraica, e l'uso maniacale di termini come "faraone", "midrash", ecc. Il comico don Mario a pagina 7 altera le parole del Papa, rimpiazzando "Messa" (una parola da cristiani della domenica!) con "Eucarestia". Solito vecchio vizietto neocatecumenale;
  • Pezzi poi addirittura afferma che fare la veglia separata non significherebbe rompere la comunione con la Chiesa, e fa tutto uno sforzo per mistificare le parole del Papa, blaterando che l'unità della parrocchia si farebbe anche con le veglie separate neocatecumenali (pag. 7).
  • notevole e "pericolosissimo" l'esempio fatto, secondo cui un fratello di comunità che frequenta poco, può nonostante ciò sentirsi "unito" alla sua comunità (che ne pensate? il sottinteso è che si faccia vivo alle convivenze e soprattutto che paghi puntualmente la Decima...) (pag. 8)
  • Kiko disprezza le parrocchie ("vengono in 4 o non vengono affatto") perché non fanno la veglia di tutta la notte - quella neocatecumenale che si conclude pranzando alle 5 o alle 6 del mattino (pag. 9);
  • Kiko afferma che bisogna avere per forza delle sofferenze, altrimenti niente santificazione (capite? non parla di santificazione mediante l'«accettare» le eventuali sofferenze della vita, ma sta insinuando di "cercarsele" se non si hanno! è il narcisismo delle sofferenze, tipico dei kikos, e i cosiddetti "catechisti" te le rivangano addosso) (pag. 10)
  • Kiko profetizza quasi 150.000 fratelli presenti il 5 maggio a Roma (pag. 10) e già ora "non c'è più posto" a Roma e nelle parrocchie, tutto miracolosamente pieno (pag. 11)
  • Kiko nomina (molto probabilmente a sproposito) il card. Florit (1901-1985), che notoriamente era un conservatore e che aveva punito don Milani e don Mazzi (pag. 11)
  • Kiko racconta del magico italo-spagnolo Torreggiani che avrebbe tanto, tanto, tanto insistito affinché Kiko facesse "l'iniziazione" nelle parrocchie italiane; l'éskimo era tipico dei giovanotti di sinistra; la citata "messa con le chitarre" era certamente la messa beat che andò di moda brevemente all'epoca (pag. 11)
  • il fu Franco Voltaggio è il grosso Super Catechista citato nella Tela del ragno (pag. 12)
  • Kiko la spara grossa dicendo che 250.000 inglesi nell'arco di 365 giorni non hanno parlato con nessuno (pag. 13)
  • Kiko lancia le nuove catechesi iniziali in piazza per rimpolpare le comunità fondate altrove: dopo l'ultimo incontro in piazza «li radunate in una casa e fate le catechesi con la convivenza e possono entrare in una comunità» (pag. 13): per la serie, ci cacciano dalle parrocchie e noi proseguiamo in piazza... e se le comunità appena fondate si sfrondano rapidamente, le rimpolpiamo con gli adescati della piazza;
  • chi non fa la missione in piazza è malato di «borghesismo» e di «tiepidezza»: lo dice Kiko, praticamente minacciando l'inferno a chi non partecipa alle Cento Piazze... (per tutti gli altri peccatori basta ascoltare il suo "kerygma" e credere per essere salvati) (pag. 13)
  • Kiko l'astrofisico proclama: quando Dio dice "sia la luce", appare il big bang (pag. 13)
  • Kiko ancora ossessionato dal sesso... (pag. 14)
  • ...e dall'imbonire i fratelli ebrei: "la spada del nazismo" (pag. 14)
  • Kiko nomina il grande classico della spiritualità L'imitazione di Cristo ma evita di consigliare di leggerlo (infatti ne conosce solo il titolo). Invece varrebbe davvero la pena di leggerlo e meditarlo. Ma se i kikos prendessero sul serio quel libro, uscirebbero rapidamente dal Cammino (pag. 15)
  • Kiko vanta un successone a Pechino, in Cina, ma sta parlando dei vescovi "patriottici" cinesi praticamente ostili al Papa e alla Santa Sede, definendoli «entusiasti perché erano stati alla Domus» di Kiko («tutti dicono che è una meraviglia e tutti sono entusiasti»)... ed «erano rimasti toccati dal kerigma» kikiano (pag. 17)
  • in Cina il Cammino avrebbe appestato sia la Chiesa "clandestina" (quella unita al Papa e perciò sempre perseguitata), sia la Chiesa "patriottica" (quella unita invece al Partito Comunista Cinese) (pag. 18)
  • Kiko ripete il solito raccontino dell'esorciccio alla Cina del 1995 (è dal 1995 che lo ripete in ogni occasione) e la storiella sbagliata dell'ammiraglio Nimitz (pagg. 18-19)
  • Kiko menziona una processione a Cuenca dove «permettono alla gente di insultare Cristo... dicono delle bestialità tremende... mi venivano i brividi per come insultavano Cristo...» (pag. 19). In realtà a Cuenca non si fa niente del genere. La processione delle Turbas del venerdì santo a Cuenca mette in scena la Passione del Signore «col massimo rispetto e devozione», senza insulti, ma solo a suon di trombe e clarinetti. Kiko ha mentito, non è mai stato a quella processione, e spaccia per realtà le sue fantasie blasfeme;
  • Kiko dice «mi sento veramente un peccatore e non so se mi salverò» (pag. 20); subito dopo gli sfugge un'affermazione tagliata a metà: «e adesso anche questa sorella mi conosce». Quale sorella? E riguardo a tale "sorella", cosa diavolo c'è da conoscere su Kiko che non è stato ancora ufficialmente rivelato?
  • Kiko vede "segni erotici" dappertutto (pag. 21)
  • Kiko mistifica il Vangelo di Luca: Lc 14, 26-27 dice: «26Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo». Kiko invece lo deforma così: «Chi non odia la sua anima non può essere mio discepolo». (pag. 21) Scusate, ma Kiko lo sa che "odiare la propria anima" significa rifiutare la salvezza?
  • Subito dopo Kiko mistifica anche la Seconda Lettera ai Corinzi: 2Cor 5,21: «...Dio lo trattò da peccato in nostro favore», e Kiko invece lo distorce così: «...Dio lo ha fatto peccato per noi» (pag. 21)
  • lo chef Kiko parla di mangiare «l'agnello» alle sei del mattino di Pasqua, e dice che non conviene andare al ristorante; subito dopo menziona la «bella colazione, con tutti i tipi di cose, molto ricca» per la veglia di Pentecoste, e dopo tale colazione «si va a dormire un po'» (per compensare la nottataccia e non sbadigliare troppo durante le "risonanze" e il "giro di esperienze") (pag. 23)
Qui di seguito, il testo completo con le omelie di Kiko, Pezzi e Ascension Romero.





ANNUNCIO DI PASQUA
Roma, Seminario Redemptoris Mater
23 marzo 2018

Sono presenti le comunità:

1 SS. Martiri Canadesi
2 SS. Martiri Canadesi

domenica 25 marzo 2018

La Madre di Dio e il Cammino Neocatecumenale: uno studio. Le Nozze di Cana (II)

LA VERGINE MADRE DI DIO
E IL CAMMINO NEOCATECUMENALE

articolo di Lino Lista e Beati Pauperes Spiritu

Continuiamo, con questa seconda riflessione, lo studio sul ruolo della Santissima Madre di Dio nel Cammino Neocatecumenale. Nella prima parte, rinvenibile a [questo link], abbiamo trattato una parte del brano del Vangelo di Giovanni che riporta il miracolo delle nozze di Cana. Il passo in questione viene, se così si può dire, spiegato da Kiko in una catechesi centrale del passaggio del Padre Nostro, la tappa che nel Cammino dovrebbe "consegnare" agli adepti la figura della Vergine Maria.

I neocatecumenali si qualificano come
"gente che ha ricevuto le palme":
le Palme Alte Neocatecumenali che li
distinguono dai "cristiani della domenica"
Già questo è di per se stesso un assurdo: la vita cristiana si fonda sulla Madre del Redentore, sul suo luminoso esempio di obbedienza, carità, santità, purezza, sacrificio, dolcezza. Maria è la porta regale che può condurci alla conoscenza del Signore. "Ad Jesum per Mariam" è il famoso motto di Luigi Maria Grignon, autore del "Trattato della Vera Devozione a Maria", ripreso da Paolo VI nella semi dimenticata enciclica "Marialis cultus". Per arrivare a Gesù bisogna passare per Maria. E' quindi incomprensibile che un movimento cattolico supposto mariano inizi a parlare della Vergine in un passaggio così avanzato, che arriva mediamente dopo 16 anni di Cammino. 
Il sospetto è che Kiko non sappia quasi nulla della mariologia, e di ciò che il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna di Lei. 

Dopo aver massacrato il Vangelo delle nozze di Cana nella prima parte (memorabile l'esegesi kikiana con Maria nevrotica madre di un figlio brontolone), Kiko affonda il coltello senza pietà anche nella seconda parte, quella più importante, in cui viene descritto il miracolo della mutazione dell'acqua in vino. 
E' qui che il Vangelo si affolla di simboli meravigliosi che Kiko stravolge per dare al miracolo un significato sfacciatamente pro-Cammino. Leggiamo il brano di Giovanni:
«Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». 
Ecco come Kiko commenta la seconda parte del Vangelo:
«Prima di andare al tempio si facevano purificazioni con acqua, annunzio del Battesimo, con le anfore della mikwah. La mikwah è una piscina che hanno gli ebrei - dalla quale nasce la nostra piscina battesimale - che deve avere acqua pari a 3 volte il volume del corpo umano, perché si dissolva nell'acqua il peccato. C’è tutta una serie di regole della mikwah per il battesimo dei proseliti o per la purificazione lustrale. C'erano lì 6 anfore grandi per questa mikwah che annunzia il Battesimo, e Gesù li manda a prenderle: "Riempitele di acqua e portatele al maestro di tavola". »
Kiko ha una vera fissazione per la mistica della "mikveh" (e non mikvah), che infila dappertutto, almeno nella metà delle sue catechesi. Ne è talmente ossessionato che utilizza un'immagine simile a una mikva ebraica per spiegare il senso del suo cammino neocatecumenale:



Si tratta in sintesi di una immersione rituale, che, associata all'immancabile serqua di prescrizioni ebraiche, viene utilizzata per purificare l'uomo da una situazione di impurità, o per le conversioni dei pagani all'ebraismo. L'immersione nella mikveh è condizione per riacquistare il permesso di entrare nel Tempio (o nella Sinagoga, nei nostri tempi) dopo un evento che ha reso l'uomo impuro (per esempio, il ciclo, o il parto o le polluzioni notturne per l'uomo).
Nel caso del Vangelo di Cana la mikveh non c'entra assolutamente niente. Le giare ivi presenti servivano per le normali abluzioni (lavaggio delle mani) che gli invitati dovevano compiere prima di mangiare, anche queste prescritte dalla Torah. Del resto, non avrebbe avuto senso porre delle giare per la purificazione per l'ingresso nel Tempio, che era a Gerusalemme, e i matrimoni fra i giudei non si svolgevano in luoghi sacri.
In più, le giare erano inizialmente vuote - anche questo un segno importante - ed è come minimo azzardato pensare che l'acqua fosse stata usata per riempire una mikveh, o che i giudei che volessero purificarsi si immergessero in una giara, pratica che sarebbe peraltro risultata contraria alle prescrizioni della Torah.
L'acqua in questo caso non è segno del Battesimo. Se lo fosse stato, Cristo non l'avrebbe mutata in vino. La mikveh, poi, non è "annunzio del Battesimo" cristiano, come sostiene l'Arguello - ne è infatti solo una pallidissima icona - nel suo indefesso tentativo di unire sincreticamente ebraismo e cristianesimo. Il Battesimo cristiano deriva dal battesimo di Giovanni, che, ci tiene a specificare l'evangelista, predicava un battesimo "per il perdono dei peccati", natura completamente differente dalla purificazione giudaica che è un rito che deve ripetersi, mentre il Battesimo cristiano, santificante, è compiuto una volta e per sempre.
Le giare, invece, simboleggiano l'Antico Testamento - sono infatti "di pietra" - come le tavole della legge, sono sei, simbolo di incompiutezza, e sono vuote, segno che l'Antica Alleanza ha esaurito la sua funzione all'arrivo del fautore della Nuova Alleanza, che sarà suggellata nel Suo preziosissimo Sangue.

I cosiddetti "mamotreti",
sbobinature delle cosiddette
"catechesi" di Kiko e Carmen,
testo che i cosiddetti "catechisti"
sono tenuti a seguire alla lettera!
Il miracolo a Cana è, non a caso, l'evento al principio del ministero di Cristo. Solo così si spiegano le parole di Gesù verso la madre: "Che c'è tra me e te, o donna?": Gesù è anche vero uomo, oltre che vero Dio, e sa che se compie quel miracolo si apre il tempo che lo condurrà alla morte sulla croce. Sa che l'acqua tramutata in vino raffigura il Suo Sangue che sarà sparso per la redenzione dell'umanità. Sa che dovrà bere da quel calice, dalla coppa dell'ira divina, perché la stessa si estingua nella Sua suprema espiazione e sia aperta per l'uomo la possibilità di cancellare la colpa originale nel Battesimo.
Ecco che le giare sono vuote, segno ulteriore che l'antica legge fatta di prescrizioni e decreti non è più valida, perché è istituito l'unico vero Battesimo di salvezza.

Per concludere Kiko, dopo altre elaborazioni da drammaturgo, compie il disastro finale con questa chiosa, vero scandalo della cosiddetta "esegesi" del Vangelo di Cana:
«La Madonna ha visto che nella tua vita, nel tuo matrimonio, nella tua famiglia manca il vino c’è una sofferenza! Quello che ti fa soffrire è che ti manca la resurrezione, la fede nell'altra vita. Siccome non credi nell'altra vita, credi solo in questa, qui ti manca il vino! La Madonna ha provveduto, per questo ha mandato Kiko, Carmen, Franco e non so quanti nella tua vita; ha visto profondamente le tue necessità e ha mandato dei catechisti, ha suscitato il Cammino Neocatecumenale, ha preparato tutto questo per te. Tutte le grazie che hai ricevuto in questo Cammino (quante volte hai potuto perdonare tua moglie o tuo marito, o hai potuto accettare di avere un altro figlio, o hai potuto vendere i beni!), tutti i grandi momenti di gioia - forse adesso sei sofferente, ma hai avuto anche momenti bellissimi nella tua vita - sono state grazie che ti ha fatto il Signore attraverso la Vergine Maria, immagine della Chiesa. Hai ricevuto tutto dalla Chiesa e immagine della Chiesa è Maria tutte le grazie che riceve la Chiesa le riceve attraverso Maria che è mediatrice di tutte le grazie. Cristo ha voluto così, per questo il Vangelo delle Nozze di Cana non è un episodio soltanto casuale.»
La pagina originale del mamotreto
Consideriamo che Kiko parla a persone che frequentano assiduamente la Chiesa da 16 anni, fra l'altro nel suo "potente cammino", perciò si presume siano persone cattoliche. Dopo 16 anni, Kiko ancora arringa i suoi adepti accusandoli di "non avere fede", "non credere nell'altra vita", "essere privi della risurrezione".

Il neocatecumenale dunque è ancora un non credente (se non ha fede, e non crede nella resurrezione, che ci va a fare in chiesa, perché frequenta la messa?), ancora bisognoso di abbeverarsi alla fonte che, guarda caso, è la catechesi di Kiko stesso.
La Madonna avrebbe l'unica funzione di annunciare Kiko, anzi di più, avrebbe spinto il Figlio divino a compiere il miracolo di Cana per prefigurare il Cammino! Ha "preparato" il Cammino, addirittura. I

La Madonna di Kiko è una figura quindi strumentale a che l'adepto frequenti il Cammino, se l'adepto si allontana, esce dalla comunità, evidentemente non è più "nella festa", la Madonna non lo assisterà più. Il ragionamento di Kiko è chiaro:
- l'adepto ha ricevuto delle grazie nel Cammino
- le grazie vengono da Maria
- Maria elargisce grazie attraverso la Chiesa
- il Cammino è nella Chiesa
- quindi il Cammino è il mezzo per ricevere le grazie che Maria dona.

Niente Cammino, niente grazie.
Riguardo al simbolo del vino come simbolo di resurrezione ci sarebbe da parlare per ore, ma evitiamo di appesantire la lettura.

Secondo l'Antico Testamento, il vino è in stretto rapporto con l'alleanza, con il tempo messianico, nel quale scaturirà con abbondanza, è simbolo dell'amore di Dio verso il suo popolo. Nel Nuovo testamento, ed è ciò che più ci interessa, il vino è connesso con il “Regno di Dio”: «Non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel Regno di Dio» e la “Nuova Alleanza”: «Questo calice è la nuova Alleanza nel mio sangue». Sempre nei Vangeli il vino nuovo è simbolo della Rivelazione di Gesù come Messia, segno del cristianesimo nascente, che non può essere mescolato in un compromesso col vino vecchio del Giudaismo simboleggiato dagli otri vecchi (vuoti anch'essi) che si romperebbero sprecando il vino, la Buona Novella.
Allora, stando al suo contesto, possiamo dire che il vino di Cana simboleggia anzitutto la Parola di Gesù, la sua Rivelazione, il suo Vangelo.

Che diamine c'entra quindi il vino di Cana con il matrimonio dell'adepto? con la relazione con la moglie? Nulla, ovviamente! Serve a Kiko, l'ennesimo simbolo stravolto, piegato, a legare a doppio filo il camminante col Cammino: se te ne vai, finisce il vino, e il tuo matrimonio è distrutto.

No Cammino, No Party!

venerdì 23 marzo 2018

Kiko il Levita.

Geremia 31,31-34:
31 «Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. 32 Non come l'alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d'Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Parola del Signore. 33 Questa sarà l'alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. 34 Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato».
Esperienza di un ex in cui possiamo riconoscerci:

"Ho impiegato quasi cinque anni per disintossicarmi dopo i ventisei di cammino. Avrebbero potuto essere gli anni più significativi per la mia vita (e forse lo sono stati nella loro valenza negativa), nel senso che sarebbero potuti servire per raggiungere molti degli obiettivi che sarebbero stati, forse, conseguenziali visto i talenti che, dicono, mi sono stati donati. Forse avrei fatto qualcosa in più per il mio intorno che, a ciò magistralmente educato dai cosiddetti catechisti, guardavo con sospetto e giudizio. Forse avrei alimentato soltanto la mia superbia e sarei diventato un altro trombone presuntuoso, non so.
Pecorone ubbidiente
ad immagine e somiglianza dei suoi istruttori

Di certo so che sono diventato un pecorone ubbidiente ad immagine e somiglianza dei miei istruttori e come io stesso mi proponevo alle anime che mi erano state affidate dalla sacra trimurti. Ancora oggi mi chiedo come fossi potuto arrivare a tale grado di compromissione e assoggettazione. Con il senno di poi mi sono dato una risposta imputandone molte colpe ai preti che ritenevo essere garanti dell'ortodossia, avranno molto di cui rispondere presso Dio. Poi succede una sciocchezza, un niente nell'economia complessiva del sistema, e ti si levano le squame dagli occhi e via a gambe levate.

Anni di elaborazione del "lutto" sono stati pesanti e dolorosi, aiutato soltanto dai miei cari e da qualche prete che però sembrava non rendersi conto appieno della crisi esistenziale che può provocare un distacco traumatico (e quando non lo è?) da una setta. Mi ero persino allontanato dai sacramenti per una sorta di autopunizione e perché troppo pieno di rancori. Adesso ne sono fuori (dai rancori) e sono rientrato nella chiesa dei cristiani della domenica assieme alla mia famiglia. Visito spesso le pagine di questo blog sperando che presto possa leggere di sconvolgimenti sostanziali del cammino, vorrei che tanti evitassero le sofferenze che esso ingenera e spero di leggere che il kiko e la sua progenie siano finalmente mandati a guadagnarsi il pane con il sudore e fatica proprio e non quello dei succubi fratelli paganti decima. Spero anche di leggere di preti e vescovi messi finalmente in riga e richiamati all'osservanza delle indicazioni della Chiesa e alla vera cura delle anime che non possono delegare ai kikokatekisti.

Aprite gli occhi, cari camminanti in buona fede, scrollatevi di dosso il giogo kikatekistikiko e rientrate nella chiesa, riappropriatevi della libertà dei figli di Dio e fatevi amare veramente dalla vera Chiesa." (M.i.B.)

Di questa esperienza condividiamo, in pieno, anche le speranze!


Kiko, prima di fare il maestro,
impara la via dell'umiltà!
"Ama e fa' ciò che vuoi", questa espressione preziosa di Sant'Agostino viene ripresa spesso nella predicazione del Cammino Neocatecumenale e usata, al solito, come "frase ad effetto", senza sapere neanche di cosa si stia parlando. (nota 1)

Riflettevo che, se davvero "Amore" avesse guidato le azioni di Kiko Argüello [e le azioni della compianta cofondatrice Carmen Hernández], egli stesso, per primo, avrebbe approfondito la parola dei Santi Padri e Dottori della Chiesa, per informarne la sua vita di fede.
Questa stessa via, poi, avrebbe indicato - vero novello Giovanni Battista che, terminata la sua missione, "deve diminuire" - a tutti quelli che lo hanno seguito in 50 anni [fedele alla promessa che il cammino neocatecumenale si sarebbe disciolto, alla fine di tutto]. Lasciare i neofiti liberi di attingere, a piene mani, ai tesori della Chiesa, per perfezionare il percorso di riscoperta del Battesimo ormai completato, invece di continuare a tenerli segregati in uno stato di totale abbandono, ad avvoltolarsi stancamente tra le pagine dei mamotreti e le Sacre Scritture deformate e abusate dalle sue distorte, arbitrarie, aberranti interpretazioni.
Ricorre quest'anno, tra i soliti festeggiamenti, il Giubileo del suo "Potente Cammino" - che speriamo segni la restituzione a Dio di ciò che gli appartiene e la liberazione degli schiavi - e noi denunciamo, ancora una volta, che Kiko ha portato a compimento, in questi lunghi anni, un unico scempio della Parola di Dio e della Parola della Chiesa, come in molti post abbiamo dimostrato.

Ma l'argomento è tutt'altro che esaurito, evidentemente!
Kiko Argüello:
autoritratto rivelatore.
Oggi, su questa stessa linea, vogliamo analizzare un nuovo aspetto, sul quale alcuni recenti commenti hanno attirato l'attenzione.

La mia è una sintesi che spero possa tornare utile ai lettori del Blog, come a me è stata utile per aprire ancor più gli occhi e la mente sul perverso disegno kikiano: fondare "piccole comunità" che vivano secondo i precetti del Sommo Iniziatore, Kiko il Levita, che indossa le vesti del sacerdote per sparare, lui solo, oracoli inconfutabili.

Lo conferma il suo ennesimo autoritratto, nell'icona che lo raffigura, al posto del crocefisso, con la tunica sacerdotale e l'ephod in petto.

I camminanti sono stretti nella morsa di precetti, sullo stile del terzo libro della Torah "il Levitico" appunto, impartiti dai due autonominati/santi iniziatori spagnoli, Kiko Argüello e Carmen Hernández; tutto nel Cammino dipende dalla loro fedele osservanza, come il "compimento delle promesse" è riservato solo a chi puntualmente li adempie. Si è sotto il regime della legge, non dello Spirito!

È evidente che, se è opinabile, da una parte, per un "itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni" soffermarsi sulla Dottrina della Chiesa e sull'insegnamento dei Padri, dall'altra è inaccettabile che, trascurando proprio tutta la ricchezza della Tradizione della Chiesa, questo pseudo-itinerario si fondi, invece, esclusivamente su uno schema -  a ragione definito "Levitico" - fatto di prescrizioni e divieti, di obblighi e obbedienze, che neutralizzano, di fatto, ogni resistenza dei poveri indottrinati, così come ogni rigurgito della loro coscienza, sostituendoli con incurabili sensi di colpa.
Il crocefisso con la tunica sacerdotale e l'ephod in petto, nel quale Kiko, come suo solito, ha raffigurato se stesso e il "Potente Cammino" e non Cristo, richiama il "sacerdozio levitico", non quello «al modo di Melchisedek»".
Ma se Kiko si identifica con un sacerdote levita, giungiamo ad una conclusione: le comunità fondate da Kiko e Carmen - cavallo di Troia nella Chiesa - sono "comunità levitiche", come si comprende da p. 166 del mamotreto per la fase di conversione (riferimento al tomo in rete) dove ancora una volta Kiko mistifica Gv 9, depreca i farisei e loda il libro del Levitico che "aiuta l'uomo a esplicitare esternamente il suo senso di colpa". "È un dono enorme poter tirare fuori il senso di morte dell'uomo. Perché tirare fuori il peccato è già luce, come dice Gesù Cristo nella catechesi del cieco", insegna Kiko. [Ma dove Cristo dice questa cosa qui nel Vangelo, è un altro arcano!] (nota 2)

Ecco svelate le intenzioni dell'autonominato iniziatore e dei suoi accoliti: ridurre i camminanti nello stato descritto da M.i.B., "un pecorone ubbidiente ad immagine e somiglianza dei miei istruttori", privo di senso critico e incapace di relazionarsi con il mondo esterno. È come in una setta tipo Scientology.
Tirare fuori il senso di colpa mettendosi di fronte al "Levitico" con la malsana gestione di Kiko Argüello e dei suoi ignorantissimi catechisti può essere devastante.
È suscitata la paura per la punizione divina per il mancato rispetto delle prescrizioni rituali (di Kiko e Carmen). Ora, se un sano senso di colpa per il peccato è positivo, tirare fuori il senso di colpa con il Levitico "stile neocatecumenale", per il neofita, lasciato nelle mani di simili animali, è una vera tragedia. (liberamente tratto dai commenti di Lino)


Completiamo il quadro con altri due bei commenti.

Kiko, indossata la "stola" e
assistito da Carmen, minaccioso "profeta".
Da @Lino:
"...È suscitata la paura per la punizione divina per pensieri e opere che peccato non sono (il mancato odio per il padre e la madre, l'idolatria di familiari, lavoro e studio che idoli normalmente non sono, l'assenza dalle convivenza, il mancato rispetto delle prescrizioni rituali di Kiko, e chi più ne ha più ne citi). È indotta la paura di essere emarginato, tagliato come un fico sterile, considerato un Giuda..."

Hai perfettamente ragione e lo voglio mettere in evidenza. Chi dice che nel cammino ci sono errori per la debolezza umana, oppure chi dice che nel cammino ci sarà qualcosa di buono, si sta ponendo nel modo sbagliato e non ha capito l'entità del problema.
Riporto un esempio che fece mi pare Lino o Pietro Non Nc: se una o due macchine esce dalla fabbrica con un difetto può essere un errore umano, ma se il 99% hanno tutte hanno lo stesso difetto allora non è errore umano ma di progettazione.

È questo da capire.
Le testimonianze di noi ex, che su tanti punti concordano in maniera netta, devono far venire per lo meno il dubbio che c'è qualcosa nelle regole e nelle catechesi che non va.
Se poi queste catechesi sono segrete con la scusa di non scandalizzare i piccoli, il dubbio dovrebbe aumentare, indipendente che siano approvate o meno.

C'è una concezione sbagliata del peccato, della provvidenza, della apertura alla vita, della sofferenza, dei poveri e delle conseguenti opere di volontariato.

C'è arroganza e superbia di pensarsi migliori degli altri, gli unici che non annacquano il vangelo.

Non c'è ascolto, non c'è empatia, non c'è accoglienza disinteressata, ovvero a non fare proselitismo.

C'è chiusura rispetto alle altre realtà della Chiesa.

Non c'è trasparenza: I mamotreti non sono pubblici, la gestione dei soldi è lasciata in mano a poche persone senza bilanci, senza contabilità.

Ti riempono di sensi colpa, per tenerti incatenata, ti fanno fare le kiko-lodi che durano 40 minuti, ma se dici che preferisci pregare in un'altro modo, anche ad esempio solo le lodi senza anche l'ufficio delle letture, ti dicono che non sei obbediente. Se dici che la decima la dai fuori la comunità ti dicono che non sei obbediente. Se dici che dai un'offerta sostanziosa perché con il tuo discernimento hai ritenuto che quella era la cifra opportuna, ti dicono che hai l'idolo dei soldi.

È un mondo di bugie e mezze verità.

Ripeto le nostre esperienze devono porre delle domande sul metodo e sulla struttura NC, altrimenti non servono a niente.

Uno legge una testimonianza e pensa succede anche a me. Spero allora che nasca la domanda PERCHÉ?
E vi assicuro che non è un dubbio del demonio.

Questi dubbi spero vi portino a cercare dei buoni sacerdoti fuori del cammino, con cui poter avere dei chiarimenti. (EX-NC-???)


Vorrei chiarire una cosa.

La famiglia, il lavoro, gli amici, lo studio... NON SONO UN IDOLO. Non sono come il culto dato a Baal rispetto a quello di Dio, perché Baal non è secondo i piani divini, mentre la famiglia, il lavoro, ecc. sì.

Possono diventare un idolo SOLO quando vengono messi al posto di Dio.
Ma questo vale anche per le comunità religiose e per il Cammino. Che NON SONO DIO né sono la Chiesa. Al massimo fanno parte della Chiesa, che, però, sussisterebbe anche senza essi.

Per cui se è lecito dire a chi non va colpevolmente a Messa la domenica per lavorare che, in questo caso, per lui il lavoro è un idolo, non è affatto corretto dire a chi salta un incontro comunitario perché il giorno dopo ha un esame, che per lui lo studio è un idolo.
Non si può dire: "Dio al primo posto" ma intendere "la comunità al primo posto". Questa sì che è idolatria. (Pietro (NON del Cammino))



(nota 1)
AMA E FA’ CIÒ CHE VUOI
Il contesto è l’interpretazione della Prima lettera di Giovanni, alla quale il vescovo d’Ippona dedicò un ciclo di dieci omelie.
Agostino sta commentando i versetti 4-12 del capitolo 4 dell’epistola giovannea, un passaggio cruciale del testo sacro, lì dove Giovanni afferma solennemente che «DIO È AMORE» e che «in questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio […] come vittima di espiazione per i nostri peccati».

Bellissima Omelia, qui riporto quanto ci è utile per comprendere bene quello che intende Sant'Agostino per:
AMA E FA’ CIÒ CHE VUOI

[E' l'intenzione a dar valore all'opera.]
L'Apostolo infatti dice: Colui che mi amò e diede se stesso per me (Gal 2, 20). Se il Padre diede il Figlio ed il Figlio se stesso, Giuda che cosa fece? Una consegna è stata fatta dal Padre, una dal Figlio, una da Giuda: si tratta di una identica cosa: ma come si distinguono il Padre che dà il Figlio, e il Figlio che dà se stesso e Giuda il discepolo che dà il suo maestro? Il Padre ed il Figlio fecero ciò nella carità; compì la stessa azione anche Giuda, ma nel tradimento. Vedete che non bisogna considerare che cosa fa l'uomo ma con quale animo e con quale volontà lo faccia. Troviamo Dio Padre nella stessa azione in cui troviamo anche Giuda: benediciamo il Padre, detestiamo Giuda. Perché benediciamo il Padre e detestiamo Giuda? Benediciamo la carità, detestiamo l'iniquità. Quanto vantaggio infatti venne al genere umano dal fatto che Cristo fu tradito? Forse che Giuda ebbe in mente questo vantaggio nel tradire?  Dio ebbe in mente la nostra salvezza per la quale siamo stati redenti; Giuda ebbe in mente il prezzo che prese per vendere il Signore. Il Figlio ebbe in mente il prezzo che diede per noi, Giuda pensò al prezzo che ricevette per venderlo. Una diversa intenzione dunque, rese i fatti diversi. Se misuriamo questo identico fatto dalle diverse intenzioni, una di esse deve essere amata, l'altra condannata; una deve essere glorificata, l'altra detestata. Tanto vale la carità! Vedete che essa sola soppesa e distingue i fatti degli uomini.
[Sia l'amore a ispirare le nostre azioni.]
Dicemmo questo in riferimento a fatti simili. In riferimento a fatti diversi troviamo un uomo che infierisce per motivo di carità ed uno gentile per motivo di iniquità. Un padre percuote il figlio e un mercante di schiavi invece tratta con riguardo. Se ti metti davanti queste due cose, le percosse e le carezze, chi non preferisce le carezze e fugge le percosse? Se poni mente alle persone, la carità colpisce, l'iniquità blandisce. Considerate bene quanto qui insegniamo, che cioè i fatti degli uomini non si differenziano se non partendo dalla radice della carità. Molte cose infatti possono avvenire che hanno una apparenza buona ma non procedono dalla radice della carità: anche le spine hanno i fiori; alcune cose sembrano aspre e dure; ma si fanno, per instaurare una disciplina, sotto il comando della carità. Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve precetto: ama e fa' ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell'amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene.

(nota 2)
Nel mamotreto della fase di conversione, parlando del Libro del Levitico, già Kiko diceva:
"...è un libro che io non capivo mai per tutti i dettagli delle sue prescrizioni, e dice che nel momento in cui esso appare nella storia è un dono di rivelazione, perchè tutta quella serie di prescrizioni minuziose cui giunge il Levitico, non si può concepire senza la rivelazione, perchè essa aiuta l'uomo a esplicitare esternamente il suo senso di colpa cosa molto difficile da far affiorare e che rimane chiuso dentro l'uomo che non lo può tirar fuori".

mercoledì 21 marzo 2018

Due più due uguale cinque.

Lo Stato totalitario fa tutto il possibile 
per controllare i pensieri e le emozioni 
dei propri cittadini in modo persino più totale 
di come ne controlla le azioni.
(G. Orwell)

"...gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, 
perché le loro opere erano malvagie. 
Chiunque infatti fa il male, odia la luce
 e non viene alla luce perché 
non siano svelate le sue opere."
(Gv. 3,19-20)


   In un prestigioso istituto scolastico ("prestigioso" era l'attributo che i fondatori avevano attribuito alla loro creatura, in verità), studiava Alice, una ragazza obbediente e diligente, con un incurabile difetto: avere dei dubbi. 
   Nel Prestigioso Istituto i dubbi non erano ben visti. Dove tutti - più o meno - dovevano sembrare sicuri di se stessi, l'alunno dubbioso risultava solo un fastidioso piantagrane. 
   Il Prestigioso Istituto, infatti, aveva - sin dalla sua fondazione - come missione primaria una completa riforma dell'istruzione scolastica, che avrebbe dovuto essere sostituita integralmente con i metodi applicati di prassi nell'istituto. Per un così elevato obiettivo non può esserci spazio a tentennamenti. Gli alunni dubitabondi, o eccessivamente curiosi, che avevano l'ardire di manifestare le proprie perplessità, venivano rispediti a frequentare classi inferiori, a superare nuovamente estenuanti esami, compreso il temutissimo Secondo Scrutinio. Seguendo la sempreverde logica "colpirne uno per educarne cento", era sufficiente agli insegnanti bocciare un alunno, a volte un paio, per far si che tutti gli altri nel resto della classe capissero e se ne stessero buoni.
   Per scoraggiare le domande, poi, i fondatori del Prestigioso Istituto e tutto il corpo docente avevano elaborato un voluminoso Testo Unico, il "testo-con-tutte-le-risposte", il sussidiario definitivo che aveva soppiantato tutti gli altri. Nessun altro testo era ammesso, con l'eccezione di qualche volumetto scritto dai docenti del Prestigioso Istituto. 
  Il Testo Unico non poteva essere letto dagli alunni liberamente, la sua consultazione era appannaggio esclusivo degli insegnanti che lo ripetevano agli alunni. 
    Durante le lezioni non si potevano fare domande, ma si dovevano dare molte risposte. Questionari, interrogazioni, test...  Gli insegnanti, al contrario, non dicevano nulla di sé, limitandosi a ripetere i brani del Testo Unico e a ogni domanda insistente la risposta univoca era quasi sempre "questo non puoi capirlo ora, lo capirai dopo!". 
   Tutti annuivano, tranne Alice. 
   Scuoteva il capo, arrovellandosi sul perché ci fosse sempre un "dopo" che però non arrivava mai. Avrebbe voluto alzarsi in piedi in una di quelle lezioni estenuanti e dire che lei non era d'accordo su quello e su quell'altro, ma non ne aveva il coraggio. Tutti gli altri sembravano felici, in quella classe. Parlavano se interrogati, lasciando intendere sempre che avessero capito bene la lezione. Sapevano sempre scegliere le parole che causavano l'approvazione degli insegnanti. Pensò che il problema era suo, che non era in grado di adattarsi e smise di angustiarsi troppo.
   A nessuno sarebbe piaciuto essere espulso dal Prestigioso Istituto. Gli insegnanti non facevano che ripetere che fuori di là tutte le altre scuole erano vecchie, cadenti, ormai quasi abbandonate. Gli altri istituti non potevano fornire gli strumenti giusti per la propria crescita, gli altri insegnanti non erano così bravi come loro, nelle altre classi gli alunni non erano così uniti.
   Se fossero usciti dal Prestigioso Istituto non avrebbero avuto più modo di imparare, la loro formazione sarebbe stata compromessa per sempre. Avrebbero perso tutti gli amici con cui avevano condiviso tanti bei momenti. Sarebbero stati soli, costretti ad arrangiarsi da sé. Nella classe di Alice invece ci si sentiva così protetti, coccolati, seguiti. L'idea della solitudine era in fondo spaventosa. 
   Allora, perché lei avvertiva dentro di sé quella strana sensazione, quella pressante insoddisfazione? Com'è che la chiamava quello scrittore... "uggia", sì, rende bene l'idea. Alice sentiva una certa uggia, ma non sapeva di dove venisse e non aveva nessuno cui confidarla. Quelle poche volte che ci aveva provato, timidamente, parlando coi suoi compagni di classe, le avevano detto che si trattava solo di stupidaggini, che la sua fiducia era messa alla prova, che non doveva cedere alla tentazione di guardare oltre il muro che separava il Prestigioso Istituto dal mondo esterno, perché avrebbe visto solo tristezza e desolazione.
   C'erano dei momenti in cui si trovava bene in quella classe. Alcuni ragazzi erano dolci con lei, nel resto della scuola c'erano tante persone buone. Peccato però che non potesse davvero legare con loro... Non si poteva sapere cosa facessero le altre classi più avanti nel percorso di formazione.
Battesimo in liturgia kikista-carmenista
   Alice non se ne preoccupava troppo ed era quindi andata avanti, quasi fino alla fine, fino alla tanto desiderata maturità. L'aspettava l'ultimo Grande Esame Finale, che le avrebbe permesso di lasciare definitivamente alle spalle la Vecchia Alice, immatura, e abbracciare la Nuova se stessa, e infine continuare il suo percorso con la sua classe. Avrebbe avuto l'onore di indossare la divisa bianca degli ex-studenti, come quella dei suoi insegnanti. Forse un giorno avrebbe anche lei insegnato alle nuove giovani leve.
   Giunse il tempo del Grande Esame e gli insegnanti convocarono la classe di Alice per avviare l'ultimo scrutinio, il più difficile, e valutare la preparazione degli alunni. Chi fosse stato trovato impreparato sarebbe stato di certo inviato ad un'altra classe; nessuno voleva fare quella "fine".
   L'emozione iniziale si spense quando Alice assistette alle prime interrogazioni. Credeva forse che avrebbe ascoltato qualcosa di nuovo e invece... tutte le domande non facevano altro che rivangare lezioni apprese anni prima, costringendo i suoi compagni a parlare per ore, sotto lo sguardo inflessibile degli insegnanti. 
   Loro, che sembravano ogni tanto così magnanimi, così delicati, così comprensivi, così interessati alla vita degli alunni, si erano trasformati. Non facevano altro che parlare del viaggio di fine corso, e insistevano continuamente sul pagare la retta mensile, pure quella piuttosto salata. Avevano cominciato a paventare l'ipotesi che qualcuno sarebbe stato mandato via dal Prestigioso Istituto senza poterlo più terminare e il terrore si era diffuso nella classe. Non facevano altro che parlare dei "frutti", che secondo loro avrebbero dovuto raccogliere, che era arrivato il tempo di "mietere" dopo tanti anni di semina. 
    Le interrogazioni diventavano sempre più lunghe e dolorose. Tanti scoppiavano in lacrime, e Alice restò inorridita nel vedere che nessuno degli insegnanti si impietosiva minimamente. Anzi, diventavano più duri, dicendo che lo facevano per il loro bene. "Noi siamo i cani pastore, voi le pecorelle: quando rischiate di perdervi dobbiamo abbaiare", si giustificavano.
   Alunni che avrebbero meritato una solenne sgridata venivano rimandati con un paterno buffetto, altri che invece avrebbero meritato solo lodi, venivano massacrati dicendo che non avevano capito niente. Alice iniziò a preoccuparsi, man mano che si avvicinava il suo turno. Vedeva i suoi compagni provati, negli occhi di qualcuno vide riflessi i suoi stessi dubbi ma nessuno di loro osava dire una parola. 
   Cominciò allora a chiedere altrove, a cercare fuori del Prestigioso Istituto le risposte che nessuno voleva darle. Iniziò a parlare di ciò che si faceva nella scuola, per capire se fosse giusto ciò che le era stato insegnato fino ad allora.
   Scrisse anche a degli ex-alunni, che non avevano mai potuto terminare il percorso formativo ed erano stati allontanati dal Prestigioso Istituto, o avevano smesso di frequentarlo.
    Fu allora che Alice fece una scoperta sorprendente.
  Quelli-di-fuori, che le avevano detto essere destinati all'ignoranza eterna, al fallimento, alla solitudine e alla tristezza, avevano invece una vita ricca, rispondevano ai suoi dubbi, erano disposti ad ascoltare le sue domande, si confrontavano con lei. Quelli-di-fuori continuavano a studiare, ma con libertà. Andavano alle lezioni con gioia e potevano chiedere tutto ciò che volessero. Niente era noioso, o pesante per loro. Scoprì anche che le scuole del mondo di fuori non erano così orribili, che si insegnava con dolcezza e rispetto. 
   Il Prestigioso Istituto smise all'improvviso di sembrarle così perfetto. Cominciò a notarne le crepe, la tristezza sui volti degli alunni, la severità dei docenti che mai le avevano concesso un vero sorriso sincero.  Capì che in fondo l'avevano sempre mal tollerata, che anche gli altri compagni di classe pensavano di lei che fosse una rompiscatole insofferente.
   Ingenuamente, Alice parlò dei suoi dubbi con persone di cui pensava di potersi fidare. Scrisse una lettera e la inviò al capoclasse, un uomo che gli insegnanti tenevano in grande considerazione, e pubblicò quella lettera in un forum di ex-alunni dove tutti avrebbero potuto leggerla.
   Alice cercava solo delle risposte, ma purtroppo aveva scelto il posto sbagliato per chiederle.
  Il capoclasse inviò la lettera di Alice agli insegnanti, i quali la inviarono ai fondatori dell'Istituto in una busta con su scritto "urgente".
   Il fondatore numero uno, Francisco, la aprì, la lesse e andò su tutte le furie. Furono convocati i provveditori della zona, per un summit d'emergenza nel suo appartamento: la sediziosa, la traditrice - neppure il nome riusciva a pronunciare senza digrignare i denti - doveva essere punita in modo esemplare, pubblico! 
   Il Fondatore, urlò, gridò, batté i pugni. 
   - Com'è possibile che un'alunna abbia potuto spingersi così oltre e metterci alla berlina, senza che voi ve ne siate accorti! Farci fare la figura dei fessi! 
   Di solito erano abituati alle sfuriate del fondatore, ma quel giorno i provveditori se ne stavano mogi in piedi - al cospetto del fondatore si poteva stare solo zitti e ritti - con il capo chino a subire gli insulti. 
   - Dovete prendere immediati provvedimenti! O sarete voi a fare la sua fine. Vi caccerò fuori nelle tenebre! Là sarà pianto e stridore di denti! Ah, come soffrirete! - urlò.
   A un'ipotesi del genere i provveditori tremarono. Qualcuno pianse, torcendosi le mani. Il Maestro aveva ragione: la sediziosa meritava una punizione, doveva essere d'esempio.
   Corsero nella città di Alice, come se li mordesse il diavolo. Convocarono la classe per una seduta straordinaria, come furie entrarono denunciando Alice davanti a tutti, umiliandola. Dopo averla strigliata ben bene, la trascinarono fuori, mentre i tremebondi suoi compagni di classe già sussurravano: "stupida...", "se l'è cercata...", "era ora...". 
   La circondarono, per farla sentire in minoranza, le dissero che doveva vergognarsi, che sputava nel piatto in cui aveva mangiato per anni. Che non aveva il diritto di infangare il buon nome del Prestigioso Istituto. La minacciarono, minacciarono maledizioni fino alla settima generazione e quando si furono sfogati a sufficienza, chiesero:
   - Non hai nulla da dire?
   Gli insegnanti si aspettavano un flebile belato, una resa, un guaito. Alice invece li guardò con fierezza. Ripeté tutte le domande che aveva posto nella lettera, esigendo una spiegazione, con calma, con fermezza. La sua calma, li fece impazzire. Non potendo piegarla, la cacciarono, seduta stante. 
GMG Rio 2013: giovani kikos guardano
il loro "presbitero" armeggiare
con i gadget kikiani e l'Eucarestia
   Comandarono a tutta la classe, anzi a tutto l'Istituto, anzi a tutte le Sedi Prestigiose del Prestigioso Istituto di non rivolgerle più la parola. Damnatio memoriae! Sarebbe scomparsa, avrebbero detto a tutti il destino che attendeva chi si opponeva alle sacre leggi del Prestigioso Istituto. L'avrebbero fucilata moralmente, distruggendo il suo ricordo. In ogni esame avrebbero ricordato l'alunna rivoltosa, che per seguire le sue proprie idee si era ritrovata sola, e, forse, era pure morta. 
   Telefonarono subito dopo al Maestro, che attendeva, teso come una corda di violino. Neanche la consueta aragosta e il whisketto erano riusciti a calmarlo. 
   - O Sommo, abbiamo espulso la sediziosa. La rivolta è stata soffocata.
   - Mi raccomando - rispose - che tutti cancellino il suo numero di telefono, la sua posta elettronica, brucino le sue fotografie!
   - Sì, o Sommo! - dissero all'unisono.
   - E quel Face... Faceb... - l'ira gli impedì di pronunciare il nome del suo più acerrimo nemico, ma i provveditori capirono subito.
   - Immediatamente, o Sommo, intimeremo la cancellazione di ogni scritto, ordineremo agli studenti di chiudere quel programma demoniaco, finanche di bruciare i computer, se necessario!
Il Maestro si fregò le mani. Aveva fatto proprio un buon lavoro, con i suoi sottoposti.
Nello stesso tempo, Alice era stata cacciata dalla scuola.
Nei corridoi, in quell'ultimo giorno, aveva incrociato una compagna di classe. Lei l'aveva guardata, aveva esitato un momento sospesa sul filo del detto e non detto. Poi, distolto lo sguardo, di fretta era rientrata in aula a capo chino. Le grida degli insegnanti riecheggiavano rimbalzando sui muri.
Aveva avvertito dolore, ma, allo stesso tempo, libertà. Un ventaglio di opportunità sconosciute si apriva per lei. Nessun falso maestro avrebbe più potuto dirle cosa avrebbe, o non avrebbe, dovuto fare.


lunedì 19 marzo 2018

Fanno le domande, non ascoltano le risposte: ecco perché i Neocatecumenali non imparano mai

Proponiamo oggi un quesito, pubblicato sulla rubrica "Un sacerdote risponde" del portale "Amici Domenicani", che si compone di nove domande, dalle quali, nonostante non faccia cenno al cammino neocatecumenale,  traspare la convinzione del proprio autore che gli usi invalsi nelle Eucaristie "private" del cammino (rivendicate spesso sulle nostre pagine, sui social e addirittura su alcuni avvisi nelle parrocchie come "riti Neocatecumenali") siano più corretti rispetto alla liturgia della Messa della Chiesa Cattolica perché, egli sostiene, risalenti ai primordi del cristianesimo.

Nella propria risposta, il teologo domenicano padre Angelo specifica con grande chiarezza che, "se nel corso dei secoli ci si è evoluti in una determinata direzione, non è stato affatto per mutare il senso dell’Eucaristia, ma per celebrarla in maniera sempre più degna" e che essa non va trasformata in un "cinema, dove ognuno mostrerebbe i numeri che vuole", contravvenendo in ciò alla "semplicità di cuore" di cui si parla negli Atti degli Apostoli (At 2,46).

"Sull'Eucaristia non si finisce mai di imparare" scrive il lettore al termine dei propri quesiti: frase profetica perché a tutt'oggi, dopo quasi dieci anni, sembra che abbia ancora molto da apprendere.

Diverse domande sulla celebrazione dell’Eucaristia nella Chiesa primitiva

Quesito

Due per due neocat
"per evangelizzare l'Africa":

balletto religioso-folkloristico
a Pretoria
Caro Padre Angelo,
Vorrei porre alcune domande sull'Eucarestia dei primi secoli della Chiesa.

  1. È vero che si usavano Patene, Ostie, Calici grandi e che la comunione si faceva sempre sotto le due specie? Anche i laici bevevano ad un calice grande?
  2. È vero che l'Ostia era grande e veniva spezzata in tante piccole parti?
  3. È vero che la comunione avveniva sulle mani, cioè il Corpo di Cristo non veniva messo sulla lingua ma sulle mani?
  4. È vero che l'uso di inginocchiarsi alla consacrazione deriva dall'ordine che anticamente si chiamava dei "penitenti" ma che non ci si inginocchiava perchè l'Eucarestia era nuova veglia pasquale quindi il sentimento predominante era la gioia?
  5. Quale relazione c'è tra Eucarestia e Pasqua?
  6. È vero che i primi cristiani celebravano solo l'Eucarestia domenicale e non feriale? E che la celebrazione domenicale avveniva nella notte tra sabato e domenica?
  7. È vero che nella Chiesa primitiva non si celebrava il Credo nè il Gloria come nella Messa feriale? Perchè si decise di inseririrli?
  8. È un male, durante l'Eucarestia, dimostrare gioia anche attraverso il corpo? Dimostrando gioia si commette un sacrilegio verso il SS Sacramento?
  9. Una Messa può essere privata? Cioè se un singolo Sacerdote o gruppo di fedeli decidono di celebrare una Messa in un luogo che non è quello canonico questa Messa può dirsi minore o privata nel senso che riguarda solo quel gruppo?

Mi perdoni per le troppe domande ma sull'Eucarestia non si finisce mai di imparare,
grazie
Pasquale T.

Risposta del sacerdote

Caro Pasquale,
1. Nei primi secoli la forma e la grandezza delle ostie non erano prescritte, ma erano lasciate alla discrezione del clero o del popolo che le offriva. Sull’esempio del Salvatore si consacrava un pane intero e molto presto si preferì la forma rotonda, che del resto era riguardata come il simbolo della perfezione.
Nel secolo XI le ostie erano ancora di dimensioni abbastanza grandi così che si potevano dividere per la Comunione dei fedeli. In seguito si confezionarono ostie sottili, piccole e distinte per ogni comunicante.
Da un video di una celebrazione neocat:
notare i frammenti (indicati dalle freccette)

Come mai si è passati a questa prassi?
Evidentemente c’erano dei motivi, riconducibili soprattutto ai molti frammenti, anche vistosi, che potevano saltare qua e là nella frazione dell’ostia con evidente timore di profanare il corpo di Cristo.
Se nel corso dei secoli ci si è evoluti in una determinata direzione non è stato affatto per mutare il senso dell’Eucaristia, ma per celebrarla in maniera sempre più degna.
Il criterio attuale della celebrazione non può essere semplicemente quello di tornare alla prassi antica, ma di verificare se esprime meglio il suo significato e se l’amore per Cristo viene meglio stimolato.
Se fosse solo per la prassi primitiva, Plinio riferisce all’imperatore Traiano (siamo all’inizio del II secolo) che i cristiani si radunavano in riunioni prima del sorgere della luce (ante lucem). Questo non significa che noi oggi dobbiamo celebrare l’Eucaristia a quell’ora.

2. È vero che all’inizio il Corpo di Cristo veniva deposto sulla mano. Verosimilmente anche Cristo si è comportato così nell’ultima Cena.
Ma se la Chiesa ha sentito la necessità di passare ad un’altra disciplina non è stato evidentemente per sovvertire quanto ha fatto il Signore, ma per la ferma volontà di impedire la profanazione del Corpo di Cristo.
Oggi la Chiesa lascia la facoltà ai fedeli di ricevere la Santa Comunione nell’uno o nell’altro modo.

3. La preghiera in ginocchio non era una forma di preghiera tipica dei penitenti.
Per San Paolo è anzitutto una forma di adorazione. Scrive ad esempio: “Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nel cielo, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,19). E ancora: “Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome” (Ef 3,14).
La preghiera in ginocchio veniva fatta anche per supplicare Dio, come si evince dalla testimonianza di San Pietro e di san Paolo: “Pietro fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi rivolto alla salma disse: Tabita, alzati” (At 9,40); “(Paolo) detto questo si inginocchiò con tutti loro e pregò” (At 20,36).; “Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome” (Ef 3,14).
È vero che nei primi secoli a volte si chiedeva ai penitenti di stare in ginocchio o a anche di stare prostati per terra. Ma questo non significa che la preghiera in ginocchio fosse intesa solo come la preghiera dei penitenti. Le testimonianze bibliche che ti ho riferito dicono diversamente.
Se pertanto la Chiesa chiede, se è possibile, di mettersi in ginocchio alla consacrazione e alla comunione, desidera che i credenti esprimano in quei momenti così sacri e preziosi la loro adorazione e la loro supplica.
Eucaristia neocat
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Messa cattolica

4. L’Eucaristia perpetua sui nostri altari la Pasqua del Signore.
Nell’Eucaristia noi ci incontriamo con Cristo risorto che ci rende contemporanei al sacrificio che ha compiuto sulla croce e che ha anticipato nell’ultima cena.
San Paolo dice chiaramente: “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice,voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1 Cor 11,26).
Per questo la Messa è essenzialmente la perpetuazione del sacrifico della croce.
Ma questa perpetuazione viene fatta incontrandoci col Cristo risorto, che ci fa vivere da protagonisti, da contemporanei, la sua immolazione sulla croce.

5. Per il Gloria: inizialmente era un inno che i cristiani recitavano al mattino. Poi si sentì l’esigenza di metterlo a disposizione di tutti nella celebrazione dell’Eucarstia.
Per il Credo: nelle prime comunità cristiane non lo si recitava quando si celebrava l’Eucaristia.
Ma poiché la domenica perpetua anche quanto Cristo ha fatto nel giorno ottavo della sua risurrezione, in cui ha stimolato Tommaso a emettere la proclamazione della sua fede dicendo “Mio Signore e mio Dio”, la Chiesa poco per volta ha introdotto l’uso di recitare durante l’Eucaristia una professione di fede. Il primo a farlo è stato Pietro Fullone, vescovo di Antiochia, nel 471.

6. I testi più antichi ricordano che l’eucaristia veniva celebrata nel giorno del Signore, cioè la domenica. Questo però non significa che si celebrasse solo la domenica.
Gli Atti degli Apostoli riferiscono che tutti i discepoli erano assidui nella frazione del pane (At 2,42). Frazione del pane è il primo nome con cui si è stata chiamata l’Eucaristia. In At 2,46 si legge che “ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore”.
L’ora della celebrazione domenicale era ante lucem, e cioè di notte prima del sorgere del sole (così scrive Plinio a Traiano), così anche Tertulliano (II secolo) il quale parla di coetus antelucani (riunioni prima del sorgere della luce).
Va ricordato che a quei tempi la domenica, detta giorno del sole, era un giorno feriale. La gente in tutto l’impero romano riposava il sabato.

7. Mi chiedi se sia un male, durante l'Eucaristia, dimostrare gioia anche attraverso il corpo?
Per me la preoccupazione più grande, quando si è a Messa, non dev’essere quella di mostrare col proprio corpo la gioia, ma di viverla.
San Tommaso dice “per la potenza di questo sacramento, l’anima spiritualmente si ristora, rimane gaia (deliziata) e in un certo modo inebriata dalla dolcezza della bontà divina, secondo quanto è detto nel Cantico (5,1): Mangiate, miei amici; io vi inebrierò miei prediletti” (Somma teologica, III, 79,1, ad 2).
Questa gioia spirituale è bene che rimanga dentro l’anima e si mostri attraverso la serenità del volto.
Esprimere con atti del corpo la propria gioia trasformerebbe la celebrazione in un “cinema”, dove ognuno mostrerebbe i numeri che vuole. Gli Atti degli apostoli parlano di semplicità di cuore (At 2,46).
Nessuno ti stringe la mano:
succede nelle messe "private" neocat

8. La Messa in quanto tale non è mai privata. Insieme al sacrificio di Cristo viene unito sempre il sacrificio di tutta la Chiesa, anche se per caso nessun fedele fosse presente, come succede quando il sacerdote per mancanza di fedeli celebra da solo.
È lecito invece celebrare la Messa per un gruppo particolare. In certi casi è lecito celebrare anche nelle abitazioni dei malati. Anche il Papa talvolta celebra la Messa fuori della Chiesa, in piazza san Pietro o in altre piazze del mondo, quando lo richiede la moltitudine dei fedeli.
Non ha senso però parlare di una Messa “minore”.
In ogni caso, la Messa, come qualsiasi altro atto liturgico, esprime il culto pubblico della Chiesa.
Solo la forma della celebrazione talvolta è “privata” perché senza presenza di fedeli o perché viene celebrata per un particolare gruppo.

Ti ringrazio per le domande e anche per la paziente attesa della risposta. Come ti avevo scritto privatamente, in questo periodo mi sono trovato sommerso da molte esigenze di ministero.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo

Pubblicato 13.06.2009