Quarta e ultima parte della storia della vita di Kiko è più lunga di un film… (qui la prima parte e qui la seconda e qui la terza); anche stavolta troverete inframmezzate al testo di Kiko ed evidenziate in giallo le nostre chiose, mentre in rosso faremo notare le gonfiature, le ciarle e le bubbole di Kiko, particolarmente gravi in quanto Kiko Argüello è un idolo, l'idolo adorato dai cosiddetti "fratelli del Cammino", che lo considerano "santo vivente" e al di sopra di ogni critica.
Le affermazioni di Kiko citate in queste quattro parti le abbiamo ascoltate dalla sua stessa voce, da un video su Youtube (chi volesse verificare, può cliccarlo qui). I nostri commenti evidenziati in giallo completano ciò che Kiko comodamente ha taciuto.
Poi un giorno a Natale, sono voluto andare a fare il Natale con i miei genitori, io non vivevo con loro, vivevo nel mio studio di artista, pittore professionale.
Oppure vivevo ad Atocha residenza universitaria? Boh, fa lo stesso, tanto voi mi credete comunque, qualsiasi cosa dica.
Qui mi sbrigo: la trovo a piangere, mi confessa che aveva una situazione tragica col marito sempre ubriaco e mi chiede aiuto. Tutti chiedono di essere aiutati da me. Mi dice: “Ah, per favore,
devi aiutarmi… come posso aiutare… Venga a parlare con mio marito”.
Ci sono andato ed ho portato quest’uomo ai Cursillos. Quando mi ha sentito predicare è rimasto di stucco, come tutti del resto, ed ha smesso di bere per 15 giorni, ma a volte dico per tre mesi, secondo come mi va.
Questa donna mi chiamava spesso, anche di notte a volte: “Ah Signor Kiko, deve venire, mio figlio… va ad uccidere mio figlio, deve venire… E io sono andato là di nuovo l’ho calmato, ho parlato con lui e un altro giorno, di nuovo, mi chiama una volta, due volte, alle tre del mattino, alle 4… A questo punto ho pensato, ma
se Dio vuole che io vada a vivere con questa famiglia, chi se ne frega.
Così io li aiuto, lo vado a cercare dopo la spazzatura, non lo lascio bere, e me ne sono andato a vivere là.
Come sempre io so esattamente ciò che Dio vuole, oppure penso che Dio vuole ciò che voglio io, fa uguale. In effetti, se volevo seguirlo dopo la spazzatura per non lasciarlo bere, potevo farlo anche abitando a casa mia, che sciocco!Sapete com’è, anche in questo caso, come in tutti gli altri, la gente vuole il mio aiuto. Sempre io aiuto. Poche volte vengo aiutato e quelle poche, rarissimamente da persone, ma sempre direttamente da Dio che mi dice qual’è la sua volontà o mi illumina. Non ho mai raccontato com’è andata a finire la storia della domestica, perché me ne sono andato, quanto ho convissuto con quella famiglia, che in altre occasioni ho detto essere composta anche da 9 figli. Doveva essere proprio strana quella domestica per permettere al "figlio dei padroni" di andare ad abitare in una casina piccina picciò, dove già abitavano 11 persone, per metterlo a dormire addirittura in cucina! La domestica di una famiglia che conosco, non l'avrebbe permesso mai… Ma a me, lo sapete, capitano SEMPRE situazioni limite…
Allora mi son ricordato il filosofo
Sartre che dice: “
Guai all’uomo il cui dito di Dio lo schiaccia contro il muro”. Questo dice Sartre. Bene, IO LÌ HO VISTO GENTE SCHIACCIATA E SCHIACCIATA CONTRO IL MURO.
Quindi, come ben direbbe l’ateo Sartre, sarebbe Dio che schiaccia la gente contro il muro: io l’ho visto. Sartre, l’ateo aveva ragione: non dice guai all’uomo che schiaccia un altro uomo, ma proprio GUAI all’uomo che Dio schiaccia al muro con un dito. E io uomini schiacciati da Dio contro il muro ne ho visti tanti. Chissà perché Dio schiaccia gli uomini col suo dito contro il muro? Dio allora è buono? Ma allora perché se la prende con l’uomo e lo schiaccia contro il muro? Boh, so solo che io ne ho vista di gente schiacciata contro il muro da Dio. Ah già, che sciocco, ma la frase di Sartre mica diceva così, diceva: "Un eletto è un uomo che il dito di Dio mette con le spalle al muro", che già significa altro. È tratto dall'opera "Il diavolo e il buon Dio", del 1951, dove Dio è inesistente e il prete che la pronuncia, è un prete dubbioso e dubitabile, che "si comporta da diavolo quando è un servitore devoto del buon Dio".
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Nota per Kiko: l'ateo J.P. Sartre ha scritto: "Un eletto è un uomo che il dito di Dio mette con le spalle al muro" (lo mette alle strette,
lo obbliga a scegliere).
Non ha detto: "Guai all'uomo il cui dito di Dio lo schiaccia contro il muro" |
Poi ho visto una donna col Parkinson presa a bastonate da suo figlio e ho pensato che questa donna che suo figlio la bastona, lì c’è una presenza di Gesù Cristo. Perché Cristo ha portato su di sé i peccati nostri.
Certo, ciò che l’accomuna a Cristo è il fatto di portare i peccati di suo figlio, ma se non li porta in nome di Cristo, non c’è presenza di Cristo, c’è solo debolezza, incapacità di reagire, mormorazione interiore. Essere vittime non vuol dire automaticamente essere Gesù Cristo, specialmente se non si è vittime nel suo nome. Cristo portava i peccati dell’uomo in senso salvifico, perché li voleva portare, non perché non poteva fare diversamente per debolezza umana. Se voleva LUI poteva non farlo, invece ha scelto di farlo. Di sicuro, per contro, c’era la presenza del demonio, ed era nel figlio che la bastonava. Non sarà stato quello il caso, ma un cattivo può bastonare anche un altro cattivo, Pensandoci bene: che c’entra Gesù Cristo?
Ma c’è oggi gente, che
anche senza essere credente o no, porta i peccati degli altri, le conseguenze, le sofferenze, e lì Dio mi ha fatto capire che c’è una presenza di Cristo
PIÙ FORTE DELL’EUCARESTIA. Scusate la blasfemia, ma non ne ho potuto proprio fare a meno. Le vittime dei peccati altrui, credenti o no, a me fanno capire che è presente Cristo più di quanto sia presente nell’Eucarestia. Tra vittima credente e martire e vittima atea, non c’è differenza: c’è sempre la presenza di Gesù Cristo. Del demonio no, di Gesù Cristo, basta essere genericamente vittime. Questo punto meriterebbe maggiore approfondimento, vederemo…
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Per Kiko "nell'Eucarestia c'è una MINORE PRESENZA DI CRISTO che in chi porta le conseguenze dei peccati altrui…" |
A questo punto, sono andato in Africa.
Non fate caso se avevo detto che facevo il militare ai tempi del monastero, ora voglio dire che è adesso che parto per il militare, e se lo dico io è così. Del resto questo è quello che ho sempre detto, quindi…
Mentre ero militare ho deciso che al mio ritorno sarei andato a vivere ai piedi dei poveri, come de Foucauld, ed è con questo spirito sono andato nelle baracche,
non volevo né predicare, né fare nessuna opera sociale, nulla.
Sempre avevo questo desiderio di predicare il Vangelo agli ultimi e pensavo che bisognava scendere alle catacombe sociali perché ho conosciuto molta gente distrutta, molti omosessuali, un ambiente
bohémien così terribile.
Non fateci caso se sembra un controsenso tra “non volevo predicare” e “sempre avevo il desiderio di predicare il Vangelo agli ultimi”, son cose che si dicono, anche se si contraddicono. Normalmente dico che “non volevo predicare”, tacendo che invece questo era da sempre il mio evidente desiderio e non un caso o la volontà di Dio che si è svelata pian piano.
Un’assistente sociale mi ha mostrato una baracca e sono entrato lì, era novembre, dopo è venuto dicembre, un freddo cane… Io allora lavoravo come professore in un collegio dando lezioni di disegno.
Non ero più pittore professionale: tornato dal militare mi son trovato un lavoretto come professore di disegno in un liceo. Avevo sì e no 25 anni.
José Agudo voleva che io predicassi come predicavano gli Apostoli,
anche se penso che Agudo non sapesse nemmeno com’è che predicavano gli apostoli. Non predicavano queste pizze di Cursillos de Cristiandad, che erano conferenze, assolutamente,
né i sermoni che danno i preti. Io lo so come predicavano gli apostoli, non di certo le noiose pizze dei Cursillos e nemmeno quei sermoni che fanno i preti. Non quella roba.
E così piano piano è nata una comunità tra i poveri.
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Ma quante persone potevano entrare
a celebrare un'Eucarestia lì dentro? Dieci? Quindici? |
Una volta è venuto un parroco,
non si sa perché, e ha sentito queste preghiere e ha sentito quest’ambiente, ha detto “Ah, questo,
venite alla mia parrocchia,
anche lui ci ha invitati, venite a parlare, questo dovete portarlo.
Ci ha invitati anche lui, come sempre fanno tutti. E ci ha invitati a predicare: si vede che lui dopo tanti anni di seminario e di attività pastorale, ancora non sapeva farlo. Allora io sono andato con tutti i poveri… mamma mia… i borghesi che erano quelli che non accettavano che io chiamassi a conversione. “Chi sei tu, dicevano. Dacci la tua esperienza e noi ti diamo la nostra”. Era il massimo che accettavano i borghesi. Ma che io chiami a conversione boh… altra storia.
Questi borghesi volevano giocare alla pari, pensa te! non avevano capito che ero IO che dovevo chiamarli a conversione e che loro dovevano solo ascoltare. Credevano di essere già convertiti come me che, ragazzotto di 25 anni già convertito, avevo titolo per chiamarli a conversione.
Mi dice una volta uno zingaro che avevo portato in Chiesa con gli altri: “Ma questo che dice questo prete è la stessa cosa che dici tu?” dico “Sì io sono cattolico” “
Ma questa gente è cristiana?” No perché quella signora accanto a me dice che puzzo e ha cambiato banco, mi ha insultato. Questi non son… ho capito… È vero che puzzavamo, non c’era acqua, c’erano i topi ecc.
Capite? Era abituato a me e non gli pareva che quelli nella Chiesa fossero cristiani. Eccerto, la signora ha cambiato banco perché puzzava, insultandolo. Come faceva a lavarsi, non c’era acqua, non poteva trovare il modo di lavarsi nemmeno per andare in Chiesa. Era la signora che doveva accettare il fetore, non lui che non doveva imporre il suo odoraccio lavandosi prima di andare alla Messa in Chiesa. Del resto qualche modo c’era, perché io facevo il professore in un liceo e di certo non andavo a scuola con gli studenti puzzando di sporco e di cani. La signora lo doveva rispettare, ma lui non doveva rispettare la signora, trovando il modo di lavarsi come lo trovavo io per andare ad insegnare a scuola.
Con la liturgia, e visto che non eravamo preparati per andare alla parrocchia e la parrocchia non era preparata per ricevere questi zingari, allora con un prete dominicano che veniva di là di sinistra,
ma non dico chi è, abbiamo deciso di fare la Messa nelle baracche.
Vorrei poter dire il nome di questo prete domenicano che si prestava a dire messa nella mia baracca, ma non lo dirò. Certamente, avendo avuto a che fare per anni coi domenicani nella residenza universitaria di Atocha, dove studiavo, è molto probabile che fosse uno di loro, se non addirittura padre Aguilar, sempre rimasto prete, mai “avanzato di carriera”. Del resto a lui piaceva un sacco il modernismo e la “nueva estetica”, termine che coniò lui all’epoca, io l’ho solo ricopiato. Comunque, anche se dicessi il nome, come tutti gli altri che cito sarebbe già morto.
Uhm, non potete immaginare che è successo! va beh. Gli zingari, io non permettevo che si sedessero alla tavola, era una tavola quadrata nella mia baracca,
con l’altare, col mantello…
Cosa volete, gli zingari dovevano stare in piedi, perché non potevano comunicarsi. Quindi, in piedi e noi, non so chi oltre me, celebravamo seduti alla mia tavola quadrata che faceva da altare, coperta da un mantello, una tovaglia.
Una volta uno zingaro mi ha detto: “Io non voglio più continuare qua, io voglio sedermi lì, a mangiare questo pane, questo corpo che dite voi.
Voleva essere uguale, ma non so se aveva capito l’importanza dell’Eucarestia o voleva soltanto essere accettato al pari degli altri. E allora è venuto con un sacco, dico “che porti qua”, “tutto quello che ho rubato perché voglio sedermi”. Aveva già capito subito che per sedersi lì doveva ridare quello che aveva rubato,
quindi aveva capito. Ma ugualmente, anche dando indietro la refurtiva, non so se poteva comunicarsi senza confessarsi o addirittura aver ricevuto i sacramenti. Così abbiamo fatto tutto il macello…
ma non dico che macello.
DOPO CI HANNO DENUNCIATI E IL VESCOVO MI HA CHIAMATO: “SIETE VOI CHE FATE QUESTE LITURGIE.. TI SCOMUNICO!”.
Questa cosa non l’avevo mai detta così chiara, la dico ora. Il vescovo Morcillo ci voleva scomunicare a causa delle liturgie che facevamo nella mia baracca. Qualcuno che si era scandalizzato ci ha denunciati al vescovo, che evidentemente non era per niente contento.Anzi, guardate, mi sa proprio che fu allora che il vescovo venne alle baracche, per conoscerci, per capire che liturgie facevamo, rendersi conto, perché da buon lefebvriano era molto perplesso, non venne per la distruzione delle baracche.
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Chiesa Dolce nome di Maria. Puente de Vallecas 1928 |
Mi ricordo che uno della “comunità”, si chiamava Felipe, della famiglia di Agudo… e scrive, perché sapeva scrivere, anche lui in prigione, sapeva scrivere… Josè Agudo scappò ed è ancora latitante, lo stanno cercando…
(ridono). Quella era una pagina commovente, se la legò
(forse vuol dire la diede) al vescovo ausiliario perché Morcillo stava nel sinodo, e mi dice “Questa l’ho fatta io!”, nonostante i suoi peccati e ha toccato la liturgia, ha toccato il sacro, “sarò condannato, castigato Mamma mia…”
Mi sono espresso male, non so se capite. Questo zingaro, che è della sempre onnipresente famiglia Agudo, tra i miei pochi seguaci più stretti, scrisse una lettera sulla liturgia, toccò il sacro e la diede al vescovo ausiliario per difenderci: io temevo di essere condannato, castigato…, ma poi chissà perché?
Faccio presente che il primo sinodo dei vescovi, al quale partecipò l'arcivescovo Morcillo, iniziò il 29 settembre 1967, perdurando fino al 29 ottobre dello stesso anno. Forse sto rivelando troppo, perché in pratica sto dicendo che la lettera di questo Felipe fu consegnata nel secondo semestre del 1967, quando Morcillo era al sinodo. Allora la minaccia di scomunica e tutte le paure che ho avuto riguardo alla reazione di Morcillo, quello che ho sempre magnificato essere il mio mentore, sono avvenute mentre già catechizzavo nelle parrocchie, appena otto mesi prima che me ne andassi in Italia. Sì, forse Morcillo non era troppo persuaso della mia opera e magari, chissà, è stato pure molto felice che abbia lasciato la sua diocesi…
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San Ramon Nonato. 1910 |
Quella volta ho avuto paura. E lì per la prima volta ho avuto una crisi: “
OBBEDISCO ALLA CHIESA E DISTRUGGO LA COMUNITA’… NON OBBEDISCO ALLA CHIESA E CONTINUO CON I POVERI”. E ho deciso di obbedire alla Chiesa, guardate,
nonostante tutto io… allora ho detto: ferma con l’Eucarestia, vai alla parrocchia, così ho fatto: Eeeh, questo la liturgia.
Mi pare chiaro che obbedire alla Chiesa significava smettere di fare liturgie a caso nelle baracche sul tavolo da pranzo, o addirittura già nelle parrocchie. Questo mi era stato ordinato di fare. Dopo dei dubbi, perché mi sarebbe piaciuto continuare, ho deciso di obbedire alla Chiesa ed ho smesso di fare Eucarestie a modo mio, andando invece in parrocchia come tutti. La Chiesa non voleva le nostre liturgie. Un problema, la liturgia.
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Chiesa di San Pietro ai vincoli. Vallecas 1952 |
Parola, liturgia e immediatamente ha incominciato ad apparire la comunità cristiana, nonostante che eravamo zingari,
quinquis (teppisti), e gente di galera. I cittadini non amano molto i ladri o quella gente.
Lì è apparso questo tripode, e dopo questo tripode
Dio ha fatto un miracolo,
l’ennesimo, che la polizia ci ha minacciato col distruggere tutte le baracche,
cosa che non era la prima volta che succedeva: c’erano preti che una volta distrutte le baracche, di notte aiutavano la gente a ricostruirle. Io sono andato perfino a parlare con Grandes, che era il ministro dopo Franco e mi ha ricevuto.
Ero un nessuno puzzolente di cani e l’uomo più potente di Spagna dopo Franco mi ha ricevuto. Ci credete? Forse no. Ma voi non sapete le amicizie che avevo, pur frequentando le baracche… E ho detto al ministro: “Ma mi dica lei, abbiamo qui i poveri della terra con due leggi: una legge che dice che non… è proibito itineranti, gli zingari itineranti sono proibiti, se trovano un carro, lo fermano e lo mettono in prigione, e va bene, loro poveracci se non possono più mettere il carro vanno da una parte, hanno venduto il carro e si sono fatti una baracca. Però c’è un’altra legge che proibisce le baracche, perché Franco aveva fatto la UVA,
Unidad Vecinal de Absorción
cioè aveva costruito alloggi temporanei per alloggiare gli sfollati dalle baracche, che è dove viveva anche la domestica dei miei genitori. Poveri alloggi, ma sempre meglio delle baracche abusive.
Hanno buttato la baracca di Carmen, l’hanno buttata a terra, tutto e a questo punto io, che ero stato professore di Cursillos, e avevo fatto una volta un’Eucarestia con tutti i Cursillos di Madrid, avevo conosciuto Morcillo. E allora non ce la facevo più e ho chiamato Morcillo, che avevo il telefono dell’episcopato.
Non è da tutti avere il telefono dell’episcopato, per farsene cosa? Io ce l’avevo. Magari me l'hanno dato perché Morcillo mi voleva scomunicare. E siccome in uno stadio ricolmo di gente io, che ero uno tra i mille mila professori di Cursillos, avevo “conosciuto” Morcillo, gli telefonai. Di sicuro si ricordava di me: ero uno tra le migliaia in quello stadio, ero quello che lui voleva scomunicare… È un po’ come quando uno di voi, catechista, viene ad uno dei miei incontri: se qualcuno me lo presenta nella folla, io me lo ricordo di sicuro.
E prende la telefonata il segretario “Chi è?” “Per favore, passami Morcillo,
gli davo del tu, è questione di vita o di morte…”,
perché la distruzione delle baracche, che avveniva periodicamente, quella volta era questione di vita o di morte. E lui “No!, non è possibile!” urlava. A quel punto passa Morcillo: “Che urli? Chi è, chi è?” “No, un tal Kiko…” “Dammelo!” “Padre, solamente lei può salvare questa gente, c’è la polizia ecc.” Mi dice Morcillo: “Dove è questo?” gli dico: “Ta ta ta” Va bene, vado immediatamente!”
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Chiesa San Carlos Borromeo. 1954
Furono costruite anche 4 scuole |
Dovete credere che Morcillo si ricordava di me, umile “professore” di Cursillos tra migliaia, quindi, come se non avesse avuto da fare altro, venne immediatamente. Certo, si mise in una brutta posizione per rispetto a me, perché siccome Morcillo era anche Consigliere del Regno e amico di Franco, era anche uno che aveva di sicuro partecipato alla decisione di distruggere le baracche per indirizzare le persone alle UVA. Quindi, col suo intervento in favore dei baraccati, in qualche modo contravveniva al potere politico di cui faceva pienamente parte. Si contraddiceva, per rispetto a me: tra me e Franco, preferì me. Al che potreste pensare che allora non è così che andò, ma che Morcillo alle baracche non venne quella volta, ma quando mi voleva scomunicare per le liturgie caserecce, in altra occasione. In effetti, visto che eravamo così poveri da disporre di una buona macchina fotografica, abbiamo anche quelle foto che tutti conoscete, non si capisce come mai non ne siano state scattate alcune anche con Morcillo e la Guardia Civil che voleva distruggere le baracche. Inoltre, per essere uno che era venuto "immediatamente", senza preavviso né appuntamento, devo dire che si era riuscito ad organizzare bene: venne con altri due sacerdoti, erano in tre. Invece noi eravamo sempre gli stessi pochissimi. Strano che in costanza della distruzione delle baracche si fossero mossi, per seguire Morcillo, solo quei pochi che seguivano me, e non tutto il "popolo" di Palomeras. Sarebbe stato anche nel loro interesse, no? Ma a Morcillo non potete chiedere perché era già morto quando io cominciai a parlare di lui, morì nel 1971….
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Morcillo non pare proprio uno che va ad affrontare la Guardia Civil. Coloro che lo seguono sono sempre i soliti, sia per strada che nella baracca.
Il piccolo gruppettino dei soliti amici, chiamato "comunità" |
Allora, dico al tenente colonnello della Guardia Civil: “Viene l’arcivescovo di Madrid, che è Consigliere del Regno e amico di Franco!” Non credevano ai suoi occhi.
Mi guardava con AMMIRAZIONE, ma come è riuscito questo che venga qui Morcillo?
Mi guardava come mi guardavano tutti, con ammirazione. Non è che siccome ero un baraccato non credette alla mia parola, no, no, al contrario, credette e mi ammirò. E si è presentato lì Morcillo. E Carmen dice che quando ha visto lì Morcillo, è cambiato completamente il suo atteggiamento con me,
non so in cosa, perché era già di ammirazione, come ho detto: ammirava il laico che avrebbe voluto scomunicare. Morcillo è stato alla mia baracca
E HA COMINCIATO A PIANGERE, HA DETTO: “IO NON SONO CRISTIANO”.
Parrà estremamente strano che un vescovo di quel calibro, conciliare dell’opposizione, si sia messo a piangere davanti a me, non è nemmeno etico. Ma che volete, gli ho fatto questo effetto, insieme alla mia “comunità”. Si è addirittura confessato davanti a noi dicendo che non era cristiano! Parole che in bocca ad un vescovo sono di ordinaria amministrazione, dichiarare di non essere cristiano così, perché si trova davanti poveri che cantano.
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Giornale ABC del 1954 sull'inaugurazione della
Chiesa San Carlos Borromeo |
Ha visto che dormivo per terra, ha visto la “comunità”,
abbiamo cantato le lodi. Si vede la fotografia José Agudo cantando i salmi davanti a Morcillo.
I salmi che a me piaceva musicare. In effetti nelle foto che circolano pubblicamente si vede che nella mia baracca c’erano 3 sacerdoti: due preti ed il vescovo Morcillo. Poi c’erano 4-5 uomini, di cui uno Josè Agudo, Carmen no, chissà dov’era. C’erano anche due bambini. E così, molto informalmente, senza salterio, a memoria, mentre si rollavano e si fumavano sigarette, pare che pregassimo le Lodi. Certo, gli atteggiamenti dei prelati non erano grandemente composti, addirittura Morcillo mi passa una sigaretta mentre preghiamo. Ma le canzoni sì, quelle sì gliele ho fatte sentire, e le avevo tutte composte io. Per un inveterato tradizionalista come Morcillo, quel contesto era accettabilissimo per pregare le Lodi.
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Chiesa San Diego.
1943 |
Io gli ho detto: “Padre, abbiamo bisogno di celebrare l’Eucarestia con questa gente” “Chiama il parroco!”, che il parroco era un francese che mi detestava. Non so perché la gente mi detesta, mah, non lo so”.
Sì, è vero, ho sempre detto che è stato Morcillo ad indirizzarci verso la parrocchia, ma oggi dico che lo chiesi io. Perché lì i poveri, non erano abbandonati dalla Chiesa, le parrocchie c’erano da tempo, per chi voleva andare. Il parroco mi detestava, avrà avuto i suoi buoni motivi. Sapete che ancora non ho capito perché certa gente mi detesta? Non mi pongo domande, o non voglio sapere le risposte, per questo non capisco.
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Inaugurazione Chiesa di San Pablo. 1955 |
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Sì, José Agudo canta, ma... canta le Lodi o le canzonette di Kiko?
Sventata la distruzione delle baracche, si va a celebrare le lodi in baracca Argüello?
Ne aveva di tempo Morcillo… |
Questo mi detestava, non so, era un francese di sinistra che odiava Franco e tal sempre criticando, la Spagna, perché mi critica me, io… va beh… va beh…
Io almeno critico la Chiesa preconciliare e i “cristiani della domenica”, invece di criticare un dittatore fascista. Morcillo lo chiama e gli dice davanti a me: ”Devi lasciare la tua parrocchia una volta alla settimana per questa “comunità” delle baracche! E che facciano Eucarestia a porta chiusa perché se qualcuno entra e vede questo pane…”.
Contestualmente eh, proprio mentre era lì alle baracche. Tutti erano disponibili subito, anche il prete. Va beh, forse non ha detto “lasciare la tua parrocchia”, ma “prestare la tua parrocchia”, fa uguale per me. Il fatto è che Morcillo, non volendo che celebrassimo su un tavolo da cucina nella mia baracca la Santa Messa, ci ha trovato una parrocchia, ma con la clausola che celebrassimo a porte chiuse, per non scandalizzare. Morcillo oscillava molto tra l’adeguarsi ai venti del Concilio, che aveva strenuamente contestato, e il suo animo fortemente tradizionalista, per cui avrà pensato di dare tempo al tempo mentre provvedeva un luogo dignitoso per le celebrazioni della Messa, visto che non si versava in stato d’emergenza ed il luogo dignitoso c’era ed era accessibile.Magari avrà anche creduto che l’unica variabile fosse sulle due specie eucaristiche e non su molte altre cose che ancora oggi destano opposizione.
Disse Morcillo: “Gliel'ho ho permesso!
A nessun altro glielo darò,
però a questi sì, con le due specie!”
Guarda, un miracolo!”.
Permise a noi una cosa che non avrebbe permesso a nessun altro, perché noi siamo speciali, migliori di tutti.
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Inaugurazione della Chiesa di San Diego 1943 |
Dopo abbiamo iniziato a portare le “comunità” nelle parrocchie, a partire da Arguelles,
il quartiere ricco dei miei genitori, dove all’inizio celebravamo in un garage perché in parrocchia non ci volevano. Ma per noi conta uguale.
Poi questo seme l’ho portato alla periferia a Canillejas,
ci sono volute 80 catechizzazioni prima di poter formare una comunità, una volta ve lo disse Carmen! Dopo
CI HANNO INVITATO A ROMA.
Fu don Dino Torreggiani, che ha sempre lavorato per i poveri e gli zingari fino alla morte, non come me che appena arrivato a Roma mi dimenticai dei poveri e miserabili e mi indirizzai alle parrocchie ricche e borghesi, da allora e per sempre.
Don Dino Torreggiani, che è un italiano fondatore dei… boh… Servi della Chiesa, mi ha sentito parlare ad Avila ed è rimasto a bocca aperta e ha detto: “Devi venire a Roma! Sta pieno di capelloni, devi predicare a Roma!” Dico io … ma Roma, capelloni, non capelloni… ma che s… “No, no no. Vado con te a parlare con Morcillo”.
Don Dino in effetti ha dato la vita per i poveri, soprattutto per gli zingari. Ad Avila aveva 2 delle sue case della congregazione e ci andava spesso. Io non predicavo in Chiesa, solo una volta o due all’anno quando dovevo fare gli annunci per attirare le persone alla comunità quindi, se mi ha sentito predicare è perché è venuto nelle salette dove tenevo le mie catechesi. Qualcuno l’avrà invitato ad ascoltarmi alle catechesi, non può essere un puro caso, magari era una cosa organizzata.Siccome vide che io a quell’epoca parlavo dei poveri, dei diseredati e degli zingari, pensò di aver trovato uno innamorato dei poveri come lui. Si sbagliava, perché ben presto io dei poveri me ne sono proprio dimenticato e ben presto anche Don Dino si è dileguato dal mio orizzonte: non ne ho mai più avuto a che fare. È stata solo l’occasione per poter venire a Roma, dove di sicuro avrei avuto più fortuna. Se non mi fosse interessato, sarei rimasto in Spagna.
È andato con me da Morcillo, e gli ha fatto scrivere una lettera per il card. Dell’Acqua e un’altra lettera per il card. Florit, che era amico di Morcillo per via del Concilio
ed anche perché don Dino aveva una casa di riposo per zingari e giostranti proprio nella sua diocesi di Firenze. Certo, don Dino sapeva bene che non potevo operare in Italia senza che nessuno certificasse la mia provenienza da una diocesi spagnola, perché nella Chiesa non può predicare chiunque, come minimo si deve sapere che è cattolico. Quindi si premunì di una garanzia. Nulla di che, non era per il mio valore, era per essere in regola.
Morcillo infatti scrisse
almeno la lettera a Dell’Acqua, vicario del Papa,
perché questa è stata ritrovata: diceva che ero un abile suonatore di chitarra con la capacità di aggregare persone, ma non diceva nulla sulla dottrina. Mi trattò come un “bravo animatore”.
Per quello che riguarda Florit, la lettera non è mai stata ritrovata nel suo Fondo in diocesi, ma son sicuro che sia andata persa. Non dico che ben presto Florit, quando cominciò a rendersi conto di chi si era messo in casa, cambiò rapidamente opinione e fece di tutto per ricondurci sulla via della Chiesa… Forse un giorno qualcuno ritirerà fuori gli scritti che indirizzava alla parrocchia, nei quali addirittura dice che voleva che il responsabile non fosse un laico ma un prete, e molto altro… Ma ormai, per fortuna, ci eravamo già incistati ed erano gli inizi… non ci successe quasi nulla.
Appena arrivati in Italia dico… “Macché predicare ai capelloni a Piazza Navona, ma che sta dicendo,
povero illuso,
IO VOGLIO aprire una azione cristiana nelle parrocchie! Don Dino: “
Sì Sì, Kiko, quello che tu dici”.
Sì, perché una volta arrivato a Roma cambiai idea e non volevo più predicare ai poveri e agli zingari, degli zingari italiani nemmeno me ne interessai mai. A Roma mi venne la voglia di predicare nelle parrocchie, a gente di Chiesa e don Dino, obbediente obbediente mi disse che si sarebbe fatto come dicevo io.
Ma prima di cominciare disse che doveva mettere la nostra missione, Kiko e Carmen in mano della Vergine e ci ha portati a Napoli, dove c’è un quadro che sta lì,
Kiko e Carmen e si chiama “La Madonna di Pompei”
e Kiko era San Domenico di Guzman e la Carmen Santa Caterina da Siena (!!!!), che stava dando il Rosario.
Capito? Io ero San Domenico di Guzman e Carmen Santa Caterina da Siena! I due santi che stanno ai piedi della Vergine, nientedimeno. Noi due sconosciuti, appena arrivati in Italia dopo un rodaggio spagnolo molto incerto e breve, già ci consideravamo e venivamo considerati santi. Ancor prima di cominciare.Non eravamo lì per implorare la benedizione della Vergine, eravamo lì già come santi, nel nostro immaginario.
Don Dino mi accompagnò nelle parrocchie
come volevo fare io, ma fummo rifiutati. Al terzo parroco che ha detto che loro non avevano bisogno di nessuna iniziazione cristiana, niente, che quelle sono cose per la Spagna, ho detto a Don Dino: “Padre, me ne vado a vivere con i poveri per aspettare che Dio mi chiami e sono andato dove ci sono le baracche al Borghetto Latino c’è la parrocchia di San Giuda Taddeo…
Tanto io lo sapevo che, come sempre Dio mi avrebbe chiamato, così, senza connivenze né amicizie umane, nemmeno il cardinale Roy, canadese, sotto la cui giurisdizione stava la parrocchia dei Martiri Canadesi, cardinale che aveva rapporti indiretti con la potente famiglia di Carmen.
E nel Borghetto Latino ho fatto una baracca di tre metri per due e lì siamo, con Jesus e con altri, ecc. ed è ricominciata la storia,
la storia d’Italia.
Vi chiedete chi è stato quello che ha mandato i seminaristi insieme a me dalla Spagna all’Italia, sottraendoli alla loro formazione presbiterale in seminario per andare a vivere in un pollaio? E io non ve lo dico. Certamente doveva essere un rettore di seminario, di Avila mi pare. Proprio dove "per caso" incontrai don Dino… Jesus è Jesus Blazquez, oggi presbitero neocatecumenale e primo itinerante in Colombia.
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Appena arrivato a Roma, invece, Kiko comincia da qui.
Parrocchia Ns. Signora del SS. Sacramento e dei Martiri Canadesi.
Inizia la “STORIA D'ITALIA” |
Il film è finito.
Si ringraziano gli attori, le comparse, i REGISTI, tutto il backstage e l'infinita pazienza degli spettatori.
Spero vi siate divertiti.