Riportiamo qui sotto le pagine introduttive del libro "Eucarestia o nulla", che padre Enrico Zoffoli pubblicò nel gennaio 1994 (edizioni Segno, ISBN 88-7282-111-8). Come al solito invitiamo i nostri cari fratelli neocatecumenali a leggere interamente questa pagina prima di inviare commenti.
EUCARESTIA O LA PEGGIORE DELLE IMPOSTURE
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P. Enrico Zoffoli |
Il dogma eucaristico va impegnando tutte le mie risorse intellettuali. Spesso la preoccupazione arriva a turbarmi specialmente quando sento parlare di irriverenze e sacrilegi, o di aperta e ostinata negazione del mistero.
Tale sofferenza ha la sua spiegazione più logica e seria nei rapporti tra l'Eucaristia e la Chiesa, il Cristianesimo, la vita umana, la civiltà in generale.
Mi basta riflettere che l'autorità con la quale la Chiesa può imporsi alle coscienze deriva dalla sua costituzione di
società visibile e gerarchica...; che tale sua costituzione è fondata sull'
Ordine sacro...; che l'Ordine sacro rende il battezzato partecipe del
sacerdozio di Cristo...; che il sacerdozio di Cristo è esercitato principalmente nell'
offerta del Sacrificio eucaristico...; che il Sacrificio eucaristico esige indispensabilmente il prodigio della
transustanziazione, che rende presente nei nostri tabernacoli il Cristo in persona.
Ora, procedendo a ritroso, devo concludere che,
se la presenza di Cristo non è reale e sostanziale, non si dà Sacrificio eucaristico..., non si dà sacerdozio..., non si dà Gerarchia..., non si dà neppure un Magistero oggettivo e infallibile...; e, venendo meno questo, non possiamo più credere in verità indiscutibili, assolutamente certe, d'ordine dogmatico e morale: quelle che hanno creato la civiltà cristiana, l'unica salda contro gli assalti del laicismo, che va risolvendosi nei gorghi di uno storicismo fatalmente scettico e anarchico.
Queste le considerazioni che mi animano ad affontare l'argomento ritenuto più arduo ed affascinante di ogni altro.
È PROPRIO VERO CHE EGLI È QUI PRESENTE?
L'enorme difficoltà che la ragione umana incontra nel credere che un frammento di pane contenga Dio stesso, l'Infinito, l'Immenso, è aggravata da sacerdoti e fedeli che Lo trattano come se realmente Egli non ci fosse.
Mi pongo nei panni dell'ateo, del musulmano, dell'ebreo, del protestante, ed entrando nelle chiese cattoliche spesso osservo cose, persone e comportamenti che mi obbligano a chiedere di nuovo se Cristo ci sia realmente, come ho sempre creduto.
In effetti, gruppi di visitatori, vestiti come vogliono, ossia al di là d'ogni limite della decenza e del pudore, vi passeggiano liberamente come in una galleria d'arte, guardano curiosi e loquaci, senza degnarsi di fare alcun gesto di rispetto e di fede.
Spesso i fedeli vi trovano soltanto dei comodi banchi per sedersi come in una sala da concerti... Non vi sono inginocchiatoi per umiliarsi, raccogliersi, adorare. L'altare, quasi spoglio, non è più il suo
trono perché Lo hanno relegato altrove, come un qualunque
oggetto, che non è sempre facile scoprire. D'altra parte, spesso le prescrizioni del
diritto canonico restano lettera morta.
Tutto concorre a far sì che gli stessi fedeli non si curino più di Lui: essi preferiscono genuflettersi davanti a statue ed immagini piuttosto che al tabernacolo. Molti non sanno distinguere tra
consacrazione e
benedizione; la quale - se data da qualche esorcista di grido - è preferita alla
celebrazione eucaristica.
Molti sono convinti di potersi comunicare anche in peccato mortale, bastando un atto di contrizione:
la misericordia di Dio supplisce a tutto...
A tutti è lecito ricevere l'Eucarestia
sulla mano, anche prevedendo che i frammenti, caduti in terra, possono essere calpestati.
Che importa? Non bisogna «scrupoleggiare»: Dio si adatta a tutto...
Più volte ho sentito ripetere che Egli, istituendo l'Eucaristia,
si è offerto come il pane delle nostre mense... Dunque, disposto ad essere trattato senza eccessivi riguardi... Precisamente come se - dopo la consacrazione - quel pane non diventasse
LUI STESSO...
Non c'è quasi più nessuno che non possa distribuire la Comunione. A vescovi, sacerdoti, diaconi, accoliti, religiosi, si è aggiunto un numero indefinito di laici, uomini e donne.
E tutti - come certi ecclesiastici vanno dichiarando - sono autorizzati a
comunicarsi da sé. Se la Messa è un puro
convito, e se a mensa non si danno né gerarchie né precedenze, chiunque può servirsi da solo, senza dipendere da nessuno...
Alcuni canti, accompagnati da certi strumenti musicali, non richiamano la presenza di Dio, non invitano a raccogliersi, a supplicare, a piangere le proprie colpe... Ebrei e Musulmani non potrebbero neppure sospettare che noi crediamo veramente nella sua presenza; e ciò soprattutto se assordati dai battimani, se ascoltano il noioso e indiscreto racconto di esperienze personali, se notano la scena tutt'altro che seria di gente che si abbraccia, si bacia, arriva a danzare...
Molti sacerdoti, all'altare, sembrano dei
funzionari del culto, non curandosi di rispettare le rubriche, dimostrandosi sbrigativi, abitudinari, distratti, annoiati... Preferiscono parlare del
sociale piuttosto che di Dio; si preoccupano di raccogliere fondi per costruzioni e restauri, organizzare mense e accogliere stranieri, barboni, emigrati,
dimenticando tutto il resto, che è molto e assai più importante. Antropologia, psicologia e sociologia interessano più della teologia: l'amore del prossimo sembra che prevalga sull'amore di Dio e la sua giustizia.
Ho visto suore che, appena ricevuta l'Eucaristia, scompaiono, prese da infinite altre cose, incuranti dell'
unica veramente necessaria. Sono talmente disinvolte e sicure di sé, da non degnarsi neppure di genuflettersi davanti al Santissimo... La loro
confidenza con Lui non ha quasi limiti; ma c'è anche da chiedersi se ci credano ancora. Io ne dubito.
Se non fossi
cattolico, il loro esempio non m'indurrebbe a credere, come di fatto scandalizza molti fedeli che, demoralizzati, vanno disertando le nostre chiese.
I Protestanti ci ripetono che, se fossimo convinti della presenza eucaristica, non tratteremmo il Signore come tutti possono notare e deplorare.
QUALE LITURGIA CATTOLICA?
Papi e Concilii hanno sempre difeso il dogma della
presenza reale contro l'eresia protestante; e il Vaticano II ha confermato in modo inequivocabile il magistero tradizionale.
Ma tra il pensiero ufficiale della Chiesa e la dottrina che alcuni teologi, scritturisti e liturgisti propagano - imponendola ai fedeli - il contrasto è aperto, scandaloso. Alcuni fatti, particolarmente significativi al riguardo, hanno sollevato problemi angosciosi nei laici più informati e coerenti.
Evidente la graduale riduzione dei segni di fede nel culto eucaristico. Si è notato, oltre all'eliminazione del tabernacolo dall'altare, anche la soppressione delle
balaustre che, separando il presbiterio dal corpo della chiesa, indicavano la distinzione tra Clero e popolo,
sacerdozio ministeriale e
sacerdozio comune. È stato soppresso l'uso del campanello che annunziava ai fedeli il momento culminante della liturgia eucaristica, per disporli ad una più intensa concentrazione interiore... È ormai ridotto il numero dei lumi per l'esposizione solenne del Santissimo; davanti al quale non sarebbe più prescritta la doppia genuflessione di un tempo. Non si tratta di inezie; e, anche se fossero tali, appunto per questo conveniva conservare la precedente consuetudine che - senza nuocere a nessuno - stimolava ad un più fervoroso esercizio di fede nella presenza di Dio... L'uso delle vesti sacre
(amitto, camice, stola, casula, ecc.) è sempre più ridotto e lasciato agli umori del celebrante.
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Paolo VI non approvava la prassi della
Comunione sulla mano dei fedeli, e per anni si è battuto opponendosi alla petulanza di vescovi, più sensibili alla dottrina e al costume del mondo protestante, che preoccupati di coltivare la fede del popolo. Le sue ragioni erano e restano oggettivamente validissime, soprattutto perché fondate sul pericolo di moltiplicare irriverenze e profanazioni.
Ma non è stato ascoltato.
In moltissime diocesi del mondo cattolico - comprese quelle della
Conferenza episcopale italiana - catechisti improvvisati, liturgisti senza scrupoli, vescovi arrendevoli, sacerdoti superficiali e liberaloidi, non solo hanno accettato la nuova prassi, ma
non si curano neppure di far osservare le norme prescritte, arrivando anzi ad obbligare arrogantemente adulti e bambini a ricevere l'Ostia sulla mano, nonostante la ritrosia e le vivaci proteste dei migliori...
Il pericolo delle previste e temute profanazioni si è venuto traducendo in una realtà deplorata da innumerevoli testimoni oculari, purtroppo impotenti ad impedirla. Il nuovo rito - secondo cronache quasi quotidiane - ha fatto salire a cifre impressionanti il numero delle
«messe nere» celebrate ovunque con Ostie consacrate rubate e pagate da losche figure di emissari di Satana.
«Giungono voci su casi di deplorevoli mancanze di rispetto nei confronti delle specie eucaristiche, mancanze che gravano non soltanto sulle persone colpevoli di tale comportamento, che
anche sui Pastori della Chiesa, che fossero stati meno vigilanti sul contegno dei fedeli verso l'Eucarestia (...) È difficile non accennare ai dolorosi fenomeni sopra ricordati...». Così, fin dal 1980, Giovanni Paolo II
(Dominicae Cenae, 11). Ma i suoi lamenti non hanno avuto alcun'eco e le profanazioni si sono moltiplicate.
La reazione opposta al nuovo rito - sostenuta oltre tutto dalla
piena conoscenza della posizione di Paolo VI e dei veri responsabili denunziati dallo stesso Pontefice - ha provocato risposte rivelatrici delle mire ereticali di teologastri e liturgisti scapigliati. Essendosi lamentato il pericolo della caduta dei frammenti del Pane consacrato, il pubblico - su riviste e giornali - ha sentito rispondersi con irritante sicumera che non c'era motivo di preoccuparsene perché quei
frammenti, staccati dalle Ostie e caduti in terra o rimasti in fondo alle nostre pìssidi sotto forma di polvere bianca, perdono le parvenze che caratterizzano il pane, per cui non sono più
«il segno» della presenza di Cristo.
Ma è stato facile controbattere, osservando che:
- nessuna delle minuscole particelle di quella polvere cambia natura, restando sempre vero pane, come non la cambiano quelle del pepe, del cacao, dello zucchero semolato e di qualsiasi altro corpo ridotto in polvere... Lo attesta con assoluta certezza anche il buon senso di ogni comune casalinga...;
- anche se ciascun granellino della suddetta polvere non presenta le dimensioni che comunemente rendono il pane commestibile, esso tuttavia conserva le
qualità sensibili sufficienti a costituire il «segno» inequivocabile della reale presenza di Cristo, come il colore, il sapore, l'odore, il peso, le proprietà nutritive ed altre chimicamente osservabili... Del resto, appunto la
qualità (oggetto proprio dei singoli sensi) rende sensibile la
quantità (oggetto comune di tutti i sensi)...;
- inoltre, se con la polvere delle ostie, raccolta nel fondo delle pissidi, posso riempire un cucchiaio e nutrirmene realmente (come potrei fare per comunicare un infermo), è segno che i granellini che la compongono restano vero pane: si tratta di «parti integranti» di un «tutto» omogeneo...;
- supporre che i granellini che compongono la
polvere suddetta non abbiano più
valore sacramentale significa
sollevare il formidabile e insolubile problema dei LIMITI della grandezza sotto i quali cessa la reale presenza di Cristo. Chi ha l'autorità per fissarli? Qualsiasi indicazione non potrebbe essere che arbitraria e sacrilega...;
- ed è veramente
arbitraria e sacrilega per chi, accettando il solenne magistero della Chiesa, crede ancora che - secondo i Concili ecumenici di Firenze e di Trento - Cristo è
PRESENTE IN TUTTA L'OSTIA CONSACRATA E IN CIASCUNA DELLE SUE PARTI, GRANDI O PICCOLE CHE SIANO.
Presenza, ovviamente, che suppone in modo indispensabile quella prodigiosa
TRANSUSTANZIAZIONE richiamata con insistenza dalla Chiesa, per la quale la presenza di Cristo
NON È CONDIZIONATA ALLE DIMENSIONI del pane consacrato, ma alla sua
SOSTANZA. Dunque, finché questa presenta le proprietà che la caratterizzano, la
transustanziazione è certa, la presenza di Cristo è innegabile.
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Alcuni nuovi liturgisti presumono di risolvere il problema dei «frammenti» sottacendo abilmente il fatto della
transustanziazione. E appunto il rifiuto di tal dogma è connesso con la concezione di una Messa celebrata come semplice
convito, dove il pane è preso da ciascuno con le proprie mani e mangiato tranquillamente, senza preoccuparsi delle briciole che, cadendo, sono poi gettate nella pattumiera e destinate agli animali.
Ora, negata la
transustanziazione, non si dà
Sacrificio eucaristico, né quindi il
sacerdozio che, derivato dal sacramento dell'Ordine, distingue essenzialmente la Chiesa gerarchica dal laicato. Appunto la tesi di liturgisti secondo i quali la
consacrazione sacerdotale non supererebbe né si distinguerebbe da quella prodotta in ogni fedele dal
Battesimo, ossia dal fatto di essere inserito nel Corpo Mistico come suo membro.
Nel Cristo, i credenti sarebbero tutti eguali, per cui potrebbero celebrare l'Eucaristia, essendo partecipi del suo sacerdozio.
Una vera serie di assurdità nell'ambito di un dogma ripetutamente definito.
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Il Vaticano II ha autorizzato la
concelebrazione. Ma il fatto che essa - contro ogni previsione e intenzione dei Padri conciliari - è stata poi caldeggiata al punto da trasformarsi in
ordinario e quotidiano esercizio del sacerdozio fa sospettare che da alcuni si mirava a fare dei
concelebranti altrettanti
commensali, ossia a trasformare la Messa in
convito, dove tutti i partecipanti sono
protagonisti, aventi la medesima dignità, gli stessi diritti. Dove, precisamente, la dimensione orizzontale del rapporto di parità tra i concelebranti fa passare in secondo ordine quella verticale della dipendenza di tutti dall'unico vero Celebrante che è Cristo, Sacerdote e Vittima.
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Un "banchetto", un "convito" |
La tendenza che fa prevalere (spesso in modo esclusivo) il
«convito» al
Sacrificio spiega come molti ritengano che la
concelebrazione sia preferibile alla
celebrazione individuale, come se il Sacrificio di Cristo offerto in ogni Messa individuale valesse
meno della Messa concelebrata da cento sacerdoti; come se dal
numero dei ministri (pure
cause strumentali) dipendesse il valore del Sacrificio di Cristo,
unica Causa principale. L'importanza dell'argomento obbligherà a riprenderlo.
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La sintesi di tutte le prevaricazioni teologiche e liturgiche è contenuta nei presupposti dottrinali del
Cammino Neo-catecumenale (*).
Esso rifiuta la distinzione essenziale tra
sacerdozio ministeriale e sacerdozio comune...; nega il carattere
sacrificale della Messa...; non crede nella
transustanziazione e conseguente
reale e sostanziale presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche...; ignora il
culto che ne scaturisce.
Tali errori sono stati segnalati da alcuni anni in pubblicazioni seriamente documentate. Ma risulta che molti parroci e vescovi non ne sono ancora informati... Più strano è il fatto che numerosi sono coloro che accolgono e proteggono il
Cammino, partecipando attivamente alle sue liturgie; mentre «presbìteri» e «catechisti» seminati nelle diocesi di tutti i Continenti propagano gli errori insegnati dai fondatori del
Movimento nelle loro catechesi, senza che la Gerarchia intervenga.
Al riguardo non c'è osservatore estraneo che non abbia diritto di chiedersi quale sia - o debba essere - la vera
liturgia cattolica realmente fedele alle verità definite dal solenne magistero della Chiesa. Ed ecco l'aspetto più angoscioso del problema:
i dati raccolti in questo e nel capitolo precedente non potrebbero essere interpretati come il segno di un piano riguardante una graduale e insensibile soppressione del Mistero eucaristico?... Mistero che il Protestantesimo ha sempre respinto e che oggi il
movimento ecumenico potrebbe sacrificare?
Tale cedimento, suggerito dall'ansia dell'
unità dei Cristiani, sembra sia favorito da certa produzione liturgica e catechistica particolarmente attiva a livello popolare, dove la propaganda neocatecumenale propina sottilmente il veleno delle sue tesi ereticali.
La strategia sarebbe semplice quanto efficace. Occorre solo adattarsi alla mentalità moderna chiusa ad ogni concetto e valore metafisico, come la dottrina della
transustanziazione, che sottende la realtà della «sostanza» quale
essenza avente un proprio
atto-d'essere per il quale
sussiste. All'
essere-in-sé, e quindi alla
sostanza, si preferisce l'
essere-di-coscienza secondo il relativismo gnoseologico che, rifiutando la verità oggettiva, assoluta, si ferma al livello
fenomenico dei
simboli...
Appunto ciò - credono - basterebbe a salvare la presenza eucaristica... Ma s'intuisce che, nel caso, alla
sostanza si oppone il
segno (= le specie sacramentali), e la
transustanziazione è ridotta alla
transignificazione... Perciò, il
pane, che ontologicamente resta
pane, potrebbe servire per celebrare un
convito quale
simbolo di una fraternità universale, che attua il programma di un'attività pastorale come oggi è concepita e più raccomandata.
Mira forse a questo la liturgia cattolica, facendo buon viso a quella celebrata dal
Cammino neocatecumenale?
Il clero, se
ne condivide le premesse dottrinali, non si accorge di essere complice del tentativo di scardinare la Chiesa?
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"Prima Comunione"
neocatecumenale |
(*) Parlo dei presupposti dottrinali contenuti nelle catechesi di Kiko Argüello e Carmen Hernàndez, quali risultano principalmente negli
Orientamenti alle Equipes di Catechisti per la fase di conversione. Appunti presi dai nastri degl'incontri avuti dai medesimi per orientare le equipes di catechisti di Madrid nel febbraio del 1972. Si tratta della "Pubblicazione a cura del Centro Neocatecumenale
Servo di Jahvè in San Salvatore, Piazza S. Salvatore in Campo. - 00186 Roma, tel. (06) 6541589. - Siccome, fino ad oggi, nessuno - per quanto ci risulta - ha negato l'autenticità delle catechesi incriminate; nessuno le ha ritoccate e corrette; nessuno ha confutato la nostra critica dimostrando la piena ortodossia della dottrina di Kiko, ci sentiamo ancora autorizzati ad attribuirgli gli errori del
Cammino Neocatecumenale.