“In quello stesso giorno, alla sera, Gesù disse loro: «Passiamo all'altra riva». I discepoli, congedata la folla, lo presero, così com'era, nella barca. C'erano delle altre barche con lui. Ed ecco levarsi una gran bufera di vento che gettava le onde nella barca, tanto che questa già si riempiva. Egli stava dormendo sul guanciale a poppa. I discepoli lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che noi moriamo?» Egli, svegliatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!» Il vento cessò e si fece gran bonaccia. Egli disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» Ed essi furono presi da gran timore e si dicevano gli uni gli altri: «Chi è dunque costui, al quale persino il vento e il mare ubbidiscono?» [Mc 4,35-41]
Di fatto durante l'Esposizione del Santissimo, l'Adorazione e per tutta la Benedizione, si è vissuto "un momento di grazia così potente che il vento e la pioggia si sono interrotti per rispettare e lasciar sovranamente soffiare lo Spirito".
La veglia indimenticabile
Era sera. Nulla che facesse presagire quello che da lì a poco sarebbe successo. La Chiesa cattolica stava lì. C’era il successore di Pietro, c'erano cardinali, vescovi, sacerdoti e un’infinità di giovani. Tutto procedeva regolarmente. Fino a quando la barca di Pietro, la Chiesa, fu assalita da una bufera. Vento forte, pioggia battente. Il programma della serata stravolto. La paura di un crollo della struttura su cui stava il Papa, il crollo di alcune cappelle costruite per la custodia del Santissimo Sacramento. La paura di una fuga di massa, con tutte le conseguenze del caso. Niente di tutto questo. La Chiesa è rimasta lì con Pietro, il Papa Benedetto XVI, la tempesta è passata e tutto, seppur con qualche modifica, è ripreso.
Era la sera del 19 agosto scorso. A Madrid, Spagna. A duemila e passa anni dagli eventi raccontati dal Vangelo di Marco (ma anche da Matteo e Luca), la Chiesa rivive un episodio simile. In tutta Madrid (testimoni oculari l’hanno raccontato) non è successo niente. La tempesta si è abbattuta solo e soltanto là, dove stava Pietro con i suoi discepoli. La paura c’era. Le difficoltà anche. Ma nessuno si è mosso. Tutti hanno aspettato. Con fede. Piccola o grande che fosse. E il vento è cessato. La Giornata Mondiale della Gioventù è una festa della fede, come in molti si sono sollecitati a ricordare. Questa fede si è ben espressa, quando nessuno ci pensava, proprio lì, in mezzo alla tempesta. Fa pensare, e forse anche rabbrividire, costatare che su tutta Madrid l’unico posto dove ci sono state quelle condizioni metereologiche avverse era la spianata di Cuatro vientos, dove si stava svolgendo l’incontro di Papa Benedetto XVI con i giovani di tutto il mondo. Si può pensare, preoccupati, che si sia trattata di una persecuzione del maligno. Si può pensare che si sia trattata di una prova. In entrambi i casi la fede è stata messa di fronte ad una domanda: dov’è Dio? Qualcuno ironicamente me l’ha fatto presente in quei momenti “non può piovere proprio ora”. Eppure non solo ha piovuto, ma si è scatenata una bella tempesta. Questo conferma che la fede non porta a stravolgimenti esteriori delle cose e nemmeno ad una scomparsa dei problemi e delle difficoltà. Le tempeste rimangono, anzi, forse aumentano. Cambia che non si è più soli. Si è in compagnia di Gesù Cristo. Quella sera egregiamente rappresentato dal Suo Vicario per eccellenza: il Papa. Che è rimasto in silenzio. Non è stato a far discorsi e prediche su quanto accadeva. Ma è rimasto lì, con l’esempio. Benedetto XVI le miglior cose che ha detto e fatto, a differenza di quanto comunemente si pensa, non le ha pronunciate con la bocca. Tantomeno le ha dette usando il linguaggio degli uomini. Le cose migliori e più importanti le ha fatte con i gesti, le ha scritte con i documenti e le ha celebrate con i sacramenti. Invitando a fare lo stesso a tutta la Chiesa.
Questo nonostante tutte le avversioni, le incomprensioni e le ostilità che ogni Papa, Benedetto XVI non escluso, si trovi ad affrontare. Purtroppo anche, e soprattutto, all’interno della Chiesa stessa. Che è sì santa, ma non è un covo di santi. Così come ci sono le tempeste, ci sono anche i tradimenti di tanti novelli Giuda.
Il "giorno dopo" kikiano.
E uno dei più palesi (non l’unico sia chiaro) è stato egregiamente espresso lunedi sera. Durante il cosiddetto “incontro vocazionale” del Cammino Neocatecumenale. Per me che ci sono stato si è trattato di un trauma. Sono rimasto perplesso per tutto quel giorno e per alcuni giorni successivi. Non riuscivo a darmi una spiegazione sul senso di quella manifestazione. L’unica risposta che sono stato in grado di darmi è stata che quello che si stava facendo lì era una semplice (ed efficace) prova di forza. Della serie: noi siamo i neocatecumenali, siamo “tanti”, siamo forti, abbiamo un peso, un potere, stateci a sentire. Altrimenti non mi spiego niente di tutto quello che è successo. Perché quanto si è fatto e detto non era niente che potesse nemmeno minimamente avvicinarsi a quanto crede, vive e insegna la Chiesa cattolica.
Provo, facendo ordine nel turbine dei miei pensieri e delle mie considerazioni, a spiegare i punti focali di questa difformità con la Dottrina della Chiesa cattolica, con il Magistero dei Papi, con la Verità di Gesù Cristo.
Quella che si stava celebrando in quel momento, con le intenzioni di Kiko Arguello, era una liturgia della parola. Una liturgia. Un “qualcosa”, quindi, per cui “si attua l'opera della nostra Redenzione”. La liturgia, infatti, “contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il Mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 5]. Così il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica al punto 1068. In una liturgia, quindi qualcosa di sacro, andrebbe mantenuto un atteggiamento umile, devoto, semplice, in cui il protagonista è Dio non chi sta celebrando. Tra le altre cose è vero che a presiedere tale liturgia c’era il cardinale di Madrid (che con la sua presenza più che legittimare il Cammino Neocatecumenale, ha delegittimato la Chiesa cattolica dalla quale ha ricevuto il sacramento dell’Ordine), ma chi ha animato (come se la liturgia richiedesse un animazione e di animatori) e guidato tutto quanto è stato un laico: il suddetto Kiko Arguello, fondatore e guidatore del Cammino Neocatecumenale.
A sostegno della mia tesi secondo cui quell’evento è stato solo e soltanto una prova di forza e un culto al Cammino (e assolutamente non a Dio) è che, subito dopo aver invocato lo Spirito Santo (a suo modo ovvio), Kiko ha iniziato a sciorinare numeri sulla presenza del Cammino Neocatecumenale in tutto il mondo. Mentre elencava le varie realtà, incitava la folla innanzi a lui a farsi sentire e a farsi riconoscere sventolando le bandiere dei propri Paesi. Tutto questo, lo ripeto a scanso di equivoci, in quella che doveva essere una liturgia. I nostri Vasco Rossi, Renato Zero, Claudio Baglioni e co., nei loro concerti, sanno essere più ordinati e più consoni con quello che stanno facendo.
Dopo aver mostrato i muscoli al mondo (si era in diretta su alcuni canali video e su alcune stazioni radio), il signor Arguello è passato a leggere una lettera che l’allora (più di quarant’anni fa) professor Ratzinger gli aveva inviato. Questo è stato uno dei momenti più imbarazzanti (e violenti) della giornata. Infatti, cosa che ho notato fin da subito, il signor Arguello ha raccontato (leggendo la lettera in questione) come Joseph Ratzinger fosse favorevole, probabilmente anche entusiasta, del Cammino. Kiko quindi ha ricordato i vari provvedimenti che Ratzinger ha compiuto in favore del Cammino quand’era professore, quando era parroco, quando era vescovo e quando era cardinale. Punto. Di quando Ratzinger è diventato Prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede e, soprattutto, di quanto Joseph Ratzinger ha detto e fatto verso il Cammino da quando è stato eletto Papa con il nome di Benedetto XVI, Kiko non l’ha minimamente ricordato. E il perché ci pare abbastanza evidente.
Nel frattempo c’è stato un intermezzo musicale di un qualcosa composto dallo stesso Kiko con l’ennesima dimostrazione che il Cammino Neocatecumenale è kikocentrico e non cristocentrico e con l’ennesima dimostrazione della bruttezza delle sue opere (musicali e visive).
A proposito della musica, mi concedo anch’io un piccolo intermezzo per dimostrare come sia ridicola, sterile e fuori luogo la pretesa di tirare dalla propria parte la persona del Santo Padre. La musica, ovviamente liturgica, per i Neocatecumenali (e non solo) è quella che si realizza con chitarre, bonghi, tamburelli, nacchere (stavamo a Madrid…) e non meglio specificati strumenti. Il capitolo VI della Costituzione
Sacrosantum Concilium del Concilio Vaticano II parla (anche se in maniera poco chiara come molti dei documenti di quel Concilio) del fatto che devono essere utilizzati canti attinenti alla liturgia, che esprimano il senso del sacro, che lo strumento da utilizzare è l’organo e tante altre cose tranquillamente disattese in molte (troppe) parrocchie e in tutto il Cammino Neocatecumenale. La Tradizione della Chiesa in ambito liturgico è chiara. Basta leggersi i documenti che da Pio X in poi (tanto per rimanere in epoca moderna) fino a Benedetto XVI (compreso anche Giovanni Paolo II) richiamano alla dignità della musica sacra.
Dopodiché Kiko ha fornito prova della sua oratoria. Non voglio offendere nessuno e non voglio sentirmi migliore di nessuno, tantomeno di Kiko, ma la sua predica (i laici tengono prediche? Da quando questo è permesso nella Chiesa cattolica? Ma non era questa una prassi che i Neocatecumenali dovevano correggere?) è stata a dir poco confusa, inconcludente e priva di ogni senso. Fiorello avrebbe avuto più significato. Sembrava davvero un comico, un animatore, uno showman che si muove sul palco, che incita la folla, che invita a salire sul palco, a intervenire, ecc. Tutto sempre nella cornice di una liturgia sedicente cattolica. A Kiko si sono aggiunti i commenti di Carmen e di don Mario Pezzi che non hanno fatto altro che rendere agghiacciante tutta quella situazione e renderla, se ciò fosse possibile, priva di ogni altro senso.
E, infine, l’aspetto più drammatico, più scandaloso e più offensivo della dignità delle persone, oltre che della serietà della faccenda in questione, è stata la cosiddetta “alzata vocazionale”. Non so da dove partire, perché da qualsiasi cosa iniziassi, prenderei bene per parlare male. Questo è uno dei fiori all’occhiello, dei vanti del Cammino neocatecumenale. Infatti chiunque senti di loro si pavoneggia o addita a merito del Cammino quello di suscitare migliaia di vocazioni. Effettivamente uno dei pochi seminari attivi è quello gestito dai Neocatecumenali. Allo stesso tempo è però necessario domandarsi quanto bene facciano alla Chiesa questo tipo di vocazioni che di cattolico non hanno nulla, visti i presupposti sopra elencati, ma anche e soprattutto tutto quello che si sa sulla dottrina e sulla prassi dei Neocatecumenali. Ebbene, queste alzate vocazionali funzionano così: il signor Kiko esorta al silenzio più totale, invita ad accovacciarsi per terra e dopo un momento di silenzio (l’unico di tutta la giornata!) egli sollecita con forza ad alzarsi e correre sul palco tutti quelli che si sentono di voler abbracciare la vita sacerdotale. Il che è assurdo. La vocazione non è frutto di un momento, di un sentimento istantaneo che come nasce, muore. La vocazione è cosa seria, è una scelta, che si fa con l’uso di quella cosa che Kiko non ha per niente preso in considerazione: la ragione. Infatti, quello su cui lui ha fatto leva è l’emotività del momento. I Neocatecumenali cui questa cosa è stata fatta notare rispondono con sincera convinzione che non è così. Che dopo queste alzate le persone che hanno fatto questa scelta trascorrono uno o due anni in un corso per verificare la veridicità di questa vocazione. E poi, dopo aver superato questo percorso, si entra nel vero e proprio seminario. Eppure questa risposta non risponde e non placa l’angoscia per tale pagliacciata. Perché se anche fosse vero che quella manifestazione esteriore deve essere supportata da una interiore, non si vede il perché quella esteriore debba essere manifestata al mondo intero. Non se ne spiega il motivo se non per far vedere che il Cammino è forte ed è l’unico in grado di mandare avanti la Chiesa. E con questo, il cerchio si chiude.