lunedì 30 gennaio 2012

Un blogger Anonimo riprende il nostro "grido" di sconcerto e anche di allarme consapevole


Lo pubblico così com'è. E ripartiamo da questa testimonianza di un blogger Anonimo che ha scritto alle 16:07 e rispecchia il nostro stato d'animo, ma anche le nostre perplessità e la nostra consapevolezza, che non generano angoscia solo perché la nostra fiducia è nel Signore e nelle sue promesse.

Diceva Mic:
"....sapete bene che il Papa non è infallibile - ed è quindi criticabile col dovuto rispetto e possibile equilibrio - quando sancisce questioni in maniera non solenne e definitoria, cioè non ex cathedra.
Pertanto, poiché in coscienza, motivatamente ma soffrendone (leggetevi l'articolo sulla Passio Ecclesiae di qualche giorno fa), non possiamo -e ci è consentito- dare adesione di fede a ciò che è accaduto e che accade col Cnc, continuiamo a parlarne. Non mi pare che ci sia bisogno di associazionismi di sorta per un'azione che rientra nella libertà e nel dovere di credenti battezzati.
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(qui non c'entra nulla la presunta "radicalizzazione": si tratta di scegliere DECISAMENTE tra Verità e menzogna, Cristo o satana, non cercare una "via di mezzo" ! infatti Kiko ed eretici colleghi, qualora siano ostinati e consapevoli mentitori , sono servi di satana e nemici di Cristo e della Chiesa. NON esiste via di mezzo tra Cristo e satana).

Tutto quello che sta accadendo dimostra che nel concilio c'era un "ordigno a tempo", come una esplosione nucleare ben programmata, che ha rilasciato nell'atmosfera ecclesiale i suoi veleni, che dilagano negli anni, appestando l'intera Chiesa, uccidendo la Fede e la vita spirituale attraverso la distruzione calcolata della sacralità autentica della Liturgia; lex orandi lex credendi.
Come si può negare questo effetto di fungo atomico?

ESCALATION è la parola giusta, della menzogna e dell'eresia che viene diffusa capillarmente, ricevendo il marchio....di "cattolica" : ci rendiamo conto della natura maligna e LETALE di tale inversione ? o vogliamo ancora minimizzarlo ? Un perverso gioco falsificante di NOMI ED ETICHETTE che vengono affibbiate abusivamente, chiamando bene il male e viceversa !
e la tragedia è che se ne fanno autori e/o complici proprio i massimi responsabili della custodia del Divino Depositum, i pastori più alti del Gregge. Come possiamio ancorra bendarci gli occhi ?

e dire che tutto è a posto, grazie a un "pezzo di carta" che non copre più alcuna vergognosa menzogna ed eresia sfacciatamente propagata ?

Dal 1962 NON BISOGNA CONDANNARE L’ERRORE. QUESTA apparente libertà, lanciata dal conciilio, ha causato la grande anarchia dottrinale-liturgica-pastorale, che oggi subiamo sgomenti, e che si palesa come LA PRIGIONE DELLA Chiesa, che in essa soffoca, spiritualmente atrofizzata, in balia dei falsi profeti e celebranti apostati.

Ci stiamo tutti dentro, a questa Chiesa asfissiata e coartata (o ti adegui o te ne vai: per quante parrocchie si sta preparando l'aut-aut? con l'avallo dei superiori?... c'è da tremare al pensiero); non possiamo sfuggire al male che dilaga, nella prigione piena di falsificazioni, che diventa spesso come un'OVATTA per l'intelletto, che si addormenta su false sicurezze LEGALISTE....
ma dobbiamo fare quella scelta cruciale: Cristo o satana, con tutte le sue seduzioni.

Inganni epocali che prenderanno il nome fascinoso di "NUOVO TIPO DI PARROCCHIA" et similia.... oppure: "da pastorale sacramentale a pastorale di evangelizzazione ecc.:":e che fine faranno i Sacramenti, quelli DI SEMPRE ? e chi li ferma questi sciagurati ?
Ora, certo, dopo il 20 gennaio, non li fermerà più nessuno !


Ebbene, di certo noi non possiamo né pretendiamo di fermarli: l'unica cosa che possiamo continuare a fare è le sentinelle, cercando anche di diffondere insegnamenti cattolici non solo per 'bollino', ma dalla coscienza illuminata dalla Fede e dal Magistero perenne.

sabato 28 gennaio 2012

Ancora una testimonianza


E' arrivata via mail. E' un ritornello che si ripete da ogni dove. Ma ci sono molti sordi di orecchio... Sarebbe bene non accavallare altri articoli almeno fino a lunedì.

Cortese responsabile del blog, confesso che ho pensato parecchio, prima di scriverle la mia esperienza sul Cammino neocatecumenale. Perché? Perché è stato pressapoco 25 anni fa e il ripensarci mi fa emergere tutta una serie di cattive sensazioni che preferisco dimenticare. Ciononostante, le porgo questo scritto per l'utilità di quanti ne potranno approfittare.

Oggi ritengo il Cammino neocatecumenale una pericolosa setta ereticale con connotazioni giudaico-protestanti e sono convintissimo di ciò. Allora non avevo tutte le informazioni e la preparazione odierna ma, sin dall'inizio, sentii qualcosa che non quadrava bene, se non altro perché avevo fatto dei corsi teologici.

Cominciai a seguire le catechesi del Cammino su suggerimento d'un sacerdote il quale indicava in loro un'occasione perché io radicassi bene il mio cristianesimo. Le catechesi, allora come oggi, raccoglievano alcuni cristiani praticanti della parrocchia, ignari di quanto poteva loro accadergli.

Fu così che, dopo un certo tempo, i catechisti crearono una comunità nella quale ero inserito. Lo decisero a modo loro, al termine d'una prima “convivenza” nella quale ricordo solo un'assurda lezione di liturgia che infangava qualsiasi liturgia tradizionale del passato con l'unico fine d'osannare la “loro”.

Decisero di porre come responsabile della mia comunità un signore sui 65 anni. Egli accettò ma con qualche ragionevole dubbio: “Ho una salute cagionevole, siete sicuri che ce la farò?”. I catechisti erano sicurissimi e non ammisero alcuna sua obiezione. Così, il nostro gruppo iniziò a riunirsi. Il responsabile doveva seguirne l'attività quattro volte la settimana: due per le preparazioni della liturgia della parola e della messa, e altre due per trovarsi alle liturgie preparate. Il poveretto, che era già piuttosto iitterico in volto, nel giro d'un paio di mesi crollò e dovette essere ricoverato in Ospedale.

I catechisti lo andarono a trovare. Lui li supplicò: “Vedete, non ce la faccio! Ho una pensione troppo modesta che mi costringe a fare il rappresentante di libri nelle scuole. Mi devo alzare ogni giorno alle 6,30 e non ho una salute di ferro. Come posso seguire questa comunità se, nei giorni in cui vi devo andare, finisco per dormire pochissime ore la notte e peggiorare nella salute?”. I catechisti furono intransigenti: “Tu ti sei ammalato per un solo motivo: non hai fede!”. Vi lascio immaginare come ci rimase il poveretto. La moglie vide le cose in modo ancor più chiaro e comprese d'aver a che fare con dei fanatici. Morale della favola: nel giro di qualche altra settimana, il signore e la propria moglie sparirono dalla circolazione.

Dopo un poco, si tenne un'altra convivenza con i catechisti. Ricordo che, essendo impegnato in una parrocchia, la domenica sera avrei dovuto abbandonarli un attimo prima del previsto, per poter effettuare il mio servizio. Lo feci presente ai catechisti. Una donna tra loro s'irrigidì e con fare imperativo e severo mi disse: “Se lasci noi lasci Dio!”.

E, infatti, ringraziai Dio per aver ricevuto una simile risposta idiota che mi diede la forza d'abbandonarli. In definitiva, non vi constatai solo il fanatismo, emergente da questi brevi racconti, ma l'incapacità totale a capire e vedere il proprio prossimo. Gli stessi sacerdoti, influenzati da quell'atmosfera drogata, finivano per essere molto amabili e disponibili con i membri della comunità. Ma se per caso qualcuno lasciava il gruppo, divenivano immediatamente freddi e scostanti. Erano diventati preti d'una setta, non della Chiesa!
Ricordo ancora che, in una riunione regionale del Cammino, un sacerdote m'indicava un'esagitata che urlava da un microfono delle farneticazioni: “Guarda! E' lo Spirito che parla in lei!”. Sentivo in cuor mio che tutto questo non era che miserabile inganno...

Tutto ciò fu un'occasione per radicare il mio Cristianesimo? No affatto! Per radicare il proprio Cristianesimo è necessario vivere la tradizione cristiana nella Chiesa, studiare, pregare e avere sempre una coscienza attiva e sveglia. Il Neocatecumenato s'impone esattamente dove non c'è coscienza, cultura e vita cristiana e fa vittime; allora come oggi.
Le porgo, cortese responsabile, i miei più distinti saluti.
P. C. (Nome e Cognome: l'iniziativa delle iniziali è mia - ndR)

giovedì 26 gennaio 2012

Come prima più di prima...

Ascoltando in diretta Arguello parlare davanti al Papa l'abbiamo sentito pronunciare questa frase che ci ha, come minimo, stupiti: " Noi vediamo l`urgenza di passare da una pastorale sacramentale a una pastorale di evangelizzazione". Suggeriamo a Kiko Arguello, ai suoi prebiteri, ai suoi kikos, di leggere e meditare queste parole pronunciate dal Santo Padre, il 5 maggio 2010, durante un'udienza sul Munus sanctificandi:
"Negli ultimi decenni, vi sono state tendenze orientate a far prevalere, nell’identità e nella missione del sacerdote, la dimensione dell’annuncio, staccandola da quella della santificazione; spesso si è affermato che sarebbe necessario superare una pastorale meramente sacramentale. Ma è possibile esercitare autenticamente il Ministero sacerdotale “superando” la pastorale sacramentale? Che cosa significa propriamente per i sacerdoti evangelizzare, in che cosa consiste il cosiddetto primato dell’annuncio? Come riportano i Vangeli, Gesù afferma che l’annuncio del Regno di Dio è lo scopo della sua missione; questo annuncio, però, non è solo un “discorso”, ma include, nel medesimo tempo, il suo stesso agire; i segni, i miracoli che Gesù compie indicano che il Regno viene come realtà presente e che coincide alla fine con la sua stessa persona, con il dono di sé, come abbiamo sentito oggi nella lettura del Vangelo. E lo stesso vale per il ministro ordinato: egli, il sacerdote, rappresenta Cristo, l’Inviato del Padre, ne continua la sua missione, mediante la “parola” e il “sacramento”, in questa totalità di corpo e anima, di segno e parola. Sant’Agostino, in una lettera al Vescovo Onorato di Thiabe, riferendosi ai sacerdoti afferma: “Facciano dunque i servi di Cristo, i ministri della parola e del sacramento di Lui, ciò che egli comandò o permise” (Epist. 228, 2). E’ necessario riflettere se, in taluni casi, l’aver sottovalutato l’esercizio fedele del munus sanctificandi, non abbia forse rappresentato un indebolimento della stessa fede nell’efficacia salvifica dei Sacramenti e, in definitiva, nell’operare attuale di Cristo e del suo Spirito, attraverso la Chiesa, nel mondo." 
Certo che la liturgia-kika, rispetto al munus sanctificandi lascia particolarmente a desiderare! Lo stesso dicasi per la Scrittura custodita con la stessa dignità delle Sacre Specie, che non segna la differenza tra la Presenza Reale del Signore rispetto a quella mediata dal testo! Una pastorale di evangelizzazione senza la preminenza del culto autentico a Dio e tutto quel che comporta nella Sacramentalità attuata e vissuta secondo la Tradizione Apostolica arrivata intatta fino a noi, c'è da chiedersi COSA evangelizza... e, purtroppo, è ciò che ora è stato ratificato. Riporto in breve alcuni punti già ricordati: sono stati approvati i riti di passaggio - che hanno solo il guscio dell'OICA ma contenuti kikiani - ed altro, come ad esempio:
  • la denuncia pubblica della propria croce
  • gli scrutini - [vedi anche]
  • la rinuncia a Satana, con la consegna di beni di valore
  • la Redditio fatta in chiesa, a volte durante le messe
  • la figura del garante che controlla l'operato del neocatecumeno
  • la "lavanda dei piedimore neoat
  • il rinnovo dell'Alleanza di biblica memoria
  • il ri-battesimo finale
Insomma tutto quello che si faceva in segreto nelle salette ed anche il resto si può continuare a farlo, dato che il cammino è e resta blindato (perché è chiaro che chi lo percorre deve sottostare alle ferree condizioni già note) nonché avvolto dal segreto, ma questa volta con la benedizione apostolica.

martedì 24 gennaio 2012

"Ma c'è sempre quel qualcosa che non va"...

Cari amici, lo abbiamo citato nel thread precedente ormai affollatissimo di interventi e quindi è bene riprendere una nuova discussione. Ritengo giusto evidenziare ed esaminare per esteso il testo di Korazym di cui ho riportato il titolo, che non è certo da annoverare tra i critici, ma è sempre stato tra i sostenitori del Cnc.
Nel coro di peana dei vari Cañizares, Radio Vaticana, Zenit et alii, è il caso di riprenderlo perché conferma le nostre considerazioni e le nostre perplessità, sia pure senza la nostra 'aura' di "gravità" motivata dalla consapevolezza di quanto, nella realtà, l'accaduto del 20 settembre rappresenti per il Cnc l'ennesimo grimaldello per continuare ad inquinare la Chiesa e la Fede cattolica. Le approvazioni non sono un dogma di fede e sono criticabili col dovuto rispetto e con le puntuali argomentazioni che non manchiamo di fornire.
Abbiamo evidenziato alcuni passaggi che riteniamo molto importanti.

Cammino Neocatecumenale, un'altra approvazione.
Ma c'è sempre quel qualcosa che non va

Nuovo via libera della Santa Sede ai neocatecumenali: dopo gli Statuti e il Direttorio Catechetico, i cui decreti di approvazione erano arrivati rispettivamente nel 2008 e nel 2011, ora è arrivata l'approvazione delle celebrazioni in uso nel Cammino che non sono già normate dai libri liturgici. Fra di esse non c’è – ovviamente - la Messa che i neocatecumenali celebrano il sabato sera, ma il modo poco preciso col quale il decreto è stato presentato dai responsabili del Cammino ha (e non è la prima volta) ingenerato confusione, con il risultato che il messaggio che è passato ai più è proprio quello. Completamente fuorviante. E in questo mare di imprecisione, rischiano di passare in secondo piano anche le parole del papa, che – per chi non vuol far finta di nulla – sono chiare e puntuali.

Il decreto con il quale vengono approvate le celebrazioni in uso nel Cammino che non sono già normate dai libri liturgici è un via libera importante, in qualche modo ovvia e naturale conseguenza dell'approvazione, dodici mesi fa, dei tredici volumi (il “Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale”) che illustrano l'intero percorso di riscoperta del Battesimo e che contengono quelle catechesi degli iniziatori Kiko Arguello e Carmen Hernandez che vengono riproposte dai catechisti in ogni singola comunità del Cammino. Un segno rilevante, questo nuovo via libera, della fiducia che la Santa Sede ripone nel Cammino Neocatecumenale, che a poco più di 40 anni dalla sua “invenzione” si vede ormai pienamente riconosciuto e approvato dal Vaticano. Un traguardo non facile e tutt'altro che scontato. Ad oggi, il Cammino neocatecumenale è riconosciuto come un percorso di formazione valido, che viene definito nei suoi tratti essenziali dagli Statuti (approvati in forma definitiva nel 2008 dopo sei anni di formula ad experimentum) e tratteggiato nel dettaglio, dal punto di vista dottrinale e catechetico, dal “Direttorio” approvato dodici mesi fa, ivi comprese – la novità di questo 2012 - le celebrazioni che in esso vi sono contenute. Di per sé, il percorso di approvazione da parte della Santa Sede può ritenersi sostanzialmente concluso, fermo restando che nulla è dato una volta per tutte e che tutto quanto deciso in questi anni è in ogni momento passibile di riconsiderazione da parte della Santa Sede.

Eppure, anche stavolta, come già in passato, non tutto è andato liscio e verosimilmente non tutto continuerà ad andare liscio nella vita quotidiana di questo cammino di formazione. Da un lato c'è la ormai consueta e immancabile confusione sul contenuto preciso dei decreti emessi dalla Santa Sede, confusione generata anzitutto proprio dai responsabili del Cammino neocatecumenale e da quel loro modo (quantomeno così poco puntuale, se non apertamente scorretto) di raccontare gli eventi; dall'altro lato c'è il punto, non ancora chiarito, della pubblicazione del “Direttorio catechetico”, che sarà pure stato approvato nella sua nuova versione rivista e abbondantemente corretta dalla Congregazione per la dottrina della fede, ma che nella pratica continua a rimanere un testo riservato, in uso solamente ai catechisti del Cammino. Il tutto, in un contesto in cui i principali appunti che vengono mossi all'intero movimento (uno su tutti: la scarsa attenzione all'unità con il resto della comunità parrocchiale, con tutti coloro che non appartengono alle comunità del Cammino) vengono dai vertici del Cammino Neocatecumenale apertamente negati e nel concreto sostanzialmente ignorati, come se si trattasse di accuse infondate o di problemi inesistenti. Quando inesistenti, in realtà, davvero non sono. Anche perché, ad ogni udienza papale, vengono evocate e sottolineate – per chi le vuol sentire - dal Pontefice in persona. E’ successo anche stavolta.

IL DECRETO: COSA C’E’ – Il decreto del Pontificio Consiglio per i Laici, testualmente, “concede l’approvazione a quelle celebrazioni contenute nel Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale che non risultano per loro natura già normate dai libri liturgici della Chiesa”. Si tratta di quei riti che accompagnano tutto il percorso di formazione del singolo nelle sue varie tappe di formazione: nel dettaglio, i riti che accompagnano il “primo scrutinio”, lo “Shemà” e il “secondo scrutinio” (passaggi con i quali si passa prima dalle catechesi iniziali al pre-catecumenato e poi da quest’ultimo al catecumenato vero e proprio) e ancora i riti legati all'iniziazione alla preghiera, alla consegna del Salterio, alla consegna del Credo (la Traditio Symboli), alla confessione pubblica della propria fede (la Redditio Symboli), alla consegna del Padre Nostro, e via continuando fino al rito del Rinnovo delle promesse battesimali, che di fatto è il culmine ultimo del Cammino neocatecumenale. Approvate anche le parti delle celebrazioni della Parola di Dio (sono settimanali, ne parlano anche gli Statuti) e delle celebrazioni penitenziali (hanno cadenza mensile) che già non siano regolate altrove.

E COSA NON C’E’ (ANCHE SE VOGLIONO FARLO CREDERE) – Non si fa alcuna menzione, nel decreto, delle celebrazioni che sono già normate dai Libri liturgici: non c’è la Liturgia delle Ore e ovviamente e naturalmente non c’è la Celebrazione Eucaristica, non c’è la Santa Messa. Ma purtroppo il messaggio che rischia di passare – e sta passando – è proprio questo: è stata approvata la celebrazione del sabato sera nelle comunità, è stata approvata la “messa dei neocatecumenali”. Un’interpretazione che si va diffondendo sui mezzi di comunicazione – e anche fra non pochi appartenenti al Cammino – a causa soprattutto della nota ufficiale emessa dai responsabili del Cammino neocatecumenale (diffusa alla stampa di tutto il mondo e riportata sul sito web ufficiale). Una nota che semplifica oltremodo quanto accaduto e che, sintetizzando troppo, di fatto induce in errore generando una grandissima confusione sui termini reali di quanto approvato. In tutto questo, non ha certo aiutato il fatto che la Santa Sede, rendendo noto il decreto, non gli abbia affiancato alcun commento o alcuna nota esplicativa: forse stavolta era necessaria.

LA MESSA, ECCO LA SITUAZIONE - In verità, non esiste (o non dovrebbe esistere) alcuna “messa dei neocatecumenali”: la Messa è una sola, quella regolata dai libri liturgici, alla quale nelle comunità del Cammino si applicano alcune eccezioni, che sono ben circoscritte, definite nel dettaglio dagli Statuti o nei documenti ufficiali della Santa Sede. Il decreto del 2012 non tocca affatto questo aspetto e le regole in vigore sono quelle disegnate dopo l’approvazione degli Statuti, nel giugno 2008. In breve, le comunità del Cammino possono celebrare la Messa il sabato sera, dopo i primi Vespri della domenica, in piccole comunità: sempre devono essere seguiti i Libri liturgici, con due concessioni. La prima è quella che la Comunione viene distribuita sotto le due Specie del pane azzimo e del vino, e che i neocatecumeni la ricevono in piedi restando al proprio posto. La seconda è lo spostamento del rito dello scambio della pace, che viene anticipata a prima dell’offertorio. Stop. Queste sono le uniche eccezioni consentite. Tutto il resto o è già previsto dal Messale romano (è il caso delle monizioni prima delle letture, purché siano “brevi”) o dovrebbe essere modificato perché non previsto, e dunque non concesso (è il caso delle risonanze prima dell’omelia). Nel Cammino molto è cambiato negli ultimi anni, ma le risonanze sono sempre al loro posto. Peraltro, nel corso dell’udienza, il papa ha sottolineato lungamente il senso della concessione della Messa al sabato sera in piccole comunità (fini esclusivamente pastorali) e ha ribadito che l’obiettivo è quello di “inserire il singolo nella vita della grande comunità ecclesiale”, a partire dalla celebrazione domenicale della parrocchia. Un obiettivo che vale sempre: durante i lunghi anni del cammino, dice il papa, è “importante non separarsi dalla comunità parrocchiale”. Insomma, la messa del sabato sera è fatta per unire, non per dividere; per inglobare, non per separare le comunità neocatecumenali dal resto della comunità parrocchiale. Concetti, questi, su cui il Cammino ancora una volta è chiamato a riflettere.

NEGARE, ANCHE L’EVIDENZA – Ed è chiamato a rifletterci su perché, nonostante tutto, la parola d’ordine dei responsabili sembra essere quella di negare, negare, fortissimamente negare che ci sia qualcosa che non vada, che nel Cammino si siano generate delle criticità che quanto meno sarebbe onesto vedere, per poterci lavorare sopra. Per salvaguardare meglio l’unità delle parrocchie e della Chiesa. Per evitare che un percorso che è un “dono dello Spirito Santo” e che tanto bene sta facendo nella Chiesa possa talvolta portare divisione. Purtroppo, in tutti questi anni e ancora oggi, a giudicare dalla nota sul decreto, i vertici del Cammino (gli iniziatori Kiko Arguello e Carmen Hernandez, con don Mario Pezzi) preferiscono semplificare: “Tutto va bene, la Santa Sede ha approvato tutto, il papa è con noi”. Col risultato che, alla lunga, perdono anche di credibilità: in questi giorni, se ci si rivolge a quelle migliaia e migliaia di persone neocatecumenali, soprattutto giovani, che formano le singole comunità (e che, in linea di massima, con coerenza e senza alcun genere di integralismo, vivono il loro percorso di fede come uno dei tanti percorsi di fede presenti nella Chiesa) e si afferma che la Santa Sede ha dato l’approvazione alle celebrazioni del Cammino, la risposta più frequente che si ottiene è: “Ma perché, non avevano già approvato tutto?”. E in molti pensano, sbagliando, che il decreto abbia approvato proprio la Messa del sabato sera, che invece non c’entra nulla. No, in tutto questo c’è qualcosa che non va.

UNITA’ E LITURGIA: E SE LO DICE IL PAPA, FORSE… – Non va anche e soprattutto perché dovrebbe essere inconcepibile negare che vi siano alcuni problemi sul versante dell’unione ecclesiale e sul versante della liturgia quando – guarda caso – ogni volta che incontra le comunità del Cammino il papa si concentra proprio su questi due aspetti: unità con il vescovo diocesano, rispetto dei libri liturgici, comunione ecclesiale. Così è stato anche nell’udienza del 20 gennaio 2012, dove il papa, riconoscendo l’opera preziosa del Cammino, ha invitato a dare attenzione “all’unità e all’armonia dell’intero corpo ecclesiale” e ha impartito una vera e propria lezione su cosa sia la liturgia e sul senso delle eccezioni riconosciute al Cammino. Non è un caso che il pontefice si concentri sempre su questi aspetti. Riconoscere, da parte del Cammino, che al riguardo c’è del lavoro da fare, e una volta per tutte anche farlo, sarebbe la cosa più sensata e sana che i suoi responsabili potrebbero e dovrebbero fare. Del resto, se lo dice il papa, forse si potrebbe anche dargli retta.

["si potrebbe" o "si dovrebbe"? ma è evidente l'ironia]

lunedì 23 gennaio 2012

Ai neocatecumenali il diploma. Ma non quello che si aspettavano


E' da riportare per intero: una voce fuori dal coro che, senza essere dei nostri, guarda caso conferma quanto diciamo noi. Si tratta di quanto scrive proprio oggi Sandro Magister.

La segnalazione è di Larus che aggiunge: Comunque ai cari fratelli NC dico che se ne facciano una ragione se a qualcuno il “fumo negli occhi” non gli si attacca, anzi, cercate di togliervi i paraocchi così da vedere finalmente la "casella" sulla quale state che non è tutta la scacchiera. Anzi, con umiltà riconoscete di essere soltanto un "pedone" e non "l'alfiere".

CITTÀ DEL VATICANO, 23 gennaio 2012 – Prima dell’udienza con Benedetto XVI di tre giorni fa, dentro il Cammino neocatecumenale correva voce che in quell'occasione sarebbero state definitivamente approvate le “liturgie” del movimento ecclesiale fondato da Francisco "Kiko" Argüello e Carmen Hernández:
 "Placet" o "Non placet"? La scommessa di Carmen e Kiko
Tali voci davano addirittura per pronto il documento di convalida.
In realtà questo provvedimento non era assolutamente all’ordine del giorno in Vaticano, come si è potuto verificare nel corso dell’udienza col papa del 20 gennaio.
All'inizio dell'udienza, infatti, è stato letto un decreto del pontificio consiglio per i laici nel quale, con "il parere favorevole della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti", semplicemente si "concede l’approvazione a quelle celebrazioni contenute nel Direttorio catechetico del Cammino neocatecumenale che non risultano per loro natura già normate dai libri liturgici della Chiesa".
Più chiaramente il papa nel suo discorso ha ribadito che con il suddetto decreto soltanto "vengono approvate le celebrazioni" presenti nel Direttorio catechetico, che "non sono strettamente liturgiche".
Ciò vuol dire che i rituali approvati in questa occasione non riguardano in alcun modo la liturgia della messa o l’amministrazione dei sacramenti, ma solo le celebrazioni interne al Cammino che scandiscono le principali tappe del lungo catecumenato di ogni suo membro. 
Benedetto XVI ha inoltre approfittato dell'udienza per rivolgere ai capi e ai membri del Cammino un "breve pensiero sul valore della liturgia". È si è trattato di un "pensiero" che aveva tutto il sapore di una lezione, densa e impegnativa nonostante la brevità.
In essa il papa ha ricordato che "il vero contenuto della liturgia" è si "opera del Signore Gesù", ma "è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo". E con ciò ha messo in guardia dalla tentazione – presente nelle teorie liturgiche neocatecumenali ma non solo – di un "archeologismo" che pretenderebbe di riprodurre artificiosamente l'ultima cena di Gesù e le "frazioni del pane" dei primissimi tempi cristiani senza tener conto degli sviluppi liturgici che sono maturati legittimamente nella Chiesa nel corso dei secoli.
Nel suo discorso, inoltre, Benedetto XVI ha sottolineato il "carattere pubblico della Santa Eucaristia". Ha ricordato che in base agli statuti del Cammino approvati nel 2008 "i neocatecumenali possono celebrare l’Eucarestia domenicale nella piccola comunità dopo i primi vespri della domenica, secondo le disposizioni del vescovo diocesano". Ma ha subito aggiunto che "ogni celebrazione" deve essere "essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono" all’unica Chiesa di Cristo.
Le celebrazioni nelle piccole comunità – ha proseguito il papa – devono cioè produrre una "progressiva maturazione" che favorisca "il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale", ossia in concreto "nella celebrazione liturgica della parrocchia".
Il papa ha infine ribadito che "la celebrazione nelle piccole comunità" deve essere "regolata dai libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente", sia pure "con le particolarità approvate negli statuti del Cammino". Negli statuti del 2008 le particolarità consentite sono due. La prima riguarda "la distribuzione della Santa Comunione sotto le due specie" e "sempre con pane azzimo", che i neocatecumenali devono ricevere "in piedi, restando al proprio posto". La seconda è lo spostamento “ad experimentum” del "rito della pace dopo la Preghiera universale", cioè prima dell'offertorio, come del resto avviene da sempre nel rito ambrosiano, in uso nell'arcidiocesi di Milano.
Negli statuti si prevede inoltre che gli animatori delle comunità neocatecumenali preparino "brevi monizioni alle letture". Ma questo è già consentito dalle istruzioni generali del messale romano, per qualsiasi messa.
Non si fa cenno alcuno, invece, nei paragrafi degli statuti riguardanti la messa, alle cosiddette "risonanze", cioè ai commenti spontanei alle letture e al Vangelo fatti da chi partecipa alle messe delle comunità neocatecumenali, in aggiunta all'omelia del sacerdote. Non solo questa delle "risonanze", quindi, ma ogni altra particolarità liturgica in uso nel Cammino che non è approvata esplicitamente dalla Santa Sede era abusiva prima dell’udienza dello scorso 20 gennaio e tale rimane anche dopo.
Ecco qui di seguito la "lezione" di liturgia impartita da Benedetto XVI ai neocatecumenali e, più sotto, un sommario dei loro rituali extraliturgici che hanno avuto l'approvazione delle autorità vaticane.
"... CELEBRAZIONE REGOLATA DAI LIBRI LITURGICI, CHE VANNO SEGUITI FEDELMENTE..."
Benedetto XVI al Cammino neocatecumenale, 20 gennaio 2012 (estratto)
Cari fratelli e sorelle, [...] poco fa vi è stato letto il decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel "Direttorio catechetico del Cammino neocatecumenale", che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede. È un altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero "Corpus Ecclesiae".
Questo fatto mi offre l’occasione per un breve pensiero sul valore della liturgia. Il Concilio Vaticano II la definisce come l’opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la Chiesa (cfr. "Sacrosanctum Concilium", 7). A prima vista ciò potrebbe apparire strano, perché sembra che l’opera di Cristo designi le azioni redentrici storiche di Gesù, la sua passione, morte e risurrezione. In che senso allora la liturgia è opera di Cristo? La passione, morte e risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici; raggiungono e penetrano la storia, ma la trascendono e rimangono sempre presenti nel cuore di Cristo. Nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso mistero pasquale, per la nostra salvezza; ci attira in questo atto di dono di sé che nel suo cuore è sempre presente e ci fa partecipare a questa presenza del mistero pasquale. Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della liturgia, l’entrare nella presenza del mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo: "Christus totus caput et corpus", dice sant’Agostino. Nella celebrazione dei sacramenti Cristo ci immerge nel mistero pasquale per farci passare dalla morte alla vita, dal peccato all’esistenza nuova in Cristo.
Ciò vale in modo specialissimo per la celebrazione dell’eucaristia, che, essendo il culmine della vita cristiana, è anche il cardine della sua riscoperta, alla quale il neocatecumenato tende. Come recitano i vostri statuti, "L’eucaristia è essenziale al neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccola comunità" (art. 13 §1). Proprio al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata, i neocatecumenali possono celebrare l’eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi vespri della domenica, secondo le disposizioni del vescovo diocesano (cfr. Statuti, art. 13 §2). Ma ogni celebrazione eucaristica è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa. Questo carattere pubblico della santa eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della santa messa è ultimamente diretta dal vescovo come membro del collegio episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale (cfr. "Lumen gentium", 26).
La celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell?'essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità. Al tempo stesso, la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il neocatecumenato (cfr. Statuti, art. 6), la sua forma ordinaria. Ma anche durante il Cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo (cfr. 1 Cor 10, 16s). [...]
DODICI RITI, PER ALTRETTANTE TAPPE
Il percorso di catechesi che ogni membro del Cammino compie dura almeno dieci anni e passa attraverso cinque fasi. Ogni fase ha delle tappe contrassegnate da specifici rituali, in totale dodici.
Sono questi i rituali extraliturgici in uso nelle comunità neocatecumenali ora approvati dalle autorità vaticane.
PRIME CATECHESI
1. Rito della conversione. Accompagna la decima delle sedici catechesi introduttive. Il rito, molto dettagliato, precede e segue in forma comunitaria la confessione sacramentale individuale di ciascuno dei presenti. Per chi prosegue nel Cammino, tale rito sarà reiterato a cadenza mensile.
2. Consegna della Bibbia. Accompagna la quindicesima catechesi.
3. Rito del lucernario. Apre la "convivenza" di tre giorni che conclude le sedici catechesi introduttive. Altre celebrazioni della Parola ritmano questi stessi giorni e ritmeranno, settimanalmente, il prosieguo del Cammino.
PRECATECUMENATO
4. Primo scrutinio. Segna il termine di questa seconda fase, la cui durata è di almeno due anni.
PASSAGGIO AL CATECUMENATO
5. "Shemà". In ebraico: ascolta. È il rito che celebra l'accoglienza della Parola di Dio.
6. Secondo scrutinio. Conclude il biennio di questa terza fase. Chi lo compie rinuncia a ricchezze personali anche cospicue, rimesse alla comunità.
CATECUMENATO
7. Consegna del Salterio. Cioè del libro dei salmi.
8. Traditio Symboli. Cioè la consegna del "Credo".
9. Redditio Symboli. Cioè la confessione pubblica della propria fede, appresa col "Credo".
10. Consegna del Padre Nostro. È il rito che introduce il terzo anno di questa quarta fase.
ELEZIONE
11. Libro della vita. Scrivendo il proprio nome in questo libro, il neocatecumenale apre i due anni di questa quinta e ultima fase del Cammino.
12. Rinnovo delle promesse battesimali. È l'approdo del Cammino. Il rito è compiuto durante la Veglia pasquale, che si prolunga fino all'alba e si conclude con un banchetto.

Noto che non c'è cenno del ri-battesimo al Giordano, il rito finale finora avvolta nel mistero più fitto. Comunque la cosa da far notare e che non emerge dallo scarno elenco e che sono i contenuti. Chiedo a Michela la cortesia di darci la esatta integrazione e qualche osservazione su questo elenco, che in qualche dettaglio non mi torna.

La notazione principale da aggiungere è che tutte queste 'strane' prassi dense anche di suggestioni giudaiche e giudaizzanti sono e restano "segrete" e presentano anche rischi per la persona e anomalie di cui è costellato il nostro blog e il sito. E su questo sembra si sia sorvolato ... Ci sarebbe molto ancora da aggiungere per fare una sintesi più completa. Ma partiamo da qui e andiamo avanti, nell'amara consapevolezza che, se anche il diploma è quello che non si aspettavano, il placet papale - i cui distinguo sono finora rimasti lettera morta  e nulla lascia pensare che non continueranno ad esserlo - non rappresenta altro che l'ennesimo grimaldello che ha consentito al Cnc di arrivare indisturbato e con ponti d'oro fin qui...

Aggiornamento: Noto che una efficace sintesi l'ha fatta Jonathan e quindi la trascrivo:
Dunque, traducendo in parole povere, è stato approvato in modo specifico quanto era già contenuto e approvato nel direttorio, salvo la liturgia. Questa eccezione è stata posta in evidenza dal Papa, e riconosciuta dallo stesso Magister, che ringrazio sentitamente. E’ un po’ come la Sacra Sindone: il negativo è più chiaro del positivo. Restando nella metafora, questo decreto evidenzia quanto non è approvato.

La situazione della questione nc resta quindi sostanzialmente invariata, con in più qualcosa di buono e qualcosa di brutto. Il buono è nelle parole del Papa. Il brutto, a parte che nessuno lo ascolta, è che altre famiglie sono state inviate. E non sapremo mai come, perché, che fine fanno, che frutti producono, che dolore producono, che sciocchezze pseudo-dottrinali raccontano.

Questo delle famiglie che partono dietro una supposta vocazione collettiva è il fiore all’occhiello del cn, che convince di solito un po’ tutti, anche i detrattori: che coraggio, che fede, ecc. Ma invece, anche tacendo gli effetti collaterali sui figli e sugli equilibri familiari, anche tacendo il discorso economico anch’esso denso di oscurità mai chiarite, questa ‘vocazione’ resta, a mio avviso ovviamente, anomala rispetto al pensiero della Chiesa sull’argomento vocazione e sulla missione peculiare della famiglia e dei genitori. Tema difficile, complesso che il cn tratta e bistratta con terribile e arrogante superficialità.

domenica 22 gennaio 2012

UN BREVISSIMO INTERMEZZO DI RIFLESSIONE...


...dopo il 20 gennaio 2012, con la consegna del " Decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel 'Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale', che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede "...dopo l'approvazione della messa neocatecumenale già esplicitamente contenuta nello Statuto Neocatecumenale, approvato due anni fa... essendo dunque ormai divenuta 'patrimonio ecclesiale' anche la prassi neocatecumenale dei "passaggi", degli "scrutini", delle ' decime' e dei relativi riti...


...vinta che fu la guerra... er Pastorello,
doppo d'avè sonato la zampogna,
strillò co tutta l'anima: - Bisogna
ch'ogni leone ridiventi agnello
e ritorni tranquillo a casa mia
ne l'interesse de la fattoria.-

Ma quelli j'arisposero:-Stai grasso!
Oramai, caro mio, se semo accorti
d'esse animali coraggiosi e forti
e no bestiole da portasse a spasso!
Dunque sta' attent'a te, chè d'ora in poi
li padroni der campo semo noi!

(Trilussa)

sabato 21 gennaio 2012

".... con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino"...Ma la "messa neocatecumenale" NON E' STATA APPROVATA!


Si sta instaurando una vulgata sull'unico "appiglio" che concede il Discorso del Santo Padre.

Quello che è accaduto in questi ultimi tempi, che precedono e che seguono l' "evento" del Cammino NeoCatecumenale, è quello che si può definire "propaganda".

Cantuale Antonianum è intervenuto a rimettere un po' d'ordine nelle posizioni che si sono accavallate in due diversi versanti, quello esaltatorio e quello critico-radicale del CnC. Si è instaurata una vulgata: sarebbe stata approvata la "Liturgia" Nc! Incredibile quanto il capovolgimento della realtà di fatto possa essere attuato in nome dell'ideologia!!! NEI FATTI, non solo non è stata approvata la "Liturgia" Nc, ma men che meno la Santa Messa!!!

Dunque, quali sarebbero queste "particolarità" approvate per le Messe celebrate PER il Cammino? Vediamo lo Statuto:

Articolo 13

Comma 3. Nella celebrazione dell’Eucaristia nelle piccole comunità si seguono i libri liturgici approvati del Rito Romano, fatta eccezione per le concessioni esplicite della Santa Sede (49)

Nota 49:
Cfr. BENEDETTO XVI, Discorso alle Comunità del Cammino Neocatecumenale del 12 gennaio 2006: Notitiae 41 (2005) 554-556; CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, Lettera del 1° dicembre 2005: Notitiae 41 (2005) 563- 565; Notificazione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sulle celebrazioni nei gruppi del Cammino Neocatecumenale, in L’Osservatore Romano, 24 dicembre 1988: «la Congregazione consente che tra gli adattamenti previsti dall’Istruzione Actio pastoralis, nn. 6-11, i gruppi del menzionato “Cammino” possano ricevere la comunione sotto le due specie, sempre con pane azzimo, e spostare, “ad experimentum”, il rito della pace dopo la Preghiera universale».

In sintesi le "particolarità" son le seguenti:

1. Comunione sotto le due Specie;
2. Spostamento del rito della Pace.

BASTA!

In ultimo c'è un "indulto", che è il seguente:

"Per quanto concerne la distribuzione della Santa Comunione sotto le due specie, i neocatecumeni la ricevono in piedi, restando al proprio posto."

Questo "indulto" si applica nelle "celebrazioni per le piccole comunità", le quali hanno luogo (ovvero si TENGONO, si verificano) secondo le regole e le disposizioni del Vescovo Diocesano, come da Statuto e come ricordato dal Santo Padre. Il quale ha RIBADITO a questo riguardo le NORME DA LUI DIRAMATE nella lettera citata nella nota 49, che CORREGGE e non approva (capito Tornielli? Anche lei, forse si è dimenticato, ha commentato quel documento esattamente per quello che è: una correzione!) la Messa che veniva (e viene) celebrata nel CnC! Quali norme? Quelle che impongono alle comunità di partecipare alla Messa DOMENICALE della Parrocchia, di seguire in tutto i Libri Liturgici e di integrarsi!

Altro che "approvazione"!

PASSIO CHRISTI, ECCLESIAE PASSIO


In questo momento "oscuro" della storia della Chiesa, ci possono soccorrere solo le parole che attingono alla Sorgente di una Tradizione viva e fedelmente custodita. E' per questo che oggi vi propongo, come diagnosi della situazione e nutrimento spirituale le parole di un Maestro Fedele, che stralcio da un intervento recente di Mons. Gherardini, che parte da un esame dei testi di Romano Amerio, un'altra vigile sentinella:
Passio Christi, Ecclesiae passio:
[...]
2 - Le “Stazioni” - Amerio, a quanto pare, non parla di “passione”. L'idea che prende in esame è quella della “crisi”, da lui analizzata nella sua natura, nei suoi contesti e nelle sue conseguenze. Io pure -che non chiudo gli occhi davanti alla persecuzione cruenta - son dell'avviso che la passio Ecclesiae sia oggi la perdurante continuità d'una crisi iniziata in modo speciale dall'Illuminismo e ingigantita dalla “desistenza” secolare di chi avrebbe dovuto combatterla. Una crisi polimorfa, che Amerio descrive specialmente nei due primi capitoli, tenendola però presente in tutto il complesso degli altri. Una crisi che non ha nulla in comune con il meschino tentativo di chi, per nasconderne pericolosità e virulenza, la qualificò come “crisi di crescenza”, quasi a sottrarre da sicura e doverosa condanna sia l'accennata “desistenza”, sia il conseguente «disorbitare della Chiesa dal suo fine primario». La crisi fu scatenata e poi fin al presente mantenuta ora sotto la cenere, ora a livelli d'incandescenza, quando forze latenti, ma aggressive, polemiche, centrifughe e soprattutto potenti, apriron le porte del santuario allo spirito del secolo, sostituendo l'uomo a Dio, “l'ubi consistam” spazio-temporale all'escatologia cristiana, il pirronismo [lo scetticismo, i dubbio sistematico, non quello sano che spinge a chiarire e approfondire -ndR] alla certezza, il pluralismo all'Una Sancta, il disfacimento del costume alla virtù.

Fin dagli anni del Vaticano II ma soprattutto durante il cinquantennio del postconcilio si soppresse l'antagonismo Chiesa-mondo; si inneggiò ad un cristiano maturo non più in stretta collisione con i pericoli del secolo, ma a braccetto con essi; si chiuse l'era paradossalmente angusta della cristianità cattolica, per aprir quella indiscriminata e vaga del “popolo di Dio”; si ribaltò di sana pianta la base giustificativa del Sillabo e della Pascendi, aprendo ingenuamente a quel liberalismo ed indifferentismo e relativismo e modernismo che quei documenti fronteggiavano; si stravolse l'in-sé della Chiesa e della vita cristiana, affossando il soprannaturale nel magma del naturalistico, del razionalistico, dello storicistico, dell'immediato ed immediatamente disponibile [e sciaguratamente sperimentabile], tutto risolvendo in una Weltanschauung che, alle classiche virtù teologali, cardinali e morali, sostituiva i valori della spontaneità della libertà, del sentimento, dell'aperturismo a buon mercato. Nasceva, e in breve furoreggiò, un Cristianesimo umanitario, quello del buonismo acritico e superficiale, del dialogo, della condivisione, dell'aperturismo in ogni direzione, senza preoccupazioni dogmatiche etiche disciplinari, all'insegna anzi di quel “circiterismo” [pressappochismo] che Amerio riprende da Giordano Bruno per indicare ogni disinvolto embrasson-nous, perfino nel caso non raro di un amplesso letale. A ciò s'aggiunga l'allentamento della disciplina penitenziale, la crisi dell'obbedienza, la deformazione dialogica dell'apostolato kerigmatico, la degradazione del sacro nel secolare e della communio in una sequela senza fine di sfide. Sì, la crisi non poteva esser meno eversiva né meno pervasiva di com'è stata.

A mio giudizio resta difficile capire perché, pur avendo della crisi una conoscenza diretta ed obiettiva, non si sia corsi ai ripari. Paolo VI, il 7 settembre 1968, rilevò «l'ora inquieta d'autocritica, si direbbe d'autodemolizione» e «di rivolgimento assoluto» che la Chiesa stava vivendo. Celebre è rimasto il suo accenno del 30 giugno 1972 al «fumo di Satana» insinuatosi «nel tempio di Dio». Ed il 18 luglio 1975, inutilmente gridò il suo «basta con il dissenso alla Chiesa. Basta con una disgregatrice interpretazione del pluralismo... Basta con la disobbedienza qualificata come libertà». Tanto inutilmente, che il suo successore, il 7 febbraio del 1981, si disse costretto ad ammettere «realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità» lo sbandamento dei fedeli conseguente a «vere e proprie eresie in campo dogmatico e morale», alla manomissione della Liturgia, al relativismo, al permissivismo, al sociologismo e ad un illuminismo che spiana la via all'invadenza dell'ateismo.
Non meno incisiva né meno drammatica è la denuncia della crisi ecclesiale, con cui Papa Benedetto XVI tenta di scuoter le addormentate coscienze. Era ancora cardinale quando firmò la Via Crucis del 2005, che pose all'attenzione del mondo la «sporcizia... la superbia, l'autosufficienza e la mancanza di fede» fra gli uomini di Chiesa, nonché la Chiesa stessa nella condizione d'una «barca che fa acqua da tutte le parti». Pochi mesi dopo, da Papa, riprese con forza maggiore un suo vecchio discorso su «la dittatura del relativismo», causa prima della secolarizzazione montante, e sul relativismo insiste ancor oggi. Ma “le stelle stanno a guardare”.

3 - Per una conclusione - Lungi da me il segnar a dito le “stelle” che “stanno a guardare”: non ho la vocazione a far il cane da guardia. Ma nemmeno ho gli occhi così bendati da non vedere e non capire.

Vedo e capisco sia il dramma d'una Chiesa nella morsa d'una contraddizione storica, contro la quale occorre, e subito, impegnarsi a fondo; sia la ragione, quasi metafisica, che almeno in parte sottrae quel dramma al nostro intervento.

Quanto di quel dramma -e non è una misura da poco- è dovuto
  • ad incuria,
  • o ad un abbassamento della guardia;
  • o ad una compiacente strizzatina d'occhi all'“inimicus homo” (Mt 13, 25.39),
  • o ad una desistenza dal dovere della fedeltà e della testimonianza;
  • o ad un colpevole rimescolamento delle carte fra il e il no, per fare scomparire del tutto la discriminante tra il bene e il male;
  • o al “circiterismo” [pressappochismo, superficialità] pasticcione e confuso di gran parte della teologia contemporanea, la cui sola unità di misura sembra l'abbandono della Tradizione e quindi della linfa che alimenta la vita ecclesiale;
  • o ad una burbanzosa autosufficienza che inalbera la coscienza del singolo o di gruppi particolari a giudice supremo della legge di Dio, sia naturale che rivelata e della Chiesa interpretata e proposta;
quanto -insomma- è dovuto a tutto questo e ad altro ancora, non ha diritto di cittadinanza nella “città di Dio”, essendo antitetico alla costituzione e alla vita di essa. Di tutte queste storture e devianze e ribellioni s'intesse, sì, la passio Ecclesiae, ma è una passione che non s'identifica mistericamente con quella di Cristo, non arricchisce e non dilata la Chiesa come il sangue dei martiri. La mortifica, anzi la strozza, le rifila l'aria che dovrebbe respirare, la riduce al rantolo. Contro questa passio, pertanto, occorre prender posizione, essa va neutralizzata, e l'unica maniera per farlo è quella d'una fedeltà a tutta prova: la fedeltà dei santi.

Ho peraltro accennato, poco sopra, ad una causa quasi metafisica della passio Ecclesiae ed irriducibile per questo ad uno qualunque dei comportamenti umani. Essa nasce dalla sacramentale identità del Cristo fisico e del Cristo mistico e prolunga l'epopea del Golgota nel tempo del già e non ancora: la Chiesa è per questo il Christus patiens. Gli aggettivi “sacramentale” e “misterico”, cui faccio ricorso per qualificare l'identificarsi della Chiesa in Cristo e di Cristo nella Chiesa, portan il discorso sul piano dell'analogia, ancorché ontologicamente fondata. Non si tratta, infatti, di una identità assoluta, ma d'una continuità che il linguaggio dei Padri e della liturgia definisce in mysterio, e quindi di una repraesentatio della Chiesa come continua Christi incarnatio. In particolare d'un rapporto che riproduce nella Chiesa una cristoconformità tale da conferirle quella medesima “immagine del Dio invisibile” che Col 1,15 predica del Verbo incarnato ed in base alla quale la Chiesa ha, del Verbo incarnato, la forma storica d'un amore che si dona fino al sacrificio supremo di sé. La detta repraesentatio non è, dunque, una rappresentazione, se mai è una “ri-presentazione”, o meglio un'assimilazione di due soggetti fin al loro sacramentale ed unificante incontro. Sta qui la ragione per la quale la Chiesa è il Christus patiens, non il Christus passus: rivive nell'attimo che fugge la realtà stessa del Redentore, del Mediatore unico tra Dio e gli uomini, del Rivelatore fedele e qui si radica l'espressione “fuori della Chiesa non c'è salvezza”, oggi superficialmente contestata.

Commossi, pertanto, fin alle lacrime, ci mettiamo nelle braccia di questa chiesa, per aver accesso, attraverso la sua stessa passio, alla passio salvifica di Cristo.

venerdì 20 gennaio 2012

Non è vero che la messa di Kiko è stata approvata

ATTENZIONE: NON È VERO CHE LA MESSA DI KIKO È STATA APPROVATA...

ATTENZIONE A CHI HA MESSO I TITOLI DI GIORNALE FALSI

Papa Benedetto XVI non ha approvato la messa di Kiko. Ecco le sue parole ALL'UDIENZA DI STAMANI:
Poco fa vi è stato letto il Decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel "Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale", che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede. E’ un altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae.
Anche dal resto delle parole del Papa leggibili nel discorso riportato nel thread precedente, il Papa lascia all'interno del Cammino le loro prerogative ma nella Parrocchia la Messa è quella che celebra il Papa, il Vescovo.

Il Papa cita di nuovo la fatidica "lettera di Arinze" sulla liturgia neocatecumenale: «La celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai Libri liturgici, che vanno seguiti fedelmente, e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino...»

Le "particolarità" sono l'obbligo di alzarsi in piedi alla Comunione e lo spostamento del segno della pace al momento dell'offertorio. Insistiamo a ricordare che "particolarità" non significa "abusi liturgici". Il Papa ha ripetuto chiaro e tondo le sue «decisioni» del 2005: la celebrazione eucaristica deve seguire fedelmente i Libri Liturgici.

E' vero che la montagna ha partorito il criceto, ma una invasione incontrollata di criceti - sostenuti dalla notizia di una inesistente "approvazione" - può fare molti danni.

La montagna ha partorito il criceto...E cosa avverrà ora della Parola del Papa?

Cari fratelli e sorelle,

anche quest’anno ho la gioia di potervi incontrare e condividere con voi questo momento di invio per la missione. Un saluto particolare a Kiko Argüello, a Carmen Hernández e a Don Mario Pezzi, e un affettuoso saluto a tutti voi: sacerdoti, seminaristi, famiglie, formatori e membri del Cammino Neocatecumenale. La vostra presenza oggi è una testimonianza visibile del vostro gioioso impegno di vivere la fede, in comunione con tutta la Chiesa e con il Successore di Pietro, e di essere coraggiosi annunciatori del Vangelo.
Nel brano di san Matteo che abbiamo ascoltato, gli Apostoli ricevono un preciso mandato di Gesù: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28, 19). Inizialmente avevano dubitato, nel loro cuore c’era ancora l’incertezza, lo stupore di fronte all’evento della risurrezione. Ed è Gesù stesso, il Risorto – sottolinea l’Evangelista – che si avvicina a loro, fa sentire la sua presenza, li invia ad insegnare tutto ciò che ha comunicato loro, donando una certezza che accompagna ogni annunciatore di Cristo: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20). Sono parole che risuonano forti nel vostro cuore. Avete cantato Resurrexit, che esprime la fede nel Vivente, in Colui che, in un supremo atto di amore, ha vinto il peccato e la morte e dona all’uomo, a noi, il calore dell’amore di Dio, la speranza di essere salvati, un futuro di eternità.
In questi decenni di vita del Cammino un vostro fermo impegno è stato di proclamare il Cristo Risorto, rispondere alle sue parole con generosità, abbandonando spesso sicurezze personali e materiali, lasciando anche i propri Paesi, affrontando situazioni nuove e non sempre facili. Portare Cristo agli uomini e portare gli uomini a Cristo: questo è ciò che anima ogni opera evangelizzatrice. Voi lo realizzate in un cammino che aiuta a far riscoprire a chi ha già ricevuto il Battesimo la bellezza della vita di fede, la gioia di essere cristiani. Il “seguire Cristo” esige l’avventura personale della ricerca di Lui, dell’andare con Lui, ma comporta sempre anche uscire dalla chiusura dell’io, spezzare l’individualismo che spesso caratterizza la società del nostro tempo, per sostituire l’egoismo con la comunità dell’uomo nuovo in Gesù Cristo.
E questo avviene in un profondo rapporto personale con Lui, nell’ascolto della sua parola, nel percorrere il cammino che ci ha indicato, ma avviene anche inseparabilmente nel credere con la sua Chiesa, con i santi, nei quali si fa sempre e nuovamente conoscere il vero volto della Sposa di Cristo.
E’ un impegno - lo sappiamo - non sempre facile. A volte siete presenti in luoghi in cui vi è bisogno di un primo annuncio del Vangelo, la missio ad gentes; spesso, invece, in aree, che, pur avendo conosciuto Cristo, sono diventate indifferenti alla fede: il secolarismo vi ha eclissato il senso di Dio e oscurato i valori cristiani. Qui il vostro impegno e la vostra testimonianza siano come il lievito che, con pazienza, rispettando i tempi, con sensus Ecclesiae, fa crescere tutta la massa. La Chiesa ha riconosciuto nel Cammino un particolare dono che lo Spirito Santo ha dato ai nostri tempi e l’approvazione degli Statuti e del “Direttorio Catechetico” ne sono un segno. Vi incoraggio ad offrire il vostro originale contributo alla causa del Vangelo.
Nella vostra preziosa opera ricercate sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con i Pastori delle Chiese particolari, nelle quali siete inseriti: l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono una importante testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo.
Care famiglie, la Chiesa vi ringrazia; ha bisogno di voi per la nuova evangelizzazione. La famiglia è una cellula importante per la comunità ecclesiale, dove ci si forma alla vita umana e cristiana. Con grande gioia vedo i vostri figli, tanti bambini che guardano a voi, cari genitori, al vostro esempio. Un centinaio di famiglie sono in partenza per 12 Missioni ad gentes. Vi invito a non avere timore: chi porta il Vangelo non è mai solo.
Saluto con affetto i sacerdoti e i seminaristi: amate Cristo e la Chiesa, comunicate la gioia di averLo incontrato e la bellezza di avere donato a Lui tutto. Saluto anche gli itineranti, i responsabili e tutte le comunità del Cammino. Continuate ad essere generosi con il Signore: non vi farà mancare la sua consolazione!
Poco fa vi è stato letto il Decreto con cui vengono approvate le celebrazioni presenti nel “Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale”, che non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte dell’itinerario di crescita nella fede.
E’ un altro elemento che vi mostra come la Chiesa vi accompagni con attenzione in un paziente discernimento, che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e all’armonia dell’intero Corpus Ecclesiae.Questo fatto mi offre l’occasione per un breve pensiero sul valore della Liturgia. Il Concilio Vaticano II la definisce come l’opera di Cristo sacerdote e del suo corpo che è la Chiesa (cfr Sacrosanctum Concilium, 7).

A prima vista ciò potrebbe apparire strano, perché sembra che l’opera di Cristo designi le azioni redentrici storiche di Gesù, la sua Passione, Morte e Risurrezione. In che senso allora la Liturgia è opera di Cristo? La Passione, Morte e Risurrezione di Gesù non sono solo avvenimenti storici; raggiungono e penetrano la storia, ma la trascendono e rimangono sempre presenti nel cuore di Cristo. Nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo Risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso Mistero pasquale, per la nostra salvezza; ci attira in questo atto di dono di Sé che nel suo cuore è sempre presente e ci fa partecipare a questa presenza del Mistero pasquale. Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della Liturgia, l’entrare nella presenza del Mistero pasquale, è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è un unico soggetto con Cristo – Christus totus caput et corpus – dice sant’Agostino. Nella celebrazione dei Sacramenti Cristo ci immerge nel Mistero pasquale per farci passare dalla morte alla vita, dal peccato all’esistenza nuova in Cristo.
Ciò vale in modo specialissimo per la celebrazione dell’Eucaristia, che,essendo il culmine della vita cristiana, è anche il cardine della sua riscoperta, alla quale il neocatecumenato tende. Come recitano i vostri Statuti,“L’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccola comunità” (art. 13 §1).
Proprio al fine di favorire il riavvicinamento alla ricchezza della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata, i neocatecumenali possono celebrare l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi Vespri della domenica, secondo le disposizioni del Vescovo diocesano (cfr Statuti, art. 13 §2).

Ma ogni celebrazione eucaristica è un’azione dell’unico Cristo insieme con la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro che appartengono a questa sua Chiesa. Questo carattere pubblico della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa locale (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 26).

La celebrazione nelle piccole comunità, regolata dai Libri liturgici,che vanno seguiti fedelmente, , e con le particolarità approvate negli Statuti del Cammino, ha il compito di aiutare quanti percorrono l’itinerario neocatecumenale a percepire la grazia dell’essere inseriti nel mistero salvifico di Cristo, che rende possibile una testimonianza cristiana capace di assumere anche i tratti della radicalità. Al tempo stesso, la progressiva maturazione nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e per la quale si attua il Neocatecumenato (cfr Statuti, art. 6), la sua forma ordinaria.
Ma anche durante il cammino è importante non separarsi dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo (cfr 1 Cor 10, 16s).
Coraggio! Il Signore non manca di accompagnarvi e anch’io vi assicuro la mia preghiera e vi ringrazio per i tanti segni di vicinanza. Vi chiedo di ricordarvi anche di me nelle vostre preghiere. La Santa Vergine Maria vi assista con il suo sguardo materno e vi sostenga la mia Benedizione Apostolica, che estendo a tutti i membri del Cammino. Grazie!

In attesa... poi vedremo.


Non immaginando cosa potrà accadere oggi ed in attesa di conoscerlo e valutarlo, inserisco questa riflessione vergata da "Nicodemo", perché mi pare condensi perfettamente il nostro stato d'animo attuale, di attesa e anche di ti timore, conoscendo i nostri interlocutori (beh, almeno per definizione se non in realtà) e chi li "appoggia".

Nel frattempo, nell'ipotesi di approvazione non tanto della sincretistica liturgia serotina del sabato (sembrerebbe impossibile che il Papa possa sconfessare se stesso), quanto dei "riti di passaggio", che si dicono oggetto dell'approvazione, continuo a chiedermi se di essi facciano parte anche gli scrutini segreti, per lo svuotamento del falso concetto di sé e di Dio (!?), la "lavanda dei piedi": stesse parole ma significato e contenuto completamente diversi), la "Cena dell'Alleanza", e potrei continuare. Ma non abbiamo che da aspettare. E non posso non chiedermi ancora cos'hanno di cattolico le prassi e i simboli che caratterizzano questi comportamenti che, purtroppo, sembrano invadere sempre più la Chiesa di Cristo, facendone qualcosa d'"altro"...
La Chiesa è sicuramente guidata dallo Spirito Santo quando impegna tutta la Sua autorità magisteriale: sia nell'insegnamento ordinario (quello "di sempre") sia in quello straordinario (quando definisce dogmaticamente). Non altrettanto, sicuramente, quando approva "a rate" (è almeno dal 2002 che sento annunciare trionfalmente qualche "approvazione" che viene propagandata come "definitiva"). E non si tratta di approvazioni con "bolle papali" (come per es. l'approvazione della Regola di San Francesco), ma mediante pontifici consigli o congregazioni, e a movimenti che non raccontano tutta la verità, anzi che mentono spudoratamente (almeno così mi è sembrato di capire leggendo i numerosi interventi dei kikini su questo e altri blog). Insomma queste "approvazioni" hanno una nota teologica "molto Bassa"... pari alle "soppressioni" dell'ordine dei templari o dei gesuiti, cause di sofferenze inenarrabili. Eppure erano atti "autentici" di governo ecclesiastico supremo. Chi avrebbe, oggi, il coraggio di dire che erano ispirati dallo Spirito Santo? Al massimo "permessi" per un misterioso fine, che non ci è dato di conoscere, ma che potrebbe essere anche un "castigo" per tutti i cristiani.

lunedì 16 gennaio 2012

Liturgia: padre Zoffoli risponde

Riportiamo qui sotto l'articolo La liturgia nel Cammino Neocatecumenale comparso sul numero di settembre 1993 della rivista Il segno del soprannaturale (pp. 10-15), evidenziando alcuni passi. Nel testo la parola "autore" è abbreviata con "A.".


Segno - Dossier: in difesa dell'Eucaristia

La liturgia nel Cammino Neocatecumenale

Osservazioni critiche all'articolo "La liturgia nel Cammino Neocatecumenale" di Ernesto Teodoro, pubblicato su Rivista di Pastorale Liturgica.

Alludo all'articolo di Ernesto Teodoro, apparso in due puntate su Rivista di Pastorale Liturgica (ed. Queriniana, Brescia, marzo-aprile 1993, pp. 62-71 e maggio-giugno 1993, pp. 64-73). Nella prima si rivelano gli "aspetti positivi", nella seconda quelli "problematici" del Cammino.

Bisogna essere grati all'A. di aver osato indicare le ombre di certa prassi liturgica di cui i neocatecumenali sono orgogliosi, e di condividere alcune riserve fatte dal Papa, dal card. Martini, dall'Episcopato Piemontese, Lombardo, Umbro, Veneto (iv. II, pp. 64-5).

Seguono personali "lagnanze" dell'A., che nel paragrafo dedicato alle "questioni di fondo" risultano particolarmente serie, giustificate. È la prima volta che mi capitava di leggerle: pur non essendo un liturgista, le ho fatte mie, soprattutto quando le novità liturgiche del Cammino arrivano ad offendere il dogma.

Però, tutto sommato, il giudizio di E.T. è più che benevolo sia perché, nella prima parte dell'articolo, crede di poter apprezzare alcuni "aspetti positivi", sia perché, nonostante "le difficoltà enumerate e le revisioni auspicate", il suo "giudizio liturgico globale sul Cammino sembra positivo..." (iv., p. 73).

Non sono del tutto d'accordo. E il mio dissenso è motivato dal fatto che l'A. non mostra di preoccuparsi quanto avrebbe dovuto delle deviazioni dottrinali sottese nella liturgia del Cammino... Non basta distinguere la liturgia dalla teologia quando l'una minaccia seriamente di sovvertire l'altra, contro il principio che fa derivare la "lex orandi" dalla "lex credendi". "La legge della fede - ricorda Pio XII - deve stabilire la legge della preghiera" (Med. Dei, 40).

Ed è fin troppo sintomatico che nessuna delle Conferenze Episcopali Italiane, nelle riserve finora fatte, non abbia lasciato neppure trapelare il sospetto che il Cammino avanzi sul vuoto di premesse dogmatiche gravemente errate.

E.T. informa che "esistono volumi dattiloscritti che riportano catechesi di Kiko e Carmen e che vengono usati dai catechisti. Il più noto, ma non pubblicato, sono le catechesi iniziali databili agli anni '70 e '80" (iv., I, p. 63, nota 3).

L'informazione è importantissima anche perché risponde (e previene) l'obiezione ormai noiosa di chi dubita dell'autenticità di quei dattiloscritti, del resto confermata - a me personalmente - da autorevoli dirigenti del Cammino Neocatecumenale. Mi resta soltanto da chiedere all'A. se abbia letto le "catechesi" di Kiko-Carmen; e se, avendole lette, non vi abbia ravvisato "le eresie" da me rilevate in alcune mie pubblicazioni (cf. Eresie del Movimento Neocatecumenale, V ed. 1992; Magistero del Papa e Catechesi di Kiko, 1992).

Dispiace che, dall'insieme delle sue osservazioni critiche, ciò non risulta, anche se E.T. riconosce che "in più d'un punto il confronto tra il linguaggio della tradizione e quello del Cammino non è esatto e solleva problemi che vanno affrontati" (iv., II, p. 65, nota 3). Il giudizio tuttavia è piuttosto riduttivo ed espresso in termini che falsano la posizione da me sostenuta in base ad un'accurata e coscienziosa analisi dei testi di Kiko-Carmen. Egli mi permetta di notare che è molto comodo pronunziarsi in modo così sbrigativo su di una controversia che sta impegnando numerosi gruppi di fedeli in Italia e fuori, come dimostra una vera valanga di testimonianze.

*** I ***
Riflettendo sulla nota dell'A. citata poc'anzi, non è difficile capire come egli la pensi. Mi riferisco ad una serie di note tutt'altro che elogiative, che mi lascerebbero indifferente, se non facessero capo al Mistero Eucaristico.

a) Citando, oltre il volume Magistero del Papa... e soprattutto l'altro La Messa è tutto (ed. Segno, Udine, 1993), E.T. afferma con una certa sufficienza che i miei "libri (...) esagerano nel dogmatismo" (iv. II, p. 65, nota 3). Spero di non essere pedante, ma non posso astenermi dall'osservare che non è possibile esagerare, nel dogmatismo, se, questo è già per se stesso un'esagerazione in quanto, essendo l'antitesi del "criticismo", è proprio di chi vanta una certezza priva di ragioni serie che la fondino...; certezza quindi ingenua, acritica, illusoria. Ora, non ritengo sia tale anche la certezza del credente in una Rivelazione proposta con definizioni infallibili e irreformabili dal Magistero, soprattutto se riferite al Mistero Eucaristico, che riassume tutti i dogmi. "Dogmatica" anche la Chiesa?... Scettici, agnostici, storicisti, non cessano di ripeterlo, ma non certo un "cattolico" come E.T.

Può egli indicare qualche mia affermazione acriticamente formulata, come potrebbe essere quella di un qualunque sprovveduto anche se zelante e ben intenzionato? Forse conviene con certi teologastri che, secondo L. Giussani, "non sopportano che qualcuno abbia delle certezze, per cui bisognerebbe essere sempre «in ricerca»..."? Mi auguro di no, altrimenti sarebbe inutile continuare a discutere.

b) L'A. osserva che i miei scritti "ignorano la teologia liturgica" (iv.)

Rispondo che non ho mai avuto intenzione di fare della "liturgia", specie se avulsa dal dogma, ma d'interessarmi principalmente di una "teologia" che, derivata dalla Parola di Dio, interpretata dalla Chiesa, contiene le uniche premesse capaci di fondarne il culto... Ne ho sentito sempre il bisogno per me e per la gente, che oggi partecipa pochissimo e male alla nostra liturgia perché ha perduto la fede, o almeno ha idee confuse ed errate intorno al Ministero cristiano... Una "teologia liturgica" che subordinasse il dogma al culto, la verità alla preghiera, l'essere-in-sé-del-Dio-Vivente all'atteggiamento della creatura, sarebbe qualcosa di insopportabilmente ridicolo e assurdo.

c) I miei scritti, secondo l'A., "soffocano l'Eucaristia in dimensioni troppo personali, devozionali, teologico-speculative" (iv.).

È il "punctum dolens", sul quale tornerò nella terza parte dell'articolo. Per ora mi limito ad alcuni rilievi, cominciando dal chiedermi come l'Eucaristia possa essere soffocata "in dimensioni troppo personali". È un modo di esprimersi molto discutibile. Che l'Eucaristia riguardi la vita del Corpo Mistico (come il Vaticano II sottolinea più volte: PO 5,6; AG 39; LG 3) in quanto celebrazione del Sacrificio di Cristo e consumazione del suo Corpo immolato e del suo Sangue sparso che a tutti offre una "mensa" quale preludio di vita eterna, è certissimo perché verità di fede divina e cattolica...

Ma ciò non vieta di pensare che tutto, in ultima analisi, stando alle finalità dell'istituzione del Sacramento, si risolve in un incontro d'amore tra l'anima e il Cristo assolutamente personale... Incontro così intimo da far dichiarare solennemente al Signore: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in Me e Io in lui...". E: "Colui che mangia di Me, vivrà per Me", in quanto fa propria la sua vita: quella medesima che il Verbo ha in comune col Padre (Gv 6,56s).

Non si riflette mai abbastanza che nell'ambito della grazia - che è appunto quello della partecipazione della creatura alla vita di Dio - la "persona" non si oppone né limita il respiro della "comunità"... Ed anzi, più la vita è personale, più è comunitaria, se è certo che soltanto la persona, assimilando il divino, si divinizza e, divinizzandosi, trascende tutti i confini della creatura, e si apre al punto di riversarsi, comunicarsi e favorire in grado eminente la circolazione della vita in tutti i membri del Corpo Mistico. Se l'interiorità è ricchezza, non si potrà mai esagerare nell'insistere sull'assimilazione o personalizzazione del Mistero, non essendoci altra via per aprirsi a tutti, raggiungere i lontani.

Dunque, quanto nelle nostre "liturgie" bersaglia i sensi, impressiona la fantasia, accende il sentimento sì da impedire ai fedeli di raccogliersi in Dio e comunicare intimamente col Cristo, distrae anche dal prossimo, dando soltanto l'illusione di una celebrazione comunitaria. Per stare insieme con gli altri, per capirli e amarli, è indispensabile che prima "si stia con Dio", perché soltanto Dio (l'Uno) unisce veramente; solo restando unite col Cristo-Capo, le "membra" possono restare unite fra loro nella vitale unità dell'intero Corpo.

d) mi si rimprovera di soffocare l'Eucaristia in dimensioni "troppo devozionali" (iv.). Ciò mi sorprende. E.T. può indicare qualche cenno o forma "devozionale" che, nei miei scritti, non sia raccomandata dalla Chiesa, almeno se per "devozione" s'intenda la partecipazione dei fedeli alla ineffabile ricchezza del Mistero? Non credo necessario trarne delle conferme dal cumulo immenso dei testi che il Magistero, da millenni, ha sempre offerto per alimentare la pietà eucaristida dei fedeli. E.T., da buon liturgista, dovrebbe conoscerli; ma penso di far cosa gradita ai lettori riferendo parte del discorso tenuto dal Papa ai fedeli irlandesi il 29 settembre 1979:
"... Vi incoraggio (...) ad altri esercizi di devozione (...), specialmente quelli che riguardano il Santo Sacramento. Questi atti di pietà onorano Dio e sono utili alla vostra vita cristiana: essi procurano gioia ai nostri cuori e ci aiutano a stimare di più il culto liturgico della Chiesa".

"La visita al Santissimo Sacramento è un grande tesoro della chiesa Cattolica: esso nutre l'amore sociale e ci offre la possibilità di adorare e di ringraziare, di riparare e di supplicare".

"La benedizione del Santissimo Sacramento, le Ore sante e le processioni eucaristiche sono altrettanti preziosi elementi della vostra eredità, in pieno accordo con gl'insegnamenti del Concilio Vaticano II...".

"Così, cari fratelli e sorelle, ogni atto di riverenza, ogni genuflessione che fate davanti al Santissimo Sacramento, è importante, perché è un atto di fede in Cristo, un atto di amore per Cristo. E ogni segno di Croce, ogni gesto di rispetto fatto ogni volta che passate davanti ad una chiesa è pure un atto di fede".

"Dio vi conservi questa fede, questa santa cattolica fede, questa fede nel santissimo sacramento...".
Ernesto Teodoro oserebbe rivolgere al Papa la stessa critica fatta a me, che del resto - come mostrerò subito- mi preoccupo soprattutto della fedeltà al dogma?

e) Sembra che egli non tolleri lo sforzo di intravedere qualcosa di credibile nel Mistero eucaristico, lamentando le "dimensioni troppo (...) teologico/speculative" della mia esposizione dottrinale.

Sinceramente comincio a sospettare che l'A. nutra segrete simpatie per la mentalità protestante ereditata da Kiko, che non sopporta la speculazione teologica, dimostrando di non essere affatto d'accordo con la Chiesa, la tradizione dei Padri ed un vero esercito di teologi. I limiti dell'articolo non mi consentono di citare tutti i documenti del Concilio a proposito della "scienza sacra", e assai meno quelli emanati dalla S. Sede in questi ultimi decenni.

Ora, una volta accettata la teologia come scienza, chi ignora che essa - la suprema di tutte, perché inseparabilmente associata alla metafisica - non può concludere nulla di certo se non "speculando"? Nel rimproverarmi di aver ecceduto nella "speculazione", E.T. mostra di non aver letto né -forse- capito i miei scritti, dove mi limito a riferire e a spiegare i termini essenziali del dogma, seguendo S. Tommaso, ossia obbedendo al Vaticano II: "Per illustrare quanto più possibile i misteri della salvezza, gli alunni imparino ad approfondirli e vederne il nesso per mezzo della speculazione, avendo S. Tommaso per maestro..." (OT 16).

Dove o in che modo mi sarei allontanato da queste direttive?

f) Ultimo elogio: io avrei peccato "d'ingenuità, accusando il Cammino di non avere finora «prodotto un solo santo canonizzabile dalla Chiesa cattolica»" (iv.).

Non occorre essere ingenui per attendersi dal Cammino qualche frutto di santità. Dopo la rinunzia ai propri beni, al termine di lunghi anni di istruzione impartita da Catechisti "ispirati", severi, intransigenti, penso che il Cammino neocatecumenale (benedetto e incoraggiato da Papi e Vescovi, seguito persino da religiosi, sacerdoti, parroci, data appunto la sua eccezionale carica di "ricristianizzazione" della vita) avrebbe dovuto formare - come già del resto l'Azione Cattolica - dei fedeli irreprensibili, da proporsi come esempi di virtù e morti "in odore di santità"... Veramente ingenua la mia attesa, ingiustificata la mia delusione?

Ma, forse, E.T. condivide anche in questo le convinzioni di Kiko, che non crede nella potenza rigeneratrice della grazia, ignora ed anzi riprova ogni impegno positivo decisamente volto a resistere alle proprie passioni, superare se stessi, realizzare la santità?...

È convinto anche lui che l'uomo, oltre a non potere fare alcun bene, può fare soltanto il male, per cui basterebbe riconoscerlo e credere nella virtù del Cristo Risorto per salvarsi?

Rinnega a tal punto la grande teologia dei rapporti tra natura e grazia, da rifiutarsi di accettare il senso più autentico della Redenzione operata da Cristo, secondo il solenne Magistero della Chiesa? È liberissimo. Ma, nel caso, se io sono un "ingenuo", egli - non si offenda - è un "miscredente", a cui non riconosco alcun diritto di parlare di liturgia cattolica, che suppone necessariamente ben diverse premesse di fede.

*** II ***
"Il senso antieucaristico" da me rimproverato al Cammino sembra che lasci indifferente l'A. ed anzi sia da lui condiviso. Tra parentesi, mi chiedo - se la mia supposizione non è infondata - quale valore possa avere una "liturgia cattolica" che si disinteressasse del "Sacramento" derivato dal supremo atto di culto, qual è appunto il Sacrificio eucaristico.

a) I miei dubbi non sono campati in aria, essendo motivati da alcuni suoi compiaciuti riferimenti al pensiero di Kiko-Carmen.

Così, tanto per incominciare, "il Cammino prende le distanze da una certa spiritualità eucaristica" (iv., I, p. 71). Da quale "spiritualità eucaristica" prende le distanze il Cammino? Stando ai ciclostilati di Kiko, la catechesi neocatecumenale non tollera la tradizione dei Padri della Chiesa, le definizioni dei Concili ecumenici (specialmente di quelle di Trento, che "il maestro" non digerisce); non accetta la dottrina vissuta da tutti i Santi della Controriforma, tenuta viva e propagata da numerosi Istituti religiosi, celebrata nei Congressi eucaristici, caldeggiata e difesa in tutti i toni da encicliche pontificie d'indiscutibile valore...

In breve: la spiritualità eucaristica che Kiko e Carmen rifiutano è precisamente quelle celebrata con insistente vigore dal Vaticano II. Chiunque, scorrendo l'indice generale dei documenti conciliari, può notare ben più di sessanta passi, dove la Chiesa la richiama, la raccomanda, la esalta... Perché E.T., informandone i lettori, non ha trovato nulla da biasimare nell'atteggiamento di quei "riformatori"?

b) Si ha l'impressione che egli sia d'accordo con Kiko, che con la solita sufficienza ride di chi ieri, oggi - e speriamo anche domani! - dice di andare a Messa "per comunicare e portarmi via Gesù Cristo nel cuore..." (iv. I, p. 68, nota 26). Quale intenzione più sublime potrebbe avere chi crede nella reale presenza di Cristo? "Presenza" che, nel Sacrificio eucaristico, scaturisce dal prodigio della "transustanziazione"?...

E.T. aggiunge che "questo significa minimizzare l'Eucaristia". MA non è appunto la Comunione che, realizzando il sublime incontro dell'anima con Dio, anticipa la beatitudine eterna, ossia il Fine ultimo di tutte le opere della grazia, di tutte le istituzioni e le liturgie di questo mondo? La redenzione compiuta per la mediazione espiatrice di cristo non si risolve forse nel conseguimento di quel Fine?... "La presenza di Gesù Cristo" può mai consistere in qualcosa di diverso?

Kiko non è d'accordo, e con lui, sembra, anche il nostro A.

Riferendosi a quella "presenza", egli dichiara: "È il carro di fuoco che viene a trasportarci verso la gloria, a passarci dalla morte alla risurrezione..." (iv.). Si stenta a credere: sembra voglia scherzare. In realtà il linguaggio è del tutto estraneo a quello fissato da sempre in tutti i documenti del Magistero e in base al quale la Chiesa Cattolica ha catechizzato il mondo. Qui Kiko, da buon pittore e cantautore, si lascia travolgere dall'impeto di una fantasia talmente sbrigliata da offendere la coscienza di tutti i credenti.

Cos'è questo "carro di fuoco"? Non basta accettare, gradire e lasciarsi trascinare dal Cristo in persona, venuto a "portare il fuoco sulla terra" (Lc 12, 49); precisamente, il "fuoco" del suo amore, capace di incendiare l'universo e assimilare tutti a Sé?... Perché ricorrere ad un'allegoria, quando "la vera, reale e sostanziale" presenza di Cristo è già per se stessa eloquentissima per tutti i fedeli?... (cf. Denz.-Sch., 1651).

c) Ma Kiko crede in quella "presenza"? Secondo lui essa è "reale", ma non sostanziale, ossia derivata dalla transustanziazione del pane nel Corpo di Cristo. La realtà della "presenza" in cui egli crede è soltanto quella della potenza irresistibile del Cristo Risorto, di cui il "pane consacrato" è simbolo. Pane, quindi, che in sé resta immutato quanto alla sua verità oggettiva, ontologica, contro solenni e ripetute definizioni di Papi e Concili...

Quanto al rifiuto del dogma eucaristico da parte di Kiko, rimando al mio volume (Magistero... pp. 52 ss.). Ma è opportuno notare che E.T. si compiace di sottolineare l'insofferenza del "maestro", citando una delle sue espressioni più blasfeme a proposito della "presenza sacramentale": "Se Gesù Cristo avesse voluto l'eucaristia per stare lì (nel tabernacolo), si sarebbe fatto presente in una pietra, che non va a male" (iv.).

Dunque, se Cristo, invece della "pietra" ha scelto "il pane", è segno che non aveva l'intenzione di stare nel tabernacolo; per cui sarebbe errato pensare ad una sua presenza in questo, almeno intesa nel senso sempre ccreduto e proposto dalla Chiesa Cattolica. Tanto vero che di fatto adorazione, visite, genuflessioni ed altro che riguardi il culto eucaristico non ha alcuna giustificazione secondo la liturgia neocatecumenale. La presenza di Cristo concepita da Kiko - come abbiamo osservato - è quella realizzata dal "carro di fuoco".

Ed ecco perché la tipica chiesa (?) del Cammino non riserva alcun luogo al "tabernacolo". In essa infatti figurano soltanto: la sede (immagine del "capo"), l'ambone (immagine della "bocca"), la mensa (immagine dello "stomaco"), il battistero (immagine dell'"utero"). Completa perciò la liquidazione dell'architettura sacra, quanto palese è la sua interpretazione ereticale del cCristianesimo.

d) Non esagero.

Nelle venti pagine del suo articolo E.T. parla di tutto, ma non si degna mai di nominare la transustanziazione, e assai meno il Sacrificio eucaristico, che la Chiesa presenta come "culmine e fonte di tutto il culto..." (Cod. di Dir. Can., 897). Questo silenzio è sintomatico, perché fa almeno sospettare che egli convenga con Kiko, che respinge sdegnosamente ogni idea del "sacrificio". Del resto, cita pure con malcelata compiacenza alcuni particolari di notevole importanza.

1- È arbitrario contrapporre "la religione" alla "fede", come si ostina a ripetere Kiko, mostrando d'ignorare la storia del sentimento religioso universale. Egli non sa che quel sentimento scaturisce dalla coscienza che l'uomo di tutte le epoche e le culture ha sempre avuto della propria radicale insufficienza, facendolo ricorrere alla potenza misericordiosa di Dio. Come non apprezzare un atteggiamento di così commovente fiducia nella Provvidenza? Forse per il fatto che appunto esso - secondo l'impietosa ed errata interpretazione di Kiko - "ha creato la religione, ha fatto un tempio, ha creato un altare, ha posto un sacerdote"? (iv. I, p. 66).

Evidentemente ignora che "la religione naturale" è sempre stata un'esigenza dell'uomo, la più profonda, costante, insopprimibile...; che per essa Dio, da Sommo Pedagogo, lo ha condotto alla luce della Rivelazione, l'ha disposto ad accogliere il messaggio evangelico. S. Giustino, Clemente Alessandrino, Origene, al riguardo hanno scritto pagine ammirabili... Non era "naturale" la religione di Melchisedek e d'innumerevoli altri personaggi che nel mondo antico adoravano, invocavano e temevano l'unico vero Dio?... "La filosofia - sostiene Clemente Al. - è stata data come un bene diretto ai Greci, prima che il Signore li chiamasse; essa è stata il pedagogo per condurli a Cristo, come la Legge lo fu per gli Ebrei. La filosofia è una preparazione: Essa apre la via a colui che il Cristo renderà poi perfetto..." (Stromati, I, c. V, 28, 1-3).

2- Kiko è coerente: respingendo la "religione naturale", esclude tutto ciò che ovunque e sempre l'ha caratterizzata. Secondo lui infatti essa "ha fatto un tempio, ha creato un altare, ha posto un sacerdote..." (iv. I, p. 66). Ma ciò è ancora poco rispetto a quanto aggiunge superando tutti i limiti dell'impudenza. Infatti, blatera che "nel Cristianesimo non c'è tempio, né altare, né sacerdoti nel senso della religione natural" (iv.). Ma in qual senso "la religione naturale si oppone al Cristianesimo" a proposito del tempio, dell'altare, del sacerdozio?

Certamente, tempio, altare e sacerdozio, nel Cristianesimo, si riferiscono all'attuale economia della Provvidenza, ossia alla condizione storica dell'uomo ch'è appunto quella della grazia, ovviamente superiore a quella della natura... Ma la perfetta analogia tra i due ordini spiega benissimo come anche per i credenti il tempio è stato sempre "la casa di Dio"...; l'altare è stato sempre quello del Sacrificio eucaristico che ri-presenta l'immolazione della Croce...; il sacerdote è stato sempre il ministro visibile del Cristo, Vittima dei peccati del mondo.

3- Appunto ciò che Kiko rifiuta: "Noi cristiani (non dice «noi cattolici») non abbiamo altare, perché l'unica pietra santa è Cristo, pietra angolare. Perciò noi possiamo celebrare l'eucaristia sopra un tavolo; e la possiamo celebrare in una piazza, in campagna e dove ci piaccia! Non abbiamo un luogo in cui esclusivamente si debba celebrare il culto..." (cf. il mio Magistero... p. 52). Se così è, signor Kiko Argüello, come la mettiamo con quanto il Vaticano II - da te tanto esaltato - prescrive nel cap. VII della costituzione sulla liturgia? (SC 122-130)

Ma c'è di peggio.

4- Per lui non c'è che il "tavolo", non più l'altare. Tavolo intorno al quale tutti siedono, mangiano, bevono, parlano, cantano e alla fine ballano, presi dall'euforia del Cristo che, risorto, porta tutti alla salvezza usl suo "carro di fuoco".

Se non si ha più "altare", cessa anche il sacrificio offerto in espiazione del peccato, pur essendo esso - secondo i Cattolici - il solo atto di culto che redima, ossia ridoni la vita nella partecipazione alla gloria della Risurrezione.

Questo il "credo" neocatecumenale, contro tutte le fonti della Rivelazione, a dispetto di tutte le solenni definizioni della Chiesa gerarchica. "Non c'è sacrificio nell'Eucarestia..." bestemmia Kiko (iv.); il quale biasima quanti credono che nella Messa "qualcuno si sacrifica, cioè il Cristo". Nell'Eucarestia vedono soltanto il sacrificio della croce di Gesù Cristo. E se oggi chiedeste alla gente qualcosa a questo proposito, vi direbbe che nella messa vede il calvario... (iv.).

Insomma, insiste il nostro "maestro", "nell'Eucaristia non c'è nessuna offerta" (iv.) Ha mai letto espressioni del genere E.T.? Egli fa supporre di essersi bene informato dalle catechesi di Kiko; e, allora, perché non protesta contro strafalcioni che offendono la nostra comune fede di cattolici, almeno come rileva altri lati negativi della liturgia del Cammino?

5- Non è tutto. Il nostro A. sembra non si sia accorto che Kiko, nel rifiutare l'altare - sostituito dalla "tavola" -, oltre ad ignorare la transustanziazione e il Sacrificio, logicamente nega pure il sacerdozio ministeriale, sostenendo l'unico sacerdozio di Cristo, partecipato indifferentemente da tutti i "battezzati", come appunto pensava Lutero (cf. Denz.-Sch., 1766, 1773). Vorrei che egli avesse la pazienza di meditare almeno quanto al riguardo il Magistero ha confermato per l'ennesima volta nel recentissimo quanto autorevole Catechismo della Chiesa Cattolica (1546-54).

*** III ***
Pur sovvertendo il "depositum fidei", il Cammino tuttavia segue una sua logica, perché parte da premesse che rappresentano le profonde radici di una teologia costantemente condannata dal Magistero. Credo di poterla riassumere nella negazione del peccato; negazione che rimanda a due tesi fondamentali, una delle quali riguarda Dio, l'altra si riferisce all'uomo:

a) secondo Kiko, Dio non può essere offeso dall'uomo, perché trascendente, impassibile, beatissimo (cf. Eresie..., pp. 20s; e Magistero..., pp. 25s);

b) d'altra parte, l'uomo non può offendere Dio, perché, essendo "schiavo del Maligno", "non può fare il bene", né quindi evitare il male: egli non è libero (cf. Eresie..., pp. 20s; e Magistero..., pp. 28s).

Ora, che Dio non possa essere raggiunto dalla tracotanza umana è certissimo; ma è egualmente vero che l'uomo può essere ingiusto con Lui precisamente quando intende negarlo, trasgredendo la sua legge, illudendosi di sottrarsi al suo dominio: appunto il folle tentativo che, concepito da una volontà malvagia, costituisce il peccato come offesa a Dio. Al riguardo, le fonti della Rivelazione offrono testimonianze che mi dispenso dalla fatica di citare.

E così, contro il pessimismo luterano interamente assorbito da Kiko, non sarebbe meno facile persuadere chiunque, che il peccato originale, avendo lasciata inalterata la natura profonda dell'uomo, ha risparmiato anche la sua libertà, per cui egli può fare ancora bene e male, essere giusto e ingiusto, corrispondere e rifiutare la grazia, meritare la vita eterna e contrarre il dovere della riparazione.

Ed eccoci tornati al tema del sacrificio, volto ad espiare il peccato e riconciliare l'uomo con Dio. Appunto l'opera possibile a livello della natura e della grazia: l'analogia tra i due ordini - ripeto - è innegabile; ma a noi interessa la riparazione compiuta da Cristo Mediatore a livello della grazia, l'unico storicamente reale. Ebbene: Gesù ha espiato le nostre colpe e ci ha riconciliati col Dio vivente mediante il sacrificio della croce. Vale a dire, contro la teologia "kikiana", l'unica causa meritoria della nostra salvezza è stata la Passione, non la Risurrezione; Cristo ci ha redenti morendo, non risuscitando. La Risurrezione, quale passaggio dalla morte alla vita, è stato il premio (=effetto) dovuto al precedente passaggio dalla vita alla morte quale suprema espressione del suo amore al Padre e all'umanità peccatrice... Qui le citazioni bibliche si potrebbero moltiplicare all'infinito, seguite da quelle tratte dalle catechesi dei Padri, dalla letteratura liturgica, dal magistero di Papi e Concili...

Ora, il dovere del "sacrificio" sottende necessariamente la possibilità del peccato, a sua volta condizionato alla libertà umana; negata la quale, il sacrificio di espiazione non avrebbe senso; per cui la Passione di Cristo, nei nostri riguardi, sarebbe del tutto superflua, come sarebbe infondato il nostro dovere di farla "nostra" unendoci all'Immolazione del Calvario... Chi non ha peccato, perché non poteva peccare, non può neanche espiare una colpa non commessa...

c) A questo riguardo, la logica di Kiko è impeccabile: ma, nel seguirla, egli è tenuto ad abiurare la fede cattolica, secondo la quale Dio può essere offeso dall'uomo, l'uomo ha realmente offeso Dio, e deve perciò ristabilire l'ordine della giustizia. Ora, non essendo ciò possibile all'uomo con le risorse della natura, Dio - prendendo l'iniziativa - ha mandato il suo divin Figlio quale nostro Mediatore, Vittima di espiazione e di salvezza; di una salvezza, ovviamente, possibile soltanto a coloro che valendosi della grazia da Lui meritata, partecipano al suo Sacrificio.

Questa la sostanza della teologia cattolica anche secondo il Vaticano II, a cui Kiko tributa i più alti elogi, come se i precedenti venti Concili ecumenici celebrati dalla Chiesa non avessero avuto da esso la più chiara e incondizionata conferma. Egli ne ha mai letto i documenti? Forse s'illude che i suoi seguaci siano talmente sprovveduti da credere ciecamente alle sue fandonie? Tra le tante che ingemmano la sua catechesi, basterebbe citarne alcune, quanto basta per riepilogare il contenuto di questo articolo.

Così, all'attuale "processo di desacralizzazione e di crisi di fede, lo Spirito Santo (...) ha risposto con il Concilio". In che modo? Udiamolo: "Il Concilio ha risposto rinnovando la teologia. E non si è parlato più della redenzione..." (cf. Eresie..., p. 13).

La menzogna è palese, calunniosa, perché il Vaticano II parla di quel dogma - assolutamente centrale nel contesto delle verità rivelate! - non meno di tredici volte (cf. LG 3, 8, 9, 44, 52, 57; SC 2; UR 12; PC 5; AA 2, 5; DH 11; PO 13; GS 67, ecc.).

Secondo il nostro "riformatore", ottimo discepolo di Lutero, "Gesù Cristo non è affatto un ideale di vita. Gesù Cristo non è venuto a darci l'esempio e ad insegnarci a compiere la legge" (iv., p. 22). È veramente il colmo, per cui rinunzio a controbattere citando migliaia di passi del Nuovo Testamento, della letteratura patristica, teologica, agiografica, ascetico-mistica di due millenni di Cristianesimo...

Non ha mai riflettuto Kiko che per noi Cristo è l'unico Ideale, supremo criterio di vita, Tipo universale e inesauribile di santità, esclusivamente in virtù della sua grazia, senza la quale non potremmo far nulla, come "i tralci" separati dalla "Vite"?

Certamente la corrispondenza alla Grazia suppone la libertà umana...; che però Kiko nega, ed ecco il suo ricorso alla "fede-fiduciale" di luterana memoria... Fede tuttavia che senza le opere è morta; e, del resto, la stessa fede la si deve necessariamente alla Grazia... Ed ecco allora la concezione di una "salvezza" del tutto gratuita, ossia non degna dell'uomo come persona. "Chi ti ha creato senza di te - cito a mente un notissimo passo di S. Agostino -, non potrà salvarti senza di te!...". Penso che, a questo punto l'imbarazzo di Kiko sale al colmo...

*** Conclusione ***
Mi auguro che E.T., riflettendo sulla dottrina di Kiko tratta dai ciclostilati delle sue catechesi, si renda conto che la liturgia neocatecumenale compromette irreparabilmente il dogma cattolico, per cui sarebbe meglio non parlarne...

Vorrei però che altri, seguendo l'encomiabile esempio di coraggio da lui dato criticando la liturgia del Cammino, osino spingersi più a fondo per scoprire e far noto a tutti l'errata base dottrinale del Cammino.

Inoltre spero che fedeli, sacerdoti, parroci e Vescovi aprano finalmente gli occhi e prendano sul serio la lenta e incessante avanzata di un'eresia più minacciosa di tutte le "sètte". Sotto alcuni aspetti, essa è la peggiore, perché, oltre a tradire la verità della Rivelazione cristiana, disponde di una potente struttura organizzativa, di straordinarie risorse finanziarie e specialmente dell'immeritata protezione della Gerarchia cattolica, per la quale dirigenti e catechisti possono continuare ad imporsi a moltitudini di fedeli sprovveduti e in buona fede.

Pertanto auspico che appunto i membri della Gerarchia capiscano che il Cammino - secondo le premesse dogmatiche di Kiko - costituisce la più insidiosa e temibile minaccia per l'autorità da essi esercitata in virtù dell'Ordine sacro. Kiko la nega semplicemente perché rifiuta il Sacerdozio ministeriale che, distinguendo essenzialmente "il sacerdote" dal "laico", fonda la Gerarchia ecclesiastica, ossia i poteri esclusivamente propri del "diacono", del "presbitero", del "vescovo"... (cf. Eresie..., pp. 25ss.).

Molti Vescovi non si sono accorti che quei "poteri", accettati dai fedeli, servono al Cammino perché potente strumento di prestigio, di proselitismo, di dominio; mentre ai Catechisti sono riservati i più alti compiti di direzione spirituale: "Non c'è catecumenato senza obbedienza all'autorità dei catechisti...", dichiara Kiko (cf. Eresie..., p. 26). Soltanto essi hanno "il carisma di discernere gli spiriti..." (iv.); per cui, "se non c'è obbedienza al catechista, non c'è cammino" (iv.).

Vorrei, infine, che queste note, superando la barriera di quanti hanno tutto l'interesse di occultare la verità del Movimento neocatecumenale, arrivassero al Papa, e che il Papa compisse l'eroico sforzo di almeno dubitare di quanto finora ha saputo del Cammino per quanto riguarda i suoi presupposti dottrinali... È immaginario il pericolo che, sradicando la zizzania, si sradicherebbe anche il buon grano: il vero "buon grano" non può essere infetto dal virus dell'eresia, quella che ama nascondersi, propagarsi nel segreto, non tollera "confronti", rifugge da ogni "dialogo" e preferisce tacere per procurarsi l'aureola del martirio: il "fondamentalismo" neocatecumenale è capace anche di questo...

Che fare dunque?

Molto semplice, essendo io disposto a qualsiasi incontro organizzato per verificare la fondatezza della mia critica. Basterebbe:
  1. accertarsi - per chi ne dubitasse ancora - dell'autenticità delle catechesi attribuite a Kiko-Carmen;
  2. esaminare i testi incriminati e confrontarne il contenuto con la dottrina della Chiesa Cattolica.
Io ho già fatto tutti i confronti e ne ho pubblicato le conclusioni da alcuni anni: sono pronto ad ogni smentita, che sia però seriamente dimostrata. Ma non mi si torni ad annoiare ripetendo:
  • che il Cammino sta dando buoni frutti. Ciò è discutibilissimo per molte ragioni, e d'altra parte non sarebbe un argomento capace di confutare le mie accuse formulate ad un livello esclusivamente dogmatico...;
  • in questa e quella comunità non si dice né si fa nulla che sia contrario alla fede cattolica. È possibile, qua e là, per ragioni del tutto contingenti... Io mi rivolgo principalmente a Kiko e ai suoi più intimi collaboratori, responsabili degli errori da me ripresi. Nessun altro, quindi, ha l'autorità d'interloquire...;
  • il Papa approva, benedice e protegge il Cammino. Verissimo... Ma, finora, nessuno ha potuto dimostrare che Egli, oltre ad essere minutamente informato dei successi del medesimo, conosce anche la teologia di Kiko. Sono convinto che Giovanni Paolo II non potrebbe continuare a tenere discorsi degni del Scucessore di Pietro, e insieme favorire un movimento che sostiene tutto il contrario di quanto egli insegna. Che motivo potrebbe giustificare un comportamento così stranamente ambiguo?
Ad ogni modo, l'atteggiamento del Papa, pur non sapendo spiegarmelo, neppure scalfisce la mia posizione; e chi tornasse a propormelo, non farebbe che confermarla, stimolandomi anzi a continuare la mia opera di ricerca e difesa della verità: quella che, soprattutto nel caso nostro, è talmente forte in se stessa, da resistere a qualsiasi tentativo di tradimento. "Veritas in seipsa fortis est, et nulla impugnatione convellitur" (S. Tommaso, Summa c. Gent., IV, c. 10).

Ringrazio cordialmente E.T. dell'occasione offerta di interessarmi ancora una volta di un problema particolarmente grave e attuale. Apprezzo la sua critica alla liturgia del Cammino, e a lui - fraternamente - chiedo di approfondire l'esame delle "catechesi" di Kiko-Carmen; di essere più esplicito e lineare nel giudizio d'insieme del Cammino; di preoccuparsi non tanto dell'aspetto liturgico, quanto di quello teologico, data l'indiscutibile prevalenza del dogma sul culto.

P. Enrico Zoffoli.