La vulgata del Cammino neocatecumenale, basata sui racconti dei suoi stessi iniziatori, ha sempre accreditato la versione del Cammino neocatecumenale nato tra i poveri e per i poveri, a Madrid nelle baracche di Palomeras "altas" e poi a Roma, dove Kiko si stabilì nel borghetto latino, cioè in una zona in cui vi erano delle casette popolari accanto a costruzioni precarie.
Della sua
permanenza a Madrid abbiamo già avuto occasione di parlare, quindi in questa sede cerchiamo di approfondire la presenza di Kiko nelle baracche di Roma.
Racconta Kiko stesso, nella sua testimonianza alla Cattedra di S.Giusto a Trieste il 27 marzo 2012, che fu una decisione presa dopo che più di un parroco si era rifiutato di mettergli a disposizione l'evangelizzazione nella propria parrocchia:
«E lì nella parrocchia vicina al Borghetto Latino c’è la parrocchia di San Giuda e Taddeo, ho parlato col parroco e mi ha detto:
“C’è una suora che lavora nella borgata”, l’ha chiamata e dice:
“Questo vorrebbe un posto dove vivere coi poveri in preghiera, in contemplazione, vivere con loro, secondo le orme di de Foucauld”, allora questa suora ha trovato un pollaio. Nella spazzatura abbiamo trovato delle porte, uno mi ha regalato una cucinetta, un altro un letto, e ho portato a vivere con me un seminarista. Carmen è andata a vivere dalle suore di Santa Brighitta in piazza Navona ed io al Borghetto Latino, sperando che Dio ci aiutasse.
Una volta sono passati dei giovanotti della parrocchia dei Martiri Canadesi, non so chi aveva parlato loro di me e sono rimasti impressionati e mi hanno invitato ad un incontro dei giovani».
Lo stesso Kiko ammette che il suo obbiettivo era stato fin dall'inizio venire a contatto con il Papa (e don Dino Torreggiani era ben introdotto in Vaticano) e riformare le parrocchie; in particolare le parrocchie in cui fece nascere le prime comunità neocatecumenali non furono popolari ma borghesi. E si appoggiò sempre agli altri, soprattutto a preti, parrocchie e istituti religiosi al punto tale che persino il "pollaio" delle Palomeras romane glielo trovò una suora. E il viaggio per venire in Italia la prima volta lo pagò loro don Torreggiani con una borsa dell'Azione Cattolica; lo rivela Kiko sempre nella sua testimonianza a Trieste del 2012, peccato abbia omesso di dire chi ha poi pagato tutti gli altri viaggi avanti indietro fino ad ora.
Dalla lettura del libro "Intervista a
Francesco Cuppini", che fu il primo presbitero a far parte della èquipe di Kiko e Carmen dal loro arrivo in Italia, traiamo un quadro del tutto diverso rispetto alla versione edulcorata e mitologica dei siti curati dai neocatecumenali che si basano sul racconto degli iniziatori.
Kiko e Carmen arrivano a Roma nella prima settimana di giugno del 1968 su invito di don Dino Torreggiani, che pensava di aver trovato le persone giuste per evangelizzare i capelloni di piazza Navona.
Ma Kiko «nicchiava; dormiva fino a tardi, andava al cinema... un vero disastro come acquisto apostolico».
Infatti ricordiamo che Kiko e Carmen recavano con sé una lettera di presentazione di Morcillo, vescovo di Madrid, che diceva "il
sig. Francisco Argüello, residente a Madrid, dedica tutto il suo tempo
all'evangelizzazione delle classi più umili" ed era per questo che don
Torreggiani li aveva invitati ed ospitati a Roma. È chiaro che la sua aspettativa fu del tutto tradita dai due.
Così, già nell'agosto del 1968, don Dino manda i due aspiranti riformatori delle parrocchie spagnoli a fare i "predicatori di sostegno" presso la casa canonica di Ventoso, provincia di Reggio Emilia.
Lì conoscono don Francesco Cuppini che, visto che si era scandalizzato dal doverli ospitare sotto lo stesso tetto nella casa canonica, li doveva portare a dormire a Reggio Emilia nella casa dell'Istituto Servi della Chiesa (fondato da don Torreggiani) e tornare a prenderli al mattino.
Dopo l'estate Kiko e Carmen tornano a Roma, ed è allora che Kiko, per dimostrare indipendenza rispetto alle richieste di don Torreggiani e probabilmente per evitare d' essere da lui tenuto sotto controllo, si fa assegnare da una suora il famoso pollaio nel borghetto latino che ristruttura, con l'aiuto di altri, per farsene un alloggio.
Secondo quanto dichiarato da Kiko nel 2020 ad Aquilino Cayuela per le Note biografiche di Carmen (pag. 235), anche Carmen seguì il suo esempio, ma fu cacciata via dal borghetto latino per schiamazzi notturni.
«Quando
giunse a Roma, Carmen alloggiò dalle suore di Santa Brigida, che le
hanno lasciato una stanza; in seguito una signora le lasciò una capanna,
una parte di una baracca, davanti a quella di Kiko, a circa cento
metri. Dopo un po', tuttavia, la cacciò via perché le persone che ci
visitavano non la lasciavano dormire. Per questo dovette tornare dalle
suore di Santa Brigida».
Evidentemente nelle baracche di Roma la
gente, che lavorava di giorno, la notte voleva dormire e non era ammessa
la vita disordinata e notturna dei due spagnoli e dei loro amici.
A ottobre 1968 don Cuppini li raggiunge a Roma e "celebrano" l'Eucaristia nella baracca (nessun accenno ai partecipanti); si sa però che contemporaneamente vengono allestite le catechesi nella parrocchia borghese dei Martiri Canadesi e a inizio novembre nasce la prima comunità.
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La Gran Via - Madrid |
Il 17 novembre 1968 il terzetto Kiko Carmen Cuppini già non è più a Roma: dell'agenda del sacerdote infatti risulta fossero a Madrid, e non certo nelle baracche di Palomeras.
Annota infatti don Cuppini: «Abitiamo in pieno centro, in calle Miguel Moya, 6 a lato della "Gran Via", in un appartamento di Marcelo Riesgo, amico di Kiko».
Il 24 novembre 1968 vanno a Lisbona, portati in macchina dai "fratelli" di Madrid, ove rimangono ospiti in istituti religiosi e in un appartamento offerto dal parroco. Le catechesi comunque, annota don Cuppini, si risolsero in un flop.
Natale ed Epifania 1969 a Madrid.
A Pasqua 1969 sono ancora in Spagna e celebrano la Pasqua nella sacrestia della chiesa abbandonata di Fuentes.
A primavera si dirigono nella regione della Mancha, dove il padre di Kiko possedeva una villa con piscina, insieme alle tre sorelle di Carmen. Cuppini in quell'occasione faceva l'autista con la macchina del padre di Kiko.
A maggio 1969 sono a Roma ma già a giugno a Scandicci. Fino a metà ottobre, poi, di nuovo in Spagna. A novembre 1969 di nuovo a Roma per fare le catechesi a S. Francesca Cabrini. A dicembre a Napoli e a gennaio 1970 ad Ivrea. A marzo 1970 a fare Pasqua a Madrid, ad aprile a Roma a fare catechesi a S.Luigi dei Parioli, alla Natività e a santa Francesca Cabrini, che sono parrocchie ricche della capitale.
Ad agosto pellegrinaggio in Terra Santa. Da novembre ad aprile 1971 in Spagna, Pasqua a Roma. Poi un tour a Firenze, dove alloggiavano nella casa di riposo degli artisti dello spettacolo viaggiante dei Servi di Maria; poi a Brescia, Bolzano, Trieste, Milano, Ivrea, ove Kiko e Cuppini rimangono ospiti in Seminario, Carmen presso una famiglia e tutti e tre pranzano sempre dal parroco don Antonio.
Il 1 luglio 1971 l'agenda di don Cuppini si interrompe perché il sacerdote viene richiamato definitivamente a Bologna.
Gli spostamenti avvenivano sempre in macchina, con un Citroën 2 cavalli che guidava sempre Cuppini, con camicia azzurro-prete-autista, visto che i due non sanno guidare.
Ma la baracca nel borghetto latino? Kiko evidentemente la teneva solo per rappresentanza. Costruita nell'autunno del 1968, fu abbandonata come abitazione stabile per i periodi di permanenza a Roma nell'inverno dell'anno successivo; sappiamo infatti dalle agende del presbitero che dall'inverno del 1969, Kiko, avendo avuto un'influenza con febbre,
fu ospite fisso, con Cuppini, a casa di Nunzio, della prima comunità dei Martiri Canadesi, in via Lucchesi vicino alla Fontana di Trevi mentre Carmen, dopo aver fatto le valigie ed essersene andata dai "sagrestani" (l'Istituto Servi della Chiesa di don Torreggiani)
fu ospite abitudinaria di Maura (itinerante della prima ora, quando i catechisti erano single su modello Kiko-Carmen) quando si trovava a Roma.
Cioè: la baracca era semplicemente la carta di identità di Kiko, la dimostrazione del suo essere altro, addirittura eversivo nei confronti della realtà ecclesiale, il suo distintivo di hippy anti clericale, mentre invece, nei fatti, si appoggiava in toto a istituti religiosi, ai pranzi nelle canoniche, ai seminari, prima ancor di scegliere la soluzione più comoda e farsi direttamente ospitare (anche per le vacanze in montagna e al mare) dalle famiglie dell'alta borghesia sue adepte di comunità. E Carmen come lui, visto che addirittura si poteva permettere di scegliere fra un ospite e l'altro.
Nè pare facessero alcuna attività lavorativa, essendo ospiti non paganti e ricevendo donativi che poi, visto che Kiko "non faceva del pauperismo" (parole di don Cuppini) venivano spesi per frequentare bar, ristoranti e cinema sempre della zona bene di Roma, oltre che per fumare e per i loro viaggi per motivi familiari.
Quindi, con la semplice consultazione delle agende di don Cuppini, possiamo ridimensionare del tutto la mitologia del Cammino tra i poveri e la permanenza di Kiko in una baracca di Roma proprio per stare con i poveri della Capitale: è esattamente il contrario.
Altro che
dottorato honoris causa di cui furono insigniti i due iniziatori iberici
per la loro dedizione ai poveri! In questo articolo, si possono vedere le immagini delle baracche del borghetto latino che fanno parte del fascicolo fornito ad un gruppo di pellegrini neocatecumenali filippini presenti a Roma nel maggio del 2018 per le celebrazioni del 50esimo del Cammino neocatecumenale.
Le famigliole filippine si sono recate di persona a visitare i "sacri luoghi" in cui il loro guru Kiko racconta di aver vissuto povero tra i più poveri, ora trasformati in parco, e hanno preso religiosamente pure delle immagini.
Un "valore aggiunto" l'ha fornito la presenza dell'ex Vescovo di Guam e "fratello" del Cammino neocatecumenale già allora condannato dal tribunale ecclesiastico per pedofilia, Antony Sablan Apuron, che Kiko impose al Papa nel parterre delle autorità religiose. Qui sotto lo vediamo in una foto sorridente e spensierato, sicuro di aver guadagnato comunque e sempre un posto al sole, e non una baracca da poveraccio, per i meriti acquisiti in favore del Cammino neocatecumenale.