domenica 30 agosto 2015

Dicono "Dio", in realtà pensano "il Cammino"

Preparandosi a una carnevalata liturgica neocat
Quell'uscita di Kiko del 20 giugno 2015 ha fatto tanto scalpore sui giornali ma a ben pensarci non mi stupisce per niente, è perfettamente in linea con la visione dell'uomo presentata dal Cammino.

Quando ero un ragazzo ed ero in Cammino già mi urtavano i discorsi di questo tenore: "se non foste qua sareste in discoteca a sballarvi o drogarvi come gli altri vostri coetanei" (rivolto da un cosiddetto "catechista" neocatecumenale ai giovani in occasione di un pellegrinaggio).

Oppure le velate allusioni del super-catechista neocatecumenale che, quando ho lasciato il Cammino, mi faceva intendere che la mia vita sarebbe andata immancabilmente verso la perdizione. Per i neocat tutto quello è lontano da Dio (dicono "Dio", pensano "il Cammino") è male assoluto.

Ma non è questa la visione cristiana, e non è questa la realtà.

Ci sono persone lontane che provano a fare il bene seguendo la loro coscienza, ci sono giovani non in Cammino che fanno volontariato e non si drogano, e gli atei che vengono lasciati dalla moglie non fanno stragi.
(da: Paolo)


Nostra nota a margine: osservate questo dettaglio di una cosiddetta "icona di Kiko":


Per Kiko "Dio è comunità, liturgia, parola".

Come, come? Dio è "liturgia"? Ma che diavolo sta dicendo?

Provate a comprendere meglio cosa vuole intendere Kiko:

Dio è il Cammino, perciò «Dio» è comunità, liturgia e parola.

È chiaro adesso?

giovedì 27 agosto 2015

Per inquinare la fede occorre inquinare la liturgia

Papa Leone XIII, nella sua lettera Apostolicae Curae (13 settembre 1896) sull'invalidità delle ordinazioni anglicane, afferma:
«Essi [i riformatori anglicani] sapevano benissimo che legame stretto unisce la fede e il culto, la lex credendi e la lex supplicandi; così, con il pretesto di restaurare la liturgia per renderle la sua forma primitiva, intrapresero la sua alterazione su molti punti per metterla in accordo con gli errori dei novatori. Ne risulta che, in tutto l’ordinario, mai si parla chiaramente di sacrificio, della consacrazione, del sacerdozio, del potere di consacrare e di offrire il sacrificio; al contrario, come abbiamo già detto, si tolse e si soppresse deliberatamente dalle preghiere del rito cattolico, che non erano state puramente e semplicemente eliminate, ogni traccia di questi elementi, come altri simili».
Sembra che papa Leone XIII stia parlando degli autonominati "iniziatori" del Cammino Neocatecumenale, Kiko Argüello e Carmen Hernàndez.


lunedì 24 agosto 2015

Dai "miei" ai "nostri" peccati: la responsabilità di fronte a Dio

Molti degli errori della mentalità neocatecumenale riguardano il concetto di peccato. Per i "kikos" il peccato è inevitabile (e così il sacramento della confessione è vissuto praticamente solo se lo organizza la comunità NC). Per gli adepti dell'idolo Kiko, sempre pronti a dichiarare «sono un peccatore» e «il Signore mi ha salvato», l'impegno personale conta poco (Kiko va dicendo che l'uomo è «schiavo del demonio», e addirittura a una certa tappa i kikos sono tenuti a dichiararsi «figli del demonio»).
Insomma, per i seguaci del Cammino Neocatecumenale, il "dichiararsi" peccatori davanti agli uomini finisce per sostituire il "riconoscersi" peccatori davanti a Dio.

La seguente riflessione dell'allora card. Ratzinger spiega come si dissolve il senso del peccato nel momento in cui l'accento è sui "nostri peccati" piuttosto che sulla responsabilità di ogni singola anima davanti a Dio.



La liturgia romana face­va pronunciare al celebrante in ogni messa, al "segno di pace" che precede la comunione, la seguente preghiera: "Domine Jesu Christe [...], ne respicias peccata mea, sed fidem Ecclesiae tuae"; cioè: "Signore Gesù Cristo, non guardare ai miei peccati, ma alla fede della tua Chiesa". Adesso, in molte traduzioni (ma anche nel testo latino rinno­vato) dell'ordinario della messa, la formula è stata portata dall'io al noi: "Non guardare ai nostri pec­cati".

Un simile spostamento sembra irrilevante ed è invece di grande rilievo perché è essenziale che l'invocazione di essere perdonati sia pronunciata in prima persona: è un richiamo a quella necessità di ammissione personale della propria colpa, a quella indispensabilità della conversione personale che oggi è invece molto spesso nascosta nella massa anonima del "noi", del grup­po, del "sistema", dell'umanità; dove tutti peccano e, dunque, alla fine nessuno sembra avere peccato. In questo modo si dissolve il senso della responsabilità, delle colpe di ciascuno. Naturalmen­te si può intendere in maniera corretta la nuova ver­sione del testo, poiché nel peccato si intrecciano sempre l'io e il noi. L'importante è che, nella nuova accentuazione del noi, l'io non scompaia. Quella preghiera che la sapienza liturgica inseriva al momento più solenne della messa, quello che precede l'unione fisica, intima, con il Cristo fattosi pane e vino.

La Chiesa pre­sumeva che chiunque celebrasse l'Eucaristia avesse bisogno di dire: "io ho peccato; non guardare, Si­gnore, ai miei peccati". Era l'invocazione obbliga­toria di ogni sacerdote: i vescovi, il Papa stesso alla pari dell'ultimo prete dovevano pronunciarla nella loro messa quotidiana. E anche i laici, tutti gli altri membri della Chiesa, erano chiamati a unirsi a quel riconoscimento di colpa. Dunque tutti nella Chiesa, senza alcuna eccezione, dovevano confessarsi pec­catori, invocare il perdono, mettersi quindi sulla via della loro vera riforma. Ma questo non significava affatto che fosse peccatrice anche la Chiesa in quan­to tale. La Chiesa – lo abbiamo visto – è una real­tà che supera, misteriosamente e insieme infinita­mente, la somma dei suoi membri. Infatti, per otte­nere il perdono del Cristo, si opponeva il mio pec­cato alla fede della Sua Chiesa.

Oggi questo sembra dimenticato da molti teo­logi, da molti ecclesiastici, da molti laici. Non c'è stato solo il passaggio dall'io al noi, dalla responsa­bilità personale a quella collettiva. Si ha addirittu­ra l'impressione che alcuni, magari inconsciamente, rovescino l'invocazione, intendendola come: "non guardare ai peccati della Chiesa ma alla mia fede"... Se davvero questo avviene le conseguenze sono gra­vi: le colpe dei singoli diventano le colpe della Chiesa e la fede è ridotta a un fatto personale, al mio mo­do di comprendere e di riconoscere Dio e le sue ri­chieste. Temo proprio che questo sia oggi un modo molto diffuso di sentire e di ragionare: è un segno ulteriore di quanto la comune coscienza cattolica si sia allontanata in molti punti dalla retta conce­zione della Chiesa.

  • (citazioni tratte dal capitolo III "Radice della crisi: l'idea di Chiesa" del libro-intervista Rapporto sulla fede - Vittorio Messori a colloquio col cardinale Joseph Ratzinger, edizioni Paoline, 1985)

giovedì 20 agosto 2015

Teodoro di Mopsuestia?

Tutte le volte che certi bulli vanno blaterando "Mopsuestia-Mopsuestia", si può esser certi che si tratta dei soliti integralisti del modernismo, cioè quelli che agiscono come se la verità e l'errore avessero gli stessi diritti, e come se la Tradizione della Chiesa fosse qualcosa di dannoso e vergognoso di cui sbarazzarsi al più presto.

Nel caso specifico di "Mopsuestia-Mopsuestia" intendono mettere a tacere chiunque faccia notare mancanze di rispetto, abusi e profanazioni riguardanti il "diritto" (in realtà l'indulto, visto che non è parte della liturgia romana, ma solo una deliberazione delle singole conferenze episcopali) della "comunione sulla mano". Vanno citando praticamente come unica fonte antica Teodoro di Mopsuestia (senza averlo mai letto), facendo il solito archeologismo liturgico (cioè disprezzando la Tradizione della Chiesa e innumerevoli generazioni di santi).

Contro i sofismi di costoro suggeriamo perciò la (ri)lettura dell'agevole (e tuttora attualissimo) libretto Comunione sulla mano? No, grazie! pubblicato da un gruppo di laici a Roma nel 1989, nell'imminenza dell'esecrabile "votazione" che - con una maggioranza di un solo voto e proprio mentre i vescovi più ostili erano assenti o malati - fu calata dall'alto, sui fedeli, la novità della "comunione sulla mano".


E nel frattempo ricordiamo che l'abuso della "comunione sulla mano" (fino alla fine del 1989 in Italia fu sempre un abuso liturgico) veniva perpetrato in tutti gli ambienti famosi per la loro disubbidienza alla Chiesa, incluso il Cammino Neocatecumenale, che si è da sempre distinto per il sostanziale disprezzo per l'Eucarestia (ancor oggi fanno la "comunione seduti" e "tutti insieme contemporaneamente", con le "pagnotte sbriciolose" e infischiandosene dei rimproveri di più Pontefici).
Nel Cammino non c'è alcun senso del sacro,
nessuna devozione per la Santissima Eucarestia

lunedì 17 agosto 2015

Per non burocratizzare la pastorale

Benedetto XVI, ai vescovi francesi, il 21 settembre 2012 disse:
"...La soluzione dei problemi pastorali diocesani che si presentano non deve limitarsi a questioni di organizzazione, per quanto importanti. Esiste il rischio di porre l'accento sulla ricerca dell'efficacia con una sorta di 'burocratizzazione della pastorale'; focalizzandosi sulle strutture, sull'organizzazione e i programmi, che possono divenire 'autoreferenziali', a uso esclusivo dei membri di tali strutture. (...) L'evangelizzazione richiede, al contrario, di andare all'incontro del Signore, in un dialogo stabilito nella preghiera, e poi di concentrarsi sulla testimonianza da dare al fine di aiutare i nostri contemporanei a riconoscere e a riscoprire i segni della presenza di Dio".
Il Santo Padre ha elogiato la generosità dei laici chiamati a collaborare negli uffici e nelle funzioni della Chiesa, avvertendo nel contempo come sia necessario ricordare:
"...che il compito specifico dei fedeli laici è l'animazione cristiana delle realtà temporali nelle quali essi agiscono di propria iniziativa ed autonomamente, alla luce della fede e dell'insegnamento della Chiesa. È dunque necessario vigilare sul rispetto della differenza fra il sacerdozio comune di tutti i fedeli ed il sacerdozio ministeriale di coloro che sono stati ordinati al servizio della comunità, differenza che non è soltanto di grado, ma di natura. D'altra parte, si deve conservare la fedeltà al deposito integrale della fede come è insegnato nel Magistero autentico e professato da tutta la Chiesa".

Nota bene: i fratelli del Cammino Neocatecumenale che tanto si vantano di fare "testimonianza" senza "burocratizzazioni", compiono invece proprio gli errori condannati da Benedetto XVI - la sottile banalizzazione delle differenze fra sacerdoti e laici (che avviene nei fatti, non a parole), e il disprezzo del deposito della fede (che avviene nei fatti, anche se a parole dicessero il contrario).

lunedì 10 agosto 2015

Neocatecumenali "perseguitati"?

Alcune immagini da tener presente quando i neocatecumenali si vanno vantando di essere "perseguitati".

San Paolo Miki e compagni,
crocifissi in Giappone il 5 febbraio 1597
Aleppo, 1916 - cristiani impiccati dai turchi
«I 19 martiri di Gorkum»,
cattolici impiccati e mutilati dai protestanti
il 9 luglio 1572 a Brielle, in Olanda
Suore di Avrillé condotte alla ghigliottina
dai rivoluzionari nel gennaio 1794 (qualche mese prima delle Carmelitane di Compiégne)
Rappresentazione della persecuzione dei cristiani
dagli imperatori Diocleziano e Massimiano, nel 301
Studenti cristiani dell'università di Garissa,
uccisi in Kenya nel 2015

venerdì 7 agosto 2015

Padre Pio e il teatrino liturgico neocatecumenale

Poco prima di morire, padre Pio da Pietrelcina definì Kiko Argüello e Carmen Hernàndez «i nuovi falsi profeti». Due mesi dopo la morte di padre Pio, Kiko e Carmen si stabilirono in Italia (novembre 1968) per fondare il Cammino così come lo conosciamo oggi.

Gli eventi descritti qui sotto, di oltre un secolo fa, sono un monito gravissimo contro le pagliacciate liturgiche neocatecumenali che proseguono ancor oggi.



A PADRE PIO GESÙ DISSE IN LACRIME: "LA MIA CASA È DIVENTATA UN TEATRINO PER DIVERTIRSI".


Il 12 marzo 1913, mentre padre Pio stava pregando, gli apparve Gesù, triste e dolorante, che gli disse: «Con quanta ingratitudine viene ripagato il mio amore dagli uomini! Sarei stato meno offeso da costoro se li avessi amati meno. Mio Padre non vuole più sopportarli». Gesù soffre per il tradimento delle «anime più predilette», i sacerdoti, i quali sono i primi a lasciarlo da solo nelle chiese, ignorando il Tabernacolo: «Il mio Cuore è dimenticato, nessuno si cura più del mio Amore». Padre Pio riportò fedelmente anche la condanna del mondo sacerdotale: «La mia Casa è divenuta per molti un teatro di divertimenti; anche i miei ministri, che io ho sempre guardato con predilezione, che io ho amato come pupilla dell’occhio mio; esse dovrebbero confortare il mio cuore colmo di amarezze; essi dovrebbero aiutarmi nella redenzione delle anime; invece chi lo crederebbe..! Da essi debbo ricevere ingratitudini e sconoscenze. Vedo, Figlio mio, molti di costoro – a questo punto Gesù comincia a piangere singhiozzando – che sotto ipocriti sembianze mi tradiscono con comunioni sacrileghe». Come uscire da questo “pantano”? «Figlio mio, ho bisogno di vittime – disse il Signore a padre Pio – per calmare l’ira giusta e divina del Padre mio; rinnovami il sacrificio di tutto te stesso e fallo senza riservatezza alcuna». San Pio, sacerdote santo, rinnovò il sacrificio dal profondo del cuore. Mi chiedo quanti sacerdoti, allora, ma soprattutto oggi, hanno il desiderio di sacrificarsi per le anime e per confortare il Sacro Cuore di Gesù, così tanto disprezzato dagli uomini.

"Prima Comunione" neocatecumenale:
il Santissimo Sacramento ridotto a uno snack...
Il 7 aprile, dello stesso anno, un venerdì, Padre Pio ebbe un’altra visione di Gesù, ma molto più tremenda della precedente. «Mio carissimo Padre, venerdì mattina ero ancora a letto, quando mi apparve Gesù. Era tutto malconcio e sfigurato», scrisse il santo sacerdote cappuccino. «Egli mi mostrò una grande moltitudine di sacerdoti regolari e secolari, fra i quali diversi dignitari ecclesiastici, di questi chi stava celebrando, chi si stava parando e chi si stava svestendo dalle sacre vesti. La vista di Gesù in angustie mi dava molta pena, perciò volli domandargli perché soffrisse tanto. Nessuna risposta n’ebbi. Però il suo sguardo mi portò verso quei sacerdoti; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo ed allorché lo rialzò verso di me, con grande mio orrore, osservai due lagrime che gli solcavano le gote. Si allontanò da quella turba di sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: “Macellai!”. E rivolto a me disse: “Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no; io sarò per cagione delle anime da me più beneficiate, in agonia sino alla fine del mondo. Durante il tempo dell’agonia, figlio mio, non bisogna dormire. L’anima mia va in cerca di qualche goccia di pietà umana, ma ahimè mi lasciano solo sotto il peso della indifferenza. L’ingratitudine ed il sonno dei miei ministri mi rendono più gravosa l’agonia. Ahimè come corrispondono male al mio amore! Ciò che più mi affligge e che costoro al loro indifferentismo, aggiungono il loro disprezzo, l’incredulità. Quante volte ero li per li per fulminarli, se non fossi stato trattenuto dagli angioli e dalle anime di me innamorate… Scrivi al padre tuo e narragli ciò che hai visto ed hai sentito da me questa mattina. Digli che mostrasse la tua lettera al padre provinciale…”.»

Sì, “macellai di anime”! Coloro che dovrebbero essere il conforto di Gesù e i pastori delle nostre anime, diventano coloro che crocifiggono nuovamente il Signore e che conducono le nostre anime alla perdizione. Cari sacerdoti, se non sarete santi, sarete dei “diavoli”. Meditate e tremate.

citato da: Epistolario [vol. 1] – Corrispondenza con i direttori spirituali (1910-1922), di San Pio da Pietrelcina (edizioni Padre Pio da Pietrelcina)

martedì 4 agosto 2015

C'è del marcio in Danimarca: è il Cammino Neocatecumenale

Neocatecumenali all'arrembaggio
La Diocesi di Copenagen (circa 38.000 cattolici su 5.700.000 abitanti totali) copre l'intera Danimarca e include le isole isole Fær Øer e la Groenlandia. È una delle diocesi cattoliche più vaste del mondo. Anche lì i fedeli cattolici di quella diocesi stanno subendo la devastazione portata lì dal Cammino Neocatecumenale.

Lo scorso 24 aprile 2015 una ventina di laici ha scritto al vescovo Czeslaw Kozon, al clero e al Nunzio Apostolico a proposito dei problemi creati dal Cammino Neocatecumenale (cliccare qui o qui per il testo in lingua originale). I firmatari della lettera sono laici cattolici di dieci delle 50 parrocchie di tutta la Danimarca e ne rappresentano virtualmente ogni area (alcuni sono cattolici fin dalla nascita, altri sono convertiti); uno di loro, Ole Schnell, era anche stato premiato con la Croce Pro Ecclesia et Pontifice (il più alto riconoscimento vaticano che un laico può ottenere).

Qui sotto, riportiamo la traduzione della lettera (riprendendola da Thoughtful Catholic):


24 aprile 2015

Caro vescovo Czeslaw Kozon, cari membri del Consiglio Episcopale, Consiglio Presbiterale, e presidente del Consiglio pastorale,

con questa lettera vorremmo esprimervi la preoccupazione sul futuro della Chiesa in Danimarca, preoccupazioni che per noi nascono dalle attività del Cammino Neocatecumenale e dalla sempre maggior influenza che esso ha in diocesi.

Nel corso degli anni, il vescovo è stato ripetutamente messo al corrente di seri problemi e divisioni nelle parrocchie, provati da tanti fedeli hanno provato quando nelle loro parrocchie è arrivato un prete neocatecumenale (anche quando non si trattava di una nomina a parroco). Noi siamo convinti che questa questione e il suo trattamento siano non solo urgenti, ma vitali per il futuro della Chiesa Cattolica in Danimarca, ed è per questo che ci siamo rivolti simultaneamente al Consiglio Episcopale, al Consiglio Presbiterale e al Consiglio Pastorale.

Invieremo per conoscenza la lettera anche al Nunzio Apostolico della Santa Sede per i Paesi Scandinavi e alla Conferenza Episcopale della Scandinavia.

Pur non essendo un gruppo preciso, insieme rappresentiamo diverse esperienze nella Chiesa Cattolica in Danimarca, e siamo tutti da lungo tempo partecipi della vita ecclesiale. Alcuni di noi, attraverso un periodo di studi informali e di esperienze, hanno formato un gruppo di risposta alle attività del Cammino nei contesti ecclesiali, e molti di noi hanno conoscenza diretta del Cammino, o come ex "camminanti" oppure dal proprio contesto parrocchiale con un prete neocatecumenale.

Per valutare con onestà le attività del Cammino ci siamo chiesti se i problemi riscontrati qui da noi esistono anche in altri paesi. Per esempio: è solo qui che i preti e laici neocatecumenali hanno problemi a integrarsi nelle comunità parrocchiali? Abbiamo studiato la proposta del Cammino e indagato su cosa faccia preoccupare tanti vescovi e pastori di anime, teologi e laici da tutte le parti del mondo, a proposito delle attività del Cammino. Una percentuale significativa di queste fonti esprime gravi riserve sul Cammino mettendone in questione il suo corpus teologico, la catechesi e la pratica missionaria, oltre che la sua particolare struttura organizzativa e la mancanza di inculturazione nelle comunità in cui opera.

Il risultato è una netta tendenza a formare enclavi isolate all'interno di congregazioni preesistenti, facendo un corso di catechesi tutto particolare, seguendo le proprie peculiarità liturgiche, creando comunità chiuse.

Queste fonti hanno confermato le nostre preoccupazioni a proposito dell'impatto del Cammino Neocatecumenale sulla Chiesa Cattolica. Nel documento che alleghiamo, ‘‘Caratteristiche del Cammino Neocatecumenale che destano serie preoccupazioni‘‘, abbiamo evidenziato le particolari attività neocatecumenali che a nostro avviso portano maggiormente a problemi per la Chiesa e per i fedeli danesi. È importante far notare che il contenuto di tale allegato non è diretto contro specifiche persone di quella organizzazione.

La nostra intenzione è piuttosto far notare il rischio che pone la presenza relativamente massiccia - e la corrispondente influenza - del Cammino Neocatecumenale in una diocesi piccola come quella danese e, secondo noi, le conseguenze che si avranno nel lungo termine. Questo vale sia per la vita di fede dei cattolici danesi, che per la Chiesa Cattolica in Danimarca e per la pratica della fede portata avanti dai vescovi che si sono succeduti qui insieme ai sacerdoti, alle suore e ai laici lungo tantissime generazioni.

Noi abbiamo profondamente a cuore la Chiesa. Questa iniziativa è perciò una chiamata urgente per il vescovo, in cooperazione con tutti gli organismi rilevanti e basata su una visione diocesana della Chiesa, anche al livello parrocchiale, per guardare nella direzione in cui stanno andando la Chiesa e la vita ecclesiale in Danimarca, per riconsiderarla bene. Questo è per assicurarci che la Chiesa mantenga la sua cattolicità e per scoraggiare i pregiudizi che si sono visti a causa dell'operato neocatecumenale e dell'influenza neocat in una piccola diocesi come la nostra. Dobbiamo perciò chiedere che la risposta alla nostra richiesta non sia d'ufficio, ma venga firmata. I nostri nomi e indirizzi sono indicati qui sotto. Saremo felici di partecipare ad una discussione per approfondire le questioni, se lo riterrete necessario.

Con i migliori saluti,
[segue elenco dei nomi]
C. C. The Apostolic Nuntiature and the Nordic Bishops’ Conference

Allegato: Caratteristiche del Cammino Neocatecumenale che destano serie preoccupazioni


(articolo originale: su Thoughtful Catholic).

sabato 1 agosto 2015

ll compito del Papa, lo scopo della Chiesa


Il Cammino Neocatecumenale contiene molti gravi errori e ambiguità, sia nel campo dottrinale (cioè in ciò che viene insegnato da Kiko Argüello e Carmen Hernàndez e dai loro cosiddetti "catechisti"), che in quello liturgico (cioè nella celebrazione dell'Eucarestia e dei sacramenti).

Nessuno degli elogi fatti dai Pontefici - tanto meno lo Statuto del Cammino - hanno mai "approvato" gli errori liturgici, le ambiguità dottrinali, le vere e proprie eresie.

Ci permettiamo di sperare che il Papa e i Vescovi evidenzino gli errori del Cammino Neocatecumenale, specialmente "quando i neocatecumenali sbagliano ma credono di aver ragione".