Uno dei testi
consigliati per le catechesi da farsi nelle 100 piazze neocatecumenali è quella dei Tre Angeli, un testo, tratto da una allocuzione fatta da Kiko Argüello nel 2012 presso l'abbazia di Sora, ritenuto così importante da essere pubblicato nel libro di Kiko Argüello "Il kerigma nelle baracche" ad integrazione del racconto autobiografico della permanenza nelle Palomeras, baracche di Madrid, alla quale viene fatta risalire la fondazione stessa del Cammino neocatecumenale.Riteniamo opportuno riproporre questo testo, citandone alcuni passi e avvalendoci del commento a suo tempo fatto da un sacerdote di cui consigliamo la lettura integrale a questo link.
Per differenziare le varie parti, metteremo dei titoletti sottolineati e i nostri commenti in corsivo.
Ciò che ci interessa porre in rilievo è come, attraverso questa catechesi denominata dei Tre Angeli, i catechisti neocatecumenali, notoriamente poco preparati teologicamente, rischino di trasmettere nelle cento piazze un messaggio protestantizzato pensando di evangelizzare al cattolicesimo.
Kiko infatti attesta di sua sponte che è stata sua ferma intenzione di cercare punti di incontro fra la liturgia protestante e quella cattolica e che per lui è stato molto importante il periodo in cui ha studiato l’arte con i vertici del luteranesimo finlandese, francese e tedesco. Questa è l’estrazione culturale teologica e liturgica di Kiko e di chi lo segue e contraddistingue il cammino tragicamente ancora oggi.
Lo stile: da telepredicatore apocalittico
Anche il modo di predicare tradisce una impostazione protestante.
A Kiko piace la disputa, piace parlare di Gesù ai poveri, senza avere alcuna formazione e quindi alcuna idea di ciò che stia dicendo. “Aprivo la scrittura e predicavo il Vangelo”, così alla luterana, senza mandato, con il libero esame della Scrittura, come se non fosse scritto nella lettera di san Pietro che le Scritture non devono essere soggette a libera e privata interpretazione.
Di solito la padronanza della dottrina dell’analogia – meglio detta la capacità di saper fare esempi efficaci e calzanti – è sicura garanzia di intelligenza brillante, dimostra sicura dottrina, e che chi le fa padroneggia l’argomento. Non è il caso di Kiko.
Nel suo “annunciare il kerygma” manca di chiarezza, spesso incorre nell’ambiguità, quasi sempre manca di prudenza e di tatto, perché decine e decine di minuti del suo passionale eloquio e del suo scritto consistono in narrazione di situazioni di peccati altrui: questo comporta immettere ulteriore malizia nell’eventuale innocente ascoltatore e nel propagare gli scandali.
E giù racconti di sodomìa, corna, stupri e rincara la dose dicendo: è tutto vero eh! Questo significa non solo non aver visto neanche il colore di un libro di etica o di teologia morale, ma anche essere privo di ragione sapienziale e di buon senso.
La sua inadeguatezza culturale non lo ferma, perché lui per tutto il libro osa pontificare su temi a lui sconosciuti di teologia trinitaria, di metafisica, sull’essere, sul peccato originale.
Naturalmente, visto che questo è il testo considerato esemplare da proporre nelle campagne evangelizzatrici delle 100 piazze, vien da sé che la predicazione dei neocatecumenali in tali occasioni sarà altrettanto ambigua, inesatta, fuorviante per chi li ascolta e pensa che si tratti, per quanto semplificata, di dottrina della Chiesa.
Miracolismo anteposto alla fede
Altro aspetto da telepredicatore protestante: la convinzione che il miracolo preceda e provochi la fede. Sappiamo che di questo Kiko è sempre stato convinto, al punto da aver progettato di fare miracoli, senza poi arrivare al dunque perché "non ce ne era stato bisogno".
A pagina 87 Kiko ritiene che per “predisporre gli atei all’ascolto e quindi poi alla fede si fa appello al miracolo” capovolgendo la norma evangelica che il miracolo presuppone la fede, infatti al miracolo si crede per fede.
Ricordiamoci di Epulone a cui viene risposto: “Neanche se un morto risuscitasse crederebbe…” L’opposto di ciò che dice Kiko. Non esiste modo più collaudato di farsi prendere in giro dai non credenti: parlar loro di miracoli.
Svalutazione della Chiesa e del sacerdozio cattolico
La Chiesa proposta da Kiko, e quindi dai catechisti neocatecumenali nelle 100 piazze, è una Chiesa orizzontale, che si regge sul sacerdozio universale sottostimando e disprezzando quello ministeriale, esattamente come Lutero che riconosceva solo l'origine divina del sacerdozio battesimale, quello comune, e non di quello ministeriale, istituito da Cristo nell'ultima Cena.
Kiko ritiene che per convertirsi è necessario esperire l’amore fra i battezzati, allora uno chiede il battesimo. Non farebbe una piega se non fosse che tutto ciò lo intenderebbe in modo esclusivo, cioè bandendo i preti, i simboli religiosi, e la chiesa, a cui l’uomo contemporaneo non crede più.
Se avesse fatto teologia, o almeno fatto catechismo seriamente, saprebbe che non c’è battesimo senza Chiesa, senza simbolo, e senza prete.
Volontarismo luterano
Nel Cammino più che una fede, si propugna un fideismo, fin dall'inizio, che procede con atti di volontà che superano ed ignorano la ragione, esclusivamente accettando uno schema che li impone come necessari e voluti da Dio. Chi pretende di sottoporre all'esame della ragione questi atti (come la vendita dei beni, il sottoporsi a scrutini che ledono privacy e foro interno, andare per le case come novelli Testimoni di Geova, dare la precedenza assoluta alle pratiche e necessità del Cammino rispetto ai propri doveri di stato eccetera) viene considerato di volta in volta un incredulo, un pagano, uno schiavo di mammona, un bigotto, un irriconoscente verso Dio che lo avrebbe eletto tramite il Cammino neocatecumenale.
Manca nel cammino la parte catechetica in cui si nutre questa fede… qualora ci fosse. Il Kerygma, come lo chiamano loro, attiva la fede, la dona con l’ascolto ma poi va protetta, nutrita, l’anima va portata a perfezione ognuno secondo i propri carismi, ma questo è il dispositivo che manca, in quanto sono strumenti che mancano all’iniziatore. Che tradisce il suo volontarismo luterano in ogni minimo dettaglio del suo eloquio: “Il Signore non ha permesso di sposarmi”… casomai tu hai deciso di “non farlo…”
Misoginia e forzatura vocazionale
Il modo di considerare il peccato e la donna, da parte dell’iniziatore, si ripercuotono sul cammino stesso. Équipe e catechisti itineranti fanno guerra psicologica ai giovani etichettandoli come falliti se non si sposano o non si fanno preti, ma sono in contraddizione: i catechisti itineranti sono né preti né coniugi con un esperienza di vita molto distante da quella di una coppia o di un sacerdote, non sono credibili né autorevoli in nessuno dei due contesti.
Eresia fideista
Il fideismo che viene richiesto fin dall'inizio per attuare una sequenza di scelte personali e familiari secondo una rigida scaletta, prevedendo "punizioni" se non ci si attiene ad essa, viene applicato anche allo stesso modo in cui ci si approccia ai dogmi di fede, escludendo per essi il vaglio della ragione. Naturalmente i dogmi vengono rivisitati secondo la "teologia" kikiana, spesso svuotati dall'interno, come la visione stessa delle realtà ultime, il giudizio particolare, che consiste in una promozione a pieni voti se si è camminato e nel Purgatorio se si è "fatto male" il Cammino, la santità della Chiesa, limitata storicamente al periodo pre Costantino e post Concilio Vaticano Ii, gli stessi dogmi mariani, i più invisi ai protestanti e ai filo-protestanti, in particolare l'assunzione al cielo della Vergine equiparata alla morte del buon catecumeno.
A pagina 94 dopo un groviglio di affermazioni contraddittorie si configura formalmente l’eresia fideista contro il Vaticano I che dice il dogma è razionale e ragionevole pertanto va creduto. “Credere che Gesù è il Signore –attesta Kiko– non è una verità razionale”, e ribadisce che non è una questione razionale. Ecco come si corrompe il popolo di Dio. In lingua italiana una cosa "non razionale" è irragionevole, e ciò che è irragionevole è sciocco e non è da credersi.
Al modo luterano Kiko esclude il vaglio della ragione al contenuto di fede.
Libero esame della Scrittura e ricerca della felicità
L'esame della catechesi dei Tre Angeli di Kiko, rivela una pratica protestante che è il libero esame della Scrittura e svela anche i motivi della profonda "tristezza" che permea il Cammino: la ricerca della felicità infatti viene considerata, in nuce, peccaminosa, proprio per una personale e libera interpretazione kikiana delle frasi di San Paolo.
Ce n’è per tutti i gusti: a pagina 97 dà un esempio di libero esame della Scrittura, altra eresia. “Cristo è morto per tutti perché non vivano per se stessi”: allora cosa è vivere per se stessi? Kiko dice: “vivere per se stessi è cercare la propria felicità e questa è una cosa grave... un ragazzo va all’università cerca il lavoro e una ragazza e questo è un male grave, perché è causa del peccato originale”.
Kiko confonde la concupiscenza della carne con la felicità. San Paolo non intende affatto questo; vivere per se stessi è vivere egoisticamente secondo la carne che fa guerra allo spirito, cioè un uomo con un solo orizzonte immanente. Antropologicamente il dire che la ricerca della felicità è un male è una boiata. E tutta la catechesi di Kiko è fondata su questa sua opinione.
Eresia del "sola Grazia" e svalutazione della volontà umana
Il battesimo, per Kiko come per una certa predicazione protestante, deve essere consapevole (quindi fatto da adulti, così come il suo battesimo bis al Giordano).
Inoltre il Sacramento perde di validità se non viene continuamente rinverdito dalla predicazione neocatecumenale.
A pagina 103 mette in bocca a San Giovanni Paolo II: “se un battezzato lascia di praticare e decide di essere lui a dirigere la propria vita, il suo battesimo rimane come morto”. Io penso che mai e in nessun caso Wojtyła avrebbe detto una cosa simile. Bugiardo! Non dice questo. (cfr. Catechesi sul battesimo, Angelus del 3/3/2002) Di quella frase è evidente la paternità esclusiva kikiana, in quanto è ragionevole ritenere che Kiko pensi che un battezzato praticante non decida della propria vita, riappare l’eresia volontarista di Lutero: “sola grazia”.
Un passaggio palesemente giustapposto nello stile e nel contenuto con tanto di citazione del CCC 406 è a pagina 106: “Noi non siamo protestanti, il peccato originale non ha distrutto interamente la natura umana”. Ah! Allora l’hai studiata la teologia, Kiko, o no? Oppure te l’hanno fatto aggiungere come una pezza peggiore del buco? A casa mia si dice excusatio non petita, accusatio manifesta! Il peccato ha come ricompensa l’inferno, alta escatologia.
Non tutti gli uomini sono figli di Dio?
Andiamo avanti, io non so se se le inventa la notte: pagina 109, “Non tutti gli uomini sono figli di Dio. Tutti sono creature divine.” Una baggianata più grossa dell’altra, forse che alcuni hanno una natura umana diversa dagli altri? Tutti gli uomini sono figli di Dio, i Cristiani godono una 'figliolanza speciale' per i meriti che Cristo ci ha guadagnato con la sua morte e resurrezione. Ci sono diversi tipi di figliolanza, ma tutti siamo figli di Dio. Kiko è specialista di bestemmie logiche e di contraddizioni semantiche come questa. Una cosa o è divina o è creata, non si dà un terzo. Dire creatura divina in teologia in una catechesi a migliaia di persone, è come dire “rutto elegante” o “acqua asciutta”. Una contraddizione in termini in cui Kiko non incorrerebbe se avesse studiato almeno il catechismo. Ma lui si ostina a parlare di cose che non sa con noiosa pertinacia e con dissacrante superficialità.
Ruolo del credente nella società
Sulla questione politica e sociale, della giustizia sociale, Kiko ha le posizioni delle sette protestanti pentecostali e dei testimoni di Geova: il mondo e la politica sono del diavolo, principe di questo mondo, qui vince sempre il demonio, nazismo, comunismo, ateismo. Così certifica la sua ignoranza vergognosa della storia della chiesa e del monumentale e poderoso magistero di Giovanni Paolo II sulla dottrina sociale e di come la Chiesa, sia sempre stata in 2000 anni paladina della giustizia sociale, basti citare Montesinos, De Vitoria, Las Casas, studiosi dello Ius gentium dell’Aquinate e questi vengono prima di Marx. Per non parlare della Rerum Novarum e di tutto ciò che è seguito, fino ad Aldo Moro. Ma questo è arabo per Kiko e i suo catechisti. Caro Kiko, un cattolico è tenuto a scendere in politica e può fare la differenza e ciò è lodevole.
Dio ti ama così come sei... perciò, non cambiare!
Prepariamoci alla castroneria più grossa del libro che metterei in grassetto. È un po’ come un pilota di formula uno che confonde un rettifilo con un curva, uno che in teologia confonde natura divina con grazia. “Il battesimo conferisce la natura divina”.
Kiko mostra disprezzo e nausea per la devozione popolare, compresa quella eucaristica, e per il Santo Rosario. Un’accozzaglia di termini Kikiani “catechesi seria”, “Kenosis”, “esperienza di morte ontica”... 40 anni che tutti quelli usciti da questa catena di montaggio parlano con questi termini bizzarri, a parte questo, non è rara nella sua foga la tendenza ad essere pericolosamente ambiguo su argomenti delicatissimi di fede e morale. “Per amarti Dio non ha bisogno che tu sia buono che lasci la tua amante.” Adesso, chi ha studiato 10 anni di filosofia e di teologia ed è “del mestiere”, sa che probabilmente - e speriamo voglia dire - che Dio ci ama per primo con i nostri peccati… Sì, ma detto ai poveri delle favelas, alla gente che non è “del mestiere” potrebbe suonare come: “continua ad andare a letto con la tua concubina, che tanto Dio ti ama così come sei”. Un po’ come il volemose bene e l’ammore che trionfa su tutto che serpeggiano nella Chiesa oggi.
Ovviamente nei suoi sproloqui non esiste la differenza fra peccato mortale o veniale o peccati diversi da quelli sessuali: per Kiko son tutti sessuali e mortali.
Kiko vuole evangelizzare chi è già devoto Giù ancora con l’antropologia Kikiana secondo cui la ricerca del bene e della felicità è un male. Quando sappiamo tutti quelli che hanno l’Aquinate per maestro che è una costante antropologica, naturale, l’uomo tende al bene per natura, ma no, per lui è qualcosa che lo tiranneggia che lo schiavizza: antropologia luterana. Esempi stucchevoli sulle prostitute di Roma, sulle carceri -spot per Pannella - e poi rivolgendosi ai coniugi, lui che non è sposato e non sa cosa sia la teologia, dice: “Lo Spirito Santo ti aiuta a lavare i piatti”. Andiamo avanti nell’estenuante lettura qui Kiko dice dove sarebbe il caso evangelizzare, nelle zone dove c’è forte devozione popolare cioè dove hanno già la fede e nelle zone secolarizzate. Allora ha l’intenzione di sostituire col cammino la devozione popolare? Il Kerygma non è da annunciare a chi ha già la fede, lì devi catechizzare e formare le coscienze, cose che i neokatekikos non sono in grado di fare perché ignoranti.
Come i protestanti, non ama le immagini e le opere d'arte che ispirano devozione; vuole smantellare i simboli della fede cattolica.
Secondo Kiko non si può evangelizzare attraverso simboli religiosi di fede cristiana come una cattedrale, perché i non credenti hanno pregiudizi. È ignominioso, detto da un sedicente artista, disprezzare le cattedrali medievali. Ci vogliono nuovi segni che tocchino l’uomo moderno, dice Kiko, dunque smantelliamo i simboli del cattolicesimo: ecco perché vogliono celebrare al modo loro e mai in chiesa. Dov’è finito lo spirito di cortile dei gentili di cui si fregiava poco fa? Ci adattiamo ai peccatori e ai pagani rinunciando ai nostri simboli per far contenti i lontani. Non sa Kiko che il vero stile del cortile dei gentili è dialogare di fede con l’ausilio della ragione, come la chiesa insegna da 2000 anni. Come lui vuole dialogare smantellando la propria identità cattolica e simboli cattolici si chiama luteranizzazione, oppure sottomissione, che in arabo si pronuncia islam.
Presenza reale e unico altare (non tre)
L’altare poi è uno e non tre come lui attesta, anzi dice “l’altare è l’eucaristia” (sic). L’eucaristia è un sacramento e non è un altare. Il corpo di Cristo e Dio stesso e non è “divinizzato” come dice lui, da qui si coglie la confusione che ha sulla presenza reale. L’altare è alter Christus nel senso che è Cristo stesso, ed è uno non possono essere tre. L’altare, solo per analogia è croce e trono. Nella tradizione cristiana non esistono che il talamo e l’altare. E l’altare, poi, non è tavola dove si mangia. Né la mensa della famiglia, né il talamo degli sposi è consacrato dal vescovo, e l’altare viene baciato prima di usarlo perché contiene le reliquie dei santi martiri, caro Kiko, solo l’unico altare lo è.
Dire che gli altari sono tre, equivale togliere sacralità all'unico altare.
La domanda è:
quanto hanno influito su Kiko gli studi di liturgia fatti dalla scuola ereticale luterana? E quanti di questi insegnamenti eterodossi passano nelle 100 piazze visto che questa catechesi viene data come riferimento per la predica laica che il catechista di turno espone ai passanti?