«Gli studenti del "convento nero" si dirigono verso la sala del refettorio, discorrendo ancora tra loro su quanto hanno ascoltato a lezione, prendono posto attorno alla tavola imbandita: dopo aver ringraziato il Signore che salva gratuitamente, la cena può iniziare.
Tra gli studenti siedono i professori. C'è allegria in quella rumorosa tavolata: l'inverno volge al termine e una certa euforia primaverile invade gli animi.
Ci si scambia battute, qualcuno imita l'imperatore, altri il papa, l'anticristo di Roma la grande meretrice.
Si ride dinanzi ai loro sberleffi: se si ha fede in Cristo, il diavolo è del tutto impotente. Bisogna stare attenti, però, laddove si erige una Chiesa, perché Satana stabilisce nelle vicinanze la sua dimora.
Uno dei docenti (Martin Lutero), dopo aver bevuto al proprio boccale, con voce ferma esclama:
Il papa nel suo concilio non cerca la riforma, infatti dice così: "La riforma di Roma è più odiosa del tuono del cielo o del giudizio universale".
Come disse un cardinale: "Mangino, bevano pure sotto le due specie eccetera: che ce ne viene? Ma se volessero riformarci, allora ci opporremo.".
E neppure noi [luterani] siamo soddisfatti se anche ci concedessero l'Eucaristia sotto le due specie e il matrimonio dei sacerdoti, ma vogliamo avere integra anche la dottrina della fede e della giustificazione, che scaccia ogni idolatria. Scacciata l'idolatria, va in rovina il fondamento del papato.
Questa è la riforma che il papato fiuta e teme…
Due studenti prendono appunti, trascrivono le parole di quel professore dallo sguardo conteso tra Dio e il diavolo.
La scena qui fantasticata ci invita a sedere a tavola con colui che per secoli è stato considerato l'eretico per eccellenza è che, a cinquecento anni dall'affissione delle 95 tesi sul portale della chiesa di Wittenberg -avvenuta, stando alla vulgata, il 31 ottobre del 1517- è ancora in grado di offrire una diversa visione della fede. Un "altro cristianesimo", antico e nuovo (…)»
Nota: il brano sopra riportato è tratto dall'introduzione di Domenico Segna al volume "Lutero, discorsi a tavola" (editrice Garzanti, collana I grandi libri dello Spirito): libro dal quale di seguito scegliamo, aprendo quasi a caso tanto sono numerosi i passi interessanti per dimostrare il nostro assunto, uno di questi discorsi di Lutero fedelmente appuntati da più seguaci del grande distruttore dell'unità della Chiesa Cattolica, segnalando con appositi link tutte le assonanze con un "riformatore" ben più recente nel panorama della storia della Chiesa, Kiko Argüello.
Abbiamo intitolato il passo che vi proponiamo di seguito: "I tormenti di un eretico".
A chi si cimentasse a leggere attentamente quanto segue, vogliamo far notare come l'eresia consista nell'inquinare un po' la verità lasciando che ciò produca frutto da sé. Lutero ha una certa ossessione riguardo al peccato e riguardo alla "giustificazione", e sottilmente induce gli ascoltatori a pensare che non occorrerebbe sforzarsi di essere giusti. Proprio ciò che afferma Kiko da mezzo secolo a questa parte. Lutero gioca con le parole ("Dio non si adira") esagerando la lettera delle Scritture in modo da tradirne lo spirito, imponendo così, elegantemente, le proprie sbagliate idee a coloro che lo ascoltano (proprio come hanno fatto Carmen e Kiko). Lutero sottilmente mette da parte la volontà umana in modo da insinuare che le buone opere e le mortificazioni del corpo e dello spirito sarebbero inutili o dannose o innaturali, inducendo gli ascoltatori a fare lo stesso errore.
Sottolineeremo alcune delle principali somiglianze fra Lutero e Kiko, scusandoci in anteprima con i cultori della materia per la sproporzione fra un personaggio della statura del Riformatore protestante con un eretico piccino picciò dei giorni nostri.
Il 14 dicembre 1431 a pranzo.
(Parla Martin Lutero)
«La più grande tentazione di Satana è quando dice: "Dio odia il peccatore: anche tu sei peccatore, perciò Dio odia anche te".
Altri sentono in modo diverso questa tentazione. A me Dio non rinfaccia i miei misfatti, ciò che ho celebrato la messa, che da giovane ho fatto questo o quello; ad altri invece rinfaccia la vita trascorsa. In questo sillogismo, bisogna semplicemente negare la premessa maggiore: che è falso che Dio odi i peccatori.
A questo punto, quando Satana ti obietta Sodoma ed altri esempi dell'ira, tu, a tua volta, contrapponigli Cristo mandato nella carne; se Dio odiasse i peccatori, non avrebbe certo mandato suo Figlio per loro.
Odia soltanto quelli che non vogliono essere giustificati, coloro cioè che non vogliono essere peccatori.
Tentazioni come queste ci giovano moltissimo e non sono, come sembrano, perdizione, ma insegnamento, ed ogni cristiano rifletterà che senza le tentazioni non può conoscere Cristo.
Quasi dieci anni fa, ho provato per la prima volta questa tentazione della disperazione e dell'ira divina.
Dopo, ho avuto un po' di quiete tanto che, da quanto mi andò bene, presi anche moglie, ma poi la tentazione tornò. Poiché allora mi lamentai con Staupitz (1), egli mi disse di non aver in verità mai provato quelle tentazioni. "Ma per quanto ne capisco" disse "esse sono più necessarie per voi del bere e del mangiare".
Quindi, quelli che come voi provano tali tentazioni devono abituarsi a sopportarla, perché questo è il vero cristianesimo.
Se Satana non mi avesse molestato così, io non avrei saputo essere tanto nemico a lui, né avrei anche saputo fargli tanto danno.
Così anche in tanta abbondanza di doni di Dio (io devo attestare e dire che essi sono sono di Dio e non sono miei), se non ci fossero state le tentazioni, sarei caduto, per la superbia, nell'abisso dell'Inferno.
Il nostro Signore Iddio in questo modo mi insegna che i doni non sono miei, ma suoi, poiché quando viene la tentazione, non sono capace di vincere un peccato veniale.
La tentazione quindi ci salva dalla superbia e insieme aumenta la conoscenza di Dio ed i suoi doni, perché da quando sono stato tentato in quel modo, Dio mi ha dato quella famosa vittoria, perché ho vinto i monaci, i voti, le messe e tutte quelle abominazioni. E invero, come potrebbe altrimenti fare il Signore Iddio? Poiché papa e Cesare non mi possono piegare, deve esserci un diavolo, perché il valore non si indebolisca senza il nemico.
Pietro ha un detto eccellente da ultimo: "La vostra fratellanza ch'è nel mondo", vale a dire noi non siamo soli, ma molti che non conosciamo sopportano qua e là le stesse cose. Tuttavia non siamo senza consolazione, ma la vittoria resta nostra e saremo vincitori, giacché noi abbiamo la remissione dei peccati.
Dunque, quando vediamo i nostri peccati, non abbiamo ragione di temere, bensì ne hanno quelli che non li vedono; quelli sì che hanno ragione di temere.
Tutto sta nel tagliare direttamente, come dice Paolo, cioè che noi, prima atterriti, ci prendiamo a cuore la dura sentenza e il terribile esempio, benché a noi soltanto appartengano le promesse.
E allora noi vediamo che l'articolo della giustificazione è necessario solo per consolare quelli che sono afflitti. Per questa ragione, caro N., sopporta di onorare il Signore Dio e celebragli il sacrificio. Non dovete altresì pregare per la redenzione più di quanto egli vuole.
A noi giovani spetta conoscere le astuzie del diavolo. Egli prende dei peccati da niente, che sa gonfiare tanto che uno non sa dove finirà per questo.
Il diavolo una volta mi ha tormentato con Paolo e Timoteo e quasi mi strozzava, perché voleva struggermi il cuore nel corpo. "Sei stato tu la causa se tanti monaci e monache se ne sono andate dal monastero."
Con l'astuzia mi tolse dagli occhi l'articolo della giustificazione, perché non ci pensassi e mi mise davanti il testo; venne con me fuori dalla grazia per discutere la legge. Ero spacciato. (…) Che volpone! Ci insidia di nascosto ovunque. Ma tuttavia noi abbiamo Cristo che è venuto non per perderci, ma per salvarci. Se guardiamo a lui allora non c'è, né in cielo né in terra, altro Dio che il Dio giustificatore e salvatore: se al contrario lo si perde di vista, non c'è neanche altrove alcun aiuto, né consolazione, né quiete.
Solo quando mi viene in mente l'argomento "Dio mandò il suo Figlio", allora il cuore ha quiete.
Perciò tutti quelli che sono tentati devono proporsi Cristo ad esempio: anch'egli fu tentato, ma questa tentazione fu lui più aspra che per voi e per me. Spesso però mi ha fatto meraviglia come ciò sia stato possibile, dal momento che il diavolo lo sapeva puro. Ma lo ha umiliato il fatto che il diavolo gli abbia detto: "Mi senti? Sei un volpone: ti trovi tra bricconi e sei figlio dell'uomo, devi essere superiore a tutti, dunque sei partecipe di tutti i peccati di tutto il mondo, di tutta questa carne di cui sei coperto". -"Sì, ma io non ho fatto niente" -"Non importa! Io tuttavia ti trovo qua."
Perciò la nostra tentazione è niente in confronto alla sua.
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Santa cena protestante
o eucarestia neocat? |
Io non ho avuto occupazione più grande e più difficile della predicazione, perché ho pensato: "Tu fai solo un gran chiasso; ebbene, ciò è ingiusto, tu sei colpevole di tante anime che vanno all'inferno."
Nella tentazione, spesso me ne sono andato all'inferno, dentro, finché Dio non mi ha richiamato e mi ha confermato che era la Parola di Dio ed il vero insegnamento. Costa molto, però, prima che uno giunga alla consolazione.
Con altri invece il diavolo viene con la giustizia. Egli pretende di trovare in noi solo la giustizia attiva, mentre noi abbiamo solo la giustizia passiva e non dobbiamo avere neanche quella attiva.(2)
Ebbene, egli non vuole concederci la giustizia passiva; così io ho perduto nella giustizia attiva, perché qui nessuno può tenere testa a Dio.
Ma se lo si manda via e gli si dice: "Cristo è stato crocifisso qua per i peccatori; lo conosci anche tu? Io vivo nella sua giustizia, non nella mia; se ho peccato ne risponde lui."
Questo è il primo modo di vincere Satana, nella parola e per mezzo della parola.
L'altro è vincerlo col disprezzo, scacciando via i pensieri, non pensandoci, pensando ad altro, ad una danza, a una graziosa fanciulla. Anche questo va bene. Bisogna che sia così. Il nostro Signore Iddio ci combatte a dovere, tuttavia non ci abbandona.
Anche noi dobbiamo fare quanto sta in noi e avere cura dei nostri corpi. Per coloro che sono tentati, è cento volte più dannosa l'astinenza che il mangiare e il bere.
Se seguissi l'appetito, non mangerei niente per tre giorni. Questo è poi un semplice digiuno, perché io mangio, bevo e tuttavia lo faccio senza voglia.
Quando il mondo vede questo, lo prende per ubriachezza, ma giudicherà Iddio se è ubriachezza o digiuno. Essi combatteranno la Quaresima, ma non volontariamente come faccio io.
Perciò tengo la pancia e la testa piene, così anche il sonno sarà utile.
Perché a me accade così: quando mi sveglio, ecco che viene subito il diavolo e disputa con me, finché non gli dico: "Leccami il didietro (3). Dio non si adira, come tu dici".
Poiché egli ci tormenta più di tutto col dubbio.
In compenso abbiamo il tesoro della parola, Dio sia lodato.»
Note:
(1) Staupitz fu Vicario generale dell'Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino in Germania dal 1503, fu professore a Wittenberg ed iniziò agli studi biblici Martin Lutero, a cui cedette la propria cattedra nel 1512. In seguito avversò Lutero e la sua riforma.
(2) Lutero considerava che la salvezza avvenisse esclusivamente per la giustizia passiva, cioè per la fede, e non per giustizia attiva, e cioè per le opere.
(3) L'espressione attribuita a Lutero nel testo è più volgare.
Esplicitiamo ora solo alcuni paralleli fra questo discorso a tavola di Lutero e i discorsi "a tavola" tratti dai mamotreti di Kiko.
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Lutero affigge le sue tesi
Kiko ci affligge con le sue catechesi |
(*)
Lutero:
Dio non odia i peccatori, odia soltanto quelli che non vogliono essere giustificati, coloro cioè che non vogliono essere peccatori.
Kiko:
- Dio ha permesso che io conoscessi che sono un porco (recenti esperienze di casi di pedofilia, ma ve ne sono di datate nel cammino, fino ad ora tenute sepolte e nascoste, perché il mondo non comprende e non giustifica, nel suo moralismo, "ma tra noi neocatecumenali è diverso" perché sappiamo che noi, che giudichiamo ancora, domani potremmo anche fare peggio).
Lutero:
la vittoria resta nostra e saremo vincitori, giacché noi abbiamo la remissione dei peccati.
Kiko:
Mentre è vero che la Chiesa proclama con fermezza che Gesù ci ha offerto il Suo perdono sulla Croce e che noi dobbiamo accettare il suo perdono tramite il pentimento, rispetto al "giudizio" la Chiesa insegna qualcosa di diverso.
Sfruttando la parola "giudizio" Kiko ha deliberatamente travisato il linguaggio della Tradizione della Chiesa, che nella sua storia ha insegnato che ci sono in realtà due giudizi che l'uomo dovrà fronteggiare: il Giudizio Particolare che avviene per ogni uomo dopo la morte ed il Giudizio Universale (o Finale) che avviene alla fine del mondo al ritorno di Cristo ed ogni uomo, giusto o malvagio, riceverà un corpo risuscitato.
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"Santa cena" protestante a confronto con
la "Eucarestia" neocatecumenale |
Noi abbiamo la remissione dei peccati…
Kiko:
- «Oggi, ogni volta che si annuncia il Kerygma siete chiamati a conversione, ma per credere alla Buona Notizia dovete accettare che Cristo è morto per i vostri peccati, perché ti siano perdonati e perdonati i tuoi peccati, ora (in questo momento), domani SE VUOI lo sigillerai nella confessione, ma se tu ti penti di aver toccato quella ragazza o di esserti mas… ora stesso i tuoi peccati vengono perdonati e se i tuoi peccati sono perdonati può scendere lo Spirito Santo che diventa una sola cosa con te, si fa Uno con te…»
(Dalla catechesi di Kiko Argüello, GMG 2013 di Rio)
È la dottrina luterana del "Solus Christus": sappiamo infatti che il cammino è allergico a tutti i santi che non siano i propri stessi fondatori e ridimensiona il ruolo del sacerdote come guida spirituale e come tramite di Dio per il perdono nella confessione sacramentale, che per i kiko's "sigilla" il perdono che scende sul fedele nel momento in cui crede alla predicazione.
(***)
Lutero:
Dio non si adira.
Kiko:
- “La prima cosa che dobbiamo pensare è che non si può recare danno a Dio. Dio non lo si può offendere nel senso di togliergli la sua gloria, perché allora Dio sarebbe vulnerabile e non sarebbe Dio. Dio è invulnerabile. Non gli puoi togliere la sua gloria in nessun modo…”
- “Questa è una cosa che sorprende moltissimo la gente perché da piccoli ci hanno detto che il peccato fa soffrire Gesù bambino se siamo cattivi e indocili. E la gente ha dei concetti molto sentimentali, pensano che il peccato fa soffrire molto Gesù Cristo.”
Certamente col peccato l’uomo rifiuta a Dio l’amore che Egli merita. L’uomo non può togliere gloria a Dio né danneggiarLo, ma Lo “offende” perché Gli nega quanto Gli è dovuto (e se potesse… Lo sopprimerebbe). In realtà l’uomo, nella sua presunzione, tenta di sottrarsi a Dio, e pecca turbando l’ordine oggettivo della verità e della giustizia. Se peccando l’uomo danneggiasse solo se stesso, non avrebbe obbligo di riparare (la riparazione non avrebbe senso se Dio non può esser offeso).
Ma nella Bibbia si parla spesso di peccato come offesa a Dio (Gb 1,5; Sal 119,11; Prov 14,21; 17,5; Ez 20,27; Rm 2,23).
Anche il Concilio Vaticano II usa questa terminologia, parlando di offese fatte a Dio con il peccato (Lumen Gentium, 11).
Dice Giovanni Paolo II: “È vano sperare che prenda coscienza un senso del peccato nei confronti dell’uomo e dei valori umani, se manca il senso dell’offesa commessa contro Dio, cioè il vero senso del peccato (R.P. 18).
(cfr. anche: don Elio Marighetto,
"I segreti del Cammino Neocatecumenale")
(****)
Lutero: Quando il mondo vede questo, lo prende per ubriachezza, ma giudicherà Iddio se è ubriachezza o digiuno.
Kiko:
- "Ci fu un tempo in cui si credeva che per essere virtuoso era necessario sacrificarsi molto facendo piccoli atti per esercitare la volontà (mi tolgo ora questa sigaretta; domani…). Oggi questo non si accetta più. È stato per altre epoche. Io non ti consiglierei mai, fratello, questo stoicismo… Perché toglierti questa sigaretta, questo pò di acqua, o dare questa elemosina a un povero per acquistare virtù, può fare di te l'uomo più fariseo del mondo". (Mamotreto della Convivenza dello Shemà)
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Come la Chiesa ha risposto a Lutero
e come ha risposto a Kiko.
Notare le facce lugubri degli Iniziatori |