Che questa trasmissione sia altamente tendenziosa, ingannevole e propagandistica, lo mostra l’attenzione rivolta alle comunità della “Teologia della Liberazione”, invise alla Chiesa di allora più di quanto lo siano oggi, soprattutto nella persona di Giovanni Paolo II, reduce dai sistemi totalitari di un certo colore politico e quindi molto sensibile al tema.
La tendenziosa malafede si rileva perché alle comunità e ai nuovi Movimenti post conciliari concorrenti del loro proprio, viene dedicata un’attenzione meno che minimale, mentre nei confronti di coloro che “non possono recare danno” alla loro organizzazione perché già condannati, avversati e stigmatizzati dalla Chiesa, buttano benzina sul fuoco.
Così facendo il Movimento Neocatecumenale ne esce comunque vittorioso: dei concorrenti si parla meno di poco e ai “perdenti devianti” si dedica più di mezza puntata.
Ne esce quindi che “loro sono, tra tutti, i migliori”.
In questa seconda metà della V° puntata, infatti, si parla ampiamente della Teologia della Liberazione e si mettono in mostra tutti i lati negativi, per dimostrare come nel post-Concilio siano nate anche “comunità non buone”, da non confondersi con le loro.
Si va quindi in Centro America, patria di questo tipo di “teologia” e in un video si mostrano le
COMUNITA’ DELLA CHIESA POPOLARE.
Il primo intervistato è il vescovo emerito di Cuernavaca, Messico,
Sergio Méndez Arceo che in effetti rilascia dichiarazioni molto pesanti, almeno nella traduzione italiana.
Siccome però nel momento di queste dichiarazioni “forti” è ripreso a distanza, ci sorge il dubbio che possa aver detto esplicitamente quello che sentiamo, giacché in qualche altra circostanza ci siamo accorti che la traduzione non rispecchiava il parlato madrelingua dell’intervistato.
Che un vescovo possa dire a cuor leggero e pubblicamente quelle cose ci sembra incredibile, addirittura mancante di savoir faire e della dovuta prudenza, anche se appoggiava la teologia dei “preti guerriglieri”.
Inizialmente si esprime a favore del rinnovamento del Concilio, soprattutto per quel che riguarda l’introduzione della lingua popolare che ha permesso la formazione di comunità ecclesiali per la lettura delle Scritture.
Poi dice:
“
Gesù ha sfidato tutti i poteri, religiosi, economici, politici, del suo tempo. Allora la corona di questo è la croce”.
Poi però si inerpica in una forma di predicazione totalmente opposta a quella neocatecumenale, quando gli viene chiesto se è possibile la comunione tra ricchi e poveri:
“
E’ possibile se si chiudono gli occhi su queste differenze sociali. Ma se si aprono gli occhi, allora la comunione non è possibile. Si può avere l’amore, se si parla di comunione come amore, ma l’amore del ricco deve essere cessare l’accumulazione che proviene dallo sfruttamento dei poveri. L’amore dei poveri è esigere che i ricchi cessino l’oppressione e lo sfruttamento. Ma se non si cambia il sistema, le relazioni sociali, non si può arrivare… la comunione esige un cambio di queste strutture”.
Già questo ultimo periodo lo pronuncia “a distanza”, mentre prima era inquadrato in primo piano.
Nel fugace momento in cui appare il suo volto, non pare che le parole che pronuncia corrispondano a ciò che si sente.
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Intervista "a distanza" al vescovo Arceo |
Non vorremmo essere troppo sospettosi, ma quando parla “da lontano” facendo affermazioni così dirette che non risulta abbia mai fatto in altre circostanze, un po’ ci viene in mente che la voce che sentiamo non sia proprio la sua.
Infatti, alla domanda sul come è possibile cambiare le strutture senza la violenza, si sente:
“
E’ vero questo. Io penso che quelli che sono gli sfruttatori nelle attuali strutture, non lasceranno lo sfruttamento senza violenza. Non si può ottenere un cambio delle strutture senza la violenza”.
Ora, o è matto, e non pare proprio che lo sia stato, o qualcosa non torna.
Un vescovo che davanti alla televisione (italiana, non messicana) dichiara così esplicitamente che le strutture si devono cambiare con la violenza, quasi inneggiando alla violenza e giustificandola apertamente, mi pare poco credibile.
L’avrebbero silurato immediatamente, come hanno mostrato di saper fare con altri sacerdoti, invece è rimasto 30 anni alla guida della diocesi, finché non ha lasciato per sopraggiunti limiti di età.
Non è per difendere nessuno, noi sappiamo quello che possiamo leggere, non eravamo presenti agli eventi, ma quello che leggiamo è che è stato un vescovo certamente controverso e controcorrente, chiamato dai detrattori “
il vescovo rosso”, ma che ha sempre fortemente cercato il dialogo, denunciando in maniera scomoda l’oppressione dei vari regimi totalitari instauratisi in America Centrale, che hanno fatto soffrire e costretto alla povertà il popolo, mediante la repressione.
Che incitasse ed inneggiasse alla violenza non c’è scritto da nessuna parte, come invece si trova che stava sempre dalla parte dei poveri, dei deboli, degli oppressi, pur mostrando affinità al socialismo contro il capitalismo imperante e totalitario.
OGGI sappiamo che il vescovo Oscar Arnulfo Romero, accusato in vita di incitare «alla lotta di classe e alla rivoluzione», mentre era considerato malfamato e deriso dalla destra come sovversivo e comunista, è stato dichiarato santo nel 2018.
Nel
Centro mons. Romero a El Salvador, tra i ritratti dei “
Padri della Chiesa latinoamericana”, figura anche il messicano
Sergio Mendez Arceo, deceduto nel 1992.
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Murale sulla santità del vescovo Romero |
Non vogliamo entrare nello specifico, né prendere posizione, ma farci rendere conto che su queste realtà dell’America Centrale è stato detto di tutto ed il contrario di tutto. Realtà lontane, per noi nemmeno immaginabili, dove l’oppressione totalitaria ha causato sofferenze e dolori taciuti, poco noti, che certamente hanno portato all’omicidio del vescovo Romero nel 1980, proprio mentre stava celebrando la Messa ed hanno portato a vivere la fede in modi radicali, diversi, nel tentativo di frenare la sanguinosa repressione del popolo povero che chiedeva solo giustizia e pace.
Un conto quindi è la Teologia della Liberazione, che si legge abbia assunto in alcuni connotazioni troppo politicizzate fino ad arrivare ai “preti guerriglieri”, un conto è denunciare le ingiustizie, opporsi a un sistema autoritariamente repressivo e non equo, dare asilo ai rivoluzionari, assimilabili ai nostri partigiani del secondo conflitto.
E’ facile fare di tutta l’erba un fascio, ma non si può fare.
I salvadoregni erano lì, lo vedevano che Romero era un santo e lo amavano, come anche si legge a proposito di Arceo, che riempiva le chiese di poveri.
Questa intervista ci sembra quindi poco credibile, soprattutto conoscendo poi come si sono svolte le cose successivamente, in cui è stato chiaro che il vescovo Arceo, pur essendo osteggiato e da molti ritenuto “scomodo”, non ha mai subito sanzioni né allontanamenti, come invece è successo proprio di recente per il vescovo Del Palacio, allontanato prima del termine nel silenzio più assoluto delle motivazioni.
I regimi totalitari sono sempre un male, di qualsiasi colore siano, e chi li ha vissuti, come Giovanni Paolo II visse quello di uno specifico colore, ne sviluppa un’allerta, un rifiuto.
Ma non è che se il colore cambia, come nell’America Centrale in diversi tempi storici, la situazione sia migliore, e questo, per esempio, lo sa Papa Francesco.
I forti che opprimono e reprimono i deboli, i poveri ed i diseredati, sono sempre un male per la Chiesa ed anche per il mondo.
Lo dicono anche le parole di un canto che passa nel video, molto “popolare” e poco melodioso:
“
Io non posso tacere, non posso restare indifferente davanti al dolore di tanta gente, io non posso tacere. Perdonatemi amici miei se sento oggi il dovere di cantare la realtà”.
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La "Chiesa popolare" povera |
La realtà.
Di tutto quello che è passato nel video, l’unica cosa che Gennarini sottolinea, per conquistarsi i favori della Chiesa dell’epoca, ma forse anche per la sua indifferenza al dolore ed alle sofferenze altrui, è che la Bibbia è appoggiata su un giornale con la fotografia di un prete guerrigliero, in un’assemblea di preghiera messicana.
Dal Messico passa al Nicaragua, dichiarando che dalla data della registrazione del video al momento attuale, il Nicaragua è in subbuglio.
Quello che propone sono due interviste agli antipodi, una ad
Ernesto Cardenal, simbolo della Teologia della Liberazione, ed una al
card. Obando y Bravo, di cui ci siamo occupati di recente,
che sarebbe stato il simbolo della Chiesa giusta.
Ernesto Cardenal racconta la sua conversione a monaco trappista, la fondazione di una comunità contemplativa ed il successivo annuncio della Teologia della Liberazione ai contadini nicaraguensi.
Anche in questo caso la traduzione non sembra collimare col parlato, specialmente quando dice:
“
Ci siamo impegnati sempre più politicamente per la rivoluzione col movimento sandinista. I giovani della mia comunità sono diventati guerriglieri. Dopo la rivoluzione sono stato nominato ministro della cultura”
In realtà esistono
fonti che affermano la predicazione della non violenza negli anni della comunità contadina che aveva fondato, non dell’incitazione alla guerriglia.
Dopo aver mostrato la deviazione così esplicitamente dichiarata di Cardenal a favore dei preti guerriglieri, l’intervista continua in una netta contrapposizione tra la Teologia della Liberazione e la Teologia del Servo di Jahwe, quella sostenuta dai neocatecumenali in incognita.
Comunque Cardenal continua:
“
La teologia della liberazione… Non è basata solo sulla bibbia, ma anche sugli avvenimenti di attualità e sulle scienze, specialmente quelle sociali. Invece la teologia del servo di Jahwe vuole impedire ai cristiani di fare politica, vuole che il cristiano sopporti la sofferenza come il servo di Jahwe. C’è una interpretazione reazionaria del vangelo e una interpretazione rivoluzionaria. L’interpretazione reazionaria parla di porgere l’altra guancia, e il popolo non si deve difendere quando è oppresso, che porga l’altra guancia. L’interpretazione rivoluzionaria è invece quella di un giovane contadino della mia comunità che ha detto “questo riguarda i ricchi, gli oppressori”. Quando la rivoluzione confisca una proprietà a un ricco, che lui porga l’altra guancia e consegni anche quello che ancora gli resta. Cristo è venuto a portare una buona notizia ai poveri, a liberarli. Da chi? Dagli oppressori, dai ricchi. Una buona notizia per i poveri, una cattiva notizia per i ricchi”.
Naturalmente, ascoltando Cardenal, si capisce subito che sta dalla parte del torto, pur se difende i poveri dagli oppressori: la guerriglia, la violenza, sono aliene al Vangelo.
Ma esprime una cosa interessante, quando dice che gli oppressori, i ricchi, a loro volta violenti con mezzi superiori a quelli dei poveri, utilizzano per i loro scopi la predicazione di una Teologia che non indirizzano a se stessi, ma al popolo: porgere l’altra guancia, non resistere al male che loro stessi fanno. Questo lo deve fare il popolo, non loro.
Si capisce quindi che c’è una gran confusione: pare che tutti stiano nel torto.
L’intervento del card. Obando non dirime la questione:
“
Qui in Nicaragua abbiamo anche difficoltà perché viene attaccata la gerarchia della chiesa attraverso i mezzi di informazione ufficiali, servendosi di alcuni preti di quella che chiamano la “chiesa popolare”. La chiesa popolare è una chiesa alleata al marxismo. Queste comunità ecclesiali di base della chiesa popolare sono critiche, amareggiate, ostili alla gerarchia. Un tempo anche io ero entusiasta della teologia della liberazione, perché mi sembrava fosse un mezzo per aiutare il popolo, ma guardando qui in Nicaragua come si realizza la teologia della liberazione, mi sembra che essa risvegli l’odio, e l’odio non è cristiano. Io penso con Paolo VI e con il Concilio che non ci può essere una vera liberazione se non si trasforma il cuore dell’uomo. E il cuore dell’uomo si trasforma quando portiamo Cristo. Noi vescovi del Nicaragua riteniamo che sotto il regime di Somoza c’era una situazione di peccato e abbiamo esercitato la funzione profetica annunciando la buona novella di Cristo morto e risorto, rilevando certe situazioni di peccato. SICCOME QUI LA CHIESA HA UNA CERTA INFLUENZA, ciò ha contribuito alla caduta del governo di Somoza. Ma anche con l’attuale regime sandinista quando vediamo una situazione di peccato la denunciamo...”.
Tre anni prima era avvenuto l’assassinio del vescovo Romero a San Salvador, per questo l’intervistatore chiede ad Obando se ha paura di essere assassinato.
Naturalmente, Obando parla di voci, non meglio specificate, a proposito della pianificazione di un attentato verso di lui, di cui lui saprebbe anche i nomi.
Racconta così dell’increscioso episodio occorso poco tempo prima al parroco portavoce della Curia (che noi sappiamo essere Bismarck Carballo, ma lui non lo dice), a cui è stato teso un agguato: assalito e tramortito è stato denudato e gli è stata messa accanto una donna. L’episodio fu ripreso dalla televisione e mandato in onda per diversi giorni.
Per cronaca, dobbiamo dire che dopo quell’evento, Carballo è poi divenuto incondizionatamente amico fedele del dittatore Ortega, cosa che contrasta con quanto accaduto negli anni '80, quando fu vittima della campagna diffamatoria da parte degli stessi con cui poi si alleò.
Bismarck Carballo, amico della dittatura come Obando, è attualmente parroco della parrocchia del
Espíritu Santo a Managua, che parrebbe una parrocchia neocatecumenalizzata.
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Parrocchia del Espiritu Santo, Managua |
Qui però ci sono da fare obbligatorie precisazioni, perché in tutto questo parlare di violenza e guerriglia, non si capisce più ad opera di chi viene perpetrata e chi è che la perpetra.
Innanzitutto il primo violento era il corrotto regime militare della dittatura della famiglia Somoza, al potere dal 1936, che attraverso la Guardia Nacional, istituita in Nicaragua dagli Stati Uniti che lo sostenevano, reprimeva con la forza ogni opposizione. Fu la mano che uccise Augusto César Sandino, leader della resistenza nicaraguense contro l'esercito d'occupazione degli Stati Uniti; Pedro Joaquín Chamorro, direttore del giornale La Prensa, oppositore di Somoza e membro di una delle famiglie più importanti del paese; Bill Stewart, giornalista statunitense di ABC News…
Dal 1972 la violenza accrebbe con la rivoluzione sandinista (così denominata in onore di Sandino), ma la guerra civile era iniziata molto prima e durò 20 anni.
In questo tempo era un bagno di sangue, da entrambe le parti: Somoza faceva radere al suolo interi villaggi sospettati di aiutare i ribelli, bombardava interi quartieri della capitale, uccidendo migliaia di persone.
I ribelli sandinisti, dal loro canto, conducevano azioni militari contro il regime, assaltando ministri, prendendo in ostaggio membri del governo di Somoza, assaltando presidi della Guardia Nacional, fino a rovesciare il regime nel 1979, grazie all’aiuto degli insorti civili che corsero alle armi rafforzando il fronte dei ribelli.
In questo stato di cose, Ernesto Cardenal, che peraltro era nato da famiglia ricca, sostenne la guerriglia armata sandinista e, dopo la vittoria e la salita al Governo di Daniel Ortega, l’attuale presidente nicaraguense, gli venne assegnato l’incarico di Ministro della Cultura nel nuovo nascente governo.
Fu questo, insieme di sicuro ad altre considerazioni, che gli costò la sospensione
a divinis nel 1984 da parte di Giovanni Paolo II, ma
è stato riabilitato da Papa Francesco nel 2019, poco tempo prima della sua morte.
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Immagine storica: Giovanni Paolo II rifiuta di farsi baciare la mano
ed ammonisce pubblicamente Cardenal, senza dargli la benedizione. |
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Cardenal, con la stola, concelebra la Messa dopo la
riabilitazione di Papa Francesco |
Dopo aver sostenuto Ortega nella rivoluzione, infatti, negli anni ’80 ne diventò un critico e abbandonò il Fronte Sandinista nel 1994, perché intuì che l’ex rivoluzionario, una volta al potere, si stava trasformando a sua volta in dittatore corrotto.
Definì quella di Ortega "la
nuova dittatura familista in Nicaragua".
A modo suo, commettendo anche diversi errori, cercava sempre di stare dalla parte degli oppressi. Anche quelli del regime Ortega, che prima aveva sostenuto.
Tanto è vero questo, che
al suo funerale nel 2020, i sostenitori della dittatura di Ortega irruppero
tra la folla, interrompendo la Messa e picchiando 5 giornalisti, chiamando Cardenal “traditore”.
Su alcuni giornali si legge che Ortega
E’ PEGGIO di Somoza.
La corruzione del potere: “L’Onu e la Oea hanno impiegato 8 mesi per accorgersi dei massacri sistematici, le sparizioni di incarcerati, le violenze sui famigliari, le minacce ai sacerdoti.
Qui in Europa silenzio tombale, dà fastidio ciò che accade”.
E poi c’è la figura del card. Obando, che in questa intervista del 1983 condanna apertamente la Teologia della Liberazione che, come Cardenal, afferma aver abbracciato per un tempo, ma ha poi ricusato perché foriera di odio e ostile alla gerarchia.
Eppure, nel 1979 scrisse una
lettera pastorale a favore della forza armata e incoraggiò i nicaraguensi a non temere il socialismo, tanto che da parte del regime di Somoza fu definito “
Comandante Miguel”.
Cosa di diverso rispetto a Cardenal?
C’è che all’inizio degli anni ’80 cambiò totalmente e si oppose radicalmente a ciò che aveva sostenuto.
Ma ormai la rivoluzione aveva vinto e la guerra civile era durata 20 anni, i più sanguinosi, durante i quali, come Cardenal, Obando appoggiava la rivolta.
Cosa cambiò?
Ortega era appena diventato presidente e non aveva ancora incominciato a fare tutti quei danni che sappiamo aver fatto dopo, quando anche Cardenal lo abbandonò, e che sta continuando a fare tuttora.
Obando iniziò ad opporsi alla “chiesa popolare”, alla Teologia della Liberazione” e si contrappose a Cardenal, che prima sosteneva, sull’esercizio del potere civile da parte dei sacerdoti.
Un bel voltafaccia.
Che vantaggio ne trasse?
Nel 1985, l’anno dopo che Giovanni Paolo II rimproverò pubblicamente Cardenal,
Obando fu promosso cardinale dallo stesso Papa.
Abbandonare i ribelli gli fece fare subito carriera.
Ma non fece solo questo: invece di denunciare, come aveva promesso, le violazioni dei diritti umani da parte dei
Contras (controrivoluzionari), non solo non li denunciò quando le violazioni avvennero, ma andò negli Stati Uniti a chiedere aiuti militari a favore dei
Contras.
Divenne poi sostenitore del dialogo e portò avanti alcuni accordi che ponevano fine alle violenze, che però poi si riaccendevano. Sosteneva che la chiesa “era con la gente”, pronta a denunciare le ingiustizie, una chiesa
TOTALMENTE DEDITA ALL’EVANGELIZZAZIONE.
Fu lui che si dice "volle" il seminario neocatecumenale Redemptoris Mater di Managua.
Per rafforzarla in questa missione promosse a Managua il sinodo diocesano, con l'obiettivo di far penetrare nella società la verità su Cristo e la verità sull'uomo, anche grazie al contributo dei laici cristiani (chi saranno stati?)
La sua carriera proseguì: fu presidente della Conferenza Episcopale nicaraguense dal 1971 al 2005, salvo brevi interruzioni.
Dal 1976 al 1981 fu presidente del Segretariato episcopale dell'America Centrale e Panama.
I riconoscimenti potrebbero continuare, ma ci fermiamo qui, segnalando solo che nel 2016 venne dichiarato ufficialmente "
sacerdote nazionale per la pace e la riconciliazione" dal regime di Ortega, con una legge approvata con ben 65 voti favorevoli e solo 1 contrario.
Di lui
abbiamo già parlato.
Rammenteremo soltanto che è stato considerato
alleato al potere dittatoriale di Ortega e
suo consigliere spirituale, La Commissione di riconciliazione, per la quale Ortega nominò Obando presidente (non la Chiesa), avrebbe dovuto essere inutile, ormai dopo due decenni dalla fine della guerra civile.
In più, Ortega gli attribuì anche il grado di
Ministro di Stato,
ignorando un editto di Papa Giovanni Paolo II, che sospese tre sacerdoti nicaraguensi, tra cui, per l'appunto Ernesto Cardenal.
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Obando col Presidente Ortega |
Lo ha nominato
Consigliere personale. Allo stesso modo,
ha sospeso uno scandaloso processo legale contro l'agenzia di beneficenza COPROSA appartenente a Obando y Bravo, quando fu perseguito penalmente per frode per aver importato 26 camion di lusso e auto Mercedes Benz
esenti da tasse.
Era Roberto Rivas, il protetto di Obando y Bravo, il direttore di COPROSA.
Ortega ha smantellato le accuse contro Rivas e gli ha conferito la posizione di presidente del Consiglio supremo elettorale, garantendo così la manipolazione fraudolenta delle elezioni a favore di Ortega.
Come se ciò non bastasse, l' ÚNICA, l'Università Cattolica di Obando y Bravo, ha ricevuto ogni anno, con decreto dell'Assemblea Sandinista,
15 milioni di pesos e mezzo milione di dollari per le spese educative.
Il direttore di ÚNICA era una sorella di Rivas. Tutto sempre rimasto in famiglia.
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Obando con il criminale Rivas |
Quando Obando è morto nel giugno 2018, né Ortega, né Murillo, né suo figlio adottivo Rivas hanno partecipato alla sua Messa solenne o al suo funerale e
i parrocchiani erano ben visibili per la loro assenza. NON C'ERANO PIU' DI 20 PERSONE (oltre a quelle d'obbligo: sacerdoti e forze dell'ordine orteguiste).
Rosario Murillo, molto legata ad Obando insieme al marito Daniel Ortega che l'ha nominata vicepresidente del Nicaragua, si dice che non pratichi alcuna religione in particolare. Ma in un'
intervista esclusiva per la televisione ufficiale due anni fa, ha aperto le sale di Carmen, la dimora che occupa a Managua, mostrando agli spettatori gli
altari che ha dedicato a Buddha, alla
pratica del voodoo, alle
divinità del Santeria, riti esotici dal Brasile, dall'Africa e
altre pratiche associate a seguiti pagani che non erano noti nel Nicaragua cattolico.
La Murillo, che viene sprezzantemente chiamata da molti "
la strega chamuca" e altri epiteti ancora più volgari e appropriati, coltiva e si delizia in queste pratiche e allo stesso tempo
minaccia i preti cattolici sulle stazioni radio e televisive accusandoli di complotti e nemici del popolo senza produrre la minima prova.
Ma non ha mai minacciato l'amico card. Obando.
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Scarsità di presenze al funerale del vescovo Obando |
Infatti è stata ben contenta, insieme al card. Obando, di ricevere un incontro di neocatecumenali allo stadio di Managua nel 2017…
Obando, quindi, viene definito “
una persona che sta andando in discesa, una persona molto mediocre nella sua formazione e molto vana. È un camaleonte politico", addirittura “
un abile politico" "
Tutte le mosse che ha fatto sono adattate ai suoi interessi" "
Ora ha una posizione, parla ancora, è ancora nella mischia".
Non è la prima volta che Obando è strettamente legato al potere politico. Il cardinale era stato coinvolto in
scandali di corruzione durante l'amministrazione dell'ex presidente Arnoldo Alemán, condannato a 20 anni di prigione per frode statale e recentemente rilasciato.
La peggiore azione, comunque, è stata
la protezione offerta da sempre al corrotto miliardario Roberto Rivas, oggi indagato insieme tutta la famiglia per i peggiori crimini.
Sono proprio le
alleanze politiche del cardinale e il suo flirtare con il potere che lo hanno reso un
PERSONAGGIO IMPOPOLARE TRA I NICARAGUENSI, che secondo i sondaggi disapprovano l'alleanza tra Obando e Ortega. I sondaggi mostrano che oltre il 70% della popolazione non supporta tale relazione.
Il cardinale sembra essere stato lasciato solo poiché la gerarchia della Chiesa cattolica nicaraguense prende le distanze dal suo ex leader.
"Il cardinale ha pochissimo peso all'interno della Chiesa e tra la gente, che rifiuta il flirt con Sandinismo."
Ecco com'è finita la storia:
ERNESTO CARDENAL è stato riabilitato e assolto da tutte le censure canoniche e, dopo 35 anni, ha potuto celebrare la Messa.
Alla sua morte, il vescovo
Silvio José Báez ha detto:
"
Addio all’amico Ernesto Cardenal, che ora può cantare il suo Salmo 15 davanti a Dio: Non c’è gioia fuori di te. Io non rendo culto alle star del cinema né ai leader politici e non adoro i dittatori"
Come riconoscimento della riacquisita ministerialità, il
vescovo Báez ha compiuto un gesto eloquente:
"Mi sono inginocchiato e ho chiesto la sua benedizione come sacerdote della Chiesa cattolica, alla quale ha accettato con gioia. Grazie Ernesto!"
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I sandinisti di Ortega, amico di Obando, boicottano l'affollato funerale di
Ernesto Cardenal.
Se interessati ai commenti, vedere QUI, sulla pagina Twitter del vescovo Báez |
IL CARD. MIGUEL OBANDO Y BRAVO è morto praticamente da solo, legato ad un regime corrotto e dittatoriale, protettore di criminali internazionali, anche se alla sua morte, almeno qui da noi in Italia, lo si è voluto ricordare come "sacerdote per la pace e la riconciliazione", secondo quanto il dittatore Ortega aveva stabilito.
La dimostrazione che Gennarini voleva dare,
OGGI a distanza di quasi 40 anni, ha evidenziato da che parte stavano.