lunedì 29 settembre 2008

Dubbi sull'efficacia del dialogo con i NC

Riprendiamo le nostre riflessioni a partire da questo post di Michela, che non posso non condividere, alla luce dell'esperienza sia nel cammino che successiva, ormai da tempo collaudata

Caterina, ho l'impressione, ma se vuoi possiamo continuare questo discorso in privato, anche con Mic, che tu pensi che un neocatecumenale si possa 'convertire' attraverso il dialogo.

Come avrai capito, io non ci credo, è talmente grande il danno che il cammino fa alle persone che nessuno può, davanti a un altro essere umano, ammettere i suoi errori, e soprattutto ammettere quanto male può aver fatto ad altri predicando cose false.

Non solo, ma per arrivare a questa consapevolezza è necessario essere messi a confronto con la verità, forse senza contrapposizioni dure, ma anche senza sconti.

Questo passo può essere fatto solo davanti al Signore, riconoscendo Gesù come l'unico medico, e presentando, solo a Lui, la propria vita, le ferite ricevute, e le ferite causate ad altri.
Chi è in cammino si è abituato a difendersi, a tener nascosta la sua vera personalità, deve re-imparare a usare la sua libertà, e per questo non può essere messo alle strette, nè con il dialogo nè con l'imposizione.
Oltretutto il mezzo elettronico rende il dialogo più lento e permette di ricostruire le difese interiori.

Bisogna tener presente anche che i neocatecumenali danno significati diversi alle parole, per cui noi crediamo di dialogare, ma in realtà parliamo di cose diverse.
Fossi stata in una setta non cattolica, mi sarebbe facile riconoscere i miei errori, ma qui come faccio a distinguere il bene, anche se poco, che ho ricevuto (anche dalla chiesa), dal male che mi hanno fatto, o meglio che io ho permesso che mi facessero (uomini che si dicharavano mandati dalla chiesa).

Ecco perchè è bene che si chiariscano le posizioni, piuttosto intransigenti, degli ex rispetto a quelle più concilianti di chi, vedendo gli statuti parzialmente approvati, considera i nc un gruppo ecclesiale tra i tanti.
28 settembre, 2008 20:35

sabato 27 settembre 2008

Il CNC usa il Novus Ordo? Ma come?

E' stato più volte affermato, anche in queste pagine, da molti NC che il Cammino usa lo stesso Novus Ordo promulgato da Paolo VI.

Per ben 40 anni questo è stato clamorosamente falso. Il Cammino, fino a 2 anni fa in modo MONOLITICO, non usava il Novus Ordo, se non in modo frammentato. Molte parti della Messa venivano saltate ARBITRARIAMENTE, altre sono state aggiunte, sempre arbitrariamente. Questo vale anche per i Riti in genere.

Dall'avvento dello Statuto provvisorio e della Lettera del Santo Padre di qualche anno fa, una modifica c'è stata. Ma non per tutto il Novus Ordo, non per tutti i libri liturgici! Infatti il Novus Ordo consta anche dell'Ordinamento del Messale. Il quale afferma molte cose, come magari avremo modo di approfondire qui!
Ciò che è cambiato, è ciò che Kiko ha permesso lo fosse! Infatti in modo neanche UNIFORME sono state re-introdotte le parti della Messa NOM che erano state abolite dal Kiko (!).

Ma l'Ordinamento del Messale, ancora è seguito solo PARZIALMENTE, mentre i Libri liturgici vengono sempre considerati non "utili" al CNC che presume di aver avuto l'approvazione dei SUOI!

Qui il discorso si fa anche più complesso, perchè sappiamo che il NOM in "Continuità" è quello Officiato da Benedetto ed è quello in LATINO (i danni della traduzione in Lingua Parlata sono a volte irreparabili e PERMESSI, però!).

Quindi questo: Santa Messa nel Battesimo del Signore . O questo: Santa Messa in San Pietro nella festa della Gran Madre di Dio.

In cosa può essere "uguale" o solo "simile" con quest'altra forma?

Porto San Giorgio 1
Porto San Giorgio 2

In questo problema entra la domanda: perchè nelle nostre Parrocchie il NOM è così "variegato" e diverso?

La risposta e nella sua "interpretabilità"! Mentre un Rito, come spesso dicono i NC del Cammino, non si Interpreta ma si "officia"! Si "fa"!

Perchè è "fonte e culmine" e "insegnamento" esso stesso per come è! Non per come si "vorrebbe" fare!

Poi c'è un'altra questione stringente e fondamentale: la CATECHESI che fonda il "modus celebrandi" del CNC! Questa, come Kiko ha affermato anche pubblicamente nell'esaltazione del momento dell'approvazione definitiva, è ANTITETICA alla forma cattolica.
E qui si entra anche nel merito delle Intenzioni di chi Officia e di chi partecipa...Un discorso molto delicato ma reale.

mercoledì 24 settembre 2008

'Giudizio' e sana libertà di espressione

Noto che sia Uriel che Daquestosapranno usano lo stesso linguaggio neocat a proposito del 'giudizio'. [Sul "criticare" e "giudicare" vedi anche qui]

Desidero riflettere fraternamente con Uriel sul fatto che anche il suo riconoscere in questo blog un aspetto 'brutto e pericoloso' è un 'giudizio', peraltro del tutto legittimo perché basato sulla sua percezione della realtà e sul quale penso di possa discutere come pure si può discutere su tutte le nostre affermazioni... La ragione poi che l'aspetto 'brutto e pericoloso' si riduca al fatto che qui si esprimono 'giudizi' mi induce a chiarire

Ho già detto cosa intendo per 'giudizio'... infatti bisogna intendersi bene sul significato dei termini che si usano, per potersi davvero incontrare: se il linguaggio non è comune non ci si può comprendere. Ora a me sembra:

- i neocat intendono per 'giudizio' qualunque critica o obiezione mossa al cammino o espressa nei confronti di quel che accade nel reciproco incontro e danno al termine la connotazione negativa biblica "non giudicate per non essere giudicati"

Penso che sia diverso il giudizio in senso biblico rispetto al parere, opinione, testimonianza che vengono fuori dall'uso della ragione e dalla valutazione e interpretazione di realtà fatti, documenti, parole...

l'apodittico "non giudicate" che viene inculcato loro, e che vorrebbero applicare anche a noi e a tutto il resto del mondo, alla fine si riduce al divieto di fare uso del normale lume della ragione e questo non è né umano né cristiano, perché non credo che il Signore ci abbia fatto il dono della Ragione e dell'Intelletto per non usarli o per delegarli ad altri.

E' del tutto evidente che il nostro uso della ragione non pretende di porsi come un 'assoluto' incontestabile e cerchiamo di lasciarlo illuminare dalla luce della fede vissuta nella Chiesa e nessuno di noi pretende di dire cose infallibili.
Ma una 'pretesa' ritengo più che legittima l'abbiamo sempre accampata: che, se sbagliamo, lo si dica ma lo si argomenti anche

Io non temo il 'giudizio' nel senso di opinione, valutazione, confronto serio e sincero con i miei interlocutori perché da questo tipo di 'giudizio' ho tutto da imparare ed è per questo che non temo di esprimere 'giudizi' (lo ripeto, anche se dovrebbe essere chiaro, nel senso della logica umana e non nel senso biblico) nei confronti di qualcuno o di qualcosa, se parlo dal cuore e se conosco quello di cui parlo, altrimenti il rischio sarebbe quello di parlare a vanvera o di strumentalizzare.

- credo anche che nel Cammino si abbia molto timore del 'giudizio' anche non in senso biblico, perché il Cammino stesso è un assoluto incontestabile ed è impossibile e fortemente vietato metterlo in discussione.

E francamente io, come persona e come credente che cerca di vivere la sua fede nella libertà dei figli di Dio perché fortemente radicata nel Signore, mi sento molto a disagio in contesti e con persone del genere.... sono pastoie che anziché favorire la crescita umana e spirituale nella libertà, fagocitano e ingabbiano la persona in clichè prefabbricati da altri e non corrispondenti alla sua realtà profonda e vera che solo Dio conosce e che può rivelarsi e crescere unicamente in un rapporto sano e autentico con il Signore: rapporto personale, non mediato da altri, che per di più pretendono di parlare in nome di Dio.

Ma io mi chiedo e vi chiedo: chi può osare pretendere di parlare a nome di Dio? Solo il Signore Gesù ha potuto e può farlo; ma LUI E' Dio!!!

In molti neocat hanno sottolineato i 'rischi' derivanti dalle nostre affermazioni: sto ancora aspettando che Daquestosapranno gentilmente li chiarisca perché è importante per il mio e nostro senso di responsabilità

sabato 20 settembre 2008

Ebraicità di Gesù e cristianesimo

Su Avvenire di oggi, appare un articolo su Gesù della fede e Gesù della storia, che contiene alcuni spunti su "Gesù ebreo" e risponde alla domanda se i vangeli lo abbiano tradito. Il discorso si fa interessante negli snodi che ci hanno portato più volte al confronto con i nostri interlocutori neocatecumenali nei riguardi della loro enfatizzazione dell'ebraismo e dell'Antico Testamento, che comporta una appropriazione del tutto arbitraria di usi e suggestioni giudaiche che l'autentico cristianesimo conserva nelle loro profondità e autenticità portate a compimento dal Signore, senza restare invischiato nella loro esteriorità...
http://edicola.avvenire.it/ee/avvenire/default.php?pSetup=avvenire&curDate=&goTo=

Si parla dello studioso Giorgio Jossa: Egli ricorda innanzitutto che «l’immagine del Cristo dei vangeli e di Paolo, pur essendo indiscutibilmente una immagine di fede è saldamente fondata sulla figura storica di Gesù» poiché i testi normativi della Chiesa, raccolti nel Nuovo Testamento, non hanno tradito Gesù; una loro «lettura necessariamente critica ma non pregiudizialmente ideologica» porta ad affermare un’innegabile continuità tra Gesù e il giudaismo del suo tempo ma anche fra Gesù e il cristianesimo successivo. La convinzione che Gesù possa essere compreso soltanto all’interno della tradizione giudaica («la vera novità della ricerca attuale del Gesù storico», riconosce Jossa) non causa, in realtà, discontinuità fra il Gesù ebreo e la tradizione cristiana, perché Gesù entrò «innegabilmente» in conflitto con quella tradizione, un conflitto che ­scrive Jossa - «appare nell’interpretazione libera e autorevole della legge mosaica da parte di Gesù, che è profondamente diversa da quella degli altri gruppi giudaici. Appare nella sua pretesa di avere un ruolo assolutamente unico e decisivo nella iniziativa salvifica di Dio verso il suo popolo, che può essere definita legittimamente come messianica. E appare nella decisione di condannare a morte Gesù da parte del sinedrio, che conferma il contrasto irriducibile con le autorità giudaiche, interpreti della tradizione», condanna - è vero - concordata con le autorità romane.

Questa affermazione rimanda anche all'interpretazione data da Kiko alla simbologia eucaristica. E per noi è già improprio che si parli di "simbologia", consapevoli come siamo che la S. Messa cattolica ri-produce un fatto: il sacrificio di Gesù sul Calvario, dal quale scaturisce anche il banchetto escatologico e non si basa su simboli che fanno della celebrazione un memoriale vicino ai Protestanti, che nel Cammino risulta ma ancor più 'decentrato', in base a queste parole pronunciate dal suo iniziatore durante l'intervista del 13 giugno scorso, con cui egli spiega il motivo teologico della comunione: "Nelle comunità portiamo avanti infatti una catechesi basata sulla Pasqua ebrea, con il pane azzimo a significare la schiavitù e l’uscita dall’Egitto e la coppa del vino a significare la Terra promessa”. E qui, aprendo una lunga parentesi, l’iniziatore ha riassunto la sua catechesi sull’ultima cena, sul pane e sul vino: “Quando nelle cena della Pasqua ebraica si scopre il pane si parla di schiavitù, quando si parla della Terra promessa scoprono il calice, la quarta coppa. In mezzo a questi due momenti c’è una cena, quella nel corso della quale Gesù disse “Questo è il mio Corpo” (a significare la rottura della schiavitù dell’uomo all’egoismo e al demonio) e “Questo è il mio Sangue” (a significare la realizzazione di un nuovo esodo per tutta l’umanità"

Strano che nessun cattolico, tanto meno nessun vescovo o sacerdote, abbia trovato nulla da osservare...

venerdì 19 settembre 2008

La Chiesa Romana e quante altre Chiese?

Mi riprometto di fare una sintesi della meravigliosa esperienza del recente convegno di Roma Il Motu Proprio “ Summorum Pontificum” di S.S. Benedetto XVI, una ricchezza spirituale per tutta la Chiesa: un anno dopo. Lo farò entrando nei vari ambiti, suggestioni e input degli insegnamenti e delle riflessioni che si sono succedute... vorrei però intanto aprire un ambito di discussione partendo da questa dichiarazione di Mons. Nicola Bux:

L’intervento recente del Santo Padre in Francia, dicendo che nessuno è di troppo nella Chiesa, in un certo senso dovrebbe indurre tutti, a cominciare dai vescovi e dai sacerdoti, ad una riflessione sul concetto di comunione. La comunione non è una realtà che facciamo noi, che costruiamo noi, è una realtà che riceviamo dal Signore, che riceviamo dalla storia, dalla tradizione. Quindi, in questa comunione tutti noi ci ritroviamo. Non siamo noi i padroni. E la liturgia non è nient’altro che un’espressione di questa comunione con i secoli passati, con le generazioni che ci hanno preceduto, e trasmettiamo questa medesima comunione a coloro che verranno. Credo che questo sia il punto anche a fondamento del Motu Proprio di Papa Benedetto XVI. Lui l’ha scritto più volte, già quando era teologo e cardinale. Tutti noi parliamo di pluralismo, questa è una delle parole “magiche”. Certo, noi non professiamo nel Credo la Chiesa pluralista, noi professiamo la Chiesa una, però professiamo la Chiesa cattolica e la parola “cattolica” significa una inclusione globale delle diverse forme, anche, in questo caso, di espressione della fede. Sappiamo che la fede non si esprime in un solo modo. Tutti noi abbiamo imparato che c’è l’Oriente e che esprime la sua fede in una sua peculiare maniera. Quindi, perché stupirci? Fra l’altro, è proprio nella tradizione che in Occidente ci siano liturgie diverse. Ci sono sempre state: l’Ambrosiana, la Gallicana, la Mozarabica, la Romana. Quindi, credo che aprirsi a questo senza pregiudizi sia anche segno culturale, segno di cultura.

Non è certo questa l'intenzione di Mons. Bux - che portava l'acqua al mulino del riconoscimento del Vetus Ordo - ma il suo richiamo al "pluralismo" delle forme rituali non può certo farci correre il rischio di includere nelle cosiddette 'liturgie diverse' - che comunque hanno tutte una tradizione di secoli -una 'ritualità' arbitrariamente costruita a tavolino come quella neocatecumenale. Quello che di essa conosciamo, peraltro confermato dalle dichiarazioni pubbliche del suo iniziatore, né liturgo né tantomento teologo ed oltretutto laico, non la qualifica come 'cattolica'.
Concordo con Caterina circa il 'modo' di esprimere le cose per chi non comprende e va guidato a farlo con la pazienza e in termini propositivi, ovviamente... tuttavia non possiamo evitare di chiamare le cose con il loro nome.
E' proprio la mancanza di reponsabilità - e forse di consapevolezza - in chi doveva vigilare che ci ha indotti a subìre le derive moderniste et caetera che hanno portato la Chiesa al punto irto di diffcioltà e pieno di confusione in cui siamo

domenica 14 settembre 2008

Il Papa e l'Eucaristia


*Come giungere a Dio? Come giungere a trovare o ritrovare Colui che l’uomo cerca nel più profondo di se stesso, pur dimenticandolo così sovente? San Paolo ci domanda di fare uso non solamente della nostra ragione, ma soprattutto della nostra fede per scoprirlo. Ora, che cosa ci dice la fede? Il pane che noi spezziamo è comunione al Corpo di Cristo; il calice di ringraziamento che noi benediciamo è comunione al Sangue di Cristo. Rivelazione straordinaria, che ci viene da Cristo e ci è trasmessa dagli Apostoli e da tutta la Chiesa da quasi duemila anni: Cristo ha istituito il sacramento dell’Eucaristia la sera del Giovedì Santo. Egli ha voluto che il suo sacrificio fosse nuovamente presentato, in modo incruento, ogni volta che un sacerdote ridice le parole della consacrazione sul pane e sul vino. Milioni di volte da venti secoli, nella più umile delle cappelle come nella più grandiosa delle basiliche o delle cattedrali, il Signore risorto si è donato al suo popolo, divenendo così, secondo la formula di sant’Agostino, “più intimo a noi che noi medesimi” (cfr Confess. III, 6.11).
Fratelli e sorelle, circondiamo della più grande venerazione il sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, il Santissimo Sacramento della presenza reale del Signore alla sua Chiesa e all’intera umanità. Non trascuriamo nulla per manifestarGli il nostro rispetto ed il nostro amore! DiamoGli i più grandi segni d’onore! Mediante le nostre parole, i nostri silenzi e i nostri gesti, non accettiamo mai che in noi ed intorno a noi si appanni la fede nel Cristo risorto, presente nell’Eucaristia. Come dice magnificamente lo stesso san Giovanni Crisostomo: “Passiamo in rassegna gli ineffabili benefici di Dio e tutti i beni di cui Egli ci fa gioire, quando noi gli offriamo questo calice, quando noi ci comunichiamo, ringraziandolo di aver liberato il genere umano dall’errore, di aver avvicinato a sé coloro che se ne erano allontanati, di aver fatto di disperati e di atei di questo mondo un popolo di fratelli, di coeredi del Figlio di Dio” (Omelia 24 sulla Prima Lettera ai Corinzi, 1). In effetti, egli prosegue, “ciò che è nel calice è precisamente ciò che è colato dal suo costato ed è a questo che noi partecipiamo” (ibid.). Non c’è soltanto partecipazione e condivisione, c’è anche “unione”, egli ci dice.
La Messa è il sacrificio d’azione di grazie per eccellenza, quello che ci permette d’unire la nostra azione di grazie a quella del Salvatore, il Figlio eterno del Padre. In se stessa la Messa ci invita anche a fuggire gli idoli, perché, è san Paolo ad insistervi, “non potete bere il calice del Signore ed il calice dei demoni” (1 Cor 10, 21). La Messa ci invita a discernere ciò che, in noi, obbedisce allo Spirito di Dio e ciò che, in noi, resta in ascolto dello spirito del male. Nella Messa noi non vogliamo appartenere che al Cristo e riprendiamo con gratitudine – con “azione di grazie” – il grido del Salmista: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato” (Sal 116, 12). Sì, come rendere grazie al Signore per la vita che Egli mi ha donato? La risposta alla domanda del Salmista si trova nel Salmo stesso, perché la Parola di Dio risponde misericordiosamente essa stessa alle domande che pone. Come rendere grazie al Signore per tutto il bene che Egli ci fa, se non attenendoci alle stesse sue parole: “Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore” (Sal 116, 13)? “ (Eucaristia Esplanade des Invalides 13 settembre 2008)

"...la Parola eterna di Dio che entra nella storia degli uomini nella pienezza dei tempi per riscattarli mediante l’offerta di se stesso nel sacrificio della Croce. Le nostre liturgie della terra, interamente volte a celebrare questo atto unico della storia, non giungeranno mai ad esprimerne totalmente l’infinita densità. La bellezza dei riti non sarà certamente mai abbastanza ricercata, abbastanza curata, abbastanza elaborata, poiché nulla è troppo bello per Dio, che è la Bellezza infinita. Le nostre liturgie terrene non potranno essere che un pallido riflesso della liturgia, che si celebra nella Gerusalemme del cielo, punto d’arrivo del nostro pellegrinaggio sulla terra. Possano tuttavia le nostre celebrazioni avvicinarsi ad essa il più possibile e farla pregustare! (celebrazione dei Vespri, Notre Dame 12 settembre 2008)

venerdì 12 settembre 2008

La Grazia, questa sconosciuta, nel Cammino NC

Propongo, per l'approfondimento, quanto ha postato Steph

Dall'Unico Catechismo Romano:

"II. La grazia

1996 La nostra giustificazione viene dalla grazia di Dio. La grazia è il favore, il soccorso gratuito che Dio ci dà perché rispondiamo al suo invito: diventare figli di Dio, [Cf Gv 1,12-18 ] figli adottivi, [Cf Rm 8,14-17 ] partecipi della natura divina, [Cf 2Pt 1,3-4 ] della vita eterna [Cf Gv 17,3 ].

1997 La grazia è una partecipazione alla vita di Dio; ci introduce nell'intimità della vita trinitaria. Mediante il Battesimo il cristiano partecipa alla grazia di Cristo, Capo del suo Corpo. Come “figlio adottivo”, egli può ora chiamare Dio “Padre”, in unione con il Figlio unigenito. Riceve la vita dello Spirito che infonde in lui la carità e forma la Chiesa.

1998 Questa vocazione alla vita eterna è soprannaturale. Dipende interamente dall'iniziativa gratuita di Dio, poiché egli solo può rivelarsi e donare se stesso. Supera le capacità dell'intelligenza e le forze della volontà dell'uomo, come di ogni creatura [Cf 1Cor 2,7-9 ].

1999 La grazia di Cristo è il dono gratuito che Dio ci fa della sua vita, infusa nella nostra anima dallo Spirito Santo per guarirla dal peccato e santificarla. E' la grazia santificante o deificante, ricevuta nel Battesimo. Essa è in noi la sorgente dell'opera di santificazione: [Cf Gv 4,14; Gv 7,38-39 ]
Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo. (2Cor 5,17-18 )

2000 La grazia santificante è un dono abituale, una disposizione stabile e soprannaturale che perfeziona l'anima stessa per renderla capace di vivere con Dio, di agire per amor suo. Si distingueranno la grazia abituale, disposizione permanente a vivere e ad agire secondo la chiamata divina, e le grazie attuali che designano gli interventi divini sia all'inizio della conversione, sia nel corso dell'opera di santificazione.

2001 La preparazione dell'uomo ad accogliere la grazia è già un'opera della grazia. Questa è necessaria per suscitare e sostenere la nostra collaborazione alla giustificazione mediante la fede, e alla santificazione mediante la carità. Dio porta a compimento in noi quello che ha incominciato: “Egli infatti incomincia facendo in modo, con il suo intervento, che noi vogliamo; egli porta a compimento, cooperando con i moti della nostra volontà già convertita” [Sant'Agostino, De gratia et libero arbitrio, 17: PL 44, 901].
Operiamo certamente anche noi, ma operiamo cooperando con Dio che opera prevenendoci con la sua misericordia. Ci previene però per guarirci e anche ci seguirà perché da santi diventiamo pure vigorosi, ci previene per chiamarci e ci seguirà per glorificarci, ci previene perché viviamo piamente e ci seguirà perché viviamo con lui eternamente, essendo certo che senza di lui non possiamo far nulla [Id., De natura et gratia, 31: PL 44, 264].

2002 La libera iniziativa di Dio richiede la libera risposta dell'uomo; infatti Dio ha creato l'uomo a propria immagine, dandogli, con la libertà, il potere di conoscerlo e di amarlo. L'anima può entrare solo liberamente nella comunione dell'amore. Dio tocca immediatamente e muove direttamente il cuore dell'uomo. Egli ha posto nell'uomo un'aspirazione alla verità e al bene che soltanto lui può soddisfare. Le promesse della “vita eterna” rispondono, al di là di ogni speranza, a tale aspirazione:
Il riposo che prendesti al settimo giorno, dopo aver compiuto le tue opere molto buone..., è una predizione che ci fa l'oracolo del tuo Libro: noi pure, compiute le nostre opere buone assai, certamente per tuo dono, nel sabato della vita eterna riposeremo in Te [Id., Confessiones, 13, 36, 51].

2003 La grazia è innanzitutto e principalmente il dono dello Spirito che ci giustifica e ci santifica. Ma la grazia comprende anche i doni che lo Spirito ci concede per associarci alla sua opera, per renderci capaci di cooperare alla salvezza degli altri e alla crescita del Corpo di Cristo, la Chiesa. Sono le grazie sacramentali, doni propri ai diversi sacramenti. Sono inoltre le grazie speciali chiamate anche “ carismi ” con il termine greco usato da san Paolo, che significa favore, dono gratuito, beneficio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 12]. Qualunque sia la loro natura a volte straordinaria, come il dono dei miracoli o delle lingue, i carismi sono ordinati alla grazia santificante e hanno come fine il bene comune della Chiesa. Sono al servizio della carità che edifica la Chiesa [Cf 1Cor 12 ].

2004 Tra le grazie speciali, è opportuno ricordare le grazie di stato che accompagnano l'esercizio delle responsabilità della vita cristiana e dei ministeri in seno alla Chiesa:
Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi l'insegnamento all'insegnamento; chi l'esortazione all'esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia ( Rm 12,6-8 ).

2005 Appartenendo all'ordine soprannaturale, la grazia sfugge alla nostra esperienza e solo con la fede può essere conosciuta. Pertanto non possiamo basarci sui nostri sentimenti o sulle nostre opere per dedurne che siamo giustificati e salvati [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1533-1534]. Tuttavia, secondo la parola del Signore: “Dai loro frutti li potrete riconoscere” ( Mt 7,20 ), la considerazione dei benefici di Dio nella nostra vita e nella vita dei santi, ci offre una garanzia che la grazia sta operando in noi e ci sprona ad una fede sempre più grande e ad un atteggiamento di povertà fiduciosa.
Si trova una delle più belle dimostrazioni di tale disposizione d'animo nella risposta di santa Giovanna d'Arco ad una domanda subdola dei suoi giudici ecclesiastici: “Interrogata se sappia d'essere nella grazia di Dio, risponde: "Se non vi sono, Dio mi vuole mettere; se vi sono, Dio mi vuole custodire in essa"” [Santa Giovanna d'Arco, in Actes du procès]."

domenica 7 settembre 2008

... e la predicazione e la prassi NC continuano

Kiko Arguello, nonostante il suo movimento si dica cattolico, non crede (e lo dice chiaramente!) che il battesimo, ex opere operato infonda la grazia santificante e con essa le virtù teologali. Per Kiko il battesimo è una conferma della fede comunitaria, che produce frutti, a seconda del contesto. In una famiglia neocat, ha frutto. Altrimenti, probabilmente no. O almeno, non necessariamente, dato che per lui, la constatazione del fatto che vi siano molti cattolici che abbiano abbandonato la pratica, deriva appunto dal fatto che il loro battesimo, non ha avuto alcun effetto. Quanta distanza in ciò dalla fede cattolica, e quanto malcelato hegelismo! Per cui, Kiko vuol sostituirsi alla Chiesa, e "aggiusta" a modo suo, i riti che secondo lui non hanno effetto: battesimo, catecumenato, messa, penitenza...
Giova ricordare, che anche Lutero la pensava così (soprattutto sul sacramento della penitenza...), e che anche lui ha né più né meno, riformato i riti che lui credeva poco efficaci. Che vi sia un punto di contatto tra i due è innegabile, e la conferma, sono le parole di elogio che Kiko fa verso Lutero (e in contemporanea di disprezzo verso san Carlo Borromeo e il concilio di Trento).

Ma, nonostante tutto questo sia stato testimoniato da più parti e provato dalla esibizione degli originali dei suoi famosi "Orientamenti..." - dei quali, pur modificati, non risulta ancora nessuna approvazione - la sua predicazione continua più che mai, con la garanzia della Chiesa...

venerdì 5 settembre 2008

Segnali di riparazione?

Ci è giunta notizia dell'intervento di un vescovo che ha ingiunto ad un parroco di ripristinare il Presbiterio a suo tempo sovvertito secondo il simbologismo architettonico neocatecumenale.
Non indichiamo la diocesi, per evitare la possibilità di pressioni, che spesso si rivelano insostenibili e non dover correre il rischio di una possibile marcia indietro...
Ad operazione ultimata, potremo registrare un caso esemplare, che forse potrà servire di incoraggiamento per chi stenta ad assumersi le sue responsabilità...

giovedì 4 settembre 2008

Origini della Chiesa e comunione con i vescovi

Caterina ci scrive: Suggerisco di approfondire "Pietro ama e unisce - la responsabilità DEL PAPA per la Chiesa universale" ....in questo libro (tascabile, molto pratico ma ricco) si affronta proprio la questione della collegialità e delle FALSE INTERPRETAZIONI che hanno scalfito (si legge proprio così) lo stesso dialogo Ecumenico....
a pag. 19 vi è riportato un disappunto dell'allora card. Ratzinger proprio su queste false interpretazioni.....Ratzinger fa emergere e denuncia I MALINTESI sorti con un altra affermazione al tempo del grande Giubileo del 2000: per una comprensione di COMUNIONE BASTEREBBE ACCOGLIERE LA TRINITA’......si dice Ratinger in sostanza, riconoscere la Trinità è importante, ma NON è sufficiente per parlare di COMUNIONE.....
e dice: " Nella misura in cui communio divenne un facile slogan, essa fu appiatita e travisata...." e aggiunge che lo stesso "malinteso" avvenne per il concetto di POPOLO DI DIO e così anche l'Eucarestia cominciò a ridursi alla problematica del rapporto fra chiesa locale e Chiesa Universale, che a sua volta ricadde sempre più nel problema della divisione di competenze fra l'una e l'altra...."

Così Ratinger cercò di citare la Lettera ai Vescovi "Communionis notio" del 28.5.1992 la quale insegna espressamente la precedenza ontologica e temporale della Chiesa Universale sulla Chiesa particolare....
Ratzinger nel raccontare quei momenti denuncia con profondo rammarico di come "SI ABBATTE' UNA GRANDINATA DI CRITICHE, DA CUI BEN POCO RIUSCI' A SALVARSI".......in sostanza ci fu un AMMUTINAMENTO DI TUTTI I VESCOVI... nè Giovanni Paolo II nè Ratzinger nulla poterono....

Ratzinger rispose allora provando il suo testo sulla Scrittura e sulla Patristica e confessò di non riuscire a comprendere le obiezioni che, disse il Prefetto di allora: " potebbero sembrare possibili solo se non si vuole e non si riesce più a vedere la GRANDE CHIESA IDEATA DA DIO CON A CAPO CEFA, per rifugiarsi in una immagine empirica DELLE CHIESE nelle loro relazioni reciproche e nelle loro conflittualità arbitrate più o meno dal collegio dei vescovi, ma questa non è la Chiesa!"

E ancor Ratzinger non mancò così di trarre la seguente e grave conclusione:
"Questo però significa che la Chiesa come tema teologico VERREBBE CANCELLATA. Se si può vedere la Chiesa ormai solo nella organizzazione umana e nella gestione collegiale, allora in realtà rimane soltanto DESOLAZIONE. Ma allora non è abbandonato solo l'ecclesiologia dei Padri, ma anche quella del Nuovo Testamento e la stessa concezione di Israele nell'A.T...."

Un'altra denuncia portata da Ratzinger nel chiarire i vari aspetti dell'Ecumenismo, è quella secondo la quale basterebbe la presenza di un vescovo e di una chiesa-comunità per stabilire una qualche forma di unità senza soffermarsi sull'essenza dottrinale!
Ratzinger denuncia quel relativismo secondo il quale non pochi teologi, erroneamente, si sono posti la domanda " Con quale diritto la Chiesa cattolica si presenta quale unica Chiesa di Cristo?"

La replica di Ratzinger è precisa: la Chiesa di Cristo esiste realmente. Egli (Gesù Cristo) l'ha voluta, ha posto Pietro alla guida e lo Spirito Santo pur di fronte ad ogni fallimento umano la crea continuamente a partire dalla Pentecoste e la sostiene nella sua identità...
(...) di qui è fondamentale sostenere che la Chiesa NON è e non deve essere intesa come la somma di tutte le chiese o come la somma delle comunità cristiane con i loro vescovi.....la Chiesa Cattolica sussiste pertanto UNA E INDIVISA NELLA CHIESA CATTOLICA CON A CAPO PIETRO...."

E come venne eletto Pontefice, successore di questo Pietro, Cefa, Benedetto XVI disse il 23 agosto 2005 all'incontro ecumenico di Colonia:
"Non può esserci un vero dialogo a prezzo della VERITA'; il dialogo deve svolgersi nella carità, certamente, ma soprattutto nella VERITA'.."