domenica 30 ottobre 2022

Inizio Corso 2022-2023. Seconda parte

Dice don Pezzi della propria catechesi fatta nella convivenza di Inizio Corso 2022/23 - che ne costituisce in realtà l'unico argomento di rilievo:
"Lo scopo principale di questa catechesi è di aiutare tutti i fratelli giovani,  adulti, e anziani, ad innamorarci dell’amore di Dio, per tutta l’eternità già in questa terra. D’altra parte, vuole essere un invito soprattutto agli adolescenti e giovani, a  non buttare la propria vita nella spazzatura del mondo, e nel caso che il demonio  ci faccia cadere, essere coscienti che le porte del Cammino e le braccia di Dio Padre rimangono sempre aperte per il ritorno del figlio prodigo."

Le braccia di Dio Padre  e quelle della Santa Chiesa, avrebbe dovuto dire un sacerdote  che si rispetti, sono sempre pronte ad accogliere il figliol prodigo. Non il Cammino, che ti butta fuori dalla tua comunità se anche solo salti una delle loro convivenze di passaggio o non rispondi nel modo  "giusto" agli scrutini del catechista!
Comincia così, nel modo sbagliato, la catechesi "magisteriale " di don Pezzi.

Il libro di cui don Pezzi
diceva di voler parlare...
Il quale afferma di voler sviluppare la propria catechesi sulle tracce di di un libretto di Giovanni Paolo II, intitolato "Amore e desiderio", contenente delle indicazioni pastorali ai cappellani universitari, date dall'allora arcivescovo di Cracovia, in particolare sui temi dell'educazione affettiva dei giovani.

Il cardinale Karol Wojtyla "cogliendo – in un’epoca in cui il fenomeno era molto meno evidente di oggi – la problematicità della vita affettiva, per esempio riguardo ai rapporti prematrimoniali, ne individuava il nodo antropologico nella definizione di  libertà, che non significa semplicemente poter scegliere e decidere, per sé stessi e per l'altro, ma  significa saper agire alla luce di un criterio, cioè avendo chiaro che la libertà non è fine, ma mezzo – “il” mezzo – per esprimere compiutamente la singolarità umana. 

L’amore diventa il banco di prova della libertà perché, più di ogni altra espressione umana, mette in gioco l’intera persona – emozioni e idee, sentimenti e pensieri, corpo e spirito… – configurandosi come l’elemento distintivo dell’antropologia: solo l’essere umano ama in quanto solo l’umanità sa andare oltre il cieco istinto esprimendo l’affettività non come pura passività, ma come la responsabilità scaturente dal richiamo che l'altro esercita su di noi." (Tratto dall'introduzione di Giuseppe Mari,  Professore ordinario di Pedagogia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, al libro "Amore e desiderio")

È quasi superfluo chiarire che le parole libertà  e responsabilità non vengono neppure pronunciate dal decano dei presbiteri del Cammino neocatecumenale (e solo incidentalmente  la parola "amore", mentre il desiderio è del tutto assente). La sua lunga e confusa dissertazione riguarda piuttosto tutta una serie di calamità, definite anche "trappole"e "magagne" che incombono su tutti i giovani, ma la sua preoccupazione sembra riguardare soprattutto i giovani del Cammino: la cultura gender, l'omosessualità, la pornografia.
 
Dice don Pezzi:

"Della pornografia abbiamo parlato già nella convivenza del 2019 dove  abbiamo dato un segnale di allarme per i genitori, Presbiteri e Catechisti" 

In realtà in questi ultimi tre anni c'è stato un continuo martellare sullo stesso argomento, e la dipendenza da pornografia è stata rilevata non solo negli adolescenti e nei giovani del Cammino, ma anche in adulti, catechisti e presbiteri.
Ma ora la situazione sembra essere addirittura  peggiorata: 

"Come è noto a tutti, durante gli anni di confinamento o lockdown, sono aumentati, in  numero esorbitante, i giovani che vedono pornografia durante varie ore al giorno, 
creando di conseguenza disagi e frastorni al cervello, ansie, fobie, perfino suicidi. 
In quella Convivenza, abbiamo invitato i ragazzi e i giovani e, anche gli adulti,  del Cammino Neocatecumenale, e che sono rimasti dipendenti dalla pornografia, a  riconoscere umilmente questa forma di dipendenza, e oltre alla fedeltà alle  Celebrazioni e Passaggi della propria comunità, a farsi aiutare."

Ricordiamo molto bene che, a differenza  di quanto sostenuto da Kiko e Carmen da più  di 50 anni, e cioè  che qualsiasi problema d'ordine  psicologico e fisico, anche appartenente alla sfera sessuale, persino vere e proprie aberrazioni come la pedofilia, potevano e dovevano essere corrette e risolte direttamente nel Cammino, soprattutto per opera dei catechisti tuttologi che insegnavano alle coppie come fare l'amore risolvendo persino i problemi di frigidità dei impotenza, don Mario Pezzi aveva riconosciuto la dipendenza da pornografia come una "malattia" che aveva bisogno, per essere tratta e risolta, di un intervento specialistico, non del solito e sperimentato urlaccio "ubbidisci a noi, smetti di vedere pornografia" che pareva fino a poco fa essere il sistema brevettato per la risoluzione di tutti i mali.

Con questa catechesi pezziana segnaliamo che il Cammino ha dato forfait anche nella pretesa di "risolvere" l'omosessualità. Infatti, dopo lunghi anni in cui i figli del Cammino sono stati avviati alle terapie cosiddette "riparative", con alterne fortune, ma, per quanto è  venuto a nostra conoscenza, spesso con esiti disastrosi, don Pezzi si rassegna a dire:

"anche queste persone con attrazione omosessuale devono essere accettate"  (visto che comunque)  "nel  Cammino siamo invitati, come gli altri cristiani, a vivere la castità".

"Sagge" indicazioni vengono date ai fratelli e sorelle del Cammino che si accorgono d'avere un figlio omosessuale: 

"La prima cosa da fare per i genitori che si rendono conto di questa realtà dei  propri figli è non drammatizzare, non spaventarsi, non entrare in crisi: allora  l’educazione che gli ho dato a che è servito, andava in comunità!"

E certo cari neocatecumenali: qualcuno vi aveva raccontato che i vostri figli non avrebbero mai avuto i problemi dei ragazzi di questo mondo, soprattutto se facevate le Lodi alla domenica mattina con tamburelli e nacchere come prescritto, i riti natalizi, i racconti pasquali con i "midrashim"  ebraici: ora invece, "piccolo" cambio di direzione: avere mandato precocemente i vostri figli in comunità e nello stesso tempo a fare il dopocresima con i fratelli "padrini", averli fatti andare all'Eucaristia il sabato sera per evitare che andassero in discoteca, aver ipotecato le vostre case per farli partecipare alle GMG ove probabilmente avrebbero trovato la fidanzata giusta non appartenente ad un "giogo disuguale" come invece la ragazza incontrata all'università, non è bastato per farli essere come voi li volevate e come "qualcuno" vi aveva promesso che sarebbero diventati: casti, puri, che non si drogano e che stanno dalla parte giusta della "barricata".

Dopo aver rovesciato addosso all'uditorio tutto l'elenco delle "magagne" (così  le definisce), che affliggono i figli del Cammino, comprese le applicazioni sugli smartphone da cui guardarsi, Facebook, Tik Tok, TELEGRAM (in maiuscolo) ed altri ancora, don Pezzi passa finalmente  alla parte propositiva:

"ALCUNE VIE DI SALVEZZA.
Indichiamo alcune vie per aiutare i nostri giovani a vincere queste  TRAPPOLE.
Anzitutto fedeltà e perseveranza al Cammino nella propria Comunità. IL CAMMINO NEOCATECUMENALE" (il maiuscolo è  nel testo originale).
Eh sì, ci sarebbe sembrato strano che tutti i problemi capitati ai genitori neocatecumenali nonostante la fede nel Cammino, non si potessero risolvere invece proprio confermando la fiducia al Cammino stesso!
"Grazie al Signore e alla Vergine Maria, che attraverso Kiko e Carmen, ci ha donato il Cammino Neocatecumenale, come un itinerario per riscoprire la forza e la  potenza del germe del battesimo.
Soprattutto in questo tempo di incertezza messi in difficoltà, con la possibilità  della guerra, per le conseguenze di essa, inverno freddo, mancanza di energia, tutto il mondo multimediale salta, si ferma, dobbiamo essere molto stretti alle celebrazioni, ne abbiamo bisogno più che mai."

Avviso per parrocchiani insistenti
alla porta delle salette neocat
Insomma, basta con le celebrazioni on line, si torna in presenza, altrimenti non si ha "la resurrezione  dentro"!

A ciò si aggiunga l'osservazione quasi infastidita di Kiko: "In tutto il mondo si è ripreso la comunione al Calice ad eccezione di qualche zona dell’Italia: dobbiamo riprendere la distribuzione del Calice nelle comunità..."

Continua "padre" Pezzi con le sue indicazioni:

"...e partecipando alle progressive tappe delle Iniziazione, in autentico spirito di obbedienza di fede ai Catechisti e ai Presbiteri dell’equipe" 

(non in obbedienza a Cristo e alla Chiesa, non confondiamo la seta con la lana, sembra voler dire don Mario)
"per portare a  maturazione in noi la statura di Cristo e nel seguente tempo della Formazione  Permanente, partecipare attivamente al Mistero della Redenzione di Gesù Cristo per  il mondo intero."

Qualcuno potrebbe pensare che stiamo forzando l'interpretazione delle parole del decano dei presbiteri neocatecumenali, e che è  chiaro che egli intende parlare della Chiesa, di cui il Cammino non è  altro che uno dei tanti itinerari possibili eccetera e eccetera. 

Ma l'ex comboniano don Mario vuole toglierci anche gli ultimi, residui, dubbi o speranze. Infatti soggiunge:

"Questo non vale solo per i fratelli e le sorelle, ma anche per i presbiteri che,  allontanandosi dalla propria comunità, perdono questa grazia, questo tesoro nascosto." 

I sacerdoti, allontanandosi dalla propria comunità  del Cammino neocatecumenale, magari per occuparsi dei giovani della parrocchia, dei gruppi di preparazione al matrimonio, della benedizione delle case, dell'assistenza ai malati e ai moribondi, perdono "questa grazia"  e cioè si pregiudicano il "portare a  maturazione in noi la statura di Cristo" e il "partecipare attivamente al Mistero della Redenzione di Gesù Cristo per  il mondo intero". Praticamente, a conti fatti, buttare la veste alle ortiche sarebbe meno grave, per la loro vita e la loro anima sacerdotale, che mettere da parte la loro comunità  neocatecumenale!

Don Pezzi conclude questo passaggio un po'  periglioso soggiungendo:

"Tutto questo nel rispetto di quanto abbiamo ricevuto dagli iniziatori del  Cammino Kiko e Carmen, e trasmettendolo nella loro autenticità, non tanto  come leggi ma come partecipazione allo stesso spirito che li ha animati. 
Kiko e Carmen mai hanno voluto imporre regole, hanno fatto esortazioni,  proposto, poi ciascuno è libero di fare il cammino o andarsene, ma coloro che lo  fanno, devono essere fedeli a quello che ci hanno detto".  

Chissà se partecipare allo stesso spirito che ha animato Kiko e Carmen deve voler dire scegliere tra la comunità  neocatecumenale e la propria vocazione stessa e l'obbedienza al vescovo per i sacerdoti oppure ai propri doveri di stato per i laici!

"Coloro che lo fanno (cioè  che fanno il cammino) devono essere fedeli a quello che ci hanno detto".
In primo luogo, viene da osservare, non si capisce da cosa discenda questo obbligo di fedeltà a Kiko e Carmen, forse "essere fedeli a quello che ci hanno detto" e un richiamo alle mille e mille volte in cui un adepto del Cammino è chiamato a rinnovare la sua dipendenza presente e futura all'impegno neocatecumenale. 

Ma se anche uno desiderasse essere fedele a Kiko e Carmen, viene da chiedersi se loro invece sono stati fedeli a ciò che hanno promesso: per esempio sulla durata limitata  del Cammino che si sarebbe sciolto nella parrocchia!
Perché, cari Kiko e defunta Carmen, verrebbe da dire: se anche questi sacerdoti vi avessero giurato fedeltà  (e non l'hanno fatto, nè lo potevano fare, visto che sono tenuti all'obbedienza alla Chiesa attraverso i propri superiori gerarchici) lo avrebbero fatto per un tempo determinato, in attesa di diventare quei cristiani migliori, adulti, che avrebbero salato l'impasto nella piena libertà dei figli di Dio! La stessa cosa valga per i laici, che hanno dei doveri prioritari nei confronti della famiglia. Voi invece non siete stati ai patti e avete cambiato le regole. Regole, non "esortazioni".

Delle altre "vie di salvezza" proposte da don Pezzi tratteremo nella terza parte dell'analisi di questo mamotreto di Inizio Corso 2022/2023.


(Fine seconda parte)

giovedì 27 ottobre 2022

Inizio Corso 2022-23. Prima parte

L'UFO di Porto san Giorgio in costruzione

Nell'UFO di Porto S. Giorgio, dal 29 settembre al 2 ottobre 2022 si è tenuta la convivenza di Inizio Corso per le  comunità catechizzate direttamente da Kiko Argüello e Carmen Hernandez di Roma, Firenze, Ivrea e Parigi, le equipe itineranti di Italia e del resto di Europa (tranne Spagna e Portogallo),  Asia, Africa, America, i presbiteri dei Redemptoris Mater.

Per chi non ne fosse a conoscenza, diremo che gli iniziatori del Cammino sono soliti far trascrivere quanto detto ad alcune comunità  "storiche", alle équipe itineranti e ai presbiteri in occasione di queste giornate di incontro perché poi, a cascata, il  contenuto delle loro "catechesi" venga "riportato", secondo una scala gerarchica ben precisa, a tutte le comunità del Cammino, fino all'ultimo dei fratelli, possibilmente con le stesse parole usate dagli iniziatori.

Il Cammino neocatecumenale infatti si regge ancor oggi sull'assunto che ci sia una specie di rivelazione ininterrotta, iniziata a metà degli anni '60 dello scorso secolo, una trasmissione verbale kerigmatica unidirezionale senza la quale il cammino spirituale di centinaia di migliaia di persone raccolte nelle comunità neocatecumenali di tutto il mondo, si fermerebbe.
Si tratta di una specie di cordone ombelicale che non viene mai reciso; perché, anche se pervicacemente negano di essere un movimento, o una associazione, per definirsi come una (anzi "la") iniziazione cristiana, il loro corso di formazione non si completa mai, e l'eventuale allontanamento e/o distacco degli adepti viene visto come un tradimento, un abbandono della vocazione ricevuta dall'alto; come se la loro organizzazione religiosa sostituisse la Chiesa ovvero fosse una Chiesa nella Chiesa o, meglio ancora, la parte "eletta" della Chiesa.

Anche quest'anno non sono mancate le conferme di questo insano elitarismo, nelle parole della èquipe internazionale del Cammino e in particolare del fondatore Kiko Argüello e dell'insospettabile don Mario Pezzi.

Riportiamo di seguito alcuni passaggi rivelatori.

Don Mario Pezzi (alla Penitenziale del venerdì), commentando la frase data da scrutare ai convenuti tratta dalla Lettera di San Paolo ai Romani 5,2 ("Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l'accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio") dice:

"Questa speranza, non è una speranza aerea, eterea perché S. Paolo dice che la fede è fondamento di quello che speriamo. Non speriamo in illusioni, storie, teorie. No, grazie al cammino con cui abbiamo riscoperto l’iniziazione cristiana, le ricchezze del battesimo già tutti cominciamo ad assaporare questa realtà celeste.
Senza questa testimonianza dello Spirito al nostro spirito non possiamo credere. La prima luce è venuta con il Kerigma."
 
Riandiamo con la memoria all'intervista resa da don Pezzi nel marzo del 2022 , nella quale candidamente, dopo aver ammesso di essere stato educato all'interno di una famiglia cattolica e di essere poi stato ispirato alla sua vocazione presbiterale dalla figura del Comboni, alla domanda della intervistatrice  "Lei l'ha avuta questa formazione (cattolica)?" rispondeva "L'ho avuta dopo, nel Cammino".
Pur ammettendo che veramente don Pezzi per convertirsi abbia dovuto ascoltare la predicazione scalcinata di Kiko e Carmen (Dio a volte si serve di mezzi straordinari per la salvezza dei suoi figli), ora sta affermando che tutti coloro a cui si sta rivolgendo, le centinaia di migliaia di cattolici a cui verrà ripetuta la sua catechesi, hanno dovuto aspettare i catechisti  neocatecumenali per ricevere la "prima luce".

Riprendiamo a seguire il filo del suo discorso:

"La prima luce è venuta con il Kerigma: se lo abbiamo accolto siamo fedeli alla Parola, all’Eucarestia, vita in comunità, ai passaggi."

Qui don Pezzi si spinge oltre: se hai accolto "quella luce", magari perché  lontano e disaffezionato alla vita della Chiesa, devi per forza rimanere legato alla vita della comunità neocatecumenale, al giudizio dei catechisti laici neocatecumenali nei passaggi, alla decima, alla frequenza dell'Eucaristia  neocatecumenale e della celebrazione della Parola neocatecumenale, alle collette, alle GMG, ai pellegrinaggi neocatecumenali eccetera.

Infatti poi don Pezzi aggiunge:

"Ci sono tradimenti, peccati, cadute ma se il nostro desiderio di diventare cristiani è sincero, Dio che vede il nostro cuore, lo realizza nei tempi da Lui previsti." 

Sappiamo quali siano i tempi previsti: almeno 30 anni nel Cammino solo per poter dire di essere cristiani, quando lo si era da bel principio  con il Battesimo!

Prosegue:

"L’unità, la  comunione delle nostre comunità, il Signore vuole che diventi luce, sale e  lievito e i pagani vedendola, come ha profetizzato Ratzinger negli anni ’70, la Chiesa rimarrà una minoranza, ma quando il mondo avrà assaggiato la  distruzione di tutti i suoi progetti e la morte, guarderà a queste piccole comunità creative e riprenderà la Speranza. 
Questa è la missione che il Signore ci affida.
Per questo abbiamo bisogno di conversione costante tra di noi."

Anche da queste frasi comprendiamo che la Chiesa è stata eclissata: l'unica sua parte autentica sarà il piccolo resto profetizzato a suo tempo da Papa Benedetto, e questo piccolo resto, secondo don Pezzi, sono le comunità neocatecumenali.

Che hanno bisogno di "conversione  costante" ma sempre "tra di noi" ovverosia al proprio interno.

Kiko benedicente
Il sabato mattina, alle Lodi, Kiko riprende le riflessioni del presbitero e rincara la dose:

"Tutti abbiamo una missione in questo cammino. Prima non lo sapevate, ma adesso sapete che il cristiano è uno straniero: è sciocco, è  stupido colui che in qualche maniera si installa con la sua casa, con la sua macchina, la sua famiglia... smette di essere straniero. Presto gli arriverà una  sciagura per smuoverlo e lui si renderà conto che quella cosa orribile che gli sta capitando è una grazia grandissima. Lo sta smuovendo, perché chi si installa si corrompe".

Qui, per chi non se ne fosse reso conto, si passa alla fase successiva: quella in cui, dopo aver convinto le persone che non possono essere cristiane ed essere salve se non nel Cammino neocatecumenale, motivo per cui devono obbedire a tutti i precetti di Kiko, si passa a colpevolizzarle e a pretendere di più, pena la sciagura in agguato per chi ha creduto di poter dare la priorità, per esempio, ai propri doveri di genitore, coniuge o figlio, rispetto ai doveri che scopre di avere nei confronti del Moloch-comunità.

E chi se ne va? Chi dopo aver avuto a che fare con il Cammino, a ragion veduta lo avversa?

Fino a poco fa era definito solo Giuda; ora il livello di intolleranza si deve essere elevato e viene trattato da Anticristo.

Ad essi infatti è dedicato un brano della seconda lettera di Pietro (2,20-22) che viene letto il sabato mattina:

"Se infatti, dopo essere sfuggiti alle corruzioni del mondo per mezzo della conoscenza del nostro Signore e salvatore Gesù Cristo, rimangono di nuovo in esse invischiati e vinti, la loro ultima condizione è divenuta peggiore della prima. Meglio sarebbe stato per loro non aver mai conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo comandamento che era stato loro trasmesso. Si è verificato per loro il proverbio:
"Il cane è tornato al suo vomito
e la scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango"."


Commenta Kiko: 

"Per questo l'anticristo nasce sempre dalla Chiesa, diciamo così. S. Giovanni dice che erano dei nostri, stavano prima con noi, gente che ha conosciuto la catechesi, che è stata battezzata e ha apostatato negando i valori cristiani autentici.
Così i valori cristiani,  soprattutto la rivelazione sono sostituiti da valori umani, cioè bisogna essere  giusti, tu devi vivere per il lavoro, per l'onestà, per l'amicizia, per la lotta contro l'ingiustizia.  Ci chiamano angelisti perché parliamo di Cristo…
tutto è meraviglioso e le anime deboli seguono queste cose così, tranquillamente, tutti con la giustizia, con queste cose."
 

Ci deve spiegare Kiko cosa ci vede di male in questi che sono valori naturali dell'uomo che Dio ha instillato nel cuore dell'uomo purtroppo ferito dal peccato originale: soprattutto  che cos'ha contro la giustizia...

Ma ritorniamo a coloro che, pur essendo "gente che ha conosciuto la catechesi", che "era dei nostri", ha "apostatato". 

Continua Kiko: con chi non ha apostatato dal Cammino Dio "ha pazienza! Sa aspettare anni; ti ha lasciato tanti anni nel peccato, perché sa che un giorno finirà ed è finito il peccato, che stupendo!"

Trattamento del tutto diverso per gli "apostati":

"Quelli che non sono sue pecore, non obbediscono alla sua  voce e non mettono in pratica quello che dice, non lo mettono in pratica perché  non sono le sue pecore e sono qui in mezzo a noi, destinati a questo, a che tutti dicano: “Guarda che è successo a quello”! Per quello il Signore lo ha portato qua, perché tutti possiate imparare, possiamo imparare. Questo è quello che dice S. Pietro. Sono stati destinati a questo. Del loro destino finale, non sappiamo, lo lasciamo alla misericordia del Signore, ma se sappiamo una cosa, fratelli, è l'amore di Dio per noi".

Inutile specificare che lettera di Pietro non esprime questi concetti predistinazionisti; a questo riguardo, invece, risulta più  che opportuno ciò che disse della Scrittura, che non va soggetta a privata interpretazione (2 Pietro 2,20)... giochetto in cui invece Kiko e Carmen si sono esercitati da sempre!


(Fine prima parte)

P.S.: a chi si trovasse in difficoltà a comprendere come, mal dissimulati dalla riverniciatura di cattolicesimo, sotto le frasi degli iniziatori del Cammino ci sono i soliti quattro concetti in 60 anni mai cambiati, consigliamo la consultazione del Prontuario di neocatecumenalese 1 e 2 di FungKu.

lunedì 24 ottobre 2022

Fuentes del Carbonero: una nuova tappa alla riscoperta delle sacre origini del sacro Cammino

Nel libro "Note biografiche" di Aquilino Cayuela dedicate a Carmen Hernández, co-iniziatrice del Cammino neocatecumenale, a pagina 213, si parla di una prima convivenza della prima comunità delle Palomeras, borgo popolare di Madrid, dal 17 al 22 settembre 1965 «in un luogo abbandonato della provincia di Segovia, vicino al distretto di Carbonero el Mayor, dove c'è una chiesa in rovina, Nostra Signora dell'Assunzione, che Kiko, come San Francesco, aveva l'aspirazione di ricostruire.»

Nel marzo del 1967 Kiko e Carmen tornarono con i fratelli delle Palomeras alla chiesetta abbandonata per celebrare la Pasqua.

Nel 1969, ricorda don Francesco Cuppini nel libro "Intervista a Francesco Cuppini", erano di nuovo a Fuentes. 

«Celebrammo la Pasqua in Sagrestia. Con noi c'erano due seminaristi di Siviglia. Avevamo un braciere per scaldarci. A un certo punto qualcuno avvertì un malessere: la colpa era del braciere. Uscimmo immediatamente.  Rientrato per finire la celebrazione. In seguito dormimmo un po' alla meglio, sdraiati sulla predella in Sagrestia. In mattinata prendemmo il treno per Madrid.»

Infatti fra Madrid e Fuentes del Carbonero la distanza è di più di 90 chilometri.

In quello stesso luogo si celebreranno , negli anni successivi, alcune tra le prime convivenze di catechisti e di itineranti del Cammino.
 
Nel Cammino di Kiko rimase e si consolidò questa consuetudine di fare i ritiri spirituali "fuori sede"; ma, dopo l'esperienza  del braciere fumigante e della notte sulla predella della sacrestia, predilesse piuttosto gli alberghi in comode località  balneari.

Come nasce il legame particolare di Kiko Argüello con il rudere della chiesa intitolata alla Madonna dell'Ascensione del paesino abbandonato di Fuentes del Carbonaio, in provincia di  Segovia, nella comunità  autonoma di Castiglia e Leòn?
Il rapporto tra questa chiesa e il fondatore del Camino nasce in modo fortuito, in quanto  Kiko è venuto la prima volta a Fuentes su consiglio di una donna che lavorava come collaboratrice domestica e che veniva da Fuentes.
Ci chiediamo se fosse la stessa collaboratrice domestica che veniva picchiata dal marito alcolizzato che fu uno dei motivi per cui Kiko disse di aver cominciato sua missione nelle baracche del rione popolare delle Palomeras.

Passano gli anni, i decenni, il Cammino di Kiko diventa un movimento esteso e dalle grandi capacità  economiche, al punto tale da costruire un edificio in Israele, con vista sul lago di Genezareth, la Domus Galilaeae, una specie di lussuoso albergo e di sito religioso ove realizzare le grandiose idee "artistiche" del suo poliedrico iniziatore.

Ma, nonostante tutto, rimane l'idea fissa di mettere le mani sulla chiesetta di Fuentes, per 30 anni sotto la giurisdizione del comune limitrofo di Carbonero el Mayor che avrebbe dovuto restaurarla ma che non aveva reperito i fondi necessari.
 
Nel 2009 deve essere sopraggiunta all'orecchio di Kiko la notizia che l'immobile sarebbe stato ceduto dal Comune alla diocesi di Segovia: ed infatti eccolo a fare visita, con l'autorevole supporto di mons. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio pro laicis e suo amico e sostenitore, al vescovo di Segovia, ufficialmente per "scambiarsi opinioni sui lavori di ristrutturazione delle parrocchie", in realtà molto probabilmente per sondare la possibilità di acquisire "quella" particolare struttura; ma evidentemente il vescovo non ha ritenuto fosse il caso di alienare a favore del potente spagnolo, pur con tutte le sue influenti amicizie in Vaticano, la chiesetta di Fuentes che era sotto la sua giurisdizione diocesana.
 
Il momento opportuno viene molto tempo dopo, nel 2020, quando finalmente il Cammino neocatecumenale riesce a farsi cedere dall'attuale vescovo la chiesetta di Fuentes con un comodato  di 99 anni per ristrutturarla e farla diventare un centro neocatecumenale.

Ed è  così  che, leggiamo sulla stampa locale: «con l'emozione visibile in molte persone, tra cui gli ex residenti di Fuentes, nucleo ormai spopolato di Carbonero el Mayor, questo giovedì (13 ottobre 2022) dopo 57 anni, la campana ha suonato di nuovo –sebbene presa in prestito– nella chiesa di Nostra Signora di l'Assunta, restaurata dal Movimento Neocatecumenale con un budget globale di 492.000 euro, da donazioni.

Per questa organizzazione cattolica, i cui membri sono conosciuti come 'kikos', dal nome del suo iniziatore Kiko Argüello, insieme a Carmen Hernández – la cui candidatura sarà aperta il 4 dicembre all'Università Francisco de Vitoria –, questo tempio è l'unico testimonianza fisica dei suoi inizi perché entrambi vi celebrarono la prima Veglia pasquale, nel 1968, con altri 'fratelli' delle baraccopoli di Palomeras, oggi zona urbanizzata di Madrid (...)

Oltre al suo valore spirituale, come luogo di pellegrinaggio, dovrebbe essere un punto di interesse turistico, poiché, solo questa estate, ancora in costruzione, la chiesa è stata visitata da circa 5.500 persone, provenienti da paesi latinoamericani ed europei , come Brasile, Colombia, Costa Rica, Francia, Italia o Spagna, secondo il membro del Cammino di Segovia, Miguel Ángel Conde, che sottolinea che nella zona ci sono ristoranti che hanno menu speciali per i pellegrini. Predice inoltre che, il prossimo anno, in concomitanza con la Giornata Mondiale della Gioventù (Gmg) a Lisbona, "migliaia e migliaia di persone" parteciperanno

Su questo aspetto, il presidente del Consiglio provinciale, Miguel Ángel de Vicente, ha ritenuto che "sarà un polo di attrazione verso la provincia, questi movimenti provocano un'adesione fortissima dei suoi fedeli e grande mobilità».

È evidente come la chiesetta restaurata secondo la nueva estetica neocatecumenale, con le sedie di metacrilato trasparente, i tappeti, l'enorme tavolone posto dell'altare e l'immancabile Madonna di Kiko nella navata destra, è  già diventata una delle mete dei pellegrinaggi neocatecumenali "alla riscoperta delle sacre origini del sacro Cammino".

Sono queste le uniche prospettive di sviluppo turistico della chiesetta dedicata alla Madonna dell'Assunzione (un dogma che a Kiko non va né  su né  giù): l'essere visitata nell'ambito dei pellegrinaggi neocatecumenali con tappe obbligatorie a Madrid, presso la cameretta "degli orrori" di Kiko in cui dice di aver visto la Madonna, il mausoleo di Carmen nel giardino del Seminario RM, e forse il Museo delle opere di Kiko Argüello, di prossima apertura.

Sappiamo che, il 12 ottobre 2022, nel corso della cerimonia di inaugurazione  della chiesetta dove furono celebrate le prime liturgie atipiche volute dai due riformatori Carmen e Kiko, il responsabile dell'equipe del Cammino Neocatecumenale per il nordest della Spagna, «ha letto un messaggio di Argüello, che non ha potuto partecipare per malattia.
Argüello ha affermato nella lettera che "il Signore si è servito di me e di Carmen per il rinnovamento della Chiesa nata sulla scia del Vaticano II".»

La solita neocatecumenalizzazione

Ecco in sintesi ciò che vogliono far credere: che i due laici spagnoli abbiano in qualche modo rinnovato la Chiesa. Per loro il rinnovamento passa attraverso la mistificazione, come per la antica chiesetta di Fuentes del Carbonaio: una mano di bianco, sedie trasparenti, magari una bella moquette blu e le "opere" di Kiko.

Non così per San Francesco, inopinatamente tirato in ballo come fosse un antecedente del più  celebre e versatile Francisco Kiko Gomez Argüello Wirtz.

Leggiamo infatti un brano della Leggenda dei tre compagni (VI-VII-VIII):


Francesco ripara la sua Chiesa:
Kiko la trasforma in un suo museo
 «Mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, fu ispirato a entrarvi. Andatoci prese a fare orazione fervidamente davanti all’immagine del Crocifisso, che gli parlò con commovente bontà: “Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va’ dunque e restauramela”. Tremante e stupefatto, il giovane rispose: “Lo farò volentieri, Signore”. Egli aveva però frainteso: pensava si trattasse di quella chiesa che, per la sua antichità, minacciava prossima rovina. Per quelle parole del Cristo egli si fece immensamente lieto e raggiante; sentì nell’anima ch’era stato veramente il Crocifisso a rivolgergli il messaggio.
Uscito dalla chiesa, trovò il sacerdote seduto lì accanto, e mettendo mano alla borsa, gli offrì del denaro dicendo: “Messere, ti prego di comprare l’olio per fare ardere una lampada dinanzi a quel Crocifisso. Finiti questi soldi, te ne porterò degli altri, secondo il bisogno”.
In seguito a questa visione, il suo cuore si struggeva, come ferito, al ricordo della passione del Signore. Finché visse ebbe sempre nel cuore le stigmate di Gesù il che si manifestò mirabilmente più tardi, quando le piaghe del Crocifisso si riprodussero in modo visibile nel suo corpo…
Gioioso per la visione e le parole del Crocifisso, Francesco si alzò, si fece il segno della croce, poi, salito a cavallo, andò alla città di Foligno portando un pacco di stoffe di diversi colori. Qui vendette cavallo e merce e tornò subito a San Damiano.
Ritrovò qui il prete, che era molto povero, e dopo avergli baciato le mani con fede e devozione, gli consegnò il denaro… (qui la Leggenda racconta che, in un primo momento, il prete rifiutò di credergli e solo poi cominciò a fidarsi, cominciando infine a cucinare per Francesco che voleva solo fare penitenza).
Di ritorno alla chiesa di San Damiano, tutto felice e fervente, si confezionò un abito da eremita e confortò il prete di quella chiesa con le stesse parole d’incoraggiamento rivolte a lui dal vescovo. Indi, rientrando in città, incominciò ad attraversare piazze e strade, elevando lodi al Signore con l’anima inebriata. Come finiva le lodi, si dava da fare per ottenere le pietre necessarie al restauro della chiesa. Diceva: “Chi mi dà una pietra, avrà una ricompensa; chi due pietre, due ricompense; chi tre, altrettante ricompense!”…
C’erano anche altre persone ad aiutarlo nei restauri. Francesco, luminoso di gioia, diceva a voce alta, in francese, ai vicini e a quanti transitavano di là: “Venite, aiutatemi in questi lavori! Sappiate che qui sorgerà un monastero di signore, e per la fama della loro santa vita, sarà glorificato in tutta la chiesa il nostro Padre celeste”.
Era animato da spirito profetico, e preannunciò quello che sarebbe accaduto in realtà. Fu appunto nel sacro luogo di San Damiano che prese felicemente avvio, ad iniziativa di Francesco, a circa sei anni dalla sua conversione, l’Ordine glorioso e ammirabile delle povere donne e sacre vergini.»

venerdì 21 ottobre 2022

Molti giovani "figli della montagna" sono in realtà vittime di "abbandono, abuso, trascuratezza"

In riferimento al pellegrinaggio in Israele dei giovani neocatecumenali statunitensi del luglio 2022, organizzato da Giuseppe Gennarini, di cui abbiamo parlato in questo articolo, riportiamo una interessante riflessione di Porto.
 
 

«Volevo segnalare un video su questo pellegrinaggio, pubblicato su YouTube da Christian Media Center. C’è un catechista degli Stati Uniti, tale Jacob Suazo, che parla del pellegrinaggio e del suo significato e scopo, diciamo così. Questo è il link.

Dopo le solite tiritere neocat., che le potrebbe ripetere anche un bambino di due anni ad occhi chiusi, tipo "Dio ti ama come sei, tu sei peccatore, incapace di perdonare, nel Cammino ti si annuncia il kerygma", ecc., ecc., ecc., quello che mi ha colpito particolarmente sono queste parole del catechista Jacob Suazo: 

“Molti di questi giovani sono venuti con grandi sofferenze: abbandono, abuso, trascuratezza”.

Se consideriamo che la stragrande maggioranza dei partecipanti a questo pellegrinaggio sono giovani figli del Cammino (cosa che è confermata anche da quanto riferito dal Gennarini, sulla richiesta dei genitori di questi ragazzi di organizzare un pellegrinaggio), c’è qualcosa che non torna. 

Si sente sempre dire che il Cammino ricostruisce le famiglie, porta avanti i matrimoni, forma famiglie cristiane. Allora mi chiedo: che tipo di famiglie cristiane forma il Cammino perché molti dei loro giovani figli subiscano abbandono, abuso, trascuratezza? 

A me questi sembrano frutti di famiglie disfunzionali, per non dire altro. 

Com’è possibile? È questa la famiglia cristiana? 

Famiglie che sfornano un figlio dopo l’altro perché devono essere aperte alla vita, famiglie che antepongono sistematicamente gli impegni del Cammino allo stare coi figli, perché stare con i figli è faticoso, molto meglio una bella catechesi… . 

Di quanto il Cammino mini il benessere della famiglia ho già scritto in passato. Adesso mi viene da pensare anche un’altra cosa: forse tutto questo è un piano diabolico dei due sterili, diabolici iniziatori. Potrebbero aver pensato: se noi creiamo famiglie disfunzionali in cui i figli non sono seguiti, ma trascurati e pertanto sofferenti, creeremo tanti nuovi infelici a cui inculcare che solo nel Cammino troveranno la felicità. 

In più diciamo loro che la fonte della loro sofferenza non è stato l’essere trascurati dai genitori, ai quali devono chiedere scusa per averli giudicati (ma i genitori per non essersene curati no, ovviamente!), ma il loro peccato, la loro superbia, il non accettare la croce. In questo modo creeremo tanti nuovi adepti pronti a seguirci. È solo un’ipotesi, ma forse non lontana dal vero.»

(da: Porto)

La trasmissione della fede: da Kiko ai catechisti
dai catechisti agli adepti,
dagli adepti ai "figli del cammino"

A conferma del fatto che i giovani partecipanti fossero per la maggior parte "figli del Cammino", con genitori neocatecumenali (e probabilmente anche nonni neocatecumenali), riportiamo il seguente paragrafo dell'articolo di Vatican News, di D.Donnini.

«La trasmissione della fede.
Molti di questi pellegrini sono figli di quei giovani che nel marzo del Duemila si riunirono in questo stesso posto, sul Monte delle Beatitudini, per la storica visita di San Papa Giovanni Paolo II che lì celebrò l’Eucaristia. Seguì un incontro vocazionale con ragazzi di tutto il mondo. 

Da qui anche l’importanza per questi ragazzi che sono tornati in qualche modo anche sulle orme dei loro genitori. 

Proprio grazie all’incontro con Gesù Cristo Risorto, anche tramite questi pellegrinaggi, tanti dei loro genitori si sono aperti alla vita, mettendo al mondo figli. Perché, ricorda padre Rino Rossi, la Parola di Dio genera una vittoria su tutte le nostre paure. 

“Voi siete figli di questa Montagna”, ha quindi detto il sacerdote in riferimento agli incontri sul Monte delle Beatitudini, ai gruppi di giovani che sono andati in visita in questi giorni.»
 

Concludiamo l'articolo con l'appello di un parroco che ben conosce il Cammino e i problemi dei "figli della Montagna".

«Per mia esperienza di sacerdote, i figli di chi fa il cammino hanno un forte respingimento a proseguire il cammino, lo iniziano forse, perché costretti ma appena possono scappano con un senso di rabbia e disprezzo, mentre quei pochi che entrano si portano profonde ferite.
Io ho visto figli di catechisti piangere come bambini per la forte anaffettività dei genitori sempre impegnati con il cammino e lasciati crescere da soli o con sorelle di comunità, privandoli di ciò che più conta per un bambino, la dimensione di famiglia.
Anche in questo è un grosso fallimento: tutte teorie che non danno frutti, anche la liturgia domestica privando i figli di una dimensione comunitaria in parrocchia. 
Fermiamolo!!!! 
Quanto male deve fare ancora per capirlo? Vi prego: fermiamo questa mostruosità di Cammino, che brucia i cervelli della gente, che non li fa più ragionare e li manipola gravemente rendendoli spenti. Solo cammino. 
Forse solo la pandemia ha dato la possibilità ad alcuni di aprire gli occhi e vedere, si sono dimezzate le comunità. 
Vescovi aprite gli occhi, non guardate solo la colletta che vi portano dopo il secondo scrutinio; finirà presto anche quella perché non ci sarà più chi farà passaggi.
Ne siete responsabili perché non avete vigilato attentamente il vostro gregge, noi parroci possiamo fare poco o niente
 (da: un Parroco)

martedì 18 ottobre 2022

Monizioni, risonanze, testimonianze: sono ammesse durante la Messa?

Su segnalazione del blog Cruxsancta, vogliamo proporre un interessante articolo reperibile sul sito Infocatolica.com intitolato Testimonianze e discorsi durante la Messa. Quando farli?

L'autore dell'articolo, Javier Sánchez Martínez, sacerdote della diocesi di Córdoba, ordinato il 26 giugno 1999, Laureato in Teologia, con specializzazione in liturgia, ha tenuto vari corsi di formazione liturgica ed è stato docente per la formazione permanente della vita religiosa e consacrata e membro dell'équipe diocesana di liturgia. Si è spento all'età di 48 anni l'11 settembre 2021. 
Riportando questo suo articolo, ci uniamo al suo ricordo con la preghiera.
 

Da qualche tempo è invalsa un'abitudine, quella di utilizzare la Messa domenicale (o le diverse Messe domenicali) per tutto , a partire da una salva di interminabili annunci prima di dare la benedizione, ai saluti e agli arrivederci a coloro che hanno partecipato, nonché per introdurre testimonianze e/o esperienze: proprio durante la celebrazione della Santa Messa. 

È un uso così comune e diffuso che nessuno si sorprende più che venga messo in atto.  

Solo che la liturgia non lo consente, né lo consentono i documenti della Chiesa, anzi, lo hanno condannato come un abuso.

È senz'altro arricchente per i fedeli di una parrocchia ascoltare la vibrante testimonianza di un missionario sul duro compito dell'evangelizzazione ad gentes, della formazione dei catechisti, del sostegno alla vita sacramentale delle comunità di periferia, del catecumenato degli adulti e dei battesimi delle nuove conversioni. Oppure ascoltare la testimonianza della carità e della solidarietà fraterna di chi svolge attività di volontariato, o serve i poveri, o realizza un programma della Caritas o di Mani Tese. Allo stesso modo, è emozionante ascoltare un seminarista, del Seminario minore o maggiore, offrire, pieni di tensione, la propria testimonianza vocazionale, la scoperta della chiamata del Signore, il desiderio di essere un santo sacerdote. 
Allo stesso modo, è arricchente quando un fedele laico racconta la propria esperienza in un Movimento o in una Comunità, incoraggiando chi vuole condividere quel carisma.

Ma, per tutto ciò, l'ambito proprio non è quello della liturgia, ma quello della catechesi

In altre parole, ciascuna di queste attività prenderà forza e troverà spazio in una catechesi per adulti (o per giovani e bambini) o in una sessione di formazione della parrocchia, o brevemente prima o dopo la messa domenicale, come preludio o come un momento finale per chi vuole restare.

La liturgia è Opus Dei, è servizio al Signore, «glorificazione di Dio e santificazione degli uomini», dice il Vaticano II (SC 5; 10), e molte volte invece la trasformiamo in un incontro comunitario dal tono ludico e catechistico , dove tutto ci sta, dove tutto si fa, forse temendo che se venisse tolto dalla Messa, ci sarebbe un calo di presenze.  

La liturgia è per il Signore, e ha un significato sacro, che si indebolisce molto quando introduciamo discorsi, parole, testimonianze e altro, a volte al posto dell'omelia, a volte dopo l'omelia, a volte anche nel silenzio dopo la comunione (impedendo la preghiera fervente e raccolta). 

Non vediamo che ci sono troppe parole nella liturgia, specialmente nella Messa? Non siamo stanchi di tanto verbalismo di monizioni,  discorsi e testimonianze, oltre agli avvisi (come non ci fossero già i manifesti sulla porta e non venissero rilanciati tramite la rete e il whatsapp parrocchiale!)? Con tutti i soldi che la Santa Chiesa spende in manifesti e propaganda per poi ripetere la stessa cosa in infinite pubblicità!

Queste testimonianze o esperienze possono essere consentite o non consentite all'interno della Messa?

L'ambone non deve ospitare
le omelie dei laici
L'Istruzione Redemptionis Sacramentum, del 2004, afferma quanto segue:

[64.] L'omelia, che si tiene durante la celebrazione della Santa Messa e fa parte della stessa Liturgia, «sarà normalmente pronunciata dallo stesso sacerdote celebrante, oppure la affiderà a un sacerdote concelebrante, o, talvolta, a seconda delle circostanze, anche a un diacono, ma mai a un laico. In casi particolari e per giusta causa, può pronunciare l'omelia anche il Vescovo o il sacerdote che sia presente alla celebrazione, pur non potendo concelebrare.

[65.] Si rammenta che ogni norma precedente che ammetteva i fedeli non ordinati a poter pronunciare l'omelia nella celebrazione eucaristica deve considerarsi abrogata, come prescrive il can. 767 § 1. Questa concessione è disapprovata, senza che sia ammessa alcuna forza consuetudinaria.

[66.] Il divieto di ammettere laici alla predicazione, nell'ambito della celebrazione della Messa, vale anche per gli studenti di seminario, di teologia, per coloro che hanno ricevuto l'incarico di "assistenti pastorali" e per ogni altro tipo di gruppo, confraternita , comunità o associazione di laici.

Allora, cosa facciamo con le testimonianze? Continua la stessa istruzione:
 
[74.] Se occorrono istruzioni o testimonianze sulla vita cristiana da presentare da parte di un laico ai fedeli riuniti in chiesa, è sempre preferibile che ciò avvenga al di fuori della celebrazione della Messa . Per gravi motivi, tuttavia, è lecito dare tali istruzioni o testimonianze, dopo che il sacerdote ha pronunciato la preghiera dopo la Comunione. Ma questa non può diventare un'abitudine. Inoltre, queste istruzioni e testimonianze non possono in alcun modo avere un significato che possa essere confuso con l'omelia, né è consentito che l'omelia sia totalmente soppressa.
 
Qualcuno potrebbe obbiettare: è "politicamente scorretto" escludere le testimonianze al posto dell'omelia o durante l'omelia, per quanto già radicato lo sia! Eppure, è "ecclesialmente corretto":
  • Al di fuori della Messa, in una sessione di formazione o catechesi per adulti
  • In ogni caso, e in via eccezionale, dopo la preghiera post-comunione (prima della benedizione finale)

E la liturgia deve essere curata al massimo grado, recuperando il suo significato sacro, di adorazione davanti al Mistero di Dio, senza confonderla con progetti didattici o catechetici, che hanno il loro posto in un altro tempo e in un altro luogo. 

La Liturgia non è un discorso per i presenti, ma una Grande Preghiera a Dio, come l'ha definita tante volte Papa Benedetto XVI.

 Javier Sánchez Martínez


Si allega opportuno elenco, non esaustivo, di abusi liturgici propri delle Messe neocatecumenali:

  • Lunghe ammonizioni alle letture, spesso simili ad omelie Assenza totale dell'offertorio (da parte dei fedeli)
  • Scambio della Pace inutilmente prolungato con sottofondo musicale (inesistente nel Rito Romano)
  • Utilizzo esclusivo della Preghiera Eucaristica II (tra l'altro modificata nel testo)
  • Divieto di inginocchiarsi alla Consacrazione
  • Comunione simultanea del sacerdote con i fedeli
  • Comunione al Corpo di Cristo da seduti Danza finale attorno alla mensa.
  • Utilizzo di un tavolo al posto dell'Altare consacrato.

Si aggiungano, almeno fino al 2005, vere e proprie omissioni (MAI AUTORIZZATE) di parti del Messale: Gloria, Credo, Lavabo, Orate Fratres, Agnus Dei, Domine non sum dignus; omissioni deliberatamente stabilite con lo scopo di occultare l'aspetto sacrificale della Messa per evidenziarne quello conviviale.

 

Il laico Kiko e le sue "omelie"

Si ricorda che, sull'argomento trattato dall'articolo, gli iniziatori del Cammino neocatecumenale Kiko Argüello, Carmen Hernàndez e don Mario Pezzi, hanno ricevuto già dal dicembre 2005 una Lettera della Congregazione per il Culto Divino al Cammino Neocatecumenale.

Questa lettera, contenente le «decisioni del Santo Padre», che Papa Benedetto XVI aveva così preannunciata alle famiglie del Cammino ricevute in udienza il 26 gennaio 2006: 

« ... Proprio per aiutare il Cammino Neocatecumenale a rendere ancor più incisiva la propria azione evangelizzatrice in comunione con tutto il Popolo di Dio, di recente la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti vi ha impartito a mio nome alcune norme concernenti la Celebrazione eucaristica, dopo il periodo di esperienza che aveva concesso il Servo di Dio Giovanni Paolo II. Sono certo che queste norme, che riprendono quanto è previsto nei libri liturgici approvati dalla Chiesa, saranno da voi attentamente osservate. Grazie all'adesione fedele ad ogni direttiva della Chiesa, voi renderete ancor più efficace il vostro apostolato in sintonia e comunione piena con il Papa e i Pastori di ogni Diocesi.»

ancor oggi non vede attuazione, nonostante sia parte integrante dello Statuto del Cammino Neocatecumenale (art.13, nota 49).

sabato 15 ottobre 2022

Scegliamo di inginocchiarci davanti a tanta Maestà, infatti siamo il nulla davanti al Tutto

"Il Cammino è costituito da un milione di aderenti o simpatizzanti o come li volete chiamate. Secondo voi sono tutti da spedire all'inferno? Nessuno si salverà?"

Hai scritto, e mi permetto di rispondere.

In verità siete voi che giudicate chiunque non faccia il vostro percorso da voi scelto, e li giudicate pesantemente, condannandoli dentro al vostro cuore di ogni cosa, come fossero dei Giuda o dei dannati.
E questo fa molto male sia a chi giudicate e sia a voi che non siete obbiettivi e accusate chiunque non la veda come voi.
Ma vorrei risponderti nel dettaglio.
Certo che no, chi può sapere chi verrà condannato e chi no? Nessuno, tranne Dio. Solo Dio lo sa.

Vi auguro di essere non un milione ma cinque milioni, anche dieci e/o cento, ma mi permetto di sottolineare degli aspetti molto negativi che si svolgono in mezzo a voi, che credo debbano essere corretti. 

Non faccio ciò perché mi sento in dovere di essere un maestro dentro il vostro ambito, il contrario di tutto questo, perché nel vostro ambito io non ci voglio proprio entrare, è questione vostra e la responsabilità è vostra, siete adulti e vaccinati, e per cui avete la responsabilità di gestirvi da voi.
Ma affermo tutto questo perché avete oltrepassato il vostro recinto, e per cui siete voluti entrare in un ambito nel quale non vi è permesso dettare leggi inique.

Molti di voi si prendono la leggerezza di voler inculcare al prossimo di voler fargli fare delle azioni che andrebbero a togliergli quell'Amore che è dovuto al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo e a Nostra Madre la Madonna, Madre di tutti i cristiani.
Infatti, noi tutti sappiamo che la Madonna ci spinge all'Amore verso suo Figlio, e per cui ci chiede di Donare questo Amore senza paure, senza ostacoli, e via dicendo. 

E per cui noi figli di Dio, ecco che cerchiamo di manifestare questo Amore verso Colui che è la Nostra Vita, e cerchiamo di farlo con alcuni modi.

Un modo di manifestazione, che è tanto gradito a Dio Nostro Padre, è quello di INGINOCCHIARCI davanti al Suo Figlio che ha dato tutto se stesso, cioè si è sacrificato per le nostre anime e ci ha redenti. E per cui: quale cosa migliore è dimostrare in quel momento l'Amore che abbiamo verso di Lui?
 
Ecco che noi in alcuni momenti, nei quali abbiamo un contatto diretto con Nostro Signore, scegliamo di inginocchiarci davanti a tanta Maestà, infatti siamo il nulla davanti al Tutto, e per cui nel nostro nulla cerchiamo di manifestare ciò che possiamo.

Venendo a voi, ho notato che avete come una ripugnanza nel fare queste cose. 

Devo sottolineare un aspetto abbastanza importante, e cioè che una volta che vi ho detto che siete in grave errore, io sono a posto perché siete stati avvisati e non ho obblighi verso di voi, e per cui il mio dovere è stato compiuto; ma la mia insistenza è dettata dal fatto che vi vedo nell'ostinazione e nella convinzione errata nel voler insegnare al prossimo questo vostro metodo, per cui ecco che debbo sempre avvisare gli altri che potrebbero cadere nella vostra trappola.

Vi ripeto che è un grave errore nel voler insegnare al prossimo alcune cose che non vanno a rispettare Dio, Nostro Padre. 

Dovete sapere che dentro la famiglia il rispetto è dovuto, e siccome non stiamo trattando con Tizio o Caio, ma con Dio, ecco che anche se è Padre, Lui è Dio, Padre e Dio, e per cui non stiamo trattando alla pari. 

Per spiegarvi, un tempo, ma credo che si usi anche ora, alcune persone davanti ad altre persone importanti, come Re o Principi e via dicendo, si dovevano inginocchiare per segno di educazione. Figuriamoci davanti a Dio cosa dovremmo fare!.
 

Voi che dite?

Un saluto.


 

«Trascorso un po’ di tempo» continua don Konrad, «all’altezza della Pontificia Università Antonianum, Giovanni Paolo II ha ripetuto di nuovo: “Voglio inginocchiarmi!”, e io, con grande difficoltà nel dover ripetere il rifiuto, ho ripetuto che sarebbe stato più prudente tentare di farlo nelle vicinanze di Santa Maria Maggiore; e di nuovo ho sentito quel mormorio. Tuttavia, dopo qualche istante, giunti alla curia dei padri redentoristi, il Papa ha esclamato con determinazione, e quasi gridando, in polacco:

 “Qui c’è Gesù! Per favore… ”. Poche parole, quasi un grido di aiuto».

Voleva genuflettersi, voleva adorare la presenza di Cristo nel pane consacrato. Non voleva rimanere seduto di fronte a Gesù. Questa volta la commovente supplica ottiene il risultato sperato.

«Non era più possibile contraddirlo. Il Maestro delle cerimonie è stato testimone di quei momenti. I nostri sguardi si sono incontrati, e, senza dire nulla, abbiamo cominciato ad aiutarlo ad inginocchiarsi. Lo abbiamo fatto con grande difficoltà, e quasi lo abbiamo messo di peso nell’inginocchiatoio e cercava di sorreggersi; tuttavia le ginocchia non lo reggevano più, e abbiamo dovuto subito rimetterlo sulla sedia, tra difficoltà che non erano solo fisiche, ma erano dovute anche all’ingombro dei paramenti liturgici».

mercoledì 12 ottobre 2022

Pascete il gregge di Dio

Il 23 maggio 2021 Papa Francesco promulgava la Costituzione Apostolica Pascite Gregem Dei con cui viene riformato il libro VI del Codice di Diritto Canonico.

Di seguito, presentiamo una sintesi del testo ed alcune nostre brevi notazioni.

«Pascete il gregge di Dio, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio» (cfr. 1 Pt 5, 2).

 

Le parole ispirate dell’Apostolo Pietro riecheggiano in quelle del rito della ordinazione episcopale: «il Signore nostro Gesù Cristo, inviato dal Padre a redimere gli uomini, mandò a sua volta nel mondo i dodici apostoli, perché pieni della potenza dello Spirito Santo, annunziassero il Vangelo a tutti i popoli e riunendoli sotto l’unico pastore, li santificassero e li guidassero alla salvezza. (...) È Cristo che nella sapienza e prudenza del Vescovo guida il popolo di Dio nel pellegrinaggio terreno fino alla felicità eterna» (cfr. Ordinazione del Vescovo, dei Presbiteri e dei Diaconi). E il Pastore è chiamato a esercitare il suo compito «col consiglio, la persuasione, l’esempio, ma anche con l’autorità e la sacra potestà» (Lumen gentium, n. 27), giacché la carità e la misericordia richiedono che un Padre si impegni anche a raddrizzare ciò che talvolta diventa storto.

Procedendo nel suo pellegrinaggio terreno, sin dai tempi apostolici, la Chiesa si è data regole di condotta che nel corso dei secoli hanno composto un coeso corpo di norme vincolanti, che rendono unito il Popolo di Dio e della cui osservanza sono responsabili i Vescovi.

Tali norme riflettono la fede che noi tutti professiamo, dalla quale traggono la loro forza obbligante, e su di essa fondate, manifestano la materna misericordia della Chiesa, che sa di aver sempre come fine la salvezza delle anime. (...)

Appariva evidente la necessità di sottoporre a revisione anche la disciplina penale,(...) nel Codice di Diritto Canonico, (...) in modo da permettere ai Pastori di utilizzarla come più agile strumento salvifico e correttivo, da impiegare tempestivamente e con carità pastorale ad evitare più gravi mali e lenire le ferite provocate dall’umana debolezza.(...)

L’osservanza della disciplina penale è doverosa per l’intero Popolo di Dio, ma la responsabilità della sua corretta applicazione – come sopra affermato – compete specificamente ai Pastori e ai Superiori delle singole comunità. È un compito che non può essere in alcun modo disgiunto dal munus pastorale ad essi affidato, e che va portato a compimento come concreta ed irrinunciabile esigenza di carità non solo nei confronti della Chiesa, della comunità cristiana e delle eventuali vittime, ma anche nei confronti di chi ha commesso un delitto, che ha bisogno all’un tempo della misericordia che della correzione da parte della Chiesa.

In passato, ha causato molti danni la mancata percezione dell’intimo rapporto esistente nella Chiesa tra l’esercizio della carità e il ricorso – ove le circostanze e la giustizia lo richiedano – alla disciplina sanzionatoria. Tale modo di pensare – l’esperienza lo insegna – rischia di portare a vivere con comportamenti contrari alla disciplina dei costumi, al cui rimedio non sono sufficienti le sole esortazioni o i suggerimenti.

Questa situazione spesso porta con sé il pericolo che con il trascorrere del tempo, siffatti comportamenti si consolidino al punto tale da renderne più difficile la correzione e creando in molti casi scandalo e confusione tra i fedeli. È per questo che l’applicazione delle pene diventa necessaria da parte dei Pastori e dei Superiori. La negligenza di un Pastore nel ricorrere al sistema penale rende manifesto che egli non adempie rettamente e fedelmente la sua funzione. (...)

Invero la carità richiede che i Pastori ricorrano al sistema penale tutte le volte che occorra, tenendo presenti i tre fini che lo rendono necessario nella comunità ecclesiale, e cioè il ripristino delle esigenze della giustizia, l’emendamento del reo e la riparazione degli scandali. (...)

Tutto ciò premesso, con la presente Costituzione Apostolica, promulgo il testo revisionato del Libro VI del Codice di Diritto Canonico così come è stato ordinato e rivisto, nella speranza che esso risulti strumento per il bene delle anime, e che le sue prescrizioni siano applicate dai Pastori, quando necessario, con giustizia e misericordia, nella consapevolezza che appartiene al loro ministero, come dovere di giustizia – eminente virtù cardinale – comminare pene quando lo esiga il bene dei fedeli.
(...)
Dato a Roma, presso San Pietro, Solennità di Pentecoste, 23 maggio 2021, nono anno del mio Pontificato.
Francesco



Scriveva San Giovanni Paolo II, promulgando la precedente edizione del Codice Canonico il 25 gennaio del 1983:
"Bisogna riandare con la mente al lontano patrimonio di diritto contenuto nei libri del Vecchio e Nuovo Testamento dal quale, come dalla sua prima sorgente, proviene tutta la tradizione giuridico-legislativa della Chiesa.
Cristo Signore, infatti, non ha voluto affatto distruggere il ricchissimo retaggio della legge e dei profeti, che si era venuto man mano formando dalla storia e dall'esperienza del popolo di Dio nell'Antico Testamento, ma gli ha dato compimento (cf. Mt 5, 17), così che esso in modo nuovo e più elevato entrò a far parte dell'eredità del Nuovo Testamento. Perciò, quantunque san Paolo nell'esporre il mistero pasquale insegni che la giustificazione non si ottiene con le opere della legge, ma per mezzo della fede (cf. Rm 3, 28; Gal 2, 16), con ciò tuttavia né annulla l'obbligatorietà del decalogo (cf. Rm 13, 8-10; Gal 5, 13-25; 6, 2), né nega l'importanza della disciplina nella Chiesa di Dio (cf. 1 Cor cap. 5 e 6). In tal modo gli scritti del Nuovo Testamento ci consentono di percepire ancor più l'importanza stessa della disciplina e ci fanno meglio comprendere come essa sia più strettamente congiunta con il carattere salvifico dello stesso messaggio evangelico.(...)
Esorto, quindi, tutti i fedeli a voler osservare le norme proposte con animo sincero e buona volontà, nella speranza che rifiorisca nella Chiesa una rinnovata disciplina; e che, di conseguenza, sia sempre più favorita con l'aiuto della beatissima Vergine Maria, madre della Chiesa, la salvezza delle anime.

 


Osserviamo quindi che:

  •  nella Chiesa sono sempre state promulgate e fatte rispettare dai Pastori norme disciplinari che sono ordinate al ristabilimento della giustizia, alla difesa delle vittime ed anche all'educazione ed al recupero di chi ha commesso azioni disciplinarmente sanzionabili.
  • Carità  e misericordia richiedono certamente il perdono, ma anche l'impegno, da parte di chi ha responsabilità del gregge, a "raddrizzare ciò che talvolta diventa storto".
  • Tali norme non sono una sovrapposizione giuridica ai precetti di fede evangelici, ma anzi, "riflettono la fede che professiamo"; sono uno "strumento salvifico e correttivo" atto a "evitare più  gravi mali e lenire le ferite provocate dall'umana debolezza".
  • L'osservanza  della disciplina penale è  "doverosa per l'intero Popolo di Dio" e deve essere fatta rispettare dai Pastori come "concreta ed irrinunciabile  esigenza di carità".
  • E, chiariva san Giovanni Paolo II, "quantunque san Paolo nell'esporre il mistero pasquale insegna che la giustificazione  non si ottiene con le opere della legge, ma per mezzo della fede, con ciò tuttavia né annulla l'obbligatorietà del decalogo né  nega l'importanza della disciplina della Chiesa di Dio".
Il Buon Pastore originale e quello "fake" by Kiko

Quanto detto sopra è una doverosa riflessione che proponiamo a coloro che, a ciò istruiti all'interno  del Cammino neocatecumenale, si oppongono all'applicazione di giustizia e disciplina nei confronti di chi, nei loro ranghi, commette azioni riprovevoli, in nome di un fumoso (e spesso peloso) rispetto delle beatitudini evangeliche e del tanto vantato "amore al nemico" e di un perdonismo dissennato che prepondera rispetto ai valori di rispetto del prossimo e di giustizia e carità nei confronti del più debole.

Si fa presente con l'occasione, dal momento  che i vertici del Cammino neocatecumenale non hanno ritenuto di varare un codice di disciplina interna per tutelare i minori e i fragili, le tanto misconosciute "Linee guida" richieste a tutte le realtà ecclesiali  laicali direttamente da Papa  Francesco, che il reato di abuso di minori, nella  sezione penale del rinnovato Codice Canonico, è ora inquadrato non all’interno dei reati contro gli obblighi speciali dei chierici, bensì come reato commesso contro la dignità della persona.

E cioè, in pratica, il nuovo canone 1398 del Codice di Diritto Canonico comprende a questo riguardo le azioni compiute non solo da parte dei chierici, che come si sa appartengono alla giurisdizione riservata della Congregazione per la Dottrina della Fede, ma anche i reati di questo tipo commessi da religiosi non chierici e da laici che occupano alcuni ruoli nella Chiesa, così come eventuali comportamenti del genere, con persone adulte, ma commessi con violenza o abuso di autorità.

In questa prospettiva, riusciamo a comprendere in modo più  completo il Motu proprio di Papa Francesco del 10 maggio 2021, pochi giorni prima della Costituzione Apostolica Pascite Gregem, di istituzione del ministero  laicale di catechista: il ruolo riconosciuto come ministeriale permetterà un controllo più stretto non solo sui contenuti formativi e dottrinali delle "catechesi" dei laici, tenuti a fare un percorso serio di istruzione presso le strutture diocesane, ma anche la possibilità di sanzionare disciplinarmente chi si fosse macchiato di delitti contro la persona, sospendendolo dal proprio incarico di catechista.

Stiano perciò attenti tutti coloro che interpretano il Vangelo delle beatitudini come un indulto per i malfattori e che, nel contempo, si stanno accostando alla Chiesa per ottenere un ministero come quello di lettore o di catechista: i loro comportamenti eventualmente lesivi nei confronti di minori e di persone fragili, verranno sanzionati non solo dallo Stato, ma anche dal codice Canonico!

Stiano all'erta certi "catechisti", se interessati a interpretare le regole di perfezione nella carità di Matteo 5 come un tana libera tutti per chi quella carità e quel perdono  li pretende dagli altri a propria giustificazione: il Codice Canonico non glielo consentirà.

E dovranno adeguarvisi: a meno che che non vogliano sostenere che la morale e il diritto della Chiesa cattolica sono in contrasto con il Vangelo.