mercoledì 30 novembre 2016

«Guarda che stasera c'è la decima»

Palcoscenico neocatecumenale a Cagliari
Squallore neocatecumenale.

Ci tengono proprio tanto a quella decima. Si sfoga con me un amico neocat, ogni volta gli arriva puntualmente la telefonata a ricordarglielo: «guarda che stasera c'è la decima». Ma quello che non gli è andato proprio giù, è quando il parroco ha chiesto ai catechisti di ricordare ai fratelli che "domani c'è la decima". Gli ha fatto proprio una brutta impressione, e sfido io. Non è una bella cosa. Sembra sia passato da consigliere spirituale a procacciatore d'affari (sic!).

(da: Giuseppe)

lunedì 28 novembre 2016

Q&A con una ex-catechista: il "carisma" dei catekikisti

Un altro triste esempio di
"vescovo kikizzato":
i suoi libri hanno in copertina
gli sgorbi di Kiko
Riportiamo un interessante scambio di battute, degno di approfondimento, di commenti firmati "l'Apostata" e "Autore della lettera", circa i vantati "poteri" o "carismi" acquisiti dai cosiddetti "catechisti" del Cammino ipso facto dopo l'elezione in comunità.


Q: Uno dei tanti interrogativi ai quali i camminanti si sono rifiutati di rispondere riguarda l'acquisizione dei superpoteri neocat da parte dei kikatekisti. Mi spiego. Il signor trettre dottor (h.c.) sciamano Arguello ha profetizzato che i kikatekisti avranno il discernimento, parleranno per ispirazione e cacceranno i demoni. Nessuno però ha mai spiegato come. E' sufficiente l'investitura per acquisirli da subito al cento per cento? 

A: Assolutamente sì. Nel momento stesso in cui vieni eletto e rispondi "sì" alla domanda "Sei disposto a compiere questo servizio con l'aiuto di Dio?" sei a pieno titolo un veggente-scrutatore di cuori-conoscitore dell'altrui pensiero e intenzioni-ispirato dallo spirito santo anche quando dici evidenti eresie, ad esempio asserire che la Chiesa nasconda da 2000 anni il kerygma e che i preti che non hanno il CNC non danno Gesù Cristo ai loro parrocchiani. Perché questi sono i veri poteri conferiti dall'elezione a catechista: spirito di giudizio, sospetto verso gli altri, calunnia, condanne e sentenze, manipolazioni, manie di onnipotenza. A immagine di Kiko li creano.

Q: Si acquisiscono progressivamente con il superamento degli scrutini, ovvero con un percorso di conoscenza? 

A: Certo che no. Una volta nominato sei un super illuminato fratello/sorella autorizzato a dire/fare qualsiasi cosa perché: a) Dio tappa le orecchie; b) Dio permette a volte cose strane; c) le nostre eventuali sofferenze sono poca cosa di fronte al progetto di Dio (che se da un lato può essere vero, non può diventare la risposta di un catechista all'eresia di cui sopra, che a sua volta dimostra l'evidente discernimento appioppatogli e su chi ha l'ha pronunciata e su chi l'ha denunciata affermando di aver proclamato una fede molto diversa e di non avere intenzione di dire questo tipo di cose e farle passare per evangelizzazione).

Q: Che succede se un kikatekista viene dimissionato? Li perde sic et simpliciter tutti?

A: Ma che domande: è ovvio apostata. In pratica corrisponde a rifiutare il piano di Dio su di te, quindi non è che Dio te li leva, è che tu li rifiuti. Ma non preoccuparti "Non perderai per questo la stima dei tuoi catechisti o fratelli, né Dio ti amerà di meno" (altra cit. sempre dello stesso catechista in una telefonata in cui venivo invitata ad andare alla convivenza pianificata apposta per risolvere tale situazione, in cui mi sono sentita dire "non devi sentire la necessità di venire, il punto è che ti stiamo chiamando in quanto tuoi catechisti e quindi non conta se a te va o non va, però sei libera eh..."). Meno male che sono libera davvero e non come lo intendono loro!

Q: E se un kikatekista discernente, ispirato e cacciadiavoli lascia il Cammino ma ha una vita religiosa di fedeltà alla Chiesa, ai sacramenti, li mantiene lo stesso o i superpoteri neocat sono solo del Cammino? 

A: Ma che domande: è ovvio apostata. In pratica corrisponde a rifiutare il piano di Dio su di te, quindi non è che Dio te li leva, è che tu li rifiuti. Ma non preoccuparti: non perderai per questo la stima dei tuoi catechisti o fratelli, né Dio ti amerà di meno. Solo che devi ricordare che quello che pensi/senti/consideri non è necessario: il punto è che se ti chiamano i tuoi catechisti non conta se a te va o non va, è bene che tu faccia quello che loro dicono...però sei libero (???). Meno male che la libertà non è quello lo intendono loro!
La claque di Kiko assiste con sufrimiento
al Kiko direttore d'orchestra

Q: Su tutto questo è calato un silenzio impenetrabile, compreso il discorso del cacciadiavoli, palese abuso nei confronti della Chiesa. Lei che ha visto le cose "dall'altra parte" può darmi qualche indicazione su come i kikatekisti vivono la profezia di Sankiko? 

A: Non sono un sacerdote ma ti dico da catechista cosa penso: se Kiko fosse stato capace di cacciare i diavoli, il cammino sarebbe imploso al primo esorcismo. Ma forse i suoi esorcismi funzionano al contrario. Tieni però presente che ormai ho perso i superpoteri, quindi... La profezia secondo la quale "i kikatekisti avranno il discernimento, parleranno per ispirazione e cacceranno i demoni" nella mia esperienza si è dimostrata non vera, io purtroppo posso dire che "i kikatechisti manipoleranno Verità e persone, parleranno per ispirazione di eresie ormai in loro radicate e cacceranno lo Spirito Santo, facendo passare tutto questo per discernimento" (è la mia triste conclusione dopo aver vissuto quanto sopra, che sebbene sia molto sintetizzato credo si capisca su per giù).

Q: Grazie. 

A: Prego, figurati!



Nostra nota: Nella Chiesa Cattolica Apostolica Romana, esistono due tipologie di catechisti: il catechista parrocchiale e il catechista di missione. In entrambi i casi si può trattare di laici, ovviamente, come previsto dai molti documenti magisteriali in proposito (Catechesi Tradendae, Redemptoris Missio, Ad gentes) e dal Codice di Diritto Canonico. C'è tuttavia una sostanziale differenza fra il compito dei catechisti laici, secondo il volere della Chiesa, e i catechisti del Cammino: i primi, per poter esercitare questo "ministero" devono studiare in appositi corsi diocesani dottrina, morale e teologia, e ricevere uno specifico permesso dal Vescovo, il quale in ultima istanza è il responsabile della trasmissione della fede nella propria Diocesi.
I catechisti del Cammino non ricevono nessuno speciale permesso, non frequentano corsi, non gli è richiesto di studiare teologia e dottrina. Come sottolineato da "Autore della lettera", essi ricevono l'investitura durante un incontro successivo alla conclusione del "secondo passaggio" nel quale, alla presenza dei catechisti, si svolge una votazione a scrutinio segreto; i più votati - salvo parere contrario dei catechisti capi - avranno l'onore di svolgere le catechesi in parrocchia o in altre zone della propria città o della propria regione. In altri casi gli stessi catechisti vengono impiegati nei vari percorsi parrocchiali, così che tutto sia "kikizzato" a dovere: catechismo della Prima Comunione, Dopo Comunione, Cresima, Post-Cresima, Fidanzati, Divorziati-Risposati.... In tutte queste attività, complice il parroco (neocat anche lui o semplicemente ignavo), nessuno dei catekikisti ha ricevuto uno straccio di formazione, che non sia lo studio dei sacri mamotreti, eppure a questi figuri - spesso ignoranti anche delle basi elementari del catechismo - viene affidata la vita di tantissime persone, con il rischio di causare enormi danni spirituali e materiali.

L'elezione dei catechisti neocatecumenali non è altro che uno dei tanti abusi di cui il Cammino si è reso protagonista sin dalla sua fondazione.

sabato 26 novembre 2016

Se hai la medaglietta di Lourdes, sei un religioso naturale. Parola di kikos.

Altro che Croce francescana...
Poco tempo fa, un neocatecumenale iroso e penoso si esprimeva nel seguente modo sulla tradizione cristiana di sostituire perline e collane con medagliette:
Altro che Madonna di Lourdes...
"Prima del cammino ero un religioso naturale pieno di paura, mi credevo buono e santo e non vedevo la mia realtà. Tutto ciò lo nascondevo con medagliette e scapolari appesi al collo. Dio nel cammino mi ha mostrato che mi amava come sono, non per ciò che sembravo essere. Dio mi ha dato la fede e mi ha insegnato che la fede viene da Lui, non dall'essere un baciapile religioso, facendo sforzi della legge come il popolo di Israele nell'Antico Testamento. Oggi vivo nella libertà dei figli di Dio grazie alla fede data per Gesù Cristo. Benedico il Signore per il Cammino Neocatecumenale. Una delle cose che non permettono che tu riceva la fede è la religiosità e vedi che in questo blog ci sono persone che, poiché sono ipocrite e pensano che la fede venga per i loro sforzi, finiranno  confuse nel pianto e nello stridor di denti; questo blog è stato creato per raccogliere la feccia di chi si crede  buonino e gli ipocriti bigotti."
Un piccione che precipita...
Ebbene, il catecumeno esordiva rinnegando le madagliette e gli scapolari, come se questi fossero contrari alla fede e detestati da Dio, e concludeva facendo un giudizio di intenzione, che è il modo in cui si concludono praticamente la totalità delle "tirate" neocatecumenali, da cui risulta che senza dubbio il loro discernimento è pari a zero.

Poiché anche il giorno seguente lo stesso catecumeno o un altro, emulando il primo, insisteva con il considerare le medagliette come qualcosa di nocivo e proprio dei fanatici, abbiamo ritenuto fosse il caso di chiarire la posizione del Cammino sull'oreficeria in generale e, in particolare, sulla gioielleria di carattere religioso.

E la posizione del Cammino è: avanti tutta, sempre se sono soggetti inequivocabilmente kikiani che servano per distinguersi dai detestati bigotti religiosi della Messa delle 12.
Dicono che sia una palma...

Un neocatecumeno non può sopportare di vivere con una croce  di San Francesco, né con una medaglia della Vergine di Lourdes o della Madonna miracolosa, però sarà incantato se gli dicono di comprare una croce cosiddetta "gloriosa" attribuita ad un certo Kiko, o un piccione che cade a picco che gli diranno rappresentare lo Spirito Santo, o una targhetta atrocemente mal incisa che sostengono essere la Vergine del Cammino...

L'offerta non è molto varia, ma è omogeneamente brutta.

Nella mia comunità, c'è stato un periodo in cui era uso regalare ai bambini che ricevevano il Battesimo una di quelle medagliette o crocette.
Croce kikiana con Mekabah:
irrinunciabile per un neonato!
Ad uno dei miei figli toccò la cosiddetta croce gloriosa; con il successivo ebbi più fortuna perché l'incaricato di comprare i ciondoli per i bambini era devoto della Vergine del Pilar e, con le migliori intenzioni, prese una medaglietta del Pilar per ognuno dei battezzandi. Ai kikatechisti non andò giù la "bigotteria moralista" e a partire da quel momento si cessò di regalare medagliette a quelli che ricevevano il Battesimo.

Però, passa il tempo, e al giorno d'oggi, l'offerta per adornare i colli neocatecumenali non si limita a ciondoli o crocette come quelle dei religiosi naturali, ma fa peggio ancora, al punto tale che si può comprare un candelabro ebreo o uno strano animale bucherellato che di nuovo dicono sia una rappresentazione dello Spirito Santo.

Come anche braccialettini del tutto ordinari e portachiavi neocatecumenali anch'essi improponibili.

E non potevano mancare i pegni per i fidanzati.
Perché sarebbe un delitto che dei fidanzati neocatecumenali usassero gli stessi pegni dei religiosi naturali; essi devono usare pegni del Cammino, per simboleggiare dove pongono i propri beni, il cuore, il proprio essere e la vita intera.

Mezuzah: astucci ebraici
contenenti
pergamene con preghiere
E se l'acquirente vuole essere più kiko di tutti e dimostrare al mondo chi siano i suoi amatissimi fratelli maggiori, può comprare una mezuzah, che non è mai stato un oggetto proprio del cristianesimo, ma che continua ad essere un chiaro segno identificativo del giudaismo.
In cambio, sul tema scapolari, devo riconoscere che i negozi Kiko  sono ancora ai primordi e non offrono nulla di nulla.

Dio sia benedetto per questa omissione!😓

(articolo ripreso
da Cruxsancta)

giovedì 24 novembre 2016

Anche se ti sforzi di ignorarli, i mamotreti hanno un ruolo fortissimo nella tua vita

Il santino di san Kiko
Pino, voglio parlarti a cuore aperto e essere molto sincera con te, spero lo apprezzerai. Leggo i tuoi interventi e un po’ ti capisco e proprio per questo mi arrabbio: rivedo in molti dei tuoi i miei ragionamenti fino a qualche tempo fa, quando mi aggrappavo disperatamente a quel che di buono avevo visto e ricevuto in cammino (o perlomeno creduto tale) cercando di ignorare e allontanare tutti gli altri campanelli di allarme. Ed era una fatica tremenda, sottile, logorante e quotidiana di cui mi rendo pienamente conto solo ora che me ne sto liberando.

Il tuo incipit è molto esplicativo: “Per mia esperienza”… che tu ne sia consapevole o no questo è un trucchetto inculcato nel cammino, l’invito perenne a ridurre tutto alla propria esperienza, a farsi andar bene l’equilibrio che ci si è creati e alienarsi da tutto il resto. Io ti credo quando dici che hai avuto esperienze positive di sacerdoti in cammino, so che possono crearsi equilibri virtuosi (ma anche alla luce del percorso che sto facendo ora aggiungo: o che paiono tali), però non puoi in virtù di questo bendarti gli occhi, chiudere le orecchie e spegnere il cervello su come funziona davvero il cammino. Lo sai anche tu che se accadesse qualche frizione tra catechisti e sacerdoti, sono i catechisti che prevalgono nel ruolo di guida dei fratelli, buon per te che nella tua parrocchia non è successo ma la storia di Don Fabio Rosini la conosci? Lo sai che Kiko disse ufficialmente che i fratelli in cammino non devono avere direttori spirituali perché la guida spirituale è il cammino stesso? Li conosci i seminaristi o sacerdoti Redemptoris Mater? Quanti di loro effettivamente si percepiscono a servizio del Vescovo e non del cammino? Per quanti di loro la volontà dei catechisti è molto più importante di quella dei Vescovi? Li hai mai visti con che spirito poi affrontano l’eventualità di non poter partire in missione perché la Diocesi ha bisogno di loro in altro modo? Magari ne conosci qualcuno che miracolosamente non è così ma le eccezioni non confermano la regola.

Dici con Jeff che la vita in cammino va oltre i mamotreti. Io posso capire cosa intendete. Sono figlia del cammino, camminante io stessa per 20 anni arrivata alla soglia dell’elezione e non ne ho mai visto uno, né ho mai cercato l’occasione di averlo tra le mani, non mi interessava. Così come non mi interessava approfondire le notizie che riguardavano il cammino a livelli alti, la vicenda degli statuti, le critiche autorevoli, ecc. Pensavo di essere una camminante anomala che riduceva tutto alla vera essenza del cammino senza impelagarsi coi giochi di potere. Ma la realtà è che nella mia formazione i mamotreti che non ho mai conosciuto direttamente, hanno avuto comunque un ruolo fortissimo, senza che io me ne rendessi nemmeno conto. E questo vale per tutti i camminanti. La catechesi della cognata ammalata nel secondo passaggio io neanche me la ricordavo, eppure posso dire con certezza che ha condizionato me e altri tantissimo nella mia vita nel cammino, tantissime se non tutte le cose che sembrano casualità o banalità in cammino (per i camminanti un po’ ingenui come ero io e come sono tutti quelli che pensano che Kiko sia marginale e che il cammino sia molto altro) in realtà non lo sono affatto!

Quindi tu puoi pensare che di Kiko, dei mamotreti, della faccenda degli statuti, delle mancate obbedienze, delle faccende poco chiare di Guam ecc non ti interessi granchè perché non ti riguardano direttamente e tu cerchi solo di fare un’esperienza di fede (in buona fede) ma in realtà queste cose, molto profondamente, ti stanno insozzando anima e coscienza.
(da: Donna Carson)

martedì 22 novembre 2016

In una catechesi, i kikos fanno una affermazione sacrosanta (che poi però dimenticano...)

«Mi meraviglia molto che i partecipanti del cammino neocatecumenale si lascino ingannare così facilmente riguardo i segni o i frutti della Fede.

Li fanno coincidere con le alzate dei ragazzi e ragazze, agli incontri vocazionali, all’itineranza, ai matrimoni salvati (!?), al numero dei figli che nascono e al numero dei seminari Redemptoris Mater sparsi per tutto il mondo.

Si sono certamente scordati, anche perché non gli si dà più peso, che in una delle catechesi iniziali (penso la quarta sera) si parla proprio dei segni della fede e che questi sono solamente due, come si evince dai vangeli: l’Amore (Gv 13, 34) e l’Unità (Gv 17, 11), qualsiasi altra cosa che può avere anche odore di santità non è un frutto/segno della fede: “Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità” (Mt 7, 23; cfr. Lc 13, 27), ma può anche essere autocompiacimento, potere, masochismo e chi più ne ha ne metta.

Se in un matrimonio esiste l’amore e l’unità che non pondera il catechista, ma i componenti stessi della famiglia, ecco che ci sono i segni della fede, altrimenti niente, può essere tutto un castello di sabbia che ci siamo costruiti noi o chi per noi.
Questo vale anche per le equipe dei catechisti, per i seminari, per la diocesi, per i vescovi e per la Chiesa in genere.

L’amore e l’unità, solo questo conta, ma non a parole: fatti concreti dove io mi senta “Uno” con l’ultimo povero dell’America latina o dell’Asia minore, tutto il resto sono solo chiacchere inutili che fuorviano dalla verità!

Che dopo non capiscano neanche che cosa significa “amare” ed essere “uno”, è una colpa gravissima che non gli permetterebbe neanche di avvicinarsi alle Specie Eucaristiche:
“Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5, 23-24)..»




(da: Veterano)
Come i neocatecumenali si sentono uniti alla parrocchia
(vignetta autoironica del gruppo fb Neocatecumenal Fails)

domenica 20 novembre 2016

"Sono uscito dal Cammino perché ho scelto di stare con gli ultimi"

Pubblichiamo due commenti consecutivi postati sul nostro blog da Don Giuseppe, sacerdote entrato nel Cammino nel lontano 1975 e, dopo lungo travaglio interiore e non prima di aver cercato il confronto con fratelli di comunità e "catechisti" neocatecumenali, ne è uscito di recente, non tollerandone più gli abusi liturgici e convinto che esso soggiaccia ad una "logica settaria" .

L'esperienza di Don Giuseppe è per noi preziosa e lo ringraziamo per aver deciso di condividerla sulla nostra pagina, ove certamente sarà occasione di consolazione per molti e di riflessione per tutti.


Vorrei continuare a parlare della mia esperienza con il cammino neocatecumenale, per cui ritengo che la sua logica sia settaria.

Quando un fedele attirato dalle belle parole dell’annuncio partecipa alle catechesi iniziali, al termine della convivenza iniziale, quando si chiede in modo pressante se uno “liberamente” vuole iniziare il cammino, gli viene premesso che verrà condotto dai catechisti ai quali, poiché “possiedono” lo Spirito Santo, bisogna prestare assoluta obbedienza. 

Tutto il problema è sulla parola “possiedono”. Chi lo ha dato a loro e quanto glie ne hanno dato. 
É una premessa sbalorditiva e ingannevole. 

Il ragionamento è sempre quello. La fede te la dà la Chiesa (e qui va bene!), noi abbiamo lo Spirito Santo quindi noi siamo la Chiesa che ti dà la fede! Il fatto che sia presente un sacerdote questo dovrebbe garantirlo, ma sopra di lui chi ci sta? Il Vescovo o altri super catechisti?

Orbene poiché è presente un sacerdote si dà per scontato e lo si fa credere che sia in fondo l’azione del Vescovo! Ecco l’inganno! Quante catechesi noi abbiamo fatto senza il mandato del Vescovo usurpando la sua autorità. Anzi per pulire la coscienza poi, poi, lo si avvisava del dato di fatto, recandogli così bellamente e ipocritamente un’offesa.

Con il possesso di questo Spirito i catechisti potevano così dire e ridire, fare e disfare a nome della Chiesa anche quando scappavano concetti di dubbia dottrina o atteggiamenti di dubbia disciplina ecclesiale!

Ma io ero prete: come mai allora ho digerito tale logica? 

Sempre perché sopra di me c’era un altro “presbitero”, superiore a me come catechista, che garantiva che le cose così funzionavano.
Anzi la parola dei catechisti era molto più autorevole della mia, anche se invero io lo Spirito Santo l’ho ricevuto con l’imposizione delle mani del Vescovo nella mia consacrazione sacerdotale e non per le mani di altri catechisti laici come usano fare talvolta.

Preciso. L’obbedienza ai catechisti, basata sul fatto che essi dicono di avere lo Spirito Santo, col passare degli anni e sopratutto col passare degli scrutini, nei quali solo loro per il dono dello Spirito Santo, sanno la verità sulla tua vita (l’espressione è: “imparare ad avere l’occhio del catechista” che scruta la tua anima fino ad arrivare spesso al “foro interno”) diventa un collante potente difficile poi da superare. 
Essi hanno sempre ragione e se anche sbagliano Dio nello sbaglio fa il tuo bene! 
Ecco, così non si può fare nulla né pensare nulla senza i catechisti.
Famosa l’espressione: “hanno dato la vita per te”. Sì un giorno racconterò come hanno dato la vita per i catecumeni.
Poiché essi hanno lo Spirito Santo sopra di te vale sempre di più il loro giudizio. 
Un giudizio espresso sempre o quasi davanti alla comunità, così che pensare diversamente da loro ti pare di metterti contro la comunità.
I fedeli che cadono in questa logica non comprendono il coinvolgimento psicologico tremendo che fa sì che se tu volessi lasciare il cammino ti viene subito in mente quella frase ripetuta e ritrita: “Chi lascia il cammino lascia la Chiesa”.

È una sottile violenza sotto le apparenze di bene!

Io sono convinto che oggi attraversiamo un momento molto difficile nella Chiesa e le parrocchie spesso offrono poco, sopratutto i sacramenti spesso sono condotti male da noi sacerdoti, ma io sono convinto che stare con gli ultimi è stare dove la Chiesa vive tutta la sua povertà cercando con sofferenza di essere fedeli a Gesù e al suo Vangelo.
Mentre è vero che nel cammino è invece tutto organizzato e ti dà quella sicurezza per cui ti senti nella Chiesa meglio degli altri, spesso come primi della classe. Io preferisco stare con gli altri in una situazione in cui diversamente che nel cammino la fede è una conquista seria di ogni giorno!
Ormai si è capovolta la situazione: il cammino non è fatto più per gli ultimi, gli ultimi e i piccoli e i semplici stanno fuori, chiusi fuori dal loro castello dorato e per entrare c’è una condizione sola: entrare nella logica strettissima del comando neocatecumenale.

Io ho scelto di stare con gli ultimi.


Contro una conoscenza «infantile» e per una fede
«più adulta»... Ancor oggi, dopo decenni,
non si rivolgono ai lontani, ma ai cattolici praticanti.




Don Giuseppe.

venerdì 18 novembre 2016

Dal punto di vista di uno studioso ortodosso

Vengono qui sotto presentati ampi stralci di un articolo scritto da uno studioso russo ortodosso facente parte di una commissione che ha visitato i seminari Redemptoris Mater di Roma e Macerata.
Spiccano da una parte una grande simpatia umana, come è giusto che sia e come spesso si instaura tra russi e italiani, una grande ammirazione per la fede dei membri del neocatecumenato e dall'altra una grande cautela verso la validità del percorso stesso come metodo.

Ha ragione nel dire che l'Ortodossia non ne ha bisogno, il concetto di sobornost' (vita comunitaria) è un concetto propriamente ortodosso che ha ispirato svariati pensatori cattolici dello scorso secolo.
Purtroppo alcune obiezioni, ben formulate, non sono sviluppate come forse sarebbe stato il caso. Consiglio a tutti di leggere su wikipedia la spiegazione di prelest (link qui sotto nel testo).
Si conclude esprimendo la speranza che i membri dal neocatecumenato passino poi all'ortodossia come vera fede.

Nelle condizioni per la citazione dell'articolo vi è l'indicazione della fonte, per cui prego di pubblicarla:

http://www.pstgu-mf.ru/index/neokatekhumenat_cerkov_v_cerkvi_ili_sekta_v_sekte/0-257

Una piccola nota da parte della traduttrice: la scrivente non è una grande ”penna” (e nemmeno ne ha la pretesa) e vi sono spesso incongruenze sintattiche, ho cercato di rendere leggibile il tutto in italiano, ma correggere tutto non sarebbe stato né semplice né giusto.
Sul consumo delle bevande alcoliche da parte dei seminaristi: prendetela per carità come osservazione molto bonaria, molti stranieri si stupiscono che noi italiani beviamo vino a pranzo e a cena! Anche essere serviti a tavola su tovaglie bianche anziché un self-service tipo mensa aziendale li stupisce assai.

Buona lettura, Simonetta

Ah, notate la completa assenza di riferimenti alle icone kikiane, niente di niente nel testo. Un silenzio che fa riflettere.


Facoltà Missionaria
Università Umanistica Ortodossa di San Tichon

Neocatecumenato: chiesa nella Chiesa o setta nella setta?

Il mio viaggio italiano al fine di studiare il movimento Neocatecumenale e una riflessione sul tema ”Neocatecumenato: chiesa nella Chiesa o setta nella setta?!”

”...qui passa il confine tra due popoli e due culture poiché là (indicando il mare) su quella riva già parlano lo slavo, che poi si è diffuso in oriente fino all'oceano Pacifico!”
Don Mario Melloni rettore del seminario di Macerata

Quest'anno sono stato in Italia a Roma, a Macerata, a Bari e in Vaticano ed è accaduto (accaduto è la parola giusta) si può dire all'improvviso nell'ottobre dell'anno in corso. Lo scorso anno, pensando di intraprendere lo studio dei metodi di preparazione al Battesimo nelle diverse Chiese, mi ero rivolto a una mia collega che, saputo che mi accingevo a esaminare i cattolici, mi aveva risposto che non sarebbe stato male andare anche a Roma, ma io non l'avevo presa sul serio: in primis io non so l'italiano, in secundis è lontano, costa parecchio e non si capisce che cosa avrebbe potuto darmi, non era forse più semplice studiare dei materiali direttamente in russo?
Così andai riflettendo fino alla metà di ottobre, quando un giorno mi recai a un appuntamento con il mio tutor e, non erano passati nemmeno dieci minuti, che egli ricevette una telefonata d'invito a andare da qualche parte, a cui seguì la domanda al sottoscritto:

Non è che hai voglia di andare a Roma? - Fu uno shock!!!!
Ma certo, e di che cosa c'è bisogno?
Solo del visto e dei soldi per il biglietto di andata e ritorno, i tuoi ospiti pagano tutte le spese in Italia!

Il viaggio si inseriva nello scambio di esperienze nel campo dell'evangelizzazione dei cristiani: i nostri missionari si accingevano a recarsi in Italia per vedere come vi vivessero i catechisti cattolici, con quali problemi si scontrassero e, cosa più importante, quali fossero le novità nel campo della metodica che potessero offrirci! Qui è necessaria una spiegazione: sì, effettivamente al giorno d'oggi noi non abbiamo una relazione canonica con la Chiesa Cattolica Romana, ma nella Antica Chiesa Indivisa sia in Oriente che in Occidente esisteva una pratica di catechesi, per lo più identica in entrambe le parti dell'Impero Romano. Questo fatto ci permette di dire che nell' Antica Chiesa Indivisa esisteva una pratica canonica di catechesi. Se si confrontano le moderne pratiche di catechesi nelle diverse Chiese (cattolici, Ortodossi, protestanti più o meno regolari), il risultato è che al giorno d'oggi i sistemi di preparazione al Battesimo dei Cattolici Romani corrispondono alle pratiche della Chiesa Antica più delle nostre: ecco il paradosso. E proprio a questo è dedicato il mio lavoro!
Anche il problema della lingua si risolse da sé: fummo sempre accompagnati da padre Vadim, sacerdote cattolico russo, che lavorava in Italia da cinque anni. […]
Il programma, molto intenso, consisteva nella vista di parrocchie, seminari, associazioni e incontri con rappresentanti della Chiesa Cattolica, dal lunedì al venerdì. […]

Arrivati in cima al colle, ci ritrovammo nel seminario “Redemptores Mater” [sic! N.d.T.].

Questi seminari sono insoliti, in essi i pastori sono preparati secondo il metodo del cammino Neocatecumenale e propriamente noi andavamo a studiare il formato di tale attività, ossia un dialogo interconfessionale nella pratica. Che cosa è il cammino Neocatecumenale? Il catecumenato è la preparazione delle persone al Battesimo, all'ingresso nella Chiesa, apprendimento + educazione: un metodo di preparazione che include parti di insegnamento, di azione e di liturgia. “Neo” significa la preparazione delle persone al Battesimo dopo essere già entrate a far parte della Chiesa.
Il metodo del cammino neocatecumenale fu elaborato dallo spagnolo Kiko Arguello nel 1964, quando svolgeva attività missionaria tra i poveri delle baroccopoli di Madrid. Egli osservò che la stragrande maggioranza dei cosiddetti cattolici non aveva in effetti nessuna idea della propria fede e che quindi bisognava insegnargliela. Ma la domanda era: come? L'apprendimento della fede si svolge in comunità, questo è il succo della cammino neocatecumenale. Una persona giunge in comunità e lì vive, insieme vengono lette e studiate le Scritture, si prega, ci si comunica e tutto questo viene presieduto da un sacerdote, che simboleggia il Capo della Chiesa, Cristo.
Come mi è stato spiegato, con il suo celibato è come se avesse un corpo, la comunità, così come anche tutti condividono le proprie difficoltà, tutti in comunità si aiutano l'un l'altro, approfondiscono la posizione di ciascuno, ossia in sostanza i ogni membro del cammino neocatecumenale fa parte di questa o quella famiglia, la comunità.
Il neocatecumenato è una chiesa nella Chiesa, ma è legalizzata, nonostante le iniziali opposizioni e i timori della dirigenza ecclesiastica della Chiesa Cattolica Romana.

"Eucarestia" neocatecumenale
Gli ideologi di questo movimento già da molto propongono alla nostra Chiesa Russa il neocatecumenato come mezzo di evangelizzazione della popolazione e per questo motivo la commissione missionaria è stata inviata in Italia. In sostanza, quello che abbiamo visto è semplicemente una buona vita parrocchiale. E da questa posizione si può dire con orgoglio che a noi, alla Chiesa Russa, il cammino neocatecumenale come metodo in generale non è necessario, perché abbiamo già tutto. Il problema sta nel fatto che nel momento attuale non esiste ovunque una piena vita parrocchiale e le persone che frequentano una chiesa si si conoscono di vista ma in sostanza non si frequentano, sono isolate le une dalle altre.
Sull'apprendimento religioso non dico nulla, ognuno si prepara come vuole alla Vita Eterna e al riconoscimento della Verità. Ma le persone che abbiamo conosciuto e con cui abbiamo vissuto sono degnissime, e direi perfino più degne di noi.
Che cosa ho visto? Nel primo seminario vi sono circa cento persone da 31 paesi del mondo. Il seminario è unificato, vi studiano infatti i futuri pastori della diocesi di Roma, della Cina e del Giappone. Ogni seminarista è membro di una qualche comunità neocatecumenale e proprio essa, questa comunità, lo ha scelto ed inviato a studiare. Per gli studi in Italia al prescelto futuro seminarista viene dato un anno per superare la barriera linguistica, dopo di che inizia lo studio vero e proprio. Nel seminario lo studio dura circa 10-12 anni, inoltre il fattore più importante non è tanto lo studio, le conoscenze, quanto la formazione, l'impregnarsi di amore per il prossimo, per Dio, per quindi, a seconda della propria prontezza interiore, il recarsi dove verrai inviato e dare questo amore agli uomini che incontrerai. Ossia voglio dire che coloro che scelgono questa via sono pronti ad essere inviati in qualunque punto del mondo, dove non sai quale sarà il rapporto con te come uomo, missionario e anche le condizioni di vita possono essere non prevedibili. E' evidente che in tali condizioni non si può parlare né di ”meriti” né di ”denaro” o di carriera! I ragazzi del seminario sono molto sinceri, aperti e di tutte le sfumature di colore della pelle! Al nostro arrivo, ci stupì il loro modo di vivere. Ci invitarono a tavola, dove tutti siedono attorno a grossi tavoli rotondi. Ogni giorno vi sono tovaglie bianche e servizio al tavolo; i camerieri sono i seminaristi stessi che fanno a turno a servire. Come ci spiegò il nostro traduttore padre Vadim ”imparano a servire gli altri in modo che, divenuti sacerdoti, con lo stesso fervore e la stessa esattezza servano il gregge!” Ecco quale rispetto! Ogni giorno vi è un menù variato e tutto viene rafforzato da bevande alcoliche, a pranzo a cena bevono birra e vino. Anche acqua, e sempre c'è moltissima frutta. L'Italia è un paese straordinario: gli abitanti bevono vino ogni giorno ma per tutta la durata del nostro soggiorno non abbiamo mai visto un ubriaco per strada! Le stanze in cui abitano i seminaristi sono arredate piuttosto semplicemente: armadi, letti e scrivanie. Nella camera che mi fu assegnata c'era anche un tavolinetto per i giornali e due poltrone per gli ospiti. Inoltre ogni camera è unita a una camera da bagno, come anche vi è un ripostiglio che serve anche da guardaroba.

L'altro seminario, a Macerata, rispecchia il modello ideale di istituzione educativa del cammino neocatecumenale. Per prima cosa è stato costruito da un architetto credente, il cui progetto ha vinto una borsa di studio, e racchiude in sé tutto quanto è necessario per l'esistenza. Si trova su una collina, dalla quale si apre una vista stupefacente sui verdi campi italiani e in lontananza si scorge l'azzurro dell'Adriatico. Il rettore del seminario nel darci il benvenuto disse “ecco vedete, qui passa il confine tra due popoli e due culture poiché là (indicando il mare) su quella riva già parlano lo slavo, che poi si è diffuso in oriente fino all'oceano Pacifico!” A differenza del seminario romano, a Macerata tutto riluceva e brillava e si capiva che era stato completato da poco tempo. L'edificio è costituito da svariate parti: l'edificio scolastico, la chiesa, la ”sala della Parola” (luogo separato per la la lettura e lo studio della Sacra Scrittura), la mensa come anche una stanza per il tempo libero e la biblioteca. Il seminario di Macerata prepara i missionari solamente per la Cina. Tra le discipline studiate vi sono la teologia generale, come anche la biblistica, la liturgistica, la dogmatica e così via, mentre tra quelle generali si annoverano la storia, la letteratura e le lingue. Interessante vedere come nella biblioteca vi sia uno scaffale dedicato alla letteratura russa: vi erano Puškin, Gogol', Cechov, Dostoevskij e altri.
La sera del nostro arrivo era prevista l'assemblea parrocchiale. Alla messa in chiesa presero parte i rappresentanti di tre comunità neocatecumenali giunti dalla città, come anche i seminaristi. Loro celebrano la messa in un modo un po' diverso rispetto a quello solito della Chiesa Cattolica Romana: alla celebrazione prendono parte il coro, vengono cantati inni sacri accompagnati da chitarre, violini e strumenti a percussione e tutto appare assai dignitoso e solenne.
La celebrazione si conclude con la comunione del clero e dei parrocchiani sotto le due specie, il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo! Dopo la messa danzano attorno all'Altare, anche questo fatto assai insolito. Quindi tutti si recano nella mensa (anche questo un ”sacramento” separato) e tutti siedono attarno ai tavoli rotondi e bevono, mangiano, chiacchierano. Il banchetto viene periodicamente arricchito da diversi interventi e o discorsi degli ospiti. In generale è difficile descriverlo, posso solo dire che che ricorda una qualche solennità, ad esempio delle nozze, dove tutti sono felici e contenti, ma in sostanza è buona vita parrocchiale, mentre la comunità è come una grande famiglia!
[…]
Scrivo sempre dei sacerdoti, ma devo di sicuro dire anche qualcosa delle persone comuni che, pur non avendo l'ordinazione sacerdotale, non sono per questo di meno coinvolte nell'impresa missionaria. Così talvolta capita che a una assemblea comunitaria venga proclamata la proposta ”nel tale Paese c'è bisogno di quattro missionari, chi è disposto ad andare?” e qualcuno si alza e dichiara la propria disponibilità ad andare laddove non si sa che cosa ti aspetta!
E' interessante la biografia di uno dei nostri accompagnatori, Pablo Pimentel. Egli nacque in Spagna, ricevette un'ottima preparazione giuridica, lavorò per il municipio di Madrid, dopo di che si trasferí in Costa Rica, dove iniziò un'attività secondo la sua specializzazione e sembrava che tutto stesse andando per il meglio: famiglia, figli, casa, benessere, un angolo di paradiso tra due oceani ma... come raccontò Pablo, ogni giorno sentiva sempre di più l'assurdità della vita e un senso di crescente depressione non lo abbandonava. Iniziarono i problemi in famiglia e capiva che mancava poco a un crack. Ecco che allora lui e la moglie entrarono in un comunità neocatecumenale. Il frutto della loro preparazione fu che che quando in una delle tante assemblee il catechista (la figura di sutorià della comunità) dichiarò che in un certo Paese vi era bisogno di missionari, Pablo raccontò: “mia moglie ed io, senza esserci messi d'accordo, ci alzammo contemporaneamente e immediatamente demmo la nostra disponibilità di andare e proclamare Cristo!” Così Pablo si ritrovò dapprima in Polonia e poi in Russia! Interessante il fatto che alle persone stesse accade qualcosa di inspiegabile dal punto di vista della logica e del rapporto pragmatico con la vita: le persone vanno là dove non sono aspettate, dove c'è un'altra cultura, le condizioni di vita sono diverse e forse c'è anche pericolo per la salute e la vita e superano tutto.
Pablo raccontò che mantiene i contatti con molte famiglie missionarie in svariati Paesi del mondo e testimonia che si rafforzano nello spirito, evangelizzano e le loro famiglie si rafforzano, nascono nuovi bambini e, nonostante le difficoltà, sono sempre contente. Non hanno paura di niente e di nessuno perché sono davvero con Dio, Allo stesso Pablo dopo l'ingresso in comunità sono nati alcuni altri figli, che oggi hanno già figli propri, mentre lo stesso Pablo ha già più di settant'anni ma, nonostante l'età, come prima serve Dio attraverso la missione in Russia e in Polonia. […] Io non gli avrei dato più di 55 anni. […]

Le mie conclusioni: quello che ho imparato dal viaggio è ciò che determina il servizio cristiano a Dio e agli uomini sul piano morale e spirituale, ossia in altre parole se non ardi di fede, non puoi evangelizzare. Se non hai amore verso il prossimo, non puoi portare nessuno a Dio. Cristiano = Missionario, anche se non evangelizza in modo particolare, per mancanza di possibilità o non si prefigge tale scopo, quando Dio lo vuole, accade la tua testimonianza, persino può accadere senza parole, con il modo di vivere e con le azioni. Il missionario è solo un collaboratore di Dio nell'opera della salvezza degli uomini, il cristiano da solo non conduce nessuno verso niente, è Dio a condurre attraverso il missionario […] Per un licenziato di un seminario neocatecumenale non si pone la questione del che cosa fare in seguito: andare a servire Dio e gli uomini […]

Da allora sono passati tre mesi e da noi in università si è tenuto un incontro con padre Foma Ditz, persona interessantissima, sacerdote ortodosso di origine tedesca, che ha iniziato il suo cammino verso Cristo attraverso l'apprendimento della fede in una delle comunità neocatecumenali in Germania. All'inizio dell'incontro padre Foma ha ricordato la storia del neocatecumenato nella Chiesa [segue breve excursus storico con citazione lettera a Diogneto N.d.T.]
Ecco ciò che è straordinario: i cristiani non temono la morte! […]

Il neocatecumenato ha origine all'incontro di due problemi, il primo appena descritto: prima di essere membro della Chiesa bisogna amare Cristo, il secondo problema è più complicato: come realzionarsi con coloro che sono già nella Chiesa ma non hanno scoperto e conosciuto Cristo? Le riunioni dei neocatecumenali ricordano in un certo senso quelle degli antichi cristiani: l'ingresso agli estranei è precluso (!): il processo di apprendimento della fede è basato sullo studio delle Sacre Scritture e ha una durata prolungata nel tempo. Durante la formazione i catecumeni partecipano a diversi stadi successivi, che hanno lo scopo di rafforzare la loro fede, la tensione a Cristo, solo nella messa i partecipanti dei diversi gruppi del percorso neocatecumenale si incontrano insieme: pregano insieme, partecipano all'eucaristia, parlano alla tavola da pranzo comune.

Neocatecumenato? Chiesa nella chiesa o tuttavia setta nella setta?

La domanda è complicata e ambigua.

Da una parte il neocatecumenato è una comunità di comunità chiuse, autoisolatesi dalla ”Chiesa ufficiale”, dall'altra i membri del neocatecumenati si sforzano di dare alle proprie assemblee lo spirito del Cristianesimo antico, così che niente impedisca ai fratelli e alle sorelle di percorrere un cammino unico ed eccezionale di apprendimento della fede. E' interessante il fatto che una persona all'esterno della comunità, nel cui ambito si svolge il cammino neocatecumenale, non esiste! Nella non comunità non c'è vita! La persona non esiste, è estraneo ed inutile!

Il fondatore e capo del Neocatecumenato, Kiko Argüello, viene considerato santo in vita e il suo stato di laico nella chiesa può essere equiparato a quello di precettore spirituale (starets) di tutte le comunità del Neocatecumenato della Chiesa Cattolica Romana: qui risaltano bene elementi di gurismo. Nella nostra tradizione ortodossa mai nessuno degli operatori religiosi si è mai considerato giusto e ha sempre rifiutato di essere considerato tale da parte del suo gregge, per non cadere nella prelest. E' interessante la testimonianza delle stesso padre Foma. Perché egli, ancor giovane, ebbe dei dubbi sulla veridicità di questo cammino e scelse la tradizione ortodossa. Padre Foma spiegò questo con il suo desiderio dopo la fine del seminario di intraprendere la strada della vita di famiglia. […] Il futuro padre Foma uscì dalla comunità […] e iniziò il cammino della vera fede. Oggi padre Foma fa parte del clero della chiesa del Salvatore Misericordioso di Mosca, ha una famiglia e quattro figli. Nell'esempio della sua vita noi vediamo la provvidenza Divina, che attraverso il cammino Neocatecumenale lo ha portato all'Ortodossia.
Non sta a noi giudicare il lati negativi del più grande movimento laicale della Chiesa Cattolica Romana […] tuttavia il Concilio Vaticano II a mio parere non tanto ha semplificato, quanto ha peggiorato una situazione già di per sé non semplice. Il neocatecumenato è sorto come tentativo coraggioso di cambiare la realtà in un secolo senza fede e di valori liberali, come anche lo stesso Kiko Argüello non si ritiene uomo esente dai peccati, tuttavia è per noi motivo di gioia se sempre più persone giungeranno da noi all'Ortodossia provenienti dal Neocatecumenato e per questo è necessario mantenere le relazioni con le comunità neocatecumenali e vivere in modo cristiano, infatti le persone vanno verso chi arde per Cristo! Infatti noi abbiamo un privilegio rispetto a tutte le chiese cristiane, solo la nostra Chiesa ha conservato nella purezza l'insegnamento apostolico incorrotto!

Denis Alekseev

mercoledì 16 novembre 2016

ULTIM'ORA: i kikos perdono la battaglia di Guam

È notizia di questa notte (mattina nell'isola di Guam) che il portavoce dell'Arcivescovo Michael Byrnes, P. Jeff San Nicholas, ha rilasciato un comunicato secondo il quale il nuovo Arcivescovo, avente pieni poteri, ha rescisso e annullato la Declaration of Deed Restriction, che regalava de facto la proprietà dell'ex-Accion Hotel in perpetuo al cammino neocatecumenale affinché potessero impiantarci il Seminario kikiano Redemptoris Mater.
Lo stesso arcivescovo, su mandato diretto del Papa, ha licenziato l'intero Board of Guarantors, un direttorio illegittimo a cui era stato conferito, nella Declaration, pieno potere di ogni decisione sulla gestione del Seminario. In tale Board, l'arcivescovo di Agana, che dovrebbe essere il vero sovrano della Diocesi e di ogni proprietà della stessa, risultava niente più che uno dei voti. Il Board of Guarantors aveva potere di veto su qualasiasi decisione importante per il Seminario.

Ripetiamolo per i neocatecumenali duri d'orecchi:
  • la property dell'ex Accion Hotel era stata sottratta, contro il Diritto Canonico e contro la legge di Guam, al controllo dell'Arcidiocesi di Agana, con la complicità dell'Arcivescovo neocatecumenale Apuron, che nel novembre 2011 aveva provveduto in gran segreto ad una donazione ben camuffata;
  • l'arcivescovo pedofilo neocatecumenale Apuron, su incarico del super-catechista neocatecumenale Pius Sammut ha cercato di indurre alla menzogna la Madre Superiora delle Carmelitane di St. Louis che aveva provveduto alla donazione di 2 milioni di dollari con cui la property era stata acquistata dall'arcidiocesi. Madre Dawn Marie ha questa notte affermato in conferenza stampa di non poter più coprire la menzogna di Apuron, che ha causato tanto male e divisione: Apuron le inviò una lettera già pronta da firmare nella quale la Madre Superiora avrebbe dovuto dichiarare che la donazione era specificamente destinata all'erezione di un Seminario Redemptoris Mater del Cammino, mentre le Carmelitane di St. Louis non conoscevano nemmeno il Cammino;
  • per anni i neocatecumenali, forse manovrati da Gennarini e dal supercatechista itinerante Pius Sammut, hanno affermato che la property (del valore stimato compreso fra 40 e 70 milioni di dollari), era ancora di proprietà dell'Arcidiocesi nella persona dell'Arcivescovo;
ll board abolito
  • per difendere il falso, i neocatecumenali sono arrivati a fabbricare certificati truccati (nei quali mancava la registrazione della Declaration of Deed Restriction) e persino a pubblicarli a mezzo stampa - reati punibili penalmente -, dunque mentendo e inducendo alla menzogna e al compromesso illecito persino il direttore del Land Management di Guam (il nostro Catasto), e l'Attorney General di Guam (il Procuratore Generale);
  • per difendere il falso i kikos hanno seminato ogni sorta di calunnia contro Tim Rohr, il gestore del blog "Jungle Watch", accusandolo di voler vendere la Yona property dove sorge il Seminario per ricavarne una commissione di vendita (ma Tim non è un intermediario immobiliare, pertanto non può ricevere commissioni di nessun genere), in particolare tramite il blog dei pasqualoni di Guam "Diana's blog" e tramite la stampa locale;
  • per mesi i kikos hanno diffuso la falsa informazione che l'intervento di Savio Hon Tai-Fai, nominato Amministratore Apostolico dopo lo scandalo pedofilia che ha investito Apuron, fosse voluto dal Papa su richiesta dello stesso Apuron, mentre è stato evidentemente il Papa Francesco a rimuovere d'autorità il Vescovo pedofilo e adesso a togliere la proprietà del Seminario RM ai neocatecumenali.
La guerra contro l'ignobile strapotere dei neocatecumenali è ben lungi dall'essere terminata, ma si può dire che questa è una grande vittoria, un D-Day per Kiko, nel quale l'impenetrabile muro di omertà, di menzogne, calunnie è stato spezzato.

Ora appare molto chiaro cosa il Papa ha detto a Kiko il 1° luglio 2016 e perché Kiko durante la convivenza si è lasciato sfuggire la seguente affermazione:
«Molti pensavano che, finito il percorso neocatecumenale, la comunità si sarebbe sciolta nella parrocchia. Dicono: quando si scioglie la comunità e vi integrate nella parrocchia? Noi partiamo dicendo che è necessario arrivare a questa statura di fede, convertire questo uomo e adesso che siamo arrivati, sciogliamo la comunità? Distruggiamo la missione? Che dite? Noi siamo un'altra cosa, mandaci via dalla parrocchia, se vuoi, ma non possiamo proprio ora distruggere la missione..., possiamo vivere come una chiesa clandestina, le comunità sono indistruttibili se sono fedeli ai catechisti. Guardate il Giappone, sono stati tutti cacciati dalle parrocchie, ma sono contenti di continuare la missione! L'importante non è parrocchia o non parrocchia, le parrocchie non si salvano, sono un mezzo pastorale: si salva l'uomo! L'uomo si salva e se è necessario formare un'altra struttura per salvarlo, la facciamo!» 
Benissimo Kiko, finalmente sei a un bivio, un vero bivio della tua vita: puoi rigettare gli insegnamenti eretici che hai portato avanti per 50 anni impunemente con la complicità della parte di gerarchia vaticana che hai corrotto e puoi tornare alla vera Liturgia cattolica, rigettando la celebrazione protestante-giudaica e i riti iniziatici con cui avveleni i tuoi adepti da decenni. Oppure puoi ostinarti nel tuo scisma silenzioso, ma per favore esci dalla Chiesa Cattolica, mantieni fede a quello che hai detto: forma un'altra struttura, una chiesa clandestina disegnata a tuo modello, ma smettila di appestare il Corpo Mistico di Cristo!

Cari neocatecumenali in buona fede, che altro vi serve per capire che Kiko e Carmen vi hanno ingannato, che non volevano portarvi nella Chiesa Cattolica, ma nella propria proiezione di essa, in una falsa chiesa clandestina, una realtà altra che non è fedele al Papa e ai Vescovi ma solo onnipotenti catechisti?

Avviso di sfratto per una famiglia italiana in missione neocatecumenale

martedì 15 novembre 2016

Comunità Neocatecumenali, unico mezzo di salvezza: fuori dal Cammino è la perdizione.

Non bastavano 26 anni di bombe e guerre:
sui poveri irakeni piovono anche le eresie di Kiko
Non si può dire che Kiko non sia mai stato chiaro (almeno con i suoi fedelissimi) circa le sue vere convinzioni e intenzioni. Difficilmente certa gerarchia, che ha avuto in mano questi volumi sin dal 1997, e anche, in parte, molto prima grazie al lavoro e all'ostinazione di molti fedeli e Sacerdoti fra cui il Padre Enrico Zoffoli - potrà dire un giorno "io non ne sapevo niente".

Kiko, come tutti i bravi autocrati, aveva un progetto e non ha fatto altro che portarlo avanti. Il suo progetto è stato sin dall'inizio quello di sostituirsi alla Chiesa, modificarne o correggerne le prassi, gli insegnamenti, la Liturgia, la catechesi, la trasmissione della fede e il clero. Kiko aveva un'idea della Chiesa molto negativa (si veda il suo Vangelo dei Miserabili) e convinto di avere una missione ha trasformato la sua idea in un progetto ben preciso. Per Kiko tutta la Chiesa è affetta da religiosità naturale, come gli animisti e i pagani precristiani, pertanto deve essere convertita. La liturgia è sacrificale, l'ostia di carta, i gruppi di preghiera inutili, l'evangelizzazione assente, la pastorale è sacramentale, la catechesi è sterile o infantile, la parrocchia vuota, vecchia o morta. Kiko è convinto di dover costruire la nuova chiesa del terzo millennio, composta di comunità di comunità, dove a governare è lui, il novello redentore, che si è scelto il suo sinedrio composto dai suoi 12 apostoli e 72 discepoli (già solo per questo.... ) e dove l'assemblea concelebra con il Sacerdote, che pertanto non ha da chiamarsi più Sacerdote, ma esclusivamente "presbitero" o "presidente dell'assemblea".
Il Sacerdote è uno come tutti, un fratello di comunità, anche se fosse un parroco, un Vicario, un Superiore di un Ordine Religioso o addirittura un Vescovo. Tutti devono sottomettersi al potere (auto-conferito) dei suoi implacabili catechisti laici, per non parlare di Suore, monaci, frati.... anche gli ordini religiosi non possono essere risparmiati. I Rettori dei Seminari? Neanche loro comandano realmente, neppure se sono ferventi kikiani, dovendosi inchinare ossequiosamente ai potenti itineranti di zona, che vengono coinvolti negli scrutini dei seminaristi.

Kiko parla di umiltà e uguaglianza, ma nel frattempo ha installato a governo del Cammino una ferrea gerarchia, la cui carriera e nomine dipendono in ultima istanza da lui stesso, che sceglie le famiglie da inviare, le missio ad gentes, gli itineranti, i rettori; lui che autorizza l'apertura di seminari, che assegna preti in missione, che gestisce i denari delle fondazioni. Nulla si fa nel cammino che Kiko non voglia.

E' curioso che Kiko rimproverasse ai preti di un tempo che i fedeli laici non avevano nessun ruolo nella Chiesa (*), dovendo detti fedeli solo "pagare e obbedire", quando nel Cammino ai camminanti di truppa si chiede esattamente la stessa cosa!

Qualcuno potrebbe dire che queste sono illazioni, ma basta prendere un brano di uno qualsiasi dei volumi del Direttorio per rendersene conto. Alla fine del volume per il Primo Scrutinio Battesimale kikiano, infatti troviamo le istruzioni per i catechisti, su come dovranno "consegnare" il cammino alla comunità. Ci sono delle annotazioni riservate ai catechisti stessi su come comportarsi in casi specifici, perché, come sappiamo, nel cammino l'ispirazione dello Spirito Santo è assente, e sostituita dallo spirito di Kiko. Scrive Kiko:
«Alla comunità possono partecipare solo quelli che hanno scritto il loro nome sul libro della vita. Anche quelli che per qualsiasi ragione non hanno potuto fare il passaggio, ma con il loro cuore lo hanno fatto e intendono farlo quanto prima  possono partecipare. Ma non si inviti nessuno ad assistere alla comunità. Se qualcuno che conoscete vi chiede di partecipare a una celebrazione mandatelo a una comunità che sia ancora nel precatecumenato. Adesso la comunità è in un momento molto speciale. Un caso a parte sono le coppie. Se uno è nella comunità e sua moglie no, sempre la comunità è aperta a sua moglie, perché marito e moglie sono una sola carne. Se il marito di una delle comunità per esempio, le chiede di avvicinarsi alla comunità, può entrare, però dovrà fare quando ci sarà una catechesi e a suo tempo il primo scrutinio. Ma questo come potete capire è un'eccezione. Inoltre se uno è nella comunità, e sua moglie no, la moglie, questo è sicuro, si salverà grazie al marito, perché sono sempre una sola cosa. Se tu sei cristiano non ti preoccupi, che Dio non lascerà perdere tua moglie, anche non venendo mai in comunità. Questo è di buon senso. Chi non è potuto realmente venire al passaggio, perché ammalato, e il suo desiderio era di stare con voi, questa persona può continuare. Il prossimo passaggio che si faccia e lei possa andarci, ci va.»
Sembra chiaro no? Se è fuori della Comunità è a rischio di perdizione, come se stesse candidamente parlando di una persona induista. Se invece entra nel cammino, si salverà grazie al marito. Anche se però non entra, la santità transitiva del marito, conferitagli dall'appartenenza alla comunità dei salvati aiuterà la moglie nell'Ultimo Giorno.
«Altre cose: in ogni eucarestia, dopo le preghiere dei fedeli, il responsabile della comunità va al leggio, apre la Bibbia dove stanno i nomi e legge i nomi di quelli che mancano. Allora tutta la comunità in silenzio prega il Signore per essi. Quando qualche fratello non può andare in comunità chiami il responsabile e dica perché non può andare, perché il responsabile dica alla comunità perché non viene. Questo quando qualcuno non va alla comunità perché non può venire per un motivo concreto, però vorrebbe andare. Se qualcuno non viene perché non vuole, non andategli dietro chiamandolo tutti i giorni. Perché magari questo fratello l'unica cosa che vuole è che lo lascino in pace. E non capita nulla.» 
Se non si fosse capito bene prima, i kikiani offrono le proprie "messe" in suffragio dei fratelli perduti inserendo nell'Eucarestia un ennesimo abuso, cioè inquinare le preghiere dei fedeli con una supplica per i poverelli che avevano scritto il proprio nome nel "libro della vita" ma si sono perduti per strada. E ovviamente, alla faccia del rispetto del foro interno, il bravo responsabile kikiano deve chiedere conto a tutti i fratelli dei motivi della loro assenza.
Per inciso, il libro della vita non è nient'altro che una bibbia qualsiasi sulla quale però i neocatecumenali hanno scritto il proprio nome durante il rito del primo scrutinio kikiano. La stessa operazione sarà ripetuta alla fine del Cammino.
«Il prete e i preti se ce ne sono parecchi: sono come uno degli altri al momento delle preparazioni. Ossia, entrano nel sorteggio come uno qualunque. L'unica cosa che farà di speciale è presiedere le celebrazioni e fare l'omelia.» 
Beh anche qui è evidente no? Il prete ha solo due funzioni: presiedere le celebrazioni della Parola e fare l'omelia. Punto. Guidare, santificare, insegnare? Macché! Il presbitero kikiano è evidentemente un amministratore liturgico.


Note:
(*) ciò naturalmente è falso: la Chiesa ha sempre beneficiato dell'apostolato laico. Le équipes Notre Dame per esempio esistono dal 1932, l'Azione Cattolica addirittura dal 1867, e le confraternite o fraternità e i Terz'ordini, affondano le radici fino al Medioevo.

lunedì 14 novembre 2016

Continua l'«autunno caldo» a Guam

Sul cartello si legge:
"Filoni sta proteggendo
il pedofilo Apuron
e l'eresia di Kiko"
Sapevate di quella famiglia italiana in missione neocatecumenale a Guam? (l'82% degli abitanti di Guam è cattolico, e qualcuno sente il bisogno di mandare lì una famiglia in missione? perché? qual è il vero scopo?).

Come dicono i kikos, "Dio provvede": cioè da cinque mesi erano alloggiati gratis nella canonica della Curia (che spetta all'ordinario della diocesi, ma il vescovo Apuron è latitante per motivi che potete leggere sui giornali). Erano lì a spese dei cattolici: niente affitto, né bollette. Le missioni decise da Kiko vengono fatte pagare alla Chiesa cattolica.

Ed ora lì è comparso l'avviso di andarsene via con tutte le proprie masserizie, perché quell'alloggio spetta all'arcivescovo Byrnes.

Intanto viene scoperto un altro trucchetto neocatecumenale: pare che la Santa Sede fosse riluttante a "licenziare" Apuron per paura che costui, persa l'autorità ecclesiale, mantenesse quella che aveva sul piano civile, completando la truffa del seminario neocatecumenale R.M.S. cominciata a novembre 2011 con la donazione fatta in gran segreto da Apuron al Cammino.

Questa settimana - decisiva per quel titolo di proprietà - sarà comico vedere i kikos continuare con la panzana che il seminario sarebbe appartenente all'arcidiocesi proprio mentre escogiteranno ogni trucco possibile per evitare di restituirlo all'arcidiocesi stessa. E siccome quella property vale decine di milioni di dollari...

sabato 12 novembre 2016

"Una fede ed una liturgia che non conoscano più l'atto dell'inginocchiarsi, sono malate"

Riportiamo uno scritto di Joseph Ratzinger, tratto da "Introduzione allo spirito della liturgia" (San Paolo, Cinisello Balsamo 2001, parte IV - Forma liturgica, cap. II – Il corpo e la liturgia, n. 3 - Atteggiamenti, pp. 181-190). Le evidenziazione sono nostre.

L'atto di inginocchiarsi corrisponde, per il cristiano, all'adorare, e, per l'unità psico-fisica della persona umana, le due realtà non sono separabili, né è ammissibile, di fronte al Sacrificio di Cristo, lo stare in piedi per dimostrare d'essere persona libera e redenta.

Consigliamo di leggere per intero lo scritto di Benedetto XVI a questo indirizzo, visto che per esigenze redazionali non abbiamo potuto riportarlo nella sua completezza, ed inviamo un pensiero filiale e grato al nostro papa emerito.


Chi impara a credere impara ad inginocchiarsi

Vi sono ambienti, che esercitano notevole influenza, che cercano di convincerci che non bisogna inginocchiarsi. 
Dicono che questo gesto non si adatta alla nostra cultura (ma a quale, allora?); 
non è conveniente per l’uomo maturo, che va incontro a Dio stando diritto, o, quanto meno, non si addice all’uomo redento, che mediante Cristo è divenuto una persona libera e che, proprio per questo, non ha più bisogno di inginocchiarsi.

Se guardiamo alla storia possiamo osservare che Greci e Romani rifiutavano il gesto di inginocchiarsi. Di fronte agli dei faziosi e divisi che venivano presentati dal mito, questo atteggiamento era senz’altro giustificato: era troppo chiaro che questi dei non erano Dio, anche se si dipendeva dalla loro lunatica potenza e per quanto possibile ci si doveva comunque procacciare il loro favore. Si diceva che inginocchiarsi era cosa indegna di un uomo libero, non in linea con la cultura della Grecia; era una posizione che si confaceva piuttosto ai barbari. (...)

In effetti, l’atto di inginocchiarsi proprio dei cristiani non si pone come una forma di inculturazione in costumi preesistenti, ma, al contrario, è espressione della cultura cristiana che trasforma la cultura esistente a partire da una nuova e più profonda conoscenza ed esperienza di Dio.

L’atto di inginocchiarsi non proviene da una cultura qualunque, ma dalla Bibbia e dalla sua esperienza di Dio. L’importanza centrale che l’inginocchiarsi ha nella Bibbia la si può desumere dal fatto che solo nel Nuovo Testamento la parola proskynein (ndr: inginocchiarsi) compare 59 volte, di cui 24 nell’Apocalisse, il libro della liturgia celeste, che viene presentato alla Chiesa come modello e criterio per la sua liturgia. (...)

Anche nel Vangelo di Giovanni incontriamo una simile problematica, nel racconto della guarigione del cieco nato. Questa storia, costruita teo-drammaticamente, si conclude in un dialogo tra Gesù e la persona sanata, che può essere considerato il prototipo del dialogo di conversione; inoltre, l’intera storia deve essere intesa come una spiegazione interiore dell’importanza esistenziale e teologica del battesimo. In questo dialogo Gesù aveva chiesto all’uomo se credeva nel figlio dell’Uomo. Alla domanda del cieco nato: «Chi è, Signore?» e alla risposta di Gesù: «Colui che ti parla», segue la professione di fede: «Io credo, Signore! Ed egli si prostrò davanti a lui» (Gv 9,35-38). Traduzioni precedenti avevano scritto: «ed egli lo adorò».

Di fatto, tutta la scena mira all’atto di fede e di adorazione di Gesù, che ne segue: ora non sono aperti solo gli occhi dell’amore, ma anche quelli del cuore. 
L’uomo è diventato davvero vedente. Per l’interpretazione del testo è importante osservare che nel Vangelo di Giovanni la parola proskynein (ndr: inginocchiarsi) ricorre undici volte, di cui nove nel dialogo di Gesù con la Samaritana, presso il pozzo di Giacobbe (Gv 4,19-24). Questa conversazione è tutta dedicata al tema dell’adorazione ed è fuori discussione che qui, come del resto in tutto il Vangelo di Giovanni, la parola ha sempre il significato di «adorare». Anche questo dialogo si conclude comunque – come quello con il cieco sanato – con l'autorivelazione di Gesù: «Sono io, che ti parlo». (...)

Il significato spirituale e quello corporeo della parola proskynein (ndr: inginocchiarsi) non sono affatto separabili.

II gesto corporale è, come tale, portatore di un senso spirituale – quello, appunto, dell’adorazione, senza del quale esso resterebbe privo di significato – mentre, a sua volta, il gesto spirituale, per sua stessa natura, in forza dell’unità fisico-spirituale della persona umana, deve esprimersi necessariamente nel gesto corporale. Ambedue gli aspetti sono integrati in una sola parola perché si richiamano intimamente l’un l’altro.

Quando l’inginocchiarsi diventa pura esteriorità, semplice atto corporeo, diventa privo di senso; ma anche quando si riduce l’adorazione alla sola dimensione spirituale senza incarnazione, l’atto dell’adorazione svanisce, perché la pura spiritualità non esprime l’essenza dell’uomo. L’adorazione è uno di quegli atti fondamentali che riguardano l’uomo tutto intero. Per questo il piegare le ginocchia alla presenza del Dio vivo è irrinunciabile.

Piegare le ginocchia davanti al Dio vivo 
NON è irrinunciabile, per il Cammino Neocatecumenale

Con ciò siamo già arrivati al tipico atteggiamento dell’inginocchiarsi su uno o su ambedue i ginocchi. Nell’Antico Testamento ebraico alla parola berek (ginocchio) corrisponde il verbo barak, inginocchiarsi.

Le ginocchia erano per gli ebrei un simbolo di forza; il piegarsi delle ginocchia è quindi il piegarsi della nostra forza davanti al Dio vivente, riconoscimento che tutto ciò che noi siamo, lo abbiamo da Lui.
Questo gesto appare in importanti passi dell’Antico Testamento come espressione di adorazione. In occasione della consacrazione del tempio, Salomone «si inginocchiò davanti a tutta l’assemblea di Israele» (2Cr 6,3).
Dopo l'esilio, nella situazione di bisogno in cui venne a trovarsi Israele dopo il ritorno in patria, Esdra ripete lo stesso gesto all’ora del sacrificio della sera: «Poi caddi in ginocchio e stesi le mani al mio Signore e pregai il Signore, mio Dio» (Esdra 9,5). Il grande salmo della Passione («Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato») si conclude con la promessa: «Davanti a Lui si piegheranno tutti i potenti della terra, davanti a Lui si prostreranno quanti dormono sotto terra» (Sal 22,30). Rifletteremo sul passo affine di Is 45,23 in contesto neotestamentario. Gli Atti degli Apostoli ci raccontano della preghiera in ginocchio di san Pietro (9,40), di san Paolo (20,36) e di tutta la comunità cristiana (21,5). (...)

L’inginocchiarsi non è solo un gesto cristiano, è un gesto cristologico. Il passo più importante sulla teologia dell’inginocchiarsi è e resta per me il grande inno cristologico di Fil 2,6-11. 
In questo inno prepaolino ascoltiamo e vediamo la preghiera della Chiesa apostolica e riconosciamo la sua professione di fede; ma sentiamo anche la voce dell’Apostolo, che è entrato in questa preghiera e ce l’ha tramandata; torniamo ancora una volta a percepire la profonda unità interiore di Antico e Nuovo Testamento, così come l’ampiezza cosmica della fede cristiana.

L’inno ci presenta Cristo in contrapposizione al primo Adamo: mentre questi cerca di arrivare alla divinità con le sole sue forze, Cristo non considera come un «tesoro geloso» la divinità, che pure gli è propria, ma si abbassa fino alla morte di croce.

Proprio questa umiltà, che viene dall’amore, è il propriamente  divino e gli procura il «nome che è al di sopra di tutti i nomi», «perché tutti, in cielo e sulla terra e sotto terra, pieghino le loro ginocchia davanti al nome di Gesù...». L’inno della Chiesa apostolica riprende qui la parola profetica di Isaia 45,23: «Lo giuro su me stesso dalla mia bocca esce la verità, una parola irrevocabile: davanti a me si piegherà ogni ginocchio...».

Nella compenetrazione di Antico e Nuovo Testamento è chiaro che Gesù, proprio in quanto è il Crocifisso, porta il «nome che è al di sopra di tutti i nomi» – il nome dell’Altissimo – ed è Egli stesso di natura divina. Per mezzo di Lui, il Crocifisso, si compie la profezia dell’Antico Testamento: tutti si pongono in ginocchio davanti a Gesù, Colui che è asceso, e si piegano così davanti all’unico vero Dio, al di sopra di tutti gli dei.

La croce è divenuta il segno universale della presenza di Dio, e tutto ciò che noi abbiamo finora udito sulla croce storica e cosmica, deve trovare qui il suo vero senso. La liturgia cristiana è proprio per questo liturgia cosmica, per il fatto che essa piega le ginocchia davanti al Signore crocifisso e innalzato.
È questo il centro della vera «cultura» – la cultura della verità. Il gesto umile con cui noi cadiamo ai piedi del Signore, ci colloca sulla vera via della vita, in armonia con tutto il cosmo.

Si potrebbe aggiungere ancora molto, come, per esempio, la commovente storia che ci racconta Eusebio di Cesarea nella sua storia ecclesiastica, riprendendo una tradizione che risale a Egesippo (II secolo), secondo cui Giacomo, il «fratello del Signore», primo vescovo di Gerusalemme e «capo» della Chiesa giudeo-cristiana, aveva sulle ginocchia una sorta di pelle di cammello per il fatto che stava sempre in ginocchio, adorava Dio e implorava perdono per il suo popolo (II, 23, 6).
Oppure il racconto tratto dalle sentenze dei Padri del deserto, secondo cui il diavolo fu costretto da Dio a mostrarsi a un certo abate Apollo, e il suo aspetto era nero, orribile a vedersi, con delle membra spaventosamente magre e, soprattutto, non aveva le ginocchia. 
L’incapacità a inginocchiarsi appare addirittura come l’essenza stessa del diabolico.

Ma non voglio andare troppo in là. Vorrei aggiungere solo un’osservazione: l’espressione con cui Luca descrive l’atto di inginocchiarsi dei cristiani (theis ta gonata) è sconosciuta al greco classico. Si tratta di una parola specificamente cristiana. Con questa osservazione il cerchio si chiude là dove avevamo cominciato le nostre riflessioni.
Può forse essere vero che l’inginocchiarsi è estraneo alla cultura moderna – appunto nella misura in cui si tratta di una cultura che si è allontanata dalla fede e che non conosce più colui di fronte al quale inginocchiarsi è il gesto giusto, anzi quello interiormente necessario.

Chi impara a credere, impara a inginocchiarsi; una fede o una liturgia che non conoscano più l’atto di inginocchiarsi, sono ammalate in un punto centrale. Dove questo gesto è andato perduto, dobbiamo nuovamente apprenderlo, così da rimanere con la nostra preghiera nella comunione degli apostoli e dei martiri, nella comunione di tutto il cosmo, nell’unità con Gesù Cristo stesso.

Il momento della consacrazione
in una liturgia neocatecumenale:
non si inginocchia nessuno
perché non credono nella Presenza Reale
Il momento della consacrazione
in una liturgia cattolica