mercoledì 31 dicembre 2014

Premiata ditta Arguello & Pezzi: il Sinodo, i "preti", l'iniziazione cristiana ed il suicidio.

Riprendiamo la cosiddetta "catechesi" di don Mario Pezzi riguardante papa Francesco e il Sinodo sulla famiglia, "catechesi" riportata (con ironiche lodi) dal sito web www.chiesa, più l'inevitabile interventino aggiuntivo di Kiko, e commentiamo insieme i passaggi salienti.


Carmen "Adidas" e don Pezzi
Il famoso e criticato rapporto del cardinale Kasper è in cinque punti, e solo uno tratta della comunione ai divorziati risposati, gli altri trattano tutti della dottrina tradizionale della Chiesa. Il papa una volta ha detto: sono sorpreso perché la stampa parla solo di un punto e non parla degli altri. Per questo vi invito a non fare attenzione a quello che dicono i giornali e la televisione, perché tutti fanno pressione perché il papa abbia un'apertura al mondo. Non date credito. Tante volte padre Lombardi ha dovuto replicare su parole del papa interpretate male e strumentalizzate.
Il buon Mario Pezzi inizia subito invitando gli adepti ad estranearsi dal mondo, dovesse mai succedere di ascoltare un punto di vista alternativo (e più sensato) di quello di Kiko Argüello e Carmen Hernàndez?

Non esiste amore senza la croce. Quindi "fare l’amore", come dicono i giovani, è una pura falsità. Non si tratta di amore ma di concupiscenza, di attrazione, ecc. Per questo la Chiesa chiede di non avere rapporti prima del matrimonio, perché si arriva a un certo punto in cui non si è più liberi. Mi ricordo di uno di noi che all’inizio del cammino ci venne a dire che aveva deciso di lasciare la ragazza. Disse a Kiko e a Carmen che lei aveva minacciato di uccidersi e aveva già fatto tre tentativi di suicidio e chiese: che cosa devo fare? Kiko e Carmen gli hanno risposto: dille che si può suicidare come vuole, Dio provvederà. L’ha lasciata, lei non si è suicidata e oggi lui è sposato felicemente. Sono facili i ricatti.
Mario ci mostra qui, in tutto il suo splendore, l’amore di Kiko e Carmen per coloro che non appartengono al Cammino.
E come al solito il discorso comincia sempre parlando di rapporti sessuali.

La frase dille che si può suicidare come vuole è sufficientemente esplicativa del disinteresse per le sorti della ragazza, totalmente irrilevanti rispetto a quelle del ragazzo che Pezzi (ricordo che, anche se a volte non sembra, Pezzi è un sacerdote) definisce “uno di noi”.

Grazie a Dio papa Francesco ha inserito la Humanae vitae nel questionario presinodale e ha chiesto che cosa ne pensa la gente. È risultato che moltissimi non la conoscono perché i preti non gliel'hanno mai presentata, e tra quelli che la conoscono molti la rifiutano. Gli unici che l’apprezzano sono quelli che fanno un cammino di fede, di iniziazione cristiana. Questo è il problema, secondo me, di questo sinodo: quasi nessuno parla della necessità dell’iniziazione cristiana. Parlano solo di stare vicini alle coppie, di aiutarle, di formare gli educatori...
Secondo Pezzi: la colpa è dei preti che, ovviamente, non sono quelli del Cammino in quanto, questi ultimi, si chiamano “presbiteri”. I soli che apprezzano l’enciclica del Papa sarebbero quelli che fanno un cammino “di iniziazione cristiana” (ma guarda un po’ che combinazione!) e la colpa dei Padri Sinodali sarebbe quindi quella di non parlare del Cammino Neocatecumenale ma di preoccuparsi solamente di “stare vicini alle coppie, di aiutarle, di formare gli educatori..” (sigh!)

Papa Giovanni Paolo II dedicò alla Humanae vitae le ultime quindici catechesi di tutto il suo ciclo sulla teologia del corpo, nel 1984.
Quanto a papa Francesco, sapete che alcune domeniche fa ha celebrato il matrimonio di ventiquattro coppie. Sono stato bene attento ad ascoltare la formula che ha usato, perché nel rituale del matrimonio c’è la prima formula che è quella che ha usato il papa ma ce ne sono anche altre non così esplicite. Sarebbe interessante vedere i preti quale usano. Perché la prima formula dice:"Siete disposti ad accogliere con amore i figli che Dio vorrà donarvi e a educarli secondo la legge di Cristo e della sua Chiesa?"
"I figli che Dio vuole donarvi": non so se tutti i preti lo dicono.

Nuovamente interessante Mario Pezzi: la colpa è sempre dei preti che, ovviamente, continuano a non essere quelli del Cammino, in quanto questi ultimi si chiamano sempre “presbiteri”.
Il giovane bigotto cursillista Kiko
Interviene ora Kiko:
KIKO: Tutto questo va bene quando c’è gente cristiana, ma quando la gente non è cristiana si fa un baffo di tutte queste cose. Grazie a Dio voi avete ascoltato noi catechisti che vi dicevamo ciò che diceva la Chiesa e siete stati umili e non avete opposto alle nostre catechesi le idee dei giornali. Carmen disse una volta al Papa, anni fa: che significa questa ossessione a favore dei metodi naturali? Sembra che la Chiesa stia solo pensando a come limitare i figli. Perché alla fine così si pensava, che la famiglia cattolica dovesse avere due bambini, non di più. Alcuni, anche all’interno della Chiesa hanno ancora quest’idea. Noi dicevamo a quelli dell’Azione Cattolica: e dopo che fate? Dopo aver avuto due figli, come continuate l’atto coniugale? Fate il coito interrotto? Usate i metodi naturali? Usate la pillola? Ovunque si è predicato che la paternità responsabile significa limitare le nascite, e il numero dei figli si lasciava alla coscienza degli sposi. Questo è stato predicato ovunque. Ma il papa ha detto questo? No! La paternità responsabile significa accettare di non limitare i figli, significa accettare il piano di Dio. Ma nessuno ha ripetuto queste cose dette dal papa. Grazie a Dio voi siete stati salvati perché avete obbedito a noi. Avete continuato a credere che l’atto coniugale è un atto di santità, un vero sacramento. Siamo contenti di vedere che anche i nostri figli e nipoti ci seguono in questo, hanno figli e sono felici.

Il fondatore esordisce con un “Grazie a Dio voi avete ascoltato noi catechisti” per ricordare ai presenti quanto sono fortunati ad essere diretti, governati, telecomandati da questi “angeli venuti dal cielo” (che come al solito parlano sempre di rapporti sessuali, qualsiasi discorso facciano).
Poi passa ad un tributo alla Carmen, che parla con il Papa come noi parliamo con il postino e addirittura rinfaccia al successore di Pietro una ossessione” della Chiesa.

Kiko prosegue con un cazziatone a quelli dell’Azione Cattolica che, nella sua mente, sono come degli scolaretti davanti al docente universitario (Honoris Causa).
E, infine, chiude lo show con un “grazie a Dio voi siete stati salvati perché avete obbedito a noi”: questo per ricordare sempre che VOI (neocatecumenali) dovete ringraziare LUI (DIO) che vi ha fatto perdere il senno quel tanto che basta per obbedire a NOI (Kiko & Carmen).
E adesso potete mollare il malloppo… e dovete anche essere contenti!


lunedì 29 dicembre 2014

Testimonianza di un catechista neocatecumenale, cantore e didascalo (parte seconda)

La "Comunione seduti":
neocatecumenalismo in atto
Seconda parte della testimonianza pubblicata venerdì scorso.


Esistono vari gradi di obbedienza, ma quella più alta è l'obbedienza canonica, ovvero quella di quanti si consacrano ad un istituto di vita religiosa, e ne fanno voto: in tal caso, loro sono tenuti ad obbedire anche sulle cose non importanti, purchè la richiesta non sia esplicitamente contraria alla fede, nel qual caso possono e devono disobbedire.
L'obbedienza dei laici, invece, è duplice: da un lato vi è l'obbedienza verso i Pastori (Vescovi) in quanto capi della chiesa, e riguarda la pastorale locale; dall'altro lato, invece, vi è una forma di obbedienza verso gli "operatori", in un discorso simile a quello del bimbo verso il padre. In quest'ultimo caso, l'obbedienza cessa con il raggiungimento dell'autonomia individuale, e comunque resta soltanto un'obbedienza di affetto, ed in funzione dell'insegnamento che ricevo. (...)

Nella mia esperienza di cammino, invece, praticamente tutti i catechisti che conosco pretendono obbedienza assoluta e personale, ovvero verso la loro persona.

Addirittura, si impone di non parlare con altri preti fuori dal cammino, nè con altri studiosi; e si consiglia di non studiare il magistero per evitare di fare confusione.

Infatti, "chi cerca troppo lo fa perchè non ha trovato convincente quanto già ha; in fondo, quindi, cerca solo chi non è appagato dalla predicazione dei catechisti".

Al contrario, la Chiesa sostiene che è dalla fede che nasce l'esigenza di voler sempre meglio conoscere l'oggetto della nostra fede, ovvero Dio, assieme alla sua creazione.

Kiko esige obbedienza:
ma lui obbedisce al Papa?
Anche questo fenomeno dell'antirazionalismo l'ho constatato un'infinità di volte, sotto i miei occhi, assieme alla richiesta di assoluta obbedienza da parte dei catechisti.
Questo è quello che, con triste ironia, chiamo "obbedientismo".

Molte di queste argomentazioni che io ho esposto, sono nate in bocca a catechisti ignoranti e senza spirito, che pur di sentirsi degni dell'invio alla predicazione, hanno iniziato ad accampare scuse su scuse.
Perchè per molti di loro la predicazione è segno di prestigio, e non vogliono rinunciarvi neppure se sono ignoranti anche nelle cose fondamentali della parola di Dio.

Perchè è così: questa gente che io conosco a malapena conosce la Bibbia, ma poi ignora del tutto il magistero, la tradizione e tutto il resto !!! (ripeto, parlo di quelli che conosco io, non di tutti, visto che io stesso, come catechista colto e studioso, dalle mie parti sono l'eccezione, e sono persino malvisto per questo).
Questa gente mi ha detto in faccia che per loro è sufficiente predicare e ricevere obbedienza in virtù del loro invio. Ora, questo non è vero da un punto di vista dottrinale, e non è vero neppure da un punto di vista spirituale. Ma loro non possiedono neppure la formazione sufficiente per capire queste cose!
E stiamo parlando, ripeto, di catechisti che hanno finito il cammino, e che stanno formando altri catechisti come loro . . (brrr, orrore !!!)

La seria formazione la Chiesa la richiede. C'è infatti una norma, la puoi trovare anche sul catechismo, che è la scienza debita, ovvero la conoscenza necessaria per affrontare un compito. Essere catechista non significa solo riportare la propria esperienza di fede, ma anche essere guida del catecumeno, per capirlo, ed aiutarlo a formarsi. Secondo le norme della Chiesa cattolica, per evangelizzare sono necessarie competenze filosofiche, teologiche, psicologiche, sociologiche, ed altre ancora. E non necessariamente a livelli elevati, ma almeno quel tanto che basta per sapere quello che si sa, e per riconoscere quello che non si sa.
Per esempio, io non sono un ingegnere, ma ho quel minimo di conoscenze dell'acqua che mi permette di capire che se lo scalda-acqua non carica, allora devo chiamare un idraulico.
Così è anche per il catechista.

Negli scrutini a volte i catechisti fanno osservazioni e commenti che vanno a toccare la psiche delle persone, e che mettono in luce la loro morale, e così via: ma se una persona non conosce la teologia morale, e se non ha competenza psicologica, come potrà essere utile ?

C'è molta più probabilità che si facciano danni. Ed infatti questo sta avvenendo.

Inoltre, per la Chiesa chi non acquisisce la scienza debita per mancato zelo commette peccato, anche grave, nella misura dell'incarico che deve assolvere.

Ed anche parlare in modo ambiguo, cioè non adeguatamente chiaro e comprensibile per tutti, è una mancanza di carità e di zelo verso il prossimo. Condurre anche una sola persona alla fede è un incarico importantissimo, che richiede invece tutta la competenza possibile.
Il Dottore Honoris Causa
Sarebbe accettabile un catechista "ignorante", per così dire, solo se il suo compito fosse non quello formativo e di vaglio della fede -compito per cui sarebbe necessaria una certa scienza-, ma se fosse invece giusto un riferimento esperienziale, ovvero se il catechista fosse colui che espone la sua esperienza di fede e la propria conversione, per poi lasciare il campo ai veri maestri di fede.
Il catecumenato antico, infatti, funzionava così.
E sarebbe quindi accettabile che il catechista qualunque possa portare la catechesi iniziale, laddove i concetti sono semplici e si parla in generale, secondo le parole di Kiko. Quando invece si va avanti, in tappe e scrutini personali, ci vogliono catechisti esperti. Altrimenti, l'unica cosa da sperare è che non facciano danno, e che tacciano, lasciando agire lo Spirito, anzichè parlare e far danno!

Tuttavia, questo discorso, che riguarda il cammino in genere, dalle mie parti è esasperato.

Ne è la prova quelle affermazioni che ho scritto prima sul rapporto fra Gesù, Mosè, il magistero, ecc, che spero che nessun altro catecumeno abbia mai dovuto ascoltare dai propri catechisti o dai propri fratelli.

Dalle mie parti, infatti, accade proprio che quanto più si è ignoranti, tanto più si è fanatici ed intolleranti, a partire dai catechisti.

Un mio catechista una volta ha detto: "io sono Mosè, chi mi contraddice avrà la lebbra come Miriam nel deserto, ovvero sarà espulso dalla Chiesa, e non da me, ma da Dio in persona".

Questi sono i miei catechisti, e non sono troppo diversi da altri che conosco. E queste cose le dicono ogni giorno, non è il discorso di una sera !

Queste sono solo alcune delle cose, e sono già tante, perchè ho scritto una mail molto lunga. Il catecumenato resta una strada buona, almeno io credo; e tuttavia va purificata dagli elementi pericolosi, vuoi nella dottrina, che nelle persone. Ci deve essere un maggior controllo su ciò che viene predicato.

Altrimenti il catecumenato diventerà davvero il latore di una spiritualità antirazionale, fondata sull'umiliazione, sull'autodistruzione ... un mix di tanti fattori appartenenti a periodi precedenti, e che invece non hanno nulla a che vedere nè con il cristianesimo, nè con il cattolicesimo, e tantomeno con il nucleo essenziale della predicazione kerigmatica del cammino neocatecumenale.

Perchè nella mia parrocchia il catecumenato è divenuto "catecumenismo": da cristocentrica, la comunità è divenuta un gruppo al servizio adulatorio del parroco e per l'onore dei catechisti. E nulla altro interessa se non la routine così stabilmente raggiunta.

Non è questo il catecumenato che mia madre ha scelto e che io ho seguito, non è questa la predicazione che ho ricevuto e non è quella che ho trasmessa ai miei catecumeni. Eppure è quella che sta prendendo piede, grazie, anche, ad alcune mancanze dalla gerarchia catecumenale. Ed è una cosa molto grave, sia da un punto di vista filosofico che religioso.

Obbedientismo, antirazionalismo che tende al fideismo, al fanatismo ed al messianismo: sono certo che Kiko non vuole esprimere queste cose, però è anche vero che non parla in modo sufficientemente chiaro per debellare questi germi. Germi che in molti luoghi, compresa la mia parrocchia, hanno preso piede a danno dei più deboli.

E sono questi gli aspetti che più caratterizzano il cammino, nella mia zona, e purtroppo anche in altre.
E questi aspetti se presi da soli non sono propri del cristianesimo, ma al massimo sono stati momenti centrali di alcune spiritualità che si sono manifestate nella storia della Chiesa.

Questi aspetti, però, se esaltati e fondamentalizzati, si estraniano alla Chiesa stessa.
Al contrario, la fede e la ragione, l'obbedienza e l'autonomia, il provvidenzialismo ed il libero arbitrio, il profetismo e la morale, ebbene, sono tutte caratteristiche che fanno parte del cristiano, ma che si relativizzano l'una con l'altra senza che alcuna prevalga. Solo in questo modo si ottiene un cristiano completo, che non sia di parte.
E dico "di parte" nel senso letterale: non può una mano dirsi corpo intero, nè lo può il piede. Ci vogliono tutte le membra perchè si abbia un corpo, ed è solo allora che Dio vi soffia dentro "ruah", lo spirito vivificante.

venerdì 26 dicembre 2014

Testimonianza di un catechista neocatecumenale, cantore e didascalo (parte prima)

Questa gazzarra sarebbe "nueva evangelizzazione"
Riportiamo in due parti l'interessante disamina di alcuni 'problemi' del Cammino Neocatecumenale fatta da un catechista, cantore e didascalo.

La seconda parte è a questo [link].


La mia esperienza la esporrò per sommi capi.
A me piace il catecumenato, perchè credo che manchi, nella Chiesa, un organo specifico di formazione cristiana. E proprio nella sua specificità, infatti, il catecumenato deve essere neutro.

L'analogia con la nascita che citavo nella lettera precedente è infatti questa: l'utero non crea uterini, ma uomini.
E così il catecumenato non deve creare catecumeni, ma cristiani.

D'altra parte, il cammino, in generale, ha delle carenze, di per sè non troppo gravi, ma che lasciano spazio ad alcune perturbazioni e deviazioni molto forti, che io espongo più con gli occhi del filosofo cristiano che non con quelli del magistero (per fortuna loro).
L'esperienza nella mia parrocchia e con i miei catechisti responsabili di zona, ne è un esempio.

I punti principali sono due: un forte antirazionalismo abbinato ad un evidente messianismo, che sfocia in un cocktail importante dalle conseguenze più svariate.

Personalmente, io so che Kiko non si è mai spacciato per nuovo messia, e mai nessun mio catechista che io ho ascoltato ha mai detto una cosa simile. So anche che Kiko in persona, almeno nelle catechesi di cui io dispongo, non hai mai detto nulla di esplicitamente antirazionalista, anzi, nelle convivenze di inizio corso e durante le tappe per le preparazioni sono spesso consigliati libri di teologia e del magistero e della tradizione.
Ciononostante, a causa anche di alcune deformazioni linguistiche e di palesi ambiguità, il problema c'è.

Messianismo

Nonostante Kiko non abbia mai parlato di sè come un nuovo messia, io ti posso affermare con prove e tutto che ben 3 catechisti della mia comunità (catechisti dunque che sono, come me, alla professione di fede) ed il presbitero che ci segue, hanno davanti a me sostenuto in diverse occasioni, ed anche separatamente, che il magistero è solo carta scritta, incomprensibile e fondamentalmente meno utile della predicazione dei catechisti.

Anzi, mi è stato persino detto che (cito testualmente) "come Cristo era superiore e lottava contro la Torah e contro i rabbini di allora, così il catecumenato oggi supera il magistero, che deve reinterpretare secondo un nuovo spirito".

La Torah, al posto d'onore
nella Domus Galileae di Kiko
Questa affermazione, che io ho prontamente confutata, soprattutto perchè fondata su un'analogia assurda anche tra Torah e magistero, fra rabbini e sacerdoti ebrei con i pastori della chiesa, e tutto, è indice di una chiara e diffusa opinione, fondata sempre sulla predicazione dei miei catechisti, che sono itineranti, con 10 figli, che hanno finito il cammino e sono responsabili di zona.

Questi catechisti in molte occasioni parlano dei vescovi come persecutori del cammino; dicono che Kiko ha iniziato il cammino perchè ha visto la Madonna, e che dunque è una sorta di inviato; dicono che loro sono inviati da Dio, e pretendono obbedienza canonica (ovvero praticamente cieca e persino personale, verso cioè le proprie persone); non accettano alcun tipo di domanda, perchè se tu domandi qualcosa, vuol dire che "hai un giudizio"; e finisce infine che, parlando loro a nome di Cristo e della Chiesa, se non accetti loro, non accetti la Chiesa, non accetti Cristo, e sei quasi un apostata, o comunque stai resistendo allo Spirito Santo.

Queste parole sono state dette in molte occasioni a cui ho partecipato personalmente, durante scrutini e durante convivenze e durante incontri dei catechisti.

Ora, pensa te: nessuno ha detto che Kiko è il messia, ma con questi presupposti, secondo te, è davvero strano che un catecumeno giunga autonomamente a pensarla così? Dati i presupposti, è facile giungere a queste conclusioni.

Ed infatti è quello che sta accadendo nella mia parrocchia e nella mia zona, dove regna il clima del terrore: o con noi, o fuori dal cammino, dalla Chiesa e da Cristo. E giuro che questo è accaduto dinanzi alla presenza di 3 preti: quello dell'equipe, il parroco ed il presbitero della comunità.

Antirazionalismo

Nonostante i riferimenti dottrinali, filosofici e teologici, in molti punti del parlare di Kiko si rivela una forma di subordinazione della ragione alla fede, in particolar modo quando si ha a che vedere con la richiesta di obbedienza da parte di un catechista ad un catecumeno, o con la questione del famoso "giudizio".

Ogni atto del pensiero è un giudizio, ovvero l'attribuzione di un predicato ad un oggetto di riflessione. Per esempio, è un giudizio dire che la sedia è nera. Come tale, la facoltà di giudizio è in realtà la nostra stessa ragione, che ci permette di conoscere la realtà in cui viviamo. Il giudizio morale è una valutazione di un oggetto di valore morale: un atto, una situazione, una persona, una società.
Il cristiano, in quanto uomo, è tenuto -oltre che impossibilitato a fare il contrario- a valutare appropriatamente la realtà in cui vive, ed il valore morale dell'ambiente che lo circonda. In quest'ultimo caso, si parla di discernimento morale, che è la prima facoltà del cristiano.

La "cruna dell'ago"
in una domus kikiana
Spesso, allora, si esalta la questione del famoso "non giudicare" pronunciato da Cristo, e lo si intende come una negazione della facoltà intellettuale, che non è in grado di giudicare perchè, qualora giudichi negativamente una persona o una situazione, dimostra di essere offuscata dal peccato, e, dunque, di non essere più in grado di svolgere il suo compito.

Questa tesi l'ho sentita mille e più volte: dire qualunque cosa è un giudizio, e poichè il cristiano non deve giudicare, alla fine si impara a tacere. E però questa tesi non è nè cattolica, nè cristiana, nè assolutamente ragionevole. La frase "non giudicare" recitata da Cristo significa "lasciate stare il giudizio radicale", cioè quello riguardante la salvezza finale; ovvero non condannate nessuno all'inferno, e non regalate il paradiso, prima che la vita di quest'uomo non sia compiuta e voi non la conosciate abbastanza per valutarla fino alla fine. (...)

Il discernimento è importantissimo per un cristiano. Ed indipendentemente da questo passo, siccome io non sono luterano (almeno non oggi), la mia sapienza non si fonda tutta sulla scrittura, ma anche sulla tradizione e sul magistero.
Esempio di utilizzo
della "cruna dell'ago"
di Kiko nella Domus
Il magistero riconosce che gli atti umani sono moralmente qualificabili in base a principi di discernimento, e che ve ne sono di buoni e di cattivi. Colei che giudica gli atti, è la nostra coscienza morale, alla luce della ragione ed in vista del bene. La coscienza morale è infatti un giudizio della ragione, con il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto. (CCC 1796). Da questo, e da altro che non riporto, si comprende che in certi casi la stessa predicazione catecumenale è quantomeno "inquinata" da un'errata interpretazione dell'atto del giudizio. In particolare, però, l'ambiguità di fondo sfocia anche nell'antirazionalismo delle situazioni di mia conoscenza.
Al catecumeno non è lecito fare alcuna domanda, altrimenti il catechista parte a raffica con "tu hai un giudizio, tu non puoi capire tutto, tu non hai fiducia in me, tu devi obbedire senza preoccuparti di fare bene o male: già l'obbedienza ti leva ogni responsabilità, perchè se ti faccio sbagliare io, tu non ne hai colpa. Al contrario, dal fatto che tu non riesci ad obbedire, si vede che non hai fede, perchè è il demonio quello che non sa obbedire. Quindi se obbedisci, dimostri di essere in Cristo, altrimenti non lo sei per nulla".
Questo atteggiamento è terribile, perchè pone i catechisti in un predominio assoluto, al punto che se pure sbagliano non hanno mai nè da ammetterlo, nè da chiedere scusa, nè da tentare di rimediare. D'altra parte, sempre questo atteggiamento deresponsabilizza il catecumeno, ed annulla la sua autonomia critica e razionale. Inoltre, la stessa richiesta di obbedienza è infondata: nessuno può pretendere obbedienza, nella chiesa.

(fine prima parte - la seconda parte verrà pubblicata nei prossimi giorni)

martedì 23 dicembre 2014

Neocatecumenali in "missione": i miracoli, la Provvidenza e la "decima" sulla Postepay.

Per capire come funziona la svenevole propaganda dei kikos, leggiamo e commentiamo insieme la testimonianza di una famiglia neocatecumenale in missione neocatecumenale in Australia.

Il santino di san Kiko,
autografato da Kiko stesso!
“Noi siamo una famiglia normalissima, non siamo buffi e nemmeno super eroi“ . Ci tengono alla definizione di “ famiglia normale “ , Lucio F., 49enne ex archeologo e Cristina F., 46 anni, ex insegnante. Li potremmo definire una famiglia come tante, benestante, con tre bellissimi figli : Sara, 11 anni , Anna 9 e Benedetto 6. Ma, ed è un ma grosso come una casa, la vita di tutti loro è cambiata radicalmente il 27 Novembre del 2006 quando sono saliti , tutti e cinque, su un aereo che li avrebbe condotti a migliaia di chilometri di distanza dalla loro terra, in Australia, a Sydney, in qualità di emigranti abbastanza particolari. “ Emigranti della Fede “ , li definirei io, più semplicemente, evangelizzatori, portatori della Parola di Dio, diffusori della religione Cattolica nel mondo.
L’estensore dell’articolo inizia con l’apologetica del Cammino: belli, bravi, teneri, benestanti e fiordilatte… come nei cartoni animati.

Per non farci mancare nulla apriamo subito con un messaggio subliminale: questi portano la Parola di Dio, nel caso qualcuno pensasse che vadano invece a rappresentare il verbo di Kiko!
I coniugi F. fanno parte, infatti, del Cammino Neocatecumenale della Parrocchia Santa Maria della Misericordia di Borgo Bovio . E a loro è stato affidato il compito di divulgare il Vangelo in quella zona del mondo. “ Ci sono altre famiglie ternane in missione, nel mondo, ci dice Lucio F. : una sta nelle Antille olandesi, un’altra a Dublino, in Irlanda. C’è una famiglia che è stata destinata in uno dei quartieri di Napoli più pericolosi, dominato dalla Camorra “.
Il neocatecumenale, appena apre bocca, ripete subito la lezione n°1 del Cammino: loro divulgano il Vangelo e, con sommo sprezzo del pericolo, vanno anche in “terre pericolose” (povera Napoli…). Bravo “fratello”, primo esame superato!
ll Cammino Neocatecumenale non è un movimento o un’associazione, ma uno strumento nelle parrocchie al servizio dei Vescovi per riportare alla fede tanta gente che l’ha abbandonata. Iniziato negli anni ’60 in uno dei sobborghi più poveri di Madrid da Kiko Argúello e da Carmen Hernandez, venne promosso dall’allora Arcivescovo di Madrid, Casimiro Morcillo, che constatò in quel primo gruppo una vera riscoperta della Parola di Dio ed un’attuazione pratica del rinnovamento liturgico promosso proprio in quegli anni dal Concilio. Vista la positiva esperienza nelle parrocchie di Madrid e di Roma, nel 1974 la Congregazione per il Culto Divino indicò il nome di Cammino Neocatecumenale per questa esperienza. Il Cammino si è diffuso in più di 900 Diocesi di 105 Nazioni, con oltre 20 mila comunità in 6.000 parrocchie.
Torniamo all’estensore dell’articolo: anche lui ha studiato bene la “lezione” e la ripete con fedeltà (a Kiko) e precisione. Ci piace, è bravo, può farsi crescere il pizzetto da “catechista”.
La vera grandezza dei missionari neocatecumenali è che vivono di Provvidenza.
Nel Cammino Neocatecumenale è
obbligatorio pagare mensilmente
la cosiddetta "decima"
(il 10% dei tuoi guadagni mensili!)
Ottimo! I missionari neocatecumenali sono “grandi, quelli cattolici inviati dalla Chiesa di Roma nei paesi del terzo mondo invece no.
Poi scopriamo che i “Kiko’s” vivono di Provvidenza, gli altri no pazienza, ce ne faremo una ragione!

Al che la domanda, per quanto banale si rende necessaria. In che cosa consiste la Provvidenza? “ Quando noi siamo sbarcati a Sydney non avevamo niente, o meglio avevamo i pochi soldi che ci eravamo portati dietro, che sono finiti rapidamente , ma siamo stati aiutati dalla parrocchia cui eravamo stati destinati – Nostra Signora de Lourdes – ad Earlwood, un quartiere di Sydney. E’ Cristina F. che parla. Ci hanno trovato una casa, i mobili, ci hanno fatto la spesa quando è stato necessario. E’ questa la Provvidenza.
Con l’utilissimo intervento della signora scopriamo che nel Cammino la Provvidenza in realtà è la "decima" (ricordiamo: obbligatoria dopo il secondo passaggio per tutti i Kiko’s). Di norma, nell’organizzazione degli stati, una “cosa simile” viene chiamata “sistema fiscale”: anche lì sei obbligato a pagare per sostenere il sistema sociale.
Racconto due episodi che sono significativi. Mi piaceva un paio di jeans, che poi non costavano nemmeno molto, ci ho pensato su tanto e alla fine non li comprati, per risparmiare. Qualche giorno più tardi mi telefona una signora donatrice mi dice che ha dei capi di vestiario per la parrocchia. Apro le buste e, in una di queste, c’erano i jeans che avrei voluto comprare. L’altro episodio è quello di quando abbiamo preso una multa di 50 dollari perché il ticket del parcheggio era scaduto. Quando siamo tornati a casa tra le foglie spazzate dal vento mio marito vede qualcosa che sembrava non essere una foglia, era qualcosa di più chiaro. Ebbene , era un biglietto da 50 dollari. Sono episodi piccoli, ne potrei citare mille altri per dire che la Provvidenza si mostra nei modi più svariati “. Una condizione di vita estrema e, direi, oltremodo precaria.
Non poteva mancare il ”miracolismo” tipico dei neocatecumenali: eventi casuali o normali  vengono “calati” al momento opportuno per impressionare l’ascoltatore (o chi legge). E se non ci sono? Si inventano: no problem!

Baciando la reliquia
che ti porge il Gran Profeta...
Nel discorso della neocatecumenale mancava però la famosa “precarietà Kikiana”, che tanti discorsi, risonanze, omelie dei catechisti ha ispirato… ci pensa il redattore, con una “ispirata” e profonda riflessione:
Come fate con tre figli, sapete bene che questo del precariato è ciò che impedisce a tanti giovani di costruirsi, qui da noi, un futuro, una famiglia.
Voi come fate a convivere con questa estrema precarietà? “ La precarietà la si può vivere solo se si ha il dono della Fede. E’ ancora Cristina a parlare.
Vivi le ansie e le difficoltà, poi, però, vedi la Provvidenza e, quindi, giorno dopo giorno impari a convivere con la precarietà. D’altra parte a noi non manca niente pur non avendo uno stipendio. E d’altronde il Signore disse ad Abramo : esci dalla tua terra, vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre verso il paese che Io ti indicherò “. 
Per rafforzare il concetto (Kikiano) di Provvidenza una citazione, rigorosamente strumentale, dalla Scrittura non poteva mancare. Certo che la ragazza ha studiato bene la lezioncina!
Cristina e Lucio, a Sydney, fanno opera di evangelizzazione, aiutano la parrocchia e insegnano, gratuitamente, ai seminaristi del Redentoris Mater , latino, greco, storia e italiano. Bussano porta a porta , “ tanti ci scambiano per Testimoni di Geova “ , invece, aggiunge Lucio “ ci accolgono bene. Quando siamo arrivati a Sydney i parrocchiani erano 5 , di numero, ora sono alcune decine ” .
A parte il fatto che li scambiano per “testimoni di Geova” (ovvio, si comportano allo stesso modo), da quanto dice la ragazza sembra proprio che siano andati in Australia solamente per trovare nuovi adepti Kikiani… difficile che in una parrocchia ci siano solamente 5 fedeli, probabile invece che si riferisca ai Neocatecumenali presenti in quella Chiesa. 
Ovviamente non poteva mancare una citazione dei seminari Kikiani R.M.
Sono felici, Lucio e Cristina, lo si vede , soprattutto, dal volto sorridente, disteso, di Cristina : “ è la Fede e sono i figli che rappresentano il motore di tutto questo nostro fare. Il loro crescere in modo più consapevole. Loro capiscono benissimo che tante cose non le possiamo comprare e sanno dare il giusto valore a ogni cosa. Sono diversi dai tanti altri bambini che hanno tutto e di più, me lo dicono, e per questo li apprezzano, tutti quelli che vengono in contatto con loro “. Anche nel dubbio, è la parola di Dio che li sostiene e da Terni arrivano gli aiuti , anche economici sulla posta-pay, attiva a loro nome. Sono le offerte dei parrocchiani di Borgo Bovio, di Sant’Antonio, e non solo “ E’ la Provvidenza “, sottolinea Cristina.
Perfetto: il “leitmotiv” della felicità data “dall’obbedire a Kiko” anche stavolta non manca, non manca neanche quello dei bambini (poveretti) del Cammino che sono diversi dagli altri e non manca, infine, la citazione della Parola di Dio messa lì a "santificare" il tutto. 

Prima Comunione neocatecumenale:
ridotta a uno "snack",
come una carnevalata
Però, poi, gli scappa di dire che “da Terni arrivano gli aiuti” (la famigerata “decima”, vedi sopra) sulla Postepay. Bisogna dire che anche per il trasferimento del denaro, pardon… della “Provvidenza” si sono organizzati bene!
Lucio e Cristina hanno tanto da dire, tanti episodi da raccontare e , io , li ho invitati ad essere i nostri corrispondenti dall’Australia, per cui, questa breve conversazione la considero come l’avvio di una collaborazione più stretta. Il ritorno a Terni volge al termine, fra poche ore un aereo li riporterà dall’altra parte del mondo per proseguire la loro opera di Missionari laici. “ Non scorderò mai il primo Natale in Australia, ricorda Lucio. Noi eravamo appena arrivati alla fine di Novembre. Il primo Natale a 40 gradi e poi Babbo Natale sul surf. Quello fu un vero shock “.
E finiscono in bellezza: ricordando la santità di questi “Missionari laici” (con la “M” maiuscola), affidati alla precarietà della “decima”, benedetti da Kiko, nella terra dei canguri.

domenica 21 dicembre 2014

Come fu soppressa una comunità neocatecumenale: bastò un libro di padre Zoffoli

Il regno di Kiko è vicino:
striscione dei neocatecumenali
(che non dicono di esserlo!)
presso una parrocchia di Barletta
La mia esperienza nel Cammino Neocatecumenale risale agli anni 1995-1998. Quando nella mia parrocchia iniziarono le cosiddette "catechesi" del Cammino tutti erano entusiasti; eravamo un buon numero di persone e aderimmo al cammino.

Io avevo poco più di 20 anni, la mia fede poggiava, grazie a Dio, sull'esempio di tanti santi del passato e del nostro presente, e fin da subito sentii che nel Cammino c'era qualcosa che non quadrava, però non riuscivo a capire bene cosa, e così sono andato avanti fino a che non ho trovato sugli scaffali delle paoline il libro di padre Enrico Zoffoli, Eresie del Cammino Neocatecumenale.

Leggendolo tutto d'un fiato sono riuscito finalmente a dare un nome a tutto il disagio che avvertivo nelle liturgie NC e mi rendevo conto man mano che leggevo il libro, che già tanta altra gente viveva questo disagio. Così decisi di portare il libro con me durante una riunione con i catechisti per discutere su alcuni temi del libro. Non lo avessi mai fatto, i cosiddetti "catechisti" del Cammino andarono su tutte le furie, ma io non fui da meno; alla fine la comunità NC della mia parrocchia si sciolse, ed io alla luce di ciò che ancora oggi succede nel Cammino.

Ringrazio Dio di avermi aperto gli occhi, perchè il Cristo nutre per l'uomo sentimenti completamente diversi da quelli insegnati dal Cammino: Cristo non umilia, Cristo non offende, Cristo non mortifica, Cristo non abbatte, Cristo se vede uno stoppino appena fumigante non lo spegne, il vero Cristo rialza, risuscita, riabilita, ridà dignità divina al peccatore pentito, il Cristo converte nel silenzio e nell'umiltà, il Cristo è Luce che illumina ogni uomo, Cristo è la verità che ci rende liberi, Cristo è il Pane di Dio per l'uomo, Cristo è il Pane vivo disceso dal cielo, tutte verità che nel Cammino non si vivono e non si respirano, ma la cosa più triste è constatare come chi di dovere non intervenga, e ciò lascia perplessi.

(da: Felice)

venerdì 19 dicembre 2014

I Neocatecumenali, ovvero: i catechisti, il sesso, l'obbligo della riproduzione ed i "fratelli"

Citiamo un interessante articolo da Barinedita.it, ennesima conferma che le storture di questo "movimento" sono oramai note a tutti.
Ovvio che Kiko vieti ai neocatecumenali l'accesso ai social network e limiti quello ad Internet.


BARI - «Quello che volevo era solo parlare con i genitori del mio alunno in merito all’andamento scolastico. Li ho convocati speranzosa di incontrarli dato che ai colloqui non si erano mai presentati. Ma all'ora e nel luogo prestabilito per il giorno dell'appuntamento, si è presentato un ragazzino: il fratellino 12enne del bambino della mia classe, di soli due anni più grande di lui».

Questo è il racconto sbalordito di un'insegnante di una scuola elementare di Bari, che tra i suoi alunni ha un bambino appartenente al Cn (Cammino neocatecumenale), un movimento religioso di ispirazione cattolica che segue regole e precetti che è difficile non definire “stravaganti” . I neocatecumenali ad esempio hanno un sacco di figli (7,8,10…), perché per loro non esiste il sesso al di fuori del meccanismo riproduttivo e ogni bambino deve necessariamente occuparsi del fratello più piccolo.
[...]

A Bari e provincia ci sono 16 comunità neocatecumenali, ospitate ognuna in una parrocchia. «La più importante e più numerosa - spiega il 43enne neocatecumenale Luigi - è quella di Santa Maria Maddalena». Questa sarebbe la famosa "chiesa di Goldrake" di via degli Alfaraniti [...] Nel capoluogo i neocatecumenale trovano “rifugio” anche nella parrocchia della Madre della Divina Provvidenza al San Paolo, in quella di Sant'Antonio alla Madonnella e nella chiesa di San Girolamo nell’omonimo quartiere.

Dicevamo dei tanti figli. I neocatecumenali sono contro l'uso di qualsiasi forma di contraccettivo durante il rapporto sessuale, anche naturale come la pratica del coito interrotto. «Il sesso – afferma risoluto Antonio, 37enne neocatecumenale barese - non è contemplato al di fuori del meccanismo riproduttivo». E la 23enne Martina, che sta cercando di svincolarsi da questo movimento religioso in cui la sua famiglia è saldamente ancorata, racconta a tal proposito: «La mia impressione è sempre stata quella per cui il sesso per loro non sia un atto di piacere o d’amore, ma che sia esclusivamente funzionale all'allargamento della comunità. Della serie “più bambini ci sono, più diventiamo importanti”».

Bambini che come detto vengono subito responsabilizzati all’interno della famiglia. «Visti i numerosi impegni cui la nostra comunità religiosa sottopone i suoi adepti – spiega Edoardo, 56enne barese neocatecumenale - è giusto che i nostri figli, fin da piccoli, si responsabilizzino. E, lì dove sia necessaria una figura di maggiore esperienza, si rivolgano ai loro fratelli più grandi».

Lorenzo, 35enne, ex neocatecumenale, confessa: «Per i neocatecumenali la famiglia è importante, ma in un certo senso svuotata di significato. Io sono cresciuto in una famiglia del Cammino e posso garantire che i rapporti tra me, i miei genitori e i miei cinque fratelli, non sono tipici di un nucleo familiare "normale". Ci si rispetta a vicenda, forse anche a livelli estremi: non esiste scontro ed esiste un rapporto di confronto non solo con i genitori, ma anche tra fratelli. Il tutto però è vissuto in maniera fredda e distaccata, senza emozioni che possano essere considerate troppo “forti”».

E la maestra barese conferma le parole di Lorenzo. «C’è una specie di distacco tra i fratelli del Cn – afferma -. Nella scuola dove insegno ce ne sono diversi appartenenti a vari nuclei familiari: nella stessa famiglia ci sono dai cinque ai sette figli, distribuiti nelle varie classi perché hanno al massimo un anno di differenza l'uno dall'altro. Arrivano tutti insieme, si aspettano per andar via tutti insieme, si aiutano a vicenda per portare gli zaini pesanti, ma non si parlano più di tanto, non si salutano, non si "sfottono" come gli altri bambini. E poi non parlano quasi con nessuno, un pochino solo con i bimbi di altre famiglie che fanno parte del Cammino come loro. E se il fratellino più piccolo fa amicizia con un altro coetaneo, interviene subito quello più grande per “verificare” la situazione. E’ lui che decide, per il fratello, se vale la pena intraprendere l'amicizia o meno».

«I rapporti sociali sviluppati con gente che possiede altre credenze o che pratica altre religioni sono malvisti - spiega Martina -. Solo gli appartenenti all'Opus Dei sono tollerati come potenziali "amici", perché considerati più vicini ai dogmi religiosi del cammino neocatecumenale». E la barese 27enne Franca, che si trova nella stessa situazione di Martina, aggiunge: «I neocatecumenali sono un movimento chiuso, quasi una casta, un gruppo elitario ed endogamo che quindi non può avere rapporti di nessun tipo con persone esterne».

E poi Martina svela: «La cosa più difficile da sostenere è il momento dello "scrutinio", in cui ogni membro si espone davanti a tutti gli altri, di fronte al crocefisso e si sottopone alle domande dei catechisti. Vengono fatte domande sulla vita privata di ognuno davanti a un pubblico attento e pronto a giudicare se si è moralmente “corretti”. Ho visto confessare tradimenti tra moglie e marito o ragazze essere guardate male da tutti per essere uscite con gli amici il sabato sera dopo la celebrazione della messa. La cosa che più di tutte non comprendo è il potere dato ai catechisti, sembrano quasi delle divinità».

E in effetti Martina ha ragione: la figura che ha più importanza all'interno delle comunità è quella del catechista. La struttura interna del Cn è infatti organizzata secondo una forma gerarchica: Kiko e Carmen sono i catechisti con più potere e sotto di loro esistono tanti altri catechisti sparsi per il mondo che agiscono all'interno di comunità ben definite e distribuite e che hanno rapporti costanti con i loro superiori. «Le singole comunità - racconta la 32enne neocatecumenale barese Stefania - sono organizzate attorno alla figura del catechista che amministra il culto e gestisce le risorse».

Ma allora, che ruolo hanno i sacerdoti? «I preti - risponde il 46enne cattolico Marco - sono mere presenze investite di una dubbia sacralità, ma in realtà esautorate da ogni autorità, che legittimano l'ispirazione religiosa del movimento e la sacralità dei luoghi di culto. Ma la loro funzione si esaurisce in questo: loro non hanno alcun potere, servono solamente a rendere religioso ciò che di religioso ha ben poco».

(citazioni tratte da un articolo di
Mariangela Dicillo per il portale barinedita.it)

mercoledì 17 dicembre 2014

Non "presbìteri", ma sacerdoti!

Assenza del senso del sacro nelle liturgie neocat:
è solo un cerimoniale casereccio
Citiamo la lettera della Congregazione per il Culto Divino, 20 settembre 1997 (prot. 760/96/L, 761/96/L; testo originale in inglese, traduzione italiana reperita su PagineCattoliche):
Fra di essi un problema preminente è la decisione dei traduttori di interrompere la comune usanza cattolica e tradurre il termine latino presbyteri non con "sacerdoti", ma con "presbìteri".

Questo non può ottenere il consenso della Santa Sede poiché rischia di essere frainteso dal popolo e rappresenta una tendenza teologica inaccettabile.

In particolare, esso costituisce l'abbandono di un termine che contiene un senso di sacralità, che porta in sé la storia dello sviluppo della fede, a favore di un termine che non lo fa.


Tale lettera del 20 settembre 1997 riguarda la traduzione in lingua inglese del Messale Romano. Nella lettera però vengono espressi dei giudizi che evidentemente non valgono solo per la lingua inglese:

Il sacerdote neocat
è puramente ornamentale

nel cerimoniale kikiano
1) c'è una riconosciuta comune usanza cattolica di chiamare "sacerdoti" i sacerdoti;

2) tale usanza contiene un senso di sacralità e porta in sé la storia dello sviluppo della fede;

3) c'è poi una inaccettabile tendenza "teologica" di chiamare "presbìteri" i sacerdoti;

4) tale tendenza (cioè tale moda) è inaccettabile e perciò non può avere il consenso della Santa Sede.



Anche nel Cammino Neocatecumenale vige l'inaccettabile tendenza di chiamare "presbìteri" i sacerdoti.

Questo avviene perché i neocatecumenali si sentono superiori ai cattolici "della domenica", e perciò vogliono sfoggiare un linguaggio esotico e complicato.

Famiglia neocat in "missione"
in Perù per conto di Kiko:

celebrazione "domestica"
all'insaputa del vescovo
e del parroco
Purtroppo nel Cammino il sacerdozio è assai squalificato e banalizzato: lo si nota in modo particolare dal modo di celebrare la liturgia nelle comunità neocatecumenali e nelle cosiddette "famiglie in missione", dove il sacerdote non viene inteso come l'intermediario tra Dio e il suo popolo, col suo ruolo di guida, insegnamento e santificazione, ma solo come un incaricato liturgico.

Si pensi ad esempio al fatto che, nel Cammino, a vagliare le vocazioni al sacerdozio sono dei laici. Oppure al fatto che a "scrutinare" (cioè umiliare) i sacerdoti - con le diaboliche "confessioni pubbliche" - sono dei laici (i cosiddetti "catechisti" del Cammino). E che nonostante tutti i possibili proclami di ubbidienza al vescovo, l'ultima parola sui presbìteri neocat resta sempre quella dei cosiddetti "catechisti". O ancora pensiamo alle "alzate emotive", alla ridicola cerimonia delle "chiamate vocazionali di Kiko", alla necessità di creare una rete kikiana di "cento seminari" per evitare che i futuri presbìteri di Kiko abbiano modo di conoscere la liturgia della Chiesa Cattolica e l'insegnamento della Chiesa Cattolica. E soprattutto per evitare che tali futuri presbìteri si rendano conto che per il loro triplice compito sacerdotale (sacramenti, dottrina, guida) dipendono esclusivamente dal vescovo, e non dalla gerarchia dei cosiddetti "catechisti" neocatecumenali.

Tutti quei discorsoni pomposi sulla terminologia "teologica" (presbìteri piuttosto che sacerdoti) sono dunque soltanto la foglia di fico per nascondere la superbia e per dare sottilmente a intendere che per i kikos la gerarchia che conta è quella neocatecumenale, fatta da laici fedelissimi di Kiko e Carmen, non quella della Chiesa Cattolica fondata sul sacramento dell'ordine sacro.

lunedì 15 dicembre 2014

Come strumentalizzano Paolo VI

Il Cammino Neocatecumenale si propone come un itinerario di «riscoperta del battesimo».

Anzitutto notiamo che chiunque può proporre la riscoperta di qualcosa di buono (il sacramento del battesimo, il canto nella preghiera, l'arte sacra, gli scritti patristici, la spiritualità monastica, la carità a servizio delle esigenze della parrocchia, ecc.: esistono miriadi di gruppi, associazioni, movimenti, piccoli, grandi e piccolissimi, che "riscoprono" qualcosa): infatti tutto ciò che è buono viene da Dio, per cui l'idea della "riscoperta di ciò che è buono" sottintende il desiderio di «gustare e vedere quant'è buono il Signore».

Da questo punto di vista l'atteggiamento dei vescovi e del Papa è sempre quello di incoraggiare e guidare. Un gruppo di giovani desidera riscoprire la spiritualità monastica? Vengano incoraggiati e aiutati! Un'associazione intende riscoprire la virtù della carità verso gli ammalati? Il vescovo non potrà che lodare l'iniziativa, e magari farli sostenere dalla Caritas e da congregazioni dal carisma simile. Questi episodi sono talmente normali che nessuno ci fa più caso: e sono una tipica dimostrazione della paternità della Chiesa.

Ma le vie dell'inferno sono sempre lastricate di buone intenzioni. Infatti il problema nasce quando la "riscoperta di qualcosa" nasconde in realtà qualcosa di diverso: dietro la foglia di fico del "riscoprire" si cela in realtà un altro programma, fatto di strane pretese che non possono essere poste alla luce del sole. Come ad esempio il gruppo di donne che fa le pulizie in una parrocchia qui vicino, organizzato da una signora che non ha praticamente mai toccato scope e secchi e che aveva solo intenzione di comandare e di gloriarsi (la signora in questione, incidentalmente, è neocatecumenale - e perciò potete immaginare quanta caritatevole pulizia della parrocchia risulti da un gruppo del genere...).

Oppure, al livello più alto, quando Kiko prende un discorso di Paolo VI che elogiava il "riscoprire" il battesimo e il "catecumenato" di preparazione, ossia elogiava il desiderio di vivere meglio i sacramenti e di conoscere di più la dottrina cattolica... e Kiko lo trasforma in una lode al Cammino.

Nell'udienza generale (udienza «generale», non un intervento di lode al Cammino) il 12 gennaio 1977 (in piazza erano presenti anche Kiko, Carmen e i loro pochi seguaci: il Cammino si era installato in una parrocchia romana appena otto anni prima, a novembre 1968), Paolo VI ricorda la necessità dell'impegno di tutti all'«edificazione del Corpo Mistico di Cristo» (cioè la Chiesa), la necessità di «evangelizzare, catechizzare», e il fatto che tale opera sia «un onore, una fortuna, una vocazione nobilitante ed esaltante».

Quindi dice:
Adesso possiamo comprendere anche la testimonianza che i nostri odierni visitatori ci offrono: essa si svolge intorno al cardine della vita cristiana che è il battesimo, il sacramento della rigenerazione cristiana, il quale deve ritornare ad essere ciò che era nella coscienza e nel costume delle prime generazioni del cristianesimo. La prassi e la norma della Chiesa hanno introdotto la santa abitudine di conferire il battesimo ai neonati, lasciando che il rito battesimale concentrasse liturgicamente la preparazione che, ai primi tempi, quando la società era profondamente pagana, precedeva il battesimo, e che era detto catecumenato. Ma nell’ambiente sociale di oggi questo metodo ha bisogno d’essere integrato da una istruzione, da una iniziazione allo stile di vita proprio del cristiano, successiva al battesimo, cioè da un’assistenza religiosa, da un allenamento pratico alla fedeltà cristiana, da un inserimento effettivo nella comunità dei credenti, che è la Chiesa.

Ecco la rinascita del nome «catecumenato», che certamente non vuole invalidare né sminuire l’importanza della disciplina battesimale vigente, ma la vuole applicare con un metodo di evangelizzazione graduale e intensivo, che ricorda e rinnova in certo modo il catecumenato d’altri tempi.

Chi è stato battezzato ha bisogno di capire, di ripensare, di apprezzare, di assecondare l’inestimabile fortuna del sacramento ricevuto. E noi siamo lieti di vedere che questo bisogno oggi è compreso dalle strutture ecclesiastiche istituzionali e fondamentali, le Parrocchie. Si prospetta così una catechesi successiva a quella che il Battesimo non ha avuto; la «pastorale degli adulti», come oggi si dice, viene delineando, crea nuovi metodi e nuovi programmi; poi nuovi ministeri sussidiari sostengono la più esigente assistenza del Sacerdote e del Diacono nell’insegnamento e nella partecipazione alla liturgia; nuove forme di carità, di cultura e di solidarietà sociale accrescono la vitalità della comunità cristiana e ne fanno di fronte al mondo la difesa, l’apologia, l’attrattiva.
Paolo VI, cogliendo spunto dai battesimi di quel giorno, ha inequivocabilmente elogiato e incoraggiato l'evangelizzazione della Chiesa (quella basata sul Vangelo, senza equivoci o reinterpretazioni), la catechesi della Chiesa (quella basata sul Catechismo, senza voli pindarici e aggiustamenti di comodo), la formazione degli adulti (sulle verità di fede, sul Catechismo, sul Magistero, non sulle invenzioni esegetiche/dottrinali di qualche ignorante), la "coscienza" dei primi cristiani (non i loro specifici gesti) e nel frattempo ha ricordato la centralità della parrocchia nell'organizzazione della Chiesa e il fatto che la disciplina vigente della Chiesa non può essere alterata dalle iniziative dei singoli, per quanto fondate sulle buone intenzioni.

Ed ecco dunque lo stratagemma di Kiko:
  • da un lato "appropriarsi" delle parole di Paolo VI, come se fossero state dette solo ai neocatecumenali;
  • dall'altro il presentarle come se fossero un elogio alla prassi del Cammino;
  • e quindi addirittura millantare che sarebbe stato il Signore a ispirare l'elogio.
Notate come Kiko dice «una catechesi che ci ha fatto Paolo VI sul Cammino Neocatecumenale» anziché dire "una catechesi di Paolo VI che - provenendo dal Papa - riguarda anche noi".

Notate poi come Kiko pretenda che sia «impressionante come il Signore gli ha ispirato di dedicarci una sua catechesi per tutta la Chiesa»: Kiko mistifica Paolo VI pretendendo che il presunto elogio al Cammino, di presunta ispirazione divina, sarebbe normativo per tutta la Chiesa.

Qualunque idea abbiano di Paolo VI, gli stupidi e gli ignoranti - fuori e dentro il Cammino - crederanno alle panzane di Kiko e diranno che Paolo VI avrebbe inopinatamente elogiato il Cammino, all'epoca numericamente irrilevante.

Chi invece va a leggersi il testo dell'udienza generale di Paolo VI del 12 gennaio 1977 e lo pone a confronto con l'interpretazione kikiana, capisce benissimo dov'è l'inganno.

E riflette sui motivi per cui il Cammino ha sempre bisogno di mistificazioni. strumentalizzazioni e menzogne per andare avanti.

sabato 13 dicembre 2014

Caspita se mangiano!

Arrivano i kikos!
Ho avuto la sfortuna di entrare nel Cammino all'età di vent'anni, ero un giovane spensierato amante della vita che mi si stava presentando davanti, pieno di amici, sportivo, musicista, cresciuto in parrocchia, approdai nel Cammino su invito del parroco, dato che suonavo la chitarra e lo aiutavo in chiesa nell'animazione della Santa Messa. Fu lui ad invitarmi alle cosiddette "catechesi" dato che era nata una comunità neocatecumenale ma non avevano chi suonasse la chitarra. Io fui molto onorato di partecipare visto che era frequentato già da persone che avevo visto in chiesa tutte le domeniche, mi fu molto facile aggregarmi: non entrai perché ero un lontano, non entrai perché drogato, non entrai perché disperato, non entrai perché la mia era una famiglia disastrata, entrai solo per curiosità per continuare la collaborazione con il mio parroco, perché vi conoscevo molte persone.

La mia fu una carriera fulminante: subito responsabile e di conseguenza "catechista", ero un neocatecumenale convinto, parlavo e suonavo l'itagnolo, già mi vedevo su di una piroga sul Rio delle Amazzoni, la comunità mi sosteneva in tutto e per tutto ed io mi votai alla mia comunità, abbandonai la vita che fino allora conducevo per dedicarmi al 100% al Cammino.

Il fatto di essere responsabile, durante una "convivenza" (riunione di catechisti regionali) a Porto San Giorgio, mi portò alla scoperta di una grossa menzogna da parte dei vertici del Cammino nei confronti di tutti noi che camminavamo.

Erano state fatte in una settimana ben due collette per gli "itineranti": fin qui niente di male ma, durante quella convivenza, quando si era seduti a tavola, si parlò di queste collette e alcuni dissero che avevano fruttato un miliardo e mezzo di lire. Io che ero un giovane pischello catechista, per entrare nel discorso, per sentirmi importante dissi: "Caspita se mangiano questi itineranti", mi fu risposto: "Ma che itineranti, è stato comperato un immobile a Roma di quattro piani".

Sentendomi tradito imbrogliato, da responsabile riferii il fatto alla mia equipe illudendomi di ottenere il loro sostegno. E invece no: i miei fratelli d'equipe invece di riflettere sull'accaduto mi denunciarono ai nostri "catechisti" che in modo subdolo e violento, con l'inganno, mi attirarono in casa di un fratello dicendomene di tutti i colori. Lo ripeto: con violenza, con urla da indemoniati (in casa mia non l'avrebbero potuto fare, i miei genitori di sicuro li avrebbero cacciati fuori di casa), mentre i miei fratelli di equipe erano lì immobili e impassibili, loro non volevano credere a quello che io ingenuamente avevo riferito loro, rimasero lì impassibili perché avevano bisogno di qualcuno in alto che mi smentisse, avevano bisogno di qualcuno che mi rendesse ridicolo, riconsolidasse le loro fondamenta che erano state scosse dalla mia notizia.

Badate bene che il catechista che mi torchiò come un nazista della Gestapo non disse mai che avevo mentito, ma che stavo facendo un grosso danno al Cammino, gratuitamente mi traumatizzarono dicendo che io annunciavo il "demonio", gratuitamente fui allontanato, gratuitamente fui emarginato, gratuitamente fui abbandonato... Tutto questo scosse tanto la mia sfera emotiva che quasi impazzii, cominciarono giorni bui di lotta con una voce che mi diceva di farla finita, che mi diceva come farlo e dove farlo, tutti i santi giorni per anni, la mia vita era completamente cambiata, la forza di affrontare quella "voce" non mi mancò mai anche perchè vivevo in una famiglia "solida" che mi fu vicina, però ho impiegato molti anni per vincere quella "voce".

Gli anni più belli della mia gioventù, bruciati, gettati al vento da un'orda di falsi profeti che avevano anche la faccia di bronzo di dirmi: "il Cammino non è per tutti"! Falsi ed ipocriti, io ero stato uno di loro e mi gettarono via come una carta straccia di una caramella.

Scrivo tutto questo perchè come dal titolo della pagina "Nel cammino i miei problemi si sono moltiplicati": ebbene io testimonio che per me nel "Cammino i miei problemi sono incominciati".

Nell'indifferenza totale di tutti i fratelli del Cammino.

Problemi che oggi ho felicemente risolto, dico sempre che sono nato due volte, stavo per buttare la mia vita ma sono rinato a nuova vita senza l'aiuto delle catechesi e del cammino, sempre dirò questa cosa nella speranza che possa aiutare qualcuno, uscire da una crisi come la mia "da solo" è stato molto duro e molto lungo, mi ha rubato gli anni più bella della mia gioventù, ero diventato uno zombie tanto che stavo per perdere anche il lavoro, ora sono felicemente sposato con prole, tutto è solo un brutto ricordo, per sette anni rinnegai la Chiesa fino all'incontro di un giovane prete diocesano che mi ricondusse all'ovile a cantare le lodi del Signore.
(da: Ex NC)

giovedì 11 dicembre 2014

Disonestà delle "catechesi iniziali" del Cammino

Orrida sala liturgica neocatecumenale in
un garage di una palazzina abusivo a Roma
Qui sotto, la risposta di C. ad un invito ad andare alle "catechesi" del Cammino.


Veramente ironici quelli che parlano delle catechesi (chiamiamole così) del cammino con l'aggettivo di "gratuità".

Nel cammino, nulla è gratis. Questo indipendentemente da cosa ne possa pensare io, nel bene o nel male, di questo movimento (o cammino, come diceva Carmen a Papa GPII).

Ora, il punto cruciale delle "catechesi iniziali" di Kiko è uno solo e molto banale: in quei 15 giorni non ti verrà mai detto cosa è veramente il cammino.

Qui, miei cari, siamo nel campo dell'onestà e della correttezza, non delle opinioni. Se si dicesse dal primo giorno:
- nel cammino non è ammessa una spiritualità fuori da quanto concordato da Kiko (matrimoni endogami, paternità irresponsabile, sacerdozio per i seminari RM, etc.),
- nel CN si dovrà dare una decima parte dei tuoi guadagni in perpetuo a partire da una certa tappa in poi,
- nel CN non potrai mai contraddire i tuoi c.d. "catechisti", etc. etc.

Se si dicesse così scapperebbero tutti!

Poi il solito discorso degli estremismi, per i nc non esiste la persona normale che va in Chiesa. Per loro o fai il cammino oppure, se sei un "giovane" devi essere un drogato, uno che butta la sua vita etc.

Sappiate che io ho visto personalmente vite che si sono distrutte nel cammino. E non sto affatto scherzando o esagerando!

Strane simbologie nelle
"opere" di Kiko Argüello
Avevo amici laureatisi con il massimo dei voti in matematica, in fisica e in ingegneria che facevano il cammino con me, li ho visti giovani abdicare il loro percorso lavorativo e umano per ritirarsi solo nella comunità, rimasti con famiglie numerose (cosa bella, intendiamoci! Ma deve essere voluta davvero e non perché un gruppo ti ci sprona), vivere senza slanci, senza il vero fervore cristiano.
Li ricordo perennemente insoddisfatti, che continuamente si lamentavano della croce della loro vita (ma chi ha realizzato quella "particolare vita"? Cristo o Kiko?).

Con me non attacca questo slogan NC, miei cari. Io quel bellissimo film l'ho vissuto davvero e non mi manca per niente, sappiatelo.