ESILARANTE E TRAGICO
a cura di "Bud Spencer"
Noiosa e poco originale la presentazione del card. Cañizares:
“libro che merita essere letto, bla, bla,… ha una grande ricchezza e sostanza ecc.”. Vedremo di che sostanza si tratta!
Chi fa la presentazione è il prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, questo è il primo motivo per ridere o piangere: il prefetto della congregazione che vigila sulla liturgia che fa la presentazione a un farneticante e rapsodico libercolo di Kiko Argüello.
Come se Borsellino avesse fatto la presentazione a un libro sulla legalità a Provenzano. L’opinione Kikiana sul cattolicesimo in queste pagine si fregia anche di un commento dell’Arcivescovo di Vienna.
Nella prima parte Kiko parla della sua vita, della sua conversione, in modo frammentario e poco lineare, non sistematico. La sua pochezza filosofica e teologica, malcelata da inutili citazioni di filosofi moderni, appare evidente in decine di passaggi. Inizia a manifestare il suo fideismo ritenendo erroneamente l’esistenza di Dio come oggetto di fede disprezzando le
"cinque vie" e la
Scolastica con un
“non mi servono”. Di punto in bianco decide di credere nell’esistenza di Dio cerca un prete che gli chiede se vuole confessarsi e questi dice no. Dunque la sua fede da cosa nasce? Chi gli annuncia il Vangelo?, non c’è una confessione, che -si sa- è il sacramento di chi si converte e cambia vita. È il puro sentimentalismo:
“ho sentito a un certo punto che Dio esiste”, e viene mandato a seguire il catechismo.
Kiko attesta di sua sponte che è stata sua
ferma intenzione di cercare punti di incontro fra la liturgia protestante e quella cattolica e che per lui è stato molto importante il periodo in cui ha studiato l’arte con i vertici del luteranesimo finlandese, francese e tedesco. Questa è l’estrazione culturale teologica e liturgica di Kiko e di chi lo segue e contraddistingue il cammino tragicamente ancora oggi. Kiko fa nascere il cammino fra i poveri e per mezzo dei poveri, ciò è certamente lodevole, la sua attenzione ai poveri nella sua fase giovanile, questa sua sensibilità lo motiva e lo porta avanti. Peccato però che nella prassi del Cammino negli statuti e nei direttori non esista e non compaia minimamente una dimensione di apostolato in questo senso verso i
poveri, gli ultimi, anzi il cammino attraverso le
decime è una eccellente macchina per fare soldi. Questo ci pare uno dei gravi controsensi della figura di Kiko e del suo cammino.
A Kiko piace la disputa, piace parlare di Gesù ai poveri, senza avere alcuna formazione e quindi alcuna idea di ciò che stia dicendo. “Aprivo la scrittura e predicavo il Vangelo”, così alla luterana, senza mandato, con il libero esame della Scrittura, come se non fosse scritto nella lettera di san Pietro che le Scritture non devono essere soggette a libera e privata interpretazione. Di solito la padronanza della dottrina dell’analogia – meglio detta la capacità di saper fare esempi efficaci e calzanti – è sicura garanzia di intelligenza brillante, dimostra sicura dottrina, e che chi le fa padroneggia l’argomento.
Non è il caso di Kiko. Nel suo “annunciare il kerygma”
manca di chiarezza, spesso incorre nell’
ambiguità, quasi sempre manca di prudenza e di tatto, perché decine e decine di minuti del suo passionale eloquio e del suo scritto
consistono in narrazione di situazioni di peccati altrui: questo comporta immettere ulteriore malizia nell’eventuale innocente ascoltatore e nel propagare gli scandali. E giù racconti di sodomìa, corna, stupri e rincara la dose dicendo:
è tutto vero eh! Questo significa non solo non aver visto neanche il colore di un libro di etica o di teologia morale, ma anche essere privo di ragione sapienziale e di buon senso.
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Cardinali alla Domus Galilaeae kikiana:
Simonis, Romeo, Cordes (a presiedere),
O'Malley, McCarrick, Pell, Urosa... |
La sua inadeguatezza culturale non lo ferma, perché lui per tutto il libro osa pontificare su temi a lui sconosciuti di teologia trinitaria, di metafisica, sull’essere, sul peccato originale. Questa è la parte
esilarante. Il suo stile di scrittura colloquiale e rapsodico, nonché il suo eloquio spesso violento, è sempre autoreferenziale: tanto è che le citazioni hanno il sapore di qualcosa di giustapposto, e non è solo un’impressione di chi legge.
L’altra enorme incongruenza fra ciò che Kiko ha vissuto e ciò che poi ha imposto nel cammino è per esempio la parte dove parla del Rosario a pagina 46 e dell’adorazione Eucaristica nella comunità religiosa: non hanno l’aria di qualcuno che gli ha suggerito di citare perché fuori dal contesto testuale,
ma sono realtà ancora tagliate fuori dal Cammino. In esso non esiste devozione eucaristica, non esiste devozione al Rosario, e più avanti Kiko dirà perché.
A pagina 87 Kiko ritiene che per “predisporre gli atei all’ascolto e quindi poi alla fede si fa appello al miracolo”
capovolgendo la norma evangelica che il miracolo presuppone la fede, infatti al miracolo si crede per fede. Ricordiamoci di Epulone a cui viene risposto: “Neanche se un morto risuscitasse crederebbe…” L’opposto di ciò che dice Kiko.
Non esiste modo più collaudato di farsi prendere in giro dai non credenti: parlar loro di miracoli. Da pagina 87 in poi diventa un libro di barzellette perché l'autore si lancia in funamboliche affermazioni e negazioni da capogiro. Vediamone qualcuna.
Kiko ritiene che per convertirsi è necessario esperire l’amore fra i battezzati, allora uno chiede il battesimo. Non farebbe una piega se non fosse che tutto ciò lo intenderebbe in modo esclusivo, cioè bandendo i preti, i simboli religiosi, e la chiesa, a cui l’uomo contemporaneo non crede più. Se avesse fatto teologia, o almeno fatto catechismo seriamente, saprebbe che non c’è battesimo senza Chiesa, senza simbolo, e senza prete. A pagina 89
risalta l’autoreferenzialità e il narcisismo dell’iniziatore e il settarismo del movimento. Per amare il prossimo, vivere il battesimo e testimoniare l’amore di Dio non è obbligatorio essere
“neokatekikos”.
Manca nel cammino la parte catechetica in cui si nutre questa fede… qualora ci fosse. Il
Kerygma, come lo chiamano loro, attiva la fede, la dona con l’ascolto ma poi va protetta, nutrita, l’anima va portata a perfezione ognuno secondo i propri carismi, ma questo è il dispositivo che manca, in quanto sono strumenti che mancano all’iniziatore. Che tradisce il suo volontarismo luterano in ogni minimo dettaglio del suo eloquio:
“Il Signore non ha permesso di sposarmi”… casomai
tu hai deciso di “non farlo…”
Il modo di considerare il peccato e la donna, da parte dell’iniziatore, si ripercuotono sul cammino stesso.
Équipe e catechisti itineranti fanno guerra psicologica ai giovani etichettandoli come falliti se non si sposano o non si fanno preti, ma sono in contraddizione: i catechisti itineranti sono né preti né coniugi con un esperienza di vita molto distante da quella di una coppia o di un sacerdote, non sono credibili né autorevoli in nessuno dei due contesti.
A pagina 94 dopo un groviglio di affermazioni contraddittorie si configura formalmente
l’eresia fideista contro il Vaticano I che dice il dogma è razionale e ragionevole pertanto va creduto.
“Credere che Gesù è il Signore –attesta Kiko–
non è una verità razionale”, e ribadisce che non è una questione razionale.
Ecco come si corrompe il popolo di Dio. In lingua italiana una cosa
"non razionale" è
irragionevole, e ciò che è irragionevole è
sciocco e non è da credersi.
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McCarrick ad un incontro neocatecumenale
(notare il "font Kiko" del cartello "New York") |
Al modo luterano Kiko esclude il vaglio della ragione al contenuto di fede. E questa è la parte dove vien da piangere se pensiamo che due cardinali (
Cañizares e
Schönborn) hanno firmato questo libro. C'è solo da augurarsi che non abbiano letto il libro. Ce n’è per tutti i gusti: a pagina 97 dà un esempio di libero esame della Scrittura, altra eresia. “Cristo è morto per tutti perché non vivano per se stessi”: allora cosa è vivere per se stessi? Kiko dice: “vivere per se stessi è cercare la propria felicità e questa è una cosa grave... un ragazzo va all’università cerca il lavoro e una ragazza e questo è un male grave, perché è causa del peccato originale”.
Kiko confonde la concupiscenza della carne con la felicità. San Paolo non intende affatto questo; vivere per se stessi è
vivere egoisticamente secondo la carne che fa guerra allo spirito, cioè un uomo con un solo orizzonte immanente. Antropologicamente il dire che la ricerca della felicità è un male è una
boiata. E tutta la catechesi di Kiko è fondata su questa sua opinione.
Kiko spazia dall’esegesi neotestamentaria farlocca alla antropologia filosofica inventata. A pagina 99 attesta che il peccato nel mondo è entrato in seguito a un dialogo fra il serpente e la donna. Bene. E ci chiediamo: il suo
dialogo con i gerarchi luterani durante i suoi studi cosa hanno introdotto nella Santa Romana Chiesa?
Il cammino, dono dei luterani ai cattolici. Pagina 101: per Kiko “persona deriva da
prospon, maschera, e pertanto ognuno di noi ha un ruolo nella vita e ciò che ci costituisce persona è essere per qualcuno e se qualcuno ci dà un essere.” Dunque la mia domanda è questa: alle persone divine, chi glielo dà il ruolo e l’essere? O non sono persone? E l’elemento costitutivo dell’essere persona non è certo l’essere in relazione come lui sostiene. Dio poi dà l’essere a ogni singola creatura, dunque siamo tutte persone? Si parla di teologia di un certo livello; il trattato
De Deo Creante non è una ricetta "sale e pepe quanto basta" ma esige un linguaggio rigoroso.
A pagina 103 mette in bocca a San Giovanni Paolo II: “se un battezzato lascia di praticare e decide di essere lui a dirigere la propria vita, il suo battesimo rimane come morto”. Io penso che neanche
strafatto di crack Wojtyła avrebbe detto una cosa simile.
Bugiardo! Non dice questo. (cfr.
Catechesi sul battesimo, Angelus del 3/3/2002) Di quella frase è evidente la paternità esclusiva kikiana, in quanto è ragionevole ritenere che Kiko pensi che un battezzato praticante non decida della propria vita,
riappare l’eresia volontarista di Lutero: “sola grazia”.
Le farneticazioni di Kiko seguono fino a
identificare lo stato d’animo di abbandono di un coniuge tradito col vero e proprio inferno. La delusione del coniuge tradito per lui è un esperienza che
fa passare dall’essere a non essere! Il coniuge tradito non esiste più! Si ostina a parlare da filosofo non capendone una ceppa. Dio solo ha il potere di dare l’essere… con questa sua esaltazione del dolore del coniuge abbandonato da un motivo alle stragi familiari che avvengono generalizzando e azzardando diagnosi da psicologo criminale descrivendo casi di omicidio. Qua mi sono fermato e mi sono chiesto:
che ci azzecca col kerygma, ma che stai a dì?! Il problema grave è la ricerca della felicità che è un male dovuto al peccato originale, questa è l’opinione di Kiko
in totale discordanza con l’antropologia cristiana e il trattato sulla beatitudine dell’Aquinate.
Un altro passaggio palesemente giustapposto nello stile e nel contenuto con tanto di citazione del
CCC 406 è a pagina 106: “Noi non siamo protestanti, il peccato originale non ha distrutto interamente la natura umana”. Ah! Allora l’hai studiata la teologia, Kiko, o no?
Oppure te l’hanno fatto aggiungere come una pezza peggiore del buco? A casa mia si dice
excusatio non petita, accusatio manifesta! Il peccato ha come ricompensa l’inferno, alta escatologia.
Andiamo avanti, io non so se se le inventa la notte: pagina 109, “Non tutti gli uomini sono figli di Dio. Tutti sono creature divine.”
Una baggianata più grossa dell’altra, forse che alcuni hanno una natura umana diversa dagli altri? Tutti gli uomini sono figli di Dio, i Cristiani godono una
'figliolanza speciale' per i meriti che Cristo ci ha guadagnato con la sua morte e resurrezione. Ci sono diversi tipi di figliolanza, ma tutti siamo figli di Dio.
Kiko è specialista di bestemmie logiche e di contraddizioni semantiche come questa. Una cosa o è divina o è creata, non si dà un terzo. Dire creatura divina in teologia in una catechesi a migliaia di persone, è come dire “rutto elegante” o “acqua asciutta”.
Una contraddizione in termini in cui Kiko non incorrerebbe se avesse studiato almeno il catechismo. Ma lui si ostina a parlare di cose che non sa con noiosa pertinacia e con dissacrante superficialità.
Sulla questione politica e sociale, della giustizia sociale, Kiko ha le posizioni delle sette protestanti pentecostali e dei testimoni di Geova: il mondo e la politica sono del diavolo, principe di questo mondo, qui vince sempre il demonio, nazismo, comunismo, ateismo. Così certifica la sua ignoranza vergognosa della storia della chiesa e del monumentale e poderoso magistero di Giovanni Paolo II sulla
dottrina sociale e di come la Chiesa, sia sempre stata in 2000 anni paladina della giustizia sociale, basti citare Montesinos, De Vitoria, Las Casas, studiosi dello
Ius gentium dell’Aquinate e questi vengono prima di Marx. Per non parlare della
Rerum Novarum e di tutto ciò che è seguito, fino ad Aldo Moro. Ma questo è arabo per Kiko e i suo catechisti. Caro Kiko, un cattolico è tenuto a scendere in politica e può fare la differenza e ciò è lodevole.
Prepariamoci alla
castroneria più grossa del libro che metterei in grassetto. È un po’ come un pilota di formula uno che confonde un rettifilo con un curva, uno che in teologia confonde natura divina con grazia.
“Il battesimo conferisce la natura divina” e
due cardinali hanno commentato e presentato ‘ste boiate! Ricordiamoci del gran prefetto di congregazione che attesta che questo è libro di grande ricchezza e sostanza o è più ignorante di Kiko o è in mala fede delle due una. Kiko mostra disprezzo e nausea per la devozione popolare, compresa quella eucaristica, e per il Santo Rosario. Un’accozzaglia di termini Kikiani
“catechesi seria”, “Kenosis”, “esperienza di morte ontica”... 40 anni che tutti quelli usciti da questa catena di montaggio parlano con questi termini bizzarri, a parte questo, non è rara nella sua foga la tendenza ad essere pericolosamente ambiguo su argomenti delicatissimi di fede e morale. “
Per amarti Dio non ha bisogno che tu sia buono che lasci la tua amante.” Adesso, chi ha studiato 10 anni di filosofia e di teologia ed è “del mestiere”, sa che probabilmente - e speriamo voglia dire - che Dio ci ama per primo con i nostri peccati…
Sì, ma detto ai poveri delle favelas, alla gente che non è “del mestiere” potrebbe suonare come: “
continua ad andare a letto con la tua concubina, che tanto Dio ti ama così come sei”. Un po’ come il
volemose bene e l’
ammore che trionfa su tutto che serpeggiano nella Chiesa oggi.
Ovviamente nei suoi sproloqui non esiste la differenza fra peccato mortale o veniale o peccati diversi da quelli sessuali: per Kiko son tutti sessuali e mortali. La terza catechesi è il trionfo del narcisismo e dell’autoreferenzialità: si rivolge ai presenti dicendo che lui è un
angelo e che gli farà delle domande e i presenti dovranno rispondere, e si lancia in considerazioni improbabili di teologia trinitaria. A pagina 118, cito testualmente, dice: “La verità di relazione di amore è un dono preternaturale, la verità è la relazione di amore fra le persone trinitarie”
(sic!), io ancora ignoro cosa volesse intendere. E sfido chiunque a dare un senso compiuto in italiano. E poi: la verità è una relazione? Ma sa cos’è
Veritas e
relatio nella Scolastica? Più avanti dice che la “Natura è relazione di amore” quindi la verità è la natura?
Phisys=Aletheia? Neanche l’assessore di Zelig si potrebbe esprimere peggio, è un incrocio fra Palmiro Cangini e Cetto Laqualunque. E questo parla a centinaia e centinaia di migliaia di adepti di ogni lingua e cultura in questi termini, e non solo, decide del destino, della vocazione, della vita, di decine di migliaia di catechisti, seminaristi e presbiteri! Ai confini della realtà! Io sono il vostro angelo, Dio vi guarda quando guardate la pornografia e via farneticando.
A pagina 122 arriva l’altra mazzata azzardando un esegesi personalissima del discorso della montagna dove allude alla
parvità di materia nel sesto comandamento e, di sua sponte, la estende anche al quinto!
Farneticando che se tu detesti una persona sei reo di omicidio! Dimostra di non sapere cosa sono le fonti della moralità! Eppure decide e impone a famiglie e fidanzati dei
diktat morali. Ogni tanto insieme ai numeri e alle statistiche tronfiamente ostentati di migliaia di vocazioni, eserciti di presbiteri, si dovrebbero affiancare
gli eserciti di persone in psicoterapia, le famiglie spaccate e i fiumi di fuoriusciti che hanno avuto la vita avvelenata dai gerarchi neocat. Dà lezioni di morale e di esegesi a seconda di come si alza la mattina, è sconvolgente!
Giù ancora con l’antropologia Kikiana secondo cui la ricerca del bene e della felicità è un male. Quando sappiamo tutti quelli che hanno l’Aquinate per maestro che è una costante antropologica, naturale, l’uomo tende al bene per natura, ma no, per lui è qualcosa che lo tiranneggia che lo schiavizza: antropologia luterana. Esempi stucchevoli sulle prostitute di Roma, sulle carceri -spot per Pannella - e poi rivolgendosi ai coniugi, lui che non è sposato e non sa cosa sia la teologia, dice: “Lo Spirito Santo ti aiuta a lavare i piatti”. Andiamo avanti nell’estenuante lettura qui Kiko dice dove sarebbe il caso evangelizzare, nelle zone dove c’è forte devozione popolare cioè dove hanno già la fede e nelle zone secolarizzate.
Allora ha l’intenzione di sostituire col cammino la devozione popolare? Il Kerygma non è da annunciare a chi ha già la fede, lì devi catechizzare e formare le coscienze, cose che i neokatekikos non sono in grado di fare perché ignoranti.
A pagina 134 altro furto intellettuale: associare alle comunità neocat l’intuizione e il successo del “cortile dei gentili” partorita dal genio profetico di Benedetto XVI per giustificare il loro operare fuori e parallelamente alla parrocchia. Ah! seconda
excusatio non petita: “Non vuol dire che vogliamo sostituire le parrocchie”.
Questo libercolo esilarante e tragico ad un tempo si conclude nel peggiore dei modi dando conferma di molte teorie sul cammino. Pagina 135 si intitola
nuovi segni per l’uomo moderno. Se il mio tono può essere stato pretestuoso e canzonatorio, qui abbiamo Kiko che afferma determinate cose serie e tristi. Inizia con una
bugia colossale, cioè senza il minimo riscontro di fonti attesta che “oggi nel mondo l’uomo ha perso il senso del sacro”: a noi come a chi studia antropologia, risulta l’esatto opposto, noi sappiamo che l’uomo è per natura religioso e aperto al senso del sacro. È aperto al sacro chi cerca Dio, è aperto al sacro chi cerca se stesso o il demonio. Smentisce la posizione kikiana l’allarme di tutti gli esorcisti che dichiarano l’aumento vorticoso di sètte visto l’esponenziale aumento di adepti a massoneria, sette luterane, tdg, sataniche, new age, yoga, reiki... Ognuna di queste con simbologie, riti e obbedienze precise e catalogate. Perché assumere altri simboli da altre realtà?
Secondo lui non si può evangelizzare attraverso simboli religiosi di fede cristiana come una cattedrale, perché i non credenti hanno pregiudizi. È ignominioso, detto da un sedicente artista, disprezzare le cattedrali medievali.
Ci vogliono nuovi segni che tocchino l’uomo moderno, dice Kiko, dunque smantelliamo i simboli del cattolicesimo: ecco perché vogliono celebrare al modo loro e mai in chiesa. Dov’è finito lo spirito di cortile dei gentili di cui si fregiava poco fa? Ci adattiamo ai peccatori e ai pagani rinunciando ai nostri simboli per far contenti i lontani. Non sa Kiko che il vero stile del cortile dei gentili è dialogare di fede con l’ausilio della ragione, come la chiesa insegna da 2000 anni. Come lui vuole dialogare smantellando la propria identità cattolica e simboli cattolici si chiama
luteranizzazione, oppure
sottomissione, che in arabo si pronuncia
islam.
La domanda è: quanto hanno influito su Kiko gli studi di liturgia fatti dalla scuola ereticale luterana? L’altare poi è uno e non tre come lui attesta, anzi dice “l’altare è l’eucaristia” (sic).
L’eucaristia è un sacramento e non è un altare. Il corpo di Cristo e Dio stesso e non è “divinizzato” come dice lui, da qui si coglie la confusione sulla presenza reale che ha. L’altare è
alter Christus nel senso che è Cristo stesso, ed è uno non possono essere tre. L’altare, solo per analogia è croce e trono. Nella tradizione cristiana non esistono che il talamo e l’altare. E l’altare, poi, non è tavola dove si mangia. Né la mensa della famiglia, né il talamo degli sposi è consacrato dal vescovo, e l’altare viene baciato prima di usarlo perché contiene le reliquie dei santi martiri, caro Kiko, solo l’unico altare lo è.
Per concludere:
Onore a padre Zoffoli, teologo silenziato, azzerato e calunniato perché ha criticato il Cammino apertamente senza essere mai confutato da alcun katekikos.
Nota a margine: lo pseudonimo "Bud Spencer" è dovuto alle mazzate (teologicamente parlando) che l'autore, anonimo lettore di questo blog che ci ha inviato l'articolo, ha menato di santa ragione sul delirante libercolo autocelebrativo di Kiko, libro che i neocatecumenali hanno dovuto obbligatoriamente comprare pagandolo più del prezzo di copertina.