Partiamo da questa diagnosi della situazione liturgica di Goffredo Boselli (monaco di Bose) tratta da uno scritto dal titolo
"I presbiteri e la trasmissione del senso della liturgia. La liturgia oggi tra stanchezza, tentazione del formalismo e ricerca dello spettacolare"Da alcuni anni le chiese che sono in occidente, e in tra queste anche la chiesa italiana, hanno preso coscienza che negli ultimi decenni è venuta creandosi una certa frattura nella trasmissione della fede. Si constata che tra la generazione che ha vissuto il passaggio decisivo del Concilio e la generazione dei credenti nati a riforma conciliare avvenuta vi è un vuoto che ha in parte pregiudicato la trasmissione dei contenuti essenziali della fede. Questo spiega, almeno in parte, la ragione per cui molte chiese locali in Italia hanno scelto in questi ultimi anni di lavorare sul tema dell’educare alla fede, specie i più giovani. Una scelta che indica la necessità di rimediare alla mancata trasmissione della fede e, al tempo stesso, la volontà di riavviarla.
All’interno di questo quadro complessivo i vescovi italiani, nei già citati orientamenti pastorali affermano, come abbiamo visto, che oggi uno dei principali problemi è il venir meno della trasmissione del vero senso della liturgia cristiana. Questo tentativo di analisi della vita della liturgia oggi prenderà le mosse su questa valutazione che, in quanto offerta dai vescovi, possiede un alto valore ecclesiale e un’indiscutibile autorevolezza. Scrivono i vescovi: “Nonostante i tantissimi benefici apportati dalla riforma liturgica del concilio Vaticano II, spesso uno dei problemi più difficili oggi è proprio la trasmissione del vero senso della liturgia cristiana. Si costata qua e là una certa stanchezza e anche la tentazione di tornare a vecchi formalismi o di avventurarsi alla ricerca ingenua dello spettacolare. Pare, talvolta, che l’evento sacramentale non venga colto. Di qui l’urgenza di esplicitare la rilevanza della liturgia quale luogo educativo e rivelativo, facendone emergere la dignità e l’orientamento verso l’edificazione del Regno. La celebrazione eucaristica chiede molto al sacerdote che presiede l’assemblea e va sostenuta con una robusta formazione liturgica dei fedeli. Serve una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini”(n. 49).
Oggi si assiste ad un vero e proprio paradosso: quei giovani ai quali si propongono liturgie spettacolari e celebrazioni di massa, in realtà sono alla ricerca di una maggiore interiorizzazione della relazione con Dio anche attraverso una liturgia più contemplativa.[Finalmente! Resta tuttavia da stabilire cosa si contempla!] I presbiteri sono per primi chiamati a interpretare, dare risposta a questo segnale proveniente soprattutto dai giovani. Questo lavoro di discernimento richiede anche vigilanza, educazione che significa anche correzione. In ogni caso, la risposta a questa domanda appare inderogabile, diversamente per le prossime generazioni di cristiani l’alternativa sarà una vita spirituale extraliturgica che plasmerà cristiani senza liturgia.[Se la liturgia è il culmine e la fonte della fede, a cosa siamo arrivati?]
I presbiteri si troveranno così a fare i conti e a gestire una nuova forma di devotio, in questo caso non più moderna ma una devotio post-moderna. Un segno, talvolta preoccupante, di questa nuova forma di devotio è l’attuale esaltazione, anche da parte di teologi e liturgisti, dei sentimenti, degli affetti e delle emozioni, ai quali i giovani sono molto sensibili. [sembra parli proprio del rito neocat e, se si constata una nuova "forma di devotio" non può non individuarsi la riconosciuta 'rottura con la Tradizione] La conoscenza e l’intelligenza umana sono certamente abitate da una componente affettiva ed emozionale. Una componente certo necessaria anzi indispensabile dell’esperienza umana. Tuttavia occorre vigilare attentamente all’esaltazione del sentimento e dell’emotività a scapito dell’interiorizzazione, dell’intelligenza spirituale e della fatica dell’appropriazione personale dei contenuti e dei significati della liturgia.[importantissimo; ma occorre vedere che cosa si interiorizza!] La liturgia cristiana pur non esaurendosi nella razionalità è pur sempre un loghiké latreian, un culto secondo ragione (cf. Rm 12,1). I facili sentimenti e gli affetti superficiali, a lungo andare, non nutrono la vita del credente che invece ha bisogno del cibo solido della parola di Dio e dell’eucaristia, i quali costituiscono il nutrimento del cristiano. La liturgia cristiana è molto raramente e solo in situazioni straordinarie fonte di emozioni forti. Chi frequenta con regolarità l’eucaristia domenicale, domenica dopo domenica, anno dopo anno, per una vita intera, non cerca l’emozione forte, ma la consolazione profonda capace di rinsaldare e fortificare una fede spesso messa alla prova. Cerca la speranza certa che viene dal perdono dei propri peccati. Cerca la fede salda che viene dalla parola dell’evangelo e, infine, cerca la carità sincera che viene dalla comunione al corpo di Cristo.[La fede salda prima ancora che da quanto ricordato viene dalla partecipazione consapevole e quindi actuosa a ciò che ACCADE nella Liturgia, prima ancora di comunicarsi al Corpo del Signore; e la Redenzione operata dal Suo sacrificio?] Chi prega la liturgia delle ore più volte al giorno conosce la fatica della fedeltà e sa che quell’intima consolazione dello Spirito è dono raro da accogliere dopo aver sperimentato tanta aridità e tanta stanchezza. [senza il Sacrificio autentico - che esso è loghiké latreian - l'aridità e la stanchezza ci sommergeranno sempre e ogni altra pratica va ad esso ricondotta]
In questa situazione i presbiteri sono chiamati a riacquisire il valore dell’interiorizzazione del contenuto della liturgia, unita alla riscoperta di un’atmosfera più orante e contemplativa come condizione, certo non unica ma fondamentale, affinché la liturgia possa continuare ad essere luogo di trasmissione della fede.
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Padre Augé,
che ha pubblicato l’articolo sul suo blog sottolinea
una differenza nel modo di affrontare il problema nell’universo Tradizionale. Le cause di ciò che qui (il blog messainlatino,
che ha ripreso l’articolo con sue annotazioni)
viene chiamata "catastrofe liturgica postconciliare" sono analizzate in modo diverso, e anche le terapie indicate sono diverse. Si può essere d'accordo su una situazione difficile (io non la chiamerei "catastrofica"), ma in disaccordo sulle cause che hanno condotto a questa situazione e sulle terapie da applicare per ristabilire la normalità.E’ purtroppo ormai evidente che la diagnosi e la terapia sono diverse perché corrispondono a diverse ecclesiologia e teologia. Questo dimostra che la Chiesa ha ereditato la spaccatura esistente al momento del concilio e da questo perpetuata, nonché successivamente esasperata dalla ideologia dominante post-conciliare.
Se persino i progressisti stanno riconoscendo la serietà del momento - che sia catastrofe o che sia crisi poco importa, purché se ne esca -, vuol dire che i nostri rilievi non erano infondati come qualcuno voleva farci credere. Il problema, anche ora che la presa di coscienza si va facendo più generale e ineludibile, è su cosa intendersi, se molti Fondamenti della nostra Fede sembrano bypassati?
Incontrarsi nel Nome del Signore Gesù non basta, perché è il Suo Volto che resta deturpato da un certa ecclesiologia e teologia post-conciliari. Ovviamente questo non è irrilevante (anche le confessioni protestanti conoscono il Signore) perché implica l'autenticità del rapporto personale e comunitario con Lui e l'autenticità del culto da rendere a Dio, che è la funzione della Chiesa e da cui soltanto può scaturire la comunione - che è nel Signore - e tutte le Grazie escatologiche che ne derivano.
E' quella spaccatura che va sanata e da lì occorre ripartire: "continuità" dice il Papa; ma con cosa? Con la Tradizione, il Magistero Perenne che possono essere riformulati, ma solo eodem sensu eademque sententia e non stravolti, come invece è avvenuto. E il dramma e lo sconcerto è che non riusciamo più ad intenderci, ma non è solo questione di parole: è che usiamo un linguaggio diverso perché è vero che lex orandi lex credendi e poi vivendi. A Rito diverso corrisponde Fede diversa. Ben lo sapeva Lutero... non a caso Romano Amerio parla di "Variazioni (di essenza?) nella Chiesa cattolica nel XX secolo"
Tra le terapie suggerite dal monaco, sulla falsariga dell’analisi dei vescovi, ho trovato scritto "meno parole e più Parola"
c'è da rimanere basiti.
A parte che sembra uno slogan, ma il Signore, il Figlio di Dio Vivente, morto e risorto per noi, che attende le nostre risposte e il nostro sì di tutta la vita e di ogni momento, che nell'Eucaristia si fa Presente e che è una Persona Viva che entra nel nostro essere e nelle nostre vite viene riduttivamente identificato con la Parola, che è sempre Lui - su questo siamo d'accordo - ma non rende la concretezza e la realtà dell'incontro vivo e vero con Lui come Persona, ma soprattutto di quello CHE ACCADE durante l'Eucaristia!
Ci rendiamo conto?
Dalla conclusione di Boselli: Sono oltremodo convinto che i presbiteri delle chiese che sono in Italia abbiano oggi più di ieri le capacità, le possibilità e gli strumenti per percorrere questo cammino di conversione personale ed ecclesiale.
capacità, possibilità, strumenti... e il Signore Gesù CROCIFISSO, prima ancora che Risorto? E il Suo Sacrificio espiatore e redentore prima ancora del Convito fraterno?
E la nostra offerta in Lui con Lui e per Lui?
Se non è da lì che si riparte, non si va da nessuna parte.
Piccolo commento del testo dei Vescovi:
Nonostante i tantissimi benefici apportati dalla riforma liturgica del concilio Vaticano II,
vogliamo scherzare? giammai prendere in considerazione che le cause della crisi possano derivare dalla nefasta riforma della liturgia, che neppure possiamo chiamare conciliare perché non sancita direttamente dalla costituzione dogmatica!
spesso uno dei problemi più difficili oggi è proprio la trasmissione del vero senso della liturgia cristiana.
affermazione grave che rispecchia il nocciolo del problema e non può non lasciare sullo sfondo i "tantissimi benefici"
Si costata qua e là una certa stanchezza e anche la tentazione di tornare a vecchi formalismi o di avventurarsi alla ricerca ingenua dello spettacolare.
Il richiamo ai "vecchi formalismi" denota il disprezzo congenito verso la Liturgia di sempre ma anche la completa IGNORANZA dei suoi significati;
nella "ricerca ingenua dello spettacolare" viene riconosciuto l'indulgere alla sensazionalità in luogo che alla 'sostanza', all'apparire invece che all'essere. Andrebbe rispolverato il discorso delle 'essenze'!
Pare, talvolta, che l’evento sacramentale non venga colto. Di qui l’urgenza di esplicitare la rilevanza della liturgia quale luogo educativo e rivelativo, facendone emergere la dignità e l’orientamento verso l’edificazione del Regno.
che discorso squisitamente 'tecnico'! Sembra la relazione per un consiglio di Amministrazione, più che un fatto di fede che ha bisogno di essere 'accesa' da qualcuno che l'ha scoperta e la vive in un evento come la Liturgia che lo sorpassa, ma che gli è familiare!
La celebrazione eucaristica chiede molto al sacerdote che presiede l’assemblea e va sostenuta con una robusta formazione liturgica dei fedeli.
'formazione liturgica' che significa? Non è che sia il sacerdote Presidente dell'Assemblea che non celebra, ma accoglie e vive, devono conoscere chi è il vero Celebrante e cosa fa e cosa ACCADE e quali sono le indicibili conseguenze?
Serve una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini”(n. 49).
Esprimono sorpresa e meraviglia per la "tentazione di tornare a vecchi formalismi", ma non si accorgono che quello che propongono è qualcosa di nuovo ancora, diverso dall'attuale, citando elementi che appartengono alla 'forma' dell'Antico Rito, che nulla ha a che fare con il formalismo ma è esperienza di Fede viva sedimentata nei secoli. Invece, il loro, sempre "formalismo" è, perché la "perenne Alleanza di Dio con gli uomini" non deve essere 'narrata' ma lasciata operare quello che significa. E come possono l'invocata bellezza e semplicità, essere veicolo del mistero, se ne sono stati diluiti o cancellati segni e significati fondamentali, uno a caso: il Sacrificio di Cristo sulla Croce?