mercoledì 29 luglio 2009

Distacco dal Magistero e sue conseguenze

Su Zenit del 27 luglio scorso viene data notizia che il prof. McInerny, tra i più grandi studiosi di San Tommaso, ha appena pubblicato il saggio “Vaticano II. Che cosa è andato storto?” (Fede & Cultura, 91 pagine, 11,00 Euro) nel quale analizza la crisi del nostro tempo in relazione al Concilio sottolinenado che i teologi del dissenso dicono di fare appello al Vaticano II. “Ma nulla nei documenti del Concilio giustifica la loro posizione”. McInerny precisa inoltre le posizioni di coloro che tentarono di indebolire l’autorità del Pontefice durante il Vaticano II e narra di come i dissidenti hanno organizzato una sorta di magistero parallelo nel dopo Concilio. E' questa confusione ed aperta ribellione culminata con l’opposizione alla Enciclica Humanae Vitae che ha indebolito la Chiesa e generato la crisi di vocazioni e di perdita di fede.

Da allora il dissenso è diventata un'abitudine e alcuni teologi hanno incitato alla disobbedienza generando una crisi di autorità.

La Santa Sede ha cercato di risolvere il dissenso con un Sinodo straordinario nel 1985, con una professione di fede e il giuramento di fedeltà degli insegnanti cattolici nel 1989, con il Catechismo nel 1992, con la Veritatis Splendor del 1993 e con la lettera apostolica Tuendam Fidem del 1998. Quest’ultima lettera apostolica ha fatto del dissenso una violazione del diritto canonico e ha minacciato sanzioni ai dissidenti.

Ma la vera soluzione alla crisi di autorità, secondo il saggio di McInerny si trova negli argomenti ed in particolare nel riconquistare gli insegnamenti magisteriali del Concilio.

Il filosofo statunitense conclude invocando una conversione di cuori, e cita il capitolo della costituzione dogmatica Lumen Gentium sulla Beata Vergine Maria quale Madre della Chiesa. Mc Inenrny conclude affermando che “Sarà seguendo i desideri di Maria come furono comunicati ai bambini di Fatima che la promessa del Vaticano II sarà mantenuta”.

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Purtroppo finché l'attività di "governo" nella Chiesa non viene esercitata nella sua pienezza, ciò consente ad un laico come Kiko Arguello di dare ai suoi adepti direttive non conformi agli insegnamenti della Chiesa, mentre si permette tuttora che i sacerdoti del Cammino NC continuino ad obbedire a lui ed ai suoi catechisti invece che al Papa, mentre gli insegnamenti e le prassi anomale sono diffuse nelle parrocchie a tutti i cattolici che hanno la ventura di aderire a questo movimento settario, che non si definisce neppure movimento perché rivendica una sua identità connessa con una non meglio identificata "attività apostolica".

E allora la grave crisi vissuta dalla Chiesa del nostro tempo è ben lontana dalla sua soluzione, anche perché non viene data alla Liturgia, culmine e fonte delle nostra fede, la dignità ed il ruolo che merita e si continua a tollerare un rito sincretistico pieno di 'innovazioni' introdotte da un laico qualunque solo in virtù di una sua conversione non meglio approfondita, dal momento che egli è portatore di una teologia e conseguente rivelazione giudeo-luterano-gnostica. Chi ancora non ne conoscesse la documentazione può fare tutte le domande che vuole

domenica 26 luglio 2009

La religione civile dei cardinali

Mi ha molto colpito questo articolo a firma di Ernesto Paolozzi, apparso su La Repubblica del 16 luglio e ripreso da alcuni blog radicali, su uno dei quali ho postato la riflessione che troverete dopo il testo dell'articolo

Non vi è alcun dubbio che, nella Chiesa italiana, vi sia un nuovo, importante fermento al cospetto di una crisi tangibile, per certi aspetti veramente profonda. In molte città, e fra queste Napoli e Milano in prima fila, i cardinali da tempo conducono battaglie di carattere civile. Se Tettamanzi si prova ad arginare, a Milano, le ventate razziste sollevate dal leghismo, a Napoli Sepe prova a confrontarsi col mondo degli emarginati nostrani. Nella comunità cattolica è aperto ormai un confronto su quella che alcuni definiscono la religione civile, intesa come unica possibilità di salvezza di una Chiesa che, altrimenti, sembra avere esaurito il suo ruolo. Personalmente, per quello che vale, concordo con chi afferma che non è possibile ridurre la complessità della religiosità alla sola questione dell'impegno sociale e civile. La Chiesa, svolgendo un ruolo sia pure nobile e fondamentale, di puro impegno politico, finirebbe in poco tempo col confondersi con tante altre istituzioni che svolgono e svolgeranno un ruolo analogo. In poche parole, la Chiesa non esaurisce il suo compito nel porsi al fianco dei poveri e dei negletti. Per quanto umana e importante sia tale funzione. Essa copre un orizzonte più vasto: quello della fede, innanzitutto, del bisogno, autentico, di rivolgersi alla divinità, di affidarsi al sacro. Copre l'orizzonte esistenziale e individualissimo strettamente legato alla condizione umana, quello nel quale ci si interroga sul destino profondo di ogni fragile creatura. Ma c'è un altro spazio che la Chiesa copre assieme, naturalmente, alla filosofia, alla cultura, alla politica. Quello spazio che definirei etico-politico, che si nutre della fede come dell' impegno civile, che, attraverso l'identificazione dei valori, elabora modi e stili di vita, comportamenti concreti da attuare e promuovere nella vita quotidiana. È in questo luogo, mi sembra di poter dire, che si consuma parte dell'attuale crisi. Per due motivi almeno: uno di carattere generale, l'altro più legato alla contingenza politica. Nel primo caso, si avverte una Chiesa del divieto, del no, della mancanza di pietà e di generosità nei confronti dei peccatori: una Chiesa quasi ossessionata dalle questioni legate al sesso o, più in generale, ai cosiddetti problemi della bioetica. Non è un caso che il cardinal Martini, voce autorevole come poche, abbia riproposto con grande forza la questione del divorzio invocando addirittura un Concilio. Sembra che la Chiesa abbia smarrito quel senso di accoglienza paterna, benevola, umanamente generosa nei confronti del suo popolo, per cui stride l'impegno civile verso poveri e disagiati rispetto all' inappellabile rigorismo mostrato nei confronti degli omosessuali, dei cosiddetti diversi. Se tale condizione si paragona poi al concreto operare nei confronti della politica quotidiana, la contraddizione si rileva ancora più eclatante. Una Chiesa così rigorosa, come nel caso Englaro o nei confronti dei divorziati, che poi sembra distratta o, quantomeno, divisa di fronte al paganesimo ostentato da una parte della classe politica italiana. Si dirà che i laici non possono invocare il principio di laicità dello Stato in alcuni casi e in altri l'intervento della Chiesa, a seconda delle loro convenienze politiche. Per essere chiari: nel caso Englaro deplorare l'ingerenza della Chiesa, nel caso Berlusconi invocarla. È una giusta obiezione, da accogliere pienamente perché è la stessa che rispettosamente si deve muovere alle istituzioni religiose. Un paese sfiduciato e quasi atterrito come il nostro, città come Napoli e Milano ormai snaturate e senza identità, hanno bisogno di politica ma anche di impegno civile e religioso. La religione non è superstizione, non è strumento per regnare nell'ordine, è una dimensione intima e profonda, e anche pubblica perché indica un orizzonte comune: si nutre di generosità e costanza.
Ernesto Paolozzi (la Repubblica)

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Bene la prima parte, tutto esatto e condivisibile perché non è la "religione civile" che forma le coscienze e nutre i cuori e le anime, ma la "fede viva" che indica e rende possibile il comportamento retto, eticamente sano e giusto.

Non è la Chiesa che impone divieti, dicendo alcuni "no": ma "la legge naturale" e, ancor più luminosamente, i Consigli evangelici nonché quelli che vengono chiamati 10 Comandamenti, ma in realtà sono "Dieci Parole per la Salvezza", che più che legge, sono rivelazione del Progetto di Dio per l'uomo.

Se la Chiesa stigmatizza dei comportamenti che portano l'uomo 'fuori' dal progetto di Dio, non è essa a porre dei divieti, ma ad ergersi custode della Verità nel ricordarli e, insieme al peccatore - che essa accoglie per il perdono e la Redenzione che ne scaturisce, che implica Trasformazione - non accoglie il peccato.

Il problema del nostro tempo è che si è perso il senso del peccato come distacco da Dio e conseguente morte spirituale e smarrimento del senso della sua vita dell'uomo. Generosità vera non è essere indulgenti e quindi accogliere il peccato insieme al peccatore, perché la Carità non può mai essere separata dalla Verità e anche dalla Giustizia. E' difficile, certamente, e rende la risposta dell'uomo - cioè la sua responsabilità nei confronti della Vita - più seria e impegnativa, ma è qui che si gioca il suo futuro e quello dell'umanità tutta.

I Cardinali, più che preoccuparsi di questioni politiche e sociali, dovrebbero preoccuparsi di più di custodire e diffondere la Verità che 'indica' quel che è Bene per l'uomo singolo e per l'umanità intera, senza costringere, perché l'uomo è libero di scegliere.

Ma non bisogna mai smettere di "Annunciare" la Persona Vivente che rende possibile la vera "scelta per la Vita", cioè il Signore Gesù che - guarda caso - è l'unico Nome che i Cardinali, nel riempirsi la bocca di etica di giustizia e di socialità, non nominano mai... forse è proprio Questo che si sono perso

sabato 25 luglio 2009

"LE STRADE DI SION SONO IN LUTTO"...

“Le strade di Sion sono in lutto, nessuno si reca più alle sue feste; tutte le sue porte sono deserte, i suoi sacerdoti sospirano, le sue vergini sono afflitte ed essa è nell'amarezza. I suoi avversari sono i suoi padroni, i suoi nemici sono felici, perché il Signore l'ha afflitta per i suoi misfatti senza numero; i suoi bambini sono stati condotti in schiavitù, sospinti dal nemico. Dalla figlia di Sion è scomparso ogni splendore; i suoi capi sono diventati come cervi che non trovano pascolo; camminano senza forze davanti agli inseguitori”. (Lam 1,4-6)

"Sensus fidelium" Mercoledì 22 Luglio 2009 http://querculanus.blogspot.com/

Scrive p. Scalese …Dopo aver letto il mio post di ieri su Mons. Bugnini e la riforma liturgica, Giovanni mi ha mandato il seguente messaggio, di cui lo ringrazio vivamente:

«Fa un po' di senso apprendere che chi ha pensato la Messa, che oggi abbiamo e che per mezzo di voi sacerdoti celebriamo, sia stato un massone. Ma non sembra l'unico caso di commistione tra Chiesa e massoneria.
Qualche tempo fa analizzammo con il mio sacerdote, formatosi in San Giovanni Rotondo, l'architettura della nuova chiesa di San Pio, per intenderci quella di Renzo Piano, perché avevamo capito che il suo architetto era un massone e che la chiesa da uno studio accuratissimo di alcune persone ... era piena zeppa di simboli massonici. Stavamo per partire con una petizione per chiedere alla Santa Sede di proibire il Santo Sacrificio all'interno di quel luogo. Ma poi ci siamo fermati. Perché ci siamo resi conto, forse sbagliando, che in ogni caso dentro quella chiesa c'era e c'è Gesù in anima, corpo e divinità e, ammesso che il diavolo si possa essere impadronito delle progettazione, ormai in quel tabernacolo c'è Gesù il Signore dell'universo che vince sempre su tutto, fosse anche Satana.
La stessa cosa in fondo credo valga per la Santa Messa: l'ha composta un massone? Va bene, ma al centro c'è sempre il grande mistero del Sacrificio di Cristo e le mani di voi sacerdoti che fate diventare il pane e il vino Corpo e Sangue di Gesù. E questo è ciò che conta».

Mi sembra una testimonianza molto bella di quel sensus fidelium, che permette alla Chiesa di ritrovare l'orientamento nel bel mezzo della tempesta. Che nella Chiesa ci possano essere delle contaminazioni, non è la prima volta che avviene: è sempre avvenuto, fin dagli inizi della sua storia. Che si debba stare in guardia e mettere in guardia dai pericoli, lo richiedono le virtú della prudenza e della carità. Ma poi, alla fine, dobbiamo starcene tranquilli, sapendo che Cristo ha vinto il mondo (Gv 16:33) e che "le porte degli inferi non prevarranno" (Mt 16:18)…

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Quindi dovremo starcene tranquillamente fermi e in pace vedendo ogni giorno il Corpo e Sangue del Signore disprezzato da personaggi che si fanno chiamare Vescovi, Sacerdoti o laici, senza cervello, massoni e modernisti (che è la stessa cosa), tanto nel tabernacolo c’è il Signore, tanto nelle chiese progettate dai massoni con l’avallo della CEI ci sta la presenza del Signore, tanto nell’Eucaristia bistrattata dai massoni, durante il Concilio vaticano II, c’è presente il Signore, tanto nell’Eucaristia inventata da Kiko Arguello, con l’appoggio di codesti consacrati, il Signore si fa presente, (secondo Kiko) come se venisse sotto forma di un carretto di fuoco, la Mercabà.

Si ha la sensazione che questo sia un modo smidollato di vivere la fede : “[23]Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio: [24]appena s'è osservato, se ne va, e subito dimentica com'era. [25]Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla”. (San Giacomo): cioè agendo contrariamente all’Amore dovuto a Colui che ha dato se stesso, morendo sulla Croce, non si dà nessun Culto a Dio ma si diventa, sia che si sappia o che non si sappia disprezzatori di questo Amore. Forse chi manifesta questi pensieri si è dimenticato quella Parola di Dio che dice “[14]Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? [15]Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano [16]e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? [17]Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa. [18]Al contrario uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede. [19]Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demoni lo credono e tremano! [20]Ma vuoi sapere, o insensato, come la fede senza le opere è senza valore? [21]Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull'altare? [22]Vedi che la fede cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne perfetta [23]e si compì la Scrittura che dice: E Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato a giustizia, e fu chiamato amico di Dio. [24]Vedete che l'uomo viene giustificato in base alle opere e non soltanto in base alla fede.” (San Giacomo).

Ma quale bella testimonianza di “sensus fidelium”può mai essere questa?? Noi cristiani, pagati a caro Prezzo dal Sangue del Redentore, come stiamo diventando, con il rilassamento nella fede, che ci è stata donata da Dio? Si sta’ permettendo di far diventare la Casa del Signore una spelonca di ladri …

…La stessa cosa in fondo credo valga per la Santa Messa: l'ha composta un massone? Va bene, ma al centro c'è sempre il grande mistero del Sacrificio di Cristo e le mani di voi sacerdoti che fate diventare il pane e il vino Corpo e Sangue di Gesù. E questo è ciò che conta».

Quindi questo che anno fatto durante il Concilio Vaticano II certi personaggi va bene?

Lo storico documento, in cui duecento Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II, per iniziativa di Mons. Antonio de Castro Mayer e Mons. Geraldo de Proenca Sigaud, chiesero una nuova condanna del marxismo in sede conciliare, non valse a nulla.
Già in pieno Concilio si realizzava uno dei messaggi più sconcertanti di Fatima, ribadito in altri luoghi, che vedeva cardinali contro cardinali ecc.!
Sempre in occasione del Concilio Vaticano II, 510 arcivescovi e vescovi di 78 Paesi, sottoscrissero una petizione nella quale chiesero al Papa di consacrare il mondo intero, e in modo speciale ed esplicito la Russia e le altre nazioni dominate dal comunismo, al Cuore di Maria, ordinando che, secondo il volere della Madonna a Fatima, in unione con lui e nello stesso giorno, lo facessero tutti i vescovi dell'orbe cattolico. Il documento venne consegnato direttamente a Paolo VI da mons. Geraldo Proenca Sigaud, arcivescovo di Diamantina, durante un'udienza privata, il 3 febbraio 1964. L'iniziativa vedeva tra i suoi patrocinatori il vescovo di Campos, mons. Antonio de Castro Mayer.
La petizione non fu accolta e, ancora una volta, il messaggio di Fatima subiva l'affronto del Clero. Sarebbe stato compreso meglio dopo il 1960: verissimo! I misfatti conciliari sono la prova più evidente del suo contenuto: la crisi all'interno della Chiesa!
Tutto il resto dipende da questo punto fondamentale: la Consacrazione non fatta secondo le richieste, non consente al Cielo di mantenere la promessa di conversione della Russia e, di conseguenza, i castighi saranno dovuti alle libere scelte dell'uomo. L'apostasia, poi, è uno dei segni più importanti che annunciano il ritorno di Gesù. Alla fine non tutto il male verrà per nuocere: il trionfo è garantito dal messaggio di Fatima stesso e, con esso, seguirà il periodo di pace.
Paolo VI purtroppo fu sordo verso quei Padri conciliari che chiedevano un documento che condannasse esplicitamente il comunismo; egli, tramite mons. Glorieux, non permise che l'istanza giungesse sui tavoli della commissione conciliare. (la faccia nascosta della storia pag 195-196)…

ASSURDO.

“Sono preoccupato per il messaggio che ha dato la Beata Vergine a Lucia di Fatima. Questo insistere da parte di Maria, sui pericoli che minacciano la Chiesa, è un avvertimento divino contro il suicidio di alterare la fede, nella Sua Liturgia, la sua Teologia e la Sua anima … Sento tutt’intorno a me questi innovatori che desiderano smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa, rigettare i suoi ornamenti e farla sentire in colpa per il Suo passato. Verrà un giorno in cui il mondo civilizzato negherà il proprio Dio, quando la Chiesa dubiterà come dubitò Pietro. Sarà allora tentata di credere che l’uomo è diventato Dio. Nelle nostre chiese, i Cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li aspetta. Come Maria Maddalena, in lacrime dinanzi alla tomba vuota, si chiederanno: Dove lo anno portato? ” Pio XII

“Ma il Figlio dell’Uomo quando tornerà sulla terra, troverà ancora la fede?” Se continuiamo così, penso di no. Probabilmente l’unico modo che resta al Signore per scuotere la nostra fede assopita, sarà di quello di far accadere i castighi contenuti nei segreti dati da Maria SS. prima a Fatima ed attualmente a Medijugorje.

Gianluca Cruccas.

domenica 19 luglio 2009

Se l'uomo non ha più bisogno del Redentore

Mi perdonerà il mio amico se riprendo e pubblico come 'seguito' all'articolo precedente questo suo commento, riferito a contesti settari analoghi al Cammino NC

""Dobbiamo ritenere allora che questo sia il più recente frutto nutriente offerto alle anime dall’epoca conciliare giunta ad età matura, ma temo che non sarà l’ultimo, se la dura prova che Dio permette alla sua Chiesa dovrà continuare ancora almeno per una generazione, temo.

Il colmo è che, per far fronte alla deplorevole carenza di sacerdoti e nuove vocazioni che si lamenta, [fanno eccezione quelle -indotte- del Cnc e quelle -autentiche- della FSSPX] ho sentito qualcuno, anche tra i preti, sostenere che il rimedio da indicare alla Chiesa è proprio quello di abbandonare definitivamente le nostalgie per i “ritualismi” tradizionali ed immergersi nell’umanità bisognosa, perchè Dio “vuole misericordia e non sacrifici” ...e giudicherà i cristiani come servi fedeli solo in base al suo andare incontro al prossimo bisognoso, e nient’altro.

Ma quello che il fedele confuso si chiede è se sia necessario appartenere alla Chiesa e annunciare e vivere il Vangelo, per realizzare questo amore per l’umanità. In fondo, basterebbero tante iniziative e istituzioni filantropiche puramente umane, non ti pare?

E che bisogno avrà più, tra poco, l’uomo, di celebrare la S. Messa, se il Santo Sacrificio non è più sentito e considerato essenziale alla sua salvezza, e se le opere buone e caritatevoli verso il prossimo le può compiere con le proprie forze e capacità?
Quale bisogno avrà di un Salvatore?
Da che cosa dovrà essere salvato, se l’uomo PUO’ essere buono e dare amore col suo stesso cuore, così com’è?

Allora certamente, naturalmente, potrà anche arrivare a progettare e realizzare un Nuovo Ordine Mondiale, dove sarà il solo gestore e distributore di buone iniziative “umanitarie” per il bene di tutti…senza nessun riferimento ad un Bene assoluto e trascendente: Dio sarà completamente escluso da ogni decisione, da ogni orizzonte, politico e sociale.
Tutto il bene possibile l’uomo potrà fare per l’uomo, QUI E ORA.
L’uomo salva se stesso, l’uomo magnifica se stesso.
Non serviranno più sacerdoti, come vedi.
E la S. Messa non servirà più, e neanche la Chiesa: roba superata.
Non vi pare?""

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Vorrei aggiungere una postilla, sviluppando il titolo, perché mi sembrano delinearsi due pericoli, nella Chiesa:
  1. Il diffondersi di un "umanesimo cristiano", che toglie mordente alla necessità di Salvezza attingibile solo dal Signore e da ciò che ha fatto e continua a fare per noi fino alla fine dei tempi, realizzato attraverso un'azione sociale ispirata, sì, al cristianesimo, ma enfatizzando l'azione dell'uomo e le sue scelte etiche, trascurando che esse - quelle autenticamente "opere della Fede" di Paolina memoria -, non sono scelte solo umane, ma sono inscritte in un cuore credente dal Signore con la Sua Grazia Santificante attinta nella Chiesa attraverso la vita Sacramentale e dall'Eucaristia in primis. C'è un ordine ed un intervento soprannaturali che rischiano di rimanere sullo sfondo e quindi di essere bypassati
  2. Un "messianismo elitario", qual è in realtà il Cammino neocatecumenale (anche se non mancano consorterie variamente connotate, come gli altri movimenti). Ma il primo è il più subdolo e pericoloso inganno che rischia di minare la Chiesa dal suo interno, col far credere che è il Cammino la vera Chiesa rifondata dal Vaticano II, ma in realtà costruita e tuttora in evoluzione sul fondamento della nuova rivelazione giudeo-luterano-gnostica dei suoi iniziatori, veicolata attraverso catechisti-ripetitori-esecutori, al cui potere assoluto sono assoggetteate le vite e le scelte delle persone e perfino i sacerdoti. E la salvezza non è nella Redenzione operata dal Sacrificio e dalla Risurrezione del Signore Gesù (l'unica ed essere enfatizzata a loro modo senza aggancio al Sacrificio Redentore), ma nell'appartenenza senza remore al Cammino, alle condizioni del totale assoggettamento alle sue strutture, ai suoi metodi, ai suoi insegnamenti, alla pratica del suo rito

sabato 18 luglio 2009

Diagnosi della situazione liturgica

Partiamo da questa diagnosi della situazione liturgica di Goffredo Boselli (monaco di Bose) tratta da uno scritto dal titolo "I presbiteri e la trasmissione del senso della liturgia. La liturgia oggi tra stanchezza, tentazione del formalismo e ricerca dello spettacolare"

Da alcuni anni le chiese che sono in occidente, e in tra queste anche la chiesa italiana, hanno preso coscienza che negli ultimi decenni è venuta creandosi una certa frattura nella trasmissione della fede. Si constata che tra la generazione che ha vissuto il passaggio decisivo del Concilio e la generazione dei credenti nati a riforma conciliare avvenuta vi è un vuoto che ha in parte pregiudicato la trasmissione dei contenuti essenziali della fede. Questo spiega, almeno in parte, la ragione per cui molte chiese locali in Italia hanno scelto in questi ultimi anni di lavorare sul tema dell’educare alla fede, specie i più giovani. Una scelta che indica la necessità di rimediare alla mancata trasmissione della fede e, al tempo stesso, la volontà di riavviarla.
All’interno di questo quadro complessivo i vescovi italiani, nei già citati orientamenti pastorali affermano, come abbiamo visto, che oggi uno dei principali problemi è il venir meno della trasmissione del vero senso della liturgia cristiana. Questo tentativo di analisi della vita della liturgia oggi prenderà le mosse su questa valutazione che, in quanto offerta dai vescovi, possiede un alto valore ecclesiale e un’indiscutibile autorevolezza. Scrivono i vescovi: “Nonostante i tantissimi benefici apportati dalla riforma liturgica del concilio Vaticano II, spesso uno dei problemi più difficili oggi è proprio la trasmissione del vero senso della liturgia cristiana. Si costata qua e là una certa stanchezza e anche la tentazione di tornare a vecchi formalismi o di avventurarsi alla ricerca ingenua dello spettacolare. Pare, talvolta, che l’evento sacramentale non venga colto. Di qui l’urgenza di esplicitare la rilevanza della liturgia quale luogo educativo e rivelativo, facendone emergere la dignità e l’orientamento verso l’edificazione del Regno. La celebrazione eucaristica chiede molto al sacerdote che presiede l’assemblea e va sostenuta con una robusta formazione liturgica dei fedeli. Serve una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini”(n. 49).

Oggi si assiste ad un vero e proprio paradosso: quei giovani ai quali si propongono liturgie spettacolari e celebrazioni di massa, in realtà sono alla ricerca di una maggiore interiorizzazione della relazione con Dio anche attraverso una liturgia più contemplativa.[Finalmente! Resta tuttavia da stabilire cosa si contempla!] I presbiteri sono per primi chiamati a interpretare, dare risposta a questo segnale proveniente soprattutto dai giovani. Questo lavoro di discernimento richiede anche vigilanza, educazione che significa anche correzione. In ogni caso, la risposta a questa domanda appare inderogabile, diversamente per le prossime generazioni di cristiani l’alternativa sarà una vita spirituale extraliturgica che plasmerà cristiani senza liturgia.[Se la liturgia è il culmine e la fonte della fede, a cosa siamo arrivati?]

I presbiteri si troveranno così a fare i conti e a gestire una nuova forma di devotio, in questo caso non più moderna ma una devotio post-moderna. Un segno, talvolta preoccupante, di questa nuova forma di devotio è l’attuale esaltazione, anche da parte di teologi e liturgisti, dei sentimenti, degli affetti e delle emozioni, ai quali i giovani sono molto sensibili. [sembra parli proprio del rito neocat e, se si constata una nuova "forma di devotio" non può non individuarsi la riconosciuta 'rottura con la Tradizione] La conoscenza e l’intelligenza umana sono certamente abitate da una componente affettiva ed emozionale. Una componente certo necessaria anzi indispensabile dell’esperienza umana. Tuttavia occorre vigilare attentamente all’esaltazione del sentimento e dell’emotività a scapito dell’interiorizzazione, dell’intelligenza spirituale e della fatica dell’appropriazione personale dei contenuti e dei significati della liturgia.[importantissimo; ma occorre vedere che cosa si interiorizza!] La liturgia cristiana pur non esaurendosi nella razionalità è pur sempre un loghiké latreian, un culto secondo ragione (cf. Rm 12,1). I facili sentimenti e gli affetti superficiali, a lungo andare, non nutrono la vita del credente che invece ha bisogno del cibo solido della parola di Dio e dell’eucaristia, i quali costituiscono il nutrimento del cristiano. La liturgia cristiana è molto raramente e solo in situazioni straordinarie fonte di emozioni forti. Chi frequenta con regolarità l’eucaristia domenicale, domenica dopo domenica, anno dopo anno, per una vita intera, non cerca l’emozione forte, ma la consolazione profonda capace di rinsaldare e fortificare una fede spesso messa alla prova. Cerca la speranza certa che viene dal perdono dei propri peccati. Cerca la fede salda che viene dalla parola dell’evangelo e, infine, cerca la carità sincera che viene dalla comunione al corpo di Cristo.[La fede salda prima ancora che da quanto ricordato viene dalla partecipazione consapevole e quindi actuosa a ciò che ACCADE nella Liturgia, prima ancora di comunicarsi al Corpo del Signore; e la Redenzione operata dal Suo sacrificio?] Chi prega la liturgia delle ore più volte al giorno conosce la fatica della fedeltà e sa che quell’intima consolazione dello Spirito è dono raro da accogliere dopo aver sperimentato tanta aridità e tanta stanchezza. [senza il Sacrificio autentico - che esso è loghiké latreian - l'aridità e la stanchezza ci sommergeranno sempre e ogni altra pratica va ad esso ricondotta]

In questa situazione i presbiteri sono chiamati a riacquisire il valore dell’interiorizzazione del contenuto della liturgia, unita alla riscoperta di un’atmosfera più orante e contemplativa come condizione, certo non unica ma fondamentale, affinché la liturgia possa continuare ad essere luogo di trasmissione della fede.

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Padre Augé, che ha pubblicato l’articolo sul suo blog sottolinea una differenza nel modo di affrontare il problema nell’universo Tradizionale. Le cause di ciò che qui (il blog messainlatino, che ha ripreso l’articolo con sue annotazioni) viene chiamata "catastrofe liturgica postconciliare" sono analizzate in modo diverso, e anche le terapie indicate sono diverse. Si può essere d'accordo su una situazione difficile (io non la chiamerei "catastrofica"), ma in disaccordo sulle cause che hanno condotto a questa situazione e sulle terapie da applicare per ristabilire la normalità.

E’ purtroppo ormai evidente che la diagnosi e la terapia sono diverse perché corrispondono a diverse ecclesiologia e teologia. Questo dimostra che la Chiesa ha ereditato la spaccatura esistente al momento del concilio e da questo perpetuata, nonché successivamente esasperata dalla ideologia dominante post-conciliare.

Se persino i progressisti stanno riconoscendo la serietà del momento - che sia catastrofe o che sia crisi poco importa, purché se ne esca -, vuol dire che i nostri rilievi non erano infondati come qualcuno voleva farci credere. Il problema, anche ora che la presa di coscienza si va facendo più generale e ineludibile, è su cosa intendersi, se molti Fondamenti della nostra Fede sembrano bypassati?

Incontrarsi nel Nome del Signore Gesù non basta, perché è il Suo Volto che resta deturpato da un certa ecclesiologia e teologia post-conciliari. Ovviamente questo non è irrilevante (anche le confessioni protestanti conoscono il Signore) perché implica l'autenticità del rapporto personale e comunitario con Lui e l'autenticità del culto da rendere a Dio, che è la funzione della Chiesa e da cui soltanto può scaturire la comunione - che è nel Signore - e tutte le Grazie escatologiche che ne derivano.

E' quella spaccatura che va sanata e da lì occorre ripartire: "continuità" dice il Papa; ma con cosa? Con la Tradizione, il Magistero Perenne che possono essere riformulati, ma solo eodem sensu eademque sententia e non stravolti, come invece è avvenuto. E il dramma e lo sconcerto è che non riusciamo più ad intenderci, ma non è solo questione di parole: è che usiamo un linguaggio diverso perché è vero che lex orandi lex credendi e poi vivendi. A Rito diverso corrisponde Fede diversa. Ben lo sapeva Lutero... non a caso Romano Amerio parla di "Variazioni (di essenza?) nella Chiesa cattolica nel XX secolo"

Tra le terapie suggerite dal monaco, sulla falsariga dell’analisi dei vescovi, ho trovato scritto "meno parole e più Parola"
c'è da rimanere basiti.
A parte che sembra uno slogan, ma il Signore, il Figlio di Dio Vivente, morto e risorto per noi, che attende le nostre risposte e il nostro sì di tutta la vita e di ogni momento, che nell'Eucaristia si fa Presente e che è una Persona Viva che entra nel nostro essere e nelle nostre vite viene riduttivamente identificato con la Parola, che è sempre Lui - su questo siamo d'accordo - ma non rende la concretezza e la realtà dell'incontro vivo e vero con Lui come Persona, ma soprattutto di quello CHE ACCADE durante l'Eucaristia!
Ci rendiamo conto?

Dalla conclusione di Boselli: Sono oltremodo convinto che i presbiteri delle chiese che sono in Italia abbiano oggi più di ieri le capacità, le possibilità e gli strumenti per percorrere questo cammino di conversione personale ed ecclesiale.

capacità, possibilità, strumenti... e il Signore Gesù CROCIFISSO, prima ancora che Risorto? E il Suo Sacrificio espiatore e redentore prima ancora del Convito fraterno?
E la nostra offerta in Lui con Lui e per Lui?
Se non è da lì che si riparte, non si va da nessuna parte.

Piccolo commento del testo dei Vescovi:
Nonostante i tantissimi benefici apportati dalla riforma liturgica del concilio Vaticano II,
vogliamo scherzare? giammai prendere in considerazione che le cause della crisi possano derivare dalla nefasta riforma della liturgia, che neppure possiamo chiamare conciliare perché non sancita direttamente dalla costituzione dogmatica!

spesso uno dei problemi più difficili oggi è proprio la trasmissione del vero senso della liturgia cristiana.
affermazione grave che rispecchia il nocciolo del problema e non può non lasciare sullo sfondo i "tantissimi benefici"

Si costata qua e là una certa stanchezza e anche la tentazione di tornare a vecchi formalismi o di avventurarsi alla ricerca ingenua dello spettacolare.
Il richiamo ai "vecchi formalismi" denota il disprezzo congenito verso la Liturgia di sempre ma anche la completa IGNORANZA dei suoi significati;
nella "ricerca ingenua dello spettacolare" viene riconosciuto l'indulgere alla sensazionalità in luogo che alla 'sostanza', all'apparire invece che all'essere. Andrebbe rispolverato il discorso delle 'essenze'!

Pare, talvolta, che l’evento sacramentale non venga colto. Di qui l’urgenza di esplicitare la rilevanza della liturgia quale luogo educativo e rivelativo, facendone emergere la dignità e l’orientamento verso l’edificazione del Regno.
che discorso squisitamente 'tecnico'! Sembra la relazione per un consiglio di Amministrazione, più che un fatto di fede che ha bisogno di essere 'accesa' da qualcuno che l'ha scoperta e la vive in un evento come la Liturgia che lo sorpassa, ma che gli è familiare!

La celebrazione eucaristica chiede molto al sacerdote che presiede l’assemblea e va sostenuta con una robusta formazione liturgica dei fedeli.
'formazione liturgica' che significa? Non è che sia il sacerdote Presidente dell'Assemblea che non celebra, ma accoglie e vive, devono conoscere chi è il vero Celebrante e cosa fa e cosa ACCADE e quali sono le indicibili conseguenze?

Serve una liturgia insieme seria, semplice e bella, che sia veicolo del mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini”(n. 49).
Esprimono sorpresa e meraviglia per la "tentazione di tornare a vecchi formalismi", ma non si accorgono che quello che propongono è qualcosa di nuovo ancora, diverso dall'attuale, citando elementi che appartengono alla 'forma' dell'Antico Rito, che nulla ha a che fare con il formalismo ma è esperienza di Fede viva sedimentata nei secoli. Invece, il loro, sempre "formalismo" è, perché la "perenne Alleanza di Dio con gli uomini" non deve essere 'narrata' ma lasciata operare quello che significa. E come possono l'invocata bellezza e semplicità, essere veicolo del mistero, se ne sono stati diluiti o cancellati segni e significati fondamentali, uno a caso: il Sacrificio di Cristo sulla Croce?

venerdì 17 luglio 2009

Il particolare cammino dei neocatecumenali

Un'intervista tratta da “TERNI MAGAZINE” N°3/LUGLIO 2009 - PAG 37 (Spiritualità) www.ternimagazine.it IL PARTICOLARE CAMMINO DEI NEOCATECUMENALI
Intervistiamo uno stimato rappresentante del mondo cattolico della nostra città: Giovanni Morbidoni, laurea in lettere, studi teologici in corso, riguardo ai movimenti e alle nuove idee nate dopo il Concilio Vaticano 2.
Che cosa rappresentano questi nuovi fermenti post Conciliari, nella chiesa cattolica?
“Hanno rappresentato dopo anni di “fissità” una novità nella pratica religiosa, tornando alla freschezza del Vangelo, sempre attuale, con la novità di un Dio che entra prepotentemente nella storia di ognuno di noi. Con questi movimenti post Conciliari, la fede è divenuta un incontro concreto con Cristo, una chiamata alla quale il cristiano risponde coinvolgendo tutta la sua persona, accettando l’ingresso di Dio, attraverso Cristo, nella propria storia.
[Questa cosiddetta "fissità" non è altro che il pensiero del suo grande profeta, Kiko Arguello, che ripete questo concetto di 'presunta' fissità della Chiesa nelle sue catechesi aberranti, note al Vaticano da diversi anni, da questo corrette, ma purtroppo le correzioni non sono state accolte con la motivazione che sovvertivano l'identità del movimento e le catechesi continuano ad essere ripetute pressocché invariate da oltre 40 anni. Le affermazioni dell'Arguello sono tutte orientate a denigrare la Dottrina Cattolica, insinuando nelle coscienze delle persone che la Chiesa Cattolica per 1958 anni era completamente ferma. Quindi lo Spirito Santo avrebbe dormito aspettando lui. Per quanto riguarda il cosiddetto incontro personale con il Signore Gesù, che questa setta presenta, in realtà il CN presenta un Gesù secondo il pensiero totalmente distorto del suo fondatore, contaminato da giudaismi, sincretismi e molti elementi protestanti]
Quali sono questi movimenti?
“In questo movimento l’annuncio della parola è fondamentale, poiché dalla sua accoglienza cambia radicalmente la vita e l’ esistenza di ognuno di noi. Dall’ accoglienza della parola si inizia un cammino in Cristo, conoscendo a fondo anche la natura, umana, le proprie debolezze. Queste fragilità umane così riconosciute, diventano in Cristo un motivo di forza, cioè l’ uomo non è più ripiegato sui propri peccati, ma trova la forza di alzare lo sguardo verso Dio e la sua vita si colora di speranza. La vita del cristiano acquista una vivacità e una partecipazione diversa al mistero di Cristo e della chiesa, tutto ciò ben visibile durante le celebrazioni eucaristiche, ricche di canti, di musiche e della presenza reale del pane e del vino”.
[In queste comunità sicuramente si annuncia la Parola di Dio, ma il problema fondamentale è chi la interpreta e come poi la interpreta: in queste comunità infatti l'interpetazione è lasciata in mano - con criteri "fai da te" recentemente stigmatizzati anche dal Papa - ai catechisti laici, che sono meri 'ripetitori' degli insegnamenti e delle prassi imposti dall'iniziatore. Non certo ai sacerdoti, soprattutto se non "fanno" il cammino, i quali a loro volta vengono formati alla falsa dottrina del loro fondatore. Perciò, dall'accoglienza della Parola di Dio, che però è snaturata e falsificata proprio dai catechisti, scaturiranno purtroppo tutte le decisioni esistenziali dei singoli, presi nel laccio del CN, i quali devono acritica ed assoluta obbedienza (compresi i sacerdoti) agli onnipotenti catechisti. Da notare che arrivare ad affermare - proprio come Giovanni Morbidoni (catechista del CN) in questa intervista - che le cosiddette fragilità umane, che per il CN sono soltanto i peccati, diverrebbero in Cristo un motivo di forza, si avalla e si tramette un concetto totalmente protestante, quindi pernicioso e pericoloso per chi ascolta e mette in pratica questa dottrina. Da quel che afferma questo catechista del CN, si deduce che la vita del noecatecumeno acquista una nuova "vivacità" e una "partecipazione diversa al mistero di Cristo e della Chiesa"; il realtà la "vivacità" consiste nell'alleggerimento della coscienza dal senso della gravità del paccato come offesa a Dio e distacco dal Suo Progetto per noi e il peccato diventa addirittura "una forza" cioè l'occasione per sperimentare la Salvezza di Cristo indipendente dall'impegno della volontà (basta far parte del Cammino). Ma quello che presenta il CN non è il vero Gesù, ma un nuovo Cristo, di cui si nega possa essere per noi nemmeno un modello, in una "nuova Chiesa" fondata da Kiko come frutto del Concilio (recentemente legittimata con l'approvazione degli Statuti). La nuova economia della Salvezza che scaturisce dalla predicazione e della prassi NC è sancita dal loro Rito ancora rigorosamente a porte chiuse (le rare eccezioni sono fumo negli occhi per continuare a non cambiare nulla). Si tratta di quanto di più anomalo possa manifestarsi nella Chiesa, trattandosi di una pseudo liturgia sincretistica, fabbricata a tavolino dall'iniziatore in base alla sua personale teologia, i cui tratti sono emersi chiaramente anche nell'intervista in occasione dell'approvazione degli statuti. Quanto alle musiche e ai cantio sappiamo bene come sono martellanti, coinvolgenti e hanno l'effetto di destare l'emozione e non permettere il raccoglimento e l'interiorizzazione]
Il movimento è molto diffuso nella struttura della chiesa ?
“Nella nostra Diocesi è diffuso nelle parrocchie di S. Antonio, S.Giuseppe, Santa Maria a Campomicciolo, ma il movimento ha un respiro non solo locale o nazionale ma ha ormai valenza a livello mondiale. Le nazioni dove il movimento è più diffuso sono Italia e Spagna. Dal popolo neoecatecumenale sono nati inoltre una trentina di seminari denominati “Redemptoris Mater”, diffusi in tutto il mondo, per esempio sono attivi a Roma, Macerata, in America Latina, Africa, e in altri stati. I seminaristi provengono per la maggior parte dal cammino neoecatecumenale , i seminari sono affidati alla supervisione della Curia Romana, cioè dello stesso Papa , il quale è favorevole e benedice questo movimento di fede”.
[In realtà i seminari sono oltre 70 e i loro seminaristi DEVONO seguire l'iter formativo neocatecumenale. Per quanto riguarda l'uso che fanno del nome del Santo Padre, ciò non è altro che una conseguenza dell'approvazione degli statuti (peraltro anomali perché rimandano a catechesi non approvate e non pubblicate) e della benedizione ottenuta il 10 gennaio 2009 da parte del Papa che, insieme a incoraggiamenti ha richiamato espressamente la formazione diocesana per i Seminari e la comunione ecclesiale e la pastorale diocesana nella pastorale parrocchiale. Ma di questo ovviamente non si è tenuto alcun conto.]
Qual’è il pensiero del movimento rispetto al valore della famiglia e della vita umana?
“Il fondamento di tutto è l’ apertura alla vita , e così come , ricordando la parabola dei talenti, ognuno di noi ha ricevuto un dono, c’ è chi restituisce uno, chi due, chi cinque, secondo il valore che ha attribuito al dono ricevuto dal Signore”.
[In realtà il fondamento di tutto non è l'apertura alla vita, intesa come risposta evangelica ad una talento donato, ma l'intento dell'iniziatore di moltiplicare il popolo NC per due finalità: pubblicizzare il CN attraverso i grandi numeri (enfatizzati e sbandierati come frutti) e costituirsi come una forza (numerica) per imporre la propria presenza alal gerarchia ecclesiastica. Chi parla conosce anche il rovescio della medaglia, cioè la vera situazione delle famiglie all'interno del Cammino]
Quali sono gli altri movimenti post conciliari ai quali abbiamo accennato all’inizio della conversazione?
“Essi sono: associazioni come gli “scout”, la S. Vincenzo de Paoli, la Caritas , e diversi movimenti come: Rinnovamento dello Spirito, I Focolarini, gruppi di preghiera di P. Pio, gruppi che seguono i messaggi della Madonna di Medijugorje”.
Qui finisce l'intervista
_________________
Questi tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce. Infatti voi, che pur siete saggi, sopportate facilmente gli stolti. In realtà sopportate chi vi riduce in servitù, chi vi divora, chi vi sfrutta, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia. Lo dico con vergogna; come siamo stati deboli! (2Cor 11,13-15.19-2)

Thread originariamente inserito da
Cruccas Gianluca E Annarita Onofri, con i propri commenti.
Poi riveduto e corretto da mic.
I commenti non sono condivisi completamente dagli autori originali

mercoledì 15 luglio 2009

Grandi ritorni. "Iota unum" e "Stat veritas" di Romano Amerio


Citiamo testualmente da Sandro Magister:

ROMA, 15 luglio 2009 – Da domani fanno ritorno nelle librerie italiane, editi da Lindau, due volumi entrati tra i classici della cultura cattolica, il cui contenuto è in impressionante sintonia col titolo e col fondamento della terza enciclica di Benedetto XVI: "Caritas in veritate".

I due volumi hanno per autore Romano Amerio, letterato, filosofo e teologo svizzero scomparso nel 1997 a 92 anni di età. Un suo grande estimatore, il teologo e mistico don Divo Barsotti, ne sintetizzò così il contenuto:

"Amerio dice in sostanza che i più gravi mali presenti oggi nel pensiero occidentale, ivi compreso quello cattolico, sono dovuti principalmente a un generale disordine mentale per cui viene messa la 'caritas' avanti alla 'veritas', senza pensare che questo disordine mette sottosopra anche la giusta concezione che noi dovremmo avere della Santissima Trinità".

In effetti, Amerio vide proprio in questo rovesciamento del primato del Logos sull'amore – ossia in una carità senza più verità – la radice di molte "variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX": le variazioni che egli descrisse e sottopose a critica nel primo e più imponente dei due volumi citati: "Iota unum", scritto tra il 1935 e il 1985; le variazioni che lo portarono a porre la questione se con esse la Chiesa non fosse divenuta altra cosa da sé.

Molte delle variazioni analizzate in "Iota unum" – ma ne basterebbe una sola, uno "iota", stando a Matteo 5, 18 che dà il titolo al libro – spingerebbero il lettore a pensare che una mutazione d'essenza vi sia stata, nella Chiesa. Amerio però analizza, non giudica. O meglio, da cristiano integrale qual è, lascia a Dio il giudizio. E ricorda che "portae inferi non praevalebunt", cioè che per fede è impossibile pensare che la Chiesa smarrisca se stessa. Una continuità con la Tradizione permarrà sempre, pur dentro turbolenze che la oscurano e fanno pensare il contrario.

C'è uno stretto legame tra le questioni poste in "Iota unum" e il discorso di Benedetto XVI del 22 dicembre 2005 alla curia romana, discorso capitale per quanto riguarda l'interpretazione del Concilio Vaticano II e il suo rapporto con la Tradizione.

Ciò non toglie che lo stato della Chiesa descritto da Amerio sia tutt'altro che pacifico.

Benedetto XVI, nel discorso del 22 dicembre 2005, paragonò la babele della Chiesa contemporanea al marasma che nel IV secolo seguì al Concilio di Nicea, descritto da san Basilio, all'epoca, come "una battaglia navale nel buio di una tempesta".

Nella postfazione che Enrico Maria Radaelli, fedele discepolo di Amerio, pubblica in coda a questa riedizione di "Iota unum", la situazione attuale è paragonata piuttosto allo scisma d'Occidente, cioè ai quarant'anni tra il XIV e il XV secolo che precedettero il Concilio di Costanza, con la cristianità senza guida e senza una sicura "regola della fede", divisa tra due o persino tre papi contemporaneamente.

In ogni caso, riedito oggi a distanza di anni, "Iota unum" si conferma libro non solo straordinariamente attuale, ma "costruttivamente cattolico", in armonia col magistero della Chiesa. Nella postfazione Radaelli lo mostra in modo inconfutabile. La conclusione della postfazione è riprodotta più sotto.

Quanto al secondo libro, "Stat veritas", pubblicato da Amerio nel 1985, esso è in lineare continuità col precedente. Confronta la dottrina della Tradizione cattolica con le "variazioni" che l'autore ravvisa in due testi del magistero di Giovanni Paolo II: la lettera apostolica "Tertio millennio adveniente" del 10 novembre 1994 e il discorso al Collegium Leoninum di Paderborn del 24 giugno 1996.

Il ritorno in libreria di "Iota unum" e "Stat veritas" rende giustizia sia al loro autore, sia alla censura di fatto che si è abbattuta per lunghi anni su entrambi questi suoi libri capitali. In Italia, la prima edizione di "Iota unum" fu ristampata tre volte per complessive settemila copie, nonostante le sue quasi settecento pagine impegnative. Fu poi tradotto in francese, inglese, spagnolo, portoghese, tedesco, olandese. Raggiunse decine di migliaia di lettori in tutto il mondo. Ma per gli organi cattolici ufficiali e per le autorità della Chiesa era tabù, oltre che naturalmente per gli avversari. Caso più unico che raro, questo libro fu un "long seller" clandestino. Continuò a essere richiesto anche quando si esaurì nelle librerie.

La rottura del tabù è recente. Convegni, commenti, recensioni. "La Civiltà Cattolica" e "L'Osservatore Romano" si sono anch'essi svegliati. All'inizio del 2009 una prima ristampa di "Iota unum" è apparsa in Italia per i tipi di "Fede & Cultura". Ma questa nuova edizione del libro ad opera di Lindau, assieme a quella di "Stat veritas", ha in più il valore della cura filologica, da parte del massimo studioso ed erede intellettuale di Amerio, Radaelli. Le sue due ampie postfazioni sono veri e propri saggi, indispensabili per capire non solo il senso profondo dei due libri, ma anche la loro perdurante attualità. Lindau, con Radaelli curatore, ha in animo di pubblicare nei prossimi anni l'imponente "opera omnia" di Amerio.

Qui di seguito ecco un brevissimo assaggio della postfazione a "Iota unum": le considerazioni finali
Tutta la Chiesa in uno "iota" - di Enrico Maria Radaelli

[...] La conclusione è che Romano Amerio si rivela essere il pensatore più attuale e vivificante del momento. Con il garbo teoretico che contraddistinse tutti i suoi scritti, egli offre con "Iota unum" un pensiero molto costruttivamente cattolico, colmando uno spazio filosofico e teologico altrimenti incerto su interrogativi gravi.

Egli individua e indica che nella Chiesa una crisi c’è, ed è crisi che pare anche sovrastarla, ma mostra che non l’ha sovrastata; che pare rovinarla, ma non l’ha rovinata.

Individua poi e indica con chiarezza la causa prima di questa crisi in una variazione antropologica e prima ancora metafisica.

Individua e indica infine gli strumenti logici (iscritti nel Logos) necessari e sufficienti (eroicamente sufficienti, ma sufficienti) per superarla.

E tutto questo Amerio lo fa sviluppando un “modello di continuità” con la Tradizione, di ordinata e perciò perfetta obbedienza al papa, di intima adesione alla regola prossima della fede, che parrebbe chiarire in tutto come va intesa quella "ermeneutica della continuità" richiesta da papa Benedetto XVI nel discorso alla curia romana del 22 dicembre 2005 per mantenersi sicuri sulla strada della ragione, che è a dire sulla strada della salvezza, ossia sulla strada della Chiesa per perseguire la vita.

Romano Amerio: critico sì, discontinuista mai. Questo "modello di continuità" tutto ameriano attende solo di essere oggi finalmente riconosciuto, anzi, finalmente apprezzato. Chissà: magari persino seguìto, per il bene comune (teorico e pratico, filosofico ed etico, dottrinale e liturgico) della Città di Dio, con la semplicità e il coraggio necessari.

Se con l’uso di ambiguità e di contraddizioni si è riusciti a compiere una rivoluzione antropologica verso le più vane fantasie, tanto più si potrà compiere, e con meno sforzo, una più sana rivoluzione antropologica verso la Realtà, giacché è più facile essere semplici che essere complessi.

martedì 14 luglio 2009

QUANDO IL FONDATORE E'...TROPPO INGOMBRANTE...

Stralcio dall'intervista a P. Thomas Berg, ex Legionario di Cristo su caratteristiche del movimento che li accomunano al Cammino neocatecumenale. Tema: l'obbedienza e il tipo di 'morte a sé stessi': dai neocatecumenali definita "kenosi" e dai Legionari "immolazione"; ma, sostanzialmente, constatiamo si tratta della stessa cosa che porta agli stessi risultati: immaturità, dipendenza, chiusura!

D. – Quali sono le cose che lei pensa debbano cambiare nella cultura interna della Legione, specialmente legate al "voto di carità" recentemente abolito, il voto cioè di non criticare i superiori?

R. – Al centro dei seri problemi che riguardano la cultura interna della congregazione c'è un modo errato di comprendere e di vivere il principio teologico – in sé valido – secondo cui la volontà di Dio si manifesta al religioso attraverso il suo superiore. Il seminarista della Legione è erroneamente guidato a nutrire una esagerata concentrazione sulla "dipendenza" interiore dal superiore per virtualmente qualsiasi suo atto intenzionale (sia esplicitamente, sia in virtù di certe norme o autorizzazioni ricevute, sia in virtù di permessi abituali o presunti). Questo non è in armonia con la tradizione della vita religiosa nella Chiesa, né è teologicamente o psicologicamente appropriato. Comporta piuttosto una pericolosa soppressione della libertà personale (lontanissima dalla ragionata, ponderata e liberamente esercitata oblazione dell'intelletto e della volontà che lo Spirito Santo genuinamente ispira nelle istituzioni di obbedienza religiosa) e determina restrizioni non sane e non sante nella coscienza personale.

Inoltre, le norme della Legione che riguardano il "riferire", l'"informare", il "comunicare con", il "dipendere da" i superiori costituiscono un sistema di controllo e di conformità che ora deve essere considerato altamente sospetto, posto ciò che sappiamo di padre Maciel. In più esse ingenerano una nozione semplicistica e impoverita umanamente e teologicamente della volontà di Dio (il suo discernimento e manifestazione) che produce immaturità personale.

Più seriamente, la maniera di vivere entro la quale i Legionari praticano l'obbedienza è intrecciata con quel genere di indiscutibile sottomissione che in primo luogo ha consentito al culto della personalità di affermarsi attorno alla figura di Maciel, e poi ha coperto i suoi misfatti. I seminaristi della Legione sono essenzialmente allenati a sospendere la ragione nella loro obbedienza, a cercare un'intima totale conformità a tutte le norme e a resistere a ogni impulso interiore a esaminare o criticare le norme o le indicazioni dei superiori.

Certo, la motivazione prima che sta dietro a questa vita di obbedienza è l'ideale della totale "immolazione" di sé per amore di Cristo, in quanto incarnato nel vivere integralmente tutte le norme e le indicazioni dei superiori. Questa "immolazione" dell'intelletto e della volontà è nel cuore dell'"olocausto" che il Legionario è invitato a vivere per amore di Cristo e della Chiesa. Per quanto la motivazione sia valida – e generazioni di Legionari l'hanno seguita in buona fede – a lungo andare essa non solo si dimostra profondamente problematica, ma spiega anche il negativo cambiamento di personalità che molti, se non la gran parte dei Legionari subiscono nel tempo: la superficialità delle loro espressioni emotive, la mancanza di empatia e l'incapacità a relazionarsi normalmente con gli altri nei più vari contesti, la sensazione generale di condurre una vita "a parte", eccetera. Solo eccezionalmente i sacerdoti della Legione superano questo stato, ma solo grazie ai molti talenti e ai doni umani che essi portano con sé nella Legione.

domenica 12 luglio 2009

Che significa. "Davanti al Protagonista"?

L'Editrice Cantagalli pubblica il secondo degli "Strumenti per la Riforma", della collana benedettiana. E' un'antologia dei testi di Benedetto XVI che raccoglie il tesoro di pensiero liturgico da lui esposto fin dagli inizi e che si può sintetizzare proprio nel titolo dell'opera: la liturgia come un mettere se stessi e la Chiesa intera "Davanti al Protagonista".
È a partire dall’immagine della Sposa – anche attraverso una lettura magistrale di alcuni testi conciliari, permettendo di superare luoghi comuni che distorcono l’esperienza ecclesiale – che l’Autore racconta se stesso, presentandosi come impareggiabile teologo e come sacerdote vive del Mistero celebrato. Se al centro della riflessione c’è la Chiesa e la sua esperienza liturgica, egli non disdegna al contempo di rispondere alle critiche e neppure di giungere ad indicazioni pratiche. Con l’intento non di abolire la riforma di Paolo VI né di restaurare tout court la Messa di S. Gregorio Magno, ma inserendosi nel grande movimento liturgico degli ultimi due secoli, offre indicazioni pratiche per recuperare alcuni aspetti che sono indispensabili per vivere l’evento liturgico."
Finalmente appare proclamato a chiare lettere e ulteriormente ribadito come la celebrazione liturgica sia rilevante e vincolante per l'identità cattolica! Proprio l'unico 'luogo' e 'azione divino-umana' che garantisce l'inserimento concreto autentico e personale nella Grazia divina! Nella consapevolezza che il patrimonio di ritualità ereditato dal passato debba uscire dall'ombra in cui è stato relegato per oltre 40 anni e possa dispiegare tutta la sua fecondità anche in questo nostro tempo.
Il "complemento del titolo", Alle radici della Liturgia, già ci fornisce una prima chiave di accesso al contenuto racchiuso nel titolo - che, da solo, Davanti al Protagonista può rappresentare un enigma - e illumina la nostra comprensione, dicendoci: "Abbiamo dimenticato, o forse, tagliato le nostre radici. Torniamo ai piedi del Protagonista: il Signore crocifisso e risorto (non il sacerdote né l'assemblea) e, ai suoi piedi, sostiamo e adoriamo!"
Sorge spontanea una domanda: come potrà riconoscersi una comunità neocatecumenale celebrando il proprio rito in questi insegnamenti del Papa che trasmettono il succo della vera Tradizione Apostolica?

mercoledì 8 luglio 2009

8 Luglio: Motu proprio del Papa per l'Ecclesia Dei

Così inizia il Motu Proprio "Ecclesiae unitatem", emesso oggi dal Santo Padre:

1. Il compito di custodire l'unità della Chiesa, con la sollecitudine di offrire a tutti gli aiuti per rispondere nei modi opportuni a questa vocazione e grazia divina, spetta in modo particolare al Successore dell'Apostolo Pietro, il quale è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi che dei fedeli(1). La priorità suprema e fondamentale della Chiesa, in ogni tempo, di condurre gli uomini verso l’incontro con Dio deve essere favorita mediante l'impegno di giungere alla comune testimonianza di fede di tutti i cristiani.

[...]

E' l'atto che crea la struttura entro la quale saranno condotti i lavori comuni per raggiungere l'auspicata intesa sui punti dottrinali controversi, determinati dalle "variazioni" introdotte nella Chiesa per effetto di alcuni documenti conciliari e loro applicazione.

La mia sensazione - a giudicare anche dai comportamenti di molti sacerdoti e vescovi inquadrati più ideologicamente che teologicamente o per lo meno formati esclusivamente alla "Nouvelle Theologie", che sembra aver provocato cesure nella Tradizione giunta fino a noi dalla Chiesa Apostolica - è che il lavoro sarà complesso; ma tutto dipenderà dalla disponibilità degli interlocutori di "cercare insieme" la Verità rimanendo incardinati nel Magistero Perenne senza chiusure preconcette da nessuna parte

"Fuori" impazza il coro dei "servi sciocchi" della cultura egemone, che puntano il dito sulla Fraternità di S Pio X e sulla sua tuttora insoluta posizione canonica, con accenti sprezzanti e accusatori, sentendosi al sicuro dietro le loro numerose e potenti protezioni abilmente intessute negli ultimi 40 anni

martedì 7 luglio 2009

Per ricordare il 7 luglio

Amici,

sono passati, oggi, due anni dall'emanazione del Motu proprio che ha dissotterrato un tesoro inalienabile che "non poteva essere abrogato" e, pur nella grande difficoltà e povertà del momento presente, ringraziamo il Signore per questa che sarà un pietra miliare nella storia della Chiesa, un ritorno DOVUTO, bellissimo, impareggiabile. Siamo molto grati al nostro Papa Benedetto. Ad multos Annos!


Per festeggiare vi regalo due immagini del nostro Papa che celebra nel VO nel 1990 con la Fraternità di S. Pietro: quella inserita all'inizio riprende il momento della comunione e la successiva, il termine della S. Messa.

Inserisco questa piccola 'perla' pescata qualche minuto fa sul blog della rai [qui]

Nelle chiese, diciamo, tradizionali, l’altare non è solo il luogo santo dove si svolgono i Misteri, ma è il corpo stesso di Cristo ed il tabernacolo è, nella mente “retrograda” vecchia di duemila anni, il punto fondamentale e centrale di tutta l’architettura di ogni chiesa, cattedrale, basilica o semplice pieve di campagna. Spostare il tabernacolo significa, usando la simbologia corrente, decentrare la funzione che invece deve essere centrale. Abbiamo così, nelle chiese moderne ed aggiornate, altari spogli, vere e proprie tavole protestanti vuote della presenza reale di Cristo e che nulla hanno a che fare con la fede cattolica. C’è bisogno di conoscere le proprie radici per poter crescere nella vera fede, come leggiamo nelle opere di tanti santi: la Messa tridentina è per il credente una radice solida che non conosce gli smottamenti del mondo, e quando sembrava ormai collocata nell’oblio della storia questa sua nuova giovinezza ne dimostra, invece, tutta la sua validità. Antonello Cannarozzo

domenica 5 luglio 2009

C'è una "Lettera aperta" anche per noi

LETTERA A CHI HA COMBATTUTO IL CAMMINO NEOCATECUMENALE PER ANNI
Carissimi, forse ancora non lo sapete (è un po’ strano, però …), ma in data 11 maggio 2008 sono stati approvati definitivamente gli "Statuti del Cammino" insieme al decreto del "Pontificium Consilium pro laicis” in data 11 maggio 2008. Vi faccio notare che all’art. 2 si dice letteralmente

Art. 2
[Attuazione del Cammino Neocatecumenale]
In conformità al desiderio del Papa Giovanni Paolo II: «Auspico che i Fratelli
nell’Episcopato valorizzino e aiutino – insieme con i loro Presbiteri – quest’opera per la nuova evangelizzazione, perché essa si realizzi secondo le linee proposte dagli iniziatori, nello spirito di servizio all’Ordinario del luogo e di comunione con lui e nel contesto dell’unità della Chiesa particolare con la Chiesa universale»,

6 il Cammino Neocatecumenale si attua nelle diocesi:
1°. sotto la giurisdizione, la direzione del Vescovo diocesano7 e con l’assistenza, la guida8 dell’Équipe Responsabile internazionale del Cammino, o dell’Équipe responsabile delegata, di cui all’art. 3, 7º;
2º. secondo «le linee proposte dagli iniziatori», contenute nel presente Statuto e negli Orientamenti alle Èquipes di Catechisti.
Ora, per amore della verità, vorrei conoscere la vostra opinione su questa importante novità.

Inoltre vi propongo fraternamente di riflettere bene sui seguenti due brani:
a) «34 Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della legge, stimato presso tutto il popolo. Dato ordine di far uscire per un momento gli accusati, 35 disse: «Uomini di Israele, badate bene a ciò che state per fare contro questi uomini. 36 Qualche tempo fa venne Tèuda, dicendo di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quanti s'erano lasciati persuadere da lui si dispersero e finirono nel nulla. 37 Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse molta gente a seguirlo, ma anch'egli perì e quanti s'erano lasciati persuadere da lui furono dispersi. 38 Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; 39 ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!». (Atti 5, 34 – 39)
b) Da “L’imitazione di Cristo”Capitolo XIV
EVITARE I GIUDIZI TEMERARI
1. Rivolgi gli occhi a te stesso e stai attento a non giudicare quel che fanno gli altri. In tale giudizio si lavora senza frutto; frequentemente ci si sbaglia e facilmente si cade in peccato. Invece, nel giudizio e nel vaglio di se stessi, si opera sempre fruttuosamente. Spesso giudichiamo secondo un nostro preconcetto; e così, per un nostro atteggiamento personale, perdiamo il criterio della verità. Se il nostro desiderio fosse diretto soltanto a Dio, non ci lasceremmo turbare così facilmente dalla resistenza opposta dal nostro senso umano. Di più, spesso, c'è qualcosa, già nascosto, latente in noi, o sopravveniente dall'esterno, che ci tira di qua o di là. Molti, in tutto ciò che fanno, cercano se stessi, senza neppure accorgersene. Sembrano essere in perfetta pace quando le cose vanno secondo i loro desideri e i loro gusti; se, invece, vanno diversamente, subito si agitano e si rattristano.
2. Avviene di frequente che nascono divergenze tra amici e concittadini, persino tra persone pie e devote, per diversità nel modo di sentire e di pensare. Giacché è difficile liberarsi da vecchi posizioni abituali, e nessuno si lascia tirare facilmente fuori dal proprio modo di vedere. Così, se ti baserai sui tuoi ragionamenti e sulla tua esperienza, più che sulla forza propria di Gesù Cristo, raramente e stentatamente riuscirai ad essere un uomo illuminato; Dio vuole, infatti, che noi ci sottomettiamo perfettamente a lui, e che trascendiamo ogni nostro ragionamento grazie ad un fiammeggiante amore.
Per concludere, vi invito fraternamente a chiudere questo sito, a meno che non vogliate continuare a dire che voi avete più Spirito e discernimento di chi il Signore ha scelto come capo della Sua Chiesa.
Vi saluto e prego per voi.
Leonardo
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Non posso non inserire, affidando l'approfondimento alla discussione, alcune basilari osservazioni:

  1. Noi non abbiamo COMBATTUTO il Cammino neocatecumenale per anni. Semplicemente, ne abbiamo messo in risalto le storture di prassi e di dottrina, documentandole, in rapporto al Magistero ecclesiale e al 'sensus fidei' cattolico

  2. Lo Statuto di cui si richiama l'approvazione, risulta a tutt'oggi inapplicato: mi riferisco soprattuto all'art. 2 richiamato, laddove recita nello spirito di servizio all’Ordinario del luogo e di comunione con lui e nel contesto dell’unità della Chiesa particolare con la Chiesa. L'ultima prova concreta avutane è il caso di Imola, in cui catechisti contestati dal Vescovo sono stati confermati dall'iniziatore e hanno ricostituito comunità in altre diocesi (all'insaputa dei rispettivi Vescovi). Ma non è l'unico punto controverso. Parleremo degli altri (non pochi) tra i quali: la persistenza del Rito 'separato' senza il richiesto adeguamento ai libri liturgici; "Gli Orientamenti delle equipe dei catechisti" citate ma non pubblicate e ufficialmente SCONOSCIUTE a tutti (salvo poi conoscerne le personali interpretazioni del Vangelo e della Rivelazione cristiana da parte degli iniziatori, con aggiunte sincretistiche e luterane rahneriane, bonhoefferiane non poco devianti dalla retta fede)

  3. Giudizio temerario è un giudizio personale basato su pregiudizi: qui si parla per esperienza e conoscenza diretta sia del Cammino che del Magistero della Chiesa

  4. le divergenze di cui parla il testo richiamato sono "tra diversi modi di sentire e di pensare". Nel nostro caso, invece, è direttamente coinvolta la Dottrina cattolica - se ancora essa ha valore nella sua capacità formativa e generante un'identità riferita alla Persona del nostro Signore Gesù Cristo - e la nostra Fede vissuta e da vivere e custodire nella Chiesa e tramandare ad altre generazioni, perché venga risanata la grave de-formazione di due - forse anche tre - generazioni di credenti cristiani

Questo nell'immediato essenziale. Il resto alla riflessione comune...

venerdì 3 luglio 2009

Dov'è Gesù Cristo nel Cammino NC?

Lasciamo la parola a Michela e a Strl

Nessuno mette in dubbio la fede dei neocatecumenali, nè ciò in cui credono,[in effetti, se ciò in cui credono ha a che fare con le catechesi che conosciamo e che tuttavia ancora non sono pubbliche, le cose non quadrano ai fini dell'identità cattolica, che purtroppo - a causa di un malinteso "spirito del concilio" - oggi perfino molti vescovi e sacerdoti non sanno cos'è!] e lo sa anche il papa che ha pregato con voi il 10 gennaio, ma dandovi delle indicazioni che non seguite.
Il problema è un altro, ed è questo che vi rifiutate di capire.

Chiunque partecipi ad un'Eucarestia neocatecumenale si rende conto che la comunità neocatecumenale è il soggetto della celebrazione:
-è la comunità che offre
-è la comunità che sacrifica (e attraverso le risonanze, c'è sempre qualcuno che racconta del suo sacrificio per amare il prossimo)
-è la comunità che si appropria della Parola e la commenta.
Allora il vero problema è: dove è finito Gesù Cristo?

Il tutto avviene in un crescendo di emozioni, per cui all'inizio c'è un clima un po' cupo, ci si sente un po' vittime e un po' migliori degli altri che stanno godendosi più o meno lecitamente il sabato sera. Si conclude in un clima di euforia aiutati dai canti sempre più ritmati e urlati.
E Gesù Cristo dov'é?

L'ho incontrato davvero, o ho solo creduto di incontrarlo nella mia gioia, o nelle parole di qualche fratello?

E perchè questo 'Gesù Cristo' mi ha reso uno spirito muto, posso comunicare solo con i fratelli della mia comunità, ma gli altri fedeli non mi comprendono.
Perchè vedo persecutori dappertutto, vedo fratelli nella fede che mi odiano, perchè non comprendo quello che mi stanno dicendo?
Perchè non sono libero di raccontare come procede il mio cammino di fede, perchè mi sento obbligato a difendere sempre il cammino anche quando sbaglia?

Dov'è la libertà che mi era stata promessa all'inizio delle catechesi? Vedo nemici dappertutto, sto bene solo con i fratelli della comunità, solo loro mi comprendono.

Ogni tanto emerge una rabbia che non so giustificare. Perchè i miei peccati restano sempre gli stessi?

Cari fratelli nella fede e fratelli neocatecumenali, dov'è Gesù Cristo in tutto questo?

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Strl: Parliamo solo dei "fatti" e non lasciamoci trascinare nelle polemiche che creano solo confusione. Quello che mi da più fastidio è che sempre si cerca nel cammino di negare i problemi, spesso con la scusa idiota di non scandalizzare i piccoli... Così si finisce per non dire niente neanche a chi ha finito il cammino che, secondo i canoni dello stesso, sono i cristiani adulti e quindi tutt'altro che piccoli nella fede. Inoltre con il fatto di non dire niente non si corregge mai niente ma si lascia sempre più crescere il cancro fino a che scoppia e poi si ripresenta da un'altra parte. È ora di finirla con il marketing! È ora di finirla di vendere il cammino come se fosse un prodotto! Ma non si vergogna nessuno di chi sa ?
Se fossero seri i risponsabili oltre che raccontare al solito le cosiddette cose buone dovrebbero dire anche le schifezze che succedono! Non lasciare che vengano dette sotto voce da un blog e poi permettersi addirittura di negare che siano avvenute! Qui si parla della vita delle persone! Nei grandi incontri non ci si comporta come se si stesse facendo una televendita! Solo che invece di vendere delle pentole vengono vendute le vite delle persone!
Inizino a dire la verità se hanno un po' di timore di Dio o quantomeno di rispetto per la vita altrui!

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Io aggiungo, infine: Come la mettiamo con l'ennesima vibrata esortazione del Papa ai Sacerdoti in occasione dell'ultima udienza del mercoledì?

"In verità, proprio considerando il binomio “identità-missione”, ciascun sacerdote può meglio avvertire la necessità di quella progressiva immedesimazione con Cristo che gli garantisce la fedeltà e la fecondità della testimonianza evangelica. Lo stesso titolo dell’Anno Sacerdotale - Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote - evidenzia che il dono della grazia divina precede ogni possibile umana risposta e realizzazione pastorale, e così, nella vita del sacerdote, annuncio missionario e culto non sono mai separabili, come non vanno mai separati identità ontologico-sacramentale e missione evangelizzatrice. Del resto il fine della missione di ogni presbitero, potremmo dire, è “cultuale”: perché tutti gli uomini possano offrirsi a Dio come ostia viva, santa e a lui gradita (cfr Rm 12,1), che nella creazione stessa, negli uomini diventa culto, lode del Creatore, ricevendone quella carità che sono chiamati a dispensare abbondantemente gli uni agli altri."

Come conciliare queste parole del Papa con il culto NC e con i suoi presbiteri che vivono il totale assoggettamento ai catechisti e, essendo tenuti a percorrere l'iter formativo del Cammino, ne assorbono tutte le storture?