lunedì 30 dicembre 2019

Il cenone liturgico-gastronomico neocatecumenale, l'ultima beffa dell'anno che passa, la prima dell'anno che viene

Abbiamo detto un'infinità di volte che i neocatecumenali sono il culmine dell'incoerenza.
  • Sono i peggiori della terra, però si considerano i migliori di tutti;
  • dicono che l'altro è Cristo, ma nel contempo si lamentano che l'altro li distrugge e li amareggia;
  • si suppone che vogliano compiere il bene, ma la kiko-dottrina dimostra loro che non possono farlo, che sono incapaci di far altro che peccare, peccare e peccare;
  • li hanno convinti che la conversione è impossibile senza obbedienza, ma dubito che ci sia un solo seguace di Kiko obbediente al proprio Vescovo.
Inarrivabili le esemplari "Agapi"
alla Domus Galileae
Un chiaro esempio dell'incoerenza dei neocatecumenali è la "Eucarestia del Gallo".

Un commentatore ci raccontava che i propri suoceri, neocatecumenali di alto lignaggio con tanto di bianca tunica, organizzavano a casa propria, a Capodanno, un festino pseudo-mistico-gastronomico, però era un festeggiamento clandestino perché -cito letteralmente- "al Vescovo non piacciono queste cose".

La frase "al Vescovo non piacciono queste cose" è un eufemismo neocatecumenale per dire che fanno di nascosto ciò che sanno essere una flagrante disobbedienza alle chiarissime direttive del Vescovo e della Chiesa Cattolica, dimostrando così chiaramente ancora una volta che per loro l'essere di Kiko viene prima dell'essere di Cristo.

In generale, la Chiesa proibisce la Messa al di fuori dei luoghi consacrati; pertanto restano escluse le cappellette private, i giardini delle ville, gli Hotel, le piazze eccetera.

A proposito delle cappellette private, esse non sono valide se costruite a proprio capriccio e senza la debita autorizzazione ecclesiastica.
Messa "domestica" neocat
Sappiamo che la Chiesa contempla la possibilità, per necessità e giusta causa, di permettere la celebrazione della Messa, in via del tutto eccezionale, in casa; però, perché sia lecito, debbono ricorrere alcune condizioni:

1- Si permette la Messa ove ci sia un infermo in stato molto grave.
In questo caso, chi la celebra deve possedere una autorizzazione firmata del parroco dell'infermo è la Messa deve includere la somministrazione della unzione degli infermi.
C'è poi un'altra condizione: tale Messa deve essere aperta alla comunità ecclesiale.

2- La messa deve essere celebrata in un luogo della casa che sia decoroso e adeguato: in un luogo "degno", prevede il canone 932.
Non si deve celebrare in camera da letto, né in cucina, né utilizzare per la Messa Il tavolo che si usa per mangiare.

Inoltre, la Mensa va ricoperta con una tovaglia liturgica, non con una tovaglia di casa, per quanto pulita.

3- Se non si tratta di un infermo, il parroco deve stabilire se è assolutamente e realmente necessario usare una casa per la celebrazione della Messa.
Ad esempio, se sono vicini una Chiesa o un oratorio, nulla può giustificare l'uso di altri locali.

Sospettiamo che, nel caso del festino liturgico-gastronomico in casa dei suoceri del nostro commentatore:
  • non ricorreva il caso previsto della presenza di un infermo molto grave,
  • non vi era il permesso scritto di nessuno,
  • non si è usata altra mensa che non fosse la stessa tavola dove poi si sarebbero serviti gli zamponi, il vino e i panettoni,
  • non si tratta di persone che vivono in Terra di missione, lontanissime da una Chiesa o un oratorio.
Eucaristia di presbiteri neocat
nella cantina della casa del "guru" Argüello

Insomma, la nostra ipotesi, confermata purtroppo dai fatti, è che i neocatecumenali, ancora una volta, contravvengano a tutte le norme, motivo per il quale la "Eucarestia del gallo" è illecita.

Il peggio è che, inoltre, immaginiamo che dei "cristianoni" come loro lo sappiano, di violare tutte le norme, ma che non gliene importi un fico secco; anzi, mi correggo: importa loro unicamente di tenerlo segreto, perché sanno di commettere un abuso e un illecito.

Cristiani adulti o…kikiani adulterati?
(da: Gloria su Cruxsancta)

sabato 28 dicembre 2019

Siamo tutti peccatori o, come dice Martin Luther Kiko: "Non si può non peccare"?

Siamo tutti peccatori”, o, come dice Martin Luther Kiko, Non si può non peccare”?

Le due affermazioni infatti, anche se simili, hanno accezioni incompatibili fra loro.

Che noi siamo peccatori è un dato di fatto: tutti, infatti, abbiamo peccato in Adamo, e tutti, di fatto, continuiamo a peccare, anche chi vive in stato di grazia, anche se solo venialmente, e perfino i santi possono avere le loro imperfezioni. Inoltre tutti subiamo la corruzione dovuta al peccato e una tendenza a peccare.

Nonostante ciò, non è vero, come dice Martin Luther Kiko, che “non si può non peccare”! Infatti, se il peccato fosse invincibile, allora la GRAZIA sarebbe vana!
Ma qualcuno potrebbe obbiettare che San Paolo ha scritto: “io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio” (Rm 7,19). Che abbia ragione Martin Luther Kiko?
No, perché l’Apostolo continua: “Chi mi libererà…? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!”: la GRAZIA di Cristo LIBERA dal peccato e noi possiamo non peccare.
Certo, la tendenza al peccato rimane nonostante la grazia e la nostra libertà è sempre limitata dalle conseguenze del peccato originale, ma entro quel limite in cui siamo veramente liberi, in virtù della Grazia e tramite la nostra buona volontà, possiamo respingere la tentazione e NON peccare. Parola della Chiesa.
Per Martin Luther Kiko, invece, non si può non peccare perché la grazia non CAMBIA sostanzialmente la realtà dell’uomo. Cioè: non rende GIUSTO il peccatore, ma solo COPRE la sua ingiustizia.

Fin qui tra Kiko e Lutero la sintonia sembra totale. Dove, invece, si manifesta una certa differenza, è riguardo alla “predestinazione”: Kiko, infatti, sembra professare una specie di semi predestinazione.
Una predestinazione senza iniziazione, infatti, per Kiko sembra essere troppo “popolare”, mentre a lui piacciono le cose “speciali”.
Per Kiko, perciò, si è chiamati (cioè predestinati) al CAMMINO, ma non basta: occorre FARNE PARTE.
In realtà per Kiko non è vero che salva la PREDICAZIONE, ma l’APPARTENENZA al Cammino, e perciò le OPERE e la PRATICA del Cammino!

E’ a questo punto che, per Kiko, si inserisce la volontà umana: quella volontà che nulla può contro il peccato, può invece essere decisiva, attraverso l’UBBIDIENZA, che si vuole CIECA, per rimanere nel Cammino!
In definitiva per Kiko è il Cammino che salva! Dice, infatti, che “ci si salva a grappoli”!
Come se ogni comunità del Cammino rappresentasse una sorta di tana libera tutti!
Ma dove sta scritto tutto questo?
Le eresie sono scritte nei mamotreti che si usano per le catechesi e sono ripetute dai “catechisti” del Cammino, ma certamente non esiste una teologia del Cammino che le motiva ufficialmente, come nel caso di Lutero. Se così fosse, Kiko ammetterebbe che non è cattolico, con una enorme perdita di prestigio.
Così la teologia eretica del Cammino più che scritta, è PROFESSATA.
Come esistono leggi scritte e usanze non scritte ma comunque capaci di obbligare, così nel Cammino ci sono usanze che le eresie le fanno vivere anche quando non sono ufficialmente professate.
Questo è molto evidente quando i camminanti parlano di CHIESA pur considerando gli altri cattolici come religiosi naturali da cui non hanno nulla da imparare e hanno tutto da insegnare.
Anche non lo dovessero pensare, lo vivono, e si comportano come se ne fossero convinti.
E se questo è ciò che PROFESSANO, è evidente che non professano la fede reale della Chiesa.

giovedì 26 dicembre 2019

Quando cesseranno le Stragi eucaristiche del sabato sera?

I neocatecumenali, nonostante i loro proclami e i loro slogan, in realtà non credono nella Presenza Reale.

Suggeriamo perciò di leggere la seguente intervista a cura di A. M. Valli.



Se un cardiologo visita Gesù. I miracoli eucaristici visti al microscopio

Cari amici di Duc in altum, oggi vi propongo una lettura che ho trovato entusiasmante e preziosa. Si tratta del libro Un cardiologo visita Gesù. I miracoli eucaristici alla prova della scienza(Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2018, 240 pagine, 20 euro), nel quale il dottor Franco Serafini prende in esame cinque miracoli eucaristici sotto il profilo medico e scientifico, giungendo a conclusioni che non possono essere ignorate, tanto più che per la scienza tali miracoli, come scrive l’autore, “costituiscono una pietra d’inciampo, un motivo di imbarazzo, un’incursione a gamba tesa, fatta di carne e sangue, nell’asettico e sacro territorio della dea ragione”. Ma anche taluni cattolici sembrano esserne disturbati, al punto che preferiscono sorvolare e non occuparsene.

Il dottor Serafini ha accettato di rispondere ad alcune domande. Buona lettura!

A.M.V.

***


  • Dottor Serafini, lei è un medico, un cardiologo, e lavora in un ospedale, dove visita e cura tante persone. Quando e perché ha deciso di “visitare” anche Gesù occupandosi dei miracoli eucaristici?
Da qualche anno mi interessavo di un argomento decisamente particolare: l’aspetto medico-scientifico dei miracoli eucaristici. Che cosa si trova, per esempio da un punto di vista istologico o genetico, nei campioni prelevati da ostie consacrate che apparentemente hanno sanguinato? Mi riferisco ovviamente a indagini richieste dalle autorità ecclesiastiche nell’iter di riconoscimento di possibili nuovi prodigi eucaristici. Ebbene, tutto quello che potevo leggere su questo tema, in rete o su carta, non era soddisfacente: era scientificamente carente, impreciso e a volte proprio sbagliato. Eppure mi sembrava un argomento importante, dal potenziale apologetico enorme, e allora ho deciso di interessarmene personalmente. Ho passato in rassegna tutto il materiale esistente, ho preso contatto con gli studiosi coinvolti, i testimoni oculari; quando possibile sono andato di persona a verificare sul posto. Il risultato è racchiuso in questo volume dal titolo imbarazzante (almeno per me!).

La liturgia ridotta a spettacolino:
un cerimonialismo carnevalesco
  • Da uomo di scienza, quali sono le conclusioni a cui sono giunte le sue ricerche circa i miracoli eucaristici presi in considerazione, ovvero Lanciano, Buenos Aires, Tixtla, Sokółka e Legnica?
C’è uno schema che si ripete con confortante puntualità. Cinque volte su cinque è presente tessuto miocardico umano. Il cuore, come è evidente per tutti gli uomini, di tutte le culture, non è un organo come un altro, ma è dotato di una profonda e significativa simbologia a cui i miracoli ci vogliono richiamare. Ma quello che più mi sconvolge, e qui è il cardiologo che parla, è che questo cuore è profondamente sofferente. Nelle preparazioni istologiche, infatti, troviamo segni come l’infiltrazione leucocitaria e la frammentazione-segmentazione delle fibre miocardiche che ci descrivono un contesto patologico molto preciso, come quello che si trova nei cuori sofferenti a causa di un intenso stress da rilascio di catecolamine. Si tratta di quel quadro clinico rappresentato dall’infarto da stress, in assenza di una malattia delle coronarie, che colpisce chi è angosciato per una notizia terribile, come un lutto familiare o è colpito da un trauma fisico o morale estremo.
  • Spesso, nei miracoli eucaristici, è presente sangue. A Buenos Aires sono state documentate alterazioni di questo sangue come la linfocitosi e l’ipogammaglobulinemia compatibili con il quadro delle prime ore di un paziente severamente politraumatizzato.
Di grande interesse è poi il riproporsi dello stesso gruppo sanguigno, il gruppo AB, comune alle tracce di sangue della Sindone e di altri teli della Passione. Anomalo è il comportamento del DNA, che tende a sfuggire ai comuni marcatori, come a voler impedire un eccesso di riconoscimento, un “eccesso di prova” che umilierebbe e renderebbe superflua la fede degli uomini nella Presenza Reale eucaristica.
  • Lei conclude che, in tutti i casi esaminati, ci troviamo di fronte alla carne e al sangue di Gesù, e fornisce le prove. Come credente, come si sente davanti a queste evidenze?
Io concludo, per dire meglio, che ci troviamo di fronte a carne e sangue di un uomo agonizzante il cui quadro clinico è compatibile con quello di chi è stato torturato e appeso a una croce.

Da credente mi sento confortato da queste evidenze. Infatti in questi tessuti non troviamo reperti incredibili, che ci stupiscono o che costringono i teologi a complesse spiegazioni per giustificarne l’autenticità. Al contrario, trovo che il riproporsi di un cuore e di un sangue sofferenti sia un dato edificante e semplice, intuitivamente comprensibile a tutti, senza bisogno di lauree in medicina o in teologia.
  • Il microscopio ci dimostra che lì, nei miracoli eucaristici, c’è il sangue e la carne di uomo torturato e morto sulla croce. Ma l’occhio della fede che cosa vede?
Vede infinitamente di più: il più piccolo frammento di pane o la più piccola goccia di vino consacrati, senza bisogno di nessun prodigio visibile, contengono Colui che l’universo non può contenere. In fondo in questi miracoli eucaristici sono presenti solo alcune, limitate, porzioni di tessuto umano. Nell’Eucaristia “normale” (come suona ridicola e inadeguata la parola “normale”!), la dottrina di sempre ci ricorda che è presente niente meno che tutta la sostanza del Corpo, Sangue, Anima e Divinità di nostro Signore Gesù Cristo.

Scene di ordinaria "devozione neocatecumenale":
tutti insieme, seduti, masticano a quattro ganasce




Credo che non risolveremo mai la diatriba se il miracolo eucaristico sia ancora Eucaristia nella sua pienezza da cui traspare per un ulteriore miracolo un’apparenza accidentale di tessuto umano (come insegna Tommaso nella Summa) oppure se il miracolo eucaristico sia diventato “solo” una reliquia del corpo di Gesù.
  • Tra tutte le vicende esaminate, qual è quella che l’ha appassionata di più?
Difficile scegliere. Forse il più antico, l’outsider tra i cinque eventi di cui mi sono interessato: il miracolo di Lanciano. Non tutti sanno che l’origine di questo fatto, nel lontano profondo medioevo, non è più confortata da nessun documento storico, ma solo dalla tradizione orale, almeno per i primi otto secoli dal prodigio. Per questo nel 1970 i francescani decisero di supportare l’autenticità di questa abbondante e generosa reliquia chiedendo un parere alla scienza. Si rivolsero al professor Linoli di Arezzo che poté confermare, con uno studio impeccabile, l’origine umana del tessuto miocardico e del sangue conservati a Lanciano. Nel mio piccolo mi sono sentito un po’ Indiana Jones quando ho potuto visionare e smascherare un successivo falso ideologico, confezionato nel 1976 e che si era inserito nel corpus della letteratura scientifica accreditandosi come una voluminosa ricerca originale su mandato addirittura dell’Oms e dell’Onu. Bisogna evidentemente difendere i miracoli eucaristici anche dal “fuoco amico” di qualche “scienziato pasticcione”.
  • Viviamo in tempi in cui un cattolico, se parla, scrive e si comporta da cattolico, rischia facilmente l’emarginazione. Lei ha subito, diciamo così, contraccolpi professionali a causa delle sue ricerche?
Sinceramente no, anche perché il mio libro è ancora relativamente poco conosciuto. Se aumentare la sua visibilità… chissà!

Nel libro riferisco però delle vere e proprie persecuzioni subite dai due studiosi polacchi che si sono occupati delle indagini istologiche sull’evento di Sokółka, due scienziati di prim’ordine che hanno dovuto subire perfino un richiamo formale da parte della loro università, accusati di non aver saputo separare l’esercizio della scienza dall’“emotività” della loro fede cattolica, oltre a dover subire una vera e propria gogna mediatica a livello nazionale.
  • Quando lei racconta gli esiti delle sue ricerche ai non credenti, quali reazioni suscita?
I solerti "camerieri liturgici" del Cammino
La reazione prevalente è l’imbarazzo a cui segue il silenzio. Ancora nessun valido rappresentante del mondo laicista ha provato a controbattere ai fatti che racconto entrando nel dettaglio delle indagini mediche. L’atteggiamento che prevale è quello di mettere in discussione la credibilità a monte di queste indagini cavandosela con la malafede di chi ha simulato o di chi ha studiato i miracoli eucaristici.

Le voglio però raccontare che, a sorpresa, ho trovato uno speculare e più forte imbarazzo anche nel mondo cattolico. A tanti piace avere una fede “pura”, disincarnata, che non ha bisogno di prove così concrete e sanguinolente… Mi dicono: “Ma io ho già la fede! A cosa servono questi studi?”.
  • L’Eucaristia, all’interno della Chiesa, è sotto attacco. Strane teologie cercano di sminuirla. Pensa che, paradossalmente, una sua difesa possa arrivare proprio dalle risultanze scientifiche relative ai miracoli eucaristici?
Perché no!? In effetti noi siamo la prima generazione a cui l’Eucaristia parla anche utilizzando il linguaggio originale della scienza e della medicina, peraltro un linguaggio a cui l’uomo contemporaneo è particolarmente, e perfino eccessivamente, sensibile. Mi dà comunque serenità la consapevolezza che, anche in questa materia, è Dio che ha saldamente in mano la situazione. Non è l’uomo che “costringe” con i suoi strumenti tecnologici l’Eucaristia a “parlare” e a svelarsi. Al contrario: il miracolo eucaristico si apre alla scienza nei tempi e nei modi che lui ritiene più opportuni, mettendoci al riparo anche da un eccesso di comprensione razionale che renderebbe superflua la fede.


martedì 24 dicembre 2019

Letterina a Gesù riguardo a coloro che guariva

Caro Gesù,

mi permetto di scriverti questa letterina perché so bene che tu sei Maestro anche nelle figure retoriche, paradosso compreso.

La questione riguarda il cieco nato e io, paradossalmente ragionando per assurdo, voglio supporre che i neocatecumenali abbiano ragione: tu gli spalmasti il fango (una "cosa sporca", come dice Kiko) per fargli vedere i suoi peccati. Soltanto dopo lo mandasti in Siloe dove, lavatosi, il poveretto guarì.

Ora, mio buon Gesù, io credo che tu - sempre io ragionando con le assurdità neocatecumenali - abbia trattato il cieco nato come se fosse stato il figlio della gallina nera. Quanti altri infermi di ogni genere guaristi? Ciechi, sordomuti, zoppi e mai - ripeto: mai - li hai dapprima infangati, pretendendo il riconoscimento dei loro peccati per guarirli. Non ti è stata sempre sufficiente la loro fede, per operare i miracoli? E un povero cieco, che non aveva potuto vederti prima, quale fede poteva avere? Nessuna, al pari del cieco pagano di Betsaida che pur guaristi in due tappe, ma che non infangasti. Eppure doveva averne di peccati, quel pagano! Non parlo dei lebbrosi guariti, poi. Non è la lebbra la malattia biblicamente significativa del peccato più di ogni altra? E mica li infangasti e li mandasti a lavare prima di guarirli i dieci risanati?

Alla fine, mio buon Gesù, bisogna che io, uscendo fuori dal ragionamento per assurdo, dica che 'sti neocat della tua bontà e mitezza e dell'unzione di Gv 9 non hanno capito un fico secco. Colpa di un tal Kiko Argüello pessimo maestro, io credo.
Lino Lista (1952-2019)



Lino è stato saggista e poeta, oltre che ingegnere. Mi ha raccontato spesso del momento in cui si convertì (attraverso una tanto forte quanto inaspettata esperienza di carattere spirituale), specialmente nell'ultimo periodo della sua vita quando, consumato da una grave malattia, mi disse che per prepararsi stava nutrendo la propria anima di bellezza e di contemplazione. Ricordo ancora con commozione quell'ultima telefonata in cui, parlando a fatica, mi disse che si stava spegnendo. Guardava già oltre, a dopo la morte, così come l'avevo sempre visto fare: è la virtù della speranza, fondata molto più sulle certezze della fede che su pii desideri. Se ne è andato in punta di piedi, ma con quelle certezze perfettamente stampate in volto. Mi resi conto di non aver "perso un amico". Tant'è che ogni volta che affiora dall'internet qualcuno dei suoi commenti - quelli che i "pasqualoni" non ebbero tempo di far censurare a suon di "segnalazioni" -, pare quasi che ce l'abbia spedito apposta.

Oltre alla notevole cultura aveva anche una notevole apertura mentale: quando un'equipe di neocatecumenali si presentò nella sua parrocchia a fare le cosiddette "catechesi per adulti", in qualità di parrocchiano e di adulto (e di curioso di vedere cosa trattavano), c'è anche lui presente. Solo che "catechesi per adulti", nel gergo neocatecumenale, significa "abbindolare gli ignoranti". Uno come Lino non solo riconosceva le eresie ma anche il subdolo metodo di presentarle. Cioè capiva che quegli errori non erano accidentali, non si trattava di involontari equivoci. E i cosiddetti "catechisti" andati a recitare pedissequamente il copione inventato da Kiko commisero l'imperdonabile errore di zittire Lino che stava per fare una domanda, confermandogli così che il tutto era solo una pagliacciata per adescare nuovi adepti.

Anni dopo, quando Lino si ritroverà a scrivere Il fango e il segreto avrà l'imbarazzo della scelta. Con quel libro ha "chiuso il cerchio" mostrando che i madornali errori del Cammino sono riconoscibili anche se ci si limita ad analizzare i metodi, la nueva estetica, e i sottintesi antievangelici degli insegnamenti di Kiko e Carmen. Come quello del fango, riassunto nella "letterina" qui sopra e che dà anche il titolo al libro. E Lino, di simboli e di arte, ne capiva fin troppo bene, arrivando a dimostrare che le mostruosità del neocatecumenalismo non sono incrostazioni ma il vero programma di Kiko e Carmen (o di coloro che li "allevarono") fin dagli inizi. Per questo gli zelatori neocatecumenali hanno versato contro Lino fiumi di veleno e hanno tentato ogni menzogna e censura pur di banalizzare e cancellare ciò che ha scritto su carta e su internet. Il fango e il segreto è stato solo uno dei risultati del mettere a frutto i talenti donatigli dal Signore, che sta continuando a fare del bene anche dopo la sua morte.

domenica 22 dicembre 2019

“IL VERO PERICOLO PER ME È KIKO ARGÜELLO. NON VOGLIAMO MORIRE "KIKOS”: CHI LO DISSE? IL FUMO AUTOBIOGRAFICO DELL’ARGUELLO

Pentolone con zuppa di polpo
Per comprendere meglio la cronologia storica della vita dell’Argüello, cioè le panzane retroattive che ha inventato per darsi un'aura di santità, non bisogna acriticamente appoggiarsi a ciò che lui narra alla rinfusa mettendo gli eventi come ingredienti della zuppa in un unico pentolone, senza determinare date né durata degli eventi, che sembrano svolgersi nello stesso fiat impiegato nella narrazione verbale.

Tutta la sua narrazione perde contenuto e sostanza, per non dire addirittura credibilità, se ci si accinge a verificare qualche data certa da fonti diverse, come per esempio libri di storia dell’arte, documenti o proiezioni televisive.

Tutto gira intorno alla data di costituzione del gruppo Gremio 62 che, per l’appunto, fu CERTAMENTE costituito nel 1962, come Gremio 63 fu costituito nel 1963, ecc.

Giornale olandese che
preannuncia la mostra
di Gremio 62 nel 1965
Siccome l’Argüello nelle sue ricostruzioni riporta sempre ed immancabilmente le stesse sequenze, non è opinabile la contemporaneità del suo essere “professore” del movimento ecclesiale dei Cursillos (“cameriere” nel gergo oggi in vigore), con la nascita del gruppo Gremio 62.

Furbescamente il sito neocatecumenale riporta il 1960 come data di formazione del gruppo Gremio 62, datando anche la mostra a Royan in Francia nello stesso anno, mentre è probabile che sia avvenuta nel 1964 o nel 1963, come anche sicuramente quella in Olanda, a L’Aia è del 1965.
Hanno "riportato" cioè retrodatato l'anno al 1960, perché altrimenti non tornerebbe più nulla degli altri "ricordi".


Riportiamo qui alcune affermazioni dell’Argüello, sempre uguali, in cui si può verificare agevolmente che nella sua narrazione gli argomenti "Gremio 62" e "Cursillos di Cristianidad" sono temporalmente connessi. Del resto come potrebbe essere diversamente? Data la quantità di eventi che vengono buttati nel pentolone, il tempo sarebbe risultato assolutamente insufficiente per il verificarsi di tutti gli eventi narrati entro il 1964, anno in cui fa coincidere con il suo ingresso nelle baracche.

Kiko a 19 anni (siamo nel 1958), in primo piano,
nella Sierra di Gredos, un anno prima della
sua millantata "apparizione intellettuale" della Madonna

Prendiamo nota di ha raccontato in diverse occasioni l’Argüello:
  • data sconosciuta: «divenni catechista e aprii dei Cursillos in diverse città della Spagna, MENTRE formavo un gruppo di ricerca d'arte sacra, Grémio 62».
  • 1996: «Quel prete mi ha allora invitato a partecipare a un "consillos di cristiandato", una specie di convivenza con dei laici... In seguito ho cominciato a fare il catechista e ho incominciato una formazione più seria, anzitutto studiando teologia. Inoltre come artista ho fondato un gruppo di arte sacra»
  • 2003: «Allora, cambiò la mia vita. Rapidamente cambiò la pittura, incominciai a fare pittura religiosa, FONDAI UN GRUPPO di arte sacra che si chiamò Gremio 62».
  • ancora 2003: «Dopo essere diventato un insegnante di Cursillos e ho iniziato a dare Cursillos de Cristiandad, mi sono formato come catechista. ALLO STESSO TEMPO ho formato un gruppo di artisti, chiamato "Gremio 62"».
  • 2012 (PDF): «ho cominciato a dare Cursillos de Cristiandad in varie parti. NELLO STESSO TEMPO è cambiata la mia pittura, dipingevo in una forma molto moderna e ho cominciato a fare pittura religiosa. Con un gruppo di artisti abbiamo cercato di integrare un'arte nel tempio, un'arte cristiana».
Ce ne sarebbero molte di più da citare, tutte con lo stesso concetto temporale. Ci limitiamo a queste e ci chiediamo: cosa è accaduto prima della data del 1962, e che cosa deve “per forza” essere accaduto DOPO?

Vediamo il periodo antecedente alla costituzione del gruppo Gremio 62, nel 1962.
  • Kiko nel 1957 è diciottenne e inizia l’università all’Accademia di Belle Arti San Fernando.
  • Nel 1958 partecipa alle selezioni per il primo Concorso Nazionale di pittura giovanile (fascia di età 10-21 anni).
  • A gennaio 1959 vince il premio straordinario di tale concorso, 20.000 pesetas, equivalenti a 330 dollari dell'epoca, cioè a 2800 euro di oggi. L'Argüello ha ogni volta gonfiato sempre di più tale cifra, recentemente aggiornandola a «25.000 pesetas di allora che è come 3 milioni di euro!» (a furia di maneggiare milionate vere oggi, si vede che ha perso totalmente la misura...).
  • Nel 1960 inizia a dipingere arte sacra perché frequenta un gruppo di architetti e artisti che padre Aguilar aveva formato nella residenza universitaria di Atocha.
Mi concedo una piccola digressione per evidenziare che nel 2004, la stessa Accademia San Fernando nella quale si è formato, depreca il suo lavoro nella cattedrale dell’Almundena per “mancanza di rigore e professionalità”, nonché per le poco chiare procedure adottate per l’assegnazione.

Critica alla quale subitaneamente l’Argüello replica affermando che coloro che l’hanno criticato hanno visto le sue opere solo attraverso un giornale ed ha incolpato “il diavolo, che vuole fare di questo un problema universale”, “ il mio lavoro viene utilizzato per criticare la Chiesa e, in particolare, la figura del cardinale di Madrid” (Rouco Varela all’epoca).

I dipinti incriminati all'Almudena

Sicuramente fino al 1959 Kiko era ancora mezzo ateo ed aveva lasciato la Chiesa, lo dice lui stesso. Ed anche riguardo premio dice: “quando mi resi conto che… uscii in televisione e i giornali parlavano di me… mi resi conto che tutto ciò mi lasciava in realtà assolutamente vuoto… io non avevo senso.” 

Per inciso, giornali e televisione parlavano sì del Concorso, visto che era stato organizzato dal Movimiento Nacional franchista, non parlavano di Kiko Argüello. Il suo nome, al pari di quello degli altri molteplici vincitori, figurava collateralmente nell’elenco dei premiati.
Giornale che riporta notizie
del concorso giovanile

Video sui vincitori del concorso,
abilmente stoppato al nome dell'Argüello...

Bene. Da quanto riportato sopra e dagli stessi racconti di Kiko sappiamo con certezza che almeno fino a febbraio 1959 l’Argüello era gnostico e mezzo ateo, aveva lasciato la Chiesa.

Poi studia Bergson e “si apre uno spiraglio di luce”.

Vogliamo qui considerare l'iptoesi che lo studio di Bergson e la presa di coscienza dello “spiraglio di luce”, ammesso e concesso che sia stata immediatamente successiva al gennaio 1959 (nessuna garanzia), abbia comportato un percorso di almeno 2 mesi? Oppure veramente crediamo che oltre alle mille credenziali che vanta, sia anche veloce come la luce, nello stile dei supereroi? Queste riflessioni maturano nel tempo, per i comuni mortali.

Se ci fosse stretta consequenzialità temporale tra la vincita del premio e lo studio di Bergson, potremmo con tutta verosimiglianza sostenere che lo “spiraglio di luce” si presenta intorno all’aprile 1959.

Da questo momento l’Argüello dice che inizia ad interrogarsi e a provare a darsi la fede con la propria volontà, naturalmente non riuscendoci.
Quanto potrà essere durato questo fallimentare tentativo? Vogliamo ammettere che possa essere durato almeno uno o due mesi?

Ammettendolo, verosimilmente si arriva al maggio-giugno 1959.
Ma, come lo stesso Argüello narra, questo tentativo fu fallimentare ed allora si risolse ad invocare Dio.

Qui ci sono due versioni diverse sulla collocazione spaziale del preciso evento "alla san Paolo", in cui Kiko sentì una specie di “tocco di sostanza” (il primo di una serie di episodi mistici…) e “lo Spirito di Dio attestò al suo spirito che Dio c’era”. Tutto d’un botto: Dio a domanda diretta, immediatamente risponde. Dio al completo servizio dell’uomo Argüello. Appena lui grida una sola volta, Dio prontamente risponde, come fanno i maggiordomi.

Dicevo, ci sono due versioni diverse sul “dove” accadde tale portento: 1) in Chiesa, ed allora si rivolse ad un prete estemporaneamente; 2) nella propria casa, e allora andò a cercare un prete.

Ricordiamoci che, al di là delle discordanze narrative, temporalmente siamo intorno al giugno 1959, secondo la ricostruzione kikiana. Di lì a sei mesi avrebbe avuto la “visione” della Madonna, che lui afferma con certezza essere avvenuta l’8 dicembre 1959, proprio il giorno dell’Immacolata Concezione.

Comunque, dal momento della risposta di Dio, su suggerimento del sacerdote, iniziò a frequentare il movimento dei Cursillos de Cristiandad, di cui divenne “professore”, come all’epoca definivano coloro che ripetevano i rollos scritti da altri. Per questo oggi vengono definiti “camerieri”: servono pietanze altrui, più che insegnare come professori.

Ecco che da questo momento in poi tutto si ingarbuglia.

Kiko fa coincidere temporalmente il suo divenire “professore” dei Cursillos con la partecipazione al gruppo Gremio 62, che però sappiamo per certo essere stato fondato nel 1962 e nemmeno da lui, ma da padre Aguilar y Otermin.

L’Argüello vi partecipò solo come studente universitario residente nella residenza universitaria di Atocha, dove padre Aguilar era direttore.

P. José Manuel de Aguilar y Otermin

E allora abbiamo UN PROBLEMA: sia l'esperienza coi Cursillos che quella del Gremio 62 gli iniziano nel 1962 e NON nel 1959.
Fa fede la data STORICA della costituzione del gruppo Gremio 62, che ritroviamo in almeno 2 scritti di natura artistica citati nei link in questa pagina.

In questo modo, tutto si sposta in avanti di almeno 2 anni e mezzo e, ai fini del verificarsi di alcuni basilari eventi, non è per nulla indifferente.

Allora bisogna riconsiderare la storia alla luce di questa data CERTA.

Vediamo il periodo successivo alla costituzione del gruppo GREMIO 62. ANNO 1962.

  • Nel 1962 va a far parte del gruppo Gremio 62 e contemporaneamente inizia a fare il “professore” dei Cursillos.
  • Nel 1963, 1964 e 1965 espone col gruppo Gremio 62, mai nulla di personale, ogni commissione, ogni singola opera deriva dall’organizzazione di padre Aguilar. Prima di questi tre anni compie anche un viaggio studio per l’Europa, con una borsa di studio che non aveva per nulla vinto lui, ma che probabilmente era stata assegnata al progetto di padre Aguilar, perché negli annali della Fundacion Juan March, erogatrice delle borse di studio, il nome dell’Argüello non compare MAI, in nessun anno.

    Siccome le fonti storiche riportano che il viaggio in Europa avvenne prima della costituzione del gruppo Gremio 62, non si capisce come possa, tornando da quel viaggio, inserirsi l’episodio della domestica, da sempre narrato come punto importante della vita dell’Argüello. Lui stesso dice che questa signora lo chiamava spesso quando aveva problemi col marito e che alla fine lui decise di andare a vivere con quella famiglia.
Secondo le narrazioni dell’Argüello, la sequenza è sempre stata questa: viaggio -episodio della domestica - militare in Africa - baracche.

Una sequenza temporale quasi impeccabile, non fosse per il fatto che se compie il viaggio prima del 1962, con gli annessi e connessi al suo ritorno e al servizio militare, non può assolutamente partecipare al Gremio 62, perché sarebbe stato assente fisicamente: al ritorno del viaggio in Europa dice SEMPRE che partì militare, anzi, prima ancora si verificò la situazione con la domestica. Nei suoi racconti il servizio militare segna sempre il suo successivo trasferimento alle baracche.

I conti si fanno presto: viaggio nel 1961 (prima di Gremio 62) + situazione con la domestica + 1 anno di servizio militare = abbiamo abbondantemente sforato il 1962, nella migliore delle ipotesi siamo intorno alla seconda metà del 1962. Ma allora non torna più la partecipazione al Gremio 62 e le relative mostre collettive protrattesi fino al 1965…

A questo punto davvero NON TORNA PIÙ NULLA: il pentolone si riempie di ingredienti per la zuppa in una miscellanea indistinta.

La domanda allora è: nell’anno di quale Natale è accaduto l’episodio della domestica? Non nel 1959, perché quello fu l’anno della “visione”. Nel 1960 o 1961? Improbabile perché ancora non aveva iniziato i Cursillos, quindi nemmeno avuto il contatto con Dio.

Negli anni '60 un cesto natalizio
costava poco più di 1000 pesetas.
Col suo premio, che lo fece "ricco",
Kiko avrebbe potuto acquistare
meno di 20 cesti natalizi...

L’unica ipotesi accettabile è che sia avvenuto nel 1962, come prima data disponibile, anno della sua “conversione” attraverso la risposta di Dio e i relativi Cursillos, o addirittura negli anni successivi.

Scartiamo gli anni successivi perché altrimenti, avendo fatto dopo il militare in Africa (che per gli studenti universitari era ridotto ad un solo anno rispetto ai due anni obbligatori per le altre categorie), vorrebbe dire che a Palomeras Altas sarebbe arrivato non prima del 1966.

Allora, siccome siamo benevoli, ammettiamo come data possibile il Natale 1962 per l’evento della domestica. In quell’anno quindi avrebbe iniziato il gruppo Gremio 62, i Cursillos e si sarebbe verificato l’episodio della domestica.

Sappiamo però dall’Argüello che quella signora lo chiamava “spesso”, che non vuol dire “ogni giorno”, il che comporta necessariamente che la vicenda si dipani in un certo arco di tempo. Se poi si aggiunge il periodo che l’Argüello dichiara aver vissuto con quella famiglia, proprio ad essere concessivi si potrà ipotizzare un lasso di tempo non minore ai 6 mesi, se non addirittura di più.

L'Ärgüello dice che la domestica abitava nelle UVAS (unità
di assorbimento del quartiere), alloggi temporanei provveduti
dallo Stato per sopperire alle baracche.
In un contesto simile viveva la sua domestica.
È lì che lui si trasferì.

Ma allora, pur avendo utilizzato tutte le riduzioni di tempo possibili (ma non sono escluse né peregrine date successive), l’Argüello parte militare per l’Africa intorno al giugno 1963. Se il servizio militare dura un anno, se ne deduce che torna in Spagna intorno al giugno 1964.

Però non va subito alle Palomeras. No, prima si imbarca in un gruppo di aiuto alle prostitute in cui operava anche la sorella di Carmen dal quale, visto che non gli tornava lo spirito con cui operava (perché lui non voleva essere colui che aiuta, ma colui "che sta ai piedi dei poveri" come de Foucauld), se ne esce dopo un po’ di tempo.

Siamo ancora buoni e stimiamo che tra tornare dal militare, prendere contatti col gruppo d’aiuto, militare in tale gruppo e poi decidere di abbandonarlo, non ci si può impiegare meno di 6 mesi.

Il che ci porta allora all’arrivo nelle baracche di Palomeras praticamente nel 1965 o comunque, alla fine del 1964 - inizio 1965, dato che lui stesso racconta che arrivò in inverno inoltrato, novembre 1964.

Se nel 1967 già ha formato una comunità ad Arguelles (facile, nel quartiere dei suoi genitori…) e poi a Zamora, gli anni veri alle baracche si riducono drasticamente a 2 o poco più. Ma non scordiamoci che alla fine del 1965 espone con Gremio 62 in Olanda, proprio tutto tutto non aveva lasciato, quindi…
Vorrebbe dire che sta alle baracche mentre ancora partecipa a Gremio 62.

Da questa ricostruzione storica con date certe quindi, risultano impossibili almeno due affermazioni fondamentali dell’Argüello:

  1. la “visione” della Madonna nel 1959, quando ancora non aveva incontrato Dio attraverso i Cursillos, che sono del 1962 come il gruppo Gremio 62);
  2. la data d’arrivo nelle baracche che nella migliore delle ipotesi essendo alla fine del 1964, prende operatività dal 1965, il 1964 è praticamente un anno perso.
Tutto questo facendo decorrere la storia dall’anno 1962 a partire dall'episodio della domestica. Se poi si fosse trattato del Natale 1963 o 1964, com’è anche possibile, il tutto slitterebbe in avanti di uno o due anni, a danno della lunghezza del periodo delle baracche.

Ricordiamoci infatti che negli anni 1962, 1963, 1964 e 1965 lavora ed espone col gruppo Gremio 62. Pare strano che lo facesse dalle baracche, cosa che peraltro nemmeno lui ha mai narrato. Narra invece che faceva il professore in una scuola pubblica o, in certi periodi, addirittura il muratore. Stendiamo un velo pietoso sul periodo delle estasi mistiche e del "convento", perché questi non sapremmo proprio dove infilarli…
Ma quando si è laureato allora? Della fine dei suoi studi all’Accademia non parla mai.

Ci sono inoltre un paio di affermazioni dell’Argüello che ci lasciano molto perplessi, quelle affermazioni che si lascia scappare quando è preso dalla foga del discorso e non si attiene più alla linea prestabilita da sempre ripetuta uguale negli anni come in un mantra.

1) La conoscenza con Carmen
ed il vero motivo dell’insediamento alle baracche.

In un’intervista Carmen ammise tranquillamente di aver incontrato Kiko “prima” delle baracche in almeno due casi: uno in piazza Cibeles, quando le chiese 1000 pesetas per il taxi (anche da questa cifra si può dedurre l’irrisorietà economica del premio vinto a 20 anni al concorso giovanile: se per un taxi ci vogliono 1000 pesetas, 20.000 pesetas a quanto potranno ammontare? A venti corse in taxi! altro che i milioni di euro). Se era così povero da chiedere soldi, poteva prendere l'autobus, che costava meno: viaggiare in taxi era da snob.

L’altro incontro avviene proprio in casa di Kiko, quando il giovanotto immaturo (lo dice Carmen, lo definisce proprio "bambino"), suonava la chitarra e mangiava pollo insieme ad una ragazza svedese con cui flirtava. Fu nel contesto di quell'intervista, tra l’altro, che Carmen pronunciò la frase più vera e rivelatrice di tutte: «Kiko ed io passeremo, mentre tutto accade, mentre passano tutte le congregazioni, Ma la Chiesa no. Il vero pericolo per me è Kiko Argüello. Non vogliamo morire "kikos"».

Quindi Kiko non conosce Carmen alle baracche, la conosceva già da prima.

Ci sorprende poi quando Kiko stesso, nel 1996, nel suo discorso al Meeting di Rimini (non ci risulta che sia mai più stato invitato dopo), afferma che: “questa donna (la sorella di Carmen) mi raccontava di una sua sorella più pazza di lei, Carmen appunto, che si stava preparando per andare in Bolivia come missionaria, per predicare il Vangelo ai minatori. Ma prima di andarci da sola voleva formare un gruppo, E COSÌ MI SONO RITROVATO ANCHE IO A PREDICARE IL VANGELO NELLE BARACCHE…”.

Questa affermazione sbadata,  fa crollare tutto il castello kikiano di una vita: non sarebbe come dice sempre lui che Carmen è arrivata “dopo” alle baracche quando lui già vi risiedeva ma, viceversa, afferma che Kiko andò alle baracche perché c’era Carmen, che voleva formare un gruppo di missionari per predicare il Vangelo e che QUINDI, anche lui si ritrovò a PREDICARE IL VANGELO NELLE BARACCHE”.


Al giornalista che gli chiede della reazione della famiglia al suo trasferirsi alle baracche, Kiko risponde:
puoi immaginarlo, non l'hanno capito. Mio padre pensava che fossi pazzo. Mio padre aveva visto che mi avevano dato un premio di pittura, che avevo fatto mostre in Olanda, che avevo fatto una mostra di arte sacra in Francia, invitato dal Ministero delle Relazioni Culturali, che avevo vinto un sacco di soldi … Improvvisamente vide che stavo gettando la mia carriera dalla finestra e partii per vivere tra gli zingari; Non capirono.”
Ecco. Cosa aveva visto suo padre? Non solo che aveva vinto il premio (anno 1959), ma che aveva fatto una mostra in Francia e addirittura in Olanda (quest’ultima alla fine del 1965). Non capiva quindi perché volesse andare nelle baracche. Ma quando ci voleva andare? Se la situazione dell’Olanda era già avvenuta, non poteva che essere l’anno 1965 anzi, addirittura il 1966, perché la mostra all’Aia, in Olanda, avvenne alla fine del 1965.

È praticamente l'ammissione che nelle baracche Kiko c'è stato solo per un brevissimo periodo.






Non vogliamo avere la pretesa di aver compiuto una ricostruzione esatta al singolo mese, ma attraverso alcune affermazioni kikiane e carmeniane (affermazioni ripetute molto spesso, dunque non passibili di sviste), con l’ausilio di date certe reperite altrove, ci siamo immersi nel pentolone dove galleggiano tutti gli ingredienti della zuppa kikiana che, a forza di non contestualizzare mai temporalmente gli eventi, ha dato l’impressione errata che potessero essersi svolti in anni “comodi”, ma impossibili.

Di certo la “visione” della Madonna non è avvenuta nel 1959, quando era ancora ateo e non andava nemmeno in Chiesa, perché è chiaro che non poteva "avere sentito da Dio di doversi ritirare in camera a pregare”, non essendo la fede ancora entrata nel suo vocabolario.

Non ci resta che complimentarci con l’Argüello per la sua affabulazione: attraverso fumo e menzogne ha conquistato molti alla sua causa.

venerdì 20 dicembre 2019

E POI, MENTENDO, DICONO CHE IL PAPA NON LI CONSIDERA PROSELITISTICI…

I kikos condividono entusiasti
questo scarabocchio di Kiko
ulteriormente scarabocchiato.

Mi pare che sia da pochissimo tempo che l’Argüello, “riportando” un recentissimo colloquio con Papa Francesco, abbia sostenuto che il pontefice si è complimentato con lui perché NEL Cammino Neocatecumenale NON SI FA PROSELITISMO, attribuendogli la frase:
Allora le cose sono due: o il Papa è una banderuola, che cambia idea da un momento all’altro, o Kiko Argüello è un MENTITORE PROFESSIONALE PUBBLICO.

Senza dubbio alcuno è vera la seconda ipotesi, e lo possiamo anche dimostrare.

Come?

Proviamo a leggere ciò che il 21 maggio 2017 papa Francesco ha detto ai neocatecumenali, parole durissime, durante la visita pastorale nella parrocchia romana di San Pier Damiani ai Monti di San Paolo.

Di Giovanni Paolo II i neocatecumenali hanno pubblicato ogni singolo discorso fatto durante le visite pastorali nelle parrocchie, perché ricevevano elogi dal Papa che amava i Movimenti.

Ma, come sempre, quando ricevono rimproveri e correzioni, tentano furbescamente di abbuiare il tutto, come hanno fatto per il discorso di serio rimprovero che lo stesso Giovanni Paolo II riservò loro nel 1983.

Credo sia uno dei pochi discorsi di questo Papa che non figura nella pagina del loro sito dedicata ai "discorsi dei Papi" in relazione al Cammino Neocatecumenale.

Ma siccome la verità prima o poi viene a galla, perché colui che fa le pentole non è in grado di fare i coperchi, circola in internet anche il grave discorso di Papa Francesco ai neocatecumenali di quella parrocchia romana, in cui l’addebito di proselitismo è forte e chiaro.

Noi l’abbiamo trovato.

Riportiamo le frasi più significative:
Perché la grazia della missione viene dal Battesimo: è il Battesimo che ci dà la forza per la missione, e i laici, che sono i battezzati, sono quelli che devono essere missionari. Poi noi, i preti, le suore, i vescovi anche, tutti. Ma i laici devono andare avanti. È questo che ha detto il parroco: il fatto di visitare le famiglie, ascoltarle... Questo non c’è nel Diritto Canonico, ma è molto importante: l’ “apostolato dell’orecchio”. Ascoltare. “Ma, Padre, si perde tanto tempo…”. No, lo si guadagna! Tu ascolta; poi, a un certo momento dirai una parola e quella parola germoglierà, sarà un seme, andrà avanti. Ma [prima bisogna] ascoltare. Oggi la gente ha bisogno di essere ascoltata. Tutti parlano, si parla di tutto… Ma pensiamo… Vi dico un’esperienza personale – anch’io posso dare una testimonianza personale: a voi piacciono le testimonianze, no? [ride, ridono] –: quante volte ho sentito gente che è venuta da me a chiedere un consiglio, e io sono rimasto zitto, ho lasciato parlare, parlare, parlare… e poi hanno detto: “Sì, è vero: Lei ha ragione”. Io non avevo parlato! Ma era lo Spirito Santo che avevano dentro, che aveva parlato e hanno trovato la strada. Ma avevano bisogno di un orecchio, e tutti voi avete questa esperienza. E se uno incomincia a parlare, non dire: “No, ma questo…”. Non spiegare niente, fino al momento in cui lo Spirito ti dica: “Parla”. Ricordate l’apostolo Filippo: stava battezzando, evangelizzando e lo Spirito gli dice: “Va’ su quella strada…”. E lì ha trovato un carro sul quale c’era un signore, ministro dell’economia della regina dell’Etiopia. Ma era ebreo e leggeva il profeta Isaia. E Filippo non ha detto alcuna parola; soltanto, si è affiancato al carro; quello lo ha guardato e Filippo gli ha chiesto: “Dimmi, tu capisci questo?”. “E come posso capirlo se nessuno me lo spiega?”. E’ stato lui a chiedere. Filippo era in silenzio. L’ha fatto salire sul carro, gli ha spiegato… E lui, quando hanno trovato un po’ d’acqua nel deserto…: “Perché non posso essere battezzato?”. L’ascolto. All’inizio ascoltavano, e poi dicevano una parola. Ma se tu vai in una casa, bussi alla porta e ti aprono la porta e dici: “Vengo ad annunciarti il Vangelo, la salvezza di Cristo”, ti cacceranno via e rovinerai l’opera dello Spirito Santo. Ascoltare. Poi, mentre tu ascolti, la preghiera: “Signore, dammi la parola giusta”. Questo nelle visite alle famiglie fa tanto bene: lasciare cadere la parola giusta. Ma dopo lo sfogo, dopo che loro si sono spiegati bene. E poi andare avanti, in comunità, avvicinare la gente, che si sentano bene… Così si fa la missione. Gesù, una delle immagini più belle che usa per la missione, è quella del seminatore: seminare. Si butta il seme della Parola… E in un passo del Vangelo dice: “Poi, il seminatore va a dormire e non sa cosa succede, ma è il Signore a farlo crescere”. Sempre lavorare con il Signore, sempre. Per favore, non siate proselitisti, ma evangelizzatori. È brutto andare in una famiglia per fare un socio in più a questa ditta ecclesiastica: non è questo. Il proselitismo non va. Papa Benedetto ha detto una frase che non dobbiamo dimenticare: “La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione”, cioè per testimonianza, per servizio. Siate i servitori di tutti e così le cose sono belle.
Chiaro? «Non siate proselitisti, ma evangelizzatori. È brutto andare in una famiglia per fare un socio in più a questa ditta ecclesiastica: non è questo».

È una frase più che eloquente.

La realtà dei fatti che i kikos nascondono
Detta da quello stesso Papa Francesco che avrebbe lodato il Cammino Neocatecumenale perché “non fa proselitismo”, secondo le parole dell’Argüello (e non del Papa).

In quella parrocchia in 30 anni, ad oggi ci sono solo 5 comunità, dice il parroco. Poche: una media di una comunità ogni 6 anni.

Se impiego 30 anni a battere sullo stesso chiodo, prima o poi il chiodo si infila nel legno. È una questione di tempo, non di efficacia.

Ci fosse stata l’«attrazione» di cui parlava Benedetto XVI, sai che folle accorrevano!

Mi pare eloquente anche l’omelia di Papa Francesco, davanti ad un’assemblea che pare essere per lo più neocatecumenale, almeno da quanto si evince dalle parole del parroco (“In questa nostra parrocchia non frequentano in molti”… ci sono 5 comunità più 2 "in missione"…).

Ne riportiamo alcuni brani. Papa Francesco ha detto:
...l’Apostolo ci dice di custodire lo Spirito Santo, e dice di più: “Non rattristate lo Spirito Santo” (cfr Ef 4,30), come [a dire]: “Siate consci che voi avete dentro Dio stesso, il Dio che ti accompagna, che ti dice quello che devi fare e come lo devi fare; Colui che ti aiuta a non sbagliare, che ti aiuta a non scivolare nella tentazione; l’Avvocato: Colui che ti difende dal maligno”.
Chiaro? Ci sta dicendo che il discernimento è personale, deriva dallo Spirito Santo che è in te, non lo deve fare nessun altro al tuo posto come invece fa il cosiddetto "catechista" neocatecumenale rendendo inefficace l'opera dello Spirito nei tuoi confronti oltre che il "tuo" discernimento.

Ed ancora:
E’ Lui che ci dice: “Questo è buono, questo non è buono, questa è la strada sbagliata, questa è la strada giusta…”: ci porta avanti. E quando la gente ci chiede spiegazioni, sul perché noi cristiani siamo così, Pietro dice: “Siate pronti a rispondere a chiunque vi domandi perché siete così” (cfr 1 Pt 3,15). E questo, come si deve fare? Continua Pietro: «Tuttavia, questo sia fatto con dolcezza e rispetto» (v. 15). E qui voglio fermarmi.

Il linguaggio dei cristiani che custodiscono lo Spirito Santo che ci è stato dato in dono, di coloro che sanno di avere lo Spirito che spiega loro [la verità], questo linguaggio è un linguaggio speciale. Non devono parlare in latino: no, no. E’ un altro linguaggio. E’ il linguaggio della dolcezza e del rispetto. E questo può aiutarci a pensare a come è il nostro atteggiamento di cristiani. E’ un atteggiamento di dolcezza, o di ira? O è amaro? E’ tanto brutto vedere quelle persone che si dicono cristiane ma sono piene di amarezza… Con dolcezza. Il linguaggio dello Spirito Santo è dolce, e la Chiesa lo chiama il “dolce ospite dell’anima”, perché Lui è dolce e ci dà dolcezza. E rispetto. Sempre rispetta gli altri. Ci insegna a rispettare gli altri. E il diavolo, che sa come indebolirci nel servizio di Dio, e anche come indebolirci in questa custodia dello Spirito Santo che è dentro di noi, farà di tutto perché il nostro linguaggio non sia di dolcezza e non sia di rispetto. Anche dentro le comunità cristiane.
(Vorremmo solo aggiungere che la dolcezza e il rispetto non consistono nell'ipocrisia e non hanno bisogno di esibire costantemente il sorrisetto di plastica tipico di certi catechistoni di lunga carriera, veri sepolcri imbiancati addestrati a fingere affabilità e sdolcinatura pur di favorire la setta da cui hanno tratto tanti vantaggi)

Prosegue papa Francesco:
Oggi ho detto, all’Angelus [Regina Caeli], e vorrei ripeterlo: quanta gente si avvicina a una parrocchia, per esempio, cercando questa pace, questo rispetto, questa dolcezza e incontra lotte interne tra i fedeli. Invece della dolcezza e del rispetto, incontra le chiacchiere, le maldicenze, le competizioni, le concorrenze, uno contro l’altro…; incontra quell’aria non di incenso, ma di chiacchiericcio… E poi cosa dice? “Se questi sono cristiani, preferisco rimanere pagano”. E se ne va, deluso. Perché questi non sanno custodire lo Spirito, e con questo “linguaggio” di farsi vedere per ambizione, per invidia, per gelosia, tante cose che ci dividono tra noi, allontaniamo la gente. Siamo noi ad allontanarli. E non lasciamo che il lavoro che fa lo Spirito, di attrarre la gente, continui. A me piace tornare su questo argomento sempre, perché vi dico – vi dico con tutta chiarezza! – che questo è il peccato più comune delle nostre comunità cristiane.
(In poche parole il Papa dice che è lo Spirito che "attrae", non l'opera degli "evangelizzatori". Se le persone si allontanano, la responsabilità è di qquelle persone che pur avendo in sé quello Spirito in virtù del Battesimo, non lo sanno custodire e scandalizzano e danneggiano il prossimo. Bisognerebbe ricordarlo sempre a tutti i kikos che affermano che chi non ascolta le "catechesi" sarebbe "chiuso all'evangelizzazione").

Leggiamo la parte conclusiva dell'omelia:
Quando incensavo la Madonna, ho abbassato un po’ lo sguardo e ho visto il serpente, il serpente che la Madonna schiaccia, il serpente con la bocca aperta e la lingua che esce. Vi farà bene guardare com’è una comunità cristiana che non custodisce lo Spirito Santo con dolcezza e con rispetto: è come quel serpente, con una lingua lunga così… Un parroco, una volta, mi diceva, parlando di questo argomento: “Nella mia parrocchia ci sono alcuni che possono fare la comunione dalla porta: con la lingua che hanno, arrivano all’altare!”. Qualcuno di voi potrà dire: “Ma Padre, Lei, sempre con lo stesso argomento!…”. Ma è la verità! Questo ci distrugge! E noi dobbiamo custodire lo Spirito Santo…, e non le cose che il serpente – il diavolo – ci insegna.

Scusatemi se torno sempre su questo, ma io credo che questo sia il nemico che distrugge le nostre comunità: il chiacchiericcio. Forse vi farà bene, non oggi – alcuni oggi, alcuni un altro giorno – quando andate a salutare la Madonna, guardare un po’ in giù e vedere quella lingua [del serpente] e dire alla Madonna: “Madonna, salvami: così non voglio essere. Io voglio custodire lo Spirito Santo come tu lo hai custodito”. Lei ha custodito lo Spirito, che poi è venuto e l’ha fatta mamma del Figlio di Dio.

Sorelle e fratelli, davvero: questo a me fa male al cuore; è come se fra di noi ci gettassimo pietre, uno contro l’altro. E il diavolo si diverte: è un carnevale per il diavolo, questo! Chiediamo questa grazia: custodire lo Spirito Santo che è in noi. Non rattristarlo, come dice l’Apostolo Paolo. Non rattristarlo. E che il nostro atteggiamento davanti a tutti – ai cristiani e ai non cristiani – sia un atteggiamento di dolcezza e di rispetto, perché lo Spirito Santo agisce così con noi: con dolcezza e rispetto.
Mi pare che ci sia poco altro da aggiungere. Molti di noi "ex neocatecumenali" abbiamo vissuto tutto questo sulla nostra pelle, subendo angherie di ogni sorta da parte dei cosiddetti "catechisti" e perfino l'arroganza e l'ipocrisia dei cosiddetti "fratelli" della comunità insegnata come se fossero spontaneità e sincerità.

Contro tali atteggiamenti si è espresso papa Francesco parlando a una parrocchia neocatecumenalizzata, ricordando che sono cose insegnate dal diavolo, che si diverte come al Carnevale…

Lo dice il Papa che l’atteggiamento del vero cristiano è incentrato sul RISPETTO.
Questa parola sconosciuta nelle comunità del Cammino Neocatecumenale e soprattutto da parte dei cosiddetti "catechisti"…

mercoledì 18 dicembre 2019

Gettata via la maschera lo scopo del Cammino Neocatecumenale è “MOSTRARE Kiko” al mondo. Per questo Carmen Hernández ha "negato se stessa"!

Kiko mostra sé stesso al mondo
e anche al Crocifisso
(notate come il Crocifisso è girato?!)


Come già ci dicevamo, possiamo essere piuttosto sicuri che il nostro caro Lino Lista¹ avrebbe avuto parecchio da ridire sullo scarabocchio-autoritratto di Kiko col crocifisso girato al contrario.

Nell'iconografia cristiana il crocifisso è rivolto sempre verso i fedeli, perché evangelizzare è "mostrare Cristo" agli altri.

Dopo che per una vita intera l'eretico Kiko ha esibito come un trofeo il suo crocifisso-sogliola con una gestualità intesa ad imitare i vescovi (lui, laico), ora finalmente ha gettato la maschera e fa capire a tutti che non dovete guardare il crocifisso, ma dovete guardare Kiko. Non vuole mostrarvi il Signore: Kiko vuole mostrarvi sé stesso, affinché adoriate Kiko e la sua barbetta luciferina mentre vi toglie dalla vista Gesù crocifisso.

Del resto è caratteristica tipica del demonio quella di "rigirare le cose" in modo da invertire i significati.

Voglio dunque sinceramente ringraziare Kiko per aver confermato ciò di cui abbiamo sempre fatto esperienza diretta e indiretta, e cioè il fatto che Kiko è un eretico, e la sua opera non ha mai inteso farvi conoscere il Signore.
(da Tripudio)


dice Kiko: "Carmen Hernández! Donna eccezionale, veramente, con una generosità enorme, ha negato se stessa per mostrare me"

In queste poche parole sta tutto lo squallore di un rapporto fra due persone che avrebbero dovuto "volersi bene" del bene di Cristo, mostrare ai propri seguaci e al mondo di vivere in quell'amore "al proprio fratello" di cui parla San Giovanni, per "far vedere Cristo" agli altri (come ha detto Tripudio) non con le parole, come hanno preteso di "insegnare" ma con l'esempio di un rispetto, un affetto e un servizio reciproco che non c'è stato.
E invece? Cosa c'è stato?
Certo un "servizio reciproco" c'è stato, ma diretto "a cosa"? A quale fine?
Il loro rapporto era una collaborazione d'affari, un patto associativo (come avviene nel mondo del business o in quello della delinquenza) per ottenere ciascuno reciproci vantaggi. Lui ci ha messo la parlantina, lei ci ha messo i soldi; lui ci ha messo le doti di uomo da spettacolo e lei ci ha messo le conoscenze potenti... e così via.
Insieme sono stati vincenti!
E Cristo che c'entra?
È stato solo il loro marchio iniziale, il loro involontario testimonial.

Ma se Carmen gli ha sempre puntato il dito contro!
Lo accusava di voler fondare il kikianesimo,
e non voleva morire "kika".




Non è stata certo la passione per l' evangelizzazione che ha unito queste due persone, l'amore di entrambi a Cristo, il desiderio di fare la Sua Volontà, l'amore di entrambi alle persone che li ascoltavano... ma solo 1'enorme egoismo (neanche di coppia!) quando si sono accorti che potevano essere UTILI l'uno all'altra per raggiungere CIASCUNO quel successo che da soli non riuscivano ad avere.

Cristo ha forse insegnato questo? O non ci ha forse dato l'esempio di un amore DISINTERESSATO, non ci ha forse reso possibile, col Suo Sacrificio, la Grazia di amare anche di un amore inutile, non corrisposto, che porta il Bene agli altri e a se stessi il nascondimento, i sacrifici, spesso le lacrime di non vedere benefici per sé?

Ma loro, entrambi, avevano un altro obiettivo: essere sempre più grandi sotto i riflettori.

Non lo capite? Lo dice Kiko in quella brevissima frase: dove sta per lui la grandezza, la generosità di Carmen? Nell'aver sempre fatto un passo indietro (l'ha poi fatto veramente?) per far RISALTARE lui.

La grandezza di una donna sta nel "procurare gloria" a un uomo?
La grandezza di una DISCEPOLA di Cristo sta nel procurare gloria, NON a Cristo, ma ad un uomo?

Costei è quindi una "santa" o non piuttosto una specie di sacerdotessa pagana di un uomo che si propone ad idolo?

Davvero non lo capite? Dalle parole di Kiko stesso?
Lo scopo del Cammino Neocatecumenale (per il quale anche Carmen Hernández ha svenduto la sua dignità di donna) è quello di MOSTRARE Kiko !
Come potete, voi che dite di essere in buona fede, nel pensare di fare un cammino cristiano, di seguire Gesù, continuare a restare lì dentro dove Gesù non viene mostrato?
Io penso che il Signore Gesù se ne è andato via da tempo dal Cammino... perché non Gli piace essere strumentalizzato.
(da Roberta)


Note:

¹) Lino Lista è l'autore di Il fango e il segreto, un libro particolarmente prezioso perché partendo dall'analisi della nueva estetica di Kiko, dai simbolismi del Cammino, da icone, canti, scrutini e rituali, ne dimostra le inquietanti caratteristiche di setta gnostica, confermando così quanto già dimostrato sul piano teologico da altri autori come ad esempio padre Enrico Zoffoli e don Ariel Levi di Gualdo. (p.s.: avete notato che le recensioni negative su Amazon - cioè scritte da fratelli del Cammino - non hanno la scritta Acquisto Verificato? significa che i kikos hanno inserito la loro recensione - cantandosela e suonandosela - senza comprare il libro, men che meno leggerlo. Eppure farebbe loro un gran bene!)