giovedì 29 dicembre 2011

Il "movimentismo" post conciliare e le sue inquietanti implicazioni

Non avete sbagliato blog e non abbiamo cambiato la nostra mission.
Semplicemente ritengo utile un parallelo significativo, che induce a trarre identiche conclusioni, su cui richiama l'attenzione l'articolo odierno di Sandro Magister, Vaticanista di solito ben documentato e accreditato nei Sacri Palazzi. E' tra le poche voci "fuori dal coro". Lo abbiamo constatato anche nei ripetuti commenti e rilievi nei confronti del Cammino neocatecumenale. Anzi, a questo riguardo dobbiamo ricordare un clamorosa rettifica di un suo testo sul "rito" NC, alla quale è stato "obbligato" in seguito ad evidenti ed efficaci pressioni... Può essere interessante e far molto riflettere leggere appunto cosa scrive oggi Magister, mentre a me preme mostrarvi anche lo stralcio di un vecchio articolo (1998): Sant'Egidio story, Il grande bluff, nel quale ritrovo sorprendenti ed inquietanti analogie e non posso che rammaricarmi e chiedermi cosa sta accadendo alla nostra Chiesa: la sua crisi ne ha troppe di sfaccettature poco chiare ma anche poco canoniche. Nostro compito, vigilare pregare e informare, per aiutare a riflettere e fare le scelte giuste. Vi ricorda qualcosa? E non vi fa pensare alle possibili invincibili pressioni sul Papa di cui parlavamo nell'articolo precedente? Da dove viene tutto questo potere a certi movimenti, ai quali non mancano troppi illustri ed autorevoli sponsor, forse più autorevoli e potenti che illuminati?
Cito da Magister del 1998:
«...E i preti? Sant'Egidio ne ha oggi una dozzina. Tolti Paglia e Spreafico, venuti da fuori, gli altri sono cresciuti tutti in casa, senza passare per i seminari diocesani. A decidere chi deve diventare prete è la comunità, ossia Riccardi. E a consacrarli basta un vescovo amico, nell'attesa che vescovo lo diventi uno di loro. Paglia è il candidato. Fermo al palo da anni. Se in Vaticano esitano a dare il via libera alla sua ordinazione è perché c'è finora un solo, troppo discusso precedente di comunità con un suo vescovo speciale: l'Opus Dei. Il timore è che Sant'Egidio diventi un'altra Chiesa nella Chiesa. Ma la spunteranno. Quelli di Sant'Egidio sono pochi di numero. Faticano a reclutare nuovi seguaci e subiscono molti abbandoni. Ma si definiscono "la formica capace di imprese grandi con piccoli mezzi". Sono una lobby potente. Condizioneranno il conclave che eleggerà il prossimo papa. Nessun magnate di Chiesa li vuole avere nemici. Riccardi lo dice spesso ai suoi: "Dobbiamo apparire più di quello che siamo. È il nostro miracolo. Il grande bluff".»
Vi ricorda niente?

martedì 27 dicembre 2011

La brutta storia continua... Il punto della situazione è questo.

Scrive la nostra Emma: Oggi 26 dicembre 2011 ricorre IL PRIMO ANNIVERSARIO del DECRETO DEL PCL nel quale si legge:
"il Pontificio Consiglio per i Laici, dopo aver debitamente consultato la Congregazione per la Dottrina della Fede, approva la pubblicazione del Direttorio catechetico"
UN ANNO DOPO questo decreto, il direttorio catechetico NON È ANCORA STATO PUBBLICATO. Questa non pubblicazione, o pubblicazione che tarda, è un grande scandalo e non fa che confermare la presenza nella Chiesa cattolica di un gruppo settario.

 La solita vedetta neocatecumenale, dà la loro versione:
Vorrei far notare che APPROVA L'EVENTUALE PUBBLICAZIONE MA NON LA OBBLIGA
Il PCL APPROVA LA PUBBLICAZIONE, punto e basta non ci sono "se", non ci sono "ma" perchè non potrebbero esserci. NON CI SONO ITINERARI FORMATIVI SEGRETI NELLA CHIESA CATTOLICA: E amo credere che dopo il Concilio Vaticano II NON è nata una nuova Chiesa.

Intanto c'è chi si chiede.
Una domanda a chi ne sa qualcosa (per conferma di ciò che immagino): in cosa supponete che il Direttorio catechetico si differenzi dagli "Orientamenti alle equipes dei catechisti"?
Il problema è duplice. Il Direttorio è, in teoria, diverso dagli "Orientamenti". Questo perchè il Direttorio "approvato" dovrebbe essere il risultato delle "correzioni" dichiarate dal PCL sulle Catechesi. La lettera del PCL, infatti, che dichiara la sua "collaborazione" con la CDF per la correzione, definisce che gli Orientamenti sono stati inequivocabilmente corretti. Il problema, però, è che l'entità di queste correzioni non è conosciuta. E finchè il Direttorio rimarrà segreto, la speculazione su questo ambito sarà costante. Infatti, potrebbe tranquillamente continuare ad usarsi il "direttorio originale", gli Orientamenti originali (cosa che io penso), continuando a garantire ad intra che quelli "originali" sono esattamente quelli "approvati". Mentre invece i decreti del PCL dichiarano apertamente che gli Orientamenti sono stati corretti. Il problema, però è duplice, come dicevo. Un movimento "cattolico" tiene segreti dei testi catechistici, cosa mai accaduta, e in più non li pubblica nemmeno su ordine di un dicastero (continuando a tenerli segreti), in modo da essere in grado di diffondere OGNI TESTO, garantendo che sia quello approvato... Inoltre i testi "approvati" sono stati "legati" ad un altro testo: l'OICA. Quindi c'è un dovere di coerenza, che l'approvazione non può ignorare. Questa coerenza è stata "dichiarata" in sede di approvazione. Ma sarebbe necessario che fosse dimostrata e che fosse resa pubblica, così come richiesto. Altra anomalia è che IL PAPA stesso ha chiesto che questi direttori vengano pubblicati... La pubblicazione, che siano o meno ortodossi, può generare la richiesta di "coerenza" da parte dell'orbe cattolico.. Possono essere criticati, nel caso di incoerenza con i direttori vigenti. E davanti ad una critica concreta e fondata, le autorità non potrebbero a lungo defilarsi.. Ovviamente una critica posta con criteri corretti.

Conclusione, leggiamo sul "Corriere di Cremona", l'esito dell'operato del "Visitatore apostolico", don Lafranconi. Intanto c'è da chiedersi chi o cosa ha mosso a inviare un "visitatore apostolico" nella diocesi. E comunque il risultato è questo: Insieme a tutta una serie di proposte sensate, che funzionerebbero se il cammino non fosse quello che è, ecco la "calatura di braghe", alias connivenza del "visitatore pastorale" per la diocesi di Cremona e, forse, il vero scopo della stessa:
Sulla ri-evangelizzazione mons. Lafranconi ha ribadito, anzitutto, la scelta dell'iniziazione cristiana secondo il metodo catecumenale: le parrocchie che già hanno attivato questo cammino sono il 60%, le altre dovranno adeguarsi al più presto, ma senza forzature. Legato a questo tema c'è l'invito a intendere la famiglia non come soggetto passivo, ma attivo e propositivo della pastorale. In secondo luogo il presule ha sottolineato l'importanza di alcuni movimenti e aggregazioni particolarmente dediti alla nuova evangelizzazione, come i «Neocatecumenali» o le «Sentinelle del mattino»: a loro è stato affidato il compito di accostare le persone con un'attenzione particolare al loro vissuto personale.
l'"attenzione particolare al loro vissuto personale" non è altro che il potere assoluto dei catechisti sulle persone, compresi i sacerdoti, i contenuti e le prassi sono quelli che conosciamo e il vescovo le avalla. Che dire? Continueranno a vincere col loro aggressivo strapotere finché il Signore lo permetterà. Noi, oltre a pregare e fare quel po' d'informazione corretta, non possiamo...

mercoledì 21 dicembre 2011

Dal Libro NC sul viale del tramonto...

Oggi iniziamo la pubblicazione di alcuni brani significativi del Libro NEOCATECUMENALI. SUL VIALE DEL TRAMONTO, Edizioni Segno, luglio 2011, Prezzo: € 10,00 - già sparito dalla vendita on line - alla quale portava il link a suo tempo disponibile, ora non più...
Noto come la testimonianza è basata su dati obiettivi, molti dei quali già sottolineati da noi; ma non porta nessuna osservazione di taglio teologico o magisteriale... e tuttavia, è sufficiente per identificare la problematica che il cammino apre.

Ho 60 anni e sono sposato; siamo entrambi insegnanti e genitori di quattro figli. Con la presente testimonianza voglio rendere un servizio al Cammino neocatecumenale, non denigrarlo.

Ho amato ed apprezzato per molti aspetti questa realtà, anche se ne siamo usciti insieme io e mia moglie dopo 22 anni, entrambi profondamente distrutti nella persona.
Ne sono usciti anche i nostri figli, che insieme a noi "sin dal loro concepimento" erano stati formati nel Cammino.
La mia intenzione è solo quella di unire la mia voce a quella di tantissimi altri, tra cui sacerdoti e vescovi più credibili ed autorevoli di me, allo scopo di contribuire a far luce sui numerosi e spesso nascosti aspetti negativi del Cammino (in genere se ne conoscono solo gli aspetti più appariscenti, legati a liturgie accattivanti e suggestive), che ha bisogno di rinnovarsi in alcuni contenuti dottrinali e nei metodi formativi che mortificano al persona; che deve uscire da una gestione autarchica, verticistica ed autoritaria, tanto da configurarsi a tutti gli effetti come una "chiesa nella Chiesa".

Siamo entrati nel Cammino nel 1980, quando il nostro Parroco di allora chiese questo tipo di esperienza nella sua Parrocchia.
Venne a catechizzare una coppia proveniente da... (il prof. Mario Severi e la moglie Gemma), accompagnata da un cantore e da un giovane presbitero. Il cantore ed il presbitero sono cambiati negli anni, tranne questa coppia di catechisti.
Dopo un anno siamo stati nominati catechisti anche io e mia moglie insieme ad altre tre coppie.
Con queste coppie abbiamo evangelizzato per oltre un ventennio anche in altre parrocchie.
Abbiamo avuto modo, così, di seguire numerose comunità e di partecipare ai frequenti incontri neocatecumenali organizzati a livello diocesano e regionale. Per cui conosciamo molto bene dall'interno e non per sentito dire, il cammino neocatecumenale.

Per 22 anni abbiamo seguito il Cammino con serietà gioia e fedeltà al cosiddetto "tripode", cioè alla celebrazione settimanale della Parola, al'Eucaristia del sabato sera, alla convivenza mensile.
In qualità di catechisti, per circa vent'anni abbiamo dedicato gran parte della nostra vita all'evangelizzazione e alla cura di diverse comunità, con dedizione e gioia, ma anche co9n tanta sofferenza a causa dei frequenti contrasti col resto dell'equipe dovuti al tentativo da parte nostra di dare alla predicazione un taglio meno moralistico, più libero e gioioso, tentativi che si scontravano sistematicamente con l'atteggiamento troppo legalista del capo-equipe.

Non posso non allargare il discorso sui rapporti tra me e mia moglie, parlando del nostro matrimonio. E non posso parlarne che in positivo, Con mia moglie in tanti anni di matrimonio mai una forte lite o un contrasto che abbia messo in crisi per un solo giorno il nostro matrimonio.
Il Signore ci ha dato di vivere il matrimonio in uno spirito di fedeltà, di unità. di collaborazione, di costante intesa anche nelle piccole cose, di reciproco completamento.

Ma tutto ciò ha deposto in nostro sfavore in sede di "scrutinio" per l'ammissione al "Rito del Padre Nostro", scrutino condotto dall'equipe itinerante che seguiva la nostra comunità e che faceva capo al dott. Mario Severi in qualità di capo-equipe e al sac. Aldo Sensi in qualità di presbitero.

Nel cammino occorre necessariamente confessare grandi peccati e pervenire ad una visione negativa di se stessi, percependosi come "schifo e nullità". Pertanto siamo stati presi per ciechi ed ipocriti, in quanto, invece di confessare incomprensioni, gelosie e litigi in famiglia, abbiamo parlato in positivo del nostro rapporto di coppia.

Ma soprattutto ha allarmato i catechisti il fatto che io abbia osato criticare, sempre in sede di scrutinio, il taglio troppo negativo della predicazione nel cammino, che, come si sa, è tutta incentrata su concetto di "croce [quale croce? ndR] e di peccato"; una negatività che a poco a poco genera, soprattutto nei giovani, un senso di impotenza e di sfiducia di base. Frequenti in tale contesto i casi di depressione! Consapevole di questo, osai dire ai catechisti in fase di scrutinio per l'ammissione al rito del "Padre nostro":
"... sono convinto che all'origine di tanti gravi problemi esistenziali nei giovani c'è una diffusa e gravissima sfiducia di base: per cui, nonostante l'apparenza, sono fragili, incapaci di credere nelle loro potenzialità e di guardare con fiducia ed ottimismo "dentro" e "fuori" di loro. Purtroppo la predicazione del cammino, tutta incentrata su una visione negativa dell'uomo, che li costringe a percepirsi solo come grandi peccatori, impossibilitati a compiere il bene, non li aiuta certo a recuperare ottimismo e fiducia...!"

Nel cammino non è ammessa nessuna critica... ed abbiamo pagato! E così siamo stati giudicati dai nostri catechisti non maturi per il "Rito del Padre nostro"; siamo stati inoltre esonerati da catechisti, costretti a lasciare dopo 22 anni la nostra comunità ed inviati in una comunità che si trovava in una tappa inferiore di cammino. Praticamente un modo indiretto per mandarci via!

Per tutti i fratelli della nostra comunità e soprattutto delle comunità catechizzate da noi ed ancora sotto la nostra guida si trattò di un provvedimento inaspettato e scioccante, che provocò profondo turbamento negli animi di molti, essendo conosciuti come la coppia di catechisti più disponibili verso i fratelli e tra quelli più fedeli al cammino.

Naturalmente, sentendoci in pace con la nostra coscienza, sono seguiti mesi di notti insonni e di profondissimo abbattimento spirituale, acuito dalla totale indifferenza e dall'atteggiamento di abbandono da parte di quasi tutti i "fratelli" di comunità; anche da parte dei "fratelli di equipe, coi quali si erano condivise per tantissimi anni nottate di incontri, catechesi, convivenze, gioie e sofferenze.
Come mai?
Il motivo l'ho scoperto in seguito, leggendo le numerosissime testimonianze di altri che, come noi, hanno dovuto lasciare il cammino. E' Kiko, tramite i suoi catechisti, ad ordinare ai "fratelli" delle comunità di "lasciar cuocere nel loro brodo" (sic) quanti entrano in crisi e lasciano anche temporaneamente il cammino. E questo perché il "pensiero critico" può mettere in crisi la struttura verticistica di questa realtà, per cui è bene stare alla larga da quanti "osano pensare"!

L'abbattimento morale è stato grandissimo! Tanto più che sin dall'inizio avevamo aderito al cammino con tutta la nostra anima, con tutto il nostro corpo, con tutte le nostre sostanze!
Infatti ci siamo lasciati coinvolgere al punto da trascurare salute, lavoro, famiglia, rapporti con amici e parenti: per non parlare della decima mensile sugli stipendi, della vendita dei beni al secondo scrutinio, dei continui versamenti in denaro per far fronte (noi ed i nostri 4 figli) a convivenze in albergo, alle raccolte per i catechisti itineranti e per i seminari "Redemptoris Mater", ecc.
[...]
Quanto all'acqua sporca che contamina il cammino, si analizzino le pagine seguenti, nella speranza, condivisa anche da tantissimi neocatecumeni che non hanno la forza di lasciare questa realtà, che le Autorità religiose competenti intervengano attraverso iniziative immediate e concrete; iniziative volte a rinnovare questo movimento, perché possa rispondere meglio alla dignità della persona e al magistero della Chiesa.
(seguono un centinaio di pagine....)

lunedì 19 dicembre 2011

Distinguere la Chiesa da certi "uomini di Chiesa"

Alcune citazioni di padre Zoffoli dall'agile volumetto "Chiesa e uomini di Chiesa. Apologetica a rovescio", che consegnò alle stampe nell'ultimissimo periodo della sua vita e che perciò possiamo considerare una sorta di testamento spirituale.

L'esposizione - molto dettagliata - è sostanzialmente su due grandi linee: la differenza tra Chiesa (santa perché voluta, vivificata e garantita dal Signore) e uomini di Chiesa (peccatori, ai quali vanno singolarmente attribuite tutte le colpe); e l'assurdità dell'accusare la Chiesa degli errori e delle debolezze dei suoi "tralci secchi".

Gli "uomini di Chiesa", quando non veicolano direttamente i doni di grazia di Nostro Signore, non sono Chiesa e non hanno il diritto di dirsi Chiesa, ma sono nemici della Chiesa. E pensare che certi confratelli di padre Zoffoli (sia religiosi che diocesani) diedero letteralmente alle fiamme più che poterono dei suoi scritti, con la stessa accecata ira con cui gli ebrei perseguitarono Pietro e i primi cristiani, "rei" di professare la fede nel Signore Risorto.

Ecco dunque qui sotto alcune citazioni sparse, pescate a caso.




Nella Chiesa tutto deriva dal suo Fondatore; tanto che nessuno dei discepoli si è mai attribuito un solo barlume della sua rivelazione del Padre, una sola idea del suo messaggio.

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Il Battesimo non rende impeccabili i fedeli, né l'Ordine sacro rende tali i membri della gerarchia. Gesù, eleggendo Pietro come suo vicario visibile, se ha promesso a lui e ai suoi successori soltanto l'assistenza che ne rende infallibile il magistero, non ha però dispensato né loro, né i vescovi, né i sacerdoti, né i fedeli dallo sforzo del tutto personale necessario per pensare e vivere in modo conforme alle verità professate.

Se il Papa, come Pastore universale, non può errare, non si esclude però che - come persona privata - possa essere assalito dal dubbio, tentato di apostasia, nutrire opinioni errate... Molto meno può escludersi che sia moralmente mediocre (e persino corrotto!), soggetto a debolezze ed errori più o meno gravi, motivando perciò la critica dei contemporanei e severi giudizi della storia.

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Occorre attribuire al sacerdote in quanto tale solo il bene dovuto al ministero da lui esercitato, perché allora, in lui e per lui, opera e parla soltanto il Cristo; mentre la colpa di tutti i suoi errori e vergogne si deve al medesimo in quanto uomo. Mentisce, dunque, se, come tale, osa identificarsi con la Chiesa, imporsi in suo nome, abusare dei suoi poteri. Per ciò stesso egli commette il più turpe dei sacrilegi, si comporta come il suo denigratore più insidioso e temibile.

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Oggi certi promotori di un ecumenismo a tutti i costi non fanno che deplorare le colpe della Chiesa, preoccupati che questa si riconcili con quanti, nei secoli scorsi, essa avrebbe offeso.

Sembra che ebrei, musulmani, protestanti di tutte le sette, greci scismatici di tutti i riti, credenti di tutti i culti, ecc. abbiano molte e grosse pecche da rimproverare alla Chiesa Cattolica: dal nepotismo alla simonia, dall'oscurantismo all'ambizione del potere, dall'ipocrisia alla corruzione dei costumi, dalla cupidigia delle ricchezze alla complicità coi tiranni...

Per letterati e storici di tutte le ideologie sono un boccone ghiottissimo particolarmente certi episodi come l'Inquisizione, le Crociate, il caso Galileo e innumerevoli altri, meno noti, ma non meno discussi e incresciosi, la cui responsabilità si fa ricadere sulla Chiesa. Non c'è iniziativa infelice di papi, legati pontifici, cardinali, vescovi, ecc. che non le sia attribuita.

La Chiesa sarebbe la prima colpevole di insuccessi diplomatici, riforme fallite, manovre equivoche, disposizioni dissennate, scismi secolari, scandali a non finire...

L'accusa è grave, e più allarmante è la conclusione che se ne potrebbe trarre a favore dell'ecumenismo più confusionario e malaccorto: la religione professata da una «chiesa tale» non può esser l'unica degna di fede, superiore e preferibile alle altre... Ciascuna è «vera», sia pure a suo modo; quindi, capace di procurare la salvezza a quanti vi aderiscono, contro il «colonialismo missionario», altra accusa mossa alla Chiesa Cattolica.

Inoltre, si potrebbe persino obiettare che, se in passato questa spesso e gravemente ha errato, si avrebbero tutte le ragioni di temere che per l'avvenire commetta altri e anche peggiori errori; per cui non è affatto affidabile come «Maestra di vita».

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In breve: le colpe attribuite alla Chiesa sono esclusivamente proprie degli uomini di Chiesa, laici e chierici, in basso e in alto. Uomini detti «di Chiesa» solo perché appartengono ad essa come tralci secchi e sterili, ancora inseriti nella vite, ma prossimi ad essere recisi e gettati al fuoco.

In realtà, pur non essendo scismatici né eretici, la loro fede è in via di estinzione, sopraffatta dall'impeto di concupiscenze ereditate da una natura corrotta, alimentate nel terreno di coltura di un mondo dominato dal Maligno e per il quale Gesù non ha pregato (Gv 17, 9).

Soprusi, violenze, turpitudini, sacrilegi di cattolici empi e di sacerdoti rinnegati, non sono della Chiesa ma del mondo, che, sotto mentite spoglie, vi si è intruso per eclissare - più o meno coscientemente ed efficacemente - la luce dei suoi dogmi, offuscare la purezza della sua morale, profanare i suoi riti, sopprimere le sue tradizioni, secolarizzarla fino ad eliminare ogni residuo del «sacro».

A loro volta filosofi, storici e letterati, ecc. più si accaniscono a biasimare la Chiesa, più condannano duramente se stessi, perché quel che le rimproverano è precisamente quanto ha la sua esclusiva origine nella società di cui fanno parte, nella cultura da essi creata...

Le accuse mosse alla Chiesa sono la più rivoltante e vergognosa espressione dell'ipocrisia umana.

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Attribuire alla Chiesa delle colpe è lo stesso che attribuirle a Cristo. Non ha detto forse che non possiamo nulla senza di Lui, come appunto «il tralcio» senza «la vite»? (Gv 15,5).

E le colpe dei fedeli, le carenze, i disordini, i tradimenti, gli scandali del Clero? Se tutto il bene viene solo da Cristo, tutto il male è imputabile soltanto ad essi. Ciò si deve al fatto che, pur essendo membri - più o meno qualificati e responsabili - della Chiesa, non traggono però dalla sua vitalità tutte le energie necessarie per salvare la propria identità di «cristiani»... non si lasciano guidare interamente dal Cristo, animare e modellare dal suo Spirito, conseguendone perciò una loro appartenenza al suo Corpo soltanto esteriore, imperfetta, menzognera.

Se il «santo» non può affermare di essere la Chiesa, dovendo limitarsi a credere di esserne un elemento materiale-passivo; il peccatore ostinato e impenitente - onestamente - non può ritenersi neppure tale, perché materia ribelle all'azione della Grazia, almeno finché non si converte. Egli è «l'anti-Chiesa».

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Sottolineo che persino dal suo interno - chi più e chi meno consapevolmente e gravemente - essi hanno fatto del tutto per demolirla, tentando di frantumarne le basi nel negare la sua autorità di Maestra, abbattere la sua struttura gerarchica, contraffare (e quasi parodiare) la sua liturgia, vanificare la sua opera missionaria.

***
Se per assurdo fosse davvero impossibile conoscere verità assolute, risulterebbe che ogni religione è relativamente vera, per cui nessuna è oggettivamente preferibile alle altre. Segue che l'attività missionaria non solo è superflua - potendo tutte condurre alla salvezza -, ma anche offensiva della coscienza umana, lesiva della libertà a cui ogni persona ha diritto, non rispettosa delle tradizioni e della cultura dei singoli popoli.

Respinta la divinità di Cristo e la realtà del suo sacrificio di espiazione, è vano credere che il culto debba consistere principalmente nel celebrarlo: la Messa può avere un senso e un valore solo se intesa come banchetto fraterno, espressione di un amore universale, possibile a tutti i cultori della Trascendenza.

Se l'Eucarestia è soltanto una mensa e, per essere commensali, basta credere e amarsi a vicenda, la funzione del sacerdozio non comporta alcun potere e dignità che renda chi ne è investito superiore agli altri fedeli.

***
La Chiesa, dunque, in agonia, ed anzi distrutta, schiacciata sotto il cumulo enorme dei suoi errori?

Così pensano i suoi nemici esterni, che s'illudono di poter enumerare e aggravare le sue «colpe». In realtà, la Chiesa, non avendo commesso alcun errore, non ha bisogno di esser difesa. L'unica apologia possibile e doverosa per uno storico oggettivo ed un credente realmente illuminato è quella fondata sulla sua vera natura e la sua irriducibile distinzione dagli uomini di Chiesa.

***
La Chiesa, distinta dagli uomini che compongono il suo peggiore elemento, ha potuto e potrà sempre difendersi dagli attacchi dei suoi denigratori. Essa alludendo ai medesimi, può parlare di veri «anticristi» che, secondo Giovanni, «sono usciti da noi, ma non erano dei nostri» (1 Gv 2, 19). Ma c'è di più.

Distinti dalla Chiesa - ed anzi ad essa avversi - i falsi cattolici sono i migliori alleati dei suoi nemici, di cui condividono idee e sentimenti, abitudini e interessi, programmi e tenore di vita. Segue che, smascherando certi uomini di Chiesa, si arriva a colpire non la Chiesa, ma il mondo che, dominato dal Maligno, è simbolo di tutte le menzogne, le violenze, le turpitudini, le follie umane...

Ciò vuol dire che una forma di apologetica particolarmente efficace può essere favorita dalla ricerca di tutte le malefatte dei falsi credenti, dall'ultimo dei fedeli ai vertici della gerarchia. Costoro, sotto le sembianze della pecora hanno nascosto la scaltrezza e la ferocia del lupo: le loro convinzioni e intenzioni non sono mai state della Chiesa di Cristo, ma di uomini che, abilmente travestiti, sono colpevoli di averla tradita e denigrata, responsabili della sua tentata «autodistruzione», lamentata da Paolo VI; di aver dato l'impressione di una Chiesa che sta come percuotendo se stessa..., facendo supporre che «per qualche fessura il fumo di Satana sia entrato nel tempio di Dio»; per cui - dopo il Vaticano II -, «invece del sole, abbiamo avuto le nuvole, la tempesta, le tenebre» (Disc. del 29.6.1972).

sabato 17 dicembre 2011

Un esempio di arcano tra exoterismo ambiguo ed esoterismo iniziatico: due Cene di Francesco Arguello detto Kiko

Pubblico l'articolo di Lino Lista sull'inquietante simbologia delle due icone raffiguranti entrambe, a prima vista, l'Ultima Cena.


Chi è l’Apostolo che nel dipinto dell’Ultima Cena, un’icona della “Corona Misterica” del pittore Francesco Arguello installata nella chiesa neocatecumenale di San Bartolomeo in Tuto, intinge la mano nella ciotola/calice? La figurazione di Arguello è tratta dalla Sacra Scrittura di Giovanni e raffigura evidentemente l’evento pre-pasquale narrato nel Quarto Vangelo: gli Apostoli intorno alla tavola con Gesù, infatti, sono dodici e il mantello di Cristo è simbolicamente nero, segno dell’imminente passione e morte. La scena, riprodotta alla lettera, ha per unico riferimento testuale il capito 13 del Quarto Vangelo, dove “il discepolo che lui amava”, stando reclinato sul petto di Gesù, su richiesta di Simon Pietro domanda al Maestro chi sia il traditore (Gv 13:24-26). Questi, ovviamente, è Giuda, figurato nell’atto di prendere il boccone intinto nella scodella. Nell’icona – come mirabilmente spiegano nel sito della chiesa di San Bartolomeo in Tuto – Giuda “è vestito di azzurro e rosso, tonalità brillanti e sfarzose, simbolo dell'amore al mondo e alla sua gloria”.
Si osservi, ora, la seguente seconda Cena di Kiko. Solo apparentemente i due dipinti sono simili. Nel secondo, infatti, intorno al tavolo gli Apostoli sono soltanto in undici e Gesù mostra i segni della Passione sulla mano e sul petto. A discapito dell’identica postura del “discepolo che lui amava”, l’immagine è post-pasquale, successiva alla Resurrezione, come intende significare anche la veste bianca. Sorge spontanea una serie di obiezioni: quando mai, nelle narrazioni post-Resurrezione dei Vangeli canonici, il “discepolo che lui amava” si rimette in seno a Gesù? C’è ancora chi tradisce, dopo la Resurrezione? Un pittore di arte sacra può inventarsi scene nuove, anche sostituendo il pane del tradimento del Salmo 40:10 con uno dei luminosi simboli del cristianesimo, il pesce/ICTYS (Iesous Christos Theou Yios Soter = Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore)? Ancora: perché gli Apostoli sono in undici? Perché manca Giuda, verrebbe da rispondere, essendosi l’Iscariota suicidato nello stesso giorno della condanna di Cristo (Mt 27:3-10). Riposta opinabile, perché nel dipinto Giuda appare presente, visibilissimo, vestito con lo stesso abito azzurro e rosso, nel medesimo atto d’inchinarsi con una mano nella scodella, rassomigliante al Giuda dell’icona di San Bartolomeo in Tuto. A mancare, allora, come nella prima visita del Signore agli Apostoli raccontata nel capitolo 20 di San Giovanni, si potrebbe immaginare sia Tommaso.

Ecco l’arcano principe: perché Kiko Arguello raffigurò un Apostolo riconoscibile come Giuda in una cena post-Resurrezione? Due sono le possibili interpretazioni dell’intentio auctoris. Nella prima, oltremodo svilente per l’artista, non esiste alcuna intenzione dell’autore. Egli, semplicemente, dipinge nella cena post-Resurrezione un diverso Apostolo, purtroppo formalmente e simbolicamente simile al suo Giuda dell’Ultima Cena, ritenendo ininfluente l’incauta somiglianza tra le due figure. In questo caso c’è soltanto da meravigliarsi che un pittore così mediocre possa essere esposto dentro chiese del Cattolicesimo, che di tanti capolavori di arte sacra si è fatto mecenate nei secoli. Nella seconda ipotesi, Francesco Arguello intenzionalmente dipinge l’Iscariota in entrambe le opere. I colori degli abiti degli Apostoli, occorre notare, sono ugualmente replicati nelle figure identificabili come corrispondenti nelle due pitture (San Pietro, per esempio, necessariamente seduto accanto al discepolo che sta in seno a Gesù, è vestito identicamente nelle due raffigurazioni).

Il dipinto post-Resurrezione, allora, è suscettibile di assumere valenza di insegnamento esoterico, con messaggi destinati agli iniziati dei massimi gradi e velati alla superficialità con la quale, nei nostri tempi, si guardano le opere simboliche. Un conoscitore del vangelo apocrifo di Giuda definirebbe, senza indugio, il dipinto come gnostico, con Giuda “tredicesimo spirito” del quale l’apocrifo non narra il suicidio, con Giuda che assume un ruolo provvidenziale e positivo nel Mistero pasquale (sia nella morte sia nella resurrezione di Cristo, nel nostro caso-studio). Kiko Arguello – iniziatore del Cammino Neocatecumenale, da molti accusato di essere un movimento sincretico fondato su basi gnostiche – in una sua catechesi considera Giuda necessario per il Mistero pasquale. Anche in questa seconda ipotesi, non si comprendono i motivi per i quali un pittore, che con le sue opere ambigue induce simili considerazioni, sia esposto in chiese cattoliche. Forse i buoni critici dell’estetica cristiana non abitano più né a Roma né a Firenze.
Lino Lista

mercoledì 14 dicembre 2011

Kiko alla conquista del Perù

Papa Benedetto XVI ha confermato mercoledì scorso la nomina a vescovo di Callao (diocesi del Perù di poco più di un milione di anime e un centinaio di sacerdoti) di un "presbitero" spagnolo sessantunenne di stretta osservanza kikiana - era stato infatti "itinerante" fin dal 1970, ed ai vertici del Cammino fino ad oggi.

Andrà a sostituire mons. Irizar, che si è dimesso per limiti di età e che in passato godeva della poco invidiabile nomea di "miglior alleato peruviano del Cammino Neocatecumenale" (chissà dunque che soprannome guadagnerà il neoeletto vescovo; per ora la stampa si limita a titolare cose come: "un «kiko» spagnolo a capo di una diocesi in Perù").

Chi affermasse che questa nomina sarebbe stata davvero "voluta" e "desiderata" da papa Benedetto XVI, con ciò stesso accusa il Papa di essere totalmente incoerente: da un lato promuove la sana dottrina e la sana liturgia, dall'altro "vorrebbe" e "desidererebbe" alla guida della Chiesa gli inquinatori della dottrina e devastatori della liturgia? Davvero? Se questo è il male minore da tollerare, non osiamo pensare al male maggiore che il Papa ha evitato accettando tale nomina.

Il Perù è da tempo terra di conquista del Cammino. Nel 1985 papa Giovanni Paolo II visitò il Perù: immediatamente Kiko istituì una cerimonia delle "alzate" per i peruviani neocatecumenali, alla quale furono fatti alzare "più di 100 giovani".

Nel 1986, cioè ventidue anni prima dello Statuto neocatecumenale, quegli oltre cento giovani divennero 26 seminaristi "adulti" e furono immessi in un seminario kikiano Redemptoris Mater creato ad hoc (anche se ci vorranno altri tre anni prima di assumere la denominazione definitiva, un po' bislacca per la verità, "Redemptoris Mater e Giovanni Paolo II").

Nella foto in alto, una lezione nel sopracitato seminario, con un gigantesco affresco kikiano che incombe sugli studenti.

lunedì 12 dicembre 2011

Voci di approvazione della liturgia neocatecumenale. Se accadesse saremmo in pieno mysterium iniquitatis!

Ho appena ricevuto questa comunicazione, che non dice nulla di nuovo rispetto a quanto dibattuto. Ma prendo le mosse da qui per fare una sintesi di quanto espresso finora:
"Si prepari al peggio, perché circolano voci in rete, da fonte neocatecumenale, secondo le quali il Papa sarebbe sul punto di approvare la "liturgia neocatecumenale" [vedi anche] che non ho bisogno di ricordarle lui stesso ha voluto modificare con le sue precise prescrizioni già nel dicembre 2005.
Quelle prescrizioni sono state ignorate e non si capirebbe, se quelle voci sono fondate, come il Papa potrebbe sconfessare se stesso su un punto così essenziale come la Liturgia. Vedremo se si tratta di intox o del preannuncio di un qualcosa che, se fosse vero, sarebbe incomprensibile e sconcertante".
Essenziale excursus sull'accaduto:

-dicembre 2005: lettera del card. Arinze che trasmette le NORME del Papa sulle modifiche da portare al "rito" neocatecumenale per renderlo conforme alla liturgia cattolica.
Nei due anni che seguono, Kiko Arguello e i suoi potenti amici in Curia, dopo aver detto ai neocatecumenali di non cambiare niente, iniziano la loro vergognosa battaglia contro le norme del Papa e contro la liturgia cattolica.

-13 giugno 2008: Lo statuto è consegnato al cnc dal card. Rylko - [vedi anche], SENZA l'approvazione della CdF e della Congregazione del Culto divino, uno statuto che non porta la firma del Papa ed è monco del suo fondamento teologico... strano per un itinerario di formazione cattolica, statuto nel quale figura all'art.13 il rito di Arguello senza le modifiche volute dal Papa, la lettera del card. Arinze è nelle note a quell'articolo.
Per stessa ammissione di Kiko Arguello durante la conferenza stampa che segue la consegna dello statuto il PAPA VUOLE LA PUBBLICAZIONE dei testi catechetici.

-gennaio 2009: finalmente il Papa parla incontrando i neocatecumenali in San Pietro e dice che il PCL ha approvato lo statuto, diversi richiami ma nessun accenno alla liturgia e ai testi catechetici ancora segreti e non approvati.

-Dicembre 2010: approvazione del direttorio catechetico rivisto e corretto, il decreto del PCL approva la PUBBLICAZIONE del direttorio catechetico.

-dicembre 2011: il direttorio catechetico è ancora secretato

E a queste gravi anomalie dovremmo aggiungere quella di un'approvazione da parte della Congregazione del Culto divino di quel "rito" sincretista che Arguello ha creato per le sue comunità rifiutando la liturgia cattolica, la teologia liturgica cattolica e rifiutando di obbedire al Papa nel 2005?

Mi rifiuto di credere che ciò possa succedere. Se mi sbaglio non potrò, con il cuore pesante, che dirmi: ma dove sta andando la Chiesa? È ancora la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, che deve conservare e trasmettere fedelmente il sacro Deposito della Fede?

Di fatto la liturgia è già entrata a pieno titolo a far parte dello Statuto del Cnc, ma di fatto ci è finita SENZA l'approvazione della Congregazione del Culto divino. Sempre nello stesso statuto, quel movimento è stato definito itinerario di formazione cattolica SENZA che il suo fondamento teologico e i suoi testi fossero ancora approvati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha invece 'passato' la palla alla Congregazione dei Laici che non ha mancato di emettere lo scorso anno un Decreto approvativo di Direttori tuttora segreti. Il "segreto" può essere proprio della Chiesa cattolica o non è un elemento settario?

Ci rendiamo conto della gravità di quelle anomalie?

Sarà interessante vedere come potrebbe essere ignorata questa frase della Lettera del card. Arinze: "...sono a comunicarVi le decisioni del Santo Padre." E come potrebbe essere ignorata questa dichiarazione del Cardinale latore della Lettera: "...E c’è stata anche una discussione tra sette cardinali della Curia romana per volere del Santo Padre, i quali hanno esaminato il tutto. Dunque, questa lettera è la conclusione di tutto."

È mai possibile che le Congregazioni vaticane competenti, CDF e Congregazione del Culto divino, non possano fare altro che avallare, messi davanti al fatto compiuto, gli abusi commessi dal fondatore del cnc con l'aiuto dei suoi amici in Curia? È mai possibile che non possano fare altro che cedere alle pressioni della "lobby" neocatecumenale?

Infatti. Questo eventuale documento confermerebbe l’ambiguità nella quale hanno navigato per anni, e confermerebbe tutte le perplessità espresse qui e precedentemente. La sola logica visibile in tutto questo è quella degli inciuci di palazzo che nulla hanno a che vedere con la sacralità della liturgia che rifugge per definizione da modifiche e relative approvazioni. E nulla hanno a che vedere col pensiero del Papa, in mille modi espresso. Concordo con chi ritiene che la recente circolare diramata dalla Segreteria di Stato certifica il controllo preventivo della segreteria sui documenti papali: favoletta? Magari! L'immagine riproduce il cardinal Bertone e veicola il senso del suo grande potere: la sua "marcia in più", come la definisce Magister. Ma di certo non è il solo ad esercitarlo...

Inserisco qui l'analisi del documento di cui al link fatta da Stefano:
  1. I documenti a firma del Papa, non solo non è detto che siano firmati da lui PERSONALMENTE, ma neanche è detto che vengano da lui letti ed approvati!
  2. I documenti che vengono diffusi A NOME DEL PAPA, vengono diffusi a suo nome anche se non sono stati visionati e approvati da lui!
  3. Ora Mons. Becciu è un buon Vescovo. Potrebbe essere un bene che abbia ribadito la funzione della Segreteria di Stato, come appunto organo, strumento a supporto del Papa (magari fosse sempre così). Ma alla fine, anche la Segreteria di Stato potrebbe fare (ed ha fatto!) come gli altri organismi curiali: ovvero diffondere messaggi, istruzioni e dichiarazioni Papali, firmate dal Papa che in realtà non l'ha manco viste, coinvolgendo la sua stessa autorità! VI SEMBRA POCO?
C'è da dire che uno statuto non è definitivo. Come è stato dato, può essere tolto e-o modificato. Niente dovrebbe impedire alle Congregazioni competenti di agire per correggere una situazione veramente anomala e per fare rispettare la volontà e l'autorità del Papa. Niente se non una situazione di anarchia e ribellione nella Curia stessa. Perché non è possibile che il Papa smentisca se stesso e lo faccia proprio sulla liturgia. Questo è poco ma è sicuro.

E tuttavia, se lo statuto segnasse l'approvazione definitiva anche della Liturgia, non ci sarebbe bisogno di nessuna "contro-lettera". Lo Statuto ha recepito la Lettera del Papa, che vi è citata senza modifiche, contradditoriamente sigillate dalla prassi. Il problema dello statuto, ricorrente vezzo post-conciliare, è la sua interpretabilità. Il problema del Cnc è l'inquientante entità spirituale che esso incarna. Chi avrà la pazienza di leggere il documento di cui a questo link, potrà rendersene conto.

domenica 11 dicembre 2011

"Non perdete il senso della Domenica! Siate Fedeli alla Tradizione Millenaria della Chiesa"!

Visita del Santo Padre alla Parrocchia di Santa Maria delle Grazie in Roma

Omelia

... ognuno di voi deve sentirsi come un elemento di questo edificio vivo; la comunità si costruisce con il contributo che ognuno offre, con l’impegno di tutti; e penso, in modo particolare, al campo della catechesi, della liturgia e della carità,pilastri portanti della vita cristiana.
La vostra è una comunità giovane, l’ho visto salutando i vostri bambini. E’ giovane perché costituita, soprattutto per quanto riguarda i nuovi insediamenti, da famiglie giovani, e anche perché tanti sono i bambini e i ragazzi che la popolano, grazie a Dio! Auspico vivamente che, anche attraverso il contributo di persone competenti e generose, il vostro impegno educativo si sviluppi sempre meglio e che la vostra Parrocchia, anche con l’aiuto del Vicariato di Roma, possa dotarsi quanto prima di un oratorio ben strutturato, con adeguati spazi per il gioco e l’incontro, così da soddisfare il bisogno di crescita nella fede e in una sana socialità per le giovani generazioni. Mi rallegro per quanto fate
nella preparazione dei ragazzi e dei giovani ai Sacramenti. La sfida che abbiamo davanti consiste nel disegnare e proporre un vero e proprio percorso di formazione alla fede, che coinvolga quanti si accostano all’iniziazione cristiana, aiutandoli non solo a ricevere i Sacramenti, ma a viverli, per essere veri cristiani. Questo scopo, ricevere, deve essere vivere,come abbiamo sentito nella prima Lettura: deve germogliare la giustizia come germoglia il seme nella terra. Vivere i sacramenti, così germoglia la giustizia e così anche il diritto e l’amore.
A questo proposito, la verifica pastorale diocesana in atto, che riguarda proprio l’iniziazione cristiana, è un’occasione propizia per approfondire e vivere i Sacramenti che abbiamo ricevuto, come il Battesimo e la Confermazione, e quelli ai quali ci accostiamo per alimentare il cammino di fede, la Penitenza e l’Eucaristia.
Per questo è necessaria, in primo luogo, l’attenzione al rapporto con Dio, mediante l’ascolto della sua Parola, la risposta alla Parola nella preghiera, e il dono dell’Eucaristia.
Io so che in Parrocchia ci sono inseriti incontri di preghiera, di lectio divina e che si tiene l’adorazione eucaristica: sono iniziative preziose per la crescita spirituale a livello personale e comunitario. Vi esorto caldamente a parteciparvi sempre più numerosi. In modo speciale, desidero richiamare l’importanza e la centralità dell’Eucaristia. La santa Messa sia al centro della vostra Domenica, che va riscoperta e vissuta come giorno di Dio e della comunità, giorno in cui lodare e celebrare Colui che è nato per noi, che è morto e risorto per la nostra salvezza, e ci chiede di vivere insieme nella gioia e di essere una comunità aperta e pronta ad accogliere ogni persona sola o in difficoltà. Non perdete il senso della Domenica e siate fedeli all’incontro eucaristico. I primi cristiani sono stati pronti a donare la vita per questo. Hanno saputo che questa è la vita, e fa vivere.
Venendo tra voi, non posso ignorare che nel vostro territorio una grande sfida è costituita da gruppi religiosi che si presentano come depositari della verità del Vangelo.
A questo riguardo è mio dovere raccomandarvi di essere vigilanti e di approfondire le ragioni della fede e del Messaggio cristiano, così come ce lo trasmette con garanzia di autenticità la tradizione millenaria della Chiesa. Continuate nell’opera di evangelizzazione con la catechesi e la corretta informazione circa ciò che crede e annuncia la Chiesa cattolica; proponete con chiarezza le verità della fede cristiana, siate - come dice san Pietro - pronti «a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3,15); vivete il linguaggio comprensibile a tutti dell’amore e della fraternità, ma senza dimenticare l’impegno di purificare e rafforzare la propria fede di fronte ai pericoli ed alle insidie che possono minacciarla in questi tempi. Superate i limiti dell’individualismo, della chiusura in se stessi, il fascino del relativismo, per cui si considera lecito ogni comportamento, l’attrazione che esercitano forme di sentimento religioso che sfruttano i bisogni e le aspirazioni più profonde dell’animo umano, proponendo prospettive di appagamento facili, ma illusorie. La fede è un dono di Dio, ma che vuole la nostra risposta, la decisione di seguire Cristo non solo quando guarisce e solleva, ma anche quando parla di amore fino al dono di se stessi.
Un altro punto su cui vorrei insistere è la testimonianza della carità, che deve caratterizzare la vostra vita di comunità. In questi anni voi l’avete vista crescere rapidamente anche nel numero dei suoi membri, ma avete visto anche giungere molte persone in difficoltà e in situazioni di disagio, che hanno bisogno di voi, del vostro aiuto materiale, ma anche e soprattutto della vostra
fede e della vostra testimonianza di credenti. Fate in modo che il volto della vostra comunità possa sempre esprimere concretamente l’amore di Dio ricco di misericordia ed inviti ad accostarsi a Lui con fiducia...

BENEDETTO XVI

sabato 10 dicembre 2011

Non siamo ancora arresi all'orrido ed all'assurdo


Continuiamo a ricevere richieste su ciò che potrà o potrebbe accadere con la liturgia e con i Direttori, ancora segreti, del Cammino neocatecumenale. E' una domanda inquietante che ci facciamo anche noi, alla quale non abbiamo segnali che prefigurino una risposta.

Purtroppo i precedenti ci hanno abituati all'assurdo (o meglio, hanno tentato di assuefarci, cosa che non accadrà mai con l'aiuto del Signore); per cui non sappiamo, ma temiamo il peggio, anche se osiamo sperare che la Provvidenza custodisca la Chiesa perché non abbia a toccare il fondo...

Lino, attendibilmente scrive (ho inserito l'immagine che lo documenta): "Ciò che accadrà in seguito, non potrà che confermare ciò che è avvenuto, vale a dire di quale 'Chiesa' ha fatto parte Kiko con la sua 'Nuova Estetica'. Ieri sera ho fissato l'attenzione su questo dipinto, in particolare sul simbolo che sta in petto a "Cristo" (vedi immagine qui sopra).

E' un occhio del cuore e, vi garantisco, non fa parte del nostro patrimonio simbolico. I giovani neocatecumenali, però, i simbolismi esoterici della Nuova Estetica di Kiko se li pappano tutti interi, non li sbucciano, sono segretati anche per loro.

Fate in Google la ricerca "l'occhio del cuore" + massoneria : troverete una "Chiesa" del cristianesimo primitivo.

Notare poi gli arti di Kiko. Un braccio sta a squadra, l'altro ha sulla mano una figura tonda (NdA per chi non ha competenze di disegno e simbolismi: l'allusione è a un compasso). Squadra, compasso e "occhio che vede tutto" di Guénon. Vi basta, per capire? Per i "fratelli" di Kiko certamente è sufficiente, lo avranno capito. Per voi, nel caso contrario, posso continuare."

Attendiamo con interesse il tuo studio, caro Lino.

Questa osservazione di Lino mi induce a ripescare, dal sito, uno dei più vecchi documenti del cammino, oggi spariti da ogni sito. Lo inserisco, insieme a parte del contenuto a suo tempo elaborato: le cose vanno insieme e molti incastri dell'orrido puzzle che abbiamo davanti cominciano ad acquistare il loro posto.

Il documento di cui all'immagina a lato ci induce a introdurvi in una ulteriore riflessione.
Noterete riportata la visione ecclesiale del nostro eresiarca: la frase "no hay vida cristiana sin comunidad", afferma la comunità neocatecumenale come unica possibilità di vita cristiana. Nel "grafico" che raffigura i credenti nel mondo che c'è a destra, il mondo religioso si divide in:
  • altre religioni
  • cattolici
  • protestanti
  • cattolici che soddisfano il precetto domenicale
Inscritto in questi ultimi sta il punto nero, il CNC, una scritta con freccia lo qualifica: "pueblo de Dios, luz" con le frecce (l'evangelizzazione) che raggiungono tutti i settori, compreso quello dei... cattolici.

Nella pagina che osserviamo sulla nostra sinistra troviamo lo scritto "ancla" inscritto in un rettangolo, a fianco è disegnata l'ancora, la croce del cammino, che poi Kiko evolve successivamente in una variante del crismon o monogramma di Costantino (composto dalle lettere greche maiuscole X e Ro, le iniziali di Cristo, ma in questo caso c'è solo la croce e mancano alfa e omega ai lati). Attenzione al fatto che esiste una derivazione di ankh (simbolo egizio della vita eterna) che rappresenta il pianeta Venere (e la donna), è una croce greca con alla sommità un circolo, sotto certi aspetti molto somigliante.

Questo dell'ancora è il simbolo iniziale della croce del cammino, forse potremmo dire un albero con le radici che partono da terra (no hay vida cristiana sin comunidad), la "comunità di chi viene dall'inferno pieno di ferite e di disprezzo", tramite la quale per Kiko si arriva al cielo ed alla vita eterna. [vedi anche]

Non ci siamo ancora arresi, né mai potremo farlo, alla vittoria dell'orrido e dell'estraneo alla nostra Fede. Mettiamo tutto questo nella mani del Signore e della Sua e nostra Madre Santa e Benedetta e facciamo quel che possiamo perché chi ancora può riesca ad aprire gli occhi.

Questo, insieme a troppi altri, appare come un segnale rivelatore; ma troppi, per semplicità, per superficialità oppure per dipendenza e, Dio non voglia, connivenza, se lo lasceranno scivolare addosso e passeranno oltre come niente fosse.

lunedì 5 dicembre 2011

Siamo qui a testimoniarvi ciò che la Chiesa ci ha trasmesso

La nostra cara Jonathan riprende questo passo del trhead precedente e ci dona la sua "risonanza", che è bene estrarre perché diventi dono per tutti.
Il rito eucaristico «mette il Calvario sul nostro altare» [...]
Non sarebbe possibile nulla di tutto ciò che il rito è in sé e comporta - dato lo scopo per il quale è stato istituito - senza il prodigio della transustanziazione.
Per conseguenza, senza questo prodigio - massimo di tutti i possibili -, non avremmo potuto avere la Messa quale SACRAMENTO DEL SACRIFICIO. Avremmo avuto il SACRIFICIO IN SÉ, raggiunto dalla fede alla luce della Rivelazione; non però il SACRIFICIO CELEBRATO...
E’ con questo che bisogna confrontarsi, cari anonimi neocat, con questa indiscutibile verità che è il cuore della nostra fede. Voi credete in questo? Credete che la Messa mette il Calvario sul nostro altare? Il Signore ha voluto che potessi anch’io, oggi e qui, unire la mia vita alla Sua, offerta in sacrificio anche per me; ha voluto che quel Sacrificio drammatico e cruentissimo potesse di nuovo ogni giorno ripetersi nel Sacramento dell’altare, per aprire il cielo anche alla più piccola e dimenticata delle Sue creature. E il Signore ha voluto che per questo potesse la sostanza del pane e del vino convertirsi interamente nel Suo Corpo e nel Suo Sangue offerti al Padre per me. Naufraga il pensiero in un tale oceano di misericordia.

Se il cammino e voi camminanti credeste in tutto questo, non potreste celebrare il vostro rito che racconta altro. Non potreste delegare alla comunità un’esperienza che più intima e personale non si può. Non potreste starvene seduti ad aspettare che vi venga servito il Corpo di Cristo. Non potreste indugiare in risonanze che raccontano di voi, mentre state al cospetto del fatto più straordinario che sia mai accaduto. Non potreste cantare e suonare come fate, non sopportereste nessun tipo di distrazione, tipo le effusioni della pace, perché il vostro cuore vorrebbe solo lasciarsi afferrare dalla Presenza del Signore lì a un soffio, velata, misteriosa, ma straordinariamente reale e viva Presenza, la sola necessaria, la sola che davvero salva, converte, irrora di Grazia ogni piega della nostra esistenza. Se credeste davvero nel significato e nel valore e nel mistero della Messa, non ne avreste cambiato neppure una virgola, non vi ostinereste come fate con tanto orgoglio e essere e a voler restare diversi.

E’ di questo che discutiamo, siamo qui a testimoniarvi quel che la Chiesa ci ha trasmesso.

giovedì 24 novembre 2011

...per la Chiesa "Riforma della Riforma" (anche se non la chiamano così)...Kiko invece di che Chiesa fa parte?

Vaticano, ecco la commissione anti "chiese-garage"
http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/architettura-architecture-arquitectura-10121/

Sarà istituita tra breve all’interno della Congregazione per il culto. Si occuperà anche della musica e del canto per la liturgia

Un’equipe per dire basta alle chiese-garage, a quelle ardite architetture che rischiano di snaturare tanti moderni luoghi di culto cattolici. E per promuovere un canto che aiuti davvero la celebrazione della messa. Nelle prossime settimane sarà istituita presso la Congregazione del culto divino la «Commissione per l’arte e la musica sacra per la liturgia». Non un semplice ufficio, ma una vera e propria squadra che avrà il compito di collaborare con le commissioni incaricate di valutare i progetti delle nuove chiese nelle diocesi, come pure di approfondire il tema della musica e del canto che accompagnano la celebrazione.

Il cardinale Antonio Cañizares Llovera, Prefetto del culto Divino, in accordo con Benedetto XVI, considera questo lavoro come «molto urgente». La realtà è sotto gli occhi di tutti: negli ultimi decenni, la chiese sono state sostituite da costruzioni che assomigliano più a saloni multiuso. E troppo spesso gli architetti, anche quelli di grido, nelle loro realizzazioni non sono partiti da ciò che è la liturgia cattolica, finendo per realizzare costruzioni d’avanguardia, che assomigliano a tutto, tranne che a una chiesa. Cubi di cemento, scatole di vetro, forme azzardate, spazi confusi, entrando nei quali si è richiamati a tutto tranne che al senso del sacro e del mistero, dove il tabernacolo risulta seminascosto e talora richiede una vera e propria caccia al tesoro, o dove le immagini sacre sono praticamente bandite. La nuova commissione, il cui regolamento viene redatto in questi giorni, darà indicazioni precise alle diocesi, occupandosi soltanto dell’arte per la liturgia, non dell’arte sacra in generale; come pure della musica e del canto per la liturgia. E agirà i poteri giuridici della Congregazione del culto.

Com’è noto, lo scorso 27 settembre, Benedetto XVI, con il motu proprio Quaerit semper, aveva trasferito alla Rota Romana, che è il tribunale d’appello della Santa Sede, la competenza su due materie fino a questo momento trattate dalla Congregazione per il culto. La prima di queste riguarda la nullità dell’ordinazione sacerdotale che, come accade per il matrimonio, può essere nulla a causa di vizi di materia e di forma, di consenso e di intenzione, sia da parte del vescovo ordinante sia del chierico che viene ordinato prete. La seconda materia è la dispensa nei casi di matrimoni contratti ma non consumati. Pratiche che impegnavano non poco il dicastero guidato da Cañizares.

Nel motu proprio il Papa spiegava: «Nelle presenti circostanze è parso conveniente che la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti si dedichi principalmente a dare nuovo impulso alla promozione della sacra liturgia nella Chiesa, secondo il rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II a partire dalla costituzione Sacrosanctum Concilium». Il dicastero deve dunque dedicarsi «a dare nuovo impulso» alla promozione della liturgia, secondo quella centralità sulla quale Papa Ratzinger insiste, anche e soprattutto con l’esempio. Da questo punto di vista, rispetto ai progetti iniziali, sembra tramontare l’idea di una «riforma della riforma» liturgica (espressione usata dallo stesso Ratzinger quando era cardinale), e prevale invece un progetto di ampio respiro che senza proporsi di introdurre modifiche nella messa, si occupi di favorire l’ars celebrandi, e la fedeltà ai dettami e alle istruzioni del nuovo messale [ipotesi più che opinabile. Ndr].

Vale la pena infatti di ricordare che gli abusi liturgici, verificatisi negli ultimi decenni e in qualche caso divenuti prassi comune, vengono compiuti non in accordo, ma in contrasto con le norme stabilite dalla riforma liturgica di Paolo VI. Non è quindi la riforma da ritoccare, ma è il senso della liturgia bene celebrata da approfondire e in qualche caso da recuperare [queste sono opinioni assolutamente personali, che contrastano con quello che afferma lo stesso Card. Ratzinger prima e Papa Benedetto poi. Ndr]. Per questo, la Congregazione del culto intende promuovere un lavoro di formazione dal basso, che coinvolga sacerdoti, religiosi e catechisti. Seguendo l’esempio e il magistero di Benedetto XVI favorisca il recupero del senso del sacro e del mistero nella liturgia.

Alcuni testi liturgici sono da rivedere, perché datati, come nel caso del rituale della penitenza, pubblicato nel 1974: negli anni successivi sono seguite infatti un’istruzione apostolica, un motu proprio, il nuovo Codice di diritto canonico e il nuovo Catechismo. Un aggiornamento e un’attualizzazione, in questo come in qualche altro caso, sarà necessario. L’idea alla quale lavora il cardinale Cañizare è quella di riaffermare il primato della grazia sull’azione umana, della necessità di dare spazio all’azione di Dio nella liturgia rispetto a quello lasciato alla creatività dell’uomo. Le occasioni per riflettere su questi temi saranno molteplici. L’anno prossimo, 2012, ricorrono i cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II e l’anno successivo si celebreranno i cinquant’anni del primo testo conciliare approvato, la costituzione sulla liturgia Sacrosanctum Concilium.

sabato 19 novembre 2011

Il Papa e i suoi Vescovi fedeli approvano?

Chiedo scusa per questa "incursione". Ma le domande che si sono poste Michela e Jo, e non solo loro, riguardo la vicenda Nc (e non solo...) meritano di essere trattate e di avere una risposta. Tra l'altro in perfetta consonanza con gli argomenti fin qui trattati.

Vorrei inserire un articolo, perfettamente attinente sia con l'argomento del blog, che con l'ultima testimonianza inserita. Ebbene, l'argomento dell'articolo di cui sotto, è perfettamente inseribile e trasponibile alla situazione Nc. Leggiamolo insieme:

Il funerale latino negato

(di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro su “Il Foglio” del 17/11/2011) Storia di un prete zelante che non concede a un fervente cattolico la celebrazione nel “rito di sempre”

Qui si parla di un fatto personale, ma il lettore non tema importune ondate emotive. Il vantaggio di lavorare in due è che uno racconta quanto gli è accaduto e l’altro ci mette le opinioni, così si salvaguarda il necessario distacco professionale.Ci fosse stato il Peppone di Guareschi, mio padre avrebbe compiuto l’ultimo viaggio con la sua messa, quella in latino ricamata di oremus, dominusvobiscum e Kyrie eleison splendidi e secolari. Ma ci voleva giusto quel Peppone che, infischiandosene del Consiglio comunale al completo, in piena Repubblica, come capo dei comunisti ordinò di portare al cimitero la vecchia maestra del paese nella bara coperta dalla sua bandiera, quella ricamata con lo stemma del re. Purtroppo, mio padre non ha avuto la fortuna di morire sotto l’amministrazione del comunista Giuseppe Bottazzi.Mio padre è morto nella bianca e cattolica terra bergamasca, parrocchia di sant’Andrea apostolo in Villa d’Adda. E così si è imbattuto in un certo don Diego, il quale non ha saputo che farsene della volontà di un defunto e neppure di quella della sua famiglia. Che poi quella volontà fosse legittima e sostenuta da un Motu proprio del Santo Padre ha contato meno di zero. Eppure il Motu proprio, l’ormai celebre quanto inapplicato “Summorum Pontificum” che regolamenta la celebrazione della messa in rito gregoriano, all’articolo 5, paragrafo 3, parla chiaro: “Per i fedeli e i sacerdoti che lo chiedono, il parroco permetta le celebrazioni in questa forma straordinaria anche in circostanze particolari, come matrimoni, esequie o celebrazioni occasionali, ad esempio pellegrinaggi”.Onestamente, va riconosciuto che il parroco non poteva essere toccato dal documento del Santo Padre dato che, candidamente, ha confessato di non conoscerlo. Così come non era al corrente del fatto che il testo applicativo del Motu proprio, l’istruzione “Universae Ecclesiae”, in simili casi invita il parroco a lasciarsi “guidare da zelo pastorale e da uno spirito di generosa accoglienza”. Tutto inutile: “In curia mi hanno detto…”. E’ stato questo il filo conduttore delle discussioni con don Diego.Questi sacerdoti si riempiono il cervello e la bocca di parole come “libertà” e come “autonomia”, e poi non sono in grado di opporsi al palese sopruso ordinato dall’alto perché “in curia mi hanno detto…”. Si riempiono il cervello e la bocca di parole come “libertà” e “autonomia”, denigrano un passato a loro dire prepotente e clericale e poi si prestano a calpestare la volontà di un morto e della sua famiglia, quella della chiesa e del Santo Padre perché “in curia mi hanno detto…”.Da troppo tempo, nella diocesi di Bergamo, come in grandissima parte delle diocesi dell’orbe cattolico, comanda dispoticamente l’autorità più prossima, quella che mette paura perché minaccia di intervenire direttamente sulle persone. Roma, che sarebbe l’autorità suprema, non conta nulla. Da Bergamo a Piazza San Pietro ci vogliono un’ora di aereo e mezz’ora di taxi, ma è come se fosse su un altro pianeta.Il vescovo Francesco o chi per lui può ordinare ciò che vuole, in aperto contrasto con il Santo Padre, e non deve temere nulla. Così, anche nella bianca terra bergamasca, il parroco raccoglie una richiesta dei suoi fedeli, la trasmette al vicario generale, il vicario generale si confronta con chi ritiene opportuno, poi, in nome e per conto del vescovo decide come agire e il parroco esegue. E, se si fa notare all’esecutore materiale la palese ingiustizia a cui si sta prestando, rispunta la solita spiegazione: “In curia mi hanno detto…”.Il contrario sarebbe stato un miracolo troppo grande. Eppure don Diego, al primo incontro, aveva espresso una considerazione di assoluto buon senso e di naturale umanità: “Credo che davanti alla morte e per un funerale non ci siano problemi”. Ma, quando i problemi si sono manifestati in tutta la loro evidenza, ha tentato di dare veste teologica al sopruso con quanto gli hanno messo in testa in seminario sostenendo testualmente la seguente tesi: “Se ci fosse stata la richiesta, per esempio, di un rito bizantino, allora, in virtù dell’ecumenismo, si sarebbe fatto. Perché, in quel caso, io con il mio rito incontro te con il tuo rito e ci arricchiamo a vicenda. Ma voi chiedete un rito della chiesa cattolica e siccome non concorda con lo stile celebrativo della comunità si può dire di no”.A questo proposito, va detto che lo “stile celebrativo” della comunità in oggetto, in materia di funerali, ha toccato uno dei suoi vertici con l’esecuzione di “C’è un grande prato verde dove nascono speranze” accompagnata dalle chitarre. Naturalmente, su tutti i colloqui con il parroco aleggiava lo spirito del Vaticano II e la consegna di difenderlo a oltranza inculcata nell’animo dei poveri sacerdoti formati in questi decenni: “Perché voi dovete sapere che il Vaticano II…”, “Non vorrete mettere in dubbio il Vaticano II…”, “Dovete capire che la chiesa, a partire dal Vaticano II…”, eccetera, eccetera.Tutto quello che si è compreso da quello sproloquio sul Vaticano II è che mio padre, in nome del suddetto Vaticano II, non avrebbe avuto ciò a cui aveva sacrosanto diritto. Povero papà, troppo cattolico per usufruire almeno delle attenuanti generiche previste dall’ecumenismo, delle quali, oltre tutto, giustamente non avrebbe voluto saperne. Così come non avrebbe saputo che farsene della “messa con la condizionale” proposta in extremis dalla curia per interposto parroco: messa in latino sì, ma in una chiesa di Bergamo deputata a mezzo servizio a tale rito.Più che una mediazione, il tentativo di sgravarsi la coscienza potendo far ricadere la colpa di “aver preteso troppo” su una famiglia che invece non ha acconsentito a chiedere niente di meno del giusto. Un sopruso nel sopruso che avrebbe costretto mio padre a una messa semi clandestina, a venti chilometri dalla parrocchia per cui ha lavorato una vita intera e in cui avrebbe invece avuto il sacrosanto diritto che venisse concesso ciò che aveva chiesto.In tal modo, salvo pochi intimi, nessuno avrebbe visto nulla e la comunità, nuova divinità del pantheon neocattolico, non sarebbe lesa nel suo “stile celebrativo”. Perché la vera ragione pastorale del divieto l’ha spiegata bene don Diego: “Se la messa viene concessa qui, poi bisogna concederla anche dalle altre parti”. Insomma, bisogna evitare il contagio. Ma mio padre, anche se non ha compiuto l’ultimo viaggio con la sua messa, continua a essere contagioso: si chiama Vittorino Gnocchi e sono orgoglioso di lui.Le opinioni Andare contro le volontà di un defunto è atto che richiede argomenti fortissimi. Si può farlo, quando il morto chiede cose impossibili, o bislacche, o sconvenienti, o contro legge. Ma ci vuole sempre un motivo oggettivo per tradire le sue attese, un motivo che metta al riparo dal sospetto di compiere una prevaricazione irreparabile e particolarmente odiosa. Il sopruso consumato dai vivi contro i morti. Infatti, il de cuius non può difendersi, non può ricorrere in appello, non può chiedere aiuto. Ciò basta a spiegare perché di norma le ultime volontà siano eseguite con particolare fedeltà: esse sono sacre.Ora, si tratta di capire se un cattolico che chiede un funerale con la messa antica, stia pretendendo qualche cosa di impossibile, o di bislacco, o di sconveniente, o contro legge. La risposta è molto semplice: il Papa felicemente e faticosamente regnante ha scritto di sua iniziativa, in totale libertà e in pieno possesso delle sue facoltà mentali, che un cattolico può eccome chiedere e ottenere un rito funebre che è ancora pienamente legittimo nella chiesa, e che nella chiesa è stato utilizzato per accompagnare al camposanto milioni di fedeli per centinaia di anni.Il Motu Proprio Summorum Pontificum non lascia scampo ad alcuna interpretazione di segno opposto. Sotto il profilo del diritto della chiesa cattolica, il diritto canonico, non si capisce come sia possibile rifiutare di adempiere a una simile richiesta, soprattutto quando sia perfettamente possibile adempierla. Nel caso specifico, il sacerdote in grado di celebrare in quella forma era stato subito trovato – ché molti preti oggi non sono più capaci di celebrare secondo il rito antico – e i familiari non avevano espresso la benché minima riserva sull’argomento, ma anzi condividevano l’istanza del defunto. In questa tristissima storia c’è un lato grottesco e insieme paradossale: il dispregio dimostrato dal clero interpellato nei confronti dell’autonomia del singolo.A partire dal 2008, la Conferenza episcopale Italiana ha “aperto” la strada – per voce del suo autorevole presidente – alle cosiddette Dichiarazioni anticipate di trattamento, le ormai famose Dat: un documento scritto nel quale la persone dice quali trattamenti sanitari intende o non intende ricevere, qualora cada in stato di incoscienza. A noi (e anche al direttore di questo giornale) queste Dat non piacciono, perché offrono un comodo scivolo alla cultura eutanasica. Ma ai fini del nostro ragionamento, la “svolta” della Cei sulle Dat serve a dimostrare che nella cultura contemporanea tutti – e la chiesa stessa – riconoscono un valore molto importante alla volontà espressa da ogni singola persona.Questa volontà non può essere arbitraria, ma se è conforme al bene deve essere assecondata. Ora, il paradosso del “caso Gnocchi” sta in questo fatto: se un fedele chiede, attraverso la voce di suo figlio, un funerale secondo il rito tridentino, non viene esaudito. Se invece redige le Dat rifiutando magari certe cure, agisce in conformità alla Conferenza episcopale italiana.Che cosa deve fare, allora, un cattolico, per ottenere quello che il Papa ha stabilito come suo pieno diritto? Forse deve chiedere le esequie in forma antica redigendo le Dat e consegnandole al parroco finché è in grado di farlo. Dunque, nel “caso Gnocchi” è stato consumato un sopruso. Ma il movente qual è? Niente di personale: non c’era l’intenzione di nuocere alla persona e alla famiglia.Il punto è un altro: fare resistenza all’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, ostacolando in ogni modo le celebrazioni nella forma antica. In questo, come in molti altri casi, si è voluto colpirne uno per educarne cento. Ciò che fa paura a certi ambienti cattolici non è la celebrazione sporadica della Messa di san Pio V: si potrebbe in fondo tollerarla come folkloristica manifestazione di nobili decaduti un po’ snob e vecchie dame velate di nero.La preoccupazione è un’altra: e cioè che, cedendo nel singolo caso, la prassi dilaghi. E che, a quel punto, non il signor Vittorino Gnocchi di Villa d’Adda, ma decine, centinaia di fedeli mettano nero su bianco le loro Daf, le Dichiarazioni anticipate di funerale. E che parrocchie e diocesi, per rispetto verso i fedeli defunti e per ossequio verso il Papa vivente, siano costrette ad abbozzare e a lasciar celebrare. A questo punto, il “contagio” sarebbe incontrollabile: altri fedeli, partecipando a funerali esteticamente belli e dignitosi, resterebbero colpiti favorevolmente, e direbbero: “lo voglio anche io”.Altri fedeli, incuriositi dall’originale stile liturgico, si avvicinerebbero alla Messa di San Pio V, e alcuni magari inizierebbero a frequentarla. Sarebbe la realizzazione su scala planetaria di quella “democrazia dei defunti” di cui parla G.K. Chesterton, in base alla quale hanno diritto di voto anche i morti, quando si deve decidere qualcosa di veramente importante. Insomma: un vero disastro. Un disastro, s’intende, dal punto di vista di chi vuole seppellire per sempre l’antico rito.
Quello che abbiamo appena scritto non appartiene al genere letterario della dietrologia o della complottistica, ma nasce dalla constatazione che esiste nella chiesa cattolica un ampio fronte che non ha mai digerito le decisioni di Benedetto XVI sulla Liturgia. E che non ne fa mistero. Il Papa celebra il nuovo rito sempre con un crocifisso sull’altare e una fila di candelabri, e distribuisce la comunione sulla bocca di fedeli inginocchiati, affiancati da chierichetti con il piattino.Bene: nella quasi totalità delle chiese del mondo il clero fa esattamente il contrario, altari (e chiese) senza Crocefisso, particole nelle mani dei fedeli, inginocchiatoi al rogo e piattini chiusi negli armadi. E buona notte al Primato di Pietro. Sul fronte della messa antica, le barricate sono ancora più alte e il fuoco “amico” – si fa per dire – è fitto e spietato. Al punto che non poche diocesi si sentono autorizzate ad agire in spregio alle indicazioni che provengono da Roma.Nel “caso Gnocchi”, il parroco è stato raggiunto tempestivamente da una telefonata dell’Ecclesia Dei, organismo istituito in Vaticano per occuparsi della spinosa materia. Una volta si diceva: Roma locuta, causa soluta. E invece non è bastato l’intervento telefonico dal Vaticano a sgomberare il campo dagli ostacoli opposti alla celebrazione del funerale vecchio stampo: i motivi pastorali, la volontà del vicario episcopale, e via cavillando in un crescendo ben più intricato del latinorum di don Abbondio.Dove si vede un ulteriore paradosso della chiesa post conciliare: le diocesi agiscono in una sorta di semifederalismo dottrinale e gerarchico, nel quale Roma non comanda più. E dove un qualunque prete di provincia conta di più della Commissione pontificia ecclesia dei. Così può accadere, come è accaduto a Napoli qualche giorno prima del “caso Gnocchi”, che un fedele chieda il funerale in rito antico e si senta rispondere che no, non potrà averlo in quella parrocchia perché non frequentava la tal parrocchia.Dal che si potrebbe desumere che allora la Chiesa stia per escludere dal funerale tutti i cattolici che, a suo insindacabile giudizio, ritiene tiepidi e non praticanti: cosa che, nei fatti, grazie a Dio non risulta. E anzi, assai ampia si è fatta la porta che oggi accoglie chiunque richieda esequie religiose, in nome del dialogo e della tolleranza. Gli unici che sembrano non meritare tale attenzione pastorale sono i cattolici pacelliani, quelli insomma che amano la tradizione e che vorrebbero un funerale nel rito di sempre.Tutto qui.

Ancora testimonianze. Univoche: non è cambiato nulla

Si firma Life e scrive oggi su un vecchio thread, da cui estraggo la testimonianza che rispecchia una situazione immutata ed immutabile, completamente sottovalutata e disattesa da chi, avendo la responsabilità delle anime, dovrebbe curarsene...


Ho fatto il secondo passaggio per la seconda volta nel giro di 10 mesi dopo 5 anni di cammino! e vi dico la verità è stata una tortura!

Mi rendo conto che c'è una influenza psicologica da fare paura, e non capisco come una persona per raggiungere Dio debba essere costretta a confessare le propie cose più intime davanti un gruppo di laici e di "fratelli" di comunità!!

Ho visto con i miei occhi figli di supercatechisti comportarsi in maniera a dir poco riprovevole (ma ahimè cadrei in giudizio mi limito a constatare, il giudizio non mi spetta) alla faccia dei propri genitori troppo impegnati con il cammino tanto da non rendersi conto di ciò che il figlio combinava, e anche quando venivano a coscenza di qualcosa che non andava, egli veniva giustificato!(non entro nel merito perchè dovrei scrivere molto)

Come tanti anch'io sono entrato tramite amici (non l'avessi mai fatto!!) e pian piano il cammino mi ha preso tempo, vita, soldi, affetti, hobby, passioni, ma in particolare si è preso la mia essenza, il mio io, per vomitarmi distrutto al secondo passaggio!

Dice bene kiko che nel 2° passaggio si porta il neocatecumeno a SVUOTARSI DEI FALSI CONCETTI DI SE'!!! ti devono svuotare, annientare gli affetti, distruggere le tue relazioni interpersonali per poter innestare il loro modo di vedere il mondo!!!

Un mio "fratello" di comunità di cui eravamo ottimi amici, è cambiato talmente tanto che non lo ricosco più!! è un'altra persona che vive solo come il CN gli dice di fare, privo di un io personale (e con un sacco di problemi psicologici).

Sono sempre più convinto di lasciare il CN per il fatto che sta influenzando in modo non positivo la mia vita, secondo loro non ho il diritto di avere un lavoro gratificante,una vita normale, non posso fare sport, andare al cinema o a teatro, non posso andare a cena con gli amici che non siano di comunità ecc (sarei borghese).
sarò salvo solo se sono NC? E se non lo faccio? brucerò nel fuoco della Geenna?

Io credo che Dio ci ha fatto ognuno diverso dall'altro, con pregi e difetti, bianchi o neri, e ognuno nella sua diversità è espressione di un progetto Divino ed assolutamente non credo che nessun uomo abbia il diritto e la facoltà di imporre idee e filosofie di vita!
Mi fermo anche se avrei ancora molto da dire!!

lunedì 14 novembre 2011

Pubblicità neocat sui banchi di ogni parrocchia italiana

Ieri è andato in onda in quasi tutte le parrocchie italiane l'ennesimo spot pubblicitario neocatecumenale. Il testo è firmato da tale Paolo Maria Floris ed è comparso ieri nella quarta pagina del diffusissimo foglietto illustrato La Domenica delle edizioni San Paolo.

Il suo discorso è articolato più o meno così:

1. siccome la delinquenza minorile cresce, la "frattura generazionale" parrebbe incolmabile;

2. in un mondo che cambia, nel solco del Vaticano II, è evidente il primato educativo della famiglia cristiana che ha come "esemplare punto di riferimento" la Famiglia di Nazareth;

3. la famiglia cristiana "è chiamata a far propria l'esperienza del Risorto per essere veicolo privilegiato della missione".

Chi ha avuto a che fare col Cammino Neocatecumenale avrà subito notato la strabiliante somiglianza di tale spot pubblicitario con le tipiche omelie del signor Kiko Arguello.

Parte infatti da un dato allarmante per poi chiuderlo di colpo con un grosso parolone inutile (cosa c'entra esattamente la "frattura generazionale" con la delinquenza minorile?) Proprio come fa Kiko: nominare un problema concreto per attirare l'attenzione degli ascoltatori e poi coprirlo subito con un parolone astratto e inutile in modo da passare avanti.

Catturata l'attenzione, il nostro eroe annuncia la direttiva da seguire: il primato educativo della famiglia è evidente (come se nessuno lo sapesse) e la famiglia cristiana deve far propria... uh... l'esperienza del Risorto... beh... per essere veicolo privilegiato della missione...

Si tratta di una citazione di un discorso di Giovanni Paolo II del 1988 indirizzato alle famiglie neocatecumenali che si erano autoinvitate da lui per andare in missione per conto di Kiko. Citazione riversata addosso a tutti gli altri cattolici sotto forma di spot pubblicitario sui foglietti sui banchi per la Messa. Come se le famiglie in missione inventate da Kiko per far espandere il Cammino all'estero fossero norma definitiva e urgente per tutte le famiglie cattoliche, pena il ritrovarsi la "frattura generazionale" di figli affetti da "delinquenza minorile".

Chi non può andare in missione, ebbene, si dia da fare per finanziarle: la citazione dell'esempio della Famiglia di Nazareth sembra fatta apposta per far pensare alla Fondazione Famiglia di Nazareth verso i cui lidi veleggiano le offerte obbligatorie dei neocatecumenali.

E che dire poi della conclusione? Ecco reperita dal Catechismo della Chiesa Cattolica una frase sulla famiglia contenente la parola «iniziazione», tanto cara agli «iniziatori» Kiko Argüello e Carmen Hernàndez.


È solo l'ennesima conferma che per promuovere il Cammino Neocatecumenale occorrono i soliti mezzucci e trucchetti, e che il Cammino racimola adepti solo nelle parrocchie, nonostante le leggende kikiane che raccontano di tanti presunti "atei" e "lontani".

Ironia della sorte, nonostante sia ovvio che una parrocchia "neocatecumenalizzata" non ha alcun bisogno di La Domenica, la sua redazione ha fatto (ingenuamente?) un bel regalo al Cammino. Che, ricordiamolo, sarà pure un "dono dello Spirito", ma tale dono è ostacolato dagli stessi neocatecumenali a suon di dottrine ambigue, di strafalcioni liturgici, di disobbedienze conclamate, di dolorose divisioni nelle parrocchie in cui si è incistato...

sabato 12 novembre 2011

Proteste dei fedeli di una parrocchia spagnola che rifiutano il presbitero neocatecumenale

Pubblico la seguente notizia, a seguito della segnalazione di un lettore NC. Non è la Lugo italiana già teatro di problemi, anche qui, sormontati dal vescovo connivente... [vedi] - [vedi anche] - [vedi anche]

Il Vescovo di Lugo, Spagna, non vuole attuare cambiamenti nella Parrocchia del Sacro Cuore, come evidenziato da una breve dichiarazione rilasciata ieri. Domenica scorsa, i residenti hanno continuato la loro protesta, andando a messa in altre parrocchie e radunandosi di lato alla chiesa del quartiere al momento della Messa alle ore 12.00. La ragione è che non concordano con l’arrivo di un prete del Cammino Neocatecumenale.

Il testo pubblicato ieri dal vescovato di Lugo afferma che “in merito alle notizie apparse sui media sulla situazione pastorale che esiste nella parrocchia del Sacro Cuore”, il vescovo vuole chiarire quattro aspetti. In primo luogo, assicura che i sacerdoti già in precedenza responsabili di quella parrocchia, “Don Guglielmo, Don Miguel e Don Josè, restano al loro posto, con l’aggiunta al team dallo scorso ottobre di un nuovo sacerdote, don Augusto”.

Il vescovo dichiara anche “che sono tutti responsabili in comune della parrocchia del Sacro Cuore nella quale sono incardinati, e inoltre liberamente possono attendere ad altri compiti personali”.

Poi il testo ufficiale della diocesi, afferma che “il rifiuto e la squalifica del Cammino Neocatecumenale è in contraddizione con le decisioni della Chiesa cattolica in quanto è stato approvato dal Papa ed è presente in molte diocesi del mondo.”

Inoltre, il Vescovo ha affermato il suo status di autorità massima all’interno dell’organizzazione ecclesiastica . “L’unico modo giusto per la vita di una comunità parrocchiale è l’esercizio dell’amore fraterno e della comunione con la Chiesa, rappresentata in ogni diocesi dal Vescovo”.

Nei giorni precedenti i rappresentanti di alcune associazioni di quartiere avevano annunciato manifestazioni per cercare la collaborazione di altri gruppi.

La verità è che la nota della diocesi nega molte delle accuse fatte dalle associazioni di quartiere, che nega che nessun sacerdote sia uscito dalla parrocchia e spiega che l’arrivo del nuovo sacerdote è stata una condivisione doveri pastorali con l’accordo di tutti i sacerdoti.

Il gruppo di parrocchiani ha detto giorni fa che finché Miguel Fernandez non sarà Parroco, colui cioè che organizza i compiti della parrocchia, nessuno parteciperà alle Messe officiate nella chiesa. Essi ritengono che il nuovo sacerdote, Augusto Alvarado, sia lontano dalla realtà sociale vissuta dal quartiere e che le sue dottrine non hanno nulla a che vedere con il modello cristiano che la parrocchia ha vissuto per decenni con Guillermo Mendez che considerano positivo.

Non così, evidentemente, la pensa il Vescovo.
Fonte : http://www.camineo.info/news/153/ARTICLE/17670/2011-11-09.html

La cosa non ci meraviglia per nulla, conoscendo quante pressioni e unzioni, oltre che promozionali inviti e dimostrazioni con tecniche del più avanzato marketing unite al più gasato "carismatismo", preti e vescovi ricevono da parte di zelanti 'promoter' del cammino. Per di più forte dell'approvazione nonostante la persistente segretezza delle sue catechesi "non pubblicate".

Non facciamo fatica ad immaginare che è tutta questione di "numeri" e di "mezzi": c'è da chiedersi perché il vescovo di Lugo, al pari di moltissimi altri, si distingua in una obbedienza al Papa "a geometria variabile": indiscussa e indiscutibile, riguardo al Cnc, del tutto ignorabile nei confronti della Tradizione e del Summorum Pontificum...

lunedì 7 novembre 2011

E l'inganno, avallato dai vescovi, continua.

Ogni anno eravamo abituati a vedere le nuove catechesi NC annunciate dagli striscioni sulle porte delle chiese, a costituire il primo passo per la costituzione di una comunità neocatecumenale. La serie di incontri si conclude infatti con un ritiro di tre giorni al termine del quale chi lo volesse potrà scegliere di entrare a far parte di una comunità del Cammino, iniziando un percorso di fede caratterizzato dalla riscoperta del proprio Battesimo e del suo significato.
Ora, con l'approvazione e l'opera di mimetizzazione già dappertutto ampiamente portata avanti, nelle parrocchie diffondono a tappeto avvisi più discreti, come questi, che noi riconosciamo a prima vista dall'immagine; ma che chi non conosce il cammino può attribuire a qualunque iniziativa ecclesiale.

Chi riceve e risponde ad avvisi come questo non sa che inizierà un cammino che lo porterà in orizzonti diversi, con impegni che fagociteranno la propria vita e la propria storia, prassi che scarnificheranno le coscienze, impegni economici che non vengono resi noti da subito e indotti con un condizionamento che pilota la scelta attraverso le parole della Scrittura in tal modo strumentalizzate come mai si dovrebbe, insegnamenti segreti e blindature propri delle sette piuttosto che dell'universalità del cattolicesimo.

E il grande inganno di accesso al Cammino neocatecumenale travestito da catechesi per adulti, con l'avvallo di alcuni (per fortuna non tutti) pastori, continua... E il CNC, travestito da Chiesa cattolica, continua a fare proseliti nonostante tutto quello che è stato scoperto e denunciato. Se poteva aver senso quando certe cose non si conoscevano, oggi è assolutamente intollerabile nella Chiesa di Cristo, se è ancora la Sua Chiesa!