lunedì 19 dicembre 2011

Distinguere la Chiesa da certi "uomini di Chiesa"

Alcune citazioni di padre Zoffoli dall'agile volumetto "Chiesa e uomini di Chiesa. Apologetica a rovescio", che consegnò alle stampe nell'ultimissimo periodo della sua vita e che perciò possiamo considerare una sorta di testamento spirituale.

L'esposizione - molto dettagliata - è sostanzialmente su due grandi linee: la differenza tra Chiesa (santa perché voluta, vivificata e garantita dal Signore) e uomini di Chiesa (peccatori, ai quali vanno singolarmente attribuite tutte le colpe); e l'assurdità dell'accusare la Chiesa degli errori e delle debolezze dei suoi "tralci secchi".

Gli "uomini di Chiesa", quando non veicolano direttamente i doni di grazia di Nostro Signore, non sono Chiesa e non hanno il diritto di dirsi Chiesa, ma sono nemici della Chiesa. E pensare che certi confratelli di padre Zoffoli (sia religiosi che diocesani) diedero letteralmente alle fiamme più che poterono dei suoi scritti, con la stessa accecata ira con cui gli ebrei perseguitarono Pietro e i primi cristiani, "rei" di professare la fede nel Signore Risorto.

Ecco dunque qui sotto alcune citazioni sparse, pescate a caso.




Nella Chiesa tutto deriva dal suo Fondatore; tanto che nessuno dei discepoli si è mai attribuito un solo barlume della sua rivelazione del Padre, una sola idea del suo messaggio.

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Il Battesimo non rende impeccabili i fedeli, né l'Ordine sacro rende tali i membri della gerarchia. Gesù, eleggendo Pietro come suo vicario visibile, se ha promesso a lui e ai suoi successori soltanto l'assistenza che ne rende infallibile il magistero, non ha però dispensato né loro, né i vescovi, né i sacerdoti, né i fedeli dallo sforzo del tutto personale necessario per pensare e vivere in modo conforme alle verità professate.

Se il Papa, come Pastore universale, non può errare, non si esclude però che - come persona privata - possa essere assalito dal dubbio, tentato di apostasia, nutrire opinioni errate... Molto meno può escludersi che sia moralmente mediocre (e persino corrotto!), soggetto a debolezze ed errori più o meno gravi, motivando perciò la critica dei contemporanei e severi giudizi della storia.

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Occorre attribuire al sacerdote in quanto tale solo il bene dovuto al ministero da lui esercitato, perché allora, in lui e per lui, opera e parla soltanto il Cristo; mentre la colpa di tutti i suoi errori e vergogne si deve al medesimo in quanto uomo. Mentisce, dunque, se, come tale, osa identificarsi con la Chiesa, imporsi in suo nome, abusare dei suoi poteri. Per ciò stesso egli commette il più turpe dei sacrilegi, si comporta come il suo denigratore più insidioso e temibile.

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Oggi certi promotori di un ecumenismo a tutti i costi non fanno che deplorare le colpe della Chiesa, preoccupati che questa si riconcili con quanti, nei secoli scorsi, essa avrebbe offeso.

Sembra che ebrei, musulmani, protestanti di tutte le sette, greci scismatici di tutti i riti, credenti di tutti i culti, ecc. abbiano molte e grosse pecche da rimproverare alla Chiesa Cattolica: dal nepotismo alla simonia, dall'oscurantismo all'ambizione del potere, dall'ipocrisia alla corruzione dei costumi, dalla cupidigia delle ricchezze alla complicità coi tiranni...

Per letterati e storici di tutte le ideologie sono un boccone ghiottissimo particolarmente certi episodi come l'Inquisizione, le Crociate, il caso Galileo e innumerevoli altri, meno noti, ma non meno discussi e incresciosi, la cui responsabilità si fa ricadere sulla Chiesa. Non c'è iniziativa infelice di papi, legati pontifici, cardinali, vescovi, ecc. che non le sia attribuita.

La Chiesa sarebbe la prima colpevole di insuccessi diplomatici, riforme fallite, manovre equivoche, disposizioni dissennate, scismi secolari, scandali a non finire...

L'accusa è grave, e più allarmante è la conclusione che se ne potrebbe trarre a favore dell'ecumenismo più confusionario e malaccorto: la religione professata da una «chiesa tale» non può esser l'unica degna di fede, superiore e preferibile alle altre... Ciascuna è «vera», sia pure a suo modo; quindi, capace di procurare la salvezza a quanti vi aderiscono, contro il «colonialismo missionario», altra accusa mossa alla Chiesa Cattolica.

Inoltre, si potrebbe persino obiettare che, se in passato questa spesso e gravemente ha errato, si avrebbero tutte le ragioni di temere che per l'avvenire commetta altri e anche peggiori errori; per cui non è affatto affidabile come «Maestra di vita».

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In breve: le colpe attribuite alla Chiesa sono esclusivamente proprie degli uomini di Chiesa, laici e chierici, in basso e in alto. Uomini detti «di Chiesa» solo perché appartengono ad essa come tralci secchi e sterili, ancora inseriti nella vite, ma prossimi ad essere recisi e gettati al fuoco.

In realtà, pur non essendo scismatici né eretici, la loro fede è in via di estinzione, sopraffatta dall'impeto di concupiscenze ereditate da una natura corrotta, alimentate nel terreno di coltura di un mondo dominato dal Maligno e per il quale Gesù non ha pregato (Gv 17, 9).

Soprusi, violenze, turpitudini, sacrilegi di cattolici empi e di sacerdoti rinnegati, non sono della Chiesa ma del mondo, che, sotto mentite spoglie, vi si è intruso per eclissare - più o meno coscientemente ed efficacemente - la luce dei suoi dogmi, offuscare la purezza della sua morale, profanare i suoi riti, sopprimere le sue tradizioni, secolarizzarla fino ad eliminare ogni residuo del «sacro».

A loro volta filosofi, storici e letterati, ecc. più si accaniscono a biasimare la Chiesa, più condannano duramente se stessi, perché quel che le rimproverano è precisamente quanto ha la sua esclusiva origine nella società di cui fanno parte, nella cultura da essi creata...

Le accuse mosse alla Chiesa sono la più rivoltante e vergognosa espressione dell'ipocrisia umana.

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Attribuire alla Chiesa delle colpe è lo stesso che attribuirle a Cristo. Non ha detto forse che non possiamo nulla senza di Lui, come appunto «il tralcio» senza «la vite»? (Gv 15,5).

E le colpe dei fedeli, le carenze, i disordini, i tradimenti, gli scandali del Clero? Se tutto il bene viene solo da Cristo, tutto il male è imputabile soltanto ad essi. Ciò si deve al fatto che, pur essendo membri - più o meno qualificati e responsabili - della Chiesa, non traggono però dalla sua vitalità tutte le energie necessarie per salvare la propria identità di «cristiani»... non si lasciano guidare interamente dal Cristo, animare e modellare dal suo Spirito, conseguendone perciò una loro appartenenza al suo Corpo soltanto esteriore, imperfetta, menzognera.

Se il «santo» non può affermare di essere la Chiesa, dovendo limitarsi a credere di esserne un elemento materiale-passivo; il peccatore ostinato e impenitente - onestamente - non può ritenersi neppure tale, perché materia ribelle all'azione della Grazia, almeno finché non si converte. Egli è «l'anti-Chiesa».

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Sottolineo che persino dal suo interno - chi più e chi meno consapevolmente e gravemente - essi hanno fatto del tutto per demolirla, tentando di frantumarne le basi nel negare la sua autorità di Maestra, abbattere la sua struttura gerarchica, contraffare (e quasi parodiare) la sua liturgia, vanificare la sua opera missionaria.

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Se per assurdo fosse davvero impossibile conoscere verità assolute, risulterebbe che ogni religione è relativamente vera, per cui nessuna è oggettivamente preferibile alle altre. Segue che l'attività missionaria non solo è superflua - potendo tutte condurre alla salvezza -, ma anche offensiva della coscienza umana, lesiva della libertà a cui ogni persona ha diritto, non rispettosa delle tradizioni e della cultura dei singoli popoli.

Respinta la divinità di Cristo e la realtà del suo sacrificio di espiazione, è vano credere che il culto debba consistere principalmente nel celebrarlo: la Messa può avere un senso e un valore solo se intesa come banchetto fraterno, espressione di un amore universale, possibile a tutti i cultori della Trascendenza.

Se l'Eucarestia è soltanto una mensa e, per essere commensali, basta credere e amarsi a vicenda, la funzione del sacerdozio non comporta alcun potere e dignità che renda chi ne è investito superiore agli altri fedeli.

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La Chiesa, dunque, in agonia, ed anzi distrutta, schiacciata sotto il cumulo enorme dei suoi errori?

Così pensano i suoi nemici esterni, che s'illudono di poter enumerare e aggravare le sue «colpe». In realtà, la Chiesa, non avendo commesso alcun errore, non ha bisogno di esser difesa. L'unica apologia possibile e doverosa per uno storico oggettivo ed un credente realmente illuminato è quella fondata sulla sua vera natura e la sua irriducibile distinzione dagli uomini di Chiesa.

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La Chiesa, distinta dagli uomini che compongono il suo peggiore elemento, ha potuto e potrà sempre difendersi dagli attacchi dei suoi denigratori. Essa alludendo ai medesimi, può parlare di veri «anticristi» che, secondo Giovanni, «sono usciti da noi, ma non erano dei nostri» (1 Gv 2, 19). Ma c'è di più.

Distinti dalla Chiesa - ed anzi ad essa avversi - i falsi cattolici sono i migliori alleati dei suoi nemici, di cui condividono idee e sentimenti, abitudini e interessi, programmi e tenore di vita. Segue che, smascherando certi uomini di Chiesa, si arriva a colpire non la Chiesa, ma il mondo che, dominato dal Maligno, è simbolo di tutte le menzogne, le violenze, le turpitudini, le follie umane...

Ciò vuol dire che una forma di apologetica particolarmente efficace può essere favorita dalla ricerca di tutte le malefatte dei falsi credenti, dall'ultimo dei fedeli ai vertici della gerarchia. Costoro, sotto le sembianze della pecora hanno nascosto la scaltrezza e la ferocia del lupo: le loro convinzioni e intenzioni non sono mai state della Chiesa di Cristo, ma di uomini che, abilmente travestiti, sono colpevoli di averla tradita e denigrata, responsabili della sua tentata «autodistruzione», lamentata da Paolo VI; di aver dato l'impressione di una Chiesa che sta come percuotendo se stessa..., facendo supporre che «per qualche fessura il fumo di Satana sia entrato nel tempio di Dio»; per cui - dopo il Vaticano II -, «invece del sole, abbiamo avuto le nuvole, la tempesta, le tenebre» (Disc. del 29.6.1972).

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