venerdì 28 aprile 2023

Mi disse il catechista neocatecumenale: “Devi obbedire e basta! Perché, che tu lo voglia o no, noi siamo Dio!”

Dal libro "Verità sul Cammino neocatecumenale": raccolta di documenti e testimonianze a cura di padre Enrico Zoffoli, vi proponiamo una testimonianza firmata  stilata da un fedele cattolico sulla propria esperienza di Cammino neocatecumenale, traumatica soprattutto per il comportamento dei cosiddetti "angeli", se non "Dio stesso", i catechisti neocatecumenali.
 
Questa testimonianza fa parte di una serie di contributi che intendiamo proporvi tratti dalle testimonianze e dai documenti che  il teologo passionista padre Zoffoli raccolse da tutta Italia ormai trent'anni fa.
Nel frattempo ne è passata di acqua sotto i ponti: sono  stati approvati lo Statuto del Cammino e il Direttorio delle sue catechesi. Ma il Cammino neocatecumenale è rimasto esattamente ciò che era, e lo dimostra la grande attualità delle trascrizioni, delle descrizioni, delle impressioni, delle denunce e delle lacrime di tanti fedeli e sacerdoti coinvolti in esso a vario titolo fin dal suo primo apparire nelle parrocchie italiane .
Prima di leggere la lettera, vogliamo evidenziare una citazione di padre Rotondi in quarta di copertina:
 
"Si può dire in breve che nel pensiero di Kiko e Carmen errori teologici antichi e nuovi confluiscono in un vulcano tale di contraddizioni, che non è possibile non solo dedurne una logica di verità , ma neppure un sistema coerente di errori.
Nessuna originalità, ma ripetizioni critiche di aberrazioni teologiche antiche e nuove senza alcun riferimento a quanto la Scrittura e il Magistero della Chiesa hanno da sempre professato o rigettato".
Versione in spagnolo dell'articolo sul blog Cruxsancta
Versione in inglese dell'articolo sul blog American Way in USA

PICCOLA AUTOBIOGRAFIA


Città (...), 11.12.91 Rev.mo Don Enrico Zoffoli, Piazza S. Giovanni in Laterano

Dopo diciotto anni di matrimonio con un uomo stupendo nel rapporto con il quale ho avuto un assaggio dell'amore infinito di Dio, il 20 novembre del 1985 il Signore volle mio marito accanto a Sé.

Nei tre brevissimi mesi della malattia non ebbi il tempo di prepararmi ad un distacco così repentino e restai quasi inebetita di fronte alla mia nuova realtà sebbene aiutata dalla Fede che il Signore ha voluto donarmi e dalla presenza di due meravigliosi figli che allora avevano 12 e 17 anni, io ne avevo 40.


La condizione delle vedove nel Cammino neocatecumenale

Ai primi del mese di febbraio 1986 iniziò la catechesi dei neocatecumenali nella nostra parrocchia, quella della B.V. del Carmelo a [...], ed io con i miei figli iniziai a partecipare alla riunione regolarmente due volte alla settimana. Alla sera si faceva abbastanza tardi, ma io ero molto attratta dall'approccio alla Parola di Dio che, a onor del vero, era la prima volta che mi veniva spiegata in maniera così viva e dai canti eseguiti con molta fede e spirito di unità.

Alla fine di questo primo corso della durata di circa un mese seguì una prima “convivenza” presso il monastero di [...]. Vi partecipai con entrambi i miei figli. Ci furono alcune cerimonie molto belle, ma quello che mi colpì fu il fatto che alla fine del terzo giorno quando si doveva pagare il conto alle suore ci fu la circolazione tra di noi, tutti raccolti in preghiera, di un sacco della spazzatura nel quale ognuno depose “quello che poteva, generosamente, pensando anche ai fratelli che non potevano pagare”.

Nel primo giro non fu raccolta la somma necessaria. Fu fatto un altro giro e la nostra catechista con parole molto sentite fece capire che c’era stato qualcosa di grandioso...: la somma non solo era stata raggiunta ma superata! La cosa aveva un sapore magico, rimasi tanto impressionata di come in mezzo a noi la gente avesse potuto essere così generosa! Poi tornerò su questo episodio.

Superato quindi il primo passaggio, si formò la nostra comunità detta "seconda Comunità”, poiché una prima esisteva già di 3 o 4 anni. La nostra comunità fu organizzata con quattro responsabili di cui uno ero io (sono una insegnante), una mia collega, due studenti universitari. Ci riunivamo regolarmente durante la settimana: una volta per preparare le letture relative alla “parola” che ci era stata assegnata, una volta per la celebrazione della liturgia della parola alla quale presenziava anche il nostro parroco, una volta per la celebrazione Eucaristica il sabato notte.

Tutto questo era molto coinvolgente, ma estremamente stancante perché si terminava in orari vicini e oltre la mezzanotte. Dopo ho capito che anche questo serviva a stancare le persone e renderle abbastanza prive di volontà. 

Io in qualità di responsabile ho partecipato ad alcune convivenze per soli responsabili, sia presso l'hotel “Ergife” di Roma sia ad Arcinazzo. La partecipazione a queste convivenze era per me assai gravosa poiché dovevo lasciare da soli i miei due ragazzi (portarmeli, come sostenevano loro, sarebbe stato per me un po’ gravoso finanziariamente) e in più due anziani suoceri di cui ero l’unica nuora.

Nel frattempo il nostro parroco si ammalò di cuore e dovette lasciare la parrocchia ad un altro sacerdote, persona buona e onesta, ma non risoluta come il nostro che riusciva a tenere testa a un certo Giovanni che era il capo dell'équipe venuta da Roma per catechizzarci.

Questo signore però era il catechista della prima comunità quindi non avrebbe dovuto aver niente a che fare con noi della seconda. lo sono di indole un po’ribelle e non accetto facilmente imposizioni per cui non volli mai imparare la fraseologia sempre uguale che tutti ripetevano durante le celebrazioni; mi esprimevo sempre secondo la mia preparazione, confidando sempre nella Misericordia di Dio e guardandolo solo e sempre con Amore. 
Rimasi perciò molto scossa quando la moglie di Giovanni, una donna fredda e acida che non ho mai visto sorridere, durante un’omelia da lei tenuta ribadì più volte che “...chi non odia suo fratello, e badate bene che la parola odio detta in lingua greca è proprio odio, odio... ecc. ecc. non è degno di Me”. Risposi a questo intervento riproponendo il Vangelo di S. Giovanni e la prima lettera, ma non feci altro che attirarmi la sua antipatia. 
 

 
Una volta dopo una convivenza di un giorno, durante quello che si chiamava il giro delle esperienze, mi sentii accusare da una ragazzina di essere stata poco ospitale, poiché, avendo io messo a disposizione della comunità la mia casa per l’agape della notte di Pasqua, avrei dovuto consentire non so che cosa, come canti e suoni di gente sbronza.

E mai che qualcuno dei miei confratelli si fosse preoccupato che io ero una donna vedova con regole e abitudini di una educazione per così dire all'antica! Ma le cose si complicano alla fine dell'anno del mio Cammino neocatecumenale.

Infatti la prassi prevede che dopo due anni ci sia un effettivo “passaggio” a non so che cosa. Era la fine di gennaio, mio suocero affetto da un male alla gola, aveva 82 anni, doveva essere assistito poiché dopo qualche giorno lo avrebbero operato e chi si doveva occupare di questo ero io. Fra anche la fine del quadrimestre ed ero impegnata con la scuola, e proprio in quei giorni bisognava andare a [...] per la convivenza del suddetto passaggio, Dato che [...] dista da [...] pochi chilometri, feci presente ai miei catechisti la mia situazione, proponendo loro che io avrei partecipato alla convivenza rimanendo a [...] durante il giorno, ma che la sera io sentivo il dovere morale e civile di essere a casa. Mi fu detto che dovevo esporlo a Giovanni.

Ebbi occasione di incontrarlo il 17 gennaio giorno di S. Antonio festeggiato qui da noi. Mi ascoltò con aria di sufficienza e mi disse che se non dormivo anche a [...] il Signore per me non sarebbe passato e che comunque potevo fare la “pendolare” se volevo, lasciandomi intendere che il passaggio lo avrei fatto lo stesso. Insieme ad altre 3 persone andai e tornai da [...] il venerdì, il sabato e la domenica.

Proprio la domenica c'era la cerimonia del “passaggio”. Portai i fiori per la mensa, ma siccome erano di mandorlo furono gettati via, portai un flacone di profumo “Opium” che fu in parte usato per profumare l’olio e molti dolci per l'agape che doveva seguire la cerimonia. Mi era stato detto di essere su a [...] per le 15. Quando arrivammo tutto era quasi pronto nella grande sala del refettorio delle Clarisse, una cinquantina di persone sedute in cerchio attorno all’ambone e ai fiori sul tappeto.

Kairos, un dio da afferrare per il ciuffo
Ci sedemmo anche noi. Giovanni irruppe nella sala e con gesto perentorio: “Tu, tu, e tu venite con me”, disse. Con molto imbarazzo ci alzammo e lo seguimmo in una piccola stanza dove si trovava anche il sacerdote che sostituiva il nostro parroco e un certo Don [...], un prete piccolo e assolutamente insignificante in balia di Giovanni. Ci fu detto in modo villano che non potevamo fare il passaggio perché non avevamo dormito a [...] e che quindi il Signore (sia sempre ringraziato) per noi non era passato. lo mi opposi dicendo che Dio non passa a [...] o in altri luoghi, ma nella vita delle persone e mi appellai anche alla sua comprensione attraverso la mediazione di S. Giovanni Bosco di cui ricorreva quel giorno la festa. Mi rispose con grande disprezzo “... e chi è questo S. Giovanni Bosco?!".

Umiliate e maltrattate lasciammo quell’assemblea per andare a [...] dal nostro parroco malato che ci confortò moltissimo riportandoci alla razionalità. Dopo una settimana passata in modo piuttosto traumatico, ci ritrovammo, io e le altre due signore mie amiche, di nuovo insieme ai fratelli di comunità che avevano fatto il famoso passaggio per celebrare l’Eucarestia del sabato notte. Un fratello, una persona che io conosco bene, prese la parola per “l'ammonizione ambientale” che precede la funzione. Con toni deliranti parlò di una presenza in seno alla comunità, quella del demonio, ripeté più volte il concetto con un parafrasare che ci mise francamente a disagio, ci sentivamo additate come “quelle che non hanno fatto il passaggio”.

Rimanemmo per tutta la Celebrazione e vi partecipammo ancora per altri sabati come anche ad alcune liturgie della parola. Fu durante una di queste liturgie che uno dei responsabili e precisamente quello che aveva parlato della presenza del demonio, ci chiamò da parte pregando di radunare, quanto prima, dei soldi, perché c'era una comunità, forse di [...], che si accingeva a fare un passaggio e perciò, cito le sue parole:Dobbiamo fare come al solito, cioè tenere a loro disposizione una generosa cifra, caso mai non bastassero loro i soldi del primo giro di raccolte”.

Fu per me peggio di una pugnalata!!! Compresi che per noi, la prima volta era stato lo stesso. C'era stata altra gente che in qualche modo ci aveva aiutati! Era stato sempre un aiuto della Provvidenza, ma perché non dirlo chiaramente, perché celare quel senso di mistero e di magia per impressionarci!

Ne parlai col sacerdote responsabile e mi rispose che... non dovevo giudicare (?!). Non andai più in comunità.

Passato qualche tempo una mia amica mi disse che se volevo rientrare in comunità potevo andare a fare quel famoso secondo passaggio, nel quale dovevo palesare a tutti la mia “Croce”, potevo associarmi ad un'altra comunità di Roma e andare ad Arcinazzo. Risposi di no. Un anno dopo le persone con le quali ero stata in comunità per 3 anni si recavano ad Arcinazzo per lo “Shemà”. Chiesi se vi potevo partecipare come “esterna”: mi sarebbe piaciuto trascorrere qualche giorno in preghiera e raccoglimento. Mi fu risposto che dovevo parlare con il catechista capo: Giovanni.

L'idea non mi piacque per niente e risposi subito di no. Qualche giorno prima della festa annuale dedicata a S. Antonio, il sacerdote che suppliva il postro parroco sempre malato, mi chiamò dicendomi che Giovanni mi voleva parlare; risposi che non avevo niente da dirgli e non volevo vederlo, lui mi rispose di fare un gesto di obbedienza... e io, sebbene a malincuore, accettai l'invito.

Fui convocata presso la parrocchia di [...] per le ore 20.30 del 17 gennaio 1989. Pensavo di essere la sola con la quale l'équipe catechistica che veniva dalla comunità dei Martiri Canadesi di Roma, capeggiata da Giovanni, volesse parlare. Mi accorsi invece che era stato allestito una specie di tribunale per me ed altri 5 (mi pare) fratelli. Noi eravamo seduti gomito a gomito appoggati ad una parete e dalla parte opposta, di fronte a noi, gli inquisitori: Giovanni, sua moglie, |...], una signorina su 40 anni di cui non ho mai saputo il nome, il parroco di [...] e un neocatecumenale che aveva passato molti anni in India ed aveva l’aspetto di un vero indiano.

Cominciò l'interrogatorio di coloro che mi precedevano e io, mentre li sentivo articolare pietose risposte e giustificazioni, mi sentivo sempre più sgomenta e smarrita, non mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Presa dall'impazienza chiesi che mi parlassero subito altrimenti sarei andata via!

Giovanni, allora, con fare di sopportazione ed autorità offesa cominciò a chiedermi se avevo fatto il passaggio, risposi di no e che sicuramente il Signore avrebbe deciso Lui quando sarebbe stato il momento. Non poté rispondermi. Mi chiese se volevo qualcosa, risposi che mi sarebbe piaciuto andare (a mie spese) ad Arcinazzo e unirmi alla comunità per le preghiere. Rispose che non lo potevo assolutamente fare se prima non facevo il famoso passaggio. Risposi se per caso c'era qualche passo del Vangelo in cui, a chi volesse unirsi agli altri per pregare, ciò era vietato.

Inoltre ripetei che spesso e dovunque il Papa ripeteva “aprite le porte a Cristo!”, nel senso di accogliere Gesù e i fratelli e aiutarli quando si trovavano in difficoltà...

Mi rispose Giovanni: “Devi obbedire e basta! Perché, che tu lo voglia o no, noi siamo Dio!”.

Mi sembrava di sognare, nessuno intervenne e lui aggiunse “se non proprio Dio siamo i suoi angeli!.

Di nuovo nessuno rispose, mi aspettavo una parola dal sacerdote, da qualcuno dei presenti... nulla! Di scatto raccolsi la borsa mi alzai e me ne andai per sempre! 
 
Io pensavo di fondare con alcune amiche un'associazione nuova, un movimento.
Ma ho sentito dalla Madonna: 'No, è la Chiesa. Benedetta tu fra le donne sarà la Chiesa.' (Carmen)



Nessuno dei così detti fratelli mi ha più cercata, fatta eccezione per una mia cara amica e parente che uscì con me insieme ad altre persone dalla comunità. Questa mia amica però dopo assidue pressioni e insistenti inviti è rientrata in comunità, è una insegnante come me, ma non si è sposata, quindi è più disponibile nel senso del tempo e denaro verso la comunità. Ormai le comunità neocatecumenali non ci sono più nella nostra parrocchia, si sono trasferite altrove.

È stata un’esperienza anche questa! Io ho sofferto, ma con l’aiuto del Signore e delle persone che mi vogliono bene ne sono venuta fuori. Devo dire però che per quello che riguarda i primi due anni di cammino neocatecumenale, esso è buono, è l’unica comunità che insegna ad accostarsi alle Scritture anche se prende troppo alla lettera l’antico testamento, e che, se guidata da sacerdoti intelligenti e capaci, catechizza veramente gli adulti. Deve restare però una scuola, un mezzo libero che aiuta la gente a conoscere e amare Dio accettando il Suo grande mistero. Se le comunità neocatecumenali devono diventare ordini religiosi allora è bene che i responsabili ne scrivano la “regola” e le persone che intendono farne parte devono sapere con chiarezza a che cosa vanno incontro.
 
(lettera firmata, da "Verità sul Cammino neocatecumenale")

martedì 25 aprile 2023

Il clima conflittuale nella piccola comunità volutamente introdotto ed alimentato dai catechisti neocatecumenali


Chi tra noi ha fatto il Cammino e non ricorda le consegne dei catechisti sul come proseguire il Cammino, una volta nata la comunità dopo le catechesi iniziali?

Dai catechisti viene raccomandato di essere se stessi senza freni inibitori e senza ipocrisie al fine di far emergere l'uomo vecchio che "VA AD ESSERE DISTRUTTO NEL FONTE BATTESIMALE PERCHE' POSSA NASCERE LA CREATURA NUOVA".

Ed uno può pensare che all'inizio ci può anche stare!

Nella celebre via di Palermo le sedie volanti
erano le portantine, nelle comunità
sono le sedie in plexiglas, infrangibile

 Tanto più  che i catechisti ti ribadiscono, con le parole di Kiko nella convivenza del Primo scrutinio, circa tre anni dopo le catechesi iniziali:

"Adesso ti stiamo preparando  per un rito nel quale ti si va a dare la fede, un inizio di fede perché  tu cominci il Cammino. Fino ad oggi hai fatto  un periodo di assestamento, di prova, se vuoi finora non abbiamo ancora cominciato  il Cammino sul serio. Siamo stufi di trionfalismo, di dire che siamo cristiani.  C'è  bisogno di camminare più  adagio, c'è  bisogno di sperimentare  questo cammino catecumenale dopo molte crisi, di lagnarsi dei fratelli, che ti criticano, di renderti conto della tua realtà, che si sfascino i tuoi ideali di comunità, di gente che si vuol bene ecc." (Orientamenti per il primo Scrutinio, 1986, pag. 98-99)

E alla Traditio, dopo circa dieci anni? Kiko è  ancora più  esplicito e virulento:

"Dobbiamo vivere una vita sciapa, stupida, “come ci vogliamo tutti bene, che bene stiamo qui a sentire la Parola di Dio, la carità è squisita...” Ma quello è una merda! Che cosa stai dicendo? Questo è cristianesimo? “Qui c’è carità, c’è comunione!” Alcuni dopo tanti anni ancora, non hanno capito niente." (Traditio Symboli, 1982, pag.109)

Perciò  non ci stupiamo se le testimonianze ci raccontano, e noi stessi ne siamo testimoni, che  normalmente in tutte le comunità del Cammino, nella propria come anche, secondo quanto si viene a sapere dai fratelli, nelle altre comunità  in altre parrocchie, città o nazioni, questo stato di litigiosità e di perdita di rispetto per la dignità altrui e di attenzione alla privacy di ciascuno, non si limita al primo periodo del ciclo di vita della piccola comunità neocatecumenale, durante il quale si fa la reciproca conoscenza mettendo da parte ipocrisie e ritualità sociali,  ma tende a diventarne un triste status perenne.

Ad un esame superficiale, proprio non si comprende perchè poi la comunità continui a vivere così tanto a lungo da finire estenuati da cotanto tormento. Non è questa la comunità cristiana di sicuro!
E non è  neppure ciò che viene promesso fin dalle prime catechesi neocatecumenali: nel disegnino delle catechesi iniziali infatti vediamo una scala che scende (Kenosi) fino alle acque del Battesimo, ma poi risale a costruire l'uomo nuovo: ma, nei fatti, anche quando è finito il cammino e oltre, nell'itinerario kikiano non esiste alcuna risalita, non è contemplata ascesi, mai si risale.
Tu aspetti e aspetti invano. E il tempo passa... Quello che possiamo dire per esperienza è che, ad un certo punto, come d'incanto, tutto viene soffocato e seppellito all'improvviso.
La pietra tombale che mette la parola fine a tutto l'ambaradan - a tanta sincerità imposta, a tanti litigi, agli stracci volati insieme alle famose sedie delle estenuanti convivenze mensili dell'eterno redde rationem neocatecumenale - è il diktat: "Non devi giudicare MAI". 

L'unica sedia all'altezza dell'ego di Kiko

Tale imperioso comando piomba improvviso e imprevedibile su tanto scompiglio, e tutt'intorno si fa silenzio, come sempre quando parlano i mega-super-catechistoni (specie se itineranti).

Di natura nuova neanche l'ombra (dicevo ascesi non c'è) poichè con gli anni nel cammino tra scrutini scorticanti, fango spalmato sugli occhi, Redditio dove si fa a gara a chi la spara più grossa ecc. ecc.

È tutto basato su un eterno reprimersi e farsi violenza. Ma poi i rancori si acuiscono, il lungo allenamento a spararsi a vicenda la verità in faccia tra fratelli di comunità, durato anni, ha la meglio, e le comunità vivono un eterno disagio, un diuturno scontento: la malizia serpeggia, la diffidenza reciproca pure, i giudizi non si esprimono più, ma sono tutti lì ed esplodono in gelosie ed invidie neanche troppo celate.

Bisogna dire che, in questa utopia del poter essere veramente se stessi solamente in interazione con il gruppo, il Cammino rivela la propria appartenenza ad un determinato periodo, quello dei collettivi, dei centri sociali e delle terapie di gruppo. 

Però, invece di elevare la fantasia al potere, nelle comunità neocatecumenali il disegno è quello di aderire ad un modello predefinito, tant'è che, alla fine, vista una comunità neocatecumenale le hai viste tutte, mentre, se veramente ciascuno potesse esprimersi liberamente, alla fine sarebbero diversissime tra loro, come sono diverse le singole personalità.

Invece il conformismo neocatecumenale è asfissiante: le comunità vengono lasciate apparentemente sole (in realtà i catechisti le vigilano continuamente attraverso la longa manus dei responsabili) ma alla fine vi è un solo modello che viene premiato, quello prestabilito. 

I primi anni di Cammino sono interamente dedicati a decostruire ciò che il cattolico pensa debba essere una comunità di credenti: pace, serenità, rispetto dell'altro, comprensione, dialogo, valorizzazione delle qualità dei singoli vengono bollate come ipocrisia, così come ciascuna iniziativa caritativa o semplicemente ricreativa viene scoraggiata fin da subito e rimandata ad un futuro indefinito, quando sarai un cristiano vero, 'rinato' e quindi libero.

Ora non devi creare interferenze o azioni di disturbo allo “spirito del cammino” che è la conversione finalizzata all’evangelizzazione neocatecumenale. Il Cammino ti ha salvato? Questo devi portare, inviato da Kiko ai “lontani” ma anche ai “cristiani della domenica” delle parrocchie che vogliono fare sul serio come te.

Tutto il resto è solo distrazione… del demonio.

Intanto il litigio e il regolamento dei conti di fronte a tutti viene addirittura istituzionalizzato. Tanto alla fine il risultato è sempre quello: perché non c'è un confronto di opinioni da cui può nascere qualcosa di nuovo, di positivo e costruttivo (anche le risonanze sono un esempio di come in cammino si parla sempre a se stessi, non si cerca il confronto) ma solo tempeste di emotività, fini a se stesse.

Dal momento poi che i catechisti (sempre presenti, come i registi nella Casa del Grande Fratello) premiano le personalità e le idee che aderiscono al modello di Kiko, oltre naturalmente a fare dello sfacciato nepotismo per i figli propri rispetto agli altri, dopo qualche tempo chi ha delle idee diverse o le cambia o impara a tenersele per sè e chi persiste nel manifestarle apertamente (e ci vuole un bel coraggio), prima o poi andrà via o sarà cacciato.

Ti danno anche l’illusione, con l’elezione dei catechisti della tua comunità, che qualcosa dipenda da te (questa elezione è preceduta da una ‘monizione’ in cui ti dicono che devi tener conto del “grado di conversione” del fratello che tu vuoi diventi catechista: “grado di conversione” - ti faranno capire chiaramente – commisurato alla “fedeltà al cammino” e allo “spirito del cammino” dato nelle consegne e al totale allineamento alla “obbedienza a Kiko e Carmen”). La verità è che questi catechisti ‘eletti’ - quando alla prova dei fatti, non rientrino nei canoni dati - possono, in ogni momento, essere rimossi dai tuoi stessi catechisti, che sono quelli che conducono il cammino nella tua parrocchia.
 
Eppure ti fanno invocare lo Spirito Santo prima della votazione, farsa nella farsa! Per cui... i responsabili più amati, quelli che sono stati votati dai fratelli perché obbiettivamente persone migliori e più adeguate, vengono sostituiti dagli yes men o da chi è più conformista, rigido, meno simpatetico; la comunità si cristallizza e si incartapecorisce diventando ciò che si voleva fosse fin dall'inizio, cioè una cellula obbediente del corpo di Kiko.

In un terrificante messaggio di WhatsApp, i catechisti stigmatizzavano il fatto che, in tempo di lockdown per coronavirus, si potesse partecipare a riunioni su piattaforma digitali con comunità non proprie oppure anche che ci si potesse trovare per pregare all'interno della stessa comunità al di fuori delle 'celebrazioni' stabilite e dei gruppi di preparazione fissati. Perché? Perché nulla deve sfuggire al rito predeterminato, perché non si stabilisca nulla di nuovo, neppure se positivo ed apprezzato, anzi, soprattutto se positivo e apprezzato!
Così pure, in tempi normali, sono vietate o comunque  caldamente  sconsigliate le escursioni e le attività sociali che non diano convivenze e pellegrinaggi previsti ed organizzati dall'alto.

Questo 'sistema educativo', a lungo andare, oltre a favorire depressione e calo di stima in se stessi, plasma personalità aggressive, non allenate all'autocritica, illogiche, impositive; le forma e, finché sono in cammino, in qualche modo le giustifica e le appoggia. 

Per questo per alcuni è impossibile uscire, non tanto dal Cammino, ma da ciò che, appreso in Cammino, sembra ormai far parte della propria personalità: i tipici casi a cui si può dire: "sei la dimostrazione che si può uscire una persona dal cammino ma non si può uscire il cammino da una persona"...

 

Per ottenere questi "bei" risultati c'è necessità di mantenere un clima di pressione in comunità, pressione della decima, delle visite dei catechisti, dei plurimi impegni, degli incontri, dei mille obblighi nei confronti dei fratelli, a cui si aggiunge questa continua conflittualità interna, prevista ed alimentata dai catechisti, secondo la antica strategia del divide et impera.

Senza questa divisione tra componenti della comunità dovuta a cause estrinseche, cioè alla pressione che viene praticata dall'esterno, alla mini gerarchia all'interno della stessa comunità che crea continuamente dissapori, all'impossibilità di avere chiarezza sulla gestione finanziaria, il gruppo detto comunità troverebbe una propria armonia interna ma soprattutto una propria autonomia nei confronti dei catechisti. 

Ecco, questo benedetto equilibrio viene visto come una jattura e si lavora attivamente per minarlo. Kiko stesso dedica sempre un angolo delle sue invettive a tuonare contro l'essere borghesi ed installati e ogni anno c'è qualche iniziativa per portare 'movimento' che si traduce solitamente in ansia, la quale poi genera insicurezza e conflittualità interna. 

"Dimostra d'essere un catecumeno senza dirlo":
niente di più facile...
Un esempio di ciò è stata la pensata delle communitates in missionem a Roma, che doveva comportare lo sradicamento delle comunità più vecchie, quindi anche dei più anziani anagraficamente, dalle proprie parrocchie per trasferirsi in altre.
Non abbiamo prove di come sia andata a finire questa transumanza, magari in nulla, ma intanto ha sortito gli effetti voluti: grandi paroloni all'esterno e grandi fastidi all'interno, con divisioni fra i più talebani e quelli meno, fra chi dice di sì e poi trova tutte le scappatoie e quelli che covano rancore per i soliti ipocriti primi della classe eccetera, ed il riemergere di antichi rancori.

Per assurdo, il blocco forzato di ogni attività  comunitaria dovuta ai lockdown causa coronavirus aveva avuto risvolti favorevoli per la serenità degli animi ed anche per l' unione orizzontale tra fratelli: il tiranno vero era rappresentato dalla normativa emergenziale e del tutto inutile è stato tempestare le persone chiedendo loro l'eroismo da protocristiani! Molti, in quel periodo, avevano ritrovato la pace e l'equilibrio per anni loro negato, e la pentola del Cammino, per un po', aveva misericordiosamente smesso di bollire.

Insomma, queste dinamiche sono ben raffigurate dal pentolone che  bolle e sobbolle e sempre rischia di trasbordare; questo assicura che mai la piccola comunità neocatecumenale si possa affrancare da catechisti, garanti, censori, padrini, didascali, responsabili, da quella lunga catena cioè con cui i controllati sono i propri stessi controllori, secondo il modello dei "migliori" campi di detenzione. 

Salgono? Scendono?
("Salita e discesa" - Escher - 1960)




Nota 1: La prima cosa che viene imposta è la riduzione allo stato infantile nella fede ("reset to factory settings!"). Poco importa se siamo battezzati, cresimati, sposati in chiesa, e magari persino ordinati: per il Cammino tutti questi sacramenti sono carta straccia (come le lauree hc di Kiko, per capirsi) perché non sono stati ancora vissuti in comunità. È solo partecipando alla comunità neocatecumenale che si apprende il valore del Battesimo e lo si vive nel concreto.

Dalle catechesi iniziali pag. 368:

Quando Gesù nasce, nasce piccolo ed ha bisogno di una famiglia dove crescere in sapienza e grazia, come dice il Vangelo: è la famiglia di Nazareth. Lo stesso con voi: uno appena battezzato è un bambino piccolo che deve ricevere molte cose. Dopo il battesimo non si può uscire di lì e dare cazzotti alla gente. Per questo San Paolo dice ai Galati che ancora hanno bisogno di latte come i bambini piccoli, perché hanno ricevuto da poco il battesimo ed hanno bisogno di sentimento ed altre cose. Ossia che dopo il battesimo passerete un tempo di neofitato.
Sapete come sarà la comunità dopo il battesimo? Come la famiglia di Nazareth, che vive in semplicità, normalmente. Maria non aveva acqua in casa e la andava a prendere alla fonte; faceva i lavori di casa; una volta alla settimana andava al mercato. Giuseppe metteva a posto sedie ed aratri, lavorava come falegname di villaggio. Vivevano in semplicità senza fare cose straordinarie. Così vivrete dopo il battesimo. Perché il neobattezzato è goffo ed impulsivo, vive molto di sentimenti ed è pieno di vita ed entusiasmo, allora ha bisogno di un periodo di maturazione vivendo in silenzio, in umiltà.
Questo cammino è una Kenosis, una discesa e nessuno può passare per la porta del Regno se non si fa piccolo, se non ha scoperto che tutto è grazia di Dio, dono gratuito. Chi non ha scoperto la sua povertà reale di uomo peccatore non scoprirà che Dio è quello che dalla morte e dal peccato tira fuori la vita ed una nuova creatura.

La re-inizializzazione dei fedeli ad una specie di infanzia nella fede è la premessa per una lenta riprogrammazione nel formato neocatecumenale.


Nota 2: Emblematica l’esperienza di Lino Lista che – per avventura – si ritrovò nella sua Parrocchia ad assistere alla predicazione neocatecumenale “catechesi della fase iniziale o della conversione”. Lino manifestò subito, senza reticenze, le sue perplessità ponendo domande. Fu bloccato come tutti col dire: “qui si viene ad ascoltare, non a dialogare… la fede viene per l’udito” “Ascolta fratello! Poi arriverà il tempo per dialogare” (altra colossale menzogna!). Lino interruppe qui l’esperienza. Già aveva capito tutto. Da questo nasce il suo meritevole impegno di disvelare i segreti neocatecumenali e il suo lavoro prezioso sulle trame oscure del Cammino.

mercoledì 19 aprile 2023

Educare: un'arte preziosa, sconosciuta al Cammino

EDUCARE È UN'ARTE! MA DOVE SONO GLI ARTISTI ? 



DRAMMI TENUTI NASCOSTI

Nel Cammino sono frequenti, specie tra i giovani, i casi di depressione a volte assai gravi e dalle conseguenze imprevedibili.
Le cause sono tutte da ricondurre a perdita della fiducia di base, a mancanza di autostima, a sensi di colpa, ad incapacità di impegno e di progettare un futuro.
Si tratta di forme depressive così profonde che hanno portato alcuni soggetti anche al suicidio.
Naturalmente nessuno nel Cammino parla di questi casi.

Nessuno, inoltre, osa analizzare le cause che determinano queste gravi forme di depressione. La semplice idea di poter mettere in discussione anche una "virgola" del Cammino viene percepita come "attacco di Satana".

Di fronte a fatti anche gravi, che dovrebbero far riflettere su certi contenuti e su certi metodi formativi, i commenti e le espressioni, specie dei catechisti, sono di una ottusità fideistica e pseudo-mistica allarmante:
"Il Signore sta permettendo questo...; questa è la storia che sta facendo il Signore...; sono eventi che ora non ci è dato di capire...; capiremo in seguito... ecc.".

 

UNA DELIRANTE PEDAGOGIA

Ma come spiegare con un pizzico di senso critico fatti del genere ?
Nel Cammino è vero che si annuncia con forza l'amore di Dio , ma si è persuasi che per "sentire" questo amore si  debbano indurre le persone a scoprire gli aspetti peggiori di se stessi.

C'è una palese difficoltà ad educare le persone, e soprattutto i giovani, a scoprire le potenzialità, il valore, la grandezza di origine divina di ciascuno di noi.

Persino le opere di bene vengono additate come "peccato", perché con esse "in fondo in fondo ci si vuole realizzare".
Per questo nel Cammino si dice sempre che “le opere non servono perché basta la fede".
Pertanto nessun catecumeno si impegna, neppure dopo trent'anni di cammino, in opere sociali e caritative, come la visita ad anziani, agli ammalati ecc.


"REALIZZARSI”? È SEMPRE UN PECCATO!

Nel cammino il verbo "realizzarsi" assume sempre un significato negativo, in quanto Kiko ritiene che il soggetto di questo verbo sia sempre un "io" che "pensa" e che agisce per mettersi in mostra, per innalzarsi sugli altri, per "uscire dalla storia".
Eppure è universalmente ammesso da tutti i pedagogisti e gli psicologi come l'individuo cresce e matura solo nella misura in cui riesce a "realizzarsi", cioè a portare a compimento tutte le sue intime potenzialità fisiche, psichiche, intellettuali.
Ci si può "realizzare" anche facendo il bene, anzi questo è il massimo della propria maturazione umana e spirituale; in questo senso "realizzarsi" significa fare fruttificare i talenti di cui parla il Vangelo.
La gioia che deriva dal potersi "realizzare" nei termini su indicati è legittima e santa.
Quando "realizzarsi" è peccato? Quando ci si realizza attraverso mezzi moralmente non leciti, quali, ad esempio, l'inganno, la prevaricazione ecc.
Ma nel Cammino, e solo nel Cammino, “realizzarsi” è sempre sinonimo di peccato.
Se qualcuno prende iniziative non contemplate dal Cammino, come fare opera di volontariato in ospedale, viene guardato con sospetto e si fa dell'ironia nei suoi riguardi, dicendogli: "Tu, fratello mio, ti vuoi realizzare!”.

Atteggiamenti deliranti, che non hanno riscontro in nessun altro contesto della Chiesa.

Banditi dal Cammino anche i verbi "impegnarsi" e "sforzarsi", in quanto l'uomo è per natura "impossibilitato a compiere il bene" e chi ci prova lo fa solo per “edificazione personale". 



DEMOLIZIONE DELL'IO  

Nel Cammino, poi, il soggetto dei verbi che indicano scelte, responsabilità e persino azioni di vita quotidiana non è mai la persona umana, ma il Signore.

Un catecumeno non dice, ad esempio: “Io sono andato ad ascoltare le catechesi”, ma “Il Signore mi ha portato ad ascoltare le catechesi.

A poco a poco le persone diventano così come degli automi, svuotate di ogni capacità decisionale.

Facile in tale contesto, entrare in depressione. Infatti, come slegare, ad esempio, l'impegno e l’amore per lo studio dal legittimo desiderio di “realizzarsi”?

Se “realizzarsi” è un peccato, se il mondo è il "regno di Satana", se solo nel Cammino c’è la vera Chiesa, se l'impegno e lo sforzo nella vita non servono, se invece di scoprire le intime potenzialità bisogna scoprire di essere “peccatori, cacca, schifo e nullità” non rimane che chiudersi in se stessi, incupirsi, inibire ogni slancio vitale e rimettere la propria vita tutta nelle mani dei catechisti, rinunciando persino a pensare!
Ma dentro questo utero di gestazione così stretto, dopo anni di martellanti catechesi incentrate tutte sui concetti di "peccato, croce e correzione divinaè facile cadere in depressione e che qualcuno perda equilibrio mentale e senso di identità.
L'annuncio dell'amore di Dio, gridato con enfasi dai catechisti, difficilmente attecchisce nel cuore di chi ha perso e continua a perdere ciò che in psicologia si definisce “fiducia di base” e che è condizione indispensabile per ogni cambiamento in positivo.

 

UNA TESTIMONIANZA 
 
A conferma di quanto finora affermato, ecco io stralcio di una testimonianza scritta (per motivi di privacy si omettono nomi di luoghi e di persone):


“... Ho sedici anni e posso affermare di essere nata e cresciuta all'interno del Cammino neocatecumenale. La sensazione che fin dall'inizio mi è stata trasmessa è stata quella di appartenere ad un gruppo privilegiato, che mai avrei dovuto abbandonare se volevo salvarmi...!
Purtroppo ho dei brutti ricordi di infanzia riguardo alle Eucaristie del sabato sera. Infatti, essendo ancora una bambina, non riuscivo affatto a restare sveglia per tutto quel tempo e soffrivo anche fisicamente.
Una volta cresciuta, se per un sabato preferivo uscire con le mie amiche e partecipare poi alla Messa della Domenica in Parrocchia, venivo ripresa dai genitori e guardata con sospetto dai miei coetanei della comunità.

Da queste piccole cose è nata quella sensazione che persiste ancora oggi dentro di me, e cioè la mancanza di autostima e la fragilità interiore che mi rende troppo vulnerabile.
Per questo, a partire dall'età di tredici anni, ho iniziato a nutrire una certa ribellione nei confronti del Cammino, che però si scontrava con tremendi sensi di colpa, per cui mi dicevo; “Satana mi attacca! Non sono degna dell'amore di Dio. So solo peccare!”

Ed avevo appena tredici anni! A quattordici anni ho ascoltato le catechesi e a poco a poco sono entrata nell'ottica neocatecumenale, sentendomi nella “vera Chiesa”,
Ricordo con rammarico l'atteggiamento che assumevo nei confronti di una mia amica che apparteneva ad un altro gruppo parrocchiale. Le facevo da catechista, spiegandole che lì dove si trovava non avrebbe mai capito nulla del cristianesimo; lei si sentiva molto giudicata e così persi presto la sua amicizia.

Ma pian piano il mio pensiero sul Cammino è totalmente cambiato.
Ho iniziato ad osservare con tristezza certi atteggiamenti all'interno della mia comunità. Notavo, ad esempio, che i figli dei catecumeni facevano a gara per entrare nell’ammirazione degli altri, con preghiere e risonanze di questo tipo:
Signore, mettimi la mano sul capo, perché sono un peccatore! ... Anche a me la Parola ha detto questa sera che sono un egoista e un prepotente...!”.
Naturalmente erano molto condizionati e dicevano queste cose per compiacere gli adulti.
Per questo io mi rifiutavo di pregare ad alta voce e pregavo solo nell'intimità, perché mi sentivo più libera e spontanea.
Un sabato sera, durante l'Eucaristia, il sacerdote del Cammino disse che anche noi ragazzi eravamo “sepolcri imbiancati, con dentro vermi e puzza”.

Ci guardammo negli occhi con l'amica accanto, figlia di catechisti, e ci venne quasi da ridere; ma quando fui a casa e mi misi a letto cominciai a piangere di sconforto!

Ma l'evento che mi ha maggiormente sconvolta è stato quello della Convivenza per il primo passaggio. Mai esperienza è stata più sofferta di questa per me!


Per iniziare, dalla prima sera fino alla fine della convivenza, ci hanno ripetuto:
Fratello mio, tu nella tua vita fai solo macelli! La tua vita è un macello perché sei pronto a seguire Satana e allora rubi, tradisci, odi il tuo datore di lavoro, ti masturbi, ti ubriachi...!”.
E queste parole venivano ascoltate non solo da adult, mà anche da adolescenti; io non oso immaginare quali effetti possono avere nella psiche di un ragazzino in fase di pnma maturazione questi concetti ripetuti continuamente.
Successivamente in convivenza ci è stato dato un questionario al quale dovevamo rispondere individualmente, per poi leggere in pubblico le risposte.
Tra le domande una chiedeva se, secondo noi, avevamo fede.

Prima di scrivere le risposte era stata data una catechesi il cui messaggio era questo: se crediamo di avere fede, ci inganniamo.
E a dimostrazione di questo ci chiedevano di confrontarci con Abramo, affermando inoltre che la fede o si ha o non si ha e che non esiste la poca o la molta fede.
A quel punto ci chiedevano di rispondere al questionano e tutti, naturalmente, rispondevamo di non avere fede, non tanto per convinzione, quanto per compiacere i catechisti.
Ricordo che una di noi disse di avere “un po' di fede”, i catechisti gliene dissero tante che quella poveretta alla fine dovette affermare di non avere fede.

La stessa situazione si creò col secondo questionario, in cui si chiedeva se il nostro cuore era nel lavoro, negli affetti, nello studio ecc. o in Dio.

Naturalmente la “risposta esatta” era la prima, e cioè che tutti avevamo il cuore nelle cose di questa terra.

Con l'ultima domanda si chiedeva quale fosse la nostra croce.
Ma le croci di alcuni fratelli non soddisfacevano i catechisti, che indagavano fino a trovarne una che a loro giudizio fosse più pesante.

Con una lunga catechesi, ci convinsero, alla fine, che Dio paria alla nostra vita solo con le croci: sofferenze, malattie, litigi e disgrazie varie.

In quel momento ho dovuto trattenere il pianto, perché la mia era diventata, oltre che sofferenza spirituale, anche sofferenza fisica,

Ricordo, inoltre, che in una delle tante catechesi un catechista, rivolgendosi a noi ragazzi, ci disse che sicuramente eravamo convinti di non avere grossi peccati.
Poi, col tono di chi ha una buona notizia da dare, ci disse testualmente: "... ma il Signore si incaricherà di farvi sperimentare quei peccati che pensate di non avere, così scoprirete di non avere fede e di essere anche voi dei peccatori!”.
A quel punto il senso di disorientamento e di confusione spirituale furono totali.
Mi chiedevo: possibile che Dio “si incarichi” di farmi peccare per dimostrarmi che sono peccatrice e che non ho fede?

Dopo quella convivenza non sono più andata in comunità.

Io non ho studiato teologia e non so se ciò che penso sia giusto, ma se Dio è amore, portatore di gioia ed io, come altri, non ho trovato né l’uno né l'altro, allora qualcosa non va di certo nel Cammino.
Una mia compagna, figlia di catechisti, mi ha confidato che anche lei vorrebbe uscire, ma non può perché i suoi non glielo permettono e che addirittura una volta suo padre l'ha presa a schiaffi...!
Un'altra ha un forte esaurimento nervoso, non riesce più a studiare, ha crisi di pianto continui e va da uno psicologo per farsi curare; anche lei è molto combattuta: vorrebbe uscire dal Cammino, ma teme di essere punita da Dio, e poi i suoi genitori non glielo permettono...” 

(Roma: dal Diario di R.F., una ragazza ex-catecumena).


IGNORANZA  E PRESUNZIONE

Ogni catechista è anche un educatore e non può essere educatore se non è ben munito di conoscenze teologiche e dottrinali; se non possiede coerenza morale, unite ad una buona preparazione di didattica, di pedagogia e di psicologia, specie dell'età evolutiva...

Purtroppo molti, specie nel Cammino, assumono il ruolo di catechisti anche senza adeguata preparazione, carichi solo della presunzione di avere il dono del discernimento e della... infallibilità, e non si rendono conto che educare una persona umana è l’atto più grande che si possa compiere, perché nell'universo non esiste nulla di più prezioso dell'uomo.



L'ARTE DELL’EDUCARE

Per questo l'educazione è difficile, poiché normalmente le cose grandi sono anche le più ardue.

Ma che significa educare?

S racconta che quando Michelangelo si trovava a dover scegliere tra i diversi blocchi di marmo per scolpire una statua, egli li palpasse con le sue mani come se li accarezzasse, per scopnre quale fosse più adatto ad esprimere ciò che il suo spirito di artista sentiva.

Era come se giudicasse il blocco di marmo da ciò che esso era capace di divenire.

Vi scorgeva all’interno, come imprigionata nella pietra, la figura che a poco a poco sarebbe emersa, liberata dai suoi colpi di scalpello ora decisi, ora delicati, ma sempre precisi.

Questa è una pallida immagine di ciò che accade nel rapporto educativo.

La domanda fondamentale che genitori, docenti, catechisti devono porsi nei confronti della persona umana in formazione loro affidata è la domanda sul suo destino:
"Quali sono le potenzialità di questo bambino, di questo adolescente, di questo giovane che mi sta davanti? Chi potrà diventare?".

A questa domanda così risponde un grande filosofo greco:

“L'esistere del mondo è uno stupore infinito, ma nulla è più dell'uomo stupendo... Fornito oltre misura di ingegno e di arte, egli è capace di volgersi ora al male, ora bene per rendere grandi sé stesso e la patria!” (Sofocle).

È allora indispensabile superare quella forma di condanna dell’uomo che a causa del peccato originale lo rende impossibilitato a compiere il bene e che fa dire ai catechisti del Cammino:

Tu, fratello mio, devi compiere un lungo cammino di discesa nella tua interiorità, per scoprire che sei un sepolcro imbiancato e che dentro di te ci sono soltanto putridume e vermi; anche tu sei un ladro e un assassino... impossibilitàto a compiere il bene, capace solo di opere di morte!

Come pretendere di poter educare i giovani, se dentro il blocco di marmo, invece di vedere un potenziale capolavoro, si vedono soltanto “putridume e vermi”?


... ABBIAMO TUTTO!

È, questa, una visione dell’uomo che mortifica e che deprime, a cui si contrappone il magistero della Chiesa, così espresso da Giovanni Paolo II:

Ogni uomo ha in sé tutte le risorse necessarie per affrontare l'esperienza della vita e realizzarsi: la forza, la purezza, la verità, la misericordia, tutti i valori del nostro essere umani... Abbiamo tutto!

L'unico modo per scoprire questi doni, che portiamo dentro, è quello di aprire una ricerca per conoscere meglio noi stessi, cioè iniziare un cammino interiore, che ci faccia scoprire i doni di Dio e ci consenta di trarre fuori il meglio di noi stessi!”
.

Pertanto, ogni vero cammino di fede, di formazione umana e cristiana dovrebbe avere lo scopo di guidare le persone a scoprire i doni e la dignità di cui Dio le ha rivestite.

 

(Antonio Lombardi - "Quando Mosè diventa Faraone")

domenica 16 aprile 2023

Ancora una testimonianza su come il Cammino calpesta anche le anime più disponibili a seguirlo

Versione in polacco della presente testimonianza sul blog Pax.tibi

Salve. Purtroppo non conosco l'italiano (mi sono aiutata col traduttore automatico), spero che sia comprensibile. Questa è la mia testimonianza.

Sono di origine europea (ma non italiana o spagnola). Avendo passato molto tempo fuori dalla Chiesa (come tanti), avevo il desiderio di tornare alla Chiesa e di ravvivare la fede che ho ricevuto nel battesimo. Tutto è cominciato circa 15 anni fa, quando il Signore mi ha risvegliato in modo speciale e non ho più dubitato che il mio posto fosse nella Chiesa cattolica.

E non dicono che sono neocatecumenali
Nella mia parrocchia venne proposto un itinerario di formazione cattolica. Invitata dal parroco, aderii. Ebbi molte difficoltà con le catechesi iniziali ma volli continuare perché avevo dato la mia parola al parroco che sarei stata presente. C'erano cose che mi sembravano incoerenti ma se facevo domande, i "catechisti" sembravano colti di sorpresa e non sapevano cosa rispondermi. Pensai che dopo un lungo periodo di mancanza di fedeltà al Signore sarebbe stato normale dover mortificare un po' il mio spirito e seguire un cammino di umiltà. Così, nonostante le critiche, i sospetti che fosse una setta, mi lasciai convincere che dopotutto era un movimento approvato dalla Chiesa e quindi, fidandomi della Chiesa, proseguii.

Partecipai alla convivenza alla fine della catechesi, accettando di entrare in questa "piccola comunità". Trovai interessante studiare i vari passi biblici e leggere in gruppo la Bibbia. All'inizio mi sentii un po' spaesata con l'Eucaristia, poi ho imparato ad amarla, a trovarla profonda, a sentire davvero la presenza del Signore. La comunione sotto entrambe le specie divenne molto importante per me, anche se non aggiunge nulla alla comunione sotto le sole specie del pane. Mi venne chiesto di diventare salmista e così, con spirito di servizio, accettai. Imparai tutto, investendo una considerevole quantità di ore di tempo che avrei invece dovuto dedicare a mio marito e ai miei figli. In fondo si trattava di una comunità, ma cosa non farei per il Signore...

Negli anni successivi il tempo investito per la comunità aumentò. Momenti piacevoli con i fratelli, sì, ma spesso anche meno piacevoli e pesanti, anni di convivialità domenicale o di inizio anno o di passaggi da cui spesso tornavo sfinita, con un forte mal di testa, e a volte a disagio.

Mi sono detta: andiamo avanti, dobbiamo mettere a morte questo "uomo vecchio" che è in me, dobbiamo imparare l'umiltà, eliminare questo egoismo, imparare a dare tutto per il Signore nonostante i sacrifici, le umiliazioni (d'altronde, essere salmista a volte è molto umiliante). Cerchiamo le cose del cielo e non quelle della terra.

Gli scrutini sono stati estremamente umilianti, inquietanti. Sono stata profondamente umiliata in pubblico ma d'altra parte oggi sono libera da certe cose e forse non sarebbe stato possibile senza questa esperienza. Mi è molto dispiaciuto dover ascoltare la testimonianza di alcuni fratelli. Ho avuto più volte un grande senso di disagio e di tristezza per i commenti dei "catechisti" (itineranti o meno) nei confronti di alcuni fratelli e sorelle. C'erano cose che ritenevo inaccettabili. Ma ho voluto ancora continuare il Cammino.

C'è una cosa che mi ha dato fastidio in tutti i questionari (durante le convivenze, gli scrutini o le liturgie domestiche): si parla sempre del Cammino Neocatecumenale e mai della Chiesa (prima del Cammino, visto che si sta camminando...).

 

Pasqua neocatecumenale
rigorosamente separata dalla parrocchia

Ho sempre obbedito a tutto ciò che mi è stato chiesto. Ho applicato il secondo scrutinio in modo molto scrupoloso, a costo di rifarlo più volte. Con catechesi incentrate sul fatto che i poveri sono sia i poveri mendicanti all'angolo delle strade, ma anche talvolta che i poveri sono coloro che non conoscono Cristo e l'importanza dell'evangelizzazione. Mi sono liberata di molte cose, ma in fondo tutto ciò che ho mi è stato dato dal Signore. Quando ho abbandonato il Cammino mi son detta: tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per il Signore e non per la comunità e se sono stato ingannata, non devo incolpare me stessa perché il Signore sta conducendo la mia storia.

Nella nostra comunità eravamo in sintonia ma ci è stato detto più volte che è importante che a volte le "sedie volino". E noi non lo capivamo, soprattutto perché nella nostra comunità ci dicevamo le cose, chiedevamo perdono, andavamo d'accordo e questo era molto bello. Ma ho avuto molti problemi con il modo in cui alcune persone parlavano: "mia moglie è mia nemica, mio marito è mio nemico"...

D'altra parte, negli incontri con le altre comunità del Paese non mi sono mai sentita a mio agio, mi sono sentita un'estranea. Mi veniva da pensare che forse si trattava di un itinerario cattolico ma fatto per persone di mentalità italiana o spagnola, di una spiritualità (ma in comunità non vogliono sentire la parola spiritualità) per italiani o spagnoli, non per persone del mio paese.

Quando avevo una domanda mi veniva detto: perché ti fai tutte queste domande, da dove prendi tutto questo? Pazienza, aspettate, un giorno la comunità vi darà le risposte, ma tutto si fa al ritmo della comunità. E io pensavo: ma come si può fare tutto solo con la comunità e al suo ritmo? E riguardo all'aspettare il ritmo della comunità quando si hanno domande sull'educazione dei bambini piccoli, per esempio, ho avuto risposte (che non erano risposte) quando erano troppo grandi.

Facce tristi, anche i Gesù e le Madonne neocat

 Un giorno mi sono detta: cosa ci faccio qui? Vogliono farmi il lavaggio del cervello? Cosa sto ottenendo? Niente. Formazione biblica? Siamo stati per anni senza sacerdoti e mi sono lamentata: non possiamo avere spiegazioni dei testi? O da un'omelia? Mi è stato risposto: il sacerdote non è importante per la celebrazione della Parola. Dobbiamo fare "catechesi" e che solo questo sarebbe molto buono e molto arricchente. Ma mai nessuno che correggesse ciò che non va. Parliamo, ascoltiamo e prendiamo ciò che vogliamo, che sia giusto o meno. Non capivo, diventava sempre più difficile capire il perché, e mi ponevo molte domande: perché bisogna aspettare ben 12 anni per imparare a pregare? Perché 15 o 20 anni per imparare a pregare il rosario? E riguardo alla santificazione personale, all'ascesi personale? Perché le persone mi dicono che non hanno bisogno della direzione spirituale "perché la ricevono dalla comunità"? Perché dovete distinguervi dagli altri cattolici della parrocchia? Mi è dispiaciuto molto vedere i fratelli della comunità che hanno fatto la tappa della redditio ricevere enormi palme invece dei nostri umili rami di ulivo. Per me, questo non è essere "sale" della terra. Era qualcosa che non volevo.

Rassegna militare di neocatecumenali con le "palme alte"
tagliate a forma di lance

Mi sono occorsi tanti anni. Ma quando è arrivato il giorno, dopo l'iniziazione alla preghiera, mi sono detta: tutto questo per cosa? Tanti anni di attesa ubbidiente e sempre più il buio... Così ho deciso di interrompere i contatti, di smettere di torturare il mio cervello. Ho lasciato la comunità per tutti questi motivi, ma anche perché più passa il tempo e più mi accorgo che i fratelli delle comunità più "avanzate" sembrano sempre più cupi e tristi. Non brillano della luce di Cristo risorto, almeno ai miei occhi. Ma mi sentivo incatenata. Ho dovuto pregare molto e meditare a lungo per trovare la forza di fermare tutto. Non potevo fermarmi da un giorno all'altro, perché volevo lasciarmi in pace con gli altri. Volevo dire addio. Non è stato un passo facile. Si sta voltando un'intera pagina della mia vita. E ora devo ricominciare tutto da capo.

Oggi sono accompagnata da un sacerdote che non è del Cammino e ricevo anche una formazione cattolica, ma mi sento come se mi stessi svegliando da un lungo sonno, una specie di coma dal quale devo reimparare e riadattare molte cose. E avevo paura di una certa cosa quando sono andata da questo sacerdote, avevo pregato molto prima di questo incontro: avevo paura che questo sacerdote (che mi accompagna ancor oggi) mi dicesse: "il Signore ti ha scelto per camminare in una piccola comunità, quello è il tuo posto, questa è la volontà del Signore, devi tornare nella tua comunità". Ma questo sacerdote mi ha accolto e ascoltata, sono stata colpita dalla sua dolcezza.

Mi rendo conto di aver trascurato molti doveri di stato del mio matrimonio, di aver trascurato i miei figli che ora sono cresciuti e hanno entrambi lasciato la Chiesa. Uno dei miei figli mi aveva detto di recente: quelle persone sono troppo chiuse, sono una setta.

Personalmente, amo ancora i miei fratelli della comunità, che sono brave persone, e amo i sacerdoti del Cammino. Sono preoccupata per loro. Cerco di mantenere un contatto con loro. Sono sempre la benvenuta alla loro celebrazione dell'Eucaristia. Ma lì mi sento sempre meno a casa mia.

Questa è la mia testimonianza.

giovedì 13 aprile 2023

Penosa esibizione pasquale neocatecumenale nella cattedrale di Trento

Poco prima di Pasqua, lo storico organista della cattedrale di Trento ha deciso di andarsene e di rinunciare al suo incarico, suscitando rammarico e sorpresa, espresso anche negli articoli della stampa locale.

L'addio non è  indolore e viene comunicato con rammarico dal musicista trentino, che lo motiva lamentando il fatto che, nel tempio, «la musica non è all'altezza dello splendore del luogo».

Effettivamente  sul Duomo di Trento,  finemente restaurato, non si è voluto investire perchè fosse dotato nuovamente di un organo all'altezza della bellezza e della sontuosità dell'edificio sacro. Ma è una situazione che perdura già dai primi anni '60 quando, smobilitato l'antico strumento, veniva utilizzato un organo più piccolo detto "corale", quindi la rinuncia dello storico organista della cattedrale, senza d'altra parte aver ricevuto altre offerte di maggior rilievo, suscita una certa perplessità.

I cattolici trentini però, dopo aver assistito, in diretta o in differita tramite gli strumenti offerti dalla rete, alla celebrazione della Veglia di Pasqua nel Duomo di Trento, pensano di aver capito quale possa essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della esasperazione dello storico organista della loro città.

Nel corso della solennissima celebrazione infatti, ci sono stati almeno due momenti "topici" in cui non solo un esperto di musica sacra ma anche un normale fedele amante della liturgia, non potevano non sentirsi cadere le braccia e avvertire la tentazione di scappare via; uno in particolare, che vi riproponiamo in uno spezzone della registrazione presente su YouTube, è la canzonetta neocatecumenale con ritornello "Precipitò nel mare cavallo e cavaliere" cantata da uno schitarrante in veste bianca (presbitero, diacono o "eletto" del Cammino) con il massimo dell'enfasi kikiana, e concluso con l'invocazione  "Parola di Dio".

Si comprende, ascoltandolo, come l'organista, che ha accettato per decenni di fare il proprio servizio musicale presso la Cattedrale utilizzando uno strumento pur modesto e sottodimensionato, non se la sia sentita di avallare, con la propria presenza, un tale scempio musicale e liturgico nella Casa del Signore. C'è un limite a tutto!

Ecco lo spezzone con l'esibizione musical-canora di stampo kikiano, con testo tratto liberamente  dal Canto di Mosè di Esodo 15, perpetrata con zelo tutto neocatecumenale dall'ambone del Duomo trentino nel corso della solenne liturgia  della Veglia Pasquale.


Un secondo momento di "caduta di stile", meno grave del primo ma sempre aberrante, si è verificato con il "Resuscitò" kikiano come canto alla comunione.

Vogliamo ricordare un'altra esibizione paragonabile a questa risalente sempre ad una Veglia di Pasqua, questa volta a Loreto; anch'essa ha suscitato nei fedeli presenti scandalo e ripulsa.

Ci rendiamo conto invece di come, ancora una volta, i neocatecumenali neppure si accorgono di quanto ciò che a loro risulta bello ed entusiasmante sia in realtà stonato, inadatto, inopportuno, desacralizzante e profano.

Facciamo nostro a questo proposito un commento riportato dai social in quell'occasione e lo riteniamo perfettamente descrittivo di quanto accaduto a Trento:

«Com'è stata possibile una cosa simile nella Basilica della Santa Casa di Loreto? Grottesca, imbarazzante, abietta.

(...) è stata la "sorpresa" che ha sconvolto un po' tutti...

Il testo, la musica e quel modo di cantare hanno indubbiamente un significato fortemente emotivo per un gruppo omogeneo nel contesto di un'azione liturgica "particolare" (approvata per la sua limitata specificità) uno "stile" che non può essere tuttavia esteso, senza provocare disorientamento, traumi e disgusto, ai fedeli "normali" che non appartengono cioè ad un determinato gruppo».

Non sono mancati, anche in questo caso, i commenti sui social dei fedeli cattolici, scandalizzati e offesi per questa caduta di stile e questa offesa alla liturgia, al senso estetico, al raccoglimento solenne della Veglia Pasquale nel principale Tempio della cattolicità della città sede dello storico Concilio.


Ne riportiamo di seguito alcuni:

No comment
Al di là di tutto... canto di una bruttezza unica
Fantastico! 🤣Canzonetta da osteria
Non ho parole! O meglio, ne ho, ma sarei bannato e scomunicato in tre secondi se le dicessi
Anche no
Senza parole! Dov'è la vera liturgia?
...disponibile anche per feste private
Per carità, per carità: basta 'ste robe
Devo stare zitto...
È  proprio questo il problema: che stiamo zitti e di fronte a questo non ci alziamo e andiamo via
Ok non sto zitto: che vadano a ca@are! Firmato: un organaro
L'ambone è fatto per proclamare la parola di Dio: non per passerella di canti e chitarra suonata o meglio strimpellata in malo modo.
Esistono brani approvati a livello nazionale da utilizzare nelle liturgie. E i canti neocatecumenali sono banditi, non ne è  stato approvato nemmeno uno. È  una forma di pseudosetta che celebra i suoi riti al di fuori della liturgia nazionale.
Vergogna!

Una sola grande virtù: IL CORAGGIO!
Chissà se l'organo ha il registro bala  laica 🤣
Ma veramente??
Mi ricorda un sacco il CantaGallo di Robin Hood 😅
Ma quello sapeva anche fischiare, vuoi mettere?
Vergognatevi
Ma chi è, il fratello di Albano?
Lo scorso anno in cattedrale a Chieti. È il canto dei neocatecumenali... alla ennesima schitarrata del cavallo e cavaliere che precipitò nel mare, uno di fronte si gira e mi fa... sto cavaliere è proprio morto ormai 🤣🤣🤣
Non è un caso che l'organista se ne sia andato
Questo canto è  una kikata
Sarei andata via di corsa
400 anni di musica sacra buttata al vento
Questa oscenità conferma la gente nell'ateismo
Grazie, mi sono appena andati di traverso pranzo e cena pasquali. La
Chiesa modernaaaa, aperta ai giòvaniiii 😅Dio mio, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Ora capisco perché il Maestro Rattini ha rassegnato le dimissioni...
È la corrida o the voice?
Non posso crederci
Questa è la dimostrazione che Dio è bontà  infinita, se no lo avrebbe già fulminato
Misericordia!
Siamo alla frutta
Che pena
Andate in sinagoga o a Sanremo a mettere in scena queste buffonate
La blasfemia suprema è  che usano le parole dei salmi
Il declino della Chiesa Cattolica
Mi chiedo come l'arcivescovo di Trento possa aver acconsentito a questa esibizione durante la Veglia Pasquale. Non era certo il luogo e  il momento  adatto
Ma è  pazzesco! È tutto vero?
Purtroppo sì
Siamo basiti
SOLO STRAVAGANZE!
Che disastro! Non sembra neppure intonato. Non sono liturgie moderne sono neocatecumenali
No questa è la veglia di Pasqua in cattedrale
Si si però spesso i salmi sono animati dai neocatecumenali e quello che ha eseguito il tipo è cavallo e cavaliere del repertorio neo
Spesso? Spero di no. Dov'è il coinvolgimento dell'assemblea?
Dov'è la partecipazione attiva fruttuosa e consapevole? 

ehhh bella domanda.
però se lui era lì vuol dire che c'è una presenza forte neocatecumenale infatti poi in sottofondo si sente il battito di mani al ritmo tipico che hanno sempre
Quindi "loro" sono consapevoli e partecipi
Non entro in merito 😅
Ma per favore che strazio! Povera chiesa siamo proprio messi molto male!

... cammello e cammelliereeeeee, cammello e cammmelliere
tràn-tràn tràn-tràn, tràntràntrààààan!!!!!

Allucinante! Ma chi sono i responsabili della liturgia? Secoli di storia della musica seria buttati al vento. The answer, my friend, is blowin' in the wind, the answer is blowin' in
the wind....... (sono un organista
professionista serio)
Quando si vuole a tutti i costi "includere" nella Chiesa, proponendo oscenità settarie (neocatecumenali). La liturgia deve essere anche bellezza, non solo partecipazione. A parte che, esclusi gli appartenenti a tali sette cattoliche, vorrei proprio vedere chi partecipava, dei semplici fedeli dell'assemblea, al canto di tale amenità!
Personalmente suono l'organo in chiesa da 28 anni e dirigo un coro da 25. Ho fatto diversi corsi di liturgia e musica liturgica. Mai mi sarebbe saltato in mente di proporre una cosa del genere a una veglia pasquale.
Poi si domandano perché le chiese si
svuotano...

Basta mettere non mi piace come ho fatto io e scrivere una lettera alla Congregazione  per il Culto Divino
Dategli un sombrero (e lavategli la veste)
Ecco perché  a Trento hanno inaugurato  i 'battesimi' civili
Povero Signore
Fortuna che si stanno estinguendo
(In spagnolo) E la liturgia, perché ce ne curiamo? Basta prendere una chitarra, vestirsi da settario e lanciare qualche urlo. Meglio tirare fuori il vino, questa musica è adatta per ubriacarsi.
Neocat!
Va bene per una festa di paese, non in chiesa
Orribile, da censurare
Qui c'è lo zampino di "SANTANA"
Questi hanno scambiato la Chiesa per un osteria.  Vade retro!
La maggior parte dei giovani oggi non viene in chiesa perché  è un ambiente di vecchi ridicoli.




Nota: Nel settembre 1562 la ventiduesima sessione del Concilio di Trento deliberava su la musica sacra in Chiesa:

"Tutto deve essere regolato in modo tale che, sia che le messe si celebrino parlando sia cantando, ogni cosa, chiaramente ed opportunamente pronunciata, scenda dolcemente nelle orecchie e nei cuori degli uditori. Quanto alle cose che si suole trattare con musica polifonica o con l'organo, nulla vi deve essere di profano in esse, sì soltanto inni e divine lodi [...] In ogni modo, tutta questa maniera di salmodiare in musica non deve essere composta per un vacuo diletto delle orecchie, bensì in modo tale che le parole siano percepite da tutti (ut verba ab omnibus percipi possint), affinché i cuori degli ascoltatori siano conquistati dal desiderio delle armonie celesti e dal gaudio della contemplazione dei beati [...] Espellano dalla chiesa quelle musiche, nelle quali sia tramite l'organo sia tramite il canto, si mescoli alcunché di lascivo e di impuro [...] sì che la casa di Dio sembri e possa esser detta veramente la casa della preghiera."

lunedì 10 aprile 2023

Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi



Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.(Gal. 5,1)



La salvezza si è compiuta sulla croce di Cristo, nessun cammino possiede questa medesima facoltà nè può garantire un'elezione d'eccezione seppur la prometta. Ed è proprio da lì, dalla croce di Cristo, che siamo stati liberati dal peccato.

Esattamente da quel peccato che il cammino neocatecumenale esalta e colloca ad un gradino superiore applicandogli un significato di guarigione. Un controsenso che Kiko chiama "stoltezza della predicazione", uno stratagemma verbale che rende plausibile quanto appare più illogico e subdolo. 

Nella realtà, incontrare il Risorto significa cambiare radicalmente vita, è Paolo a dircelo, ma occorre restare nella vita nuova donata da Cristo, non ricadere nelle dinamiche dell’uomo vecchio, nell’affermazione di sé. 

Ma davvero si può evitare di essere egoisti e tronfi, dunque superbi, quando proprio Kiko e i catechisti suoi vicari, idoli ammirati ed emulati, sono tali?
Per acquisire la pace e mantenersi in uno stato di grazia bisogna fissare lo sguardo perennemente su Gesù. Ma come si può orientare lo sguardo a Cristo se le pareti sono interamente tappezzate di ritratti raffiguranti un idolo, Argüello che si sostituisce a nostro Signore, e le Sacre Scritture risultano mistificate? 

Come poter compiere dei passi edificanti sulle orme di Cristo se Carmen ha dichiarato a gran voce, come se fosse un comando intransigente proveniente da un'ispirazione mistica (credenze e sensazioni prettamente neocatecumenali): "Gesù non è modello di santità per nessuno"

Questa donna, la Hernàndez, nella sua particolare fede (che purtroppo ha divulgato imprimendola in molte anime) non ha tenuto conto del fatto che la Croce di Cristo è nostra gloria, salvezza e risurrezione, e che non può sussistere una croce senza il Crocifisso...senza Gesù!


È importante notare che è Cristo che ci ha liberati, non siamo noi a liberare noi stessi. Ragion per cui non è pensabile che delle tappe umane, determinate da dimostrazioni consecutive e faticose (consegna dei beni, obbedienza cieca ai catechisti, preghiere diurne e notturne secondo regole prefissate e rigide, confessioni pubbliche e via dicendo), possano donare quella libertà ambita. Questa è semplicemente l'illusione dello schiavo che pensa di essere libero.

La libertà è un dono di Gesù, dataci e ricevuta per fede. Quando facciamo degli sforzi - inoltre imposti da uomini dalle intenzioni dubbie e inique - per ottenere la liberazione, ritorniamo ad essere ridotti sotto il giogo della schiavitù.

 
 
Nelle comunità di Kiko sussiste un dominio psichico indotto mediante suggestione. Pensiamo ad esempio ai noti e temuti scrutini che invadono il foro interno degli affiliati, vale a dire l'ambito più riservato e delicato della coscienza che dovrebbe esser tema di confessori o padri spirituali, i quali vengono preceduti da catechesi battenti e incalzanti che indeboliscono la psiche e la dispongono ad accogliere l'abuso.

Gli scrutinatori non sono altro che i catechisti del contesto, i quali giurano e spergiurano che le confessioni pubbliche sono destinate ad essere dimenticate nell'immediatezza.

Ma quei segreti vengono appuntati nella mente d'ogni singolo 'fratello' e sfruttati come merce di ricatto.

Gli immusoniti catechisti esigono un abbandono totale di sé, una consegna incondizionata del proprio essere, un affidamento senza riserve; un'apertura del cuore che sfora nell'abuso. Il tutto nasce da una pretesa di obbedienza inconcepibile che pressa le coscienze e le condiziona a rivelare ciò che dovrebbe esser confidato nel dominio sacramentale della confessione.

Tutto ciò fa paura, deprime, scoraggia, toglie ogni briciola di dignità e rende servi dell'uomo, succubi del cammino; la sensazione è quella di avere un cappio al collo che si stringe inesorabilmente di più ad ogni confidenza, una trappola che strugge la vita del soggetto, della sua famiglia, ma anche dei semplici presenti nell'assemblea. Nelle sale si scandalizza e si uccide l'anima con una facilità allarmante e sconvolgente.

Questi personaggi, le divinità del cammino, privi di reale autorità esercitano dominio sulla coscienza altrui, operando dei soprusi che, proprio per la loro natura spirituale, sono più infidi e rovinosi di qualsiasi altro tipo di abuso.

 

Nessuna persona può esercitare autorità sulla coscienza dell’altro, neanche una guida spirituale - vera e santa - è dotata di una simile libertà. È un principio che non sopporta eccezioni o deroghe.

Kiko promette una libertà: la libertà di peccare. Come se fosse una condizione appetibile, un frutto tutto da godere, una torta donata a dei golosi che null'altro aspettano.

Invece si tratta di una contraddizione in termini. Per comprendere basta leggere queste parole tratte dal capitolo 8 di Giovanni, in cui Gesù dice: “chiunque commette il peccato è schiavo del peccato”. Quindi Kiko non regala la libertà ma la schiavitù.

A tutti è donata la facoltà di scegliere, il libero arbitrio, la condizione di pensiero in virtù della quale ogni individuo può determinare in assoluta autonomia la finalità delle proprie azioni. Ma è necessario capire che una scelta peccaminosa comporta inesorabilmente l'oppressione, la prigionia.

Dato che il peccato ci rende schiavi, di converso l’azione di Gesù Cristo ci rende liberi! La libertà è Gesù stesso!

 


Molti neocatecumenali desiderano compiere il bene, ma non ci riescono, perché si sentono legati. Sono schiavi del peccato inteso come necessario. La filosofia kikiana, assimilata come se si trattasse della Parola di Dio, comporta la convinzione dell'ineluttabilità del peccato, una realtà che si protrae per tutta la vita e che deprime sino alla disperazione.

Il fedele neocatecumenale necessita di incessanti drammi e di peccati di una certa importanza da poter annunciare con atteggiamento altero - quasi si trattasse di un vanto e non di un vizio di cui liberarsi -, solo così può evitare di essere ritenuto un superbo.

Durante questi eventi ho veduto il volto più luttuoso del cammino: gente disperata (sconsolata e oppressa da un pianto incessabile), isterica (tremante, colta da un nervosismo irrefrenabile), crudele (accusatori furenti). Nessuna consolazione, solo l'inconfondibile ombra di quella obbligatorietà al peccato che rende schiavi!

Perchè vi incastrate così cari neocatecumenali? Non vi rendete conto che vi viene assicurata la libertà da un prigioniero alla perseverante ricerca degli onori, della riuscita ad ogni prezzo dei suoi disprezzabili obiettivi? Kiko è uno schiavo che a causa della ripetitività dei suoi peccati (infatti ancora illude e svia anime) è giunto a perdere anche la sua dignità.

Il cammino è segnato dall'ingiustizia, uno stato pietoso che sospinge a peccare contro la carità. Pertanto, allontanandosi dalla legge morale, l'uomo attenta alla propria libertà, si fa schiavo di se stesso, spezza la fraternità coi suoi simili e si ribella contro la volontà divina.

Gv 8,32: "la verità vi rende liberi".

Kiko non può consegnarvi la libertà, perché in lui alberga palesemente la schiavitù della menzogna!