LA VERGINE MADRE DI DIO
E IL CAMMINO NEOCATECUMENALE
articolo di Lino Lista e Beati Pauperes Spiritu
Con il presente articolo diamo inizio a un ciclo di riflessioni sul ruolo assegnato alla Vergine Maria nel Cammino Neocatecumenale.
Data la densità degli argomenti da trattare –
Kiko è sempre molto prolifico nel fornire materiale che dimostri le sue convinzioni eterodosse – divideremo questa prima riflessione in due parti.
1. Kiko e le Nozze di Cana - Parte Prima.
Per noi cattolici la figura della Madre di Dio è fondamentale. Non c’è nessuno che possa dirsi cattolico che non conosca, non ami la
Theotókos (dal greco antico: Θεοτόκος; Genitrice o Madre di Dio) e non ne sia devoto. La venerazione per Maria ha conosciuto uno sviluppo importante negli ultimi tre secoli, a partire dal XVII, con il fiorire di scritti teologici, interventi magisteriali e la fondazione di ordini religiosi ad Ella ispirati. Ben due dogmi (sui quattro attribuiti alla Madre di Dio) sono stati proclamati fra il XIX e il XX secolo: l’
Immacolata Concezione, nel 1856, e l’
Assunzione nel 1950.
La devozione per la Santa Vergine è una cartina al tornasole in grado di far distinguere un cattolico da un eretico:
gli eretici, in quanto ispirati da Satana, odiano la Madonna.
“Dimmi qualcosa sulla Madonna e ti dirò chi sei”, si può affermare parafrasando il detto.
Kiko Argüello, fondatore del Cammino,
sostiene di essere stato ispirato dalla Vergine Maria, la quale lo avrebbe indotto a iniziare il CNC. Identica affermazione
pronunciò Carmen Hernandez, alla quale il messaggio sarebbe stato dato mediante una locuzione interiore. È notissima – giacché ripetuta fino alla noia – la storia della visione che Kiko avrebbe ricevuto l’otto dicembre del 1959. Inizialmente, e per due decenni, il pittore spagnolo
narrò di aver visto la Madonna in forma sensibile, nell'aspetto poi ritratto nell'icona “Madonna del Cammino”. Soltanto successivamente Kiko riferì che la presunta apparizione era stata una
"visione intellettuale".
Già il cambio di versione induce a dubitare sulla sua veridicità.
Volendo dare credito a Kiko e a Carmen, si dovrebbe immaginare che nel Cammino la presenza della figura di Maria sia preminente, che agli adepti del Cammino sin da subito venga svelato il ricchissimo tesoro custodito dalla Chiesa su Maria. Si dovrebbe supporre che, sin dai primi tempi dell’ingresso in Cammino, gli adepti siano introdotti alla spiritualità, alla devozione mariana e sia insegnata
la recita del Rosario, a Lei tanto caro. Tutti i Santi “mariani”, infatti (
come Massimiliano Kolbe, Luigi Maria Grignon de Montfort, Alfonso Maria de’ Liguori, Giovanni Maria Vianney, Antonio di Padova e non ultimo papa Giovanni Paolo II, solo per citarne alcuni) hanno messo il proprio apostolato sotto il manto di Maria, diffondendone la venerazione.
Anche Papa Francesco non ha mai mancato di ricordare ai cattolici l’importanza della figura di Maria:
"La Chiesa, quando cerca Cristo bussa sempre alla casa della Madre e chiede: 'Mostraci Gesù'. È da Lei che si impara il vero discepolato [...]".
Nel Cammino, nonostante le vantate apparizione e locuzione, non accade così.
Nei primi volumi originali del catechismo del Cammino sbobinati dalle predicazioni di Kiko e Carmen in Spagna,
i riferimenti alla Vergine sono scarsissimi e presentano due caratteristiche inquietanti.
In primis, la sensazione che si percepisce è che la conoscenza di Maria da parte di Kiko sia molto rudimentale:
Maria è citata solo in riferimento agli episodi evangelici più noti (Annunciazione, Natività, Magnificat), ripetuti più volte e sempre privi di approfondimento teologico. In altre due occorrenze si riferisce delle Nozze di Cana e dell’episodio in cui Gesù prende (apparentemente) la distanza dalla Madre e dai "fratelli". Per il resto, in oltre 900 pagine, il nome di Maria non compare più.
In sintesi: nei primi quattro volumi del Direttorio, corrispondenti ad almeno 6-7 anni di Cammino,
il nome di Maria compare in tutto 61 volte, una sola volta nel volume dello Shemà. Davvero poco per chi continuamente sostiene di essere stato destinatario di messaggi mariani!
Per motivare queste mancanze madornali, nelle sue catechesi Kiko più volte ha affermato –
excusatio non petita – che Maria è una figura
"nascosta", "silenziosa",
"che agisce dietro le quinte", ma che nel Cammino verrà il momento in cui il neocatecumenale potrà scoprirne la figura. Da ciò l’adepto avanzerà in questo gioco dell'oca, di passaggio in passaggio, nell'attesa della mirabolante "rivelazione" annunciata da Kiko.
Questo tempo giungerà nell'ambito della tappa del "Padre nostro" che dura circa quattro anni e include un pellegrinaggio al Santuario di Loreto. È nel Santuario che, dopo una convivenza nel Centro Neocatecumenale di Porto San Giorgio, i neocatecumenali potranno finalmente pregare con il Rosario.
Dovranno passare, quindi,
mediamente sedici-diciassette anni, prima che possa aprirsi l'agognato passaggio, sedici anni per scoprire qualcosa che la Chiesa Romana rende disponibile da sempre! Chi ha vissuto l'esperienza neocatecumenale
è rimasto sbalordito dalla banalità degli argomenti trattati, specie perché annunciati da un uomo che riferisce di aver goduto dell'incredibile dono di una visione intellettuale della Vergine.
Nelle 43 pagine del catechismo di Kiko riferite alla suddetta tappa,
2 sono dedicate alla storia della costruzione del Centro di Porto San Giorgio, 2 alla storia della Santa Casa di Loreto (per concludere che Dio aveva già progettato fin dalla fondazione del mondo che il Cammino dovesse impiantarsi vicino ad essa), ancora 3 pagine sulla missione del Cammino. Quando finalmente si giunge a parlare della Madonna, non si ascolterà altro da Kiko che banalità:
l’ispirazione “mariana” del Cammino, la presenza di Maria nella
vita del neocatecumenale all'interno del Cammino, il rapporto materno che Maria ha con gli uomini.
Sedici anni di comunità per sentirsi dire che Maria è nostra Madre!
In secondo luogo, ed è l'aspetto più preoccupante, gli episodi evangelici che riguardano la Madonna sono sempre trasformati secondo la filosofia del Cammino.
Il primo caso eclatante che analizziamo concerne il racconto delle Nozze di Cana. Ancora una volta Kiko si dimostra incapace o riottoso nello spiegare il simbolo (
da symbállō = metto insieme) nella sua parte trascendente.
Di seguito il racconto evangelico.
«Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela".
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le anfore"; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: "Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora".Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.»
La frase più celebre di questo Vangelo, evidenziata in grassetto, nella koinè suona:
"Τί ἐμοὶ καὶ σοί, γύναι", testo variamente tradotto e interpretato.
"Quid mihi et tibi, mulier?", recitò la Vulgata, che reso in italiano è:
"Che c'è fra me e te, o donna?", una chiara presa di distanza di Gesù dalla Madre, la quale aveva evidenziava la mancanza del vino. Diversi commentatori hanno raddolcito l'espressione, come nel testo CEI che abbiamo riportato.
Come poteva regolarsi l'esegeta Kiko Argüello, nel proporre una sua catechesi?
Non differentemente dalla sua lezione su Gv 9, in cui il cieco nato scambiava Cristo per un teppista, agitando il bastone e insultando Gesù e gli Apostoli con gli epiteti "Sporcaccioni! Disgraziati!".
Come interpreta Kiko il racconto di Cana, nella tappa del Padre Nostro? Con la solita pantomima, naturalmente.
La mancanza di vino, in uno sposalizio ebraico, indubbiamente procurava agli sposi e ai familiari dello sposo una pessima figura ed era motivo di dispiacere. Kiko, da par suo,
esaspera questa circostanza e la muta in una comica esagerata, una terribile sofferenza, una rovina del matrimonio. Fa intervenire perfino i cugini e un nonno nel suo spettacolino:
«La Vergine Maria si accorge che in quel banchetto non c’è più vino. Come mai lei se ne rende conto prima di Gesù Cristo? Cristo non si è reso conto, oppure lo sa e non fa niente. La Vergine Maria si è resa conto che stanno soffrendo, che con questo avranno sofferenze orribili, che vanno incontro al disonore, che le nozze di quella povera coppia sono rovinate! Quella prima notte di nozze sarà una sofferenza, perché arriverà il nonno a dire: "Non c’è vino", e il padre: "Ma che succede con il vino? Che diranno adesso i cugini che sono venuti da lontano? Si saprà in tutto il paese, succederà una rovina". Si possono capire queste cose, no?»
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Al peggio, però, non c'è limite. La vera e propria sofferenza (per l'ascoltatore e per il lettore consapevoli) sta nel colloquio che Kiko immagina si svolga tra Gesù e la Madre.
Si superano ampiamente le palle di fango che Kiko, nella catechesi su Gv 9, fa lanciare a Cristo sul cieco nato per fargli riconoscere i peccati:
«Maria dice: "Non hanno vino". Gesù Cristo la tratta male dicendo: "Che c’è tra me e te, donna?". Questa è una frase carinissima, vuol dire: "Come devo sopportare le tue nevrosi? Che mi importa se tu sei una nevrotica che non può veder soffrire nessuno? Non mi coinvolgere nelle tue cose! "Non è ancora arrivata la mia ora". Ecco, vuoi dire qualcosa del genere. "Che c’è tra me e te? lo ho una missione che va molto al di là di quello che tu puoi pensare". Ma suo Figlio può brontolare quanto vuole: la Vergine Maria chiama i servi – Lui continua a brontolare e lei: "Di' tutto quello che vuoi" – e dice: "Andate da lui e fate quello che vi dirà''. Ma se Cristo sta brontolando e sta dicendo che non vuole far niente, che non è arrivata la sua ora… Niente! I servi vanno da lui e lui smette di brontolare - il potere delle donne! - e dice ai servi: "Portatemi le brocche della purificazione".»
Nel cuore della sua penosa esegesi Kiko infila una serie di blasfemie senza precedenti.
La Madonna in bocca al Figlio è presentata come una nevrotica e Gesù come un brontolone. L'intero episodio di Cana secondo Kiko sembra voler imitare una gag di Casa Vianello.
Il seguito, purtroppo, non innalzerà il livello della catechesi.
Il passo evangelico di Cana è carico di simboli commoventi, ciononostante Kiko riesce nell’ardua impresa di non indovinarne
neppure uno. La visione di Kiko è
orizzontale, egli
elimina del tutto la parte trascendente che i simboli cristiani sempre sottintendono. Nelle esegesi neocatecumenali
c’è solo il qui e ora, manca l’eternità. I simboli cristiani sono piegati alle necessità del Cammino, del quale i Vangeli diventano una semplice prefigurazione. Tutto rimanda al Cammino, che invece di essere un movimento in ascesi verso Dio diventa un circolo vizioso, una ripetizione sempre uguale delle stesse scene.
A Kiko non interessa parlare della Madonna, ma subdolamente consolidare nella mente dei suoi adepti la convinzione che
il Cammino è eterno, voluto da Dio, e, nel caso specifico, allontanarsi dal Cammino vuol dire “perdere il vino”, “perdere la festa”, ritrovarsi nella rovina, nella morte e nella disgrazia.
I neocatecumenali, fuori del movimento, “non hanno più vino”.