Pubblichiamo un documento frutto di un'analisi di Sr Chantal-Marie SORLIN, responsabile dell’Ufficio Derive settarie (CEF) e delle riflessioni di don Dominique Auzenet, delegato alla Pastorale «Nuove credenze e derive settarie» ed esorcista diocesano.
La Conferenza Episcopale Francese, infatti, di fronte alle denunce di consistenti gruppi di ex aderenti a gruppi o comunità religiose e laicali, ha deciso di adottare una vera e propria Pastorale che si occupi di identificare gli elementi a rischio deriva settaria di queste associazioni e, per quanto possibile, di combatterli, tutelando nel contempo le vittime di abusi psicologici e non solo.
Ebbene, benché questo documento non si occupi specificamente di Cammino Neocatecumenale, lo descrive con fedeltà impressionante e, dalla quantità di link ad articoli del nostro blog, possiamo concludere che il Cammino non "ha" alcune derive settarie, ma che il Cammino Neocatecumenale, nel suo complesso, "è" una deriva settaria, probabilmente la peggiore e la più distruttiva nel panorama attuale della Chiesa Cattolica.
Si consideri che nell'articolo non viene affrontato il problema degli abusi liturgici e della deriva teologica, altro campo in cui il Cammino Neocatecumenale non ha rivali per quantità e qualità.
VITA NELLA CHIESA E INFLUENZA SETTARIA
I – UNA GRIGLIA IDENTIFICATIVA DELLE DERIVE SETTARIE ANCHE ALL'INTERNO DI ISTITUZIONI ECCLESIALI
Il servizio «Pastorale Derive Settarie» della Conferenza Episcopale Francese, diretta da suor Chantal-Marie Sorlin, ha recentemente redatto un documento che permette di valutare le derive settarie all'interno di una comunità religiosa facendo riferimento ad alcuni criteri.
Per identificare tali derive, l'analisi si concentra su quattro aspetti del funzionamento deviante dei gruppi: il culto della personalità, la rottura con il mondo esterno, la manipolazione, l'incoerenza della vita.
Tale testo è accessibile su vari siti Internet.
Nell'esposizione, verranno fornite delle riflessioni complementari, con l'obiettivo di ampliare la prospettiva alle comunità non residenziali di varia natura e origine, che investono ormai la vita della Chiesa fino ai più alti livelli di responsabilità.
Esaminiamo ora i quattro capitoli sottostanti.
1. IL CULTO DELLA PERSONALITÀ
|
Idolatria dei fondatori:
«Carmen santa subito»
e «Tutto ciò che il signore ispira a Kiko è buono» |
1.1 LA NASCITA DEL GRUPPO
Una disfunzione nel discernimento delle vocazioni può avere conseguenze temibili. Non mancano esempi di candidati al sacerdozio respinti in una diocesi ma accettati in un’altra. Stessa cosa per quanto riguarda il riconoscimento di un’associazione di fedeli o di una comunità.
I vescovi svizzeri hanno quindi appena ricordato questa esigenza: «Quando i candidati al sacerdozio o alla vita religiosa cambiano luogo di formazione o comunità, le informazioni tra i responsabili devono circolare in modo chiaro e preciso.»
Riflessioni:
Stessa cosa per quanto riguarda il riconoscimento di un'associazione di fedeli o di una comunità.
Occorre esaminare da vicino il contesto socio-culturale dell'epoca della fondazione ed è altrettanto importante tener conto delle filiazioni a cui fa appello il fondatore e degli strumenti di formazione che privilegia.
Alcune comunità cristiane sono state fondate in un periodo torbido, in cui la disgregazione morale della società sconvolgeva anche i fondamenti evangelici della vita ecclesiale.
I membri tendono a considerarsi assediati, assumendo una posizione difensiva, da detentori della verità, convinti di aver ricreato all'interno della loro cerchia comunitaria un'atmosfera dottrinalmente pura.
Questa cultura della "rettitudine" e della "fedeltà al Santo Padre" ha spesso come corollario lo sviluppo di uno spirito di superiorità. Convinti di essere gli unici salvatori della Chiesa, cercano di mettere in atto la propria rete. Nonostante le apparenze, tale "verità senza carità" si rivela altamente tossica.
|
Kiko, il «profeta», la «verità» che cambia la vita |
1.2 IL CULTO DEL FONDATORE
E ovviamente qualsiasi rivelazione di comportamenti scandalosi va incontro al diniego, alla denuncia di complotto e di persecuzione.
Riflessioni:
Questo investimento rischia di invitare la comunità a lanciarsi in un' "operazione di brillantezza" dell'aura del fondatore. La corsa alla beatificazione e alla canonizzazione ne è un'espressione eloquente.
Nella maggior parte dei casi, le comunità sane non hanno un fondatore, ma un gruppo di fondatori.
1.3 NIENTE SALVEZZA FUORI DAL GRUPPO
Il gruppo non si presenta come complementare di ciò che già esiste, ma si concepisce come esclusivamente alternativo.
È solo e soltanto attraverso di lui che passa oggi la salvezza della Chiesa.
Tutto il resto è
tacciato di tiepidezza, d’infedeltà, di modernismo.
Da questo elitismo deriva il carattere “olistico” di tali comunità: tutte le vocazioni sono rivendicate nel gruppo, che basta così a sé stesso come un’“arca di salvezza” e una chiesa parallela.
Il gruppo si vuole autosufficiente
perfino nel discernimento o nell’accompagnamento: gli psicologi esterni sono il diavolo! A volte è fatto obbligo di confessarsi presso un solo sacerdote della comunità, poiché gli altri non sarebbero in grado di comprendere il carisma.
La formazione si svolge rigorosamente all’interno e il pensiero del fondatore è fortemente enfatizzato.
Riflessioni:
Certe comunità sono a tal punto segnate dal fondatore che questi diviene il loro punto di riferimento assoluto, esclusivo e insuperabile.
Ma altre trovano il loro punto di riferimento "al proprio interno", e nel loro stesso nome il "marchio di qualità" ecclesiale.
Il fatto che questa realtà abbia solide basi non rappresenta un ostacolo a una sana rimessa in discussione?
Non si corre il rischio di sviluppare il sintomo della "Chiesa autoreferenziale" denunciato da Papa Francesco? O ancora diventare senza dirlo una "Chiesa nella Chiesa"?
1.4 AL DI SOPRA DELLE LEGGI
Gli abitanti della “Città celeste” che costituisce il gruppo non appartengono più al mondo. Quindi, contrariamente alle ingiunzioni dei vescovi, non si versano i contributi sociali alla Cavimac… Per non parlare delle infrazioni a livello economico, o sul piano del diritto del lavoro, o alla normativa in materia di sicurezza. Peraltro, l’ambiguità giuridica del gruppo espone i membri recalcitranti a ogni sorta di abusi senza la minima possibilità di presentare ricorso.
Riflessioni:
In certe comunità si è potuto constatare come gli insegnamenti biblici inducessero una concezione deformata della Provvidenza divina, portando ad un fideistico infantilizzante, che svilisce il senso di responsabilità. Si cercava in questo modo di giustificare le infrazioni costanti e lo sfruttamento dei membri allo scopo di arricchire la comunità.
2. LA ROTTURA CON IL MONDO ESTERNO
2.1 LE ROTTURE
Sono molteplici, e tali da rinchiudere la recluta in una vera e propria bolla completamente sconnessa dalla realtà:
Riflessioni:
Senza andare così lontano, come non notare gli squilibri introdotti nella vita delle giovani famiglie, esortare a mettere il loro tempo a disposizione dei servizi comunitari, o a sostenere il ritmo imposto dagli incontri comunitari? Come se la comunità fosse prioritaria rispetto alla famiglia…
Certo, le giovani famiglie possono correre senza avere l'impressione di una mancanza di tempo; anche se forse un giorno il risveglio sarà più difficile. Ma i nonni, dal canto loro, si vedono costretti a subordinare i nipoti alle esigenze della comunità. È forse normale?
2.2 CONTROLLO SULLA SCELTA DI CONFESSORI E DIRETTORI SPIRITUALI
Riflessioni:
L'infiltrazione, tentazione frequente della comunità, conduce più o meno alla sindrome della "chiesa nella Chiesa": se la comunità è potente,è in grado di "duplicare" le strutture diocesane già esistenti, con l'obiettivo di un'evangelizzazione performante. E allo stesso tempo imprigiona i suoi membri impegnati, limitando il loro paesaggio ecclesiale è un ripiego sul nutrimento intracomunitario.
Finiranno tutti per bere a un'unica fonte…
2.3 UNA FORMAZIONE CARENZATA, nutrita esclusivamente degli
scritti del fondatore o di una selezione tendenziosa di autori.
L’enfasi non è posta sulla Parola di Dio in quanto tale.
Riflessioni: la formazione può anche non essere carente, ma univoca. La comunità orienta verso le buone formazioni, serie, e possibilmente esenti da quei virus troppo contaminanti nella Chiesa diocesana ordinaria.
L'epoca in cui viviamo, con una società europea destrutturata al massimo, non rischia forse di favorire il pensiero ecclesiale "preconfezionato", elaborato dai responsabili della Comunità?
|
Domus Galileae:
lapidi con i nomi degli "eletti" |
2.4 UN LESSICO SPECIFICO DEL GRUPPO
o tramite la creazione di nuove parole, o per
cambiamento di significato delle parole usuali.
Riflessioni:
Non è solo il lessico, ma anche l'abbigliamento, il ritmo di vita, la liturgia, l'architettura, il modo di presentarsi, la strategia evangelizzatrice, ecc., che possono essere ambivalenti.
Se da un lato rappresentano elementi di aggregazione che aiutano a costruire l'identità credente, dall'altro possono anche trasformarsi in un'influenza vincolante.
Pertanto occorre sempre controllare il "gioco" della libertà offerta ai membri comunitari.
2.5 LA MOLTEPLICITÀ DI DEVOZIONI SENZA LEGAME DI UNITÀ DOTTRINALE
con sovrabbondanza di
regole,
segni e ascesi di ogni tipo, obbedendo all’ispirazione, ai
capricci o alle
trovate del responsabile.
L’enfasi è posta sul demonio, il che spiega la frequenza delle liberazioni e degli
esorcismi selvaggi; la
visione dualista presenta il
mondo come malvagio e ogni critica come una
persecuzione dei “santi”.
Riflessioni:
In certi ambienti «apparizionistici» si ricorre alla consumata arte di sviluppare un business finanziario intorno a queste famose devozioni.
2.6 CONDIZIONI DI VITA DISUMANE CON PERICOLOSE CONSEGUENZE PER LA SALUTE FISICA, PSICHICA E SPIRITUALE
In queste comunità problematiche si ritrovano le stesse carenze che si manifestano nei gruppi settari in generale: carenze alimentari, carenze di sonno, carenza d’igiene di vita e di cure, estenuazione da lavoro, ecc. E se succede un
incidente, l’irresponsabilità che l’ha causato viene nascosta elaborando un’interpretazione in chiave mistica dell’accaduto.
Riflessioni:
Queste interpretazioni «mistiche» possono riguardare ovviamente il cibo, a partire da demonizzazione ecologiche o da rivelazioni private.
Ma possono anche influire sul sonno per eccessivo impegno nell'adorazione eucaristica o in preghiere notturne, che possono diventare una nicchia privilegiata per persone fragili.
O sviluppare una concezione erronea della guarigione divina allo scopo di far desistere il soggetto dalle cure mediche necessarie.
O ancora indurre a sviluppare un attivismo invadente e stressante, che quasi non lascia tempo per la preghiera, e ancora meno per il riposo personale.
2.7 QUALE POVERTÀ?
Ci si procura il cibo presso il Banco alimentare. I membri non sono iscritti alle assicurazioni sociali, ma richiedono la CMU.
Il lavoro è per la gente del mondo, ma si pratica la mendicità presso i “veri” poveri: Ai pagani, le preoccupazioni del mondo… Tuttavia, la collettività in quanto tale
non disdegna i beni immobili e altri investimenti onerosi.
Riflessioni:
Possiamo tutti scivolare dalla ricerca di povertà autentica alla messa in atto di una povertà pigra.
Per esempio, la «mentalità da pascià», separazione semplicistica della componente spirituale da quella materiale: noi siamo al servizio della componente spirituale e della santificazione delle anime; grazie di provvedere al nostro sostentamento.
O ancora, la «mentalità hippy»: ignorare e infrangere deliberatamente le leggi dell'economia, le disposizioni di sicurezza anti incendio, dell'igiene alimentare, con il pretesto di promuovere la semplicità, la flessibilità, la carità…
Avere in bocca la parola «Provvidenza» senza preoccuparsi minimamente del prezzo dei beni, come se la cosa non riguardasse queste persone, è segno di una spiritualità sviata.
2.8 UNA DISINCARNAZIONE
Alcuni gruppi, per via della loro concezione e del loro sistema, hanno reciso il legame che unisce i figli ai genitori: l’autorità parentale viene per così dire trasferita al “pastore” e i figli diventano
figli della comunità; l’immagine dei genitori ne risulta sminuita.
Quanto alla
sanità: un evidente bisogno di trattamento terapeutico lascia posto a una pericolosa parola d’ordine: «Il Signore guarisce! Noi ci crediamo.»
Riflessioni:
L'accettazione del dovere di stato, il discernimento delle priorità, la preoccupazione di verificare gli equilibri sono tre mezzi da utilizzare per evitare di lasciarsi trascinare in progetti mirabolanti che finiranno per calpestare l'umanità delle persone.
Gesù non è stato estraneo alla vita ordinaria, anzi, l'ha accettata e vissuta in pieno per trent'anni. Vivere da cristiano non è il sogno di un destino straordinario, ma l'apprendimento dell'amore ordinario vissuto nel quotidiano..
Quando un'esperienza spirituale importante, o ancora una vita comunitaria pregnante, giungono a turbare la vita familiare, nei suoi equilibri (tensioni eccessive) e nelle sue relazioni (rottura con i parenti), occorre porsi in fretta le domande opportune.
2.9 DOLORISMO E CULTO DELLA SOFFERENZA
Le difficoltà – obiettive – incontrate sono sublimate con l’invito al sacrificio. La sola risposta è del tipo: «Soffrendo,
porti la croce che salva i tuoi amici; se vivi la croce significa che sei sulla buona strada, molto vicino a Gesù; se stai male significa che cresci lottando contro le tue debolezze;
se soffri è perché non ti sei ancora convertito a sufficienza»; «Se non hai retto è perché non preghi abbastanza; significa che
non ti sei ancora spogliato completamente di te stesso».
Occorre sottolineare, in alcuni gruppi, la proporzione rilevante di membri in cattive condizioni di salute: in particolare, depressioni, tentativi di suicidio,
suicidi, comparsa o aggravamento di malattie psichiatriche.
3. LA MANIPOLAZIONE
|
Proselitismo con figli al seguito |
3.1 IL PROSELITISMO
I membri del gruppo
organizzano delle uscite dalla loro cittadella allo scopo di andare a convertire gli altri, che si presume vivano nell’ignoranza e nell’errore. All’esterno, l’alterità non è oggetto di interesse o di curiosità, o promessa di arricchimento. L’altro è davvero accettato solo
negandone la differenza e l’apporto. Il suo interesse risiede solo nel fatto di essere un potenziale convertito.
Riflessioni:
Tutto ciò ha anche a che vedere con la castità.
Quest'ultima caratterizza il nostro atteggiamento di profondo rispetto all'altro , nel complesso delle nostre relazioni umane.
Rispetto delle opinioni altrui, ascolto attento delle persone, rifiuto di giudicare, di etichettare, di chiudere in una scatola, di mettere la mano sull'altro, di nutrire una curiosità malsana nei suoi confronti… Questa delicatezza è l'espressione della castità.
Viceversa, la sua assenza si esprime tramite atteggiamenti di seduzione, di predazione, di dominio, di manipolazione, di violenza psicologica…
3.2 IL RECLUTAMENTO VOCAZIONALE
Bisogna
sedurre e portare in comunità. Il
reclutamento è rapido, le prede sono spesso giovani e senza grande esperienza. Se, malgrado tutto, il bersaglio si pone delle domande, lo si mette
sotto pressione, convincendolo che
il dubbio è opera del demonio. Il reclutatore è un esperto nell’arte della
doppia costrizione. Richiamiamo soltanto il canone 219 del Codice di diritto canonico: «I fedeli godono del diritto di non essere sottoposti ad
alcuna costrizione in merito alla scelta di uno stato di vita.»
Riflessioni:
L'attuazione - più o meno esplicita - di un vero e proprio potere di seduzione può diventare uno stile di vita. Tale spirito di seduzione riveste molteplici forme nel comportamento della personalità, nel tono della voce, nelle prese di posizione, nel vissuto relazionale: mellifluo, ossequioso, ammaliatore, sentimentale o sessuale, subdolo, canzonatorio, bugiardo, insinuatore, perverso…
La si potrebbe quasi definire una predazione organizzata.
«Cosa sarebbe la "pastorale delle vocazioni" se si trattasse di una tecnica di reclutamento, con tanto di agenti reclutatori e reti di influenza?
Cosa ne sarebbe delle persone che, adescate da queste reti, dovessero rendersi conto un giorno di essere state strumentalizzate e brandite come segno di una buona prestazione spirituale, con proposte pie dietro le quali si nascondono pratiche meno confessabili?
Alla lunga, queste forme di gestione spirituale si rivelano pericolose, malgrado i risultati positivi che ottengono nell'immediato.»
(Mons. Claude Dagens, "La pastorale delle vocazioni non è una strategia" La Croix dell'8 luglio 2014).
3.3 LA CONFUSIONE DEI FORI ESTERNO E INTERNO
I ruoli di confessore e
direttore spirituale (foro interno)
non devono mai essere confusi con l’incarico di superiore (foro esterno). Eppure, ci si accorge che questa confusione è molto comune.
Allo stesso modo, il sostegno psicologico non dovrebbe mai essere effettuato all’interno di una comunità o di un’associazione cristiana, per tutelare la libertà delle persone e ridurre le interazioni:
presa di potere, lotta d’influenza,
rischio di concertazione senza riguardo per il segreto del sostegno, gaffe varie e indiscrezioni che scaturiscono e si spandono velocemente in un ambiente
ristretto. Se
una stessa persona gestisce i ruoli comunitari importanti, il sostegno spirituale e psicologico, e perfino la confessione, non è difficile capire quanta influenza possa esercitare sulle persone. Questa distinzione tra pubblico e intimo è anche distrutta dalla moda della “trasparenza”,
in altre parole dalle
confessioni pubbliche. Sotto l’apparenza di fraternità e compassione, l’intimità salutare dell’individuo è calpestata, forzando la persona a una sorta di
esibizionismo psico-spirituale, che in definitiva è sinonimo di
stupro psichico.
Riflessioni:
La distinzione tra foro interno e foro esterno è un concetto fondamentale per la vita spirituale.
Tutto ciò che ha attinenza con la vita privata e intima, che si condivide con un confessore o con un accompagnatore spirituale sotto il sigillo della fiducia, appartiene al foro interno e non può essere divulgato a terzi senza l'autorizzazione dell'interessato.
Nel diritto canonico, il giudizio di un atto del foro interno avviene in rapporto alla coscienza personale.
Ciò che viene fatto in rapporto della società, degli altri, appartiene invece al foro esterno e il giudizio degli atti commessi avviene riferendosi a criteri oggettivi esterni.
Questa confusione è lo strumento numero uno messo in atto per sfociare in derive gravi.
La porta è aperta agli abusi di potere, all'onnipotenza del «guru» che, nell'esercizio della propria autorità, rafforza le sue ragioni «visibili» con ragioni «invisibili» e private.
Kiko crea, Kiko dirige, Kiko celebra, onore a Kiko!
3.4 DEI VOTI PARTICOLARI
Mai parlare male del fondatore o di un qualunque superiore e denunciare immediatamente quanti infrangono questo voto. Si sente anche parlare di un voto d’unità: le critiche (vale a dire ogni minima domanda legittima od ogni minima riflessione personale) e le disobbedienze mettono in pericolo la fraternità.
Riflessioni:
L'autorità religiosa può purtroppo derivare verso l'oppressione.
La tradizione cattolica ha visto svilupparsi concezioni e pratiche mirate a prevenire - anche se non sempre con successo - gli abusi di potere religioso: basti pensare alla funzione critica della riflessione teologica, alla presa di decisioni collegiale o sinodale, alla pratica della accettazione da parte del popolo di Dio delle decisioni prese e al ruolo insostituibile della coscienza personale.
L'assenza di uno spazio riservato a questi quattro aspetti deve far sorgere qualche domanda.
3.5 IL SEGRETO IMPOSTO COME REGOLA ASSOLUTA
Poiché si suppone che la funzione di tali associazioni sia quella di
servire la Chiesa, tutti i membri dovrebbero poter dialogare apertamente e liberamente con i membri della gerarchia, ogniqualvolta si renda necessario. Quando si compiono opere buone, non si ha paura della luce. Succede invece che venga proibito di parlare con il vescovo locale,
giudicato incapace di comprendere il carisma…
Allo stesso modo, si fa uso di tutta una documentazione interna che deve rimanere
nascosta.
Riflessioni:
Se da un lato si può considerare normale il fatto che non tutti abbiano accesso a tutto, sta di fatto che le persone esterne percepiscono un'opacità quasi totale sulle modalità di governo, sulla gestione finanziaria, ecc.
Perfino all'interno si riscontrano spesso rotture di comunicazione tra i vari livelli o settori, che favoriscono tale opacità. Con l'arrivo delle nuove comunità, si può quindi percepire una sorta di diffusione di cultura del segreto perfino all'interno della Chiesa, come non era mai accaduto prima a questi livelli.
Tra l'altro, si pone così la questione della responsabilizzazione dei battezzati nelle comunità: entrandovi, rischiano di acconsentire inconsapevolmente a una certa formattazione che può sviare in infantilizzazione.
3.6 BUGIE, INGANNI E DISSIMULAZIONI
La
dissimulazione può aver luogo
fin dall’inizio, ovvero
per ottenere l’approvazione (documentazione presentata alle autorità e documentazione “interna”, alla quale i membri stessi non hanno accesso). Successivamente, anche quando l’autorità riesce a penetrare all’interno del funzionamento del gruppo, quest’ultimo
fa di tutto per sottrarsi al controllo e alle
misure intraprese per migliorare la situazione.
Riflessioni:
In un'ottica di potere, il gioco del gatto e del topo diventa uno sport da cui le comunità rischiano di uscire vincitrici. Viceversa, le relazioni di fiducia presuppongono vulnerabilità, trasparenza, rinuncia ad atteggiamenti di potere, sia da parte dell'autorità ecclesiale che della comunità, cosa che ovviamente presuppone il drastico rifiuto del doppio linguaggio.
3.7 L’AUTORITARISMO DEL RESPONSABILE E LA SOTTOMISSIONE DEI MEMBRI
L’obbedienza – si tratta perfino di
sottomissione – è innalzata al rango di somma virtù: ciò avviene in modo incondizionato e infinitamente più marcato rispetto a una comunità religiosa tradizionale. Ma la vera obbedienza non è sinonimo né di autoritarismo, né d’infantilizzazione.
Passa anche attraverso la mediazione e non è caratterizzata da colpi di bacchetta magica del tipo:
«Dio mi ha detto»… Non è forse vero che i “capetti” possono lasciarsi prendere da una forma di godimento nel consigliare e nel comandare?
Riflessioni:
Di capetti ve ne sono dappertutto: nelle famiglie, nelle società, nelle imprese, e anche all'interno della Chiesa, dal momento che è dotata di una struttura gerarchica.
La mentalità del «capetto» è prima di tutto una configurazione psicologica.
Spetta al responsabile della formazione individuarla. In seno alla Chiesa cattolica ciò solleva la questione della formazione alla psicologia, anche per i vescovi.
3.8 IL DUBBIO È OPERA DEL MALIGNO
«Decisi di comunicare i miei dubbi e le mie domande al fondatore. La sua risposta è stata corta e precisa:
“Sento che non fai più parte della comunità.” Ben undici anni di vita comune, di fede comune, spazzati via da queste poche parole scritte su un foglietto di carta. In questo sistema di certezze,
non c’era posto per dubbi e domande. Rispondere ai dubbi significava ammettere la possibilità di averne. L’
esclusione era l’unica risposta. L’anzianità, l’impegno solenne a vita, i sacrifici fatti, l’energia profusa senza contare non avevano più alcun valore…»
Riflessioni:
La demonizzazione di colui che solleva dubbi è solo l'ultima tappa di un atteggiamento che consiste semplicemente nell'ignorarlo, o nel fargli presente che lo si comprende, ma di fatto ignorando le sue osservazioni o le sue domande.
|
Spaventose imitazioni
delle "opere" di Kiko |
3.9 UMILIAZIONI E SENSI DI COLPA INFLITTI
Il ribelle, colui che fa molte domande, non gode mai di buona reputazione in una comunità deviante. E in generale paga i suoi sgarri a caro prezzo, a suon di umiliazioni e
sensi di colpa inflitti:
« Spiegarsi significa diffidare… la depressione è il rifiuto di Dio… amare significa scendere nel fango… tacere significa amare… la tensione è frutto soltanto della nostra cattiveria… riposarsi significa non amare a sufficienza… rivendicare significa essere egoista… difendersi significa ribellarsi al Vangelo». Quanto a coloro che non si annullano nella sottomissione silenziosa e che rischiano quindi di contaminare gli altri, sono semplicemente cacciati via. All’interno li si copre di calunnie:
il ribelle è un Giuda. La dinamica relazionale si semplifica all’estremo:
sottomissione o esclusione. Negoziare verbalmente è impossibile, siamo in una situazione di tutto o niente.
L’altro è ridotto allo stato di oggetto: è assimiassorbito o respinto. Non può essere soggetto di parola, e quindi partecipare a un dialogo. Una parola diversa, infatti, suscitando il dubbio, crea angoscia nel gruppo e mette in moto i meccanismi di difesa che culminano nell’esclusione. All’interno del gruppo, l’alterità è insopportabile.
Riflessioni:
Gli specialisti della manipolazione conoscono bene questo fenomeno di mobbing finalizzato all'eliminazione. A questo scopo si può ricorrere ad ogni sorta di tecniche che colpiscono la persona stessa, le modalità e la natura del suo lavoro, la sua posizione sociale all'interno della comunità.
La dinamica relazionale si semplifica all'estremo:sottomissione o esclusione. Negoziare verbalmente è impossibile, siamo in una situazione di tutto o niente. L'altro è ridotto allo stato di oggetto: è assimiassorbito o respinto. Non ha diritto alla parola e quindi non può partecipare a un dialogo.
Una parola diversa, infatti, suscitando il dubbio, crea angoscia nel gruppo e mette in moto i meccanismi di difesa che culminano nell'esclusione. All'interno del gruppo, l'alterità è insopportabile.
3.10 L’ABBANDONO
- In che condizioni relazionali? Le partenze vengono sempre nascoste agli altri membri. Inoltre, nessuno rivolgerà più la parola al traditore. E poiché l’adepto aveva già tagliato i legami con tutte le sue conoscenze precedenti, si ritrova solo.
- In che condizioni economiche? Ciò che ha portato al suo arrivo, ciò che ha costantemente versato nella cassa comune, è un dono, no? Dopo aver forse abbandonato una professione, dopo aver lavorato sodo per anni – ovviamente a titolo gratuito e senza assicurazione sociale – colui o colei che lascia il gruppo si ritrova nudo/a come Giobbe… Eppure il canone 702 par. 2 del Codice di diritto canonico stipula che l’istituzione continuerà a comportarsi con equità e carità evangelica nei confronti del membro che è partito.
- In che condizioni fisiche e psichiche? La vita è stata talmente difficile che la persona ne esce annientata. Alcuni sono ancor più gravemente distrutti a livello psichico: quante depressioni, quanti tentativi di suicidio, quanti suicidi! Le persone, infatti, sono afflitte da sensi di colpa e si ritrovano a fare i conti con un sentimento di fallimento totale.
- In che condizioni spirituali? Alcuni conservano la fede, perché prima di questa sfortunata esperienza che hanno vissuto avevano davvero incontrato Cristo. Molti, invece, non vogliono più sentirne parlare…
4 L’INCOERENZA DELLA VITA
4.1 LA VITA “STRAORDINARIA" DEI CAPI
Anche solo per una questione di carità: nei confronti dei più deboli, nei confronti delle persone la cui situazione economica è cambiata, nei confronti degli altri componenti della Chiesa, ecc.
Il fondatore dovrebbe consumare gli stessi pasti e attenersi alle stesse regole e costituzioni applicate nella comunità.
Riflessioni:
La cecità della Chiesa sulla doppia vita dei fondatori non è che la conseguenza di due atteggiamenti ben radicati: il suo rifiuto di ascoltare veramente le vittime e la sua ignoranza della perversità delle derive settarie in generale, e al suo interno in particolare.
Il punto più basso è stato raggiunto probabilmente con il fondatore dei Legionari di Cristo, Marcial Maciel.
Numerosi segni mostrano che non è servito da lezione.
Ecco un esempio, senza andare a cercare troppo lontano: il terzo congresso mondiale dei Movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, organizzato a Roma dal 20 al 22 novembre 2014 dal Pontificio Consiglio per i Laici, si è svolto presso il collegio internazionale Maria Mater Ecclesiae. Tenere questo congresso un una struttura dei Legionari di Cristo non è neutro. È un segno forte.
Se una struttura creata dal più corrotto di tutti i fondatori viene scelta dal Vaticano come sede di un congresso di questa portata, significa che le altre comunità che possono essere implicate in altri abusi non devono minimamente preoccuparsi.
4.2 IL DENARO
La comunione dei beni:
data la scarsa stabilità offerta dalla vita moderna e la probabilità che dei membri abbandonino la comunità dopo qualche anno, c’è un vantaggio nel mettere i beni di un membro al sicuro fino alla sua morte, in modo tale che se decide di partire, tali beni possano
servire a soddisfare i suoi bisogni una volta uscito dalla comunità. Ma al momento della partenza l’adepto se ne va spesso nudo come Giobbe, sebbene il Codice di diritto canonico parli di equità.
Si capisce allora come, data la situazione, un adepto con un minimo di buon senso non abbia più la forza di partire.
- Lo sfruttamento del lavoro dei membri.
- La gestione finanziaria dovrebbe essere sempre onesta e trasparente. Tuttavia, certi gruppi sono esperti nell’arte di mettere in piedi false sotto-associazioni o associazioni fantasma.
- I doni e le captazioni di eredità.
Riflessioni:
Il volontariato, la gratuità e il disinteresse sono fortemente incoraggiati, se non espressamente richiesto.
Sono tutti comportamenti lodevoli, ma certe comunità sono scivolate, forse senza nemmeno accorgersene, verso uno «sfruttamento» della disponibilità o dell'idealismo dei loro membri, delle loro reti o delle loro offerte. Tali membri fungono allora da manodopera domestica a buon mercato - cucina, cura della casa e del giardino - ma anche di fornitori di fondi, facendo alla comunità e al gruppo cospicue offerte, perfino di una parte dei propri beni.
In questo caso bisognerebbe potersi assicurare che i mezzi raccolti servano appunto a perseguire gli scopi che la comunità si prefigge. Ma spesso la gestione finanziaria è tutt'altro che trasparente.
4.3 I COSTUMI
Qui abbiamo a che fare con
reati, perfino reati ben conclamati:
pedofilia,
stupri,
palpeggiamenti,
efebofilia…
CONCLUSIONI
Beninteso, un solo criterio non può essere sufficiente per identificare un gruppo a derive settarie.
Solo un
insieme di criteri correlati permette di prendere coscienza del carattere patologico di una comunità o di un’associazione.
Ma di fatto sorprende sempre constatare che molti dei sintomi descritti ricorrono regolarmente in un certo numero di gruppi di cui si sente parlare attualmente.
Peraltro, tutte le derive evidenziate in alcune comunità cattoliche sono in fin dei conti identiche a quelle che si riscontrano nei gruppi settari in generale. Le tre tentazioni del potere, dell’avere e del godere sono a tutti gli effetti universali.
Analisi di Sr Chantal-Marie SORLIN, responsabile dell’Ufficio Derive settarie (CEF)
Marzo 2014
Riflessioni di don Dominique Auzenet, delegato alla Pastorale «Nuove credenze e derive settarie» ed esorcista diocesano.
Tratte dal libro
«Dall'abuso alla libertà. Derive settarie all'interno della Chiesa. Testimonianze e riflessioni» a cura di Vincent Hanssens.