FJM, redattore del sito web danese Katidialog.dk, riporta la testimonianza di Henriette sul Cammino Neocatecumenale, che traduciamo qui sotto.
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La mia esperienza nel Cammino Neocatecumenale»
Premessa: lo scorso 1° marzo 2014 Henriette ha pubblicato sulla nostra pagina Facebook "Cattolici in dialogo" la sua esperienza col Cammino Neocatecumenale. Il sottoscritto (FJM), pur avendo conosciuto Henriette e la sua famiglia da pochi anni, non aveva motivi di dubitare della sua credibilità, della sua conoscenza del Catechismo e delle sue esperienze riportate qui sotto. Faccio anche notare che la sua esperienza sostanzialmente coincide con altre testimonianze sul Cammino. Pertanto, col suo permesso, la ripubblichiamo chiedendole anzitutto di presentarsi.
Il mio nome è Henriette, 49 anni. Avevo un impiego in una banca danese, mi occupavo di questioni finanziarie e di prestiti. Rassegnai le dimissioni quando mi accorsi che la gioia di condividere la vita di tutti i giorni coi miei tre figli superava i vantaggi del lavorare in banca. Da 26 anni sono sposata con Ole, consulente nella Banca Nazionale. Abbiamo vissuto in Danimarca, in USA e in Irlanda.
Mi convertii al cattolicesimo nel 2000, nella parrocchia di
san Paolo a Høje-Taastrup. Per alcuni anni sono stata catechista per i bambini che si preparavano alla Prima Comunione e per i giovani, ed anche Assistente Pastorale nel periodo 2010-2012.
"Il peggior tipo di eretico è quello nei cui insegnamenti, principalmente cattolici, è aggiunta una parola di eresia - come l'aggiungere piccole gocce di veleno in un bicchier d'acqua".
(attribuita a papa Leone XIII)
L'anno precedente, nella parrocchia di Høje-Taastrup, si era installato un nuovo parroco appartenente al Cammino Neocatecumenale.
Dopo appena un anno fu annunciato che ci sarebbe stato un ciclo di "catechesi" a cui erano invitati tutti i fedeli cattolici. Da nessuna parte era precisato che tale ciclo di "catechesi" era fatto dal Cammino Neocatecumenale: davano l'mipressione che l'invito provenisse dalla Chiesa, dal parroco, dalla parrocchia. E non era possibile ottenere informazioni sui contenuti di tale "catechesi", sebbene fossero quattordici incontri di un'ora, nei quali non era nemmeno possibile fare delle domande.
Al primo di questi incontri c'erano numerosi parrocchiani, e nella "catechesi" si parlò fin troppo del peccato.
Notai che non era cattolico il concetto di "peccato" che venne presentato: dov'erano la grazia e la misericordia? Ci dissero che l'uomo non può non peccare, e che noi eravamo la feccia della feccia. Faccio notare che in quella "catechesi" il termine "peccato" fu tirato fuori 100 volte in appena 40 minuti! Senza nominare la misericordia e la grazia. Senza ricordare minimamente che siamo creati come figli di Dio, cioè nel bene. Dopo quella prima sera, molti dei presenti smisero di frequentare quelle cosiddette "catechesi", ma seppi che altri, purtroppo, ne restarono colpiti. Il resto delle "catechesi" portò sconcerto tra i cattolici presenti perché c'erano
parecchie differenze rispetto alla dottrina cattolica.
Quando ebbi modo di parlare col parroco, mi spiegò alcuni punti del metodo neocatecumenale, li riassumo qui:
- il motivo per cui non bisogna conoscere in anticipo i contenuti delle "catechesi" (contenuti presenti in un libro segreto disponibile solo ai Super-Catechisti del Cammino) è che vanno trasmessi alla gente solo in piccole parti, altrimenti le troverebbero difficili da capire e far proprie. Per cui, a saper tutto in anticipo, sarebbe troppo "violento" e "stancante" (ma io mi chiedo: "anche per un fedele cattolico di lungo corso?")
- i fedeli non devono inginocchiarsi durante l'Eucarestia perché altrimenti significherebbe che hanno paura di Gesù.
Commentando una foto di una chiesa costruita "in stile neocatecumenale", si nota un
mastodontico tavolone al centro e i posti a sedere intorno. Anche il fonte battesimale è strano perché occorre scendere scalini per entrarvi (il battesimo avviene così totalmente per immersione), per poi risalire fuori attraverso altri scalini. Beh, questo è alquanto differente da qualsiasi altra chiesa che io abbia mai visto, ma ecco che spiegazione mi ha dato di quella foto:
- la "mensa" è grande perché è il posto dove viene celebrato il pasto. Il Cammino infatti torna alle origini cristiane per fare ciò che fece Gesù, che era seduto non presso un altare, ma attorno ad una tavola coi suoi discepoli per mangiare un pasto. Ma queste sono le stesse parole che udii nelle chiese protestanti riformate in Svizzera, secondo cui "Gesù aveva celebrato un pasto coi suoi amici attorno a una tavola", per cui per andare al cristianesimo autentico delle origini occorreva rimuovere l'altare dalle chiese che erano state originariamente cattoliche. Se un cristiano crede questo, allora non è cattolico. In Svizzera mi dissero anche che quando avevano bisogno di un tavolo per celebrare la liturgia, prendevano un tavolinetto smontabile da un armadio, facile anche da riporre dopo l'uso; restava solo il fonte battesimale adornato di fiori.
Mi mostra una foto di Giovanni Paolo II che celebra all'aperto, su un tavolino, intendendo dimostrarmi che non c'è bisogno di un altare per celebrare la Messa. "Giovanni Paolo II ha spesso celebrato l'Eucarestia senza l'altare", mi dice. Questa è una
volgare mistificazione sia degli atti di Giovanni Paolo II, sia del motivo per cui noi cattolici celebriamo la Messa all'altare. Mi dice:
- "il motivo per cui nelle comunità neocatecumenali non vogliamo celebrare nella chiesa, è che vogliamo usare un tavolo (da cena), per cui per non ignorare l'altare già presente, celebriamo l'Eucarestia fuori dallo spazio della chiesa".
Al termine delle quattordici "catechesi" i partecipanti vengono invitati ad un ritiro di un fine settimana il cui scopo è di creare una comunità. La comunità costituirà un piccolo gruppo chiuso aggregato alla congrega neocatecumenale, e si riunirà col parroco una volta alla settimana per la lettura della Bibbia, per conversare e per altro. Tali incontri
non vengono nominati sul sito web della parrocchia. Ciò che ho saputo poi dai partecipanti della comunità dà luogo a enormi preoccupazioni sulla struttura e sul contenuto di tali cosiddette "catechesi". Per esempio una sorella di comunità ha chiesto ai cosiddetti "catechisti" perché erano così insistenti sul concetto di peccato e perché mai uno dovesse parlare dei propri peccati al punto che tutti si aspettassero che lui lo facesse, e che gli venisse detto di farlo - e la loro risposta è stata che
occorre schiacchiare le persone in modo da poterle ricostruire e rimodellare secondo le necessità del Cammino (come se fossero autorizzati da Dio). Ho avuto testimonianze di prima mano riguardo sui loro
abusi fisici oltre che verbali, abusi spesso commessi anche da presbiteri neocatecumenali.
Nell'altro giorno a settimana in cui si raduna la comunità, c'è una speciale celebrazione eucaristica - quella del sabato sera. Non viene indicata sul sito web della parrocchia, ed è molto diversa da una normale celebrazione. Durante tale Eucarestia, ci si aspetta che i membri della comunità diano "eco" - cioè una risonanza personale - sulle letture della liturgia. L'eco ha spesso come argomento questioni molto personali ed
intime (capite?
sono praticamente "confessioni pubbliche"). L'Eucarestia è celebrata nel salone parrocchiale o in un'aula, poiché il luogo della celebrazione è considerato irrilevante.
Sono sempre presenti un'icona di Kiko, fondatore del Cammino Neocatecumenale, una croce processionale pure fatta da lui, e canti creati e musicati esclusivamente da lui. È proprio come avviene in Scientology, dove tutti gli uffici e centri hanno sempre una copia dei testi di Ron L. Hubbard.
Tutto appare centrato sull'espressione artistica di Kiko e sui pensieri di Kiko. Un partecipante sente che la comunità è la sua famiglia, nella quale condivide i pensieri più intimi e i momenti più importanti, anche a scapito dei suoi veri familiari e amici che non sono nella comunità. Quando viene attivata una nuova comunità ti viene sempre detto che il particolare gruppo di persone che la forma lo sta facendo per volontà di Dio.
Per cui se ti allontani dalla comunità, stai andando contro la volontà di Dio. Infatti, parecchi che hanno lasciato la comunità hanno testimoniato che era stato detto loro che fuori dal neocatecumenato c'è solo la perdizione. La perdizione non "fuori dalla Chiesa", ma "fuori dalla comunità". Perciò vien da riflettere sul fatto che ogni membro del Cammino, nel raccontare la propria storia personale parla sempre delle sofferenze e dei guai che costellavano la sua vita prima di scoprire il Cammino: le solite storie di alcolismo, droghe, relazioni familiari distrutte, l'amore per il denaro, e robe del genere. Questi racconti vengono fuori ogni volta che un membro del movimento è invitato a parlare, in ogni opportunità.
Capisco che questo è un modo per creare un
legame emozionale in modo da introdurli nel Cammino Neocatecumenale e dir loro quanto fossero perduti fuori dalla comunità. Viene fatta una distinzione fra i «cristiani della domenica», chiamati cristiani "culturali", mentre coloro che "camminano" sono invece quelli giusti, quelli veri, quelli dediti a Dio. I «cristiani della domenica» sono detti così perché vanno a Messa di domenica, laddove i neocaecumenali celebrano per motivi "teologici" l'Eucarestia il sabato sera. Motivi "teologici", non di ordine pratico.
Il reclutamento della nuova comunità a Høje-Taastrup è stato massiccio e opprimente. Alcuni lo hanno qualificato semplice reclutamento, parecchi altri hanno detto invece di aver notato un diverso comportamento del parroco fra coloro che avevano accettato di entrare nella comunità neocatecumenale e coloro che invece ne erano rimasti fuori. Era molto più cordiale e affabile con coloro che erano entrati. Coloro che si erano pentiti di aver inizialmente aderito alla comunità, hanno visto cambiare l'atteggiamento del parroco verso di loro, trovandolo di nuovo freddo e distante. Il che diventa più chiaro, logicamente, nel ricordare che il parroco aveva detto che la comunità era come la sua famiglia.
La comunità è stata dunque formata da alcuni dei cattolici più assidui della parrocchia, inclusa la maggior parte dei membri del consiglio parrocchiale, che è diametralmente opposta a ciò che papa Benedetto spiegava essere il senso della vita comunitaria, e cioè il rivolgersi ai lontani dalla parrocchia. Qui, invece, la gente della parrocchia si è rinchiusa in una comunità coperta dal segreto.
E così ora celebrano l'Eucarestia nelle piccole comunità, chiusi nelle aule della scuola parrocchiale.
L'Eucarestia viene celebrata senza che il resto della comunità parrocchiale ne sappia nulla. Nelle loro aule non c'è un altare, ma viene usata una cattedra da insegnante, e
mi è stato detto che non ci si deve più inginocchiare perché ciò rappresenterebbe paura di Gesù. Secondo loro bisogna stare in piedi. Dicono di aver evitato la Chiesa per non essere costretti a ignorare l'altare principale durante l'Eucarestia - non avrebbero potuto mettere le sedie in circolo e non avrebbero potuto usarlo per la loro Eucarestia.
L'Eucarestia è vissuta come un pasto in cui si mangia insieme, come un riunirsi piuttosto che l'assistere alla vittima sull'altare. Il loro fondatore Kiko, infatti, dice testualmente (Or. fase di Conv., pag. 317):
Non c’è eucarestia senza assemblea. È un’assemblea intera quella che celebra la festa e l’eucarestia; perché l’eucarestia è l’esultazione dell’assemblea umana in comunione; perché il luogo preciso in cui si manifesta che Dio ha agito è in questa Chiesa creata, in questa comunione. È da questa assemblea che sgorga l’eucarestia.
Chi capisce cos'è davvero l'Eucarestia, può capire meglio il loro modo di celebrare la liturgia: ma rispecchia davvero la dottrina Cattolica?
Nell'autunno del 2013 era previsto di nuovo il ciclo di "catechesi" neocatecumenali in parrocchia, finalizzato a formare una seconda comunità. Sono stata a quelle "catechesi" per capire meglio (la volta precedente avevo smesso dopo la prima "catechesi"), ed anche questo ciclo si concludeva con un "ritiro".
Il ciclo di "catechesi" del 2013 mi moltiplicò i dubbi e le domande, ma durante le "catechesi" non era permesso di fare domande. Perciò chiesi ad un mio conoscente - che sapevo essere serio e molto preparato sulle religioni - e
nemmeno una delle mie domande ebbe una risposta tale da convincermi che nelle "catechesi" del Cammino si insegnasse la dottrina cattolica.
In numerose occasioni mi rispose che "di sicuro ciò è più Protestante che Cattolico".
Per esempio, nella tredicesima "catechesi", era mostrata su una lavagna uno schema della storia della salvezza, dall'Antico Testamento alla conversione romana (di Costantino) verso circa l'anno 320, e quindi il nulla fino al 1962 (Concilio Vaticano II). Così avevo osato chiedere al prete neocatecumenale cosa fosse successo fra gli anni 320 e 1962, e
mi venne risposto che in quegli anni la Chiesa aveva preso una direzione sbagliata ed aveva introdotto stupidi rituali come l'inchinarsi, l'inginocchiarsi, l'incensare. Al mio conoscente venne da ridere, e anche agli altri presenti.
Nella "catechesi" successiva mi ero permessa di insistere a chiedere a quello stesso prete neocatecumenale come mai il vescovo, che era stato lì presente quel pomeriggio, si era inchinato e inginocchiato confermando di fatto quei
"rituali" a dispetto della "catechesi" precedente. Ma il prete neocatecumenale negò di aver fatto tali affermazioni. Il vescovo aveva solo dato istruzione di non inginocchiarsi davanti alle statue dei santi.
Nel mese di ottobre ero in ritiro nel monastero delle benedettine di Nostra Signora di
Åsebakken, dove si era formata una piccola comunità del Cammino Neocatecumenale. Ero curiosa di ascoltare di cosa si trattasse e perciò partecipai ad un loro incontro. Fummo tutti comossi nell'ascoltare vari interventi sia da parte di laici che di sacerdoti, ma quella fu anche la prima volta che
sentii un prete cattolico dire che il tabernacolo sarebbe «un mettere Gesù in prigione». Purtroppo non fu data la possibilità di porre domande durante tali interventi, per cui non potei chiedere cosa avesse inteso dire con quelle parole. Ma esaminando cosa ha detto il fondatore Kiko Argüello a proposito del tabernacolo e della preghiera, ho notato questi suoi pensieri:
Ti assicuro che se tu avessi fede per stare una notte intera a chiedere: Gesù abbi pietà di me, credendo che Gesù ha potere per curarti, quella notte saresti guarito da qualsiasi cosa, da qualsiasi vizio. Che succede? Che crediamo che pregare sia dire: padre nostro che sei nei cieli..., o stare davanti al tabernacolo, con l'immaginazione che se ne va non so dove?
(Kiko, Or. fase di Conv., pag. 15/376)
Dunque questo significa che se abbiamo fatiche e malattie nella nostra vita, è una diretta conseguenza della nostra mancanza di fede? Ma questa non è dottrina cattolica!
Era sabato sera e ci radunammo per celebrare l'Eucarestia. Uno di loro disse testualmente:
«stasera celebriamo l'Eucarestia per la prima volta», pur sapendo che lì eravamo tutti cattolici. È impossibile che per qualcuno di noi fosse la prima volta...
tranne per chi è convinto che la celebrazione eucaristica neocatecumenale è diversa dalla Santa Messa cattolica, il che è totalmente in contrasto con quanto
papa Benedetto XVI aveva esortato al movimento neocatecumenale.
La liturgia fu preparata nella stessa sala riunioni dove si era tenuto il ritiro durante la giornata. Una tavola da pranzo fu apparecchiata con tovaglie da altare, fiori e candele. La celebrazione aveva varie differenze rispetto ad una normale Messa cattolica, a cominciare dal fatto che c'era una cosa chiamata "risonanza", tenuta prima dell'omelia, in cui ognuno aveva l'opportunità di parlare e di fare considerazioni anche molto personali sulle letture della liturgia.
Inoltre lo scambio della pace era qualcosa di particolarmente cordiale e intimo, nel senso che tutti si aspettavano di poter scambiare due baci sulla guancia con ognuno di tutti gli altri presenti. Limitarsi a una stretta di mano era considerato poco meno che un gesto ostile. Tale scambio della pace avveniva anticipatamente nella liturgia.
I pani per l'eucarestia, essendo fatti in casa, lasciavano
disperdere parecchi frammenti anche se trattati con attenzione dal prete. Ognuno doveva rimanere seduto, alla propria sedia, mentre veniva distribuita la Comunione, alzandosi in piedi solo nel momento di ricevere un pezzo di Ostia "fatta in casa",
dopodiché sedersi di nuovo e aspettare che tutti gli altri abbiano ricevuto un pezzo. Alla fine, finalmente, mangiare tutti contemporaneamente il proprio pezzo. Anche con la più grande attenzione, potevo percepire chiaramente le molte briciole sulle mie dita e potevo persino notare che a nonostante il prete ci avesse messo cura, c'era ancora qualcosa nel calice dopo la purificazione. È davvero difficile da evitare la dispersione di frammenti e gocce: dunque perché mai sarebbe "appropriato" potersi preparare i propri pani?
Al termine dell'Eucarestia
bisognava fare un ballo vivace attorno all'altare. L'ambone e la croce da processione furono spostati in un angolo in modo che tutti potessero
ballare attorno all'altare applaudendo e cantando rumorosamente.
Appena cinque minuti dopo
la tovaglia d'altare fu tirata via e fu messo su quello stesso tavolo del cibo. Calice, patena, lini sacri, non erano ancora neppure stati portati fuori da quella stanza e già
cibo e
vino erano su quello stesso tavolo su cui pochi momenti prima avevamo celebrato l'Eucarestia. La serata continuò con canti e frastuono, la gente era allegra, e i fiori recuperati dall'altare se li erano messi tra i capelli le ragazze o nei buchi dei bottoni i ragazzi.
Quel sabato sera me ne tornai a casa. Il giorno dopo, probabilmente, fu creata una comunità neocatecumenale con quelli che erano rimasti lì. Che oggi celebreranno sicuramente le eucarestie di cui non si dà notizia al resto dei parrocchiani, e che si incontreranno parecchie volte a settimana in incontri in cui nessun altro può avere accesso.
Ciò che però a me sembra
il pericolo più grande per la nostra diocesi è che i preti neocatecumenali si presentano come preti cattolici. Indìcono in parrocchia, a nome del parroco e della Chiesa Cattolica, una "catechesi" il cui scopo è quello di catturare nuovi adepti per il Cammino Neocatecumenale.
Un prete neocatecumenale mi disse esplicitamente che non aveva mai avuto intenzione di diventare parroco, che lui e quelli come lui sono "missionari", e che la parrocchia è solo un incarico ricevuto dal vescovo, per cui in tale incarico seguono solo il proprio cuore e i propri insegnamenti.
Questo è solo un breve resoconto della mia storia e della mia esperienza col Cammino Neocatecumenale.
La pace di Dio e ogni bene.
Henriette S.