venerdì 28 dicembre 2007

Concilio, Architettura, Liturgia


I primi di dicembre si è tenuta in Vaticano una Giornata di studio "Liturgisti e artisti. Dai monologhi al dialogo". Pubblichiamo alcuni stralci tratti da un lungo articolo, pubblicato dall'Osservatore Romano i primi giorni di dicembre, seguiti da alcune nostre osservazioni:

"A questo punto sarebbe importante organizzare un tavolo di confronto, di discussione e soprattutto di ascolto reciproco fra liturgisti e artisti. La congregazione non ha ancora previsto a breve termine un incontro del genere, ma sicuramente sarebbe utile, qualcuno anzi direbbe necessario". Così ha commentato il cardinale Francis Arinze - prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti - a margine della giornata di studio che si è svolta sabato 1° dicembre nell'Aula nuova del Sinodo dei Vescovi in Vaticano.

"Dagli anni immediatamente postconciliari a oggi si è però verificato uno strano paradosso: le indicazioni dei padri conciliari su questi temi - parte notevole del tesoro cui si accennava - sono state spesso disattese in virtù di una presunta e malintesa forma di "tutela dello spirito conciliare". Lo ha sottolineato con amara ironia l'arcivescovo Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il Clero, il quale nel suo intervento ha ricordato che lo stile ecclesiale è fatto di equilibrio e non di fanatismi o di polemiche. Occorre quindi innanzitutto recuperare e chiarire in maniera netta i principi stabiliti dalla Chiesa e su questi - non sugli interessi di parte - impegnare la riflessione e il confronto."

Dal concilio Vaticano II in poi, quello dell'arte espressa nell'"edificio chiesa", nella sua architettura e nel suo impianto iconografico è un argomento al centro di numerose discussioni: "Ancora oggi - ha detto monsignor Ranjith - è questa una grande sfida, sempre da raccogliere e da mettere a fuoco, per non distrarsi in soluzioni che anziché favorire nelle opere dell'uomo la percezione dell'infinita bellezza di Dio e l'esaltazione della sua lode e della sua gloria, la offuschino o l'impediscano".

Non si tratta, cioè, solo di rispondere a semplici esigenze utilitaristiche e funzionali degli spazi destinati alla liturgia, ma di realizzare dei luoghi che esprimano in tutto e per tutto, in un riconoscibile e corretto contesto di segni e di simboli, la loro natura di dimora per la celebrazione dei santi misteri.

Qualcuno nella Chiesa comincia a criticare mons. Valenziano come il "padre di quella corrente liturgica-dinosaurica che per giustificare le sue più assurde nefandezze fa sorgere tutta la sua nouvelle-liturgie come una riscoperta della prassi della Chiesa dei primi 6 secoli dopo la nascita di Cristo... l’”epoca d’oro” ... mentre la liturgia proposta per gli altri 14 e tutta “spiacevole incrostazione” (sue parole...). E’ lui il vero teorico della riforma bugniniana… E’ LUI IL PADRINO… e i suoi figliocci Marini Piero e Liberto Giuseppe non sono solo che delle marionette nelle sue mani…. con la differenza che lui non si è mai esposto pubblicamente COME HA FATTO ANCHE RECENTEMENTE IL SUO FIGLIO PRIMOGENITO (Piero Marini, che recentemente ha pubblicato a Londra un libro contro la Curia, dopo la sua rimozione da cerimoniere pontificio)… con i suoi modi da grande esperto sparge i suoi curiosi teoremi con la prepotenza di chi ha trovato la verità la SOLA VERITA’, e spacciandoli per nuovi dogmi liturgici fa in modo che tutti devono sottostare alle sue idee perchè… perchè lo dice LUI (certamente in base alle sue presunte sensazionali scoperte archologico-liturgico) e gli altri non capiscono nulla!"

La critica - sia pure tardiva e resa possibile dalla grande attenzione del Papa per la salvaguardia della liturgia che, non dimentichiamolo, è salvaguardia del Culto - individua un responsabile della costruzione di Chiese "che fanno venire i brividi"; ma ignora completamente l'analoga pseudoriforma architettonica e liturgica che, pure, prendendo a pretesto un malinteso ritorno alle origini, rinnega la Tradizione della Chiesa da Costantino al Vaticano II, operata dagli iniziatori del cammino NC.
Visto che nella Chiesa si cominciano a fare nomi e cognomi, sarebbe bene allargare lo sguardo all'intero panorama degli innovatori a briglia sciolta, con la scusa del Concilio... Se è criticabile un Monsignore, noto Liturgista, a maggior ragione possono esserlo dei laici che oltretutto liturgisti non sono... e cominciare a mettere degli STOP agli scempi delle nostre chiese e della nostra Eucaristia!

lunedì 24 dicembre 2007

S. Natale 2007

Facciamo nostre le parole di Benedetto XVI, nell'udienza del 19 dicembre scorso:

Maria, che ha donato il suo grembo verginale al Verbo di Dio, che lo ha contemplato bambino tra le sue braccia materne, e che continua ad offrirlo a tutti quale Redentore del mondo, ci aiuti a fare del prossimo Natale un’occasione di crescita nella conoscenza e nell’amore di Cristo. E' questo l'augurio che formulo con affetto a tutti voi, qui presenti, alle vostre famiglie e a quanti vi sono cari.

Buon Natale a voi tutti!

sabato 22 dicembre 2007

Ennesima profanazione: il caso di S. Paolo fuori le Mura


CAPPELLA ECUMENICA PER CELEBRAZIONI NON CATTOLICHE A S.PAOLO. L'arciprete all'Osservatore Romano:"Fatto importante per dialogo"

CITTA’ DEL VATICANO - "Daremo la possibilità a comunità cristiane non cattoliche di poter venire a pregare e a celebrare la liturgia". L'arciprete di San Paolo fuori le mura, il Cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, ha spiegato così all'Osservatore Romano l'allestimento di una "cappella ecumenica" nella Basilica Papale. "E' un fatto - afferma - di enorme portata nel dialogo tra i cristiani, una grande novità portata dall'anno paolino, sei mesi prima del suo inizio. Sta per essere realizzata - spiega il porporato - nell'antica struttura, a croce greca, che finora ha ospitato il battistero. L'altare, risistemato, sarà quello che abbiamo trovato e rimosso durante i recenti lavori accanto alla tomba di Paolo, quando l'abbiamo resa visibile ai pellegrini. Quell'altare era proprio accanto al sarcofago e contiene le reliquie di Timoteo di Antiochia, martirizzato nel 311, da non confondere con il discepolo di Paolo, e un'altra piccola cassa che, secondo la dicitura, custodisce i resti di martiri ignoti della stessa epoca". In occasione dell'anno paolino proclamato da Benedetto XVI, il 28 giugno 2008 sarà anche aperta, annuncia Cordero Lanza, "la porta paolina, una delle cinque porte della basilica ostiense quella simmetrica alla vera porta santa...."

...se è vero che il Papa è chiamato ad esercitare L'UNITA' e non a portare divisione....ben sappiamo che è la stessa CAUSA DI CRISTO che divide, che è la Chiesa in quell'essere SEGNO DI CONTRADDIZIONE che divide quanti NON accettano di essere UN CUOR SOLO ED UN ANIMA SOLA NEI SACRAMENTI A COMINCIARE DALL'EUCARESTIA......a che cosa è servito un Anno dedicato all'Eucarestia e i Documenti che si sono succeduti se ora nel cuore della cristianità e della Tradizione paolina si crea un altare sopra il quale NON C'E' POSTO PER L'EUCARESTIA MA SI FA POSTO PER QUANTI NEGANO QUESTO SACRAMENTO E LO INSEGNANO IN MODO ERETICO?


(dal Motu proprio di Benedetto XVI per la Basilica di S. Paolo Fuori le Mura)

".... 9. In tempi recenti, la Santa Sede ha dimostrato particolare interesse nel promuovere nella Basilica, o nell’ambito dell’Abbazia, lo svolgimento di speciali eventi di carattere ecumenico. Sarà quindi compito dei Monaci, sotto la supervisione dell’Arciprete, organizzare, coordinare e sviluppare tali programmi, con l’aiuto anche di confratelli Benedettini di altre Abbazie ed in accordo con il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.

10. L’Apostolo delle Genti illumini e protegga quanti svolgono le loro mansioni nella Basilica a lui dedicata e conceda aiuto e conforto a tutti i fedeli ed ai pellegrini che con sincera devozione si recano nel luogo sacro alla memoria del suo martirio, per ravvivare la loro fede ed invocare la sua protezione sul proprio cammino di santificazione e sull’impegno della Chiesa, per la diffusione del Vangelo nel mondo contemporaneo."

il Papa parla di EVENTI ECUMENICI E NON DI CULTI ESTRANEI AL CATTOLICESIMO... siamo sicuri che non si stia consumando l'ennesimo abuso seppur in buona fede?

Certo che io rispetterò il fratello non cattolico, nessun problema, ma LUI deve rispettare QUEL LUOGO NEL QUALE ABBIAMO GESU' EUCARESTIA.... ma se i primi a NON far rispettare quel luogo sono proprio i NOSTRI PASTORI, come faranno queste persone a comprendere dove sta la VERITA'?


venerdì 21 dicembre 2007

Il Family day spagnolo il Cammino NC e le imminenti scadenze


La pagina precedente è di nuovo "satura" di post, perciò riprenderei il nostro confronto a partire da questo messaggio, anche perché ci fa rimanere nell'attualità con tutte le sue implicazioni

"L'Arcidiocesi di Madrid ha inoltre convocato, insieme a parrocchie, associazioni, movimenti e nuove realtà ecclesiali, una grande celebrazione a sostegno delle famiglie. L’evento “per la famiglia cristiana” avrà luogo domenica 30 dicembre, Festa della Sacra Famiglia, alle 12 ore nella Piazza di Colón. In quella occasione, il Santo Padre rivolgerà ai partecipanti un messaggio in diretta da Roma. (Agenzia Fides 11/12/2007; righe 35, parole 478)"

Da come l'avevo sentito parlare alla RAI, nella trasmissione "A sua immagine" di sabato scorso, Kiko sembrava lui il promotore dell'evento e il mobilitatore delle famiglie...

Certo che il vescovo gli sta offrendo un "assist", non da poco proprio - conoscendo la grancassa mediatica neocatecumenale -, alla vigilia della scadenza dell'ultimatum dato dal Papa agli iniziatori del Cammino per l'adeguamento della liturgia, al quale non risulta sia stata data alcuna riposta positiva; anzi sta continuando tutto come prima... ma credo e spero che il Papa non si lasci 'abbagliare' dai numeri (non mi sembra il tipo e sappiamo che - quando era ancora cardinale - ha già espresso il suo pensiero circa la "qualità" piuttosto che la "quantità")

Resta però il problema di qualche "sponda interna" che possa rassicurare il Papa su asseriti adeguamenti che - sappiamo per esperienza e per quanto sta accadendo - sarebbero solo formali, strumentali e in ogni caso non controllabili...

Ma a questo punto della storia, non è più possibile che Kiko continui a tacere o a parlare per interposta persona (Rylco & C.): la Chiesa dovrebbe PRETENDERE da lui una pronuncia ufficiale e definitiva; il che non gli consentirebbe di parlare come un cane sciolto all'esterno (cfr. dichiarazioni a La Razon, a Korazym, ecc.), senza rispettare i silenzi della Chiesa, mentre all'interno del cammino continua a procedere come ha sempre fatto ed a spacciare agli adepti approvazioni fasulle...

Una dichiarazione pubblica lo impegnerebbe anche nei confronti dei "suoi" ammesso che non trovi comunque il modo di abbindolarli... ma almeno quelli meno 'succubi' qualche problema comincerebbero a porselo, forse...
Fedele

domenica 16 dicembre 2007

Siamo a questa "tappa" del nostro percorso


Apriamo questa nuova pagina, facendo il punto della situazione, scaturito dalle riflessioni della pagina precedente:

"Un corollario: può il direttorio di una realtà che si definisce al servizio della Chiesa essere tenuto segreto al mondo cattolico o non avrebbe dovuto già da un pezzo essere reso disponibile a tutti?"

La segretezza del vecchio direttorio, come sai, riguardava i contenuti che presentano tante difformità con gli insegnamenti della Chiesa e tante consonanze luterane e moderniste... realisticamente dobbiamo pensare che i direttori consegnati alla Santa Sede siano stati epurati di quei contenuti... ma sappiamo che essi continuano a essere tranquillamente tuttora predicati nelle catechesi, che sono sempre le stesse di 40 fa, con aggiunte posteriori, uguali in tutto il mondo e pedissequamente fedeli agli "insegnamenti orali" dei fondatori... e nulla ci fa pensare che non continueranno ad esserlo... pena la fine dell'identità del cammino, che si regge proprio su questa diversità oltre che sulle gerarchie, metodi, prassi anche liturgiche difformi dalla Chiesa come abbiamo più volte evidenziato.

Quello che ufficialmente non emerge e che la Santa Sede non può aver esaminato perché non fa parte dei Direttori ufficializzati dopo tante resistenze e correzioni, è quella parte degli "insegnamenti orali" e delle prassi che si rifà pesantemente alla tradizione giudaica: Storia della Salvezza basata prevalentemente sull'Antico Testamento, Midrash, Talmud, kabbalah, simboli (hannukkià o menorah sulla mensa che non è un altare al posto della Croce); il Santuario della Parola con la Legge vestita, secondo l'uso giudaico, collocata nel Tabernacolo con pari se non con maggiore dignità delle Sacre Specie; Cristo richiamato solo in relazione alla lavanda dei piedi (iniziazione, nel rito "seduti a mensa perché venga e servirli") e alla Risurrezione (simbolo del passaggio dalla morte alla vita) bypassando il Sacrifio della Croce rappresentata nella croce astile del cammino con il Cristo vivo che ha su di sè la legatura di Isacco (il figlio non più sacrificato); il riferimento ad Elia assunto in cielo sulla merkavà, che si trova simboleggiata proprio sotto l'anomalo crocifisso appena evidenziato. Perché il Nuovo Testamento, secondo il Cammino, è il Libro del Profeta Elia! Ultimo libro dell'Antico Testamento?... Potremmo continuare, ma credo che ce ne sia a sufficienza...

Ora risulta comprensibile anche l'osservazione di uno di noi riguardante il fatto che nella sua comunità si parlasse sempre di Assunzione e non di Ascensione di Gesù, Signore nostro e Dio nostro... è evidente che l'Ascensione comporta una morte ed una resurrezione, l'Assunzione, come quella di Maria, di Elia, di Enoch, avviene da questo mondo nel carro di fuoco, la merkavà di Ezechiele, appunto... Insomma tutto l'Arcano che i piccoli neppure immaginano ed è riservato a chi avanza nel cammino...

venerdì 14 dicembre 2007

Nota sull'evangelizzazione e Cammino NC


La pagina precedente è ormai satura di post; quindi inserisco questo di Livio per riprendere la discussione su un tema molto attuale, riproponendomi una lettura attenta della nota per poi intervenire.

Vorrei soffermarmi sul perchè la nota sull'evangelizzazione oggi presentata riguarda i movimenti ecclesiali, e tra essi in particolare i neocatecumenali. Vediamo alcuni stralci della nota, ricavati da un articolo odierno su papanews:

1.Il documento parte dal presupposto che è sbagliata quella corrente di pensiero secondo cui "non si deve promuovere la conversione a Cristo, perchè è possibile essere salvati senza una conoscenza esplicita di Cristo e senza una formale incorporazione nella Chiesa". Questa mentalità, prosegue il testo, è figlia di "forme di agnosticismo e relativismo" che "negano la capacità umana di conoscere la verità, mentre la libertà umana non può essere svincolata dal suo riferimento alla verità". Pertanto, "la realizzazione definitiva della vocazione della persona umana sta nell'accettazione della rivelazione di Dio in Cristo come annunciata dalla Chiesa".
Qui vengono colpiti i presupposti erronei alla base della dottrina neocatecumenale, a cominciare dalla radicale negazione della missione salvifica di Cristo e dalla affermazione che tutti sarebbero salvati indipendentemente dal suo sacrificio. Invece, la Congregazione per la fede ribadisce che senza Cristo non vi è salvezza.

2.“l’evangelizzazione non è proponibile sotto forma di imposizione: ogni approccio al dialogo che comporti la coercizione o una impropria istigazione, irrispettosa della dignità e della libertà dei due attori del dialogo, non può sussistere nell'evangelizzazione cristiana". L'affermazione diventa ancor più precisa quando si afferma che "l'incorporazione dei nuovi membri alla Chiesa non è l'estensione di un gruppo di potere, ma l'ingresso nella rete di amicizia con Cristo, che collega cielo e terra, continenti ed epoche diverse. In tal senso, la Chiesa è dunque veicolo della presenza di Dio e perciò strumento di una vera umanizzazione dell'uomo e del mondo".
Non si può imporre coercitivamente la fede, e la stessa adesione alla Chiesa non significa adesione ad un blocco di potere. Niente proselitismo aggressivo, niente induzione di convinzioni erronee sulla natura e la missione della Chiesa, come predicano i neocatecumenali.

3.Un popolo di Dio diviso, infatti, può seriamente compromettere la credibilità della missione di divulgazione della Parola di Dio. Ben venga, quindi, il dialogo tra tutti i cristiani se riuscirà a realizzare una loro maggiore unità.
Le divisioni e le separazioni tra fratelli nella fede sono deleterie per la missione dei cristiani. Chi predica elitarismo, separatismo, odio e disprezzo per i fratelli opera contro Cristo ed il suo disegno per l'umanità.

4.Benedetto XVI: "L'annuncio e la testimonianza del Vangelo sono il primo servizio che i cristiani possono rendere ad ogni persona e all'intero genere umano, chiamati come sono a comunicare a tutti l'amore di Dio, che si è manifestato in pienezza nell'unico redentore del mondo, Gesù Cristo".
I cristiani sono al servizio dell'intero genere umano, e non di una parte di esso. L'amore divino si è manifestato nell'unico che ha redento il mondo. Dunque, è ribadita la missione salvifica di Nostro Signore e che essa sia rivolta a tutti e non solo ad alcuni.

5."L'amore che viene da Dio ci unisce a Lui, e ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine, Dio sia tutto in tutti".
Viene ribadito il concetto della necessità di superare le divisioni, contrariamente alle dottrine settarie, le quali fanno della separazione e divisione dagli altri una bandiera.
Anche se non fosse stata specificamente diretta ai neocatecumenali, la nota ribadisce principi fondamentali che colpiscono alcuni capisaldi delle dottrine settarie e separatiste, di cui quella del Cammino costituisce l'esempio più clamoroso e radicale.

mercoledì 12 dicembre 2007

Ricordiamo e ribadiamo: "L'Eucaristia"


Sentite cosa dice Lutero della Messa di San Pio V.

Io dichiaro - scrive Lutero nell'Omelia della I Domenica di Avvento - che tutti i prostriboli (bordelli), gli omicidi, i furti, gli assassinii, e gli adulteri sono meno malvagi di quell'abominazione che è la messa papista (Welke, Weimar, t. XV p. 774). E nel "contra Henricum": Quando la messa sarà distrutta, penso che avremo distrutto anche il papato.... infatti il papato poggia sulla messa come su una roccia. Tutto questo crollerà necessariamente quando crollerà la loro abominevole e sacrilega messa. (idem, t. X, sez. II, p. 220)

Vogliamo chiederci il perché dell'accanimento di Kiko Arguello di salvaguardare la sua arbitraria Celebrazione, sapendo anche, come risulta dalle sue testali parole pronunciate nei suoi insegnamenti:

“Con il Concilio di Trento, nel XVI secolo, si fissa tutto rigidamente imponendo in modo radicale il rito romano.“In quest’epoca nascono tutte le filosofie sull’Eucarestia. “Quando non si capisce quello che è il sacramento, a causa della svalorizzazione enorme dei segni come sacramenti, e quando non si capisce quello che è il memoriale, si comincia a razionalizzare, a voler dare spiegazioni del mistero che c’è dentro. Precisamente perché, il mistero trascende la sua unica spiegazione, c’è il sacramento. Il sacramento parla più dei ragionamenti. Ma a quel tempo, poiché non si capisce,… si cerca di dare spiegazioni filosofiche del mistero. E così incominciano i dibattiti su: ‘Come è presente?’ Lutero non negò mai la presenza reale, negò solo la parolina ‘transustanziazione’ che è una parola filosofica che vuole spiegare il mistero. ...Ma la cosa più importante non sta nella presenza di Gesù Cristo...(Orientamenti p. 325).

In sintesi: La Messa per i neocatecumenali non è un "sacrificio" e quindi in luogo dell'altare, non c'è che la mensa, e nell'Eucaristia si celebra un convito di festa fra fratelli uniti dalla medesima fede nella Risurrezione; il pane e il vino consacrati sono soltanto il simbolo della presenza del Cristo risorto, che si esaurisce con la celebrazione ed unisce i commensali comunicando loro il proprio spirito, rendendoli partecipi del suo trionfo sulla morte. Conseguenza della predicazione neocatecumenale secondo la quale la passione e morte di Cristo non è stata un vero sacrificio offerto al Padre per riparare il peccato e redimere l'uomo, che resta inesorabilmente peccatore (il che è vero, ma non si tiene conto dell'effetto della grazia) e, per godere i frutti della sua opera, basta riconoscersi peccatori e credere nella potenza del Cristo risorto (il che elimina totalmente la 'risposta' e la responsabilità personale).

Ricordiamo di come il Papa e tutto il Magistero considerino la Liturgia fonte e culmine della nostra fede anche per i suoi aspetti mistagogici e catechetici: lex orandi lex credendi che diviene lex vivendi e di come i fratelli riformati si siano ritrovati protestanti senza accorgersene proprio per le modifiche apportate da Lutero alla Liturgia divenuta Cena... La storia non ci ha insegnato nulla? E' un rischio che vogliamo correre anche noi?

Nella Dominicae cenae così dice Giovanni Paolo II: ...Quel «sacrum» attuato in forme liturgiche varie, può mancare di qualche elemento secondario, ma non può in alcun modo essere sprovvisto della sua sacralità e sacramentalità essenziali, poiché volute da Cristo e trasmesse e controllate dalla Chiesa. Quel «sacrum» non può nemmeno essere strumentalizzato per altri fini. Il mistero eucaristico, disgiunto dalla propria natura sacrificale e sacramentale, cessa semplicemente di essere tale. Non dobbiamo sottovalutare la consapevolezza che toccare la Liturgia significa stravolgere e snaturare il cuore della nostra fede e la nostra identità cattolica.

Se non c'è il Sacrificio non c'è il culto; ma se non c'è il culto, cosa c'è?

domenica 9 dicembre 2007

... e liberaci dal male

Dalla catechesi del Papa di mercoledì:

"Raccogliamo infine, a conclusione di queste riflessioni, un’esortazione di Cromazio, ancor oggi perfettamente valida: “Preghiamo il Signore con tutto il cuore e con tutta la fede - raccomanda il Vescovo di Aquileia in un suo Sermone -preghiamolo di liberarci da ogni incursione dei nemici, da ogni timore degli avversari. Non guardi i nostri meriti, ma la sua misericordia, lui che anche in passato si degnò di liberare i figli di Israele non per i loro meriti, ma per la sua misericordia. Ci protegga con il solito amore misericordioso, e operi per noi ciò che il santo Mosè disse ai figli di Israele: Il Signore combatterà in vostra difesa, e voi starete in silenzio. È lui che combatte, è lui che riporta la vittoria… E affinché si degni di farlo, dobbiamo pregare il più possibile. Egli stesso infatti dice per bocca del profeta: Invocami nel giorno della tribolazione; io ti libererò, e tu mi darai gloria”(Sermo XVI,4: Scrittori dell’area santambrosiana 3/1, pp. 100-102)."

Premesso che i nostri veri nemici sono i nostri peccati e le nostre cattive tendenze e il discorso riguarda soprattutto questo, ne ho tratto questo spunto: continuiamo sulle nostre riflessioni sui temi fondamentali; ma facciamo silenzio sulle vicende di questi giorni e preghiamo, a meno che non venga fuori qualcosa di certo

Eterna è la Sua Misericordia! Il Suo Amore è immenso!

Santa Cterina da Siena soleva dire che Dio è "pazzo d'amore"! E come darle torto?
Di recente ho comprato il libro di Antonio Socci, Il Segreto di Padre Pio. L'ho letto tutto d'un fiato. E' di una profondità inaudita e consiglio vivamente a tutti di comprarlo.

Estraggo dal Libro un brano, che Socci riporta da un documento di una figlia Spirituale di Padre Pio, che ferma su carta un suo dialogo con lui.

Prima però vorrei che meditassimo anche queste parole di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Diceva: "La Passione di Gesù Cristo ci fa capaci della Redenzione, la messa ce ne mette in possesso e fa che ne godiamo i suoi meriti...Dio stesso non può fare che vi sia nel mondo un’azione più grande che del celebrarsi una messa (...) e perciò il demonio ha procurato sempre di toglier dal mondo la messa per mezzo degli eretici, costituendoli precursori dell’Anticristo il quale prima di ogni altra cosa procurerà di abolire (...) in pena dei peccati degli uomini, il santo sacrificio dell’altare".

Già queste parole fanno tremare i polsi, ma altre fanno meditare e commuovere di più. Quelle del Fraticello di Pietrelcina (in forma di domanda e risposta):

D. Padre, ditemi tutto quello che soffrite nella Santa Messa.
«Tutto quello che ha sofferto Gesù nella sua Passione, inadeguatamente, lo soffro anche io, per quanto a umana creatura è possibile. E ciò contro ogni mio demerito e per sola sua bontà.»
Quale fiat pronunciate?
« Di soffrire e sempre soffrire per i fratelli di esilio e per il Suo Divin Regno.»
D. Diceste pure: «E grideranno: crucifige! Crucifige!». Chi griderà?
«I figli degli uomini e proprio i più beneficati.»
D. Come restò Gesù dopo la flagellazione?
«Il profeta lo dice: << Diventò una sola piaga; diventò un lebbroso .»
D. E allora anche voi siete tutto una piaga dalla testa ai piedi?
«E non è questa la nostra gloria? E se non ci sarà più spazio per fare altre piaghe nel mio corpo, faremo piaga
su piaga.»
D. Dio mio, questo è troppo! Siete, Padre mio, un vero carnefice di voi stesso!
«Non ti spaventare, ma gioisci. Non desidero la sofferenza in se stessa, no; ma per i frutti che mi dà. Dà gloria a Dio e salva i fratelli, che altro posso desiderare?»
D. Padre, quando la notte siete flagellato siete solo o vi assiste qualcuno?
«Mi assiste la Vergine Santa; è presente tutto il Paradiso.»
D. Padre, soffrite pure voi quello che soffrì Gesù nella Via Dolorosa?
«Lo soffro sì, ma ce ne vuole per arrivare a quello che soffrì il Divin Maestro!»
D. Chi vi fa da Cireneo e da Veronica?
«Gesù stesso.»
D. Nel divin sacrificio, Padre, voi prendete su di voi le nostre iniquità?
«Non si può fare diversamente, poiché fa parte del divin sacrificio.»
D. Vi ho visto tremare mentre salivate i gradini dell’altare. Perché? Per quello che dovevate soffrire?
«Non per quello che dovevo soffrire, ma per quello che dovevo offrire.»
D. Anche durante il giorno, Padre, soffrite quel che Gesù vi fa soffrire durante la Santa Messa?
«Starei fresco! E come potrei lavorare? Come potrei esercitare il mio ministero? Però non vorrei scendere mai dall’altare.»
D. Perché piangete quasi sempre, Padre, quando leggete il Vangelo nella Santa Messa?
«E ti pare poco che un Dio conversi con le sue creature? E che sia da loro contraddetto? E che sia continuamente ferito dalla loro ingratitudine e incredulità?»
D. Durante la vostra Messa, Padre, la folla fa un po’ di chiasso ...
«E se vi foste trovate sul Calvario dove si sentivano urli, bestemmie, rumori, minacce?! Lì era tutto un fracasso!»
D. Padre, tutte le anime che assistono alla vostra Santa Messa sono presenti al vostro spirito?
«Li vedo tutti i figlioli miei all’altare, come in uno specchio.»
D. Di che cosa aveva sete Gesù Crocifisso?
«Del Regno di Dio.»
D. Che faceva la Vergine ai piedi di Gesù Crocifisso?
«Soffriva nel vedere soffrire suo Figlio. Offriva le sue pene e i dolori di Gesù al Padre Celeste per la nostra salvezza.»
D. Che fa Gesù nella Comunione?
«Si delizia della sua creatura.»
D. Perché piangete, Padre, quando fate la Comunione?
«Se la Chiesa emette un grido: «Tu non sdegnasti l’utero della Vergine», parlando dell’Incarnazione, che dire di noi miserabili?!»
D. Gesù, Padre, stacca dalla croce le sue braccia per riposarsi in voi?
«Sono io che mi riposo in Lui!»
D. Il Signore, Padre, ama il sacrificio?
«Sì, perché con questo ha rigenerato il mondo.»
D. Quanta gloria dà a Dio la Santa Messa?
«Infinita gloria.»
D. Che dobbiamo fare durante la Santa Messa?
«Compassionare ed amare.»
D. Che benefici riceviamo ascoltandola?
«Non si possono enumerare. Li vedrete in Paradiso.»

giovedì 6 dicembre 2007

Neocatecumenali, Chiesa e Vaticano II

Possiamo ipotizzare insieme al nostro lettore che ci ha inviato questo post, che il Concilio Vaticano II sia l'origine di tutti i guai attuali?

Certo, la Chiesa non può rinnegare un proprio concilio: al massimo può affermare che è stato male interpretato. Ma, se un evento si giudica dai frutti che dà, la ragione di cui ci ha dotato il buon Dio ci dice che qualcosa di sbagliato ci deve pur essere nel Concilio Vaticano II. Sarà pure stato male interpretato, ma sta di fatto che con esso è cominciata la destabilizzazione della Chiesa: dalla liturgia, al sentimento religioso, alla vocazione sacerdotale, ai simboli della fede.

Quel Concilio ha messo tutto in discussione, non tanto per quel che è stato scritto esplicitamente, quanto per aver ingenerato un clima esagitato di rinnovamento e di cambiamento che ha poi portato alle esagerazioni e guasti che tutti conosciamo.
Se si seminano venti di rivolgimento, è lecito attendersi tempeste. Paolo VI presentì che dei venticelli sulfurei erano entrati da qualche spiraglio nella Chiesa: chissà se si rese conto che quello spiraglio lo aveva aperto proprio il Concilio.

Quanto ai neocatecumenali, è ovvio che difendano il Concilio Vaticano II: è grazie ad esso che hanno potuto fare tutto quel che hanno fatto. Ora è necessario correre ai ripari.

Altro che approvazione dello statuto dei neocatecumenali: la Chiesa è chiamata a decidere della propria integrità dottrinale e magisteriale, in una parola, della propria unità ed unicità in Cristo, messe gravemente a rischio proprio dalla predicazione e dalle prassi aberranti dei neocatecumenali, i quali, per quel che hanno sin qui dimostrato, continueranno imperterriti a disobbedire perchè perseguono un'altra visione di fede e di chiesa.
Livio

mercoledì 5 dicembre 2007

Neocatecumanali e "predestinazione"

Nel tentativo di dialogo con i nostri interlocutori neocatecumenali è venuto fuori il tema della "predestinazione". Mi sembra il caso di approfondire un po'. Parto citando S. Agostino perché sono sicuro che se fossimo andati avanti ci avrebbero citato prima lui e poi Pascal...

"....Rispondendo all'eresia di Pelagio, che predicava la possibilità dell'uomo di salvarsi senza l'aiuto di Dio, essendo il peccato originale una colpa gravante sul solo Adamo, Agostino traccia la dottrina della predestinazione: solo Dio decide in piena autonomia chi salvare o no dalla dannazione, l'uomo non può che avere fede nella salvezza divina, ben sapendo che l'ultima parola sulla sua salvezza non può spettare ad altri che a Dio (tale dottrina verrà poi ripresa da Lutero e dal Giansenismo e oggi dai neocatecumenali).
In ultima analisi, Agostino sostiene che l'uomo non può che trovare la Grazia in Dio. Gli uomini non possono far altro che avvicinarsi alla luce divina tenendo il buio delle loro anime il più lontano possibile: il bene è Dio, il male l'allontanamento dalla sua bontà, già presente in potenza nelle nostre anime, esse stesse creazioni divine..." [Fonte: Paparatzinger blog 27 aprile 2007]

Ogni uomo può trovare la Grazia in Dio: la 'predestinazione' significa solo il dono dei benefici divini che consentono all'uomo - a tutti gli uomini che accolgono la Grazia esercitando la loro libertà, non solo ai predestinati, nel qual caso la libertà sarebbe da escludere - di raggiungere il bene della vita eterna.

Volendo allargare lo sguardo per una comprensione più ampia, si può riconoscere un “progetto di Dio” che sembra distribuire la Grazia in maniera del tutto indecifrabile per le nostre categorie; ma “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie”, dice il Signore… come facciamo a dire che nell’economia della salvezza sia più importante la santità eclatante che è di esempio a tutti o la buona volontà nascosta e umile che fa del suo meglio nonostante i limiti, le difficoltà, le miserie interne ed esterne che la vita gli pone? E, soprattutto come si fa a poter pensare di essere salvati solo per un’appartenenza e non per la propria personale risposta?

Questo non è pelagianesimo; perché non vuol dire che ci si salva da soli con le proprie forze, vuole solo dire che ci si salva in virtù di un rapporto, di una relazione personale (e anche comunitaria nella Chiesa, ovviamente) con il Signore attraverso la Sua Grazia, che incontra il nostro SI’ e ci viene dispensata in molti modi, alcuni anche sconosciuti e impensabili, ma soprattutto nei Sacramenti nella Sua Chiesa. E proprio attraverso gli insegnamenti della Chiesa, il Signore ci rivela sempre di più il Suo Volto e radica sempre di più nella Sua Vita le nostre vite e le nostre storie personali e comunitarie.

Ma non è neppure Luteranesimo, cui sembrano aderire anche in questo aspetto i neocatecumenali, secondo cui il peccato è “coperto” dal Sangue di Cristo (salvezza esteriore o estrinseca). I “coperti” (salvati) dai vergognosi peccati sarebbero solo coloro che hanno fede in Cristo e nelle Sacre Scritture e sono nel cammino NC. Il peccato rimane quindi quello che è e non si parla come cita spesso il nostro Papa della “trasformazione” operata dal Signore e dalla Sua Presenza Viva e Operante nella Sua Chiesa.
Cosa si può dedurre da tutto questo?

martedì 4 dicembre 2007

Chiesa versus "estetica" kikiana nelle Chiese

Appunti di lavoro sulla base delle indicazioni ufficiali della Chiesa, che confermano le nostre osservazioni a proposito della "Nuova estetica" di Kiko.

Dall'Osservatore Romano di oggi:

"...Dagli anni immediatamente postconciliari a oggi si è verificato uno strano paradosso: le indicazioni dei padri conciliari su questi temi ... sono state spesso disattese in virtù di una presunta e malintesa forma di "tutela dello spirito conciliare". Lo ha sottolineato con amara ironia l'arcivescovo Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il Clero, il quale nel suo intervento ha ricordato che lo stile ecclesiale è fatto di equilibrio e non di fanatismi o di polemiche. Occorre quindi innanzitutto recuperare e chiarire in maniera netta i principi stabiliti dalla Chiesa e su questi - non sugli interessi di parte - impegnare la riflessione e il confronto...
Monsignor Julián López Martín, vescovo di León e presidente della commissione episcopale di liturgia, ha in questo senso tracciato un quadro di riferimento dei principi teologici e delle norme esecutive per la costruzione delle chiese. Fondamentale ci è sembrata la sottolineatura del fatto che lo spazio liturgico non può essere concepito come un ambiente religioso confuso o astratto, valido per ogni utilizzo. "Lo spazio liturgico - ha affermato il vescovo - è determinato dalla sua specificità celebrativa. Tutti gli elementi di una chiesa devono essere al servizio della celebrazione del mistero, devono esprimere la Pasqua del Signore. Il nobile servizio reso dagli architetti e dagli artisti non deve ridursi a una mera catechesi simbolica e iconografica, ma proporsi realmente come parte della mistagogia del mistero"..."Occorre sforzarsi di mostrare un'immagine unitaria dell'assemblea". Ciò non toglie che vada comunque evidenziata - sia pure senza eccessi - la distinzione della zona del presbiterio e ancor di più la centralità dell'altare: "Non è il sacerdote il centro della celebrazione, ma Cristo, di cui l'altare è segno permanente".
Sul significato e sul giusto utilizzo degli elementi architettonici - ad esempio la navata, la sede, l'ambone, e così via - si è soffermato il vescovo di León che, spiegando la costellazione di segni e di simboli della celebrazione liturgica, ha offerto tutta una serie di richiami scritturistici e documentali. In maniera ancor più concreta e diretta, a riguardo, si è espresso monsignor Piacenza durante uno scambio di battute al di fuori del convegno: "C'è bisogno di chiarezza anche nelle committenze. Vi sono una serie di paletti dai quali non possiamo prescindere. A partire dalla struttura esterna di una chiesa: non possiamo, per star dietro a posizioni "intellettualoidi" di certi architetti, nascondere la chiesa, il campanile, la croce o la porta. All'interno della chiesa, poi, il centro deve essere l'altare e il presbiterio deve essere in qualche modo - l'artista troverà come - differenziato dal resto dell'aula..."

Insomma una bocciatura chiarissima e totale dell'estetica kikiana!!! Si osservi, poi, questa sottolineatura:

"...non si può poi prescindere dalla centralità del crocifisso, su di esso si deve posare lo sguardo; il tabernacolo si deve poter individuare immediatamente; le panche devono avere gli inginocchiatoi per facilitare la dimensione dell'adorazione. Questi, come altri, non sono optional ma elementi essenziali".

Con buona pace delle arrampicature sugli specchi di tanti neocatecumenali dallo sguardo offuscato da anni e anni di anarchia liturgica kikiana!
Francesco

giovedì 29 novembre 2007

In dirittura d'arrivo per l'adeguamento alle norme liturgiche

Così scrive uno dei nostri interlocutori alla vigilia della scadenza del tempo concesso dal Papa per l'adeguamento del Cammino alle norme liturgiche della Chiesa e a ben due anni dalla diramazione delle direttive date con la lettera del card Arinze del 1° dicembre 2005:

"Posso assicurarti che la lettera è presa in considerazione più di quanto non traspaia. E si sta pensando ai modi migliori per attuarla affinchè si permei nella natura della parrocchia"

Cosa dedurre da questo: tergiversare, resistenza ad abbandonare il proprio rito diverso. Perché?

Non basta recepire quel che è stato detto, cercando soprattutto di capire il perché, visto che dietro non c'è una semplice superficiale "forma" ma la sostanza di una teologia diversa?

martedì 27 novembre 2007

Dottrina sociale della Chiesa e Cammino NC

Parole di Giovanni Paolo II

"La dottrina sociale naturale e cristiana, particolarmente nella nostra epoca, a cominciare dalla fine del XIX secolo, si è enormemente arricchita di tutta la problematica contemporanea. Ciò non significa che essa sia sorta soltanto a cavallo dei due ultimi secoli: esisteva infatti sin dall'inizio, come conseguenza del Vangelo e della visione dell'uomo da esso portata nei rapporti con gli altri uomini e particolarmente nella vita comunitaria e sociale" (5.6.1979).

"La dottrina sociale proposta dalla Chiesa, pertanto, deve essere fedelmente seguita, né ci potranno essere ragioni di ordine storico che possano giustificare la infedeltà alla medesima. Sarebbe costruire sulle sabbie mobili delle ideologie e non sulla roccia di una verità che è prima e al di sopra di tutte le ideologie e di tutti i sistemi e dei medesimi e criterio di giudizio. Solo da questa unità col Magistero, che insegna per mandato di Cristo la verità sull'uomo, può nascere un impegno del laico veramente efficace, capace cioè di promuovere realmente la dignità della persona" (31-10-1981)

Possiamo pensare che la Dottrina Sociale della Chiesa trovi una sua collocazione e un suo respiro nel Cammino Neocatecumenale, dove lo stile, i metodi e i comportamenti sono quelli delle "consorterie" e ogni rapporto di esaurisce nella cerchia chiusa delle comunità e dove il rispetto della persona, a partire da quello del suo "foro interno", come indicato negli statuti scaduti e non rinnovati, non ha alcun diritto di cittadinanza?

lunedì 26 novembre 2007

Arinze ai sacerdoti progressisti:

Parole rivolte dal Card Arinze ai sacerdoti modernisti, ma potrebbero essere indirizzate tranquillamente ai neocatecumenali:

“La santa liturgia non è una cosa che si inventa...”.

“Molti abusi, nel dominio della liturgia, hanno origine non nella cattiva volontà, ma nell’ignoranza...”.

“Bisogna allontanarsi da questa freddezza, da questo orizzontalismo che mette l’uomo al centro dell’azione liturgica, e anche da questo manierismo apertamente egocentrico che le nostre assemblee della domenica sono talvolta obbligate a subire...”.

“Sfortunatamente, molte omelie assomigliano a dei discorsi marcati da considerazioni di ordine sociologico, psicologico. Talvolta esse sono tenute da fedeli laici, che non sono affatto abilitati a pronunciare l’omelia per la quale è richiesto di ricevere l’ordinazione...”.

“È dar prova di falsa umiltà e d’una concezione inammissibile della democrazia o della fraternità, per un prete, cercare di condividere il ruolo che egli esercita nella liturgia in quanto prete, e che gli è strettamente riservato, con dei fedeli laici...”.

“Se si indebolisce il ruolo del prete o se non lo si apprezza, una comunità locale cattolica può pericolosamente precipitare nell’idea che è possibile avere una comunità senza prete...”.
[www.chiesa 13 novembre 2006]

sabato 24 novembre 2007

Anticlericalismo neocatecumenale


Se avete notato, spesso i NC usano la parola 'preti' in senso dispregiativo, in contraddizione con le loro continue dichiarazioni di fedeltà alla Chiesa.

Il Cammino è dunque anti-clericale?
In effetti lo è, considerato questo tono generale di disprezzo verso i sacerdoti.

Ed è una probabile conseguenza di questa avversione il fatto che anche i presbiteri aderenti al Cammino sono figure sostanzialmente emarginate e svuotate di funzioni, accettate per così dire "con riserva" e relegate in un angolo, con un ruolo limitato nel mondo chiuso del Cammino.

Ora, è un paradosso di come facciano i neocatecumenali a sentirsi razionalmente dentro la Chiesa se di essa rinnegano praticamente tutto: i dogmi, la dottrina, la funzione storica, la tradizione, i riti, i luoghi di culto, gli spazi sacri, la musica, i simboli e perfino i suoi servitori ufficiali, cioè i 'preti'.

Praticamente, non vi è aspetto della vita cattolica che non sia messo in discussione e reinterpretato dai neocatecumenali secondo la dottrina di Kiko e Carmen.

Alla fine, si capisce che l'anticlericalismo dei neocatecumenali è un aspetto del ben più grave anti-cattolicesimo che sorregge l'intera concezione neocatecumenale.

E tutto ciò avviene nello stesso momento in cui ognuno di loro continua a professarsi cattolico, a dichiararsi fedele alla Chiesa, a propagandare che il Papa è con loro.

Ciò testimonia il livello di confusione e di fanatismo che vige nella mens del Cammmino, al punto da non riuscire a vedere se stessi nella reale, concreta, solida fisionomia anticattolica.
Almeno nella base del Cammino, poichè i capi ai vari livelli sono perfettamente consci della loro anticattolicità, nel senso di alternatività alla Chiesa apostolica romana.

In definitiva, nel Cammino c'è di tutto (ebraismo, esoterismo, simbolismo, protestantesimo) tranne ciò che dovrebbe esserci primariamente: i contenuti cattolici.
Leonardo

giovedì 22 novembre 2007

Una lettera celata


Nell'Avvento del 2001 l'allora Arcivescovo metropolita della diocesi di Catania Mons. Luigi Bommarito (http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Bommarito) scrisse una lettera con diverse critiche al movimento neocatecumenale. Nonostante questa lettera fosse stata indirizzata Ai fratelli e alle sorelle delle Comunità neocatecumenali della Chiesa che è in Catania. Per conoscenza ai presbiteri dell'arcidiocesi"non ne fu data mai divulgazione, mai nessun catechista la commento' nelle proprie comunita' (e all'epoca dei fatti io stesso ero catechista) anzi si cerco' di non divulgarla a nessuno, di tenerla il piu' possibile nascosta. Quello che vogliamo far notare adesso è che, nonostante questa lettera fosse stata scritta nel 2001, nonostante uno statuto ad experimentum approvato e oggi scaduto, nonostante i vari richiami da parte di Vescovi, conferenze episcopali e del Santo Padre, nulla e' cambiato nell'atteggiamento dei neocatecumeni e dei loro dirigenti, Kiko e Carmen in testa (e vorremmo sapere realmente cosa hanno in testa)!
Ecco la lettera per intero:

Ai fratelli e alle sorelle delle Comunità neocatecumenali della Chiesa che è in Catania. Per conoscenza ai presbiteri dell'arcidiocesi.

Carissimi nel Signore Gesù,

lungo il mio servizio episcopale svolto per circa quattordici anni nella santa Chiesa di Dio che è in Catania, non ho mai cessato di ringraziare il Signore per la ricchezza, la varietà e la vivacità pastorale incontrate non solo nelle comunità parrocchiali e nella vita religiosa, ma anche nelle associazioni, nei movimenti e nelle varie aggregazioni ecclesiali di cui è ricca la nostra diocesi catanese. In sintonia con il santo padre Giovanni Paolo II e con l'episcopato italiano, reputo un grande "dono di Dio", una vera e propria "ondata di grazia" le varie forme di aggregazione di fedeli, da quelle più antiche a quelle più recenti, che nella loro molteplicità sono segni "della ricchezza e della versatilità delle risorse che lo Spirito del Signore Gesù alimenta nel tessuto ecclesiale" ("Christifideles laici", n. 29; Ev 11/1720), tanto da essere accolte con gratitudine e responsabilmente valorizzate, come sottolinea nell'Introduzione la nota pastorale della Cei "Le aggregazioni laicali nella Chiesa" (29.4.1993; Ecei 5/1547).
In verità in questo prezioso contesto di grazia, come pastore di tutto il gregge affidatomi da Dio, quando mi è stato possibile, sono stato gioiosamente presente per incoraggiare, benedire, stimolare e promuovere, ma contemporaneamente - come era ed è mio preciso dovere - anche per correggere quegli aspetti che, a volte, nelle loro espressioni si sono manifestati in maniera piuttosto "problematica", ora per difetto ora per eccesso. È stato ed è anche il caso delle comunità neocatecumenali che ho seguito con stima, affetto e - come tutti sapete - con alcune perplessità. Ho avuto modo di discuterne con responsabili del Cammino dentro e fuori la nostra diocesi. Posso confermare che le mie perplessità di tipo teologico-pastorale che sto per comunicarvi hanno incontrato dappertutto - a partire da molti miei confratelli vescovi - una perfetta consonanza, sia sul piano delle idee come su quello delle esperienze concrete vissute con una certa sofferenza nell'ambito di molte Chiese locali italiane e non solo italiane. Mi sono chiesto tante volte, e nel contempo sento di chiedere anche a voi, se non sia opportuno far luce e dare precise risposte a delle richieste di chiarimento che fino a oggi purtroppo sono rimaste inevase, col rischio che si possano continuare a fomentare ancora di più perplessità e insofferenze varie in mezzo al popolo di Dio. Credo opportuno, pertanto, elencare alcuni aspetti del vostro Cammino che mi sembrano bisognosi di necessarie, pertinenti e urgenti chiarificazioni. Se non l'ho fatto prima - mai però ho nascosto le mie perplessità anche se unite a sentimenti di ammirazione - è perché ho atteso l'approvazione del Cammino da parte del santo padre. Ritardando ancora tale approvazione, vi confido le ragioni che, da sempre, cioè da quando, a Monreale, da sacerdote ho frequentato la catechesi del Cammino, mi hanno lasciato perplesso.
1. Si nota che in molte comunità neocatecumenali al presbitero viene di solito riconosciuta o quasi "concessa" solo la dimensione cultuale e funzionale dell'ordine sacro, mortificandolo se non addirittura privandolo della sua connaturale dimensione giurisdizionale che - come ben sappiamo - è parte integrante e costitutiva dell'ordine stesso. Spesso, infatti, è il catechista che si appropria indebitamente della potestà giurisdizionale propria del sacerdozio ministeriale.
Ci si chiede: quale consonanza c'è con la "Lumen Gentium", la quale precisa che i sacerdoti "nelle singole comunità locali di fedeli rendono, per così dire, presente il vescovo, (...) santificano e governano la porzione di gregge del Signore loro affidata" (n. 28; Ev 1/355)?
Un presbitero, a me carissimo, mi ha confidato che dopo oltre 20 anni non ha chiaro ancora il suo ruolo di presbitero nell'équipe dei catechisti.
2. Lungo l'iter catechetico del Cammino viene rigidamente e pesantemente sviluppata la situazione della nullità dell'uomo anche se battezzato e quindi l'incapacità dello stesso cristiano di aprirsi - senza l'apporto della comunità neocatecumenale - alla grazia redentiva di Cristo, come se l'evento storico della risurrezione non avesse risolto e provocato i benefici dell'alleanza di tutti e di ciascuno con Dio. In altre parole: come se la virtù teologale della speranza - virtù infusa dallo Spirito in ciascun battezzato col battesimo - rimasta impoverita e defenestrata, non avesse più nessuna voce in capitolo. Ma la fede cristiana corredata dalla preghiera e dai sacramenti non è già in se stessa portatrice di luce, di pace, di forza, di gioia, di vittoria sul male? A cosa si riduce il cristianesimo se viene a mancare la teologia della speranza?
3. Con molti vescovi di mia conoscenza - di cui accludo interventi e testimonianze che fanno molto pensare - faccio osservare che va provocando confusione, malumori e disagi pastorali il fatto che ancora da parte delle comunità neocatecumenali si continua a celebrare in forma riservata e privata l'eucaristia del sabato sera e addirittura la veglia della Pasqua del Signore, evento strepitoso dell'amore di Dio teso per natura sua a radunare insieme tutto il popolo di Dio in un'unica grande famiglia. Si divide il popolo di Dio in due, come blocchi composti in classi e categorie diverse, l'uno di serie A e 1'altro di serie B, come fossero cioè schieramenti separati e contrapposti, incapaci di riconoscersi tutti fratelli. Hanno proprio torto coloro che pensano che le comunità neocatecumenali costituiscono una Chiesa parallela? Non dobbiamo accogliere in un'unica comunità anche i più poveri e i più deboli, i meno catechisticamente preparati che spesso, senza volerlo né saperlo, sono ritenuti fuori del recinto o forse sono rimasti "fuori" per colpa di noi stessi che ci riteniamo i più vicini, più praticanti e osservanti? Qualcuno può pensare: ma il sacramento non agisce proficuamente già ex opere operato? Perché allora dare tanta importanza solamente alla partecipazione del gruppo dei più qualificati? Forse che l'ex opere operantis (inteso anche come azione di comunità di prescelti) per merito della sua modalità di "cammino", e solo perché diversa da altri "cammini", riesca a rendere più meritevole ed efficace il sacramento?
4. Sappiamo da san Paolo che lo Spirito affida i suoi carismi ai singoli battezzati - e di conseguenza anche ai singoli gruppi ecclesiali - per il bene comune (cf. 1 Cor 12, 7), per esempio per il bene comune dell'intero popolo di Dio presente in ogni parrocchia.La comunità neocatecumenale come pure qualche altro movimento ecclesiale, impongono invece esattamente il percorso inverso, comportandosi in modo tale da strumentalizzare il bene comune per garantire il loro proprio carisma, assolutizzando le loro scelte e imponendo il loro metodo come fosse insuperabile, unico rispetto a tutti gli altri e, per qualcuno addirittura, l'unico salvifico.
5. Di conseguenza, non di rado capita di constatare che nelle parrocchie ove sono presenti in maniera consistente le comunità neocatecumenali, non sempre è facile la convivenza né tanto meno la collaborazione con le altre realtà ecclesiali operanti in loco.
Con coloro che mi hanno accompagnato, durante la visita pastorale, in una parrocchia, ne abbiamo fatto amara constatazione.
Penso che una maggiore sintonizzazione con il piano e gli indirizzi pastorali del pastore della diocesi potrebbe ridimensionare la presunta convinzione che il proprio metodo sia il più perfetto fino ad avere la precedenza su tutti gli altri, come se avesse l 'imprimatur dello Spirito.
6. Sappiamo dal Vangelo che il messaggio di Gesù procede dolcemente sul versante libero e liberante del "Si vis..." (se vuoi...) e si evidenzia fino a svilupparsi chiaramente e amichevolmente su di un piano di amore la cui espressione emblematica è la parabola del figliol prodigo: un padre che attende il figlio perduto, gli va incontro, lo abbraccia, lo perdona per lo sbaglio commesso, lo riveste, gli mette l'anello al dito, fa festa, lo scusa persino di fronte al fratello maggiore che non la pensa come lui!...
Il Cammino neocatecumenale a volte sembra invece camminare sul versante intransigente del "tu devi", sul filo di un imperativo categorico di kantiana memoria, col rischio molto facile di cadere in una sorta di fondamentalismo integralista destinato, come purtroppo accade, a fomentare divisioni e separatismi vari, creando inevitabilmente piccoli ghetti o pericolose chiesuole nell'ambito della stessa Chiesa di Dio nata invece per essere un'unica grande famiglia del Padre.
7. Non vorrei parlare degli scrutini che, spesso, scarnificano le coscienze con domande che nessun confessore farebbe. Ma come ciò può essere permesso a un laico, sia pure catechista?
Non vorrei parlare neppure delle confessioni pubbliche... Ma chi può autorizzare uno stile che la Chiesa, nella sua saggezza e materna prudenza, ha abolito da secoli?
8. Ho letto con attenzione e interesse la lettera che recentemente (Roma, 5 aprile 2001) il santo padre ha rivolto al cardinale Francis Stafford, presidente del Pontificio consiglio per i laici: una lettera molto significativa e oltremodo importante. Il sommo pontefice chiede un giudizio definitivo sul Cammino neocatecumenale proponendo un attento e accurato discernimento da parte dello stesso Consiglio pontificio alla luce degli indirizzi teologico-pastorali del magistero.
In realtà, non essendoci stata fino ad ora - dopo decenni di presenza delle vostre comunità in vari paesi del mondo - una vera e ufficiale approvazione dello statuto alla luce delle norme emanate dalla Santa Sede e dalla Cei, i giudizi sulla bontà del vostro Cammino non sono sempre concordi perché di fatto variano da diocesi a diocesi e da parrocchia a parrocchia, in base a comportamenti ed esperienze locali. Vi si chiede pertanto molta riflessione prima di continuare il cammino in maniera sicura e definitiva. La sottomissione al giudizio della Chiesa è il biglietto di presentazione più credibile, valido e decisivo.
Carissimi, come vedete - lo dicevo già all'inizio - le parole che vi scrivo. invocano semplicemente chiarezza su alcuni punti rimasti ancora in zona d'ombra e di conseguenza attendono adeguati cambiamenti di prassi pastorale, per i1 bene delle nostre comunità parrocchiali.
Sono certo che l'amore che vi lega all'ascolto della Parola, all'eucaristia, al servizio della carità e al giudizio della Chiesa, riuscirà a modificare ciò che è modificabile e a correggere ciò che è opportuno e urgente correggere, allo scopo di vivere serenamente, insieme con tutti i fedeli delle nostre parrocchie, quell'unità e quella comunione che fu e che è il grande anelito di Gesù: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola" (Gv 17,21).
Posso attestare comunque di vedere, senza ombra di dubbio - nel vostro "Cammino", nelle vostre comunità, come in ciascuno di voi - la presenza vivificante dello Spirito di Gesù che vi ha portati e vi porta a compiere opere pastorali degne di ammirazione, perché realizzate con sacrifici di tempo, di affetti, di denaro e di gesti di zelo missionario anche fuori il nostro paese. Adesso occorre però riesaminare i passi compiuti e rivedere e verificare - alla luce della ecclesiologia conciliare, del Catechismo della Chiesa cattolica, degli orientamenti del piano pastorale dell'Episcopato italiano e del piano pastorale del proprio pastore - quanto le nostre comunità parrocchiali attendono dal carisma che vi è stato affidato dal Signore e che speriamo venga riconosciuto quanto prima dallo Spirito attraverso l'approvazione dello statuto da anni presentato alla Santa Sede.
Il Signore Gesù e la Vergine santa benedicano e assistano il vostro Cammino perché sia illuminato dalla Scrittura santa da voi meditata e perché viva in stretta comunione col vescovo, con i parroci e con tutte le realtà ecclesiali che lo Spirito suscita per il cammino di santità di tutto il popolo di Dio.
Con larga cordiale benedizione anche per l'Avvento e per il Natale del Signore nostro Gesù, vostro

+ Luigi Bommarito arcivescovo
Avvento 2001

martedì 20 novembre 2007

Il Vaticano su Liturgia e Arte Sacra

Inserisco i punti salienti di una intervista pubblicata dall'Osservatore Romano, rilasciata nei giorni scorsi dal segretario della Congregazione per il Culto Divino, l'arcivescovo Albert Malcom Ranjith, in ordine al dibattito sulla Liturgia, che ci riguarda così da vicino.

Come lei stesso ha ricordato, dalla Mediator Dei ai documenti conciliari la centralità di Cristo nella liturgia è sempre affermata con chiarezza e vigore: la cosiddetta Chiesa postconciliare ha saputo incarnare pienamente questa realtà?
Con questo tocchiamo un tasto doloroso. C'è infatti un problema pratico: il valore delle norme e delle indicazioni dei libri liturgici non è stato pienamente capito da tutti nella Chiesa. Faccio un esempio. Quello che accade sull'altare è ben spiegato nei testi liturgici, evidentemente, però, certe indicazioni non sono state prese del tutto sul serio: c'è infatti una certa tendenza a interpretare la riforma liturgica postconciliare utilizzando la "creatività" come regola. Questo non è permesso dalle norme. La liturgia in certi luoghi non sembra riflettere il suo cristocentrismo ma esprime invece uno spirito di immanentismo e di antropocentrismo. La verità è ben diversa: un vero antropocentrismo deve essere cristocentrico. Quello che succede sull'altare è un qualcosa che non operiamo noi: è Cristo che agisce e la centralità della figura di Cristo sottrae quell'atto al nostro governo. Noi siamo assorbiti e ci facciamo assorbire in quell'atto, tanto che alla fine della preghiera eucaristica pronunciamo la stupenda dossologia che recita: "Per Lui, in Lui e con Lui".
La tendenza "creativa" cui accennavo non è permessa dalle istruzioni dei libri liturgici. Purtroppo essa deriva da una cattiva interpretazione dei testi o forse da una scarsa conoscenza di essi e della liturgia stessa.
Dobbiamo renderci conto che la liturgia ha una peculiare caratteristica "conservativa" - ma non nell'accezione negativa che oggi alcuni danno alla parola. Nell'Antico Testamento emerge una grande fedeltà ai riti e lo stesso Gesù ha continuato a essere fedele al rituale dei padri. In seguito, la Chiesa ha proseguito su questa stessa linea. San Paolo afferma: "Io trasmetto a voi ciò che ho ricevuto" (1 Corinzi, 11, 23), e non "ciò che ho inventato". Questo è un aspetto centrale: noi siamo chiamati a essere fedeli a qualcosa che non ci appartiene ma che ci viene dato; dobbiamo essere fedeli alla serietà con cui si celebrano i sacramenti. Perché dovremmo riempire pagine e pagine di istruzioni se poi ciascuno si ritiene autorizzato a fare quello che vuole?

Dopo la pubblicazione del motu proprio Summorum Pontificum si è riacceso il confronto tra i cosiddetti tradizionalisti e innovatori. Ha senso una contrapposizione del genere?
Assolutamente no. Non c'era e non c'è una cesura tra un prima e un dopo, c'è invece una linea continuativa. Parlando del motu proprio ritorniamo piuttosto al discorso appena affrontato. Riguardo alla messa tridentina c'è stata una domanda crescente nel tempo, via via sempre più organizzata. Di contro, la fedeltà alle norme della celebrazione dei sacramenti continuava a calare. Più diminuivano tale fedeltà, il senso della bellezza e dello stupore nella liturgia, più aumentava la richiesta per la messa tridentina. E allora, di fatto, chi ha realmente chiesto la messa tridentina? Non solo quei gruppi, ma anche coloro che hanno avuto poco rispetto per le norme della celebrazione degna secondo il Novus ordo.
Per anni la liturgia ha subìto troppi abusi e tanti vescovi li hanno ignorati. Papa Giovanni Paolo II aveva fatto un accorato appello nell'Ecclesia Dei afflicta che altro non era se non un richiamo alla Chiesa ad essere più seria nella liturgia. La stessa cosa è avvenuta con l'istruzione Redemptionis sacramentum. Eppure in certi circoli di liturgisti e uffici di liturgia questo documento è stato criticato. Il problema quindi non era la richiesta della messa tridentina, quanto piuttosto un abuso illimitato della nobiltà e della dignità della celebrazione eucaristica.
Di fronte a ciò il Santo Padre non poteva tacere: come si nota nella lettera scritta ai vescovi sul motu proprio e anche nei suoi molteplici discorsi, egli sente un profondo senso di responsabilità pastorale. Questo documento perciò - oltre ad essere un tentativo di cercare l'unione con la Fraternità Sacerdotale san Pio X - è anche un segno, un forte richiamo del pastore universale a un senso di serietà.

È un richiamo anche a chi forma i sacerdoti?
Direi di sì. Del resto di fronte a certe concezioni arbitrarie e poco serie della liturgia c'è da chiedersi cosa s'insegna in alcuni seminari.
Non ci si può accostare alla liturgia con atteggiamento superficiale e poco scientifico. Questo vale per chi adotta un'interpretazione "creativa" della liturgia, ma anche per chi presume troppo facilmente di stabilire come era la liturgia alle origini della Chiesa. Occorre sempre un'attenta esegesi, non ci si può lanciare in ingenue interpretazioni.
Oltre tutto in alcuni circoli liturgici c'è una certa tendenza a sottovalutare quanto la Chiesa ha maturato nel secondo millennio della sua storia. Si parla di impoverimento del rito, ma questa è una conclusione troppo banale e semplicistica: noi crediamo invece che la tradizione della Chiesa si manifesti in uno sviluppo continuo. Non possiamo dire che una parte è migliore di un'altra: ciò che conta è l'azione dello Spirito in continua crescita, pur negli alti e bassi della storia. Noi dobbiamo essere fedeli alla continuità della tradizione.
La liturgia è centrale per la vita della Chiesa: lex orandi, lex credendi, ma anche lex vivendi. Per un rinnovamento vero della Chiesa - desiderato tanto dal Concilio - è necessario che non si limiti la liturgia a uno studio solo accademico, ma che questa diventi una priorità assoluta nelle Chiese locali. Perciò è importante che alla formazione liturgica secondo la mente della Chiesa sia data la giusta importanza a livello locale. In fin dei conti la vita sacerdotale è strettamente legata a quello che il sacerdote celebra e a come lo celebra. Se un sacerdote celebra bene l'Eucaristia è sfidato a essere coerente e a diventare parte del sacrificio di Cristo. La liturgia diventa così fondamentale per la formazione di sacerdoti santi. È questa una grande responsabilità dei vescovi che possono così fare tanto per un vero rinnovamento della Chiesa.

Un aspetto non secondario del dibattito sulla liturgia è senz'altro quello dell'arte sacra, a cominciare dall'importante capitolo della musica liturgica. Tra l'altro "L'Osservatore Romano" proprio nei giorni scorsi ha affrontato questi temi riportando delle considerazioni non certo rassicuranti di monsignor Valentín Miserachs Grau.
La Congregazione sta ancora studiando il documento per il nuovo antifonale, abbiamo anche consultato lo stesso Pontificio Istituto di Musica Sacra e speriamo di poter arrivare a una rapida conclusione.
Cantare significa pregare due volte e questo vale soprattutto per il canto gregoriano che è un tesoro inestimabile. Il Papa nella Sacramentum caritatis ha parlato chiaramente della necessità di insegnare nei seminari il canto gregoriano e la lingua latina: noi dobbiamo custodire e valorizzare tale immenso patrimonio della Chiesa cattolica e utilizzarlo per rendere lode al Signore. Bisogna sicuramente lavorare ancora su questo aspetto.
Vi sono poi nell'uso comune molti canti che non si rifanno alla tradizione del gregoriano: è importante assicurare che siano edificanti per la fede, che alimentino spiritualmente chi partecipa alla liturgia e che dispongano realmente il cuore dei fedeli all'ascolto della voce di Dio. I contenuti, poi, devono essere controllati dai vescovi per evitare, ad esempio, tendenze new age.
A questo riguardo anche nell'uso degli strumenti musicali bisogna esercitare un grande senso di discrezione: che tutto sia solo per l'edificazione della fede.

Nel campo dell'architettura sacra il dialogo con gli specialisti sembra più delineato; più difficoltoso sembra invece quello con gli artisti figurativi. Se alcuni grandi artisti contemporanei appaiono coinvolti nell'interpretazione dei temi sacri, ciò accade molto meno per la produzione pensata appositamente per i luoghi di culto. È solo un problema di committenze o il dialogo tanto sostenuto da Paolo VI necessita di nuovo impulso?
Il Concilio ha dedicato un intero capitolo all'arte sacra. Tra i principî affermati, essenziale è quello del legame tra arte e fede.
Il dialogo è fondamentale. Ogni artista è una persona tutta particolare, ha un suo stile di cui è molto orgoglioso. Bisogna saper entrare nel cuore dell'artista con la dimensione della fede. È difficile, ma la Chiesa deve trovare le vie per un dialogo più profondo.
Il 1° dicembre ci sarà - sul tema - una giornata di studio in Vaticano organizzata dalla Congregazione: noi contiamo che possa essere un'occasione per dare impulso a questo dialogo e alla promozione dell'arte sacra.
(©L'Osservatore Romano - 19-20 novembre 2007)

sabato 17 novembre 2007

Per amore del Papa! Ecco cosa seguiamo!


Dal Libro-Intervista Rapporto Sulla Fede - Vittorio Messori a colloquio con Joseph Ratzinger

"Punto irrinunciabile di partenza è, ancora e sempre, una prospettiva religiosa, al di fuori della quale ciò che è servizio apparirebbe intolleranza, ciò che è sollecitudine doverosa sembrerebbe dogmatismo. Se si entra dunque in una dimensione religiosa, si comprende come la fede sia il bene più alto e prezioso, proprio perché la verità è l'elemento fondamentale per la vita dell'uomo.

Dunque, la preoccupazione perché la fede non si corrompa dovrebbe essere considerata - almeno dai credenti - ancor più necessaria della preoccupazione per la salute del corpo. Il vangelo ammonisce di "non temere coloro che uccidono il corpo", ma di temere "piuttosto coloro che,assieme al corpo, possono uccidere anche l'anima" (Mt 10,28). E lo stesso vangelo che ricorda come l'uomo non viva di "solo pane", ma innanzitutto della "Parola di Dio" (Mt 4,4). Ma quella Parola, più indispensabile del cibo, va accolta nella sua autenticità e va preservata da ogni alterazione. È lo scetticismo di fronte alla possibilità per l'uomo di conoscere la verità con la conseguente perdita del concetto vero di Chiesa e l'appiattimento della speranza nella sola storia(dove ciò che soprattutto conta è il "corpo" il "pane", non più "l’anima", la "Parola di Dio) che ha fatto sì che appaia irrilevante, quando non anacronistico o addirittura dannoso, il servizio di una Congregazione come quella per la dottrina della fede".

(...)
"Circolano dei facili slogans. Secondo uno di questi, ciò che oggi conta sarebbe solo l'ortoprassi, cioè il "comportarsi bene", l’"amare il prossimo". Sarebbe invece secondaria, se non alienante, la preoccupazione per l'ortodossia e, cioè, il "credere in modo giusto", secondo il senso vero della Scrittura letta all'interno della Tradizione viva della Chiesa. Slogan facile perché superficiale: infatti i contenuti dell'ortoprassi, dell'amore per il prossimo, non cambiano forse radicalmente a seconda dei modi di intendere l'ortodossia? Per trarre un esempio attuale dal tema scottante del Terzo Mondo e dell'America Latina: qual è la giusta prassi per soccorrere i poveri in modo davvero cristiano e dunque efficace? La scelta di una retta azione non presuppone forse un retto pensiero,non rinvia forse alla ricerca di una ortodossia?"

mercoledì 14 novembre 2007

Il Papa, S. Girolamo e l'interpretazione della Scrittura


Dalla catechesi odierna del Papa che ripropone la figura di S. Girolamo:

"Per Girolamo un fondamentale criterio di metodo nell'interpretazione delle Scritture era la sintonia con il magistero della Chiesa. Non possiamo mai da soli leggere la Scrittura. Troviamo troppe porte chiuse e scivoliamo facilmente nell’errore. La Bibbia è stata scritta dal Popolo di Dio e per il Popolo di Dio, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Solo in questa comunione col Popolo di Dio possiamo realmente entrare con il "noi" nel nucleo della verità che Dio stesso ci vuol dire. Per lui un'autentica interpretazione della Bibbia doveva essere sempre in armonica concordanza con la fede della Chiesa cattolica.

Non si tratta di un’esigenza imposta a questo Libro dall’esterno; il Libro è proprio la voce del Popolo di Dio pellegrinante e solo nella fede di questo Popolo siamo, per così dire, nella tonalità giusta per capire la Sacra Scrittura. Perciò Girolamo ammoniva: "Rimani fermamente attaccato alla dottrina tradizionale che ti è stata insegnata, affinché tu possa esortare secondo la sana dottrina e confutare coloro che la contraddicono» (Ep. 52,7). In particolare, dato che Gesù Cristo ha fondato la sua Chiesa su Pietro, ogni cristiano – egli concludeva - deve essere in comunione «con la Cattedra di san Pietro. Io so che su questa pietra è edificata la Chiesa» (Ep. 15,2). Conseguentemente, senza mezzi termini, dichiarava: «Io sono con chiunque sia unito alla Cattedra di san Pietro» (Ep. 16)."

Che dire della "interpretazione fai da te" propria del Cammino neocatecumenale, più vicina al "sola Scriptura" di Lutero, proprio per il voluto rinnegamento di 2000 anni di storia della Chiesa, da Costantino al Vaticano II? Non solo i catechisti ma anche 'presbiteri' formati nei seminari neocatecumenali o divenuti tali sono soliti alzare con arroganza le spalle o dire apertamente che la cosa non li riguarda, se qualcuno fa notare dettami del Magistero da loro non applicati soprattutto nella celebrazione della Santa e Divina Liturgia...

lunedì 12 novembre 2007

Il Luogo Sacro: un senso profondo e irrinunciabile


Su sollecitazione di Steph, rispondendo ad una domanda di "anonimo nc", meditiamo sulla profonda valenza della Chiesa come "Luogo Sacro", quindi Luogo della Presenza Viva e Vera di Dio. Partiamo dall'Insegnamento della Chiesa Cattolica, nel Compendio del suo Catechismo, per poi approfondire (per quanto ci è dato) il discorso riferendoci anche al Diritto della Chiesa:

Dal Compendio del Catechismo:

"244. La Chiesa ha bisogno di luoghi per celebrare la liturgia?
1197-1198

Il culto «in spirito e verità» (Gv 4,24) della Nuova Alleanza non è legato ad alcun luogo esclusivo, perché Cristo è il vero tempio di Dio, per mezzo del quale anche i cristiani e la Chiesa intera diventano, sotto l'azione dello Spirito Santo, templi del Dio vivente. Tuttavia il Popolo di Dio, nella sua condizione terrena, ha bisogno di luoghi in cui la comunità possa riunirsi per celebrare la liturgia.

245. Che cosa sono gli edifici sacri?
1198-1999

Essi sono le case di Dio, simbolo della Chiesa che vive in quel luogo, nonché della dimora celeste. Sono luoghi di preghiera, nei quali la Chiesa celebra soprattutto l'Eucaristia e adora Cristo realmente presente nel tabernacolo.

246. Quali sono i luoghi privilegiati all'interno degli edifici sacri?
1182-1186

Essi sono: l'altare, il tabernacolo, la custodia del sacro crisma e degli altri oli sacri, la sede del Vescovo (cattedra) o del presbitero, l'ambone, il fonte battesimale, il confessionale."

Ecco, in grande sintesi, cos'è e cosa rappresenta l'Edificio Sacro. Segno e Catechesi profonda. Non voglio azzardare conclusioni, ma deduzioni logiche sì. Steph mi faceva notare che i "luoghi privilegiati", fulcro dell'Edificio Sacro, sono proprio quelli che determinano la spaccatura tra il Cammino e la Chiesa Cattolica.
Partiamo da qui.

lunedì 5 novembre 2007

Il Giovedì Santo: IL SACRIFICIO PERENNE!


Proseguendo con il discorso inerente la nostra Venerata Fede Cattolica, riflettiamo sull'insegnamento dell'Amato Giovanni Paolo II. Il Papa USATO dal Cammino ma MAI ascoltato. Un brano essenziale, a tacer d'altri, che esprime la fede della Chiesa mai mutata e immutabile. Poche frasi, che però sono un pilastro. Pilastro attaccato e LASCIATO attaccare...purtroppo..

"Giovanni Paolo II
Dominicae cenae


...Come maestri e custodi della verità salvifica dell'eucaristia, dobbiamo, cari e venerati fratelli nell'episcopato, custodire sempre e dappertutto questo significato e questa dimensione dell'incontro sacramentale e dell'intimità con Cristo. Proprio essi costituiscono infatti la sostanza stessa del culto eucaristico. Il senso di questa verità sopra esposta non diminuisce in alcun modo, anzi facilita il carattere eucaristico di spirituale avvicinamento e di unione tra gli uomini, che partecipano al sacrificio, il quale, poi, nella comunione diventa per essi il banchetto. Questo avvicinamento e questa unione il cui prototipo è l'unione degli apostoli intorno al Cristo durante l'ultima cena, esprimono e realizzano la Chiesa.

Ma questa non si realizza solo mediante il fatto dell'unione tra gli uomini, attraverso l'esperienza della fraternità, alla quale dà occasione il banchetto eucaristico. La Chiesa si realizza quando in quella fraterna unione e comunione celebriamo il sacrificio della croce di Cristo, quando annunziamo «la morte del Signore finché venga» (1Cor 11,26) e, in seguito, quando profondamente compenetrati dal mistero della nostra salvezza, ci accostiamo comunitariamente alla mensa del Signore, per nutrirci, in modo sacramentale, dei frutti del santo sacrificio propiziatorio. Nella comunione eucaristica riceviamo quindi Cristo, Cristo stesso; e la nostra unione con lui, che è dono e grazia per ognuno, fa sì che in lui siamo anche associati all'unità del suo corpo che è la Chiesa.

...
Il mistero eucaristico, disgiunto dalla propria natura sacrificale e sacramentale, cessa semplicemente di essere tale. Esso non ammette alcuna imitazione «profana» che diventerebbe assai facilmente (se non addirittura di regola) una profanazione. Bisogna ricordarlo sempre, e forse soprattutto nel nostro tempo, nel quale osserviamo una tendenza a cancellare la distinzione tra «sacrum» e «profanum», data la generale diffusa tendenza (almeno in certi luoghi) alla dissacrazione di ogni cosa.
...
L'eucaristia è soprattutto un sacrificio: sacrificio della redenzione e, al tempo stesso, sacrificio della nuova alleanza ...«Il sacrificio odierno - ha affermato, secoli fa, la Chiesa greca - è come quello che un giorno offrì l'unigenito incarnato Verbo, viene da lui (oggi come allora) offerto, essendo l'identico e unico sacrificio» (Synodi Costantinopolitanae «Adversus Sotericum» (mensibus Ianuario 1156 et Maio 1157): Angelo Mai «Spicilegium romanum», t. X, Romae 1844, p. 77: PG 140,190; cfr. Martin Jugie «Dict. Théol. Cath.», t. X, 1338; «Theologia dogmatica christianorum orientalium», Paris 1930, pp. 317-320). Perciò, e proprio col rendere presente quest'unico sacrificio della nostra salvezza, l'uomo e il mondo vengono restituiti a Dio per mezzo della novità pasquale della redenzione. Questa restituzione non può venire meno: è fondamento della «nuova ed eterna alleanza» di Dio con l'uomo e dell'uomo con Dio. Se venisse a mancare si dovrebbe mettere in causa sia l'eccellenza del sacrificio della redenzione, che pure fu perfetto e definitivo, sia il valore sacrificale della santa messa. Pertanto l'eucaristia, essendo vero sacrificio, opera questa restituzione a Dio.
..
Ne consegue che il celebrante è, come ministro di quel sacrificio, l'autentico sacerdote, operante - in virtù del potere specifico della sacra ordinazione - l'atto sacrificale che riporta gli esseri a Dio. Tutti coloro invece che partecipano all'eucaristia, senza sacrificare come lui, offrono con lui, in virtù del sacerdozio comune, i loro propri sacrifici spirituali, rappresentati dal pane e dal vino, sin dal momento della loro presentazione all'altare. Questo atto liturgico, infatti, solennizzato da quasi tutte le liturgie, «ha il suo valore e il suo significato spirituale» («Institutio Generalis Missalis Romani», 49; «Missale Romanum»; cfr. «Presbyterorum Ordinis», 5). Il pane e il vino diventano, in certo senso, simbolo di tutto ciò che l'assemblea eucaristica porta, da sé, in offerta a Dio, e offre in spirito."

Questi alcuni spunti interessanti.

Che dire delle problematiche visibili della modificazione della Liturgia e di conseguenza della fede Cattolica Romana? E che dire della tenacia nello zittire chi grida vedendo questi scandali?

mercoledì 31 ottobre 2007

La Chiesa è Cattolica: per Fede o per "numero"?


Proseguiamo il confronto basandoci su un interessante post dell'utente "anonimo nc", che focalizza il problema-base che provoca la sovversione interna alla Chiesa. Sovversione protestante.

"Liturgia, tanto per tornare al tema della pagina.

Mi domandavo ieri sera tornando a casa, perche' nel cuore e nella mente della gente c'e' questo bisogno di "platealità", cioe' rendere una Liturgia accattivante.

La risposta, credo, sta nel fatto che il materialismo ha comunque talmente permeato la nostra vita, che si e' perso completamente il senso del Mistero sacro. Non si va ad una Liturgia perche' e' un avvenimento che interessa i piani spirituali e che quindi ci proietta nell'Assemblea Celeste, ma cio che conta e' la forma; una forma che deve essere piacevole e puo' esserlo solo se il cerimoniale viene adattato ai nostri gusti.
Tanto per restare in tema blog è chiaro che le celebrazioni nell'ambito del CN incorporano molto di questo bisogno che l'uomo ha di adattare la Liturgia ai propri gusti, introducendo segni e modi di comportamento nuovi.
Non voglio con questo alimentare nuove polemiche, ma mi sembra che anche il dire "riscopriamo le origini" sia come congelare l'azione del Signore nella storia appunto alle origini.
Infatti o consideriamo che il Signore interviene nela storia sopratutto attraverso la Liturgia e che pertanto e' lo Spirito Santo a guidare i cambiamenti attraverso i secoli illuminando la Chiesa (intesa in questo caso necessariamente come Papa, Cardinali e Vescovi ed ai quali si deve obbedienza). Il resto e' inventiva personale, forse anche buona ma siamo nel campo della discrezionalità del singolo individuo."

sabato 27 ottobre 2007

Continuiamo a confrontarci

Continuiamo a confrontarci sulla constatazione della ribellione e dell'apostasia nella Chiesa, tornando a questo messaggio di un nostro lettore

L'articolo nella home page di papanews a cura di padre Gregorio dà risposta ad alcuni miei passati interventi, a proposito dell'induzione in errore dei Papi da parte dei loro stretti consiglieri. A causa di costoro, Giovanni XXIII aveva un cattivo concetto di padre Pio, così come Giovanni Paolo II ignorava le aberrazioni neocatecumenali.

Vi propongo una parte significativa dell'articolo, che riguarda il passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo cerimoniere del Papa, straordinariamente calzante e coerente con il discorso affrontato sul blog.
Considerato l'orientamento modernista di mons. Piero Marini e le sue predilezioni spettacolistiche, molto ben descritte nell'articolo, si capisce bene perchè Giovanni Paolo II possa aver avuto una percezione distorta del fenomeno neocatecumenale.

(...)Monsignor Guido Marini, il successore di Piero, non ha mai fatto mistero del proprio pensiero in questioni liturgiche. Egli è stato ordinato dal Cardinal Giuseppe Siri, uno degli ultimi Principi di Santa Romana Chiesa che, quando pontificava nel Duomo di San Lorenzo, usava abitualmente la cappamagna, le scarpe rosse con fibbie d’oro, il cappello cardinalizio; è uno dei tanti sacerdoti dell’Arcidiocesi di Genova che ama il latino, il gregoriano, la dignità dei riti; è stato Cerimoniere degli Arcivescovi Tarcisio Bertone e Angelo Bagnasco, anch’essi molto attenti al decoro nella liturgia. Viceversa, l’omonimo Piero è noto per la sua contrarietà a tutto ciò che ricorda anche lontanamente la tradizione rituale della Corte papale: alla solenne romanità egli preferiva mutuare dalle “culture” africane riti tribali, danze offertoriali davanti al Papa, liturgie inventate a tavolino in nome dell’inculturazione; e non si può dimenticare quel suo approccio coreografico secondo il quale la liturgia è spettacolo e come tale va ideata e adattata: un approccio in palese opposizione al rito antico, definito sprezzantemente come “vecchia liturgia”, frutto di “incrostazioni” e “sedimentazioni”. In pratica, l’esatto opposto del pensiero di Benedetto XVI.

Ciò conferma le riflessioni di quanti, incluso lo scrivente, ritengono più che mai in atto nella Chiesa un braccio di ferro tra tradizionalisti e modernisti, tra libertari e 'obbedienti', tra ortodossi ed eterodossi. Lo scontro sommerso nella Cei sull'applicazione del Motu Proprio sulla messa tridentina ne è l'ennesima riprova.

Come ben sottolineava Guglielmo nella pagina precedente, è una questione di punti di vista, di prospettive teologiche e 'ideologiche' contrastanti. Mentre vi è chi rimane ancorato alla concezione tradizionale della Chiesa, altri ritengono la Casa di Dio una sorta di società per azioni, dove al potere del presidente si oppone quello dell'amministratore delegato e del consiglio di amministrazione, il quale rivendica il diritto a dissentire ed adottare autarchicamente proprie determinazioni.

Diciamolo forte, allora: la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica NON è UNA SOCIETA' PER AZIONI, nè una ONLUS, nè tantomeno una maxi-setta, una superlobby, una superloggia o una confraternita esoterica. E', sempre e semplicemente, la comunità viva dei fedeli di Gesù Cristo, referente attuale della antica tradizione apostolica. Il resto è prodotto della miseria morale e della vanagloria dell'umanità, anche quando veste la tonaca o la porpora e si entusiasma per i rituali fantasiosi e sacrileghi delle sette eretiche come il Cammino.

giovedì 25 ottobre 2007

Sbaglia chi constata la ribellione e l'apostasia NELLA Chiesa?

Siamo arrivati al "si salvi chi può"?

Credo proprio di sì.

Certo non caschiamo dalle nuvole. Il processo di sedizione interna alla Chiesa è in atto da decenni.
Ma ad oggi si verificano atti autenticamente scismatici, platealmente tali, e nulla succede! Atti di sovversione alla Fede, all'Ortodossia Cattolica, alla Divina Liturgia, alla Morale Evangelica, al Sacramento dell'Ordine.

Leggevo qua e là una panoramica sulla situazione relativa al Motu Proprio del Santo Padre sul Rito Antico. E' qualcosa di rabbrividente. La Chiesa sembra una Associazione ONLUS dove i Soci (Vescovi) fanno ciò che vogliono a maggioranza o minoranza! Si trattano i temi della Fede in Cristo come se fossero sessioni accademiche!!!!! Come se fossero linee di pensiero! Merita di essere letto l'articolo di Tornielli sul suo blog. Partiamo da qui:

ALLA CEI, TRE GIORNI DI DISCUSSIONE
SULLA MESSA ANTICA


Da lunedì pomeriggio fino a mercoledì mattina i trenta vescovi del Consiglio permanente della Cei hanno discusso del Motu proprio. Tutti i retroscena del dibattito avvenuto a porte chiuse.
Ci sono stati vescovi che hanno criticato la decisione papale (tra questi gli arcivescovi Bruno Forte, di Chieti-Vasto, Paolo Romeo, di Palermo, e Carlo Ghidelli, di Lanciano-Ortona), chiedendo che la Cei pubblicasse un documento interpretativo per l’Italia. Bagnasco, Ruini, Scola e Caffarra sono intervenuti in difesa del Papa e della sua decisione.
Alla fine la proposta non è passata e dunque non ci saranno interpretazioni ufficiali (e restrittive) del Motu proprio.
Intanto a Milano permane il divieto di celebrare col rito antico. Ma qualcosa si muove: all’Università Cattolica l’assistente, monsignor Gianni Ambrosio, celebrerà ogni settimana una messa in rito romano antico per studenti e professori…

di ANDREA TORNIELLI

I VESCOVI LITIGANO SULLA MESSA IN LATINO
MA NON PASSA LA LINEA ANTI RATZINGER

di ANDREA TORNIELLI

È stato un dibattito acceso, per molti versi simile a quello avvenuto la scorsa primavera sull’opportunità di pubblicare la famosa Nota sui Dico, segno che si tratta di una questione scottante: da lunedì pomeriggio fino a mercoledì mattina il Consiglio permanente della Cei ha discusso animatamente del Motu proprio di Benedetto XVI sulla messa antica e della sua applicazione. Alcuni dei vescovi presenti alla riunione, infatti, hanno manifestato le loro critiche al documento chiedendo che la Cei preparasse una Nota interpretativa delle direttive papali per l’Italia. Ma l’iniziativa non è passata.
Il «Parlamentino» dei vescovi, al quale partecipano trenta presuli italiani, presieduto da Angelo Bagnasco, si è riunito lunedì pomeriggio. Dopo la prolusione del presidente, che conteneva un ampio paragrafo sul Motu proprio, ma anche apriva la discussione su altri argomenti, gli interventi si sono concentrati solo sulla messa tridentina. Il dibattito è avvenuto a porte chiuse, ma secondo le indiscrezioni raccolte dal Giornale alcuni dei prelati hanno manifestato la loro preoccupazione per l’applicazione del documento del Papa, entrato in vigore lo scorso 14 settembre, che liberalizza l’uso del messale antico. Tra questi Carlo Ghidelli, vescovo di Lanciano-Ortona, che ha preso la parola più volte. Insieme a lui e sulla stessa linea erano anche Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto; Benvenuto Italo Castellani, arcivescovo di Lucca; il nuovo arcivescovo (e futuro cardinale) di Palermo Paolo Romeo [amico del Cammino!]; Felice Di Molfetta, vescovo di Cerignola e presidente della Commissione episcopale per la liturgia. Quest’ultimo aveva appoggiato, nei mesi scorsi, la lettera inviata al Pontefice da un gruppo di liturgisti italiani per chiedergli di non procedere con la liberalizzazione dell’antico rito. Nei loro interventi hanno sottolineato come il Motu proprio di Benedetto XVI rischi di creare disagio perché l’ecclesiologia presente nel vecchio messale sarebbe «incompatibile» con quella scaturita dal Concilio Vaticano II[MA LO VEDETE CHE SONO QUESTI CHE DICONO CHE IL CONCILIO HA UNA "ECCLESIOLOGIA DIFFERENTE"???]. Proprio per questo, hanno chiesto che la Cei preparasse un documento interpretativo del testo papale. E si può ben supporre che sperassero in un’interpretazione restrittiva.
Dopo i contrari, però, si sono levati i commenti a favore. Il presidente Bagnasco e i cardinali Camillo Ruini, Carlo Caffarra e Angelo Scola sono intervenuti difendendo il Motu proprio «Summorum Pontificum» e il gesto di riconciliazione in favore dell’unità della Chiesa sotteso alla decisione di Benedetto XVI. Si è riproposto, all’interno del Consiglio permanente della Cei, qualcosa di simile a quanto avvenuto alla fine del marzo scorso, quando, alcuni dei vescovi presenti, dubbiosi sulla Nota riguardante i Dico, avevano cercato di ammorbidirne la portata «politica». Questa volta, invece, c’era la volontà di pubblicare un testo per un’interpretazione «italiana» delle parole del Papa. Allora come oggi sono stati decisivi gli interventi di alcuni porporati, primo fra tutti l’ex presidente della Cei Ruini.
Anche senza documento della Cei, il processo «interpretativo» del Motu proprio è in atto e le diocesi si comportano nel modo più vario[MA COME E' POSSIBILE????COME??]. Il vescovo di Albenga Mario Oliveri, due giorni fa ha pubblicato una lettera presentando positivamente il Motu proprio e richiamando alla necessaria cura per la celebrazione di qualsiasi messa. Ribadisce invece la sua posizione - vietando l’applicazione delle direttive papali al vecchio rito ambrosiano - la diocesi di Milano guidata dal cardinale Dionigi Tettamanzi. Il suo vicario, Luigi Manganini, ha ribadito nei giorni scorsi al clero la decisione, restringendo anche l’applicazione del Motu proprio nelle zone della diocesi dove vige il rito romano in quanto non ci sarebbero gruppi stabili di fedeli (nonostante da 23 anni sessanta persone assistano ogni domenica alla messa in ambrosiano antico alla chiesa del Gentilino e a Seregno vi sia una celebrazione domenicale dei lefebvriani). Ma anche sotto la Madonnina chi può si organizza: una messa antica (in rito romano) sarà celebrata settimanalmente da monsignor Gianni Ambrosio all’interno dell’Università Cattolica.
http://blog.ilgiornale.it/tornielli

E questa situazione dovrebbe farci stare tranquilli??? MA A CHE PUNTO SIAMO ARRIVATI?? A CHE PUNTO DI SOVVERSIONE SIAMO ARRIVATI?????
SIGNORE AIUTACI! LA TUA CASA SEMBRA UN OSTELLO!!!!!

martedì 23 ottobre 2007

Come è potuto accadere?

Vorrei riflettere con voi riprendendo un importantissimo messaggio dell'utente "Rs".

Messaggio molto interessante e soprattutto molto concreto e realistico.
Rs si chiedeva, come poteva verificarsi la presa di posizione correttiva e chiarificatrice della Chiesa in materia di Movimenti e in particolare del Cammino NeoCatecumenale, specialmente ora che si avvicina la risposta relativa agli Statuti. Tolta la possibilità di un Vaticano III, tenendo conto che il problema dei movimenti è diventato comunque tale da pensare alla possibilità di un Concilio, Rs credeva più fattibile la via dell'Enciclica. Ma la domanda laconica era: che effetti avrà?

Io una risposta penso di poterla dare. Gli stessi effetti delle Encicliche, dei Motu Proprio, delle Lettere Apostoliche, di Giovanni Paolo e Benedetto. Ovvero: NULLO!

Il Cammino ha più di una volta candidamente affermato che il Magistero Ecclesiale non lo riguarda e anche quando lo nomina esplicitamente correggendolo... non è correttivo!

Mi riallaccio al discorso che facevo con A.nc.

Al Cammino sono state date direttive e Norme ESPLICITE e UFFICIALI già dal lontano 1988. Già da quel momento si vincolava l'esistenza del Cammino a quelle norme e i Vescovi a vigilare su esso e sull enorme stesse nel caso di una accoglienza in una particolare diocesi. Questo è scritto nero su bianco.

Mi chiedo: come è potuto accadere che il Cammino, almeno da quelle date in poi, si sia inserito SENZA RIGUARDO A QUELLE NORME (prova ne è il mancato rispetto dello Statuto e la Lettera di Arinze, che non fa che RIBADIRLE dopo 30 anni!)? I Vescovi che hanno permesso l'inserimento in che posizione si trovano?
Come è stato possibile per il Cammino, vista anche la SACROSANCTUM CONCILIUM e per coloro che lo hanno permesso, modificare la Liturgia in modo autonomo e in aperta violazione delle norme addirittura del Vaticano II che pure sostengono ideologicamente?
Come è possibile che il Cammino anche adesso stia eseguendo come se niente fosse le Catechesi Iniziali per la formazione di nuove comunità, senza neanche aspettare la definitiva sentenza della CHiesa?
Come è possibile che prima dell'esperimento di 5 anni il Cammino, che non ha seguito le norme dettategli, abbia potuto presenziare nella Chiesa senza neanche una approvazione ufficiale? Tenendo conto che si tratta oltretutto di una associazione laicale?

Ultima domanda: possibile che tali violazioni al Diritto della Chiesa, ai fedeli, alle norme del Vaticano II, alle norme Episcopali, ai richiami dei Papi, agli Statuti, non provochino nulla??????

Spero che qualcuno possa rispondere a queste domande.

lunedì 22 ottobre 2007

Il giovane ricco (Marco 10, 17-22)

Continuiamo ad addentrarci nella contemplazione della Parola di Dio: cogliendo nella Scrittura il mistero della volontà di Dio circa la storia umana, lasciandoci immergere nella meditazione della vita di Gesù... troviamo come un tesoro prezioso la forma pura ed autentica della vita umana, quella che Dio stesso ha proposto come luminosa rivelazione di Se stesso. E allora nella vita di ogni giorno si accende una nuova luce di speranza e di concreta capacità di amare da tradurre nelle azioni e negli incontri
Dal Vangelo di Marco: Mc 10, 17-22
Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna? ”. Gesù gli disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre”
Egli allora gli disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”. Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
Ringraziamo il Signore per il dono della sua parola e meditiamo su quel che dice Gesù: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo"(v.18) La risposta di Gesù devia l'attenzione da se stesso verso Dio, poiché gli interessa fare la volontà del Padre, rivelare il Progetto del Padre. Ma qui è anche è evidente che Marco vuole evitare il culto della personalità, che può essere superato solo ribadendo il culto esclusivo per Dio. Il che lascia già presagire che quello che è in gioco è il rapporto della persona con Dio.

Fa pensare il fatto che Gesù esplicita inizialmente solo i comandamenti che indicano una vita accanto al prossimo! Non fa riferimento ai tre primi comandamenti che definiscono il rapporto con Dio! Ne dobbiamo dedurre che la nostra relazione con Dio passa attraverso quella vitale con il nostro prossimo, anche se questa a sua volta è alimentata e tenuta sana (relazionarsi non per possedere o strumentalizzare l'altro, ma per donarsi e ricevere anche, ma sempre nell'orizzonte della gratuità) e viva (cioè resa viva dall'amore che la muove e la permea, altrimenti è un guscio vuoto, un fatto sterile!) dalla relazione costante con Dio. Non ci si può ingannare comunque: la porta per arrivare a Dio è il prossimo. Non un'altra!

Ma poi Gesù dice: “Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”. La traduzione giusta secondo la mentalità ebraica (che, non dimentichiamolo è quella di Gesù) è UNO ti manca... Cosa, o meglio Chi è quell'UNO e come fargli spazio? A questo porta l'insegnamento di Gesù...

Mi fa pensare a tanti di noi che non sanno a cosa serve essere cattolici. Si sono trovati in una famiglia che li ha battezzati, magari frequentano anche la Parrocchia o un movimento, ma cos'è il loro essere cristiani? Un'abitudine, o un obbedire a delle regole, non un atteggiamento interiore orientato ad un bene non soltanto formale, aperto al prossimo e alla realtà che li circonda; ma bisogna fare un salto di qualità: passare dall'abitudine ad un'esistenza non più piatta, ma che ha spessore, si muove in un orizzonte di sentimenti desideri e azioni consapevoli e determinate e intrise di quell'Uno che occupa gli spazi lasciati liberi dalla "vendita", dal distacco quindi dalle "ricchezze": non un distacco sic et simpliciter; ma Gesù dice "dalle ai poveri". Penso che il discorso vada ricollegato allo shema "ama il tuo Dio con tutto il tuo cuore con tutta la tua anima con tutta la tua mente - e infine - con tutte le tue forze "(che comprendono possibilità economiche, capacità, doni ricevuti e anche coltivati nel corso della vita, la stessa cultura ad esempio), quindi si tratta sì delle ricchezze materiali, ma anche dei talenti che ognuno di noi ha ricevuto. E risuonano qui le parole di Gesù: "ama il tuo prossimo come te stesso" che non può essere visto se non attraverso il comandamento nuovo "amatevi l’un l’altro come Io ho amato voi".

Quindi, un'attitudine al dono, che è innanzituto dono di sé come ha fatto Gesù. C'è un altro richiamo bellissimo che viene dalla Scrittura. Nel Cantico dei Cantici, dice la sposa: "Anche il nostro talamo è fiorito." Qualche versetto dopo lo sposo dice "io sono il fiore del campo il giglio delle valli". San Bernardo interpreta nel senso che questo sia detto riguardo ai fiori di cui la sposa dice che è adorato il talamo; ma essi non mantengono a lungo il profumo e la bellezza per questo occorre curarlo spesso e mettere sempre nuovi fiori; così è per le opere buone (che sono i fiori profumati di cui nelle nostre profondità il Signore coglie il profumo), non basta operare il bene una volta o l'altra, ma va rinnovato continuamente e sempre di nuovo prodigato, diversamente il fiore dell'opera buona appassisce e marcisce e in breve tempo perde la bellezza e il vigore, se non viene ripetutamente seguito da nuovi atti di amore...

Continuiamo?