Di recente è iniziato il Sinodo per il MO. Alcuni interventi dei padri sinodali hanno portato alla ribalta l’espansione della Comunità Nc, a margine dell’espansione dei movimenti in genere. C’è comunque un fatto bene augurante. Il CnC è definito, ormai in modo ufficiale, “movimento”. Quindi anche nel linguaggio ufficiale, facendo seguito alla definizione Canonica (Cfr. Statuto del CnC, art 3, nota 3), il CnC è ben identificato come una aggregazione laicale. Sembra questione di lana caprina ma non lo è affatto. Nel linguaggio comune il CnC era l’unica aggregazione che rifiutava la definizione di “movimento”, ma si auto-dotava della definizione di “iniziazione”. Invece il CnC, è concepito sia giuridicamente che oggi anche nel linguaggio (Cfr. anche
Lettera del Papa a Cordes, per il suo compleanno, 18/12/09) come un eventuale strumento di attuazione della pastorale di iniziazione diocesana (movimento) che può avvenire per mezzo dell’aggregazione laicale.
Uno dei Padri Sinodali, il Card. Rylko, ha citato nel suo intervento quanto segue:
[..]Nell'ambito della formazione del laicato si apre un vasto spazio di azione per le diocesi e le parrocchie, ma anche per le scuole e le università cattoliche, chiamate a ricercare le vie e i metodi educativi sempre più rispondenti alle reali esigenze dei fedeli, seguendo gli insegnamenti della Christifideles laici, magna charta del laicato cattolico.
[…]Nella nostra epoca, uno dei grandi segni di speranza per la Chiesa è la “nuova stagione aggregativa dei fedeli” (Christifideles laici n. 29), che, dopo il Concilio Vaticano II, vede la nascita di tanti movimenti ecclesiali e nuove comunità. Un vero dono dello Spirito Santo! Questi nuovi carismi danno origine ad itinerari pedagogici di straordinaria efficacia per la formazione umana e cristiana dei giovani e degli adulti, e sprigionano in loro uno stupefacente slancio missionario di cui la Chiesa oggi ha particolarmente bisogno. Queste nuove comunità non sono, ovviamente, un'alternativa alla parrocchia, ma piuttosto un sostegno prezioso e indispensabile nella sua missione. In spirito di comunione ecclesiale, aiutano e stimolano le comunità cristiane a passare da una logica di mera conservazione ad una logica missionaria.
[…]È, dunque, davvero auspicabile che le Chiese del Medio Oriente si aprano con crescente fiducia a queste nuove realtà aggregative.
Subito salta agli occhi un linguaggio che rende visibile un sottinteso. Questo intervento è volto alla “pubblicizzazione” di uno specifico “cammino”? Sembra di sì, per chi lo conosce bene. Gli è che, la genericità del testo, che parla di “movimenti e comunità”, che attuano percorsi pedagogici (e a dire il vero il percorso pedagogico non è usato solo dal CnC), permette di analizzarlo anche in senso più globale, appunto (perché così si presenta). E soprattutto, poniamoci la domanda se il Cammino che non vi è citato direttamente, ma che vi è compreso, in che senso e in che modo possa e debba essere accreditato come reale strumento pedagogico ecclesiale. Il Card. Rylko mette alla base del suo intervento la Christifideles laici, chiamandola addirittura “magna charta” del Laicato cattolico. Mi viene da chiedere: il Laicato Cattolico, più precisamente il Laicato NeoCat, conosce questo Documento magisteriale che dovrebbe costituire addirittura la sua “magna carta”? Questa è la prima domanda. La seconda domanda è: è vero che le aggregazioni laicali, ivi compresa il CnC, agiscono in “spirito di Comunione”, senza porsi come alternativa alla parrocchia? Infatti qui abbiamo due elementi: la Christifideles laici, come fondamento dei percorsi pedagogici, e la non “alternatività” alla Parrocchia delle aggregazioni. In che misura queste due affermazioni corrispondono al vero?
Cerchiamo di dare una risposta alla prima domanda (la Christifideles laici), estrapolando i brani che citano direttamente ciò a cui fa riferimento il Card. Rylko:
I CARISMI
[…]I carismi vanno accolti con gratitudine: da parte di chi li riceve, ma anche da parte di tutti nella Chiesa. Sono, infatti, una singolare ricchezza di grazia per la vitalità apostolica e per la santità dell'intero Corpo di Cristo: purché siano doni che derivino veramente dallo Spirito e vengano esercitati in piena conformità agli impulsi autentici dello Spirito. In tal senso si rende sempre necessario il discernimento dei carismi. In realtà, come hanno detto i Padri sinodali, «l'azione dello Spirito Santo, che soffia dove vuole, non è sempre facile da riconoscere e da accogliere. Sappiamo che Dio agisce in tutti i fedeli cristiani e siamo coscienti dei benefici che vengono dai carismi sia per i singoli sia per tutta la comunità cristiana. Tuttavia, siamo anche coscienti della potenza del peccato e dei suoi sforzi per turbare e per confondere la vita dei fedeli e della comunità»(81).Per questo nessun carisma dispensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa. Con chiare parole il Concilio scrive: «Il giudizio sulla loro (dei carismi) genuinità e sul loro esercizio ordinato appartiene a quelli che presiedono nella Chiesa, ai quali spetta specialmente, non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cf. 1 Tess 5, 12 e 19-21)»(82), affinché tutti i carismi cooperino, nella loro diversità e complementarietà, al bene comune(83).
[…]
CRITERI DI ECCLESIALITA' PER LE AGGREGAZIONI LAICALI
30. E' sempre nella prospettiva della comunione e della missione della Chiesa, e dunque non in contrasto con la libertà associativa, che si comprende la necessità di criteri chiari e precisi di discernimento e di riconoscimento delle aggregazioni laicali, detti anche «criteri di ecclesialità».Come criteri fondamentali per il discernimento di ogni e qualsiasi aggregazione dei fedeli laici nella Chiesa si possono considerare, in modo unitario, i seguenti:
-Il primato dato alla vocazione di ogni cristiano alla santità, manifestata «nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli»(109) come crescita verso la pienezza della vita cristiana e la perfezione della carità(110). In tal senso ogni e qualsiasi aggregazione di fedeli laici è chiamata ad essere sempre più strumento di santità nella Chiesa, favorendo e incoraggiando «una più intima unità tra la vita pratica dei membri e la loro fede»(111).
-La responsabilità di confessare la fede cattolica, accogliendo e proclamando la verità su Cristo, sulla Chiesa e sull'uomo in obbedienza al Magistero della Chiesa, che autenticamente la interpreta. Per questo ogni aggregazione di fedeli laici dev'essere luogo di annuncio e di proposta della fede e di educazione ad essa nel suo integrale contenuto.
-La testimonianza di una comunione salda e convinta, in relazione filiale con il Papa, perpetuo e visibile centro dell'unità della Chiesa universale(112), e con il Vescovo «principio visibile e fondamento dell'unità»(113) della Chiesa particolare, e nella «stima vicendevole fra tutte le forme di apostolato nella Chiesa»(114).
La comunione con il Papa e con il Vescovo è chiamata ad esprimersi nella leale disponibilità ad accogliere i loro insegnamenti dottrinali e orientamenti pastorali. La comunione ecclesiale esige, inoltre, il riconoscimento della legittima pluralità delle forme aggregative dei fedeli laici nella Chiesa e, nello stesso tempo, la disponibilità alla loro reciproca collaborazione.
[…]
L'opera educativa di Dio si rivela e si compie in Gesù, il Maestro, e raggiunge dal di dentro il cuore d'ogni uomo grazie alla presenza dinamica dello Spirito. A prendere parte all'opera educativa divina è chiamata la Chiesa madre, sia in se stessa, sia nelle sue varie articolazioni ed espressioni. E' così che i fedeli laici sono formati dalla Chiesa e nella Chiesa, in una reciproca comunione e collaborazione di tutti i suoi membri: sacerdoti, religiosi e fedeli laici. Così l'intera comunità ecclesiale, nei suoi diversi membri, riceve la fecondità dello Spirito e ad essa coopera attivamente. In tal senso Metodio di Olimpo scriveva: «Gli imperfetti (...) sono portati e formati, come nel seno di una madre, dai più perfetti finché siano generati e partoriti per la grandezza e la bellezza della virtù»(217), come avvenne per Paolo, portato e introdotto nella Chiesa dai perfetti (nella persona di Anania) e diventato poi a sua volta perfetto e fecondo di tanti figli.
Educatrice è, anzi tutto, la Chiesa universale, nella quale il Papa svolge il ruolo di primo formatore dei fedeli laici. A lui, come successore di Pietro, spetta il ministero di «confermare nella fede i fratelli», insegnando a tutti i credenti i contenuti essenziali della vocazione e missione cristiana ed ecclesiale. Non solo la sua parola diretta, ma anche la sua parola veicolata dai documenti dei vari Dicasteri della Santa Sede chiede l'ascolto docile e amoroso dei fedeli laici.
La Chiesa una e universale è presente nelle varie parti del mondo nelle Chiese particolari. In ognuna di esse il Vescovo ha una responsabilità personale nei riguardi dei fedeli laici, che deve formare mediante l'annuncio della Parola, la celebrazione dell'Eucaristia e dei sacramenti, l'animazione e la guida della loro vita cristiana.
Entro la Chiesa particolare o diocesi si situa ed opera la parrocchia, la quale ha un compito essenziale per la formazione più immediata e personale dei fedeli laici. Infatti, in un rapporto che può raggiungere più facilmente le singole persone e i singoli gruppi, la parrocchia è chiamata a educare i suoi membri all'ascolto della Parola, al dialogo liturgico e personale con Dio, alla vita di carità fraterna, facendo percepire in modo più diretto e concreto il senso della comunione ecclesiale e della responsabilità missionaria.
All'interno poi di talune parrocchie, soprattutto se vaste e disperse, le piccole comunità ecclesiali presenti possono essere di notevole aiuto nella formazione dei cristiani, potendo rendere più capillari e incisive la coscienza e l'esperienza della comunione e della missione ecclesiale. Un aiuto può essere dato, come hanno detto i Padri sinodali, anche da una catechesi postbattesimale a modo di catecumenato, mediante la riproposizione di alcuni elementi del «Rituale dell'Iniziazione Cristiana degli Adulti», destinati a far cogliere e vivere le immense e straordinarie ricchezze e responsabilità del Battesimo ricevuto(218).
La Christifideles laici merita di essere letta e meditata, tutta. Per questo rimandiamo al sito della Santa sede, dove è facilmente reperibile. Per ciò che concerne il nostro discorso, vale la pena soffermarci sui tratti citati. Il Documento parla di “aggregazioni laicali” (o associazioni), chiamate “movimenti”, tenendo in alta considerazione l’eventualità che possano essere fondati mediante un Carisma particolare. Interessanti sono i criteri per riconoscere l’utilità e la autenticità di un carisma! Anche alla luce della frase che chiude il periodo logico riguardo la necessità del discernimento: "Tuttavia, siamo anche coscienti della potenza del peccato e dei suoi sforzi per turbare e per confondere la vita dei fedeli e della comunità." Da cui si capisce, senza fare troppo sforzo deduttivo, che i Doni possono anche non provenire da Dio. O comunque, anche in presenza di un Dono di Dio, l’Uomo ne può fare cattivo uso! Non vi è, in ogni caso, nessun “automatismo” di “giudizio” in presenza di un Dono. Anche se giudicato come Dono di Dio! Non esiste l’equazione: io ho il Dono, ergo lo esercito (a modo mio) perché Dio è superiore agli uomini! Questo è indizio evidente del peccato e quindi della dannosità di ciò che da esso deriva! Ancora più interessante la richiesta impellente di sottomissione al Papa, addirittura alla sua parola, come anche e soprattutto alle sue decisioni e al suo magistero! Intressantissima, anche, la richiesta che le aggregazioni si fondino su una collaborazione reciproca, interna ed esterna! Una intercomunione associativa che, ovviamente, si fonda sulla Comunione Parrocchiale! Infatti, il documento ribadisce continuamente la necessità della Comunione Parrocchiale delle aggregazioni, riferendosi al dovere del servizio per essere più inseriti nella Parrocchia!
Arriviamo al punto dolente. Il riferimento, nella Christifideles laici a quegli itinerari postbattesimali di tipo “catecumenale”. Ma leggendo questo riferimento, cosa troviamo? Troviamo forse la Prassi del CnC? Di cosa parla la Christifideles laici? Parla di itinerari catechistici che si possano avvalere di alcuni elementi del RICA, adatti alla realtà di Battezzati. Ebbene, si guardi il RICA stesso. Chi potrà vederci la prassi del CNC?
Insomma, ad un primo esame vediamo che la “magna charta” su cui Rylko ha fondato il suo intervento e che Egli stesso definisce come il fondamento di questi “itinerari pedagogici”, probabilmente tanto “magna charta” non è. Perché la prassi di questi itinerari, svolti per mezzo di aggregazioni laicali, ma soprattutto dal CnC che vi è incluso, sembra non considerare il fondamento su cui dovrebbe basarsi? Dunque? Cosa comporta un fatto di questo tipo? Lo chiedo ai Sacri Pastori a mo’ di lettera aperta? Cosa comporta, Reverendi Padri, disattendere ai fondamenti? Ditecelo voi.
Proviamo a rispondere alla seconda domanda. Le aggregazioni sono davvero parte integrante della parrocchia? Dal quantitativo di interventi correttivi diretti ad alcuni settori del movimento carismatico cattolico e al Cammino Neocatecumenale, ad esempio, inerenti proprio questo fatto specifico, sembra proprio di no! Il Cammino ha ricevuto più volte, sia durante il pontificato di Giovanni Paolo II, sia durante quello di Benedetto XVI, richiami espliciti alla Comunione Parrocchiale ed ecclesiale. Non ultimi quelli espressi nella Lettera del Papa consegnata dal Card. Arinze, che si riscontrano nel loro Statuto, e quelli espressi in varie occasioni nei discorsi di Benedetto XVI (Cfr. Discorso del 12 Gennaio 2006 e del 10 gennaio 2009). Comunione intesa soprattutto riguardo alla fedeltà al Rito Cattolico (il quale consta di due forme, lo ricordo: quella Gregoriana e quella Paolina), primo e fondamentale fondamento per la Vera Comunione Cattolica. Poi intesa come integrazione nella Parrocchia. Anzi! Addirittura chiedendo che il CnC sia strumento di integrazione! Noi abbiamo riscontri che il CnC sia “strumento di integrazione”, che usi lo stesso Rito della Chiesa Latina in tutto, che applichi la stessa pastorale? E se sì in che modo?
Da quello che vediamo, usando solo gli occhi (!), il Cnc (come altri movimenti) ha caratteristiche identitarie proprie. Ha una propria prassi, un proprio Rito (corretto dalla Chiesa più volte, e corretto anche dal proprio Statuto), una propria pastorale, un proprio catechismo (segreto). Questo si riscontra semplicemente documentandosi sul CnC. Guardando alla sua struttura (la Parrocchia “atomica”, formata da “comunità di comunità” parallele). Come è possibile dunque, affermare che il Cnc è specchio delle affermazioni del Card. Rylko?
Stefano