mercoledì 30 marzo 2016

Inginocchiarsi durante TUTTA la consacrazione

L'arcivescovo di Lingayen-Dagupan (Filippine), mons. Socrates Villegas, ci è già noto per i suoi interventi di correzione al Cammino Neocatecumenale: si vedano in proposito gli articoli:
Mons. Villegas, in qualità di presidente della conferenza episcopale delle Filippine ha scritto lo scorso 19 marzo 2016 una lettera a tutti i vescovi della sua conferenza episcopale.

Riportiamo qui sotto i punti salienti della sua lettera, la cui traduzione completa è disponibile a [questo link].


Negli anni '90 cominciò la pratica di alzarsi in piedi dopo l'inizio della consacrazione... [...] Nel gennaio 2003, all'86esima Assemblea Plenaria della CBCP, una delle proposte... era stata: “Adattamento proposto per le Filippine: ‘Nelle Filippine, i fedeli si inginocchiano da dopo il Sanctus, si alzano per l'acclamazione del memoriale, e si inginocchiano dopo l'Agnello di Dio.’

Per entrambi i casi, nelle Linee Guida per l'Eucarestia del 1990 and nelle proposte di Adattamenti per le Filippine dell'IGMR del 2002, non era mai giunto da Roma alcun riconoscimento.
[...] da allora ad oggi non abbiamo mai ricevuto una risposta formale scritta. [...]

Sulla base di quanto citato sopra, abbiamo chiesto consiglio ad alcuni dei nostri vescovi più esperti del Codice di Diritto Canonico. Ci hanno detto che la mancata risposta o il silenzio da parte di Roma indicano che non è stato dato alcun riconoscimento. Senza tale riconoscimento la CBCP non ha l'autorità di creare o implementare tali adattamenti. Essendo questo il nostro caso, dobbiamo riportare alla pratica preesistente alla richiesta.
Sulla base delle informazioni sopra documentate, il Concilio Permanente è giunto alla decisione che dobbiamo ABBANDONARE la pratica di stare in piedi da dopo la consacrazione fino all'Amen, a causa del fatto che non abbiamo l'autorità di creare tale adattamento, né abbiamo l'autorità di implementarlo. Dobbiamo ripristinare la pratica precedentemente stabilita di inginocchiarsi da dopo il Sanctus fino a dopo l'Amen della Preghiera Eucaristica.

[...] Vi ricordiamo qui alcune righe della nostra Esortazione Pastorale per l'Anno 2016 dell'Eucarestia e della Famiglia:
Inginocchiarsi è parte della nostra cultura cristiana. Non possiamo abbandonare la cultura dell'inginocchiarsi a favore dell'idea che gli uomini liberi devono stare in piedi di fronte a Dio. Piegare il ginocchio (genuflettersi) al Tabernacolo, inginocchiarsi alla celebrazione dell'Eucarestia, prostrarsi in adorazione del Santissimo Sacramento esposto - sono piccoli ma sublimi atti di adorazione che dobbiamo preservare e proteggere.
Sinceramente vostro,
+SOCRATES B. VILLEGAS


Nostro commento: come già fatto notare da JungleWatch, il punto più interessante per il Cammino è il fatto che la mancata risposta o il silenzio da parte di Roma, non indicano un "silenzio assenso", ma al contrario indicano l'assenza di un riconoscimento.

Per cui tutte le volte che i neocatecumenali dicono "finché non ce lo vietano, noi proseguiremo", stanno dichiaratamente disubbidendo alla Chiesa. Gli strafalcioni liturgici del Cammino, infatti, non hanno mai ricevuto alcun riconoscimento; al contrario hanno ricevuto la conferma di numerosi divieti che valgono già per la liturgia cattolica in uso in tutta la Chiesa (si veda lo Statuto del Cammino, articolo 3, nota 49, e l'articolo Dieci anni di disubbidienze).

I neocatecumenali infatti non si inginocchiano perché non adorano, e non adorano perché non credono (si vedano gli articoli: In ginocchio davanti a Kiko e Non credono alla presenza reale).

Infatti nelle loro chiassose carnevalate (che amano chiamare "liturgia"), nessuno si inginocchia, le seggiole sono disposte a mo' di teatrino e senza spazio per inginocchiarsi, il tavolinetto smontabile imbottito di fiori e gadget kikiani è fatto in modo da rendere l'idea della cenetta in trattoria piuttosto che dell'Altare del Sacrificio Eucaristico.

lunedì 28 marzo 2016

Dopo due ore e mezza di lungaggini... erano appena giunti al Credo

Novanta Kikos si consacrano a Chico Argüello!
Sempre cifre tonde (non 89 o 91, ma 90), cifre enormi.
N.B.: nella foto sono solo 50: gli altri 40 sono di fantasia
Poco fa ho parlato con mio cognato e mai e poi mai mi sarei lontanamente sognata di toccare l'argomento neocatecumenali.

Mi ha detto che ieri sera ha partecipato alla veglia con il vescovo, in una città capoluogo di provincia del centro-nord. Con lui erano la moglie e i due figli, un bambino e un adolescente.
La famiglia di mio cognato è una famiglia cattolica "normale", con un passato nell´associazionismo cattolico, che cerca di passare la fede ai due ragazzi, piuttosto restii, ma che saranno lasciati liberi di fare le loro scelte al momento giusto.
Bene, ho detto io, che bello.

Lui invece non era contento per nulla, dato che si è ritrovato in una veglia neocatecumenale. Gli è stato detto che il Papa così ha voluto, perché i neocatecumenali che pur hanno diritto a una messa più lunga, abbiano la possibilità di inserirsi meglio nella veglia comune invece di celebrare per conto loro (ogni commento è superfluo).

Lui è rimasto sconvolto dalla lungaggine della veglia, i bimbi non ne potevano più e gli anziani vicini a loro avevano iniziato a "bestemmiare" (immagino volesse dire usare parolacce, non credo bestemmie). La veglia era iniziata in cattedrale alle 23, alle 1.30 se ne sono andati dopo il Credo.

Erano esterrefatti quando gli ho detto che probabilmente avrebbe continuato per ancora MOLTO a lungo.

Lui era esterrefatto soprattutto perché il vescovo si era prestato a tutto questo e mi ha detto che gli avrebbe chiesto udienza (mio cognato è una persona molto colta e nota in città).

Io gli ho spiegato molto in breve che questo movimento NC si basa su un sacco di panzane e di starsene bene alla larga (cosa che ha tutte le intenzioni di fare).

Abbiamo convenuto che forse in fondo era meglio che avessero continuato a celebrare per conto loro, senza scandalizzare bambini e anziani.

Scrivo questo con il suo permesso, avendo promesso di non fare nomi e cognomi.


(da: Simonetta)

sabato 26 marzo 2016

Parrocchia (con una unica Veglia pasquale) è bello!

Nel cosiddetto "annuncio di Pasqua 2016", Kiko Argüello, autonominato "iniziatore" del Cammino Neocatecumenale, aveva detto che la Veglia pasquale si può celebrare separatamente, fuori dalla parrocchia. E così avverrà stasera, nella loro solita disubbidienza al Papa e alla Chiesa.

Padre Lucio Maria Zappatore è un sacerdote che ha conosciuto gli iniziatori del Cammino già nel 1969 e che ha ”camminato” lui stesso, conservando un atteggiamento molto benevolo nei confronti di questa realtà.


Però, pur avendo frequentato il Cammino, è pur sempre un sacerdote e, come tale, scrive “Una volta divenuto Parroco, è stato mio compito cercare di armonizzare le esigenze del Cammino Neocatecumenale con quelle della parrocchia stessa e del suo progetto pastorale”.

Riportiamo in proposito alcuni brani tratti dal suo libro “Parrocchia è bello” in cui descrive la propria esperienza di Veglia pasquale con la partecipazione di tutti i gruppi  parrocchiali, cammino compreso.


«È un vero peccato che un cammino, che è comunque un cammino della Chiesa, venga molte volte così osteggiato. Credo che sia sempre attuale l’ammonimento di Gamaliele: ”Se viene da Dio è inutile contrastarlo: ci possiamo mettere contro Dio?” (Atti 5,39).
D’altra parte vedo però nel neocatecumenato una sorta di difesa a riccio, che non aiuta il confronto: se il Vescovo limita il cammino o un Parroco non lo accetta, o non permette alcune cose, viene visto come un “persecutore” per il quale dunque bisogna pregare.

Anche la tanto decantata “obbedienza” ai Vescovi o ai Parroci, molte volte non viene vista come fedeltà a colui che è stato preposto come pastore, ma solo un momento di crisi, di “prova”, in attesa che Dio, prima o poi, intervenga in favore del cammino.
Questo modo di ragionare, a mio avviso, non aiuta certo il dialogo.

L’altro aspetto che mi preoccupa è la “Kiko-dipendenza”: ormai non solo le catechesi (e fino lì mi stava bene), ma i canti, le icone, le suppellettili, i paramenti, le immaginette… tutto deve avere la firma di Kiko.
Questo, a mio avviso, è indice di insicurezza e di debolezza e non è una testimonianza della libertà dei figli di Dio: Kiko non può avere (come non ce l’ha neanche il Parroco) la sintesi dei carismi

Come esempio di questa dipendenza acritica, posso citare alcuni fatti concreti, semplici, ma illuminanti.

Nei canti di Kiko ci sono degli errori grammaticali evidenti (tipo “svegliati, arpa e cetra” invece di “svegliatevi”;  “Jerusalem, di nuovo ricostruita”; “Gridate con gioia, chè grande in mezzo a te” (voi)…).
Guai a provare a correggerli! Lo posso affermare con certezza, perché io ci ho provato…

Così pure nel primo libro delle catechesi (gli Orientamenti) a pag.34 viene citata una lettera di S.Policarpo agli Efesini, lettera che non esiste, ma da trent’anni viene regolarmente proposta e nessuno si sogna di fare la correzione perché le catechesi non si toccano…
Personalmente, come Parroco, ho continuato a seguire il cammino fino in fondo, sforzandomi, come linea pastorale, di integrare il cammino nella realtà della parrocchia.

Per questo motivo, sono stato alcune volte accusato di frenare il cammino o di aver tentato di snaturarlo: io credo invece di aver dato un contributo valido proprio per l’accettazione del cammino nelle parrocchie.
Come per alcuni neocatecumenali erano inaccettabili le limitazioni che io imponevo al cammino – ben poche a quanto mi risulta, la più importante era la proibizione della Veglia pasquale a parte – così per molti parroci era sorprendente sentire che in una Parrocchia il cammino era ben integrato con le altre realtà parrocchiali (avevamo circa venticinque gruppi) e con il progetto pastorale.

Tanto per fare un esempio, mi limito a descrivere la situazione della Veglia pasquale.
Ritengo – e credo di essere in linea con la Chiesa – che la Veglia pasquale debba essere  celebrata sempre in comune e debba sempre essere unica, tranne in due casi ben precisi e limitati:
  • Quando la comunità (grazie a Dio) è così numerosa che non basta una veglia per contenerla tutta nella chiesa. 
  • Quando nella parrocchia la veglia termina prima di mezzanotte (conosco delle parrocchie di Roma che si regolano in questo modo dicendo che lo fanno per gli anziani ecc…). In questo caso ben venga una veglia solenne fatta secondo tutte le indicazioni della Chiesa, e quindi con tutta la sua ricchezza.
Tolti questi due casi, non ritengo utile la Veglia pasquale separata (anche se posso ammettere che almeno una volta, durante il cammino, ogni comunità neocatecumenale possa celebrare una veglia pasquale separata, vista come arricchimento, in funzione della partecipazione un domani a quella parrocchiale, ma si può anche non condividere questa posizione…)

Come avevamo risolto il problema della Veglia pasquale nella nostra parrocchia?
Come ho già detto, avevamo numerosi gruppi, divisi per i tre ambiti della Catechesi, della Liturgia e della Carità: nel Triduo pasquale, e in particolare nella veglia, era importante coinvolgere tutti i gruppi per far sentire l’unità della comunità parrocchiale, per cui, intanto, davamo ad ogni ambito la preparazione di uno di tre giorni del Triduo: il Giovedì Santo (per la Lavanda dei piedi) alla Carità, il Venerdì Santo alla Liturgia e il Sabato Santo alla Catechesi.

Gioite, fratelli del Cammino!
Gioite e rallegratevi nel sapere che nella Domus
gli iniziatori e i supercatechisti si faranno
una gran mangiata, alla faccia vostra (e a spese vostre)!
In particolare, per la Veglia pasquale, l’oratorio, con i bambini, curava l’accensione del fuoco ed il coinvolgimento dei bambini nei quattro momenti della veglia; ai neocatecumenali era affidata la Liturgia della Parola con tutte le nove letture, tutte con un’introduzione e un Salmo di risposta cantato; i Catechisti della Sacramentale preparavano la liturgia battesimale e il gruppo liturgico curava la Liturgia Eucaristica. I Gruppi mariani (Terz’Ordine, Legione di Maria, Rosario Perpetuo) curavano la “Statio mariana” che avevamo aggiunto per ogni giorno del Triduo (Maria e l’Eucaristia, Maria sotto la Croce e Maria nell’attesa della Resurrezione). I Piccoli Cantori guidavano tutti i canti.

E alla fine c’era l’agape fraterna, con gli auguri pasquali, preparata dall’Azione Cattolica e dai neocatecumenali.

In questo modo la veglia durava intorno alle quattro ore e credo che coinvolgesse davvero tutti, per la solennità dei riti, la presenza dei bambini e la partecipazione attiva di tutta l’assemblea.»  

venerdì 25 marzo 2016

Quei kikos che devono sciropparsi due Veglie Pasquali

Saletta per lo spettacolino-Veglione neocatecumenale
Vorrei dare il mio contributo sul ciclo “La considerazione della Veglia Parrocchiale nella mentalità neocatecumenale” perché mi sono tornati alla memoria due spassosissimi ricordi che non posso non condividere.

Veglia di Pasqua di una dozzina di anni fa, eravamo una comunità relativamente giovane, meno di 10 anni di cammino, e una coppia avrebbe dovuto battezzare la terza figlia (ed era anche ora, visto che era nata a Maggio dell’anno precedente, ma lasciamo perdere…). La coppia però era perplessa, perché viveva un periodo di profondi problemi con la famiglia di lei e non si sentiva di far diventare il Battesimo l’ennesimo casus belli visto che già per gli altri due battesimi in particolare la madre anziana (la nonna dei battezzandi) aveva molto sofferto, lamentato e rinfacciato il fatto che battezzare i suoi nipoti nella Veglia Neocatecumenale di tutta la notte di fatto significava escluderla perché lei non era nelle condizioni di affrontare una Veglia di quel tipo.

La coppia allora, pensando di fare una cosa buona, aveva avuto l’idea di fare un segno di riconciliazione scegliendo di battezzare nella Veglia parrocchiale anziché in quella neocatecumenale. Ovviamente però una tal decisione non si può prendere da soli, e così hanno chiesto il permesso ai loro cosiddetti "catechisti" neocatecumenali. I "catechisti" dapprima li hanno blandamente scoraggiati con frasi del tipo “Tanto i problemi che avete non si risolvono con questo contentino che gli date, è un ricatto affettivo” e altre amenità di questo tipo, e già questo mi suonò un po’ strano (ma come? erano gli stessi "catechisti" che di fronte ai problemi con i nemici spingevano a gesti di umiltà, ad amare l’altro nella dimensione della Croce e a farsi perfino carico del peccato degli altri?).

Comunque poi in un gesto di grande benevolenza li lasciarono liberi, gli dissero che se ritenevano potevano battezzare nella Veglia parrocchiale (con tutto il biasimo possibile) ma A CONDIZIONE che appena finita la Veglia Parrocchiale, in fretta e furia corressero a raggiungere la comunità (in albergo) per la Veglia (quella vera, of course).

A parte la ridicolaggine della cosa a ripensarci ora, questi due poveracci in buona fede che fanno tutto quel casino e con armi e bagagli, figli piccoli, parenti venuti per il battesimo, hanno dovuto sopportare tale buffonata, ma quello su cui vorrei soffermarmi è proprio la posizione dei "catechisti", che hanno dimostrato una volta di più che il loro “mandato” non ha niente a che fare né con il buon senso umano, né con la dottrina della Chiesa cattolica, ma che il loro scopo è solo quello di indirizzare verso il Cammino.

Fervoroso imitatore di Kiko ad una celebrazione neocat
Pasqua di una quindicina di anni fa, i miei genitori finiscono il Cammino e come sapete in quell’occasione si fa la veglia parrocchiale dal vescovo in veste bianca. L’evento era vissuto in grandissima pompa anche perché all’epoca erano pochissime le comunità che avevano finito.

Nella mia comunità eravamo diversi figli di neocatecumenali in procinto dell’elezione e ci siamo posti il problema di quale veglia fare, se con i nostri genitori o con la nostra comunità. Le fazioni erano divise tra i duri e puri che sostenevano che se proprio costretti sarebbero andati a quella del Vescovo per scappare subito dopo e raggiungere la Veglia Neocatecumenale (quella vera) e quelli più possibilisti che dicevano che sarebbero andati a quella del Vescovo e che se proprio alla fine si fosse rivelata deludente avrebbero raggiunto l’altra, altrimenti si sarebbero “accontentati”. Ci fu anche una sorella, geniale, che teorizzò una terza posizione, ovvero vado alla veglia del Vescovo, se proprio mi ammorba me ne vado a dormire, se invece ne esco abbastanza euforica raggiungo la comunità e faccio Pasqua anche con la comunità. Il sonno della ragione genera mostri, da brivido ripensarci ora.

(da: Donna Carson)
Palcoscenico in preparazione alla pagliacciata

mercoledì 23 marzo 2016

Triduo neocatecumenale separato: ci risiamo...

Neocatecumenali intenti nella "Nueva evangelizzazione"
...A proposito dell'amore per la verità, per l'unità e dell'obbedienza dei neocatecumenali...

Qualche giorno fa, durante un'attività parrocchiale serale, alla presenza di almeno una dozzina di persone, alle osservazioni di disubbidienza presentate da una mia amica, ben informata e senza tanti peli sulla lingua, rispetto alle modalità di celebrazione ed assunzione dell'Eucarestia nelle salette sotterranee il sabato sera e, soprattutto, rispetto all' abituale celebrazione di due veglie pasquali separate con battesimi separati, dalle 21 alle 24 per "i cristiani della domenica" e dalle 24 alle 6:00 per gli "eletti" neocat, sapete come ha risposto il parroco emerito, con oltre 50 anni di sacerdozio alle spalle??!! che non era vero!!!

Dopo tale tracotante negazione dei fatti, la mia amica ha prodotto documenti, raccomandazioni papali e cardinalizie con timbro vaticano, sul rigoroso rispetto della liturgia, lo stesso Statuto del cammino che prevede una più ricca animazione della Veglia da parte del movimento, non già due distinte e separate celebrazioni, articoli della Redemptionis Sacramentum, del Catechismo della Chiesa Cattolica, del Codice di Diritto Canonico... A questo punto da parte neocat è iniziato il classico arrampicamento sugli specchi e l'inevitabile scivolamento, ancor più penoso, dell'iniziale negazione ed è stato risposto che quei documenti erano -udite, udite!- del tutto secondari e che non era possibile organizzare un'unica veglia per mancanza di spazio: in un moto di necessaria ma educata e pacata ribellione abbiamo fatto presente che la chiesa parrocchiale ha una capienza certificata e sperimentata di 450 persone, oltre ad esservi una serie di pertinenze limitrofe, quali un auditorium e una struttura polisportiva sul retro che si presterebbero benissimo ad ampliare la possibilità di accoglienza dei fedeli! Risposta finale: "beh, magari, la maggior parte delle persone non è abituata e forse si addormenterebbe..."

Scrivo dalle Marche, la parrocchia è una di quelle più in vista del Cammino, dove però, la presenza vivace, assidua e qualificata di Azione Cattolica , Cl, gruppi e realtà di vario genere e di tutto il resto dei parrocchiani che non appartengono né agli uni né agli altri, fa del suddetto Cammino, pur in numero consistente, una oggettiva minoranza. Quest'anno, alla fine del solito ciclo di catechesi inziali, a quanto è dato sapere, non sono riusciti a formare una nuova comunità per la risicata adesione di persone, non più di 5-6, che sono state fatte confluire in un'altra comunità, più numerosa ma composta quasi interamente da figli di camminanti.

Le mie e le vostre preghiere siano per tutti. Ciao e Buona Pasqua a tutti

(da: Uria)


Nota a margine: ogni anno è sempre la stessa storia, praticamente ogni anno ci ritroviamo ad osservare sempre le stesse cose. Per gli anni precedenti, consultare i seguenti articoli:

lunedì 21 marzo 2016

Domenica delle Palme Alte Neocatecumenali

Neocatecumenali in USA dotati di "Palme Alte"
a norma dello standard internazionale dei kikos
Cronaca della S.Messa della Domenica di Passione svoltasi nella parrocchia di cui vi ho parlato in una testimonianza dello scorso gennaio ed in altri post (riepilogo: Diocesi di Roma, settore Est, circa 4000 anime, limitrofa al G.R.A. e con 4 comunità neocat).

Ci si è radunati, per la processione, in una chiesetta succursale (che è stato il luogo principale di culto della parrocchia in questione fino al 2004, quando venne inaugurata la nuova chiesa): ebbene, c'erano le comunità neocatecumenali al gran completo (mai avevo visto la "bellezza" di ben 5 o 6 cantori con relative chitarre) rami di palma ovviamente tutti per loro, mentre a noi "semplici" cristiani della domenica ci sono toccati i rami d'olivo. La benedizione è andata avanti normalmente, ma la proclamazione del Vangelo non è stata proprio cantata, ma letteralmente urlata da parte non del parroco, ma di un sacerdote che da un po' di tempo risiede in parrocchia (ignoro se sia collaboratore parrocchiale, perché nemmeno il sito web della diocesi dice nulla a tal riguardo)... naturalmente accompagnata dal sottofondo di schitarrate neocatecumenali.

Comincia quindi la processione, con croce astile, sacerdoti (5 in totale, compresi il parroco e il vicario parrocchiale) poi loro, i neocat, che portavano le "palme alte" (sì, non ci crederete: così ha detto il parroco nell'ordinare la processione prima di partire: «davanti, le "palme alte"» ossia i neocat, e dietro le "palme basse" ossia i rami d'olivo, cioè i "semplici" cristiani della domenica).

Durante la processione, canti cantati, anzi, urlati, solo da loro, dai soliti neocat, il resto della processione in silenzio assoluto, me compreso (ed è pure comprensibile visto che i canti non li conosceva nessuno dei "cristiani domenicali"); ingresso in chiesa con Osanna stra-urlato dai cantori neocat e relative chitarrelle; si svolge poi tutto pressoché regolarmente fino al Sanctus, quando i neocat alzano le loro "palme alte" e le cominciano a sventolare, seguiti a ruota, purtroppo, anche dagli ignari "cristiani della domenica" (io ho evitato di alzare i rami, visto che nel Messale Romano non è prevista una tale cosa). Ma la cosa più grave, secondo me, è la seguente: il sacerdote che ha proclamato il Vangelo prima della Processione (e a questo punto non ho più dubbio alcuno che sia anch'egli neocat), alle acclamazioni urlate di Osanna, batte letteralmente le punte delle palme sul pavimento della chiesa (che cos'è questa se non una pagliacciata? A che serve battere le palme a terra? Forse a far vedere che l'Osanna arrivi più in alto? O a far vedere che loro sono gli eletti che cantano le lodi a Dio, e gli altri sono nulla?)

Il carisma delle bocche urlanti
Anche il Credo (è stato utilizzato il Simbolo degli Apostoli, ma suppongo sempre musicato da Kiko) è stato cantato, anzi urlato, letteralmente urlato all'ennesima potenza, dai neocat con le loro "palme alte" sventolanti e battute in terra.

Effettivamente quelli con le "palme alte" stavano nei posti davanti; sull'altare non c'erano coloro che avevano fatto la redditio, ma in loro vece, i sacerdoti che hanno concelebrato, li hanno sostituiti "benissimo" (purtroppo, dico io: uno sventolava la palma che aveva in mano, l'altro sventolava e batteva la palma sul pavimento...).


Insomma, uno spettacolino-pagliacciata niente male...

Per fortuna poi tutto si conclude regolarmente, senza ulteriori pagliacciate.

Scusatemi la lunghezza del post, ma credo ne valesse la pena.

Mi sono amaramente pentito di aver partecipato a una tale scempiaggine, il prossimo anno, con più discernimento, cercherò una parrocchia dove non avvengono queste vergogne senza che alcuno muova un dito.

Mi ero illuso che le cose, almeno nella diocesi del Papa, stessero pian piano cambiando a questo riguardo... invece mi tocca constatare che non è così.

Anche se oggi [domenica 20 marzo 2016] la parrocchia in questione era strapiena in ogni ordine di posti (cappellina feriale compresa), resta sempre il fatto che il Cammino Neocatecumenale è portatore di divisione e fa svuotare le parrocchie in cui si insedia. Se qualcuno non pone un freno intervenendo con decisione e fermezza, ho la sensazione che ci troveremo dinanzi ad una gravissima crisi. Immaginate voi quali potrebbero essere le ulteriori conseguenze.

Tanto dovevo, in questa mia testimonianza.
(da: Wolf)

Una possibile risposta è negli ebraismi del CNC.
Per la celebrazione della festa delle Capanne in memoria del cammino nel deserto - una fissazione dei neocatecumenali - vengono sbattuti a terra rami di salice (uno dei quattro rami, tra i quali quelli di palma, che gli ebrei portano). Il rituale è simbolico: sbattendo i rami cadono le foglie, a significare la caduta dei peccati.
Niente di più probabile che, in luogo dei rami di salice, i neocatecumenali compiano l'azione con i rami di palma, riportando l'azione dalla festa delle Capanne all'ingresso di Gesù in Gerusalemme.
Nel Cammino, come ho scritto molte volte, nessuna azione simbolica è casuale.
(da: Lino)


Aggiornamento: su questo link facebook un'antologia fotografica di "Palme Alte Neocatecumenali".

domenica 20 marzo 2016

Ipocrisie neocatecumenali: il digiuno nel Triduo pasquale

Non raccontare balle Jack. Se dici così forse è perché sei un novellino entrato in Cammino negli ultimi anni di "rilassamento" dei costumi". La verità te la spiego io che sono ne cammino dal 1980, l'ho finito da ben più di dieci anni (con viaggio dell'Elezione e anni dopo del matrimonio spirituale in Israele) e tutti gli anni faccio le "cinquantine". Per parecchi anni all'inizio del Cammino veniva continuamente ripetuto che il digiuno cominciava la sera del Giovedì Santo, ed sarebbe stato un digiuno non di contrizione (come quello delle Ceneri) ma di attesa. E noi ubbidienti ad obbedire e ad arrivare al sabato con tremendi crampi e acidità di stomaco. Poi, piano piano, insensibilmente, durante gli annunci la specifica su quando iniziare il digiuno, cominciò ad essere citata sempre più raramente, e i cosiddetti "catechisti" neocatecumenali che riportavano l'annuncio si limitavano, e si limitano, a parlare genericamente di digiuno. La conseguenzaa pratica è che a quanto pare nessuno ne parla e ciascuno fa come può e vuole, di solito mangiando un pasto a venerdi e se non ce la fa qualcosina anche il sabato. Questa è la "prassi" che io vedo.

Evidentemente era troppo pretendere che Kiko potesse essere tanto umile da ammettere che quella che era una indicazione rigida e precisa veniva poi ufficialmente declassata, perché l'evidenza dimostrava quanto fosse inatttuabile perché addirittura controproducente; di fatto se uno arrivava alla veglia debilitato e stando male, come poteva "gustare" il momento della Resurrezione? Questo perché, alla faccia di tante chiacchiere sul dinamismo dello Spirito e sul Cammino che ne è la prova, non si poteva evidentemente dichiarare decaduta una "grida" che per anni era stata trasmessa quasi come un dogma. Allora semplicemente non se ne è più parlato facendola decadere nella prassi e lasciano che ingenui alla Jack dicano in buonafede che il digiuno non sarebbe mai stato dal Giovedì santo.

E purtroppo che questa non è una cosa limitata al digiuno ma è la stessa cosa che è successa, e succederà, di tante idee venute al nostro Kiko ed annunciate come una necessità impellente (poiché "Caritas Christi urget nos"). Per esempio, qualche anno fa gli era venuta l'idea della rempiantazione di intere comunità in altre città o addirittura nazioni e per qualche convivenza sembrava dovesse essere il futuro dell'evangelizzazione. Salvo poi la cosa a ridursi a qualche comunità di Roma che andava a celebrare in altre parrocchie (di Roma ovviamente). Da un paio di anni mi sembra che non se ne parli più. Stesso atteggiamento nei confronti delle Famiglie in missione all'estero; quando partono se ne parla e si lodano in abbondanza; quando molte di queste ritornano, magari dopo pochi mesi, il fatto è accompagnato da silenzio tombale. Ironicamente e amaramente mi viene da dire che il motto sembra essere: all'andar si va cantando, ma al ritorno si torna di notte e in silenzio ...

Quindi Jack prima di parlare informati da qualche "anziano".
(da: 30anni)

sabato 19 marzo 2016

Riecco le tre tirate d'orecchie (più la quarta) al Cammino Neocatecumenale

Ieri (18 marzo 2016) alle 11:45 papa Francesco ha ricevuto in udienza migliaia di aderenti al Cammino Neocatecumenale in occasione delle 50 nuove missioni neocatecumenali.

Il Santo Padre ha sostanzialmente ribadito le tre "tirate d'orecchie" del suo stesso discorso ai neocatecumenali del 1° febbraio 2014, quando disse:


  1. «...camminare insieme, come unico gregge, sotto la guida dei Pastori delle Chiese locali. La comunione è essenziale: a volte può essere meglio rinunciare a vivere in tutti i dettagli ciò che il vostro itinerario esigerebbe, pur di garantire l’unità tra i fratelli che formano l’unica comunità ecclesiale, della quale dovete sempre sentirvi parte...»;

  2. «...la necessità di una speciale attenzione al contesto culturale... Tanto più importante sarà il vostro impegno ad "imparare" le culture che incontrerete...»
  3. «La libertà di ciascuno non deve essere forzata, e si deve rispettare anche la eventuale scelta di chi decidesse di cercare, fuori dal Cammino, altre forme di vita cristiana che lo aiutino a crescere nella risposta alla chiamata del Signore».
Stavolta il Papa ha addirittura rincarato la dose. In breve, come diceva Lino:
Udienza assolutamente sottotono. Kiko silenziato. Occorrerà leggere il discorso ma mi è parso evidente che i (doverosi) saluti e incoraggiamenti alle persone in procinto di partire abbiano assorbito una minima parte del discorso. L'accento è stato posto sull'unità e sul rispetto delle culture locali: non si esportano modelli! Non da poco il riferimento al carisma che si perde quando si sposta l'attenzione sulla gloria umana.
Fossi un neocatecumenale, rileggerei il discorso trenta volte. C'è poco da esserne allegri.
Ed ecco il discorso di ieri (tratto dal Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede): notate come ha rincarato la dose rispetto al discorso di due anni fa.




Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Kikos impegnati a fare "nueva evangelizzazione"
Sono contento di incontrarvi e vi ringrazio, perché siete venuti così numerosi. Un saluto speciale a quelli che stanno per partire! Avete accolto la chiamata ad evangelizzare: benedico il Signore per questo, per il dono del Cammino e per il dono di ciascuno di voi. Vorrei sottolineare tre parole che il Vangelo vi ha appena consegnato, come un mandato per la missione: unità, gloria e mondo.

Unità. Gesù prega il Padre perché i suoi siano «perfetti nell’unità» (Gv 17,23): vuole che siano tra loro «una sola cosa» (v. 22), come Lui e il Padre. È la sua ultima richiesta prima della Passione, la più accorata: che ci sia comunione nella Chiesa. La comunione è essenziale. Il nemico di Dio e dell’uomo, il diavolo, non può nulla contro il Vangelo, contro l’umile forza della preghiera e dei Sacramenti, ma può fare molto male alla Chiesa tentando la nostra umanità. Provoca la presunzione, il giudizio sugli altri, le chiusure, le divisioni. Lui stesso è “il divisore” e comincia spesso col farci credere che siamo buoni, magari migliori degli altri: così ha il terreno pronto per seminare zizzania. È la tentazione di tutte le comunità e si può insinuare anche nei carismi più belli della Chiesa.

Voi avete ricevuto un grande carisma, per il rinnovamento battesimale della vita; infatti si entra nella Chiesa attraverso il Battesimo. Ogni carisma è una grazia di Dio per accrescere la comunione. Ma il carisma può deteriorarsi quando ci si chiude o ci si vanta, quando ci si vuole distinguere dagli altri. Perciò bisogna custodirlo. Custodite il vostro carisma! Come? Seguendo la via maestra: l’unità umile e obbediente. Se c’è questa, lo Spirito Santo continua a operare, come ha fatto in Maria, aperta, umile e obbediente. È sempre necessario vigilare sul carisma, purificando gli eventuali eccessi umani mediante la ricerca dell’unità con tutti e l’obbedienza alla Chiesa. Così si respira nella Chiesa e con la Chiesa; così si rimane figli docili della «Santa Madre Chiesa Gerarchica», con «l’animo apparecchiato e pronto» per la missione (cfr S. Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, 353).

Sottolineo questo aspetto: la Chiesa è nostra Madre. Come i figli portano impressa nel volto la somiglianza con la mamma, così tutti noi assomigliamo alla nostra Madre, la Chiesa. Dopo il Battesimo non viviamo più come individui isolati, ma siamo diventati uomini e donne di comunione, chiamati ad essere operatori di comunione nel mondo. Perché Gesù non solo ha fondato la Chiesa per noi, ma ha fondato noi come Chiesa. La Chiesa non è uno strumento per noi: noi siamo Chiesa. Da lei siamo rinati, da lei veniamo nutriti con il Pane di vita, da lei riceviamo parole di vita, siamo perdonati e accompagnati a casa. Questa è la fecondità della Chiesa, che è Madre: non è una organizzazione che cerca adepti, o un gruppo che va avanti seguendo la logica delle sue idee, ma è una Madre che trasmette la vita ricevuta da Gesù.

Questa fecondità si esprime attraverso il ministero e la guida dei Pastori. Anche l’istituzione è infatti un carisma, perché affonda le radici nella stessa sorgente, che è lo Spirito Santo. Lui è l’acqua viva, ma l’acqua può continuare a dare vita solo se la pianta viene ben curata e potata. Dissetatevi alla fonte dell’amore, lo Spirito, e prendetevi cura, con delicatezza e rispetto, dell’intero organismo ecclesiale, specialmente delle parti più fragili, perché cresca tutto insieme, armonioso e fecondo.

Seconda parola: gloria. Prima della sua Passione, Gesù preannuncia che sarà «glorificato» sulla croce: lì apparirà la sua gloria (cfr Gv 17,5). Ma è una gloria nuova: la gloria mondana si manifesta quando si è importanti, ammirati, quando si hanno beni e successo. Invece la gloria di Dio si rivela sulla croce: è l’amore, che lì risplende e si diffonde. È una gloria paradossale: senza fragore, senza guadagno e senza applausi. Ma solo questa gloria rende il Vangelo fecondo. Così anche la Madre Chiesa è feconda quando imita l’amore misericordioso di Dio, che si propone e mai si impone. Esso è umile, agisce come la pioggia nella terra, come l’aria che si respira, come un piccolo seme che porta frutto nel silenzio. Chi annuncia l’amore non può che farlo con lo stesso stile di amore.

E la terza parola che abbiamo ascoltato è mondo. «Dio ha tanto amato il mondo» da inviare Gesù (cfr Gv 3,16). Chi ama non sta lontano, ma va incontro. Voi andrete incontro a tante città, a tanti Paesi. Dio non è attirato dalla mondanità, anzi, la detesta; ma ama il mondo che ha creato, e ama i suoi figli nel mondo così come sono, là dove vivono, anche se sono “lontani”. Non sarà facile per voi la vita in Paesi lontani, in altre culture, non vi sarà facile. Ma è la vostra missione. E questo lo fate per amore, per amore alla Madre Chiesa, all’unità di questa madre feconda; lo fate perché la Chiesa sia madre e feconda. Mostrate ai figli lo sguardo tenero del Padre e considerate un dono le realtà che incontrerete; familiarizzate con le culture, le lingue e gli usi locali, rispettandoli e riconoscendo i semi di grazia che lo Spirito ha già sparso. Senza cedere alla tentazione di trapiantare modelli acquisiti, seminate il primo annuncio: «ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 35). È la buona notizia che deve sempre tornare, altrimenti la fede rischia di diventare una dottrina fredda e senza vita. Evangelizzare come famiglie, poi, vivendo l’unità e la semplicità, è già un annuncio di vita, una bella testimonianza, di cui vi ringrazio tanto. E vi ringrazio, a nome mio, ma anche a nome di tutta la Chiesa per questo gesto di andare, andare verso l’ignoto e anche soffrire. Perché ci sarà sofferenza, ma ci sarà anche la gioia della gloria di Dio, la gloria che è sulla Croce. Vi accompagno e vi incoraggio, e vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me. Io rimango qui, ma col cuore vengo con voi.

[00431-IT.02] [Testo originale: Italiano]

[B0198-XX.02]

giovedì 17 marzo 2016

Come Kiko interpretò le tirate d'orecchie di papa Francesco al Cammino

Citiamo qui un'intervista a Kiko Argüello, fondatore del Cammino Neocatecumenale, comparsa su Il Messaggero di Sant'Antonio (aprile 2014), evidenziando i "sottintesi" kikiani secondo cui il Cammino sarebbe una novità, sarebbe obbligatoriamente da accogliere, avrebbe da sostituire il clero, ecc.

Kiko addirittura afferma che nei seminari occorre insegnare ai preti a mettersi al servizio del Cammino!


Domanda: Il Cammino neocatecumenale ha quasi 50 anni. Tempo di bilanci…
Risposta: questi anni il Signore ci ha sorpreso con tanti miracoli e prodigi. Siamo felici soprattutto per la storia che, attraverso di noi, ha portato avanti con molte famiglie. E siamo grati dell’appoggio che i Papi non ci hanno mai fatto mancare. Non possiamo nascondere che viviamo anche molte difficoltà, perché non è così semplice che un carisma nuovo venga accolto. Però, se dobbiamo tirare un bilancio, dobbiamo riconoscere che il Signore è stato davvero generoso con noi.
Lezione sul cristianesimo ai vescovi in gita in Terrasanta
Domanda: Quali sono, secondo lei, le ragioni delle difficoltà?
Risposta: Credo che nella Chiesa ci sia ancora troppo clericalismo. Spesso si fatica ad accettare che un laico possa essere apportatore di un carisma capace di donare qualcosa di buono e importante alla vita della Chiesa. Non è stato sempre facile riuscire a mantenere viva la nostra proposta. Ma un carisma è un dono che Dio dà perché la sua Chiesa ne ha bisogno. E accoglierlo significa anche essere pronti a mettersi al suo servizio. Questo, purtroppo, nei seminari non viene spiegato.
Nostro commento: nei seminari cioè dovrebbero spiegare ai sacerdoti che il carisma che Kiko auto proclama essere stato dato al Cammino neocatecumenale "perché la Chiesa ne ha bisogno", sovrasta il munus docendi ecclesiae esercitato dai sacerdoti. Questo perché nella Chiesa -secondo Kiko- ci sarebbe "troppo clericalismo".
Un caporesponsabile laico neocatecumenale
dal presbiterio benedice i bambini della comunità.
Chi è "clericale": il Cammino o la Chiesa Cattolica?
Domanda: il primo febbraio scorso [2014], durante l’udienza per l’invio in missione di 174 famiglie, papa Francesco vi ha raccomandato: «La comunione è essenziale: a volte può essere meglio rinunciare a vivere in tutti i dettagli ciò che il vostro itinerario esigerebbe, pur di garantire l’unità tra i fratelli che formano l’unica comunità ecclesiale, della quale dovete sempre sentirvi parte». Come legge questo invito del Pontefice? 
Risposta: Il Papa ci ha chiesto di essere disponibili a rinunciare a dettagli, non ad aspetti essenziali della nostra esperienza. D’altra parte, i nostri Statuti hanno ricevuto l’approvazione ecclesiale nel 2008, dopo un’attenta e lunga valutazione.
Le tre tirate d'orecchie di papa Francesco, ancor oggi inascoltate!
Nostro commento: papa Francesco aveva raccomandato il rispetto delle Chiese locali e la comunione con il vescovo anche se a scapito di qualche "dettaglio" (senza specificare se dettaglio "essenziale" o dettaglio "non essenziale") del neocatecumenalismo. Poi aveva ricordato il rispetto verso il modo di vivere e le culture di altri paesi ed anche l'attenzione verso gli adepti del cammino ed al loro percorso individuale che non va forzato né blindato nella proposta neocatecumenale.
Evidentemente l'avere mano libera nelle diocesi, in terra di missione e nelle coscienze ed esistenze dei singoli adepti non è un "dettaglio" o un incidente di percorso, come benevolmente il papa ha voluto interpretare, ma è un aspetto fondamentale per il cammino, che senza protervia, disobbedienza, prevaricazione e plagio perde pregnanza e si riduce a nulla.
Annuncio di Bellezza  «La cosa importante per me – spiega Kiko Argüello – non è fare arte, ma realizzare qualcosa che serva, che annunzi, che commuova. Sono convinto, infatti, che solo una nuova estetica salverà la Chiesa. Le immagini della corona misterica vogliono colpire lo spirito dei fedeli che le contemplano. Esse hanno come fine quello di aiutare l’uomo a elevare il proprio spirito verso Dio. Queste pitture agiscono nell’animo del cristiano come avvenne nella Trasfigurazione, quando gli apostoli, pur non vedendo chiaramente, percepirono lo splendore della luce divina sul monte Tabor. Allo stesso modo, durante l’ascolto della Parola di Dio, e soprattutto nella liturgia, queste immagini, in una maniera diretta, immediata e più emotiva, vogliono aiutare chi le contempla a trasformarsi spiritualmente.
Kiko: "Volto di Cristo": è questa
la Bellezza che salverà la Chiesa?
Nostro commento: quanto sia originale l'arte di Kiko e soprattutto quanto sia fedele alla dottrina della Chiesa già l'abbiamo ricordato nel commento all'affresco sul Giudizio Universale.
Più che di una "Trasfigurazione" occorrerebbe parlare della deformazione che sfigura le opere originali, la Parola di Dio e il Magistero bimillenario della Sua Chiesa

domenica 13 marzo 2016

Passione, Morte, Resurrezione e Ascensione di Carmen Hernàndez

Nostra traduzione della "testimonianza" di Carmen Hernández tenuta alla Convivenza di inizio corso 1994-1995 con la spiegazione del Canto: "Carmen 63".

Evidenziamo alcuni passi, ricordando anzitutto che Carmen ha più volte cambiato versione (per esempio in altre occasioni - citate su wikipedia - disse di essere stata destinata ai minatori della Bolivia ma di sua iniziativa aveva preferito andare tra i poveri di Madrid).

Intervento di CARMEN:


«Per dare un senso, visto che ha relazione con il cammino –anche se a me non piace raccontare cose della mia vita, tanto che mi pento sempre quando dico qualcosa- per il Cammino e per la storia, e per dare gloria a Dio ed alla sua Chiesa ed al Concilio, voglio raccontarvi qualcosa.

Io fin da piccolissima mi sono sentita chiamata per il Signore alle missioni. Chissà perché, nonostante sia nata ai piedi del Moncayo in Olveda; se vedete sulla mappa, è quel posto che unisce Aragaona a Tarazona, che sta a 30 km –ci sono andata tante volte in bicicletta- e per Tudela altri 30 o 50 km, cioè Navarra, Aragona e Castiglia si incontrano lì, in quella regione.
Sebbene mia madre ci facesse nascere lì per via dei nonni e della casa, noi abbiamo sembre vissuto a Tudela, sulla riva dell’Ebro. E lì c’era una sede dei Gesuiti. Non so come stanno ora le cose, ma lì non abbiamo mai avuto Salesiani, o Domenicani né altro; il “San Francesco Saverio” era il collegio più grande che avevano i Gesuiti…enorme e meraviglioso, dove io ho visto passare fin da molto piccola missionari del Giappone, dell’India, della Cina, che sempre ci proponevano i filmini, ci parlavano delle missioni, e poi il collegio di suore della Compagnia di Maria dove andavo io, era proprio accanto ai Gesuiti.

Forse attraverso questo e per grazia del Signore ho sentito sempre fin da molto piccola la chiamata alle missioni. Io dico sempre che prima di San Paolo ho conosciuto San Francesco Saverio, che per me era l’ideale del cristianesimo, e tutto il mio ideale era partire per le missioni e, non so perché, per l'India.

Fu così che poi mio padre trasferì la famiglia a Madrid quando i miei fratelli hanno cominciato ad andare all’Università, e a 15 anni che avevo quando sono andata a Madrid, ho fatto la proposta di andarmene da sola in India.

Non so cosa pensavo di fare, però ho fatto questa proposta a casa mia che mio padre non mi ha dato uno scapellotto, però mi ha proibito tassativamente di andare in India. Io avevo una perfetta convinzione per la evangelizzazione.

Però la cosa più grande per me, è che io debbo moltissimo ai Gesuiti… per questo mi piace tanto Sant’Ignazio di Loyola, che è un uomo straordinario e non conosciuto; è stato importantissimo nella Chiesa, come tutti gli Ordini, e oggi stanno riuniti tutti i religiosi nel sinodo, e sarà una cosa fantastica, un rinnovamento oggi per loro.

Noi non siamo nulla in confronto a ciò che sono i Gesuiti, i Domenicani e tutti, è una cosa fantastica quella dei missionari e di santi che hanno dato le Congregazioni.

Però comunque il Papa ha detto loro: le Congregazioni non hanno una promessa eterna, solamente tanto quanto stanno unite alla Chiesa. Per questo chiama tutti gli Ordini religiosi alla comunione con Pietro, già nel preambolo del Sinodo che proprio ora il Papa sta inaugurando. L’hanno detto per radio, è in piena Messa con tutti i religiosi proprio in questo momento come inaugurazione del Sinodo.

A quindici anni avevo un proposito – io ho sempre propositi. Avevo uno zio Gesuita, primo fratello carnale di mia madre. Ogni anno mi proponevo di andarmene, e così presi il diploma. Però il fatto è che in quegli anni giovanili – per questo credo molto alla chiamata ai giovani e alle giovanette - Dio mi diede tantissime grazie, e debbo molto a Padre Sanchez, santo gesuita che stava a Madrid, che mise nelle mie mani il libro di Padre Lapuente.

Il Padre Lapuente è un classico dei gesuiti per la meditazione, mi introdusse molto nell’orazione. In questo Padre Lapuente, oltre al metodo gesuitico, è sempre colpito dalla sacra Scrittura: ogni pagina che sfogliavo era piena di Sacra Scrittura. Io sono entrata nella Sacra Scrittura attraverso Padre Lapuente. Ed anche  direttamente, perchè lo stesso Padre Lapuente fu il primo in Spagna a pubblicare una Bibbia in spagnolo, molto prima della Nácar Colunga e della De Bouver. Quindi già a 16 anni tenevo una Bibbia in mano. Il Signore mi ha colmato di ispirazione e di grazia.

Cosicchè veleggiavo sicuramente con questa chiamata, persino negli studi mi diedero in tutto il massimo dei voti, anche alla maturità: mi veniva tutto facile. Non sono giochi da ragazzi eh? E sono comunque molto interessanti.

Trovai molto aiuto in questo Padre Sanchez. Quando feci il diploma, feci un serio tentativo di andarmene, ma mio padre, siccome avevo 17 anni, diceva che in nessun modo avrei potuto andarmene.

Così cominciai l’Università, che mio padre aveva i suoi piani industriali, che avrei avuto successo e avrei lasciato tutto per l’industria, sarei andata a Madrid e uno di noi diventava fisico, un altro chimico, un altro ingegnere, un altro economista, aveva già costruito il suo castello.

Mi chiamò e mi disse: “Guarda, il primo a dirti che non c’è nulla di più importante di Dio nella vita è proprio tuo padre; ma non capisco perché te ne vuoi andare con le suore mettendo da parte tuo padre che ti può aiutare più di tutti per le missioni.” Cioè che aveva fede, ma voleva che lo facessi con lui e attraverso la scienza, attraverso la chimica, le fabbriche e queste cose.

Però già a 21 anni che facevo Chimica, stavo proprio con mio padre in una delle fabbriche che aveva in Andújar e me ne sono scappata da lì. Mi ricordo che mi lasciò in hotel - che lì erano quasi tutti maschi - e me ne scappai a Madrid; da Madrid fuggo a Pamplona e alla fine arrivo a Javier che era il posto da cui partire per l’India (mio padre mi aveva inseguito a Madrid e io stavo invece là).
Castello di Javier
A Javier intato era nata una cosa nuova, grazie ad un padre che Miguel conosce molto bene e che si chiama Padre Domenzain che non poteva andare alla II Guerra Mondiale, e faceva molta propaganda delle missioni in Spagna, a Pamplona aveva fatto una grande fiera missionaria; la novità a Javier era che intanto era nata una cosa nuova che non si chiamava Istituto, ma “Missioni di Cristo Gesù”, ed era esclusivamente per le missioni. Non aveva sede in Spagna ed era una cosa molto nuova, molto dinamica, come sono ora gli itineranti.

Ho vissuto lì a Javier anni fantastici. Di spirito missionario, di orazione, di grazia del Signore, di forza evangelizzatrice enorme. In un momento andarono in Giappone, in India, in Congo, da tutte le parti: partivano come frecce.

Lì il Signore mi diede moltissime grazie, mi stavo preparando. Molte mie compagne dopo il noviziato le mandavano a studiare Medicina perchè visto che andavano in zone difficili era molto utile studiare Medicina.

Questa casa missionaria la appoggiò molto il vescovo di Pamplona che era un Salesiano, don Marcelino Olaechea, suo padre era un operaio degli altoforni: come diceva lui, operaio, figlio di operai, che fu poi Arcivescovo di Valencia. Don Marcelino Olaechea fu quello che appoggiò tutta questa fondazione , che in India vestivano con il sari e in Europa vestivano normali. In casa vestivamo una specie di abitino che era come quello che indossano le studentesse di Oxford.

Rendo moltissime grazie al Signore perché quello fu per me un autentico cenacolo di orazione, di grazie del Signore immense. Così, visto che avevo studiato Chimica, mi fecero studiare Teologia, e grazie a questo Arcivescovo di Valencia che era molto aperto, molto buono, un uomo santo - ora vogliono introdurre la sua causa di canonizzazione - era un uomo molto intelligente. Anche a Valencia, quando lo trasferirono a Valencia da Pamplona, aprì una casa di formazione teologica per religiose e mise lì i migliori professori che aveva a Valencia, fra questi il Padre Sauras che era il numero uno che la Spagna ha avuto tra i Domenicani nella nostra epoca, e il primo che scrisse un libro nuovo sulla Cristologia. Fu al Concilio come consultore. Con lui ho conosciuto i Domenicani e tutta la santa Teologia che si insegna ai sacerdoti, con tutta la Summa di san Tommaso - che questo Padre fantastico spiegava molto bene, con grazia enorme.

Alla fine, mi fecero fare quella teologia. E per un anno intero ho lavato roba, che non avevo lavatrice: ho lavato sudari a montagne.
Ed infine mi destinano all’India.
Le tre fondatrici delle
Misioneras de Cristo Jesùs, a Javier
Però per entrare in India, prima di andare in India, (a quel tempo c’era il Commonwealth e anche ora è difficile andare in India, sempre è stato difficile) mi mandarono a Londra. A Londra sono stata a partire dall’anno 1960 al 1961 –ho un diario di quegli anni, che ora sono entrati i ladri nella casa di Piquer, hanno rubato una piccola valigia che tenevo, ho visto una quantità di cose impressionanti, lì a Londra, preparandomi per l’India, d’improvviso, misteriosamente, per disegno di Dio, quell’"aereo" che mi portava atterrò invece che in India in Israele, però non senza un atterraggio forzato a Barcellona.

E Barcellona fu molto importante per me, perché lì tutto l’entusiasmo che avevo in me per Cristo e Cristo Crocifisso – che me ne andavo in bicicletta con il libro di Santa Teresa e con quello di San Giovanni della Croce quando ero ragazzina – il Signore mi ha fatto atterrare lì a Barcellona per partecipare autenticamente alla Passione di Gesù Cristo.

Io per questo dico che sempre i Vespri della Domenica cominciano che “Essendo Dio umiliò se stesso e si fece uomo”, che questa discesa, questa kenosi che per me fu Barcellona, fu veramente entrare nient’altro che nella Passione, fin dentro alla Passione di Gesù Cristo. Quella di essere giudicato dal suo popolo in nome della Legge che Lui aveva dato, e cacciato fuori dal suo popolo e crocifisso fuori dalle mura.

A me mi emozionavano tantissimo gli eventi che mi stavano capitando, queste Missionarie avevano fatto una riunione nella quale cambiarono i Consultori, e incominciarono un cambio dell’Istituto… pareva loro che don Marcelino dava troppa apertura all’Istituto, che si stava rilassando (io credo che forse avevano avuto qualche problema con le ragazze che studiavano medicina soprattutto in Inghilterra) e cominciarono ad essere più rigide, a chiudersi di fronte a questa apertura immensa con la quale erano nate.
E allora, ancor prima del Concilio, iniziarono una guerra fra il conservatorismo e quella apertura, e vinse il conservatorismo persino contro l’arcivescovo di Valencia che era l’anima di quell’Istituto.

Era così grave che quasi andarono fuori strada. E oltre alle 600 regole che avevamo dai gesuiti, misero un altro mamotreto, altre regole: per esempio, per più carità, più silenzio; per più onestà, più manica larga, tutto fu rinchiuso in un nuovo corso più legalista.

Però queste che lo fecero erano sante donne eh? Una di queste era stata Presidente dell’Azione Cattolica in Spagna, e queste erano state in Giappone – erano fin dall’inizio in Giappone – e non conoscevano la nostra generazione. Cominciarono a cacciare: una, due tre e la quarta sono stata io. E con un telegramma, quando ero sul punto di imbarcarmi per l’India, detto fatto mi chiamano a Barcellona.

A Barcellona l’arcivescovo che era terrorizzato di quello che stava succedendo, perché era lui ad aver ottenuto che queste Missionarie di Cristo Gesù, in pochissimi anni fossero di Diritto Pontificio, che non appartenevano alla Congregazione dei religiosi ma dalla Propaganda Fidei direttamente per le Missioni. Perché era molto amico di Pio XII, don Marcelino Olaechea, aveva ottenuto rapidamente tutte le approvazioni.

Intanto, la cosa importante che dico di Barcellona per il Cammino è questa kenosi profonda. Mi ricordo che andavo al Museo Marés, un Museo in Barcellona tutto di crocefissi romanici meravigliosi che collezionò questo Marès: di Zamora, di Avila, di Sevilla e di tutta Spagna.

Nel 1962 le Missionarie di Cristo Gesù "cacciarono" Carmen.
Nello stesso anno (in cui ricevettero l'approvazione definitiva)
inviavano in India questa missionaria di Valencia.
Me ne andavo lì al Museo Marès e pregavo con emozione e guardando la croce mi inondava una gran pace nonostante le lacrime - sono tutti crocefissi in cui si vede gesù Cristo che regna dalla croce - per quello che stavo io stessa passando, perché era incomprensibile - dal momento che loro stesse ora dicono, e dicevano allora, che non ci avevano cacciato, che noi ce ne eravamo andate- perché era qualcosa che non capivo con la ragione; perché nel Noviziato sì che ti possono cacciare se non gli vai bene, però dopo 8 anni che eravamo lì devono esserci cose gravi previste dal Diritto Canonico.

Così il Padre Morán, Cattedratico di Morale di Barcellona, diceva loro: "State operando contro il Codice [di diritto Canonico]". E lo stesso Arcivescovo di Valencia si presentò un giorno a Barcellona a difendermi. E quello che intanto era Arcivescovo di Barcellona, che era Mons. Mondreo, un giorno andai a parlare con lui, mi ricevette e mi consolò e mi appoggiò molto. Io andavo sempre intorno alla cattadrele con questo problema che avevo, perché queste non volevano cacciarci ma volevano che ce ne andassimo, come fecero con la prima che era una Fraga, una intelligentissima.

Fu questa a contestare tanto tramite il fratello, una Fraga Iribarne. A questa dissero che era meravigliosa, ma che se ne andasse. La cosa è che lei aveva una vocazione per la Cina enorme. Come sua madre parlava anche il francese, e sempre chiedeva di andare in Cina. Le dissero che era meravigliosa ma che Dio la voleva per un’altra cosa, così lei se ne andò a Marsiglia per imbarcarsi per la Cina.

La quarta fui io, mi tennero in forse per molto più tempo. Però quel giorno che andai a Barcellona, che mi chiamò l’arcivescovo da Valencia e mi disse: umìliati, figlia mia, io gli dissi: ”Padre, non si tratta di umiliazione, ma che mi tengono qui già condannata a morte e con la sentenza firmata”.
Però comunque fu così, furono incerte se cacciarmi per un anno intero, quell’anno intero in cui rimasi lì.

Così quell’anno, il 1962, fu per me una grazia enorme entrare nella Passione di Gesù Cristo.

Questo è emozionante raccontarlo, però non si può raccontare cos’è sentire che dentro di te si realizza la passione di Gesù Cristo: è un’esperienza che è, nonostante sembri il contrario, la migliore che esista. Ve lo dico in verità, che non ho mai sperimentato tanto Dio come nella croce. Come d’altra parte mi aveva preannunciato il Signore.

E fu Dio che io ho incontrato, nel mezzo di questa passione che ho sofferto lì, perché non sapete cosa vuol dire che ti cacciano, che cadi nel ridicolo. Mio padre che mi inseguiva da 8 anni, e avevo fatto la pace con lui all’aeroporto di Londra; con tutto il casino che avevo scatenato nella mia famiglia, che mio padre è stato senza parlarmi per anni, mi cacciavano in strada. Ho cioè vissuto quello che è venire da Londra a Barcellona con la promessa, con Isacco, sapevo cosa succedeva sul Monte Moria. Con questo il Signore mi ha dato di vivere tutto quello che sapevo delle Scritture, tutto l’ho sperimentato nella mia stessa carne. Cioè che con la promessa che avevo tenuto fin da piccola, che era il mio destino, il mio futuro, essere lì, senza sapere dove andrai né ciò che sarà di te.

Da sinistra a destra:
Farnés, Pezzi, Carmen, Kiko, Cañizares 
Proprio lì, in questa umiliazione e in questa passione, nel Gethsemani della mia vita, Dio mi ha mandato un angelo che fu il Padre Farnés.

Il Padre Farnes veniva dall'Istituto Liturgico di Parigi e teneva in pugno tutto ciò su cui si fondava il rinnovamento liturgico e teologico del Concilio, perché questo Istituto ha influito molto su tutta la preparazione del Concilio con professori come D.Botte, Bouyer ecc.

E Dio, visto ero in quell'anno proprio lì, perché lì passavo per le mie devozioni eucaristiche che, per Grazia di Dio, ho sempre mantenuto fin da piccola: non ho mai saltato una Comunione per niente al mondo, così pure all'Università. Mi ricordo dai Sacramentini, quando non mi davano il tempo di partecipare alla Messa, mi comunicavo e scappavo via come una palla. In tutti i viaggi che mio padre mi faceva fare per spegnere la mia vocazione, per esempio a Casablanca dove era difficilissimo trovare una Chiesa, non potevo comunicarmi ed era sempre Gesù Cristo che veniva da me.

Da lì è venuto che io, per l'esperienza di morte che avevo, ho capito che comunicarmi era comunicare con la morte di Gesù Cristo per fare la Pasqua e la Resurrezione. Così ho capito che, attraverso ciò che stavo passando, c'era tutto il rinnovamento conciliare della Eucarestia, della Pasqua, della Liturgia: con Farnés, che ci faceva lezione tutti i giorni.

Dico questo perché in questa Pasqua e della nuova Ecclesiologia, che è la Chiesa come luce delle nazioni e non come luogo dove chi non entra non si salva, tutto quello che è lo schema delle catechesi, è stato vissuto e sperimentato da me nella mia vita, non come una lezione, a Barcellona.

Per questo vi dicevo che volevo raccontarvi queste cose, perché sono più importanti delle baracche per il Cammino, mi perdoni Kiko Argüello.

Le baracche sono state importanti per lui, però per il Cammino è stato molto importante il Concilio e tutto il rinnovamento liturgico. Dio si è servito di questa esperienza che mi ha fatto fare per poter entrare nel Concilio. Il filo conduttore di tutte la catechesi non è altro che, per arrivare a questa Pasqua, a questo dinamismo della Resurrezione,  si deve partire da Abramo, passare per l'Esodo ecc. È tutto lo schema delle catechesi.

Siccome conoscevo tutta la Teologia antica, entrai in perfetta armonia e sintonia con quello che comportava il Concilio. E così, la mia prima idea quando mi cacciarono fu di andare in Israele.
E lì in Israele il Signore seguitò a darmi moltissime grazie. In tutti i modi, il Signore mi aiutò, perché me lo aveva predetto.

A Javier, dove ricevetti tante grazie dal Signore, una delle grazie più grandi fu negli esercizi del mese - che facciamo per due volte gli esercizi completi di Sant'Ignazio - che sono quattro settimane, nella terza settimana c'è la Passione; io mi ricordo - nella casa degli esercizi di Javier che in molti conoscerete, che cominciai a fare l'orazione per la notte e stavo metà della notte a pensare se, davanti alle sofferenze,  dicevo io, avrei negato Gesù Cristo? Se San Pietro invece di dire "Signore io non ti rinnegherò mai" avesse detto "non permettere che ti rinneghi", glielo avrebbe concesso, e con questo pensiero me ne andai in camera.

E il Signore, attraverso una visione o un sogno fantasioso, come volete chiamarlo, mi manda come un'apparizione e mi dice "tu seguimi". Però il "tu seguimi" risulta essere che si apre una finestra e che devo buttarmi.  Sono spaventata. E Gesù Cristo "Seguimi": e va bene ti seguo. Esco da questa finestra e comincia una caduta verso il basso come senza paracadute e cioè cadi, vai a terra con una velocità tale da sfracellarti.

E Gesù Cristo mi diceva: "Perchè non mi dici che vuoi seguirmi?" ed io "Sì!". Quando dico questa accettazione, "con te", incomincia un cambio radicale, un'ascesa. Sapete che sono molto devota dell'Ascensione perché ho vissuto - fuori o dentro la mia carne, non lo so, diceva San Paolo - ciò che è l'Ascensione. E cioè entrare in un'Ascensione immensa di allegria che non ha nessun paragone con nessun piacere sessuale, qualcosa che sa di eternità, che è entrare in Dio, nell'eternità. Qualcosa che l'unica cosa che io potevo dire era "Basta, Signore, basta!".

Il Signore mi aveva preparato con questo sogno, che in fondo è il mistero di Pasqua: la kenosi e la Resurrezione, la esaltazione e Ascensione. Questo, a Javier.

Quando, dopo vari anni, mi successe questo di Barcellona, mi tornò in mente -questo non l'avevo mai dimenticato, ho dimenticato molte cose, molte grazie, però questo l'ho sempre tenuto presente come una luce nella mia vita, questa esperienza che mi durò moltissimo tempo, che fu un'allegria immensa - che la finestra da dove mi cacciavano era questa.

E la Passione che vissi, che fu una passione veramente enorme, e che il Signore mi concesse con la conoscenza di tutto il Concilio di entrare in una nuova tappa della Chiesa. 
Così andai in Israele. E prima di andarci ...io alle stesse Missionarie voglio moltissimo bene, anche se mi cacciarono. Mi ricordo della Superiora - che era molto dell'Azione Cattolica... e che ascoltava Farnés, tanto che mi mandò con Farnés - mi diceva: "A volte quando parli mi pare che tu abbia ragione in tutto quello che dici, però non so perché devo esserti contro." Per questo quando me ne andai le mandai un bigliettino "Lo so che hai operato per ignoranza... perché così si compia ciò che Dio ha profetizzato per me". Le ho mandato altre parti del Kerigma con la faccia di Cristo di El Greco.

Mons. Marcelino Olaechea
E allora quell'anno una ragazza che sta nelle comunità mi ha mandato una delle cartoline che mandò un'altra missionaria -che è di Pamplona-. Tutto ciò il 28 agosto, che è il giorno in cui me ne andai, il Signore quel giorno, dopo le lotte e le tribolazioni che ebbi tutto l'anno, perché non sapevo se andarmene o non andarmene, e ho fatto tutto il possibile per non andarmene. Quelle volevano che io me ne andassi liberamente, e non cacciarmi; io ho fatto tutto il possibile, fino ad andare a parlare con l'Arcivescovo.
Però il giorno 28 che il vescovo non ci stava, l'altro non ci stava, tutto il mondo stava fuori, quel giorno scelse la Madre Generale (che la poveretta ha sofferto più di noi, che non era opera sua, ma delle Consigliere che non ci conoscevano perché erano nuove, venivano dalle missioni: India, Giappone ecc.) la poveretta venne lì e mi disse che non mi ammettevano ai voti perpetui -che erano per il 3 ottobre, Santa Teresina, che ora hanno cambiato.

E quando seppi la decisione... perché il terribile è stare nel dubbio, io non potevo andarmene liberamente finché non mi cacciavano davvero. Sono stata notti intere davanti al sacrario, con una sofferenza enorme; d'altra parte sentivo una speranza grande, che Dio mi faceva una promessa.

Con tutto questo le altre, che erano state cacciate prima, andarono a Marsiglia, vennero a cercarmi e mi dissero: "Andiamocene, che Dio ci vuole per altre cose". Però ho resistito fino alla fine, al 28 agosto. Viene anche un'altra ragazza che avevo conosciuto in Inghilterra: senza sapere quel che stavo passando, mi accompagnò al treno che presi a Valencia, prima di tutto per parlare con l'Arcivescovo, poi per andare a trovare i miei genitori che stavano a Marmolejo. Dopo, già pensavamo di andarcene a stare altrove, visto che l'Arcivescovo stesso ci appoggiava, in America. E lì stavo io, vivendo nelle baracche, in Montjiuit, nelle case popolari di Casa Antunez, lavorando in fabbrica, in Hilaturas Casal y Perez. A me Barcellona sempre mi emoziona tantissimo perché ha una storia per me tutta di morte e di resurrezione. 

E a una di queste ragazze le mandò una cartolina, per interessarsi di questa amica sua che sta nelle comunità -era molto amica con lei, le due avevano studiato Pedagogia- gliel'ha data e a me ha mandato una fotocopia.

A questa ragazza scrisse: "Sono rotti i miei indugi, pagati i miei debiti. Le mie porte sono spalancate, me ne vado da tutte le parti". Questo è verità, io l'ho sentito: la libertà di entrare nell'universo intero. Dopo le sofferenze di quell'anno, fu per me una dinamica di Pasqua, di Resurrezione e di Ascensione e di che l'universo intero è una meraviglia ed un paradiso creato da Dio con destino d'eternità.

Questa ragazza le scrisse: "Essi, accovacciati nel loro angolo, continuano a tessere la pallida tela delle loro ore" - questo passo poi Kiko lo concretizzerà, gli piace molto - "vanno a sedersi nella polvere a contare le loro monete, mi chiamano perché non li segua".

Tuttavia mio padre che aveva comprato intanto una grande fabbrica in Guadalquivir, in Siviglia, mi dice: "Guarda, proprio in quel sito c'è una Chiesa e una casa in cui potresti fare il convento che desideri". Lui sempre con l'idea che collaborerò con lui "perchè con tuo padre puoi ottenere di più per le missioni che con le suore". "Continuano a tessere la pallida tela..." - il tempo. Quando il tempo è una noia, quando non si sa cosa fare, come succede alla nostra società, che sta seduta senza ideali e senza destino, -sapete che cos'è il tempo? La noia, il vuoto più grande. Uno dei sintomi è il "zapping" con la televisione. "Mi chiamano perché non li segua. Ma la mia spada è già forgiata, la mia armatura è pronta, il mio cavallo scalpita. Guadagnerò il mio regno."

Questo le scrisse. Poi questo anno me l'hanno mandato e a Kiko è piaciuto, e ha fatto un canto per i bambini. "Me ne vado da tutte le parti": perché si è compiuto in noi nella Merkabah.

Questo regno non è kikiano, caro Kiko, benché tu lo dica qui.

Le suore non stanno in crisi, bensì si sono riprese, dopo il Concilio, e sono da tutte le parti. Però per me è stata un'esperienza.  
Kiko Argüello nelle baracche delle Palomeras
si noti al centro il suo autoritratto
nel formato "supereroe cattivo Marvel"
Solamente lo volevo raccontare perché questo mi pare sia importante per il Cammino, di più delle baracche di Madrid.

Le baracche di Madrid sono servite molto come punto di concretizzazione del Concilio tra i poveri, perché io l'ultimo posto in cui sarei andata era Madrid. Viene fuori che mentre io ero andata in Israele - prima o poi parlerò di più di questo viaggio in Israele - le mie amiche erano andate da Barcellona a Madrid, perché loro non erano di Madrid, che era l'ultimo posto in cui io sarei andata. Noi pensavamo comunque di creare tra di noi una cosa nuova.
E Dio mi ha chiuso tutte le strade per incontrarmi a Madrid. 
Le mie amiche vivevano nelle Palomeras già prima di Kiko, e noi abbiamo vissuto nelle baracche molto prima comunque. E io ho litigato con Kiko da quando l'ho conosciuto nel Cursillismo. Certo aveva una gran fede, e soprattutto io lo conoscevo prima di lui, che collaborava con una mia sorella, per il quadro con la faccia di Gesù Cristo. Questa faccia del Servo di Yahvè la teneva mia sorella in camera sua e a me piacque moltissimo, che è il primo canto che ha fatto nelle baracche. Per passare dal servo di Yahvè al Resuscitò ci è voluta tutta la Pasqua e il Concilio, non fu facile.

A volte io glielo dico a Kiko, in due parole: "Dio ti ha servito su un vassoio tutto il Concilio attraverso Carmen e tu non te nei sei neppure accorto". 

Voglio dire che il contenuto del Cammino non nasce con Kiko che apre la Bibbia a caso come racconta lui. Ciò che stiamo tenendo tra le mani è il Concilio Vaticano II vero e proprio. E Dio si servì anche di Morcillo, l'Arcivescovo di Madrid, che fu l'altro miracolo che ci fu nelle baracche; cioè il giorno in cui io ho cominciato a collaborare seriamente con Kiko, perché non mi fidavo di lui. Tanto è così che siamo stati senza parlarci per mesi, io avevo un altro gruppo in un altra parte delle baracche. La mia intenzione era sempre di partire per le missioni. Morcillo fu importantissimo: senza di lui, né io né Kiko saremmo mai andati nelle parrocchie.

"Tu es Carmen..."
Un'altra cosa molto importante che voglio dire è che in questo viaggio in Israele -anche se però se andiamo a parlare di Gerusalemme ci vuole tempo- Dio ci mandò davvero cose fantastiche, un aprirsi delle Scritture da tutte le parti. Con questa ragazza, che ho conosciuto in Inghilterra e che fu un angelo per me, ci siamo imbarcate su una nave turca. Sulla roccia del Primato di Pietro, che in molti conoscete, sono stata seduta tanti giorni, pensando a che posto avevo io nella Chiesa. È la grazia che mi diede lì il Signore. Ed anche in Ain-Karen, sito vicino a Gerusalemme, dove si commemora la Visitazione della Vergine e il Magnificat.

E un altro ancora elemento fondante che vedo il Signore non vuole - me lo ha detto a me chiaro e ce l'ho presente così chiaro, per questo attacco sempre la parola "movimento" - vedo che vuole che sia qualcosa per tutta la Chiesa, non un'Associazione né una Congregazione, ne un Movimento: è il Concilio. Cioè un rinnovamento della Chiesa. Per questo io le ragazze le invito ad entrare nelle Congregazioni, e i ragazzi nel Seminario Redemptoris Mater che è diocesano, e le comunità stanno nelle parrocchie. Un rinnovamento della Chiesa. Ciò che portiamo non è che un carismatico si è inventato una cosa; sì, a lui come artista il Signore lo ha portato, che gli ha dato tante grazie per realizzare nella parola e nella prassi il rinnovamento.»


Intervento di KIKO:

«Questo che ha detto Carmen - alcuni già sapevano delle cose - credo che sia molto importante. Perché tutto quello che ha detto è certo, e più che certo. È la verità: senza Carmen il Cammino Neocatecumenale non esisterebbe. Senza il Concilio. Carmen è stata il veicolo, studiando Teologia e conoscendo attraverso Farnés tutto il rinnovamento liturgico, il Mistero Pasquale. Io, poco ho fatto: porre la mia povera arte al servizio di questo rinnovamento, come può.

Questo canto lo dedico ai seminaristi di Valencia. Ve lo dedico perché aspetto che si compia in voi è possiate dire come Carmen: "Me ne vado da tutte le parti".
"Io credo che l'India, tramite uno dei suoi poeti,
ha dedicato a Carmen questa poesia"

È uno dei poeti più grandi che abbia l'India, che si chiama Tagore, che fu premio Nobel nel 1913. Studiò in Inghilterra e conobbe il Cristianesimo, e stava enormemente impressionato. Ebbe molta fama in Spagna perch tradusse le sue opere Zenobia, la moglie di Juan Ramon Jimenez, un altro premio Nobel. Per questo, la traduzione in spagnolo di questo Tagore è così buona, non è così in altre lingue, perché soltanto con la traduzione come quella di Jimenez, un altro grandissimo poeta, si può tradurlo, adattarlo, perché la poesia è sempre quasi impossibile, perde molto quando si passa da un idioma all'altro, come sapete.

È una poesia delle tante che ha scritto, è molto bella, in essa c'è l'intuizione che hanno i poeti. Io credo che l'India, tramite uno dei suoi poeti, ha dedicato a Carmen questa poesia.
Dice: "Sono rotti i miei legami". Cristo ha rotto i nostri legami, quelli di tutti, ha pagato i nostri debiti: "pagati i miei debiti, le mie porte sono spalancate. Me ne vado da tutte le parti".
Noi, per salire sulla Merkabah, agli itineranti dicevamo -prima di conoscere questa poesia di Tagore- che un cristiano è universale, deve essere disposto ad andare da tutte le parti.»


Intervento di CARMEN:

«Il primo incontro che ho avuto con Kiko Argüello fu in casa sua, mentre suonava la chitarra. Io che venivo da sofferenze enormi, a Madrid, con la mia famiglia che mi stava perseguitando ed altro, lui stava lì, suonando la chitarra e mangiando pollo, facendo il galletto con la svedese; alla fine, non ci ho fatto caso, ho pensato: è una creatura. Poi andai alla Fortuna, il quartiere dei trappisti, aspettando, perché mio padre mi diceva: "ora sai che tuo padre può fare tutto ciò che vuoi per te: ora vieni qui a casa a mangiare e a farti la doccia". Stavo dormendo in una farmacia e poi andai alla Fortuna con i poveri, aspettando di vedere cosa voleva Dio, perché le mie amiche ancora non volevano imbarcarsi.

Intanto Kiko andava a fare il servizio militare. Nel primo incontro che ho avuto con lui in un bar delle Palomeras, dove stavano queste amiche mie - che si unirono alla lotta sociale, alle Commissioni Operaie - Kiko mi racconta le sue visioni, che la Vergine gli aveva detto di formare piccole comunità come la Famiglia di Nazareth. Mi ricordo del bar. E mi dicevo: "Questo ragazzo è tanto moderno ed è un bigotto". Perché in quei tempi Conciliari per me San Giuseppe non aveva più importanza. Immaginavo che era stato mesi interi a Nazareth, che era stato lì nella grotta ore ed ore con grande devozione. Tutto ciò lo aveva unito all'annuncio, alla mia idea missionaria; però la Sacra Famiglia di Nazareth a quei tempi a me sapeva di rancido, come quelle statue che erano dappertutto ed erano insopportabile. Intanto per me San Giuseppe era sparito dal globo. Quando ho sentito che diceva di formare piccole comunità come la Famiglia di Nazareth... E come vedo che veramente è stato così. L'importanza oggi della famiglia.
Carmen (detentrice dello "Spirito Santo")
e mons. Casimiro Morcillo Gonzàlez

Cioè, io volevo missioni di evangelizzazione, Kiko costituire piccole comunità. Tutto questo delle Missioni Popolari era quello che noi pensavamo di fare in America, e comunque sono quelle che ha introdotto, dopo Denver, benché tu Kiko non ricordi...

Ha la Grazia creativa dell'assimilazione; di assimilare tutto e di fare tutto suo. Aspetto che faccia tua la Croce di Gesù Cristo, e vedrai la Resurrezione.

Tutto ciò lo dico per via delle piccole comunità come la Famiglia di Nazareth. Me lo disse il primo giorno che lo conobbi. Di mandare gli itineranti, e tutto questo mi stava bene perché io l'ho fatto con i gesuiti e le Missionarie di Cristo Gesù: andavamo due a due, senza denaro. Io ho vissuto tutto il tempo in Israele senza un soldo: ci siamo imbarcate su una nave turca. Questo in fondo veniva da Sant'Ignazio, dai gesuiti, dalla vita di itineranti come erano gli Apostoli nel Vangelo. Kiko invece sempre forma gruppi.

La cosa importantissima a Madrid fu per me la presenza dell'arcivescovo, e come Dio voleva una cosa per la Chiesa, formare piccole comunità per l'evangelizzazione. E come il piano e il progetto che aveva Dio era unico.»


Intervento di KIKO:

Kiko impettito e travestito da accademico
«Senza alcun dubbio. Ho imparato che, perché non mi glorii, Dio fa miracoli enormi, ma con strumenti deboli, con strumenti come Carmen e me, perché non ci gloriamo. Perché vediate che è un'opera di Dio, che non è opera mia, né di Carmen, né di nessuno.

Io ho visto come questo canto si è compiuto in Carmen: "Accovacciati nel loro angolo tessono la tela delle loro pallide ore". Qui il poeta ha avuto un'intuizione, perché nel mondo ci sono due cose terribili: una che la gente sta tessendo il tempo, sta tentando di sfuggire al tempo "tessono la tela delle loro pallide ore". Per questo i night-club, gli svaghi, la noia della domenica sera chiamando gli amici per vedere se si va a ballare o a fare altro.

Tutti voi avete sperimentato che se uscite dalla conversione, il tempo chiede immediatamente il suo prezzo, il tempo ti annuncia che la tua vita non ha senso, cioè il tempo è carico di morte. E il tempo carico di morte, come si chiama? Si chiama noia, il tedio che porta la gente al suicidio. Per questo la gente deve scappare da questo tempo che ti sta dicendo che la vita non ha senso. Cerca di scappare con le feste, con gli amici, con i divertimenti, andando a giocare a carte. Deve scappare, andare al cine. Deve scappare dal tempo.


Per questo, attenzione a una cosa che vi dico sul tempo. Quando stavate nel paganesimo, se qualcuno ti faceva aspettare mezzo minuto che ti affliggevano con la sua famiglia, il tempo non lo sopportavate. Nel Cammino puoi aspettare, puoi far tardi, diciamo così. Attenzione perché il tempo è cambiato cosmologicamente: non ci angustia più.

"Tessono la tela delle loro pallide ore, contano le loro monete, seduti nella polvere". Due cose ci sono al mondo fuori dal Regno di Dio: scappare dal tempo che ti porta alla morte  il denaro. "Contano le loro monete, seduti nella polvere". Il tempo è denaro. E l'uomo deve scappare dal tempo che porta alla morte con le vacanze e i divertimenti, simulando la festa.

È la liturgia che ci riscatta dal tempo della morte e ci introduce nel tempo escatologico, nel tempo eterno.

Bene, anche il demonio ha le sue liturgie, che sono le orge, il nightclub con le donne, con le prostitute. È una liturgia che cerca di imitare la Festa. Che dopo, siccome è un inganno, quello che va alla festa, all'orgia, al baccanale con le amichette, dove si beve, si fornica ecc., quando escono dalla festa stanno peggio di quando sono entrati, perché è stato un inganno e loro sono distrutti.

È una cosa terribile, che quelli che siamo stati nel mondo e siamo stati dei mascalzoni, lo sappiamo, lo conosciamo.

"Accovacciati nel loro angolo, tessono la tela delle loro pallide ore, contano le loro monete, seduti nella polvere, e mi chiamano indietro".


Mi chiamano -questi del mondo- perché non prosegua - Carmen aspettava due anni a Londra per andare missionaria in India, improvvisamente la chiamano a Barcellona, Non può proseguire.

"Però la mia spada è già forgiata" - Carmen aveva con sé una spada che era la Parola di Dio, che era la Teologia che aveva studiato"Già tengo pronta la mia armatura" - l'armatura che Dio le aveva dato era un anno intero di kenosi, di sofferenze, di essere giudicata in funzione della legge. Mi cacciano, non mi cacciano, cosa sarà della mia vita, dove andrò eccetera.

"Già il mio cavallo scalpita, io guadagnerò il mio regno". Questo lo ha mandato una ragazza perché, chiaro, quando lo mandò, dopo anni che Carmen se ne era andata, cacciata, e oggi è famosa per la sua congregazione.

Ho incontrato la Generale delle Missionarie di Cristo Gesù - la sua congregazione, che attualmente stanno nelle missioni, e mi ha detto: "Carmen l'abbiamo cacciata e lo Spirito Santo se ne è andato dalla Congregazione". Perché dopo ebbero una crisi profonda, senza vocazioni né nulla, e senza dubbio ciò che tiene tra le mani Carmen sono vocazioni eccetera.

Ha guadagnato un regno. Carmen, guadagnerai il Regno di Dio, così dice molto bene, guadagnerai, non conquisterai...perché Il Regno di Dio bisogna guadagnarlo.

Dice San Paolo che tutto considera spazzatura pur di guadagnare Cristo. Io devo considerare spazzatura la mia pittura pur di guadagnare Cristo. Le donne, il matrimonio, tutto, pur di guadagnare Cristo. Chi disprezza Cristo e preferisce un altro idolo finisce senza Cristo e senza nulla.»


Affresco in una parrocchia della Campania