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Il falso profeta, particolare del Calvário de Plougonven, Francia |
Nelle numerose pagine del blog più volte si è accennato alle gravi storture dottrinali che il Cammino da anni insegna, purtroppo, impunemente, per essersi incistato come un tumore nel corpo della Chiesa Cattolica durante il periodo di confusione post-conciliare.
Ogni tanto portiamo testimonianze di come queste deviazioni abbiano causato danni concreti, materiali, alla vita di decine di migliaia di persone nel corso dei circa 60 anni di vita del Cammino NeoCatecumenale. "Il Cammino nuoce alla tua salute e quella dei tuoi cari", si potrebbe dire, e a volte, ahinoi, anche in modo definitivo, tuttavia, per quanto dolorose possano essere certe esperienze già di per sé gravi, trovo che il male maggiore causato dal Cammino sia quello perpetrato sul piano spirituale.
E' per questo che voglio portare la mia personale testimonianza di come il cammino sia altamente nocivo, e di come a me, e a tanti altri che leggono questo blog senza mai intervenire, le eretiche proposizioni di Kiko e Carmen abbiano causato gravi ferite all'anima. Uso il termine "ferite", in luogo di "danni", appositamente, perché la parola dà l'idea di qualcosa che è dolorante, fa soffrire, e se non curata adeguatamente può infettarsi fino a marcire e provocare malattie spirituali dalle quali riprendersi può essere molto difficile. Questo post assumerà le sembianze di una contro-redditio ed è esattamente questo lo scopo: rivoltare la lettura della mia vita togliendo gli orpelli della formazione kikiana.
La mia esperienza non è unica, lo specifico e che sia chiaro: migliaia di giovani si trovano nelle mie stesse condizioni; forse oggi con l'indebolimento dell'eretico Kiko le cose potrebbero essere un po' cambiate, ma gli eserciti di fanatici che ha addestrato sono ancora in circolazione e continuano a provocare gli stessi danni e dolori.
Sono nato figlio di una coppia di catechisti della prima ora. Sin dall'inizio e nei decenni successivi a ogni occasione non mancavano di rimarcarmi come dovessi al Cammino la mia stessa esistenza, poiché i miei genitori si conobbero in questa esperienza nel 1971. A quel tempo le prassi del cammino erano molto più rigide ma per assurdo meno codificate, ci si basava sull'oralità: ad esempio non esistevano i gadget kikiani tanto apprezzati oggi. Sono stato educato nella pesantissima logica kikiana, che comprendeva cose come essere spesso lasciato a casa per le varie attività del cammino, con le prime babysitter che si offrivano al tempo per aiutare le coppie con figli: uno dei primi ricordi che ho della mia vita riguarda mia madre che mi allacciava le scarpe seduto sopra al tavolo della sala mentre mi spiegava che doveva andare "alla chiesa"; a 5 anni già partecipavo alla sceneggiata dei Re Magi e al catechismo del Natale di fabbricazione kika (non ricevevo regali il 25 dicembre ma il 5 gennaio, unico bambino del mio quartiere, credo) e la vigilia facevamo la processione per portare il Bambinello nel presepe con i canti; durante la cena mio padre leggeva i brani del vangelo e della Scrittura e li spiegava, in una scena che oggi mi ricorda molto "il Racconto dell'Ancella". Non ho mai frequentato la messa la Domenica in parrocchia, se non in occasioni del tutto fortuite, né la Pasqua, né nessuna delle ricorrenze religiose della città. La mia realtà era scandita solo dal Cammino, dalle Lodi domenicali che iniziavano alle 10 per terminare quasi a ridosso del pranzo.
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I nuovi falsi profeti all'inferno |
I nostri amici erano solo ed esclusivamente "fratelli" di comunità dei miei genitori, i miei padrini di battesimo erano una coppia del cammino e ovviamente i miei catechisti della Prima comunione erano anch'essi del Cammino. Non ho mai avuto contatti con appartenenti ad alcuna altra realtà, salvo per un brevissimo periodo durante la preparazione alla Cresima che non era ancora monopolizzata dal CNC.
Nella frequentazione del Cammino, nell'ascolto delle eretiche catechesi di Kiko e Carmen, nella partecipazione ad una liturgia bislacca e inventata a cui sono stati aggiunti significati occulti, l'anima progressivamente si avvelena e ciò è particolarmente vero se si è nati in quella realtà.
I bambini sin da piccolissimi in certo qual modo partecipano a quelle liturgie, assorbono quelle dottrine attraverso i genitori, imparano comportamenti, si rapportano con la fede cattolica attraverso le "lenti" del Cammino e non sentono altro linguaggio che quello. Poiché il Cammino non è solo un'esperienza di approfondimento aggiuntivo, come potrebbe essere ad esempio il Movimento Eucaristico Giovanile, o le Equipes di Notre-Dame, ma una chiesa parallela con propri riti e insegnamento "catechetico", viene sovente scambiata con la Chiesa stessa. Se immaginate quanto può essere grave questo fatto per un cattolico già formato sottratto alla parrocchia dalle totalizzanti attività del Cammino, provate a immaginare cosa può accadere per una mente e un'anima che nascendo in una famiglia neocatecumenale non entri mai in contatto con la realtà cattolica vera e propria, per tutta l'infanzia, l'adolescenza e l'età giovanile e formativa.
E' chiaro che sono sempre stato costretto ad andare in comunità. Da ragazzino venivano a prendermi fratelli della mia novella comunità direttamente a casa e mi riportavano e per questo non ho mai saltato un incontro, per compiacere i miei genitori, catechisti in vista e ben conosciuti. Ovunque andassi ero "il figlio di.." e questo mi insuperbiva notevolmente. Il mio linguaggio e visione del mondo erano del tutto filtrati dal cammino di conseguenza anche il modo di rapportarmi agli altri: a causa di ciò ho avuto scarse occasioni di aprirmi al resto della società, ho vissuto di fatto come vivono gli appartenenti alle sètte; oggi ritengo di essere stato cresciuto in una fortissima chiusura mentale, e di aver acquisito una notevole incapacità a formare nuovi rapporti e relazionarmi con il mondo esterno. Gli "altri" facevano parte sempre del "mondo" e quindi "da rieducare" in qualche misura.
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Tipico tempio neocatecumenale: sedie Plia, tappeti, orride kikone e moquette blu.
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Divenni particolarmente arrogante in merito al cammino ritenendo di avere una specie di conoscenza superiore, ma non facevo altro che ripetere a macchinetta concetti che non capivo, spiegati anche male e con grossolane approssimazioni dottrinali. Ero molto confuso riguardo al cattolicesimo e credo nel corso del tempo di aver indotto anche altri in errore, persone che magari, volendo saperne di più sulla Chiesa e vedendomi "impegnato", mi chiedevano spiegazioni.
In realtà non avevo nessuna vera formazione cattolica. Nessuno mai, in molti anni cruciali di crescita, mi ha mai insegnato il valore della riconciliazione, la necessità di confessarsi di frequente (era abitudine attendere la "penitenziale"), l'assoluta necessità di premettere la confessione alla Comunione, la differenza fra peccati mortali e peccati veniali, la presenza reale di Cristo anche nelle briciole di pane, solo per fare alcuni esempi. Non ho mai rifiutato la Comunione, perché in un'assemblea come quella neocat è impossibile farlo.
Ero invece convinto di capire la Parola di Dio e poterla spiegare, perché fin dal principio ad appena 11 anni durante la celebre "accoglienza" in comunità, mi avevano fatto "ammonire" una lettura, con grande orgoglio dei miei che mi ascoltavano. Durante e dopo la Cresima partecipai alle numerose "scrutatio" kikiane, in palese salsa protestante, dove spiegavo a me stesso cosa credessi la Scrittura volesse dirmi "alla mia vita" e così per anni e anni ho diretto le mie scelte sulla base di versetti presi a caso, convincendomi così, con ulteriore manifestazione di superbia, di capire la volontà di Dio.
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Uno dei sortilegi cleromantici cari a Kiko: il sorteggio per le "missioni" |
Ero convinto di essere un modello di cristiano, mi dolevo per i peccati altrui, mi sentivo in grazia di Dio, quando invece ero pieno "di rapina e di intemperanza". Non avevo mai sentito parlare di "esame di coscienza" e di fatto neppure dell'Atto di Dolore, che anzi veniva irriso dal mio catechista della Prima Comunione come un retaggio medievale da dimenticare. A causa di questo per molti anni non ho provato un vero dolore per i peccati, non sapendo neppure cosa fosse la contrizione.
Non ho mai invocato l'intercessione di un Santo, non ho mai conosciuto la vita di nessuno di essi, né mi sono mai stati raccomandati come esempi, se non in modo del tutto fortuito alcuni Santi padri dei primi secoli. L'idea stessa dei Santi mi è sempre sembrata una roba da vecchiette, da scapolari e medagliette, cose che facevano chissà quando i nostri nonni, da processioni superstiziose.
Mi era sufficiente "superare i passaggi" del Cammino per sentirmi sempre più cristiano, credevo di camminare in avanti per chissà dove ma in realtà in me si cristallizzavano abitudini cattive: nel Cammino si insegna che soprattutto è necessario un generico "credere", "avere fede", per essere salvati da quel tale peccato, che "se lo vuoi" Dio ti cancella. Nessuno mi ha mai parlato delle virtù, ad esempio, nessuno mi ha insegnato che per ottenere certi "risultati", se vogliamo chiamarli così, serve anche l'impegno e lo sforzo umano, anzi, la stessa parola "sforzo" veniva deprecata, sostituita da una generica "grazia" che viene data "gratis", senza alcun impegno personale. L'idea stessa di promettere di non peccare più è assente nella predicazione kikiana, col risultato di convincermi che non fosse necessario impegnarsi ad abbandonare i peccati attraverso concrete scelte di vita quotidiana.
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Distributore automatico di confessioni neocat. Confusione, nessun raccoglimento, centinaia di persone pigiate, nessuna direzione spirituale. |
L'educazione restrittiva e sessuofobica del Cammino oltre a essere stata un'ostacolo per la mia crescita ha anche seriamente danneggiato la mia vita successiva, mi ha portato a scelte sbagliate e per ribellione a determinate costrizioni subite, per molti anni mi ha spinto a peccare di più anziché aiutarmi a crescere in un cammino di santità. Naturalmente si tratta di scelte personali, la cui responsabilità non è diminuita in nessun modo dall'influenza del Cammino, di certo però il CNC mi ha impedito, contrariamente a quanto da sempre si va predicando, un reale percorso di conversione e di santità.
Quello che invece per moltissimi anni è cresciuta in me è stata l'ipocrisia, il predicare in un modo e razzolare al contrario. L'ipocrisia è un tratto altamente distintivo del Cammino e dei suoi aderenti. Per tantissimo tempo, inoltre, sono stato una persona esigente e autoritaria, un modello di fariseo, parola abusata nel Cammino Neocatecumenale che di questi soggetti è pieno zeppo, qualcuno che pur volendo imporre agli altri pesi insopportabili non era disposto a spostarli nemmeno con un dito.
La prima a farne le spese è stata mia moglie. Benché anch'essa cresciuta in Cammino ne fu sempre in parte distante e ne diffidava, in equilibrio fra una sorta di agnosticismo e una fede semplice. Il nostro matrimonio non fu mai ben visto dai capi della setta NC, che anzi in molti modi anche subdoli tentarono di boicottarlo instillandomi dubbi sulla mia vocazione. Nel Cammino viene insegnato che il coniuge in qualche modo è o può essere il nemico, specie se contrario al CNC, in palese contrasto con la Dottrina cattolica, la quale insegna che il coniuge cattolico santifica quello non cattolico esortando a sopportare pazientemente e con amore le difficoltà. Divenni intransigente in merito al Cammino Neocatecumenale durante il fidanzamento: lei continuava a frequentarlo solo per timore che una sua rinuncia ci dividesse. I suoi dubbi furono spesso motivo di aspri litigi, mentre i catechisti e i miei "fratelli" di comunità facevano pressione su di me nel tentativo di convincerla della bontà del percorso.
I "fratelli" erano spesso aggressivi nei suoi confronti, più volte nei giri d'esperienze mi accusarono di essere debole, e lei di non essere sottomessa. Instillarono fra di noi acredine e rimproveri reciproci, facendoci rischiare più e più volte la rottura. Data la teologia distorta in merito alla morale matrimoniale e all'apertura alla vita nel matrimonio avemmo molti figli. Tutti dono divino, senza dubbio, ma in pochissimi anni arrivammo a 5. Oggi ritengo a causa del Cammino di non aver esercitato una paternità responsabile, ma solo di aver eseguito i dettami dei catechisti per non sentirmi in colpa nei confronti del CNC. Pur adorando i miei figli, sono consapevole di aver fortemente stressato la mia compagna, sottoponendola a un eccessivo carico psicologico, che le causò molto dolore e preoccupazioni e problemi fisici: quando lo capii decidemmo di non avere più figli finché non fossimo stati pronti, ma da allora pur avendone avuti altri due per scelta, lei si è trovata a rimarcare in diverse occasioni con rammarico di non averne desiderati così tanti e che avrebbe voluto diversamente avere opportunità di lavoro e di crescita personale che le sono mancati. Oggi so che Dio saprà rendere merito alla sua abnegazione e ai numerosi gesti di carità compiuti nel matrimonio: nel Cammino invece mai si sottolinea quanto sia importante custodire i propri figli e il Sacramento e come questo sia già più che sufficiente e primario rispetto alle attività neocat. Per diversi anni come tutte le coppie abbiamo lasciato soli i figli in molte occasioni, essendo capo cantore e catechista io stesso per un periodo, non potevo assentarmi. Spesso ci ritrovammo separati, come coppia, in quanto mia moglie non desiderava partecipare. Dovetti più volte "costringerla" e utilizzai molte forme di ricatto morale per ottenere quello che pensavo fosse santo e buono, ovvero la partecipazione al CNC. I litigi aumentarono ma nonostante tutto né i fratelli né i catechisti sembravano paghi degli sforzi che facevo, la attaccavano e la criticavano in ogni occasione, con grande disprezzo per i suoi dubbi.
Poiché il Cammino è totalizzante, progressivamente negli anni trascurai tutti gli amici esistenti al di fuori delle salette, perdendoli e banalizzando i rapporti con gli esterni; questa perdita la ritengo molto grave perché mi ha portato a un certo grado di isolamento che si ripercuote sulla vita famigliare. Si diventa progressivamente incapaci a parlare realmente di Dio e a testimoniare la Fede nelle opere, sostituite da un insulso parolame biblico. L'insistenza a mettere il neocatecumenalismo in ogni discorso e a cercare di far proseliti mi rese non dissimile da un testimone di Geova, e non aiutò i rapporti sociali. Un certo cinismo e scarsa sensibilità per i problemi altrui mi caratterizzavano e oggi capisco che nella maggioranza degli aderenti è molto scarsa la vera compassione, a eccezione di una superficiale empatia di facciata.
Quando una nostra figlia si ammalò di una grave forma di cancro, dato che eravamo prossimi a lasciare il Cammino nessuno si fece davvero avanti per aiutarci, nessuno ci venne a trovare, salvo i più fanatici solo per cercare di convincerci che Dio avesse voluto la malattia di nostra figlia per insegnarci qualcosa.
Negli anni trascorsi in Cammino sviluppai una paura di Dio e dei suoi possibili "interventi". Ben lungi dal Santo Timore cristiano, il rapporto con Dio nel Cammino è fortemente caratterizzato dalle suggestioni ebraiche veterotestamentarie: dalla predicazione di Kiko viene fuori l'immagine di un Dio anziché misercordioso, geloso e causa anche dei mali che possono a volte affliggere la vita. Il costante richiamo a chiedersi "cosa vuole Dio da te con questo fatto" spinge a pensare che anche le sofferenze più terribili potrebbero essere in qual modo "volute" da Dio stesso per una fantomatica "conversione". Che sia così, ovvero che molti neocat temano in qualche modo l'intervento di Dio o che Dio richieda qualcosa di impossibile o qualche "prova", è dimostrato in molti modi e su questo punto non mi dilungo. La paura di Dio mi portò a chiudermi a Lui e al suo vero intervento misericordioso nella mia vita.
Il timore si estende anche ai cosiddetti "catechisti", una masnada di laici senza alcuna autorità che che inducono nei sottoposti vera e propria venerazione. La figura benevola e misercordiosa di Dio nel Cammino viene sostituita da loro, interposti "intermediari del sacro", impedendo a un fedele di conoscerLo in modo autonomo e intimamente nel rispetto dei propri tempi e modalità. Ecco perché uscendo dalla gabbia neocat spesso si perde del tutto la fede o l'abitudine a frequentare la Chiesa: mi ritrovai a fare un'enorme fatica nel cambiare le mie abitudini e nel costruire una vita cristiana e questa ferita la porto dolorsamente ancora oggi.
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Sant'Agostino schiaccia l'eretico Ario |
Dopo tanti anni fuori del cammino credo di aver capito perché la Chiesa un tempo era così severa con le eresie, tanto da essere disposta a sguainare la spada pur di difendere l'ortodossia della Dottrina e la Tradizione: è in gioco la Salvezza delle anime, che se sviate potrebbero perdersi fino alla dannazione eterna. Noi non possiamo tacere, perché il Cammino svia le anime, le porta su un'altra strada tortuosa e impervia, invece che all'ovile del Signore le conduce nella gabbia costruita da Kiko e dal suo ego, nel labirinto delle sue nevrosi e disturbi mentali, delle sue convinzioni errate sulla vita, la società, la visione del mondo e dell'uomo e la sua antropologia distorta e malata.
Sono convinto che Kiko e la defunta Carmen fossero due fanatici religiosi, pieni di sé e affetti da varie turbe non diagnosticate che hanno riportato tali e quali nella struttura e funzionamento del Cammino, nei riti, nella "liturgia", nelle abitudini e persino nell'arte e nell'architettura. Quegli sgorbi davanti a cui ti inducono a pregare, quegli orrendi cubi di marmo e cemento che chiamano "catecumenium", quelle buie salette illuminate a neon, non sono uno strumento di elevazione ma una scala che porta verso il basso, verso l'inferno dell'anima dei due falsi profeti.