mercoledì 27 settembre 2023

L’abusatore di coscienze Kiko Argüello: ho sperato che morisse Benedetto XVI

Il santino di Sankiko!
Invitiamo alla lettura dell'articolo: L’abusatore di coscienze Kiko Argüello: ho sperato che morisse Benedetto XVI, a firma R.M., pubblicato da Silere Non Possum il 29 luglio 2023.

Ne riportiamo qui sotto alcuni brevi estratti:


“L’unica soluzione era che morisse il Papa. Non è morto ma si è dimesso. Grazie a Dio”. Sono queste le parole pronunciate, alla presenza di Mons. Roberto Octavio González Nieves che non ha avuto nulla da dire, da Kiko Argüello, uno degli uomini che ha abusato di più coscienze nella storia della Chiesa del XX secolo.

L’uomo è stato immortalato in un video nel quale pronuncia queste parole durante un incontro vocazionale a Portorico. In altri incontri ha addirittura riferito che era un “dono della Madonna”. Parole gravissime che avrebbero dovuto incontrare una reazione ferma e senza fraintendimenti della Santa Sede. Invece, Argüello ha continuato a condurre la propria vita senza alcun problema. Durante questo pontificato, infatti, se hai i soldi puoi abusare di chi vuoi. Nè la dimostrazione Marko Ivan Rupnik. Il problema, qui, è che Argüello ha messo mano al quintuplo delle anime che può aver incontrato Rupnik nella sua vita. 

[...]

Sono diversi i vescovi nel mondo che hanno numerosi preti appartenenti a questa setta e che si vedono minacciati da questo soggetto. “Se non fai così, tolgo i preti e li mando altrove”, si sentono dire.

Quello di cui era preoccupato Benedetto XVI, e non solo, è ciò che abbiamo visto emergere in tutti questi anni. Argüello ha impostato questo movimento come una vera e propria setta. Chi ha in diocesi questi soggetti se ne rende conto. Loro vivono nel loro mondo, non hanno contatto con la realtà. Se non sei del movimento sei nessuno, se per caso ne esci, diventi il demonio.

[...]

...hanno sempre goduto dell’appoggio di un eccellenza vaticana: il polacco Stanisław Marian Ryłko. Il cardinale quando vede dei soldi sbava, ed ecco chiarito come sono arrivate determinate approvazioni. Ora, anche lui, è a strisciare a Santa Maria Maggiore facendo la bella statuina fra arcivescovi e gelaterie.

Ryłko è uno di quei soggetti che non hanno neanche presente dove sia la fedeltà al Papa. Motivo per cui nel 2011, ancora a capo del Pontificio Consiglio per i Laici, preparò un decreto che aveva la funzione di approvare le celebrazioni liturgiche ed extraliturgiche dei Neocatecumenali. Lo fece avvalendosi anche di alcune considerazioni della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. L’unico con cui non si consultò, però, fu il Papa. Il suo interesse era quello di accontentare l’abusatore di coscienze.

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Detto questo, le parole utilizzate da Francesco centrano sempre il punto: il denaro. Ma quanti soldi sono girati per evitare procedimenti contro gli abusi commessi nei Neocatecumenali? Le accuse sono molte e gli abusi sono spesso evidenti. Nessuno, però, ha pensato di mettere mano a questa patata bollente. Ancora una volta viene confermato quanto emerso nel caso Rupnik, qualche mazzetta salva tutti.  [...]

venerdì 22 settembre 2023

Fulton Sheen: "Agiamo in modo che il mondo, senza sentire una parola da noi, sappia di noi e chi rappresentiamo."

Sono incappato sul web in una citazione del venerabile Fulton J. Sheen che mi ha colpito in relazione all'insegnamento ricevuto nel Cammino. 

La predicazione dell'Arcivescovo, molto noto negli USA per l'uso innovativo che fece della giovane radio (dal 1925 fino agli anni '50) e successivamente della televisione, nonché della carta stampata e dell'editoria per la diffusione capillare della retta dottrina e della teologia fra le masse di comuni fedeli, era caratterizzata da un linguaggio semplice e dal frequente ricorso a metafore e similitudini prese dall'immaginario comune, ed è stato per questo, per molti decenni, fonte di grande ispirazione e mezzo di conversione per decine di migliaia di anime; i suoi scritti, profondamente ortodossi, ancora oggi risultano attuali e vivificanti, oltre che estremamente chiari.

Negli anni '70 Fulton Sheen incontrò Madre Teresa, e ne nacque questo scambio di battute:

"Una volta ho chiesto a Madre Teresa come ha fatto a convertire 15.000 persone dalle fogne di Calcutta:

"Madre, dopo che ha trascinato questi poveri malati moribondi in un rifugio, come ha fatto a evangelizzare e predicare loro la Buona Novella?"

"Non l'ho fatto per niente", mi ha risposto.

“Quando mi sono presa cura di loro e gli ho mostrato amore, ho detto loro: Vorreste sentire parlare di Cristo? E loro mi hanno chiesto: Gesù è come te? Cristo è come te? 'No' risposi, ma sto cercando di essere come Lui. Allora mi dissero: anche noi vogliamo essere Cristiani!" 

Questo è il modo in cui dovremmo fare le cose. Agire in modo che il mondo, senza sentire una parola da noi, sappia di noi e chi rappresentiamo."

Il significato delle parole di Santa Teresa è chiaro: il primo obiettivo del cristiano è assomigliare quanto più possibile a Gesù. Così anche i non credenti vedranno e vedendo crederanno in Gesù stesso (del resto questa promessa viene dalla bocca del Signore in persona).


La Madre non si mise a predicare ai poveri di Calcutta, pretendendo di insegnare qualcosa, o di fondare comunità, gruppi di base o altre fesserie simili. Trascorreva tutto il tempo non dedicato alla preghiera e all'adorazione a prendersi cura di quei poveri, a sfamarli, lavar loro le ferite, dargli riparo, concedergli una morte degna. Ella desiderò soltanto assomigliare a Gesù, condividere la povertà con i più miseri, "farsi Gesù" per loro.

Per questo, per guadagnare quelle anime a Dio, non ebbe bisogno di cammini farlocchi e inventati a tavolino, le bastò seguire la propria vocazione, la chiamata di Dio e conformarsi a Lui.

Kiko, invece, ha sempre insegnato che lo sforzo nelle virtù e nelle pratiche di misericordia spirituale e corporale sarebbe solo superbia, che chiunque tendesse a questo diventerebbe "il peggior fariseo", che lottare virilmente contro le tentazioni e cercare di vivere una vita santa fuggendo dai peccati ("meglio morire che peccare" il motto di San Domenico Savio viene irriso dall'eretico Kiko nelle sue immonde catechesi) sarebbe inutile orgoglio.

Naturalmente non è così, Kiko è in grande errore, come chiaramente riportato nel Catechismo:

2447 Le opere di misericordia sono azioni caritatevoli con le quali soccorriamo il nostro prossimo nelle sue necessità corporali e spirituali. Istruire, consigliare, consolare, confortare sono opere di misericordia spirituale, come pure perdonare e sopportare con pazienza. Le opere di misericordia corporale consistono segnatamente nel dare da mangiare a chi ha fame, nell'ospitare i senza tetto, nel vestire chi ha bisogno di indumenti, nel visitare gli ammalati e i prigionieri, nel seppellire i morti. Tra queste opere, fare l'elemosina ai poveri è una delle principali testimonianze della carità fraterna: è pure una pratica di giustizia che piace a Dio:

« Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto » (Lc 3,11). « Piuttosto date in elemosina quel che c'è dentro, e tutto sarà puro per voi » (Lc 11,41). « Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: "Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi", ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? » (Gc 2,15-16). 343

 Kiko e i kikos fanatizzati sono come quei pagani che credono di essere ascoltati da Dio "a forza di parole", di cui si riempiono la bocca. Mentre Madre Teresa visse tutta la vita fuggendo la gloria mondana, i kikos montano palchi enormi, con gigantesche effigi che raffigurano il loro vero dio (Kiko), sprecando parole per ore e ore ma senza mai realmente cercare di cambiare la propria vita.

Il sobrio palco alla GMG di Lisbona. Kiko risorto troneggia sugli astanti in una gigantografia 15x15 metri

Kiko è un falso profeta, è un idolo a cui piace essere adorato, ma ricordate, neocatecumenali: l'idolo ha i piedi di argilla e presto rovinerà al suolo con tutti voi!

lunedì 18 settembre 2023

Il mistero della Transustanziazione è vero con o senza attività dei fedeli

Vorrei qui aggiungere una breve riflessione sul mistero della Transustanziazione e il carattere essenzialmente sacrificale della Santa Messa.

Il punto è cruciale, perché sulla Liturgia, che è la sintesi più sublime della fede cattolica, si sono combattute aspre battaglie nel corso della storia, e, per quanto ne ho memoria, tutti o quasi i movimenti ereticali hanno messo in discussione soprattutto la dimensione sacrificale della Messa, la conversione delle sostanze del pane e del vino nella sostanza della Carne e del Sangue di Nostro Signore, o mettendo in contrasto alcuni significati con altri, nel tentativo di annacquare ciò che più caratterizza la cattolicità.

Ciò si realizza non solo propalando eresie, ma anche modificando nei fatti la Liturgia, che da atto nel quale viene amministrato il Sacramento diventa uno spettacolo autogestito dove "si portano avanti significati" dubbi o eterodossi, si compiono strafalcioni e si toglie spazio all'unica parte davvero importante, ovvero al mistero sublime per il quale si perpetua il Sacrificio del Signore.

Introduco l'argomento con la splendida e autorevole spiegazione del teologo domenicano P. Angelo Bellon:

1. la Messa è la perpetuazione del sacrificio di Cristo sui nostri altari.
Allora sia che venga celebrata da un solo sacerdote oppure da molti, sia con nessun fedele oppure con la presenza di una moltitudine di gente, ogni Messa offre a Dio un’adorazione, una lode e ringraziamento, una supplica di perdono e di richiesta di grazia che ha un valore infinito.

(…)

6. Il sacerdote, per motivi seri, può celebrare anche senza la presenza di un solo fedele.
Nel nostro Ordine, per antico privilegio, questo è sempre stato concesso.

Ultimamente i Papi non hanno cessato di esortare i sacerdoti a celebrare quotidianamente anche se non vi fosse la presenza del popolo.
Per il merito intrinseco ad ogni Messa, un sacerdote dà di più alla Chiesa e al mondo intero con la celebrazione dell’Eucaristia che con molte altre opere.


L'ottima spiegazione dottrinale di P. Bellon afferma alcuni concetti che mi preme sottolineare:

  • Il Sacrificio di Cristo che si perpetua sull'altare in modo incruento al momento della consacrazione ha un valore infinito;
  • questo valore esiste a prescindere dalla presenza del popolo;
  • il Sacrificio perpetuato attraverso l'Eucarestia produce frutti di grazie che si spandono nel mondo intero, ed è così grande che sarebbe sufficiente anche una sola Consacrazione per tutte le anime del mondo.

È che ovvio che sia raccomandabile che il Sacrificio si svolga davanti al popolo, ovvero, se non vi sono motivi per celebrare la Messa senza il popolo, non è giustificabile farlo, ma primariamente è necessario che il sacerdote celebri quotidianamente la Messa, offrendo Cristo in sacrificio per il bene proprio e di tutto il mondo.

Il bene primario è la celebrazione della Messa, non la partecipazione del popolo.

Nel Cammino, per anni, si è invece insegnato che l'Eucarestia sarebbe principalmente un rendimento di grazie, in linea con le convinzioni di stampo giudaico-luterano di Kiko e Carmen e che durante l'Eucarestia il Signore "passa" come se fosse una specie di alito di vento, per "trascinare" l'assemblea al Cielo.

Carmen, la "serva del dio-Kiko", insegnava inoltre che i Tabernacoli sono inutili, dato che Cristo non vorrebbe stare lì, e anzi che Gesù si sarebbe fatto pietra se la Sua intenzione fosse stata di essere conservato con mille onori nel Tabernacolo, ed effettivamente convertire il pane (l'ostia) nella propria divina sostanza in vera Carne e vero Sangue da preservare per l'Adorazione. E dunque, dato che il pane va a male, la transustanziazione (che secondo Kiko è solo una parolina) si verifica solo per il tempo che serve a che l'assemblea consumi il pasto, perché (Carmen dixit) a una cena si va per mangiare e per bere.

L'enfasi sul rendimento di grazie (un aspetto dell'Eucarestia ma non il principale), sul passaggio del Signore ("pesach"), sul consumare tutto il pane transustanziato come in un banchetto nel quale non devono esserci avanzi, sono tutti segnali piuttosto evidenti del fatto che Kiko e Carmen non hanno mai realmente creduto nella Presenza Reale di Cristo, al massimo in una manifestazione transitoria del Signore nelle sacre specie e che la stessa sia dipendente dalla celebrazione assembleare. Senza l'assemblea il mistero non si perpetua, poiché è l'assemblea dei fedeli con un "presbitero" come officiante amministratore liturgico, nell'antico senso di "anziano", capo dell'assemblea.

È ovvio che in questa teologia distorta non c'è spazio per la santità della celebrazione del sacrificio supremo di Gesù. Tutto nel Cammino è temporaneo, smontabile, trasportabile. Il Tabernacolo non serve, l'Adorazione è inutile, l'altare fisso è superfluo e se c'è assume la forma di una tavola del banchetto, una mensa per una "santa cena". Esso inoltre è collocato in basso, anziché in alto verso Dio (dalla notte dei tempi persino i primitivi avevano intuito che se c'era divinità essa dovesse trovarsi in alto, nei cieli e in ogni cultura gli uomini hanno costruito luoghi elevati dove offrire sacrifici) come invece nella stragrande maggioranza delle chiese di tutto il mondo dove si salgono dei gradini per raggiungere lo spazio dell'altare, il presbiterio, o al limite lo stesso si trova separato dall'assemblea anche da barriere fisiche.

Nella teologia kikiana-carmeniana invece ogni sforzo è teso ad annullare qualsiasi elemento di sacrificio (non importa che di quando in quando i due eretici parlino di piaghe di Gesù o che Egli offrì se stesso al padre), e a far pensare che non ci sia nulla di sacro nella Liturgia

Gli spazi dove si svolgono le celebrazioni eucaristiche neocatecumenali non sono neppure spazi sacri o dedicati, ma normalissime sale dove si svolgono altre attività come conferenze, scrutini, anche buffet e banchetti, prove dei canti, catechismo, nonostante le raccomandazioni dello stesso Concilio Vaticano II.

Non raccomandare di inginocchiarsi (ma se Dio è davanti a te nel Pane, perché non inginocchiarsi alla Sua Maestà, alla infinita Bellezza di un Dio che ci ha considerati tanto importanti da morire per noi? Inginocchiarsi per amore e gratitudine!), non raccomandare l'Adorazione ("io guardo Lui e Lui guarda me", persino un contadino analfabeta è in grado di capire i misteri più dei kikolatri con cammini fino alla morte che non portano da nessuna parte), insistere ossessivamente sul Cristo Risorto tralasciando il Cristo morto sulla Croce (persino nell'inquietante "Cena pascual" con il Gesù già risorto che istituisce l'Eucarestia), insistere ossessivamente sulle origini ebraiche (che noi abbiamo superato e compiuto in Gesù che ha distrutto il Tempio, edificandolo in se stesso per sempre, vera Vittima, Altare e Sacerdote), esaltare il ruolo dell'assemblea fino al parossismo (tanto che è tutto un "fare", un "preparare", allestire con le suppellettili designed by Kiko non consacrate: crocefisso kikiano, hanukkiah kikiana, patene e calici kikiani con misteriosi simbolismi, pane made in Kiko-land, vino aleatico e tutto l'armamentario completato adesso dalle icone idolatriche di Carmen sanitificata a prescindere), tutto lascia pensare nei fatti che Kiko e la defunta collaboratrice fossero nemici del Sacrificio e che non ci abbiano mai creduto.

Come tutti gli eretici non hanno fatto altro che dissimulare e ingannare, nascondendosi nel sottobosco e nel caos post-conciliare, finché non hanno avuto sufficienti adepti per rivendicare un peso nella Chiesa cattolica.

Hanno fabbricato una liturgia e un movimento dove essere capi indiscussi, venerati e spesati, altro che riscoperta delle origini! La verità di fede è invece che il Sacramento è amministrato dal Sacerdote e che l'assemblea può solo unirsi a lui per ricevere benefici e offrire le proprie fatiche e le proprie buone opere all'unico sacrificio di Gesù, che si perpetuerebbe anche se sulla faccia della Terra ci fosse un solo sacerdote vivente a celebrare un'unica messa, perché egli non sarebbe solo ma unito a tutta la schiera celeste in virtù della Comunione dei Santi. Questa è la verità, questo è ciò che accade nella Messa:

“Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo” (S. Francesco d'Assisi)

martedì 12 settembre 2023

Il Cammino causa ferite spirituali che solo Dio può guarire

Il falso profeta, particolare del
Calvário de Plougonven, Francia 

Nelle numerose pagine del blog più volte si è accennato alle gravi storture dottrinali che il Cammino da anni insegna, purtroppo, impunemente, per essersi incistato come un tumore nel corpo della Chiesa Cattolica durante il periodo di confusione post-conciliare.

Ogni tanto portiamo testimonianze di come queste deviazioni abbiano causato danni concreti, materiali, alla vita di decine di migliaia di persone nel corso dei circa 60 anni di vita del Cammino NeoCatecumenale. "Il Cammino nuoce alla tua salute e quella dei tuoi cari", si potrebbe dire, e a volte, ahinoi, anche in modo definitivo, tuttavia, per quanto dolorose possano essere certe esperienze già di per sé gravi, trovo che il male maggiore causato dal Cammino sia quello perpetrato sul piano spirituale. 


E' per questo che voglio portare la mia personale testimonianza di come il cammino sia altamente nocivo, e di come a me, e a tanti altri che leggono questo blog senza mai intervenire, le eretiche proposizioni di Kiko e Carmen abbiano causato gravi ferite all'anima. Uso il termine "ferite", in luogo di "danni", appositamente, perché la parola dà l'idea di qualcosa che è dolorante, fa soffrire, e se non curata adeguatamente può infettarsi fino a marcire e provocare malattie spirituali dalle quali riprendersi può essere molto difficile. Questo post assumerà le sembianze di una contro-redditio ed è esattamente questo lo scopo: rivoltare la lettura della mia vita togliendo gli orpelli della formazione kikiana.

La mia esperienza non è unica, lo specifico e che sia chiaro: migliaia di giovani si trovano nelle mie stesse condizioni; forse oggi con l'indebolimento dell'eretico Kiko le cose potrebbero essere un po' cambiate, ma gli eserciti di fanatici che ha addestrato sono ancora in circolazione e continuano a provocare gli stessi danni e dolori.

Sono nato figlio di una coppia di catechisti della prima ora. Sin dall'inizio e nei decenni successivi a ogni occasione non mancavano di rimarcarmi come dovessi al Cammino la mia stessa esistenza, poiché i miei genitori si conobbero in questa esperienza nel 1971. A quel tempo le prassi del cammino erano molto più rigide ma per assurdo meno codificate, ci si basava sull'oralità: ad esempio non esistevano i gadget kikiani tanto apprezzati oggi. Sono stato educato nella pesantissima logica kikiana, che comprendeva cose come essere spesso lasciato a casa per le varie attività del cammino, con le prime babysitter che si offrivano al tempo per aiutare le coppie con figli: uno dei primi ricordi che ho della mia vita riguarda mia madre che mi allacciava le scarpe seduto sopra al tavolo della sala mentre mi spiegava che doveva andare "alla chiesa"; a 5 anni già partecipavo alla sceneggiata dei Re Magi e al catechismo del Natale di fabbricazione kika (non ricevevo regali il 25 dicembre ma il 5 gennaio, unico bambino del mio quartiere, credo) e la vigilia facevamo la processione per portare il Bambinello nel presepe con i canti; durante la cena mio padre leggeva i brani del vangelo e della Scrittura e li spiegava, in una scena che oggi mi ricorda molto "il Racconto dell'Ancella". Non ho mai frequentato la messa la Domenica in parrocchia, se non in occasioni del tutto fortuite, né la Pasqua, né nessuna delle ricorrenze religiose della città. La mia realtà era scandita solo dal Cammino, dalle Lodi domenicali che iniziavano alle 10 per terminare quasi a ridosso del pranzo.

I nuovi falsi profeti all'inferno

I nostri amici erano solo ed esclusivamente "fratelli" di comunità dei miei genitori, i miei padrini di battesimo erano una coppia del cammino e ovviamente i miei catechisti della Prima comunione erano anch'essi del Cammino. Non ho mai avuto contatti con appartenenti ad alcuna altra realtà, salvo per un brevissimo periodo durante la preparazione alla Cresima che non era ancora monopolizzata dal CNC.

Nella frequentazione del Cammino, nell'ascolto delle eretiche catechesi di Kiko e Carmen, nella partecipazione ad una liturgia bislacca e inventata a cui sono stati aggiunti significati occulti, l'anima progressivamente si avvelena e ciò è particolarmente vero se si è nati in quella realtà.

I bambini sin da piccolissimi in certo qual modo partecipano a quelle liturgie, assorbono quelle dottrine attraverso i genitori, imparano comportamenti, si rapportano con la fede cattolica attraverso le "lenti" del Cammino e non sentono altro linguaggio che quello. Poiché il Cammino non è solo un'esperienza di approfondimento aggiuntivo, come potrebbe essere ad esempio il Movimento Eucaristico Giovanile, o le Equipes di Notre-Dame, ma una chiesa parallela con propri riti e insegnamento "catechetico", viene sovente scambiata con la Chiesa stessa. Se immaginate quanto può essere grave questo fatto per un cattolico già formato sottratto alla parrocchia dalle totalizzanti attività del Cammino, provate a immaginare cosa può accadere per una mente e un'anima che nascendo in una famiglia neocatecumenale non entri mai in contatto con la realtà cattolica vera e propria, per tutta l'infanzia, l'adolescenza e l'età giovanile e formativa.

E' chiaro che sono sempre stato costretto ad andare in comunità. Da ragazzino venivano a prendermi fratelli della mia novella comunità direttamente a casa e mi riportavano e per questo non ho mai saltato un incontro, per compiacere i miei genitori, catechisti in vista e ben conosciuti. Ovunque andassi ero "il figlio di.." e questo mi insuperbiva notevolmente. Il mio linguaggio e visione del mondo erano del tutto filtrati dal cammino di conseguenza anche il modo di rapportarmi agli altri: a causa di ciò ho avuto scarse occasioni di aprirmi al resto della società, ho vissuto di fatto come vivono gli appartenenti alle sètte; oggi ritengo di essere stato cresciuto in una fortissima chiusura mentale, e di aver acquisito una notevole incapacità a formare nuovi rapporti e relazionarmi con il mondo esterno. Gli "altri" facevano parte sempre del "mondo" e quindi "da rieducare" in qualche misura. 

Tipico tempio neocatecumenale: sedie Plia, tappeti,
orride kikone e moquette blu.

Divenni particolarmente arrogante in merito al cammino ritenendo di avere una specie di conoscenza superiore, ma non facevo altro che ripetere a macchinetta concetti che non capivo, spiegati anche male e con grossolane approssimazioni dottrinali. Ero molto confuso riguardo al cattolicesimo e credo nel corso del tempo di aver indotto anche altri in errore, persone che magari, volendo saperne di più sulla Chiesa e vedendomi "impegnato", mi chiedevano spiegazioni. 
In realtà non avevo nessuna vera formazione cattolica. Nessuno mai, in molti anni cruciali di crescita, mi ha mai insegnato il valore della riconciliazione, la necessità di confessarsi di frequente (era abitudine attendere la "penitenziale"), l'assoluta necessità di premettere la confessione alla Comunione, la differenza fra peccati mortali e peccati veniali, la presenza reale di Cristo anche nelle briciole di pane, solo per fare alcuni esempi. Non ho mai rifiutato la Comunione, perché in un'assemblea come quella neocat è impossibile farlo.

Ero invece convinto di capire la Parola di Dio e poterla spiegare, perché fin dal principio ad appena 11 anni durante la celebre "accoglienza" in comunità, mi avevano fatto "ammonire" una lettura, con grande orgoglio dei miei che mi ascoltavano. Durante e dopo la Cresima partecipai alle numerose "scrutatio" kikiane, in palese salsa protestante, dove spiegavo a me stesso cosa credessi la Scrittura volesse dirmi "alla mia vita" e così per anni e anni ho diretto le mie scelte sulla base di versetti presi a caso, convincendomi così, con ulteriore manifestazione di superbia, di capire la volontà di Dio. 

Uno dei sortilegi cleromantici cari a Kiko:
il sorteggio per le "missioni"
Ero convinto di essere un modello di cristiano, mi dolevo per i peccati altrui, mi sentivo in grazia di Dio, quando invece ero pieno "di rapina e di intemperanza". Non avevo mai sentito parlare di "esame di coscienza" e di fatto neppure dell'Atto di Dolore, che anzi veniva irriso dal mio catechista della Prima Comunione come un retaggio medievale da dimenticare. A causa di questo per molti anni non ho provato un vero dolore per i peccati, non sapendo neppure cosa fosse la contrizione.

Non ho mai invocato l'intercessione di un Santo, non ho mai conosciuto la vita di nessuno di essi, né mi sono mai stati raccomandati come esempi, se non in modo del tutto fortuito alcuni Santi padri dei primi secoli. L'idea stessa dei Santi mi è sempre sembrata una roba da vecchiette, da scapolari e medagliette, cose che facevano chissà quando i nostri nonni, da processioni superstiziose.

Mi era sufficiente "superare i passaggi" del Cammino per sentirmi sempre più cristiano, credevo di camminare in avanti per chissà dove ma in realtà in me si cristallizzavano abitudini cattive: nel Cammino si insegna che soprattutto è necessario un generico "credere", "avere fede", per essere salvati da quel tale peccato, che "se lo vuoi" Dio ti cancella. Nessuno mi ha mai parlato delle virtù, ad esempio, nessuno mi ha insegnato che per ottenere certi "risultati", se vogliamo chiamarli così, serve anche l'impegno e lo sforzo umano, anzi, la stessa parola "sforzo" veniva deprecata, sostituita da una generica "grazia" che viene data "gratis", senza alcun impegno personale. L'idea stessa di promettere di non peccare più è assente nella predicazione kikiana, col risultato di convincermi che non fosse necessario impegnarsi ad abbandonare i peccati attraverso concrete scelte di vita quotidiana


Distributore automatico di confessioni neocat. Confusione, nessun
raccoglimento, centinaia di persone pigiate, nessuna direzione spirituale.

L'educazione restrittiva e sessuofobica del Cammino oltre a essere stata un'ostacolo per la mia crescita ha anche seriamente danneggiato la mia vita successiva, mi ha portato a scelte sbagliate e per ribellione a determinate costrizioni subite, per molti anni mi ha spinto a peccare di più anziché aiutarmi a crescere in un cammino di santità. Naturalmente si tratta di scelte personali, la cui responsabilità non è diminuita in nessun modo dall'influenza del Cammino, di certo però il CNC mi ha impedito, contrariamente a quanto da sempre si va predicando, un reale percorso di conversione e di santità. 

Quello che invece per moltissimi anni è cresciuta in me è stata l'ipocrisia, il predicare in un modo e razzolare al contrario. L'ipocrisia è un tratto altamente distintivo del Cammino e dei suoi aderenti. Per tantissimo tempo, inoltre, sono stato una persona esigente e autoritaria, un modello di fariseo, parola abusata nel Cammino Neocatecumenale che di questi soggetti è pieno zeppo, qualcuno che pur volendo imporre agli altri pesi insopportabili non era disposto a spostarli nemmeno con un dito. 

La prima a farne le spese è stata mia moglie. Benché anch'essa cresciuta in Cammino ne fu sempre in parte distante e ne diffidava, in equilibrio fra una sorta di agnosticismo e una fede semplice. Il nostro matrimonio non fu mai ben visto dai capi della setta NC, che anzi in molti modi anche subdoli tentarono di boicottarlo instillandomi dubbi sulla mia vocazione. Nel Cammino viene insegnato che il coniuge in qualche modo è o può essere il nemico, specie se contrario al CNC, in palese contrasto con la Dottrina cattolica, la quale insegna che il coniuge cattolico santifica quello non cattolico esortando a sopportare pazientemente e con amore le difficoltà. Divenni intransigente in merito al Cammino Neocatecumenale durante il fidanzamento: lei continuava a frequentarlo solo per timore che una sua rinuncia ci dividesse. I suoi dubbi furono spesso motivo di aspri litigi, mentre i catechisti e i miei "fratelli" di comunità facevano pressione su di me nel tentativo di convincerla della bontà del percorso.

I "fratelli" erano spesso aggressivi nei suoi confronti, più volte nei giri d'esperienze mi accusarono di essere debole, e lei di non essere sottomessa. Instillarono fra di noi acredine e rimproveri reciproci, facendoci rischiare più e più volte la rottura. Data la teologia distorta in merito alla morale matrimoniale e all'apertura alla vita nel matrimonio avemmo molti figli. Tutti dono divino, senza dubbio, ma in pochissimi anni arrivammo a 5. Oggi ritengo a causa del Cammino di non aver esercitato una paternità responsabile, ma solo di aver eseguito i dettami dei catechisti per non sentirmi in colpa nei confronti del CNC. Pur adorando i miei figli, sono consapevole di aver fortemente stressato la mia compagna, sottoponendola a un eccessivo carico psicologico, che le causò molto dolore e preoccupazioni e problemi fisici: quando lo capii decidemmo di non avere più figli finché non fossimo stati pronti, ma da allora pur avendone avuti altri due per scelta, lei si è trovata a rimarcare in diverse occasioni con rammarico di non averne desiderati così tanti e che avrebbe voluto diversamente avere opportunità di lavoro e di crescita personale che le sono mancati. Oggi so che Dio saprà rendere merito alla sua abnegazione e ai numerosi gesti di carità compiuti nel matrimonio: nel Cammino invece mai si sottolinea quanto sia importante custodire i propri figli e il Sacramento e come questo sia già più che sufficiente e primario rispetto alle attività neocat. Per diversi anni come tutte le coppie abbiamo lasciato soli i figli in molte occasioni, essendo capo cantore e catechista io stesso per un periodo, non potevo assentarmi. Spesso ci ritrovammo separati, come coppia, in quanto mia moglie non desiderava partecipare. Dovetti più volte "costringerla" e utilizzai molte forme di ricatto morale per ottenere quello che pensavo fosse santo e buono, ovvero la partecipazione al CNC. I litigi aumentarono ma nonostante tutto né i fratelli né i catechisti sembravano paghi degli sforzi che facevo, la attaccavano e la criticavano in ogni occasione, con grande disprezzo per i suoi dubbi. 

Poiché il Cammino è totalizzante, progressivamente negli anni trascurai tutti gli amici esistenti al di fuori delle salette, perdendoli e banalizzando i rapporti con gli esterni; questa perdita la ritengo molto grave perché mi ha portato a un certo grado di isolamento che si ripercuote sulla vita famigliare. Si diventa progressivamente incapaci a parlare realmente di Dio e a testimoniare la Fede nelle opere, sostituite da un insulso parolame biblico. L'insistenza a mettere il neocatecumenalismo in ogni discorso e a cercare di far proseliti mi rese non dissimile da un testimone di Geova, e non aiutò i rapporti sociali. Un certo cinismo e scarsa sensibilità per i problemi altrui mi caratterizzavano e oggi capisco che nella maggioranza degli aderenti è molto scarsa la vera compassione, a eccezione di una superficiale empatia di facciata. 

Quando una nostra figlia si ammalò di una grave forma di cancro, dato che eravamo prossimi a lasciare il Cammino nessuno si fece davvero avanti per aiutarci, nessuno ci venne a trovare, salvo i più fanatici solo per cercare di convincerci che Dio avesse voluto la malattia di nostra figlia per insegnarci qualcosa.

Negli anni trascorsi in Cammino sviluppai una paura di Dio e dei suoi possibili "interventi". Ben lungi dal Santo Timore cristiano, il rapporto con Dio nel Cammino è fortemente caratterizzato dalle suggestioni ebraiche veterotestamentarie: dalla predicazione di Kiko viene fuori l'immagine di un Dio anziché misercordioso, geloso e causa anche dei mali che possono a volte affliggere la vita. Il costante richiamo a chiedersi "cosa vuole Dio da te con questo fatto" spinge a pensare che anche le sofferenze più terribili potrebbero essere in qual modo "volute" da Dio stesso per una fantomatica "conversione". Che sia così, ovvero che molti neocat temano in qualche modo l'intervento di Dio o che Dio richieda qualcosa di impossibile o qualche "prova", è dimostrato in molti modi e su questo punto non mi dilungo. La paura di Dio mi portò a chiudermi a Lui e al suo vero intervento misericordioso nella mia vita. 

Il timore si estende anche ai cosiddetti "catechisti", una masnada di laici senza alcuna autorità che che inducono nei sottoposti vera e propria venerazione. La figura benevola e misercordiosa di Dio nel Cammino viene sostituita da loro, interposti "intermediari del sacro", impedendo a un fedele di conoscerLo in modo autonomo e intimamente nel rispetto dei propri tempi e modalità. Ecco perché uscendo dalla gabbia neocat spesso si perde del tutto la fede o l'abitudine a frequentare la Chiesa: mi ritrovai a fare un'enorme fatica nel cambiare le mie abitudini e nel costruire una vita cristiana e questa ferita la porto dolorsamente ancora oggi.

Sant'Agostino schiaccia l'eretico Ario

Dopo tanti anni fuori del cammino credo di aver capito perché la Chiesa un tempo era così severa con le eresie, tanto da essere disposta a sguainare la spada pur di difendere l'ortodossia della Dottrina e la Tradizione: è in gioco la Salvezza delle anime, che se sviate potrebbero perdersi fino alla dannazione eterna. Noi non possiamo tacere, perché il Cammino svia le anime, le porta su un'altra strada tortuosa e impervia, invece che all'ovile del Signore le conduce nella gabbia costruita da Kiko e dal suo ego, nel labirinto delle sue nevrosi e disturbi mentali, delle sue convinzioni errate sulla vita, la società, la visione del mondo e dell'uomo e la sua antropologia distorta e malata.

Sono convinto che Kiko e la defunta Carmen fossero due fanatici religiosi, pieni di sé e affetti da varie turbe non diagnosticate che hanno riportato tali e quali nella struttura e funzionamento del Cammino, nei riti, nella "liturgia", nelle abitudini e persino nell'arte e nell'architettura. Quegli sgorbi davanti a cui ti inducono a pregare, quegli orrendi cubi di marmo e cemento che chiamano "catecumenium", quelle buie salette illuminate a neon, non sono uno strumento di elevazione ma una scala che porta verso il basso, verso l'inferno dell'anima dei due falsi profeti.

venerdì 8 settembre 2023

Il "Primitivismo" cristiano. Ovvero: la mitologia neocatecumenale sulla "Chiesa primitiva"

Ciò che spesso si rimprovera al Cammino neocatecumenale è un’esegesi delle Sacre Scritture che tiene in poco o nessun conto la Sacra Tradizione della Chiesa, e perciò i documenti magisteriali: cosa grave per chi pensasse di avere la missione di evangelizzare la stessa Chiesa che, secondo le parole di Kiko, dal IV secolo, e precisamente dall’Imperatore Costantino in poi, non avrebbe più comunicato la grazia, ma solo sapienza umana.

Colgo qui l’occasione per invitare i camminanti a confrontarsi sul perché Kiko ha detto questa cosa, quasi che, al tempo di Costantino, la Chiesa di Roma si sarebbe "separata" dalla "Chiesa primitiva", e perciò dalla Tradizione, diventando “protestante”, mentre chi “riscopre” la Chiesa "primitiva" in contrapposizione alla Chiesa romana post costantiniana, sarebbe il "vero cattolico".

Forse siamo noi a non aver compreso? Ma se così, cioè se Kiko ama la Tradizione della Chiesa, perché ha usato espressioni verbali che sembrano affermare l'esatto contrario? Vorremmo una spiegazione razionale e convincente, ma fino ad oggi su questo tema i camminanti hanno sempre glissato.

In realtà la Chiesa si è sempre rinnovata, basti pensare alla “evoluzione” del Sacramento della Penitenza, che proprio al tempo della “mitica” Chiesa primitiva era molto meno accondiscendente di oggi nel riammettere i peccatori alla vita ecclesiale.

Il rapporto che intercorre tra la Tradizione della Chiesa e le legittime riforme ecclesiali, lo spiega bene il santo sacerdote salesiano, deceduto nel 1985, Franco Amerio, insigne filosofo e teologo, nonché formatore di giovani, nella sua opera “La dottrina della fede”, la cui prima edizione uscì nel 1971.

Franco Amerio, che probabilmente era a conoscenza del Cammino Neocatecumenale e ne intravedeva le possibili derive, nella Dottrina della fede (Ed. Ares, III edizione, novembre 1987, pag. 577-578) scrive:

"Sarebbe… non solo ingenuo, ma blasfemo, pretendere di metter fra parentesi tutto questo sviluppo [lo sviluppo teologico della Chiesa lungo il corso della storia], col pretesto di rifarsi alla purità delle origini. Questo tentativo di escludere lo sviluppo storico è il carattere della riforma luterana, almeno nella sua mossa iniziale; ed è il carattere di alcune pretese riformatrici… che oggi cercano di farsi strada anche nel mondo cattolico. Orbene, tale tentativo è ingenuo, arbitrario e finanche blasfemo.

Ingenuo perché la storia non si può cancellare, e il creduto ritorno alla semplicità delle origini sarebbe una mistificazione…

Arbitrario, di un’arbitrarietà fin troppo scopertamente compiacente.
Le forme infatti che si vorrebbero riesumare col motivo del rifarsi alle origini, da una parte non sono mai forme di austerità, di rinuncia, di rigore ascetico, quali invece sono caratteristiche dell’intensa vita religiosa dei primi secoli cristiani; d’altra parte, di quelle forme che si vorrebbero restaurare si dimentica il condizionamento storico che allora le legittimava, sicché oggi, tratte fuori da tale condizionamento, non potrebbero non comparire, anche per ciò solo, singolari, eccentriche, arbitrarie, appunto.

Blasfemo, infine, perché negherebbe l’assistenza dello Spirito Santo, anzi la presenza intima e attiva dello Spirito Santo nella vita della Chiesa: lo Spirito Santo avrebbe assistito e animato la Chiesa solo per un limitato numero di anni; poi l’avrebbe abbandonata a se stessa…”.

Don Franco Amerio continua citando un discorso di Papa Paolo VI del 31 maggio 1967:

Si parla tanto oggi del kérygma, cioè l’annuncio delle verità evangeliche… Sappiate… vedere la parentela fra questo annuncio e il catechismo del vostro parroco, fra la rivelazione divina e il simbolo della fede, e siate a questa FORMULAZIONE didattica e liturgica della dottrina della Chiesa, gelosamente e gioiosamente attaccati”.

Per cui anche il linguaggio da usare, almeno nelle sue espressioni più “teologiche”, non deve distaccarsi da quello che usa la Chiesa nel suo magistero ufficiale.

lunedì 4 settembre 2023

"Era tutto un sentirsi SEMPRE COLPEVOLE di qualcosa"

Quando conquistano una parrocchia,
"marcano il territorio" con una kikona...
Riceviamo questa testimonianza da un ex fratello del Cammino Neocatecumenale.

Io sono uno di quelli che ci ha creduto e che poi è rimasto fregato. Per troppo, troppo tempo. Ma quando sei dentro ti si deforma il pensiero e non puoi capire.

Pensa che quando mi venivano in mente idee su come certe famiglie numerose, col solo padre lavoratore, potessero vivere a mille, poi mi sentivo in colpa perché non credevo alla provvidenza.
Quando i "catechisti" prendevano sonore cantonate e non ero d'accordo, mi sentivo giudicatore.
Quando facevano preferenze di persone, trattando gli uni coi guanti e gli altri come dementi ed io reagivo, mi sentivo disobbediente.
Quando predicavano l'apertura alla vita ed io faticavo a seguire i miei (numerosi) figli, mi sentivo difettoso. Quando li seguivo e mi occupavo di loro mi facevano sentire nevrotico ed affettivo.

Erano riusciti ad azzerare la mia libertà di pensare, era tutto un sentirsi sempre colpevole di qualcosa.
Allora cercavo di obbedire, ma non andava bene nemmeno quello, perché mi rendeva "superbo".

Ad un certo punto tutti intorno a me mi sembravano robotizzati: stesse frasi, stessi occhi verso il cielo, stessi concetti ripetuti fino alla nausea, sottomissione (falsa) ai "catechisti" regnanti, servilismo, tanta ipocrisia.
Non so cosa sia successo esattamente, ma ad un certo punto ho sentito che quel posto seriale e falso, dove si respirava ipocrisia ad ogni incontro, non era più il posto per me e me ne sono andato.
Sapevo a cosa andavo incontro, sapevo che la mia famiglia sarebbe rimasta sola, che tanti falsi fratelli nemmeno mi avrebbero salutato più, perché già avevano cominciato a farlo quando negli ultimi tempi ancora stavo dentro.

Ammetto che è stato doloroso, abbiamo dovuto ricominciare tutto da capo, ma l'affrancamento da quel mondo mi ha aperto l'accesso alla Chiesa, altro rispetto al Cammino.
Però capisco che quando uno sta dentro non riesca a comprendere, il pensiero e la ragione diventano man mano così compressi che tutto il resto sembra banale e sbagliato. Lì dentro ti senti chiamato ad una missione, speciale, eletto, uno che approfondisce, ed ingoi tutto dietro a questo miraggio.
Ti senti amato? Anche no. Come nel mondo ti amano se corrispondi ai loro schemi sbandati, altrimenti ti giudicano e ti espellono, come tu fossi una cosa spuria. Inoltre c'è molta competizione e molta invidia, per non parlare del chiacchiericcio.

Nel Cammino l'altro una volta è Cristo, una volta è il nemico, dipende dalle circostanze.
Si decidano, perché Cristo non può essere nemico e il nemico non può essere Cristo.
Mi pare proprio che nella Chiesa valga il comandamento "ama il prossimo tuo come te stesso" e non "ama l'altro perché è Cristo". Perché se l'altro è come me, siamo tutti e due uomini e siamo esortati ad amarci perché prima abbiamo amato Dio.
Che l'altro è il prossimo lo disse Gesù parlando del samaritano. Non disse che l'altro era Cristo, cioè Lui stesso, ma il prossimo, quello che anche il comandamento ci dice di amare.
Il prossimo, uno che diversamente da Cristo può sbagliare e commettere peccato.
Infatti il buon samaritano amò il suo prossimo e siccome Cristo era ancora vivo, non amò di certo l'altro perché era Cristo.