mercoledì 31 maggio 2023

Cagliari: non passate sotto il retablo di Kiko ma a lato. (da FungKu)

Esimii lettori del Blog: neocatecumenali, non neocatecumenali e Puntini (che è un ibrido di tutt'e due le cose); l'altro giorno entrando in redazione mi sono messo come sempre a sbirciare da dietro le spalle cosa scorreva nei monitor e intanto catechizzavo tutti quanti, con salmi imprecatorii e lamentazioni perché la Sampdoria scende in serie B, mentre il Genoa risale in serie A! Sono arrivati i tempi del dem@nio! Penitenziàgite!!

Mentre Valentina cercava gentilmente di scacciarmi, ho scorto, tra le email pervenute, una comunicazione dalla Sardegna ed ho iniziato a porre domande indiscrete. Ed è così che, per tenermi impegnato, la redazione mi ha incaricato di riferirvi il contenuto di questa segnalazione, che è tragicomica, con i nostri più sentiti ringraziamenti a chi ce l'ha inviata!

In breve, il contenuto è il seguente: da Cagliari, più precisamente dal quartiere Poetto, emerge la notizia che le magnifiche opere e progressive di Kiko Arguello il novatore stanno già ai restauriLa nueva estetica di Kiko il distruttore dell'antichità è già un'anticaglia, un successo conseguito in soli 50 anni. I ponti romani sono ancora in piedi, il retablo di Kiko ha bisogno di 150 mila euri dalla Regione (ma che siete matti? ma lo sapete cosa ci esce con 150 mila euri?!) per restaurarlo. 

La notizia la trovate a questo link da cui riportiamo solo una citazione degna di nota:

L’umidità, dovuta anche a celebrazioni affollate e della durata di ore, sta minacciando le opere d’arte della chiesa della beata Vergine della Salute. La giunta Truzzu dà il via libera ai lavori di restauro finanziati dalla Regione.

Le cosiddette opere d'arte in questione sono principalmente il suddetto retablo kikiano, che, per chi - fortuna sua - non lo sapesse, è quella pala gigantesca nelle tonalità nero-rosso-oro (ha intinto il pennello nella bandiera della Germania, Kiko?) piena di imprecisioni iconografiche (cioè di eresie) che il guru ha fatto copiare ovunque gli sia riuscito di colonizzare gli edifici di culto. In questo blog se ne è parlato, per esempio, qui (2010)qui (2011)qui (2013)qui (2018)

Ecco il capolavoro a cui non dovete passare sotto, che vien giù tutto! (Io non ci posso manco passare di lato, che le opere di Kiko mi ispirano lo stesso affetto di quelle del Rùppniqq).

Anche dal punto di vista tecnico, il retablo è stato dipinto con una tale maestria che i ragli, volevo dire, i canti, protratti per ore e ore, dei fratelli impacchettati in batteria, sono riusciti a farlo ammuffire! A questo link poi ci fan sapere che il retablo ha impreziosito la chiesa di Nostra Signora della Salute di via Ausonia – quartiere Poetto, nel 2013. 10 anni di gloria, 150 mila euri di riparazioni. Morale: appendi nella tua chiesa un Kikez di molto discutibile valore artistico, e sono subito 15 mila euri all'anno di spese di manutenzione! E siccome il sacco nero ormai gira e rigira a vuoto, andiamo pure a scroccare dai contribuenti, che saranno felicissimi di mollare questo malloppo al Kiko sottraendolo agli ospedali, alle scuole, alle strade da riasfaltare, al restauro del vero patrimonio artistico...

Un'altra citazione degna di nota, da stampare ed appendere in bacheca insieme alle vignette di Snoopy e alle citazioni di KungFu Panda e di Osho, è la seguente definizione di Cammino Neocatecumenale:

Il Cammino Neocatecumenale è la dottrina che promuove il ritorno al cristianesimo primitivo e la riduzione della distanza fra il potere temporale e quello spirituale al fine di ricondurre i fedeli alla Chiesa.
Il resto lo trovate ai link indicati, e con questo è tutto. Torno a piangere la Sampdoria e viva sempre la Sardegna! Una, autonoma, indipendente, libera (soprattutto dal Cammino) e repubblicana - oppure anche monarchica, ma questo sarà deciso grazie ad un referendum popolare.

Mellus unu burricu biu che unu dottori mortu! 
Meglio un asino vivo che un dottore morto, tradotto: se sei somaro è meglio rimanere vivo invece che ammazzarsi a studiare. Proverbio che, oltre a me e FAV, pure il 4v. Dottore HC Argutello ha capito benissimo.

domenica 28 maggio 2023

Pentecoste 2023: pecore neocatecumenali a caccia di presbiteri

«La diocesi di Roma si prepara a vivere nella sera di sabato 27 maggio il compimento del Tempo di Pasqua attraverso le celebrazioni della Veglia di Pentecoste, che saranno diverse per favorire la partecipazione dei fedeli: Nella cattedrale di San Giovanni in Laterano alle ore 19;
Settore Centro presso la Basilica dei Santi Apostoli alle ore 21;
Settore Nord presso la parrocchia di Sant’Ugo alle ore 20.30;
Settore Sud presso il Santuario della Madonna del Divino Amore alle ore 21;
Settore Est presso la parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio alle ore 21.

22 maggio 2023»


Queste le indicazioni al popolo cattolico di Roma per la Veglia di Pentecoste 2023; mentre altre diocesi si sono organizzate per un'unica veglia diocesana, ospitata in cattedrale o in una parrocchia prescelta. 

È una delle feste più importanti e significative per i cristiani la Pentecoste,  cioè la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli riuniti nel Cenacolo.  È l’inizio della predicazione dei discepoli di Gesù. Raccontano gli Atti degli Apostoli che “mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo”, il Cenacolo. Oggi quel ritrovarsi in tante città del mondo è come quel radunarsi “tutti assieme nello stesso luogo” per ascoltare la Parola di Dio e continuare a vivere assieme nella memoria del Signore Risorto.

L'intento che ispira queste celebrazioni diocesane riunite con il più  ampio possibile concorso di popolo, è  proprio quello di compiere nuovamente ciò  che narra il Vangelo, di ritornare cioè a quella riunione nel cenacolo degli apostoli che "si trovavano tutti insieme nello stesso luogo" con la Vergine Maria per celebrare il momento nel quale lo Spirito Santo come potenza dell'amore di Dio che viene a dare fiamma di energia nuova alla comunità del Cristo Risorto.

Quali sono, invece, in totale controtendenza, le disposizioni date da Kiko Argüello e dalla équipe internazionale del Cammino neocatecumenale per la Pentecoste 2023? Mentre le diocesi si riuniscono per formare un unico corpo, la lettera prescrittiva inviata dal Tripode neocatecumenale ai responsabili di Nazione, Regionali, Provinciali per essere diramate fino alla più  piccola comunità, ribatte l'ordine di scuderia di isolarsi dalla parrocchia e dalla diocesi, facendo la veglia del Cammino neocatecumenale  e per il Cammino neocatecumenale a parte, direttamente in albergo se possibile e separatamente comunità per comunità, con convivenza il giorno di Pentecoste; cosicché nessun "fratello" possa partecipare a veglie diocesane e neppure alla Messa della domenica in parrocchia o in cattedrale.

"Piccolo gregge" neocatecumenale a caccia
di presbiteri canonica per canonica
Le istruzioni specifiche giunte ai catechisti con la solita circolare dai massimi responsabili del Cammino, abbondando di caratteri in grassetto e di sottolineature, statuiscono infatti che
"è molto importante che ogni comunità celebri la Veglia di Pentecoste da sola".
Non interessa loro nulla della pastorale diocesana e parrocchiale, tirano in ballo infatti la "tradizione del Cammino"... come fosse il Magistero della Chiesa!
"La tradizione del Cammino è che ogni comunità possa vivere la Veglia di Pentecoste da sola e in convivenza".
Ma siccome la tradizione del Cammino non sembra loro sufficiente, citano anche l'Inno dell'Ascensione "Ascende il Buon Pastore" là dove dice:

"veglia il piccolo gregge con Maria nel cenacolo". 

E il piccolo gregge chi è,  per loro? Ma la piccola comunità  neocatecumenale, che riceve lo spirito neocatecumenale per portare al mondo l'annuncio neocatecumenale!

Per essere certi che nessuno possa partecipare a nussun altra iniziativa, nè religiosa, nè familiare nè ricreativa, prescrivono, sempre invocando la "tradizione del Cammino", che si  inizi  il sabato pomeriggio con la preparazione della Parola in gruppi, a cui segue la Veglia di Pentecoste con l'immancabile agape.
La domenica mattina poi si fanno le Lodi, si pranza e si sta ancora insieme, perché ormai la giornata non può prevedere altri programmi con familiari, con parenti o amici.
Se proprio non è possibile andare in convivenza da sabato, le inderogabili disposizioni stabiliscono comunque che  la Veglia si celebri "comunità per comunità", e che la domenica si vada in convivenza "come comunità".

E naturalmente questa frammentazione per comunità presuppone e richiede che ciascuna abbia il suo prete, motivo per cui le lettere arrivate a tutti i capo-responsabili di comunità li richiamano al compito (non facile) di "cercarsi dei presbiteri"  allo scopo di vivere la Pentecoste con una Eucaristia "più intima e non massiva".

E non viene detto, ma anche I battesimi verranno fatti in albergo, in una sala e non in una chiesa consacrata, utilizzando un fonte posticcio.


Ma perché – vien da chiedersi - si dà tanta importanza alla Pentecoste neocatecumenale? E’ chiaro! Perché costoro celebrano la nascita della kikiana chiesa sorta per rinnovare quella stessa Parrocchia da cui, come sempre, si tengono a debita distanza. E chi non l’accolga è condannato all’estinzione. Celebrano, in definitiva, l’avvento dello Spirito Santo sulle loro “piccole comunità”. 

Dice infatti Kiko: 
Avete visto di Pentecoste in Pentecoste Dio che sta benedicendo la vostra comunità.” 
“Questo amore... che prima non esisteva sul nostro pianeta, Dio lo ha voluto dare a noi. Questo amore è nel fondo il compimento della Torà...” 
“I Papi hanno detto che il Cammino Neocatecumenale viene dal cielo per la salvezza della Chiesa: hanno questo carisma di discernimento.”  (cit. tratte dalla Lettera per la Veglia di Pentecoste 2020

Insomma, per fare quella che a loro parere è la volontà dei Papi, dei Vescovi, della Chiesa, vanno contro alle disposizioni, valide per tutti i cattolici e per tutte le realtà e movimenti emanate proprio dai Pontefici, dai Vescovi e dalla Chiesa.

Usciranno mai da questa terribile confusione mentale e spirituale?

giovedì 25 maggio 2023

Spargere a terra il Corpo di Cristo: è ciò che avrebbe fatto Giuda

«Poco tempo addietro ho partecipato a una Santa Messa dove è stato consacrato pane azzimo: era a forma di disco, di dimensione media, circa 14-15 centimetri. Sebbene è stato diviso in cinque parti, siamo stati costretti a prendercele con la mano, per poterle mangiare. 

E' lì che ho capito meglio perché delle persone che erano inserite in un Movimento religioso cattolico che consacra sempre il pane azzimo sotto forma di pagnotte, le quali sono fatte dalle appartenenti al Movimento, sono poi uscite disgustate dal Cammino che effettuavano, nonché dalla Chiesa. 
 

Ho faticato non poco, per aiutare queste persone a riavvicinarsi a Santa Romana Chiesa. 

Erano contrariate, e anche talora profondamente sofferenti, per quello che avevano visto e udito alle S. Messe a cui avevano partecipato (dove ovviamente il pane azzimo casereccio viene consumato dagli astanti): alcuni non avevano apprezzato che la Mensa eucaristica fosse ridotta a una cena comunitaria, a una agape gioiosa, altri erano rimasti sconvolti dai commenti di cui era oggetto il Corpo Santo di Cristo, dopo che il pane era stato consacrato: "Ma quanto è bruciato, ma quanto è salato...". 

I loro compagni di merenda non parevano avere coscienza che parlavano del corpo di Gesù

Quel giorno di poco tempo fa ho capito meglio i racconti che mi avevano fatto quelle persone. 

Ho capito meglio le profanazioni. Non da parte dei satanisti, ma da parte dei cosiddetti "nostri". 

Quando ti trovi di fronte a del pane che non ha la perfezione di purezza della Sacra Particola, quando sei di fronte a del pane comune, in tutti i sensi, con una crosta o una bruciatura, è difficile ancora di più Credere. 

E fin qui ci potremmo anche essere, nel senso che il problema, per chi veramente ha fede, è superabile. 

Però poi lo prendi in mano, pensi che è il corpo di Gesù anche se è bruciacchiato, e lo mangi. Anzitutto il senso devozionale si attenua, quando non va a farsi friggere malgrado la buona volontà.

Una mia amica, che è al vertice di un Istituto e quindi si presume che stupida non sia, ha partecipato in una paesino del Sud a una Santa Messa dove il prete, molto apprezzato dai suoi parrocchiani per il suo impegno nel sociale, ha consacrato pane casereccio. Davanti a lei un vecchio ha dato alla moglie un pezzo del pane pagnotta che il prete gli aveva consegnato, dicendole: io non ho fame, la vuoi tu? 

Era pane consacrato, era il corpo di Gesù. Ma come è possibile non capire che si perde la coscienza, la sacralità della sostanza fisica che si sta per prendere in bocca? L'Ostia aiuta ad avere la fede, la focaccia aiuta a perderla.

Tra noi, ci può essere il senso devozionale, anche in presenza del pane casereccio consacrato, ci può essere anche in questo Movimento che ne ha fatto uno dei suoi portabandiera: ma non è come prenderlo in bocca, c'è poco da fare. Non è come prenderlo in bocca da un prete. E poi: il pane si sbriciola con le mani, per poterlo mangiare, o si addenta. In entrambi i casi le briciole finiscono da qualche parte. 

Un anziano, accanto a me nella Santa Messa a cui stavo partecipando, teneva in mano il pane consacrato con la destra e lo mangiava. La sinistra era lungo il corpo. L'ho pregato di metterla sotto il pane a mo' di trono, onde evitare che le briciole finissero per terra e poi calpestate. Le briciole, cioè la cosa più sacra in Cielo e sulla terra. Perché in ogni briciola c'è il corpo Santo di Gesù. Meminisse iuvabit. Non è difficile, nella situazione suddetta, che delle briciole cadano. O rimangano in mano. 

Al sacerdote, sull'altare, erano avanzate nella patena delle briciole, che poi ha riversato nel calice. Però quando invece di un pane a forma di disco si consacra una pagnotta di pane casereccio, lo sbriciolamento è consistente, e il pane rimane nella tovaglia, non sulla patena. 

E' malizioso credere che delle briciole cadano per terra, nel lavoro di pulizia? Temo che sia solamente realistico. Provare per credere, se è facile o difficile toglierle tutte. 

E' un trauma, per chi ama Gesù, vederlo trattato in certi modi.


Anche a Gerusalemme la folla lo acclamava, ma il giorno dopo lo ha tradito: occorre vigilare, per non trovarci anche noi nella stessa situazione di quella folla.

Ai suoi Sacerdoti, che avevano un compito particolare nei Suoi intendimenti, portare l'Eucarestia nel mondo, Gesù concede di prendere il Suo corpo in mano. A Giuda, che non lo amava e stava per tradirlo, dà Lui il pane consacrato in bocca. Chi non mi dice che glielo ha offerto Lui in bocca perché temeva che Giuda potesse lasciar cadere delle briciole in terra? Cosa lascia credere che fosse unicamente un segnale, una indicazione per il discepolo che Gesù amava? Poteva ben lasciare cadere delle briciole Giuda, anche inavvertitamente o involontariamente: briciole di pane consacrato, Suo corpo prezioso. Gesù non rischia, glielo mette Lui in bocca.»

(da: Sorella Angela Musolesi -laica francescana collaboratrice di padre Amorth)

lunedì 22 maggio 2023

Tutti Frutti. Wop bop a loo bop a lop bom bom!… ovvero: tutti i “frutti” del Cammino

Il camminante che si firma Eros, nel commento delle 12 e 13 del 16 maggio, scrive:

Servono i frutti per qualificare un albero. Se i frutti sono buoni (evangelizzazione del vangelo e della dottrina cristiana, vocazioni, missionari ecc.) l'albero è buono. Se sono cattivi (sistemi finanziari sessuali e morali) allora l'albero è cattivo”.

Ma discernere i frutti come fa Eros è puro semplicismo, tanto che lui stesso, parlando di “evangelizzazione del vangelo”, intuisce che si potrebbe “evangelizzare” un messaggio diverso da quello del Vangelo, cosa che non si può certo considerare un frutto buono.

"I frutti sono sotto gli occhi di molti. Il fatto sconcertante -cecità? malavoglia? superficialità? orgoglio? peccato contro lo Spirito Santo (Mt 12,32)?- è che spesso si apprezzano i frutti ma non si vuole l'albero che li produce."
Scrive don Pasotti, sconcertato perché le parrocchie non si fanno più parassitare dal Cammino.


San Paolo perciò, più che di “frutti” esteriori, parla del frutto dello Spirito, che produce “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22), che poco si rendono visibili tra i camminanti.

Perciò nemmeno l’elevato numero di consacrazioni sacerdotali che può vantare un movimento è necessariamente riconducibile a un frutto buono: Bella Dodd, che fu dirigente del partito comunista americano e che si convertì grazie a Fulton Sheen, riferisce come lei stessa, per ordine dell’URSS, ha spinto molti giovani comunisti a entrare nei seminari al fine di distruggere la Chiesa dall’interno (cosa che fa capire meglio le parole della Madonna a suor Lucia sugli errori che la Russia avrebbe esportato nel mondo, che sostanzialmente sono il materialismo e l’ateismo, e che oggi sembrano concentrarsi soprattutto in Occidente, arrivando perfino a condividere gli stessi “spazi” della Chiesa).

Ma è vero che, a volte, ci sono ex del Cammino che rimpiangono quelli che considerano dei pregi del Cammino, e cioè lo “scrutare” la Parola di Dio e lo studio” della Bibbia.

Ma in questo caso, come per i protestanti, occorre distinguere tra ciò che è dovuto alla tradizione cattolica e ciò che sono le novità: lo studio della Bibbia, infatti, non l’hanno inventato né il Cammino, né i protestanti, ma risale ai Padri della Chiesa, mentre ciò che è proprio dei protestanti, e del Cammino, è una stravagante interpretazione della Scrittura.

Perciò, se studiare la Scrittura è un frutto buono perché è in continuità con la Tradizione della Chiesa, interpretare la Scrittura in modo stravagante, che è proprio ciò che caratterizza il Cammino come tale, è un frutto velenoso. In tal senso un frutto può essere pure bello, ma è cattivo, e la sua "bellezza" può aumentarne la letalità. 

I frutti del Cammino: banane, zucche e angurie sull'altare-tavolone


Il carisma che la Chiesa riconosce al Cammino è solo quello che si deduce dallo statuto, nulla di più e nulla di meno: tutto il resto viene dal maligno. Perciò lo statuto, che viene dalla Chiesa, è buono, mentre ciò che c'è in più, e che viene solo dal Cammino, è patrocinato dal demonio.

E' un po' come per i protestanti, che possono portare frutti buoni solo grazie a ciò che hanno mantenuto in comune con la Chiesa cattolica (e alla loro buona fede), e non certo per la loro ribellione.

Scrive San Paolo: “Alcuni… predicano Cristo… per invidia e spirito di contesa... con intenzioni non pure, pensando di aggiungere dolore alle mie catene. Ma questo che importa? Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene” (1Fil 1,16-18): in tal senso, quando capita che le stravaganze interpretative vengono lasciate da parte, anche i camminanti possono portare un certo frutto.

Inoltre, per discernere sul carisma del Cammino, la Chiesa avrebbe dovuto prima discernere sulla veridicità delle presunte apparizioni di Kiko e Carmen che ne stanno all’origine e su cui si basa il principio dell'ubbienza cieca dovuta ai "catechisti".

Ma si può ritenere per certo che il Cammino ha sempre tenuto nascoste alla Chiesa queste presunte apparizioni, che tra i camminanti si tramandano come una saga nordica, per sostituirle, nella storiografia ufficiale e politicamente corretta, con il Concilio Vaticano II.




venerdì 19 maggio 2023

Ansia, disperazione e pensieri suicidi: cosa deve succedere ancora perché i vescovi dicano di no al Cammino neocatecumenale?

Riportiamo un articolo tratto dal blog degli amici statunitensi di "The Neocatechumenal Way in the USA", ringraziandoli, con l'occasione, per l'encomiabile lavoro svolto e per la pubblicazione delle versioni in inglese di alcuni articoli di Osservatorio: all'etichetta American Way sarà  possibile consultare sia gli articoli di Osservatorio nella versione inglese, sia gli articoli del blog statunitense in versione italiana su Osservatorio.


Se si comporta come una setta, parla come una setta.....

Ancora una volta ho incontrato qualcuno che faceva parte del Cammino neocatecumenale e sta sperimentando confusione, disperazione e infine pensieri suicidi. Con il suo consenso, condivido una breve sinossi della sua storia, tralasciando i dettagli per proteggere la sua identità. Anche così facendo, queste vicende all'interno del mondo del Cammino Neocatecumenale sono purtroppo così comuni, da mettere in forse, ai miei occhi, la credibilità di qualsiasi vescovo che affermi di avere una posizione di "non tolleranza" nei confronti degli abusi all'interno della Chiesa. Suppongo che questi vescovi si riferiscano più specificamente agli abusi sessuali: anche se si limitassero a questa fattispecie, mi sento di poter dire che non si sta facendo una seria indagine in proposito.  


"Vengo presto": più che una promessa,
con quel volto, sembra una minaccia!

La giovane donna che ho incontrato mi ha riferito di essere entrata in una comunità neocatecumenale per il semplice fatto che i suoi genitori appartenevano al Cammino, di essere sprofondata sempre più nella disperazione e alla fine, durante il secondo scrutinio, di essere stata ricoverata in ospedale con impulsi suicidi.
I suoi genitori e i catechisti si sono rifiutati di accettare che il suo stato mentale fosse in gran parte dovuto alla visione della vita trasmessale nell'ambito del Cammino Neocatecumenale.

Potrebbe essere facile banalizzare questa breve storia, per esempio dicendo  che aveva già dei problemi mentali, o forse che è lo stato generale dei giovani di oggi. 

La mia esperienza nel Cammino è quella di aver avuto idee suicide mai sperimentate prima, e ho potuto sentire un intero autobus charter pieno di giovani (in tutto 56) diretti alla Giornata Mondiale della Gioventù attestare che anche loro avevano frequenti pensieri di suicidio (tutti giovani del Cammino, molti di loro dalla nascita). 

Sarebbe facile pensare che con i giovani di oggi la depressione sia all'ordine del giorno. Le statistiche post-pandemia mostrano che a febbraio 2023 il suicidio è la seconda causa di morte tra le persone di età compresa tra 15 e 24 anni negli Stati Uniti. Quasi il 20% degli studenti delle scuole superiori riferisce seri pensieri di suicidio e il 9% ha tentato di togliersi la vita, secondo l' Alleanza nazionale sulla malattia mentale . Mentre i tassi di suicidio sono in aumento tra i giovani, i tassi più alti si registrano tra i giovani adulti di età compresa tra 25 e 34 anni. 

Un'altra donna che ho conosciuto si è trovata inavvertitamente a "camminare" senza sapere veramente di essere nel Cammino, perché non le è mai stato detto cosa significasse veramente partecipare alla catechesi.
Lo ha capito dopo aver raggiunto tali abissi di disperazione da iniziare a mettere in discussione la sua fede cattolica, la sua fede in Dio in generale, il suo matrimonio e, in definitiva, lo scopo della sua stessa esistenza. 
Per fortuna, è stata in grado di comprendere in cosa era coinvolta dopo aver visto il logo Neocat e, ricordando ciò che altri le avevano detto sul Cammino Neocatecumenale, è stata in grado di districare il pasticcio contorto che avevano combinato nella sua mente in un breve lasso di tempo.

Il termine "setta" o culto è stato inflazionato e la maggior parte lo associa agli scenari peggiori come i Branch Davidians, i Mormoni Fondamentalisti o il Tempio del Popolo/Jonestown. 
Un Neocat si affretterà a dire che non sono in alcun modo una setta o un culto (a loro non piace nemmeno il termine movimento poiché ciò implicherebbe che sono qualcosa di nuovo all'interno del cattolicesimo e non la Chiesa cattolica "originale" come affermano di essere). 
Il Neocat citerà come prova che sono stati "approvati" da più vescovi e persino dagli ultimi tre papi (puoi leggere di più in proposito qui, qui e qui). The Thoughtful Catholic fa una grande analisi degli aspetti cultuali del Cammino (vedi la pagina principale qui, in particolare sotto il sottotitolo "Setta o culto?"), e potete leggere un articolo del 1997 del cardinale Schönborn (ironia della sorte, lui stesso un grande patrono del Cammino) sulle sette nella Chiesa qui.

A livello relazionale, tuttavia, ecco le mie esperienze e osservazioni utilizzando una lista di controllo adattata sviluppata dal Dott. Michael D. Langone, Ph.D., direttore esecutivo dell'International Cultic Studies Association. 


  • Il tuo gruppo mostra un attaccamento incondizionato nei confronti del suo leader, vivo o morto?

Durante la Giornata Mondiale della Gioventù nel 2016, ad esempio, l'attenzione alla Messa papale del Santo Padre è stata di gran lunga messa in secondo piano rispetto all'incontro al termine del raduno con Kiko Argüello. Dei due eventi della Giornata Mondiale della Gioventù a cui abbiamo effettivamente partecipato con altri giovani di tutto il mondo, siamo arrivati ​​in estremo ritardo siamo rimasti ai margini dell'evento.(Leggi qui per saperne di più sull'umile culto di Kiko). 

Con l'età di Kiko e a causa dei molti passi falsi negli ultimi tempi, tuttavia, le comunità sembrano prendere le distanze da un Kiko ormai senile

Tuttavia, dopo la sua morte, c'è stata una grande spinta per ottenere la canonizzazione di Carmen, che ancora adesso è riconosciuta come "Serva di Dio". (Leggi qui per sapere perché è una prospettiva terribile.)


  • I dubbi e le domande vengono scoraggiati o puniti?  

Assolutamente sì.

Quando ho iniziato il Cammino, prima ancora di sapere di essere nel Cammino, stavo semplicemente partecipando sulla fiducia nel mio pastore, padre Felix Medina , e nell'allora catechista p. Giuseppe Fedele (curiosamente ormai irrintracciabile). 

Tutte le domande che avevamo ci avevano detto avrebbero avuto risposta a suo tempo.  Siamo stati continuamente tenuti all'oscuro, eravamo solo "pecore stupide" e ci è stato detto di seguirli.

Se qualcuno osava insistere per ottenere ulteriori informazioni, veniva sminuito di fronte alla comunità: "il Signore ha una parola per te e tu vuoi tornare dalla babysitter!" “Il Signore vuole avere un incontro con te e tu e per te il tuo lavoro viene prima del Signore!”

Si trattava solo di domande su quando la funzione, già passate le 23, poteva finire, o quanto tempo dovevamo aspettare per conciliare gli impegni di lavoro  con una “convivenza” del fine settimana. Si può immaginare come siano gli scrutini su domande meno banali! 


  • Le tecniche che alterano la mente come la meditazione, il canto, il parlare in lingue e la privazione del sonno o il lavoro eccessivo vengono utilizzate in modo prevalente (e, inconsapevolmente o meno, spesso servono a sopprimere i dubbi sul gruppo e sulla sua leadership)?

Durante i ritiri, le convivenze, gli incontri generali riguardanti la Lettera di Avvento di Kiko, la Lettera di Quaresima, la Giornata Mondiale della Gioventù; le lunghe ore, seduti e ascoltando gli stessi mantra di come siamo merda, ma Dio ci ama nelle nostre ferite, tradimenti, ecc.; fino a notte fonda o nelle prime ore del mattino con i canti del Cammmino intensamente ripetitivi, batter di mani e ritmi con i bonghi che mi fanno rabbrividire quando li sento oggi. 

C'è poco o nessuno spazio per il silenzio all'interno del Cammino; la meditazione tranquilla sarebbe occupata da qualche catechista narcisista che continua a urlare su come siamo semplicemente dei buoni a nulla.


  • La leadership detta come i membri dovrebbero pensare, agire e sentire? Come dovrebbero vestirsi, dove dovrebbero vivere e chi dovrebbero sposare?

Siamo stati fortemente incoraggiati a stare solo con quelli delle comunità. 

Il giudizio è ENORME. A qualsiasi domanda o lamentela si rispondeva con "perché stai giudicando?!" solo per scoprire alla convivenza che eravamo incoraggiati a esprimere le nostre lamentele e, essenzialmente, a giudicare. Ricordo che, quando nessuno aveva davvero qualcosa di brutto da dire, ci dicevano che eravamo finti, che indossavamo le nostre mascherine, era come se i catechisti volessero che ci ferissimo a vicenda. 


  • Il gruppo sente di avere una missione speciale per la salvezza dell'umanità? Vedono il loro leader come un essere speciale, un simbolo? 

 “Sei stato scelto, il Signore ti ha chiamato qui per incontrarlo. Per essere sale e luce”. Se te ne vai... beh, sei Giuda.

  • Il gruppo ha una mentalità "noi contro loro"?

 Quando sei in comunità, fai parte “del club”. Letteralmente, nei ritiri che coinvolgono la parrocchia,  stilavano le liste contrassegnando le persone  “già in comunità”

Ci è stato detto di tenerci le cose per noi perché quelli che non camminavano non avrebbero capito - "quelli" ovviamente erano gli altri cattolici della nostra parrocchia. 

Il favoritismo da parte del parroco Neocat era notevole quando eri "dentro" rispetto a quando eri "fuori". Ho iniziato lentamente a vedere i parrocchiani di lunga data che si offrivano volontari o lavoravano per la parrocchia sostituiti con neocatecumenali che vedevi raramente alla "normale" messa o funzione della chiesa.


  • La leadership induce sentimenti di vergogna o di colpa per influenzare o controllare i membri?  

Spesso questo viene fatto attraverso la pressione dei propri pari e sottili forme di persuasione. 

Le "confessioni pubbliche", fatte faccia a faccia con un prete ma con la musica che suona, o durante uno scrutinio affinché tutti possano ascoltarle - il Cammino insiste per conoscere qualunque vergogna tu abbia. Diranno che è per  aiutarti, per "sbucciare la cipolla", per così dire, ma non c'è assoluzione.  Sarà usato contro di te, se non al servizio del Cammino, per etichettarti come pazzo quando oserai andartene. 


  • Il gruppo richiede ai membri di tagliare i legami con la famiglia e gli amici o di modificare radicalmente gli obiettivi personali e le attività che i membri avevano prima dell'adesione? 

Il Cammino occuperà così tanto del tuo tempo che i rapporti con gli amici e la famiglia al di fuori di essa ne risentiranno . Ho giustificato il tempo dedicato al Cammino pensando che stavo lavorando alla mia crescita spirituale, il tutto trascurando la mia famiglia e i miei amici. Diamine, quei catechisti con famiglie numerose e bambini piccoli, quante volte, quante ore stanno seduti a fare la catechesi, lasciando i bambini piccoli a casa, a volte lontani?


  • Il gruppo è preoccupato di portare nuovi membri e/o fare soldi? 

Le catechesi si rivolgono a una porzione presente ed attiva dei fedeli cattolici . La loro "missione" è quella di convertire i cattolici al Cammino. 

Una volta ho chiesto perché si continua a fare le catechesi nella chiesa, non evangelizzando chi non ha chiesa, mi è stato detto che si entra in comunità su invito, e presto la catechesi avrebbe coinvolto chi è al di fuori della Chiesa... questa era una bugia - la catechesi continua ancora oggi nella mia ex parrocchia rivolta ai cattolici che frequentano regolarmente.  
Il  sacco della spazzatura (perché il denaro è spazzatura e male, ma a quanto pare importante e necessario) passava più volte, senza che chiarissero quanto servisse per coprire le spese o quanto fosse stato fino allora raccolto - mai. Ho chiesto al nostro parroco come queste raccolte potrebbe essere rendicontate e sono stato sgridato: mi è stato detto che le comunità danno più di qualsiasi parrocchiano. "Come mai? Dov'è riportata questa "raccolta" negli Statuti?" Nessuna risposta. 


  • Temi le conseguenze per te stesso o per gli altri se lasci, o addirittura  solo pensi di lasciare, il gruppo?  

Molte persone, come me, sono entrate in Cammino per vivere in modo più profondo il senso di appartenenza alla parrocchia.  Trascorri così tanto tempo insieme a queste altre persone, che alla fine non riesci ad andartene . Quando qualcuno smetteva di presentarsi doveva essere contattato. Sono stato trattato come un lebbroso, mi è stato detto che ero debole e non potevo farcela, e poi  dopo che me ne sono andato e mi è capitato di vederli alle normali funzioni della chiesa hanno distolto lo sguardo come se non mi avessero mai conosciuto.
La Chiesa cattolica che conosco e con cui sono cresciuto incoraggia invece l'apertura e la capacità di porre domande, e mi insegna che la mia famiglia dovrebbe essere trattata come una "piccola Chiesa" e che i miei doveri di genitore sono il compito più importante che Dio mi ha dato. 

Coloro che sono in Cammino sembrano condividere questi sentimenti; tuttavia, se non presenziavo ad una funzione comunitaria come l'Eucaristia per partecipare alla Messa con la mia famiglia, oppure assistevo alla partita di mio figlio invece della Liturgia della Parola con la mia comunità, stavo facendo della mia famiglia il mio idolo, secondo loro. 

 
In conclusione: fino a che punto bisognerà giungere perché i vescovi comincino ad opporsi a tutto questo?

martedì 16 maggio 2023

Le sètte «sorelle»: analisi delle caratteristiche di gruppi settari all'interno della Chiesa cattolica

Nel libro, i nomi non li fa,
ma in copertina sì!
Nel
libro "Le sètte «sorelle»", edizioni Messaggero Padova e Facoltà Teologica del Triveneto, a disposizione nelle librerie per chi volesse acquistarlo sia in formato cartaceo sia elettronico, di cui proporremo brevi estratti e di cui consigliamo senz'altro la lettura integrale, l'autore, don Giorgio Ronzoni (*), presentando alcune caratteristiche problematiche dei nuovi movimenti post Conciliari, cerca di individuare le ragioni in base alle quali accogliere o respingere determinate prassi in uso all’interno delle nuove aggregazioni ecclesiali, ritenendo che un esercizio di vigilanza e di discernimento sia più che mai necessario nell’attuale stagione ecclesiale caratterizzata dalla presenza di una miriade di gruppi e movimenti. 

Non possiamo che concordare, e, leggendo l'ottimamente documentato ed equilibrato lavoro del sacerdote, ritroviamo esposti molti degli elementi critici che anche il nostro blog ha contribuito ad evidenziare nelle prassi e nella struttura del gruppo ecclesiale neocatecumenale: proselitismo, segretezza, elitarismo, autoritarismo, formazione di sacerdoti legati a doppio filo al gruppo, abusi di potere, abusi liturgici, abusi fisici eccetera

Tutto ciò contrasta con la visione ideale coltivata a bella posta nei fans del Cammino neocatecumenale, i quali sono convinti che il successo del proprio movimento sia senz’altro e interamente opera dello Spirito Santo, e quindi indebitamente deducono che tutto ciò che fanno è bene perché pensano di agire per il trionfo della buona causa per eccellenza, cioè il regno di Dio, visto che i frutti della loro azione, le conversioni e le adesioni, sono abbondanti.

Scrive infatti in premessa l'autore:

"Non è facile infatti, anzi è molto spesso arduo stabilire un limite oltre il quale l’evangelizzazione diventa proselitismo, la formazione condizionamento, l’annuncio propaganda.(...)

A posteriori, è stato facile a molti identificare i segni premonitori del penoso fallimento di imprese iniziate con grandi idealità. Segni che però all’inizio erano tutt’altro che chiari e univoci, dato che anche i santi fondatori di grandi ordini religiosi spesso hanno incontrato dubbi, resistenze, o persino aperta ostilità da parte dei contemporanei. Spesso è stata una condotta sessuale riprovevole a permettere di formulare un giudizio definitivo su relazioni che fin dall’inizio erano segnate da profonde ambiguità, oppure uno scandalo finanziario: viene spontaneo chiedersi se si debba necessariamente arrivare a riscontrare peccati sessuali o ruberie per mettere in questione prassi pastorali, comunitarie, vocazionali ed educative.(...)

Non sarà inutile stabilire comunque delle soglie di attenzione e delle convergenze pericolose di più indicatori sommati insieme. Analogamente a quanto avviene per le diagnosi psichiatriche, dove l’esistenza della malattia è indicata dalla presenza contemporanea di un certo numero di sintomi tra tutti quelli possibili, la valutazione pastorale di un’esperienza, di un gruppo o di un movimento potrà fondarsi sulla presenza o assenza di alcuni di questi indicatori, non necessariamente sulla totalità di essi.(Ndr: noi però possiamo assicurare che questi "indicatori" il Cammino Neocatecumenale li ha TUTTI)

Lo scopo è tentare di abbozzare un inventario delle prassi pastorali tendenzialmente criticabili o per lo meno discutibili, indicandone i motivi.
Non si vuole quindi spegnere lo Spirito, ma esaminare tutto e tenere ciò che è buono (cf. 1Ts 5,19-21)."

Di seguito, presentiamo alcuni passi tratti dal libro "Le sette sorelle" riferiti ad un gruppo di questi indicatori, riferiti a prassi più  che discutibili, per ciascuno dei quali dovrebbe scattare il campanello d'allarme: la segretezza, o per meglio dire l'assenza di trasparenza quando non la vera e propria menzogna, che il Cammino  neocatecumenale ha addirittura istituzionalizzato con il nome di "arcano"; l'invasione dell'intimità personale (o foro interno); la mancata trasparenza (nel caso del Cammino il totale arbitrio) nella gestione economica.

Meglio prestare attenzione a certi segnali d'allarme...

Dire o non dire la verità?

Prima metà del XX secolo. Uno scocciatore bussa alla porta della canonica. La domestica del parroco va ad aprire. Lo scocciatore chiede: «C’è il parroco?» La domestica, opportunamente istruita, risponde: «No» e mentalmente soggiunge: «Per te, in questo momento».

Il buon parroco che ha studiato bene i manuali dì morale e che non vuole essere disturbato ma non vuole autorizzare la domestica a mentire, le ha insegnato a praticare la «restrizione mentale», In pratica è una bugia, ma in teoria è una restrizione della verità comunicata a una persona che non ha titolo a conoscerla interamente. Perché mentire è peccato, ma non si è obbligati a dire a tutti tutta la verità, specialmente se l’interlocutore non ha diritto a conoscerla.


Ai tempi di Pascal, ì gesuiti erano maestri in questo genere di stratagemmi, tanto che il termine «gesuita» un po’ alla volta era venuto a significare persona falsa e ipocrita. Questo significato, con il tempo, è stato ormai dimenticato, segno che i gesuiti hanno abbandonato questi trucchi.
È possibile, però, che altri abbiano raccolto il testimone della restrizione mentale.

1. La reticenza

Oltre alla menzogna, infatti, esiste quella distorsione della verità più sfumata che è la reticenza: si possono tacere, magarì per un periodo più o meno breve, delle informazioni rilevanti come ad esempio la paternità di una îniziativa o l’appartenenza di singoli o gruppi a un determinato movimento ecclesiale. Come si è visto in precedenza, una modalità di reclutamento di nuovi adepti da parte di alcune sette è chiedere a qualcuno di compilare un questionario o di partecipare a una conferenza, senza dichiarare le loro vere intenzioni, In un secondo tempo si propone di partecipare ad attività più coinvolgenti e soltanto quando le persone sono state stabilmente «agganciate» si comincia a presentare la setta e si propone di farne parte.

L'eventuale uso di procedure simili da parte di gruppi o movimenti cattolici dovrebbe suscitare forti perplessità; perché nascondere la propria identità sotto sigle anonime?

Manifesti delle catechesi iniziali: non dicono che sono neocatecumenali!

 

È giusto dichiarare di voler offrire gratuitamente servizi a determinate categorie di persone, quando in realtà si stanno cercando nuovi affiliati? È vero che i pregiudizi potrebbero tenere alcune persone lontane da esperienze che permetterebbero loro di capire meglio con chi hanno a che fare e di dissolvere le loro precomprensioni sfavorevoli, Ma cercare di aggirare la loro diffidenza con la reticenza sulla propria identità rischia di generare altri
pregiudizi ancora più sfavorevoli.

Perciò le attività e gli eventi organizzati da un’associazione o un movimento per avvicinare - ed eventualmente per reclutare - nuove persone non dovrebbero mai dissimulare l'identità dell’ente organizzatore con nomi o sigle che nulla hanno a che fare con l’associazione o il movimento.

Il giudizio si fa ovviamente più sicuro quando la reticenza riguarda obblighi e doveri, anche di tipo economico, di cui i neofiti vengono a conoscenza soltanto dopo che hanno assunto un qualche impegno all’interno dell’organizzazione che li ha accolti.
Infatti, l'aspetto economico, insieme ai comportamenti sessuali, è quello che con maggiore certezza contribuisce a formulare il giudizio conclusivo su persone e gruppi che hanno agito male in ambito ecclesiale. A questo aspetto economico sarà dedicato il terzo paragrafo di questo capitolo, mentre su quello sessuale ben poco resta da dire: il verificarsì di condotte peccaminose o scandalose richiede un intervento dell’autorità ecclesiastica per far cessare gli abusi, ma proprio il desiderio di «impedire gli scandali», cioè di occultare ì peccati di ecclesiastici e religiosi, ha causato i più grandi scandali in cui sono state coinvolte intere chiese nazionali.

Perciò, nascondere la verità del tutto o in parte è sempre un segnale preoccupante. Quasi ovunque è comunemente accettato l'assioma che «non si può sempre dire tutto». Come motivazione si adduce di volta in volta la delicatezza verso le persone che hanno diritto alla loro riservatezza oppure la necessità di discrezione per portare a termine determinate operazioni senza interferenze da parti ostili alla causa. A volte, però, le motivazioni sono molto meno nobili e la reticenza , può coprire verità scomode, comportamenti illeciti o comunque difficilmente giustificabili.

Nelle Regole di vita cristiana che chiudono gli Esercizi spirituali di sant'Ignazio di Loyola ce n’è una che dice: Il demonio si comporta come un frivolo corteggiatore che vuole rimanere nascosto e non essere scoperto. Infatti un uomo frivolo, che con discorsi maliziosi circuisce la figlia di un buon padre o la moglie di un buon marito, vuole che le sue parole e le sue lusinghe rimangano nascoste; è invece molto contrariato quando la figlia rivela le sue parole licenziose e il suo disegno perverso al padre, o la moglie al marito, perché capisce facilmente che non potrà riuscire nell'impresa iniziata. Allo stesso modo, quando il nemico della natura umana presenta a una persona retta le sue astuzie e le sue lusinghe, vuole e desidera che queste siano accolte e mantenute segrete; ma quando essa le manifesta a un buon confessore o ad altra persona spirituale che conosca gli inganni e le malizie del demonio, questi ne é molto indispettito; infatti capisce che non potrà riuscire nella malizia iniziata, dato che i suoi evidenti inganni sono stati scoperti.

Sant'Ignazio si ispira alla propria esperienza di vita: il silenzio e il segreto da parte di una persona onesta possono coprire le intenzioni disoneste di qualcun altro. Il demonio è il più grande menzognero ma non l'unico: membri e leader di gruppi, movimenti e comunità possono mentire come qualsiasi altra persona perché lo ritengono opportuno o addirittura necessario, ma si tratta pur sempre di un giudizio soggettivo.

Soprattutto quando si chiede o si ordina ad altri di mentire o di tacere, proprio allora devono nascere delle domande urgenti: perché questo ordine o questa richiesta? Chi o che cosa si cerca di coprire? Quali sarebbero le conseguenze se la verità fosse di pubblico dominio?

L'esperienza dimostra che prima dello scoppio di scandali sessuali o finanziari, spesso le verità scomode erano state taciute per molto tempo da coloro che le conoscevano. Il segreto e le bugie, anziché proteggere dallo scandalo, avevano permesso il proliferare del male e, alla fine, hanno scandalizzato in misura maggiore.

 



2. Il diritto a proteggere l’intimità personale

L'annotazione di sant’Ignazio, però, apre la strada anche a un’altra riflessione. Nella formazione, soprattutto dei novizi religiosi e dei seminaristi, ma anche di altri soggetti, da sempre sono incoraggiate l'apertura e la confidenza nei confronti dei formatori. La fiducia nel padre spirituale o nel maestro dei novizi permette a chi è in formazione di aprire il proprio animo e di essere aiutata a vincere le tentazioni, come pure ad assimilare lo «spirito», il carisma del gruppo di cui si vuole entrare a far parte.

Ma fino a che punto una persona è tenuta a rivelare il proprio intimo a un’altra persona?

Se è vero che i «padri del deserto» - i primi monaci cristiani nel deserto egiziano - incoraggiavano i novizi ad aprire il loro animo con piena confidenza al discernimento degli «anziani» senza tener nascosto loro nulla, è anche vero che ciò avveniva senza il sostegno di norme o regolamenti che esercitassero una pressione sui novizi: essi andavano a interrogare gli anziani - e non viceversa - se e quando lo desideravano.

Come allora, anche oggi la direzione - o accompagnamento, o guida spirituale - è necessaria ai giovani che si avviano a scelte impegnative come il sacerdozio o la consacrazione per mezzo dei voti. L’accompagnatore o l’accompagnatrice potrà quindi essere certamente un educatore proposto dall’istituzione di cui il giovane desidera far parte, ma dovrà comprendere il proprio ministero al servizio della persona che accompagna e non solo dell'istituzione alla quale consegnare un nuovo membro docile e ben preparato. Perché il rapporto di direzione spirituale possa dare buoni frutti, è necessario che chi è accompagnato abbia piena fiducia che il suo accompagnatore voglia solo il suo bene, disinteressatamente. Solo a partire da questa convinzione il giovane potrà aprire pienamente il suo animo ell'educatore, sicuro che ciò che ha confidato non potrà mai essere strumentalizzato a suo danno.

Le patologie di cui può ammalarsi il rapporto di direzione spintuale sono molteplici e richiederebbero una trattazione a parte, molto lunga. Qui si vuole soltanto sottolineare la convenienza di quanto sancisce il canone 220 del Codice di diritto canonico, quando afferma che «non è lecito ad alcuno [...] violare il diritto di ogni persona a difendere la propria intimità».

Sono perciò da considerare negativamente le pretese da parte di un leader di conoscere tendenzialmente «tutto» dei suoi sottoposti attraverso varie modalità: dai colloqui personali alla lettura del «diario spirituale» o di una relazione scritta periodica concernente il proprio vissuto (pratica chiamata anche con il nome di «comunione di anima»). È da considerare alla stessa stregua anche la pratica di colloqui inquisitivi (o «scrutini») in cui la persona sia obbligata mettere a nudo ogni particolare della propria vita davanti al gruppo: ognuno deve essere libero di difendere le propria intimità.

Per quanto riguarda il sacramento della riconciliazione, invece, la completezza della confessione, almeno per quento riguarda i peccati mortali secondo il loro numero e la loro specie, è necessaria per la valida celebrazione del sacramento. Il confessore, però, è tenuto a mantenere un segreto assoluto su quanto ha ascoltato, mentre il penitente è libero di scegliere il proprio confessore.

Perciò l'imposizione da parte del gruppo o della comunità di un ben preciso confessore o di un gruppo di confessori all’interno del quale scegliere il proprio è da ritenere una forzatura molto pericolosa e una violazione della libertà individuale. Infatti, anche senza dubitare che il segreto del confessionale possa essere infranto, è possibile che il gruppo voglia orientare la scelta del confessore facendola cadere su una persona che condivida pienamente l'ideologia del gruppo stesso e che quindi possa suggenre al penitente riflessioni e comportamenti approvati dal gruppo. Si inserirebbero in questo modo nella celebrazione del sacramento dei fini eterogenei al sacramento stesso.

Parlando di confessione, infine, si deve anche accennare alla «confessione pubblica» che è una delle pratiche in uso nelle sette per raggiungere la piena sottomissione degli adepti e cementare lo spirito di gruppo.

Nei conventi e nei monasteri, un tempo esisteva effettivamente il «capitolo delle colpe»: si trattava di un'usanza secondo la quale ogni religioso si accusava davanti alla comunità riunita in capitolo o davanti a una parte di essa (novizi, professi anziani, ecc.) di mancanze contro la regola, come ad esempio aver rotto il silenzio o essere arrivato in ritardo in coro. Il superiore o l’abate comminavano la pena che in genere era lieve, come ad esempio recitare una preghiera, dato che le colpe più gravi e segrete non venivano manifestate in capitolo, ma nel confessionale.

Proprio perché le colpe vere e proprie erano riservate all'ascolto del confessore, il capitolo delle colpe molto spesso si svuotava di significato e venivano manifestate in esso soltanto mancanze molto lievi o dovute a disattenzione. Sono pochi, quindi, se pure esistono, i monasteri o i conventi dove ancora si pratica regolarmente questa usanza,

Indurre i membri di una comunità o di un gruppo a confessare pubblicamente le proprie colpe o accusarsi davanti a tutti è da considerare una prassi deprecabile perché lede il diritto della persona a salvaguardare la propria intimità (cf. can. 220 dei Codice di diritto canonico), soprattutto se tale prassi è riproposta con una certa frequenza e se la confessione pubblica riguarda anche aspetti di vita che solo l'interessato conosce. 



3. La gestione dei beni economici

Trattando il tema della verità, non si può omettere di parlare di denaro, giacché non si comprende - o forse si comprende anche troppo bene - perché una comunità che vuole essere particolarmente impegnata e fervorosa chieda ai suoi membri di confessare tutto, diventando «trasparenti» agli occhi gli uni degli altri, mentre magari non pratica la trasparenza in materia di bilanci economici. Quello della correttezza e trasparenza in materia finanziaria, dallo IOR in giù, è un problema che si pone a tutti i livelli della vita ecclesiale: diocesi, vescovi, istituti religiosi, parroci... Tutti gestiscono cifre più o meno importanti e dovrebbero renderne conto perché non si tratta di soldi personali, ma di beni che appartengono a vario titolo a comunità più o meno grandi. Molto spesso
invece, a tutti questi livelli, la situazione patrimoniale e i bilanci non vengono pubblicati o lo sono in maniera così sommaria de rendere impossibile una vera comprensione del modo in cui i beni e i soldi sono stati amministrati. 

«Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta».
Ed egli divise tra loro le sue sostanze.
(Luca 15,11)

Nuovi movimenti, comunità e istituti religiosi purtroppo fanno eccezione molto raramente: magari i loro membri si impegnano in modo encomiabile - come singoli e famiglie “a vivere la povertà evangelica; in alcuni casi versano del tutto o in parte (la «decima») i loro guadagni a una cassa comune, oppure destinano ai poveri - non chiamandolo elemosina, ma «restituzione» - tutto il denaro che non spendono per vivere in modo assai austero. È però molto difficile trovare gruppi, movimenti o comunità che facciano certificare i propri bilanci o che almeno li pubblichino in modo dettagliato.

Certamente, c'è differenza tra una piccola comunità religiosa che vive di lavoretti artigianali venduti visitatori e di qualche offerta, e un ordine religioso internazionale o un movimento che possiede molti beni immobili e promuove anche attività commerciali e operazioni finanziarie: nel primo caso si può dare quasi per
scontato (ma le sorprese non sono mancate!) che il bilancio comprenda poche entrate e uscite legate alla sussistenza o poco più; nel secondo caso la situazione patrimoniale e finanziaria può essere talmente complessa da sfuggire a qualsiasi verifica ordinata dall'autorità ecclesiastica o dalla magistratura.

Sembra però abbastanza chiaro - tranne che ai diretti interessati - che sono ormai trascorsi i tempi in cui l'appartenenza a un istituto religioso o alla gerarchia ecclesiastica era garanzia sufficiente per sapere che eventuali offerte sarebbero state usate a fin di bene. L'opinione pubblica è oggi scandalizzata non soltanto dalle malversazioni di singoli, ma anche dall’intreccio tra religione e finanza, dalle comuni e sospette appartenenze di imprenditori, politici e banchieri a un’unica «famiglia» religiosa.

Nelle barzellette antiebraiche di un tempo erano le sinagoghe i luoghi in cui si combinavano lucrosi affari: il sospetto che oggi tali affari vengano conclusi in qualche chiesa o cappella non fa ridere nessuno, ma getta discredito sulla Chiesa perché si teme che imprenditori o finanzieri cattolici possano fare lobby e godere di illeciti appoggi. Per dissolvere tale sospetto le strade possibili sono solo due: un deciso cambio di direzione nel caso che i sospetti siano veri, oppure una maggiore trasparenza nel caso che i sospetti siano infondati. L'attuale situazione di frequente opacità nei bilanci di soggetti ecclesiali vecchi e nuovi favorisce qualsiasi tipo di illazione ed è di grave ostacolo alla credibilità della Chiesa e quindi all'annuncio del Vangelo.

Il difficile rapporto con le ricchezze di questo mondo non si gioca soltanto sul piano dell’austerità personale di vita: i cristiani che operano nel mercato e nel mondo della finanza sono tentati — come tutti! - di accettare come ineluttabili e adottare gli usi invalsi in tali ambienti, che non a caso vengono spesso chiamati «leggi».

Persone estremamente corrette e caritatevoli sul piano personale potrebbero adottare criteri decisamente mondani - o, per meglio dire, disonesti - quando si tratta di agire per conto della propria organizzazione. Corruzione, concussione, evasione ed elusione fiscale... Tutto può sembrare, se non lecito, almeno inevitabile quando si opera in un'organizzazione commerciale al servizio del regno di Dio, non accorgendosi che in tal modo si sta favorendo l'avvento di ben altro regno.

Quando ci si interroga sull'effettiva bontà ed «evangelicità» di un gruppo o di un movimento o di una comunità religiosa, non si dovrebbe considerare solo l’austerità di vita dei suoi membri, ma ci si dovrebbe chiedere anche quanti soldi guadagna o riceve, quale sia la loro provenienza e come vengono impiegati. La maggiore o minore facilità nel rispondere a queste domande è già un indice significativo: chi non può o non vuole praticare la trasparenza può essere sospettato di usare i soldi in modo non onesto.

Perfino l’elemosina - cioè l’atto più disinteressato che si possa realizzare con il denaro - può non essere priva di secondi fini. Nella primitiva comunità cristiana di Gerusalemme, «quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno» (At 4,3435). Oggi qualcuno può «deporre ai piedi» di vescovi e parroci doni cospicui nella speranza di ottenere favori o per lo meno di crescere nella loro considerazione.

Se una nuova comunità religiosa che voglia trovare spazio in una diocesi o in una parrocchia, o un movimento che desideri ottenere un riconoscimento da parte dei pastori della Chiesa locale dona loro molto denaro magari per opere di carità - anziché provvedere direttamente a esse - si può sospettare riguardo alle sue reali intenzioni.

Perché vale anche oggi ciò che scrisse il Siracide: «Regali e doni accecano gli occhi dei saggi, come bavaglio sulla bocca soffocano i rimproveri» (Sir 20,29).

Inoltre sarebbe importante capire - anche se spesso è tutt'altro che facile - da dove provengono i soldi che vengono donati o impiegati per le «opere» del movimento o della comunità: la cronaca purtroppo ha registrato casi in cui anche imprenditori, finanzieri e politici dichiaratamente cattolici sono stati indagati e condannati per vari reati di natura economica, finanziaria e fiscale.

Ma anche quando i soldi del gruppo provengono dalla libera contribuzione dei propri membri, è necessario appurare se l'offerta sia stata effettivamente spontanea o se invece le persone siano state oggetto di pressioni di vario genere da parte del gruppo o dei suoi leader.

Particolarmente ripugnante è la richiesta rivolta ai membri di farsi anticipare l'eredità familiare (prima della morte dei genitori o dei parenti) per devolveria al gruppo.

La povertà e il distacco affettivo ed effettivo dal denaro e dei beni di questo mondo sono grandi valori evangelici non riservati esclusivamente ai religiosi, ma non tutte le richieste di spogliarsi di questi beni sono sicuramente motivate dal desiderio di far crescere nelle persone la libertà dall'idolatria del denaro. Può accadere che il bisogno di soldi per determinati scopi spinga alcuni gruppi e i loro leader a forzare la contribuzione dei membri.

Tale forza di obbligazione può essere notevole nel caso in cui l’attività lavorativa dei membri si svolga all’interno di imprese afferenti al proprio gruppo o un movimento o associazione.

I motivi più vari possono spingere i membri dì uno stesso gruppo religioso a condividere un'attività lavorativa: dalla pura e semplice necessità di fare reddito - come nel caso di uns comunità religiosa che deve mantenersi in qualche modo - alla volontà di aiutare persone disagiate; dalla promozione di contenuti culturali all'erogazione di servizi di vano genere.

Ma avere come datori, colleghi e partner di lavoro i propri «fratelli e sorelle» può comportare diversi rischi, soprattutto quello di fare lobby, cioè di stringere alleanze al limite della legalità per favorire i propri alleati e addirittura penalizzare coloro che - all'esterno o perfino all'interno del gruppo - non fanno parte della «rete» o non ne accettano le linee direttive.

All'interno di imprese formate da persone dello stesso gruppo o movimento è quindi importante verificare non solo il rispetto di tutte le leggi e della deontologia professionale - che potrebbero essere violate come in ogni altra impresa - ma anche la capacità di collaborare con persone non appartenenti al gruppo o movimento.


 

4. Una doppia morale?

Da quanto si è detto finora, può nascere la domanda se anche nei movimenti e delle comunità cattoliche, non meno che nelle sette, si possa instaurare una sorta di «doppia morale»; i rapporti tra i membri, all'interno, sarebbero improntati a valori di trasparenza, dedizione reciproca, altruismo... mentre i rapporti all’esterno sarebbero governati da standard morali molto differenti.

Coerentemente con la sua impostazione, Singer accusa le sette - a differenza delle religioni - di avere un doppio standard morale:
i membri vengono spronati ad essere onesti all'interno del gruppo, e a confessare tutto al leader, contemporaneamente vengono incoraggiati a imbrogliare e manipolare i non membri. Le religioni istituzionali e morali, al contrario, insegnano ad essere onesti e sinceri con tutti, e a rifarsi ad un solo standard morale. Nelle sette la filosofia più importante è che il fine giustifica i mezzi, un punto di vista che permette alla setta di istituire il suo particolare tipo di moralità, al di fuori dei normali obblighi sociali.

Questo giudizio appare però eccessivamente semplificato. L'analisi di Maniscalco è più articolata e sembra più rispettosa della realtà: riconosce che la setta è «una unione  prevalentemente basata su affinità elettive ed inserita in un più ampio contesto con il quale deve sempre misurarsi ed è spesso in contrasto», Per questo i singoli non hanno in essa alcuna autonomia rispetto ai comportamenti prescritti una volta accettati e interiorizzati i valori della collettività se ne considerano parte intercambiabile e sono sempre pronti a sacrificarsi per il gruppo.

Si riconoscono quindi un'articolazione e una contrapposizione interno-esterno, dove il comportamento interno è caratterizzato dalla lealtà e dalla disponibilità al sacrificio, tuttavia definire  morale settaria solamente e unicamente nei termini di una morale della dedizione e del sacrificio significa considerare un solo aspetto delle sua molteplici valenze: al contrario è possibile osservarne ulteriori altri tratti significativi. 

Così, per esempio, la tipica esasperazione della separatezza e il profondo senso della distanza che ne deriva [...] fanno sì che il gruppo tenda a formulare sistemi ideologici, normativi e culturali «puri», cioè concepiti ed elaborati in assenza di mediazioni provenienti dall'esterno. Le reazioni tendono allora a concatenarsi senza alcun meccanismo di mediazione e di moderazione; razionalità e ragionevolezza vengono meno con esiti che distorcono pesantemente la sensibilita empirica e morale dei membri”. 

Per quanto riguarda la gerarchia dei valori, essa tende a porre un’enfasi eccessivamente selettiva solo su alcuni elementi a discapito di altri: i singoli per esempio sono portati (anche per far fronte al più volte sottolineato inevitabile senso di sacrificio e di rinuncia che l'entrata in unioni così esigenti determina) a spingere all'eccesso il processo di idealizzazione e di sacralizzazione del gruppo (talvolta rappresentato dalla figura del capo) ed a formulare una stima eccessiva delle relative potenzialità. Emerge così una sorta di «egoismo di gruppo» che, alimentando una serie di comportamenti ad esso coerenti, tende ulteriormente ad irrigidire la struttura della configurazione setteria. Quest'ultima non può essere mutata, né può scendere a compromessi con il mondo esterno; al contrario i processi interni tendono ad intensificarsi lungo tutte le direzioni già esaminate: l'egoismo di gruppo mira a ripetere l’esistente, con sempre maggiore incisività e fanatismo fino alle estreme conseguenze.

Non si tratta quindi - come sembra suggerire Singer - di una sorta di associazione a delinquere che però osserva un rigido codice di comportamento al proprio interno: rispetto a un’organizzazione criminale, i membri di una setta hanno un diverso rapporto con gli «esterni» perché la loro associazione non nasce necessariamente con l’intento di ricavare profitto ai danni degli altri membri della società, anche se non è escluso che ciò possa accadere. È possibile infatti che i membri di una setta possano compiere azioni immorali e delinquenziali rispondenti a logiche interne di un gruppo che non vuole rendere conto di sé alla società «esterna».

Per quanto riguarda gruppi, comunità e movimenti in ambito cattolico, si dovrà porre attenzione a quei comportamenti devianti - anche solo di lieve entità - tollerati o addirittura incoraggiati dall'autorità con varie motivazioni.

Come si è detto in precedenza, si deve fare attenzione ai normali aspetti della vita morale cristiana: la veracità nella comunicazione, l'uso del denaro, la sessualità, il rispetto delle leggi, ecc.

 

Il 5° vangelo: quello secondo Kiko?

(*) Don Giorgio RONZONI è parroco di Santa Sofia in Padova e insegna teologia pastorale alla Facoltà Teologica del Triveneto. Con le Edizioni Messaggero Padova ha pubblicato: Una pietra scartata (2014); Via crucis secondo Marco (2015); Il dono perfetto (2017); La storia di Marco e Barnaba (2019); Il Padre Nostro è tradotto bene? (2019); «Prendi e leggi», anzi: no! (2020); I miei occhi hanno visto la salvezza (2021); Testimoni del Natale (2021). Per la collana Sophia in coedizione con la Facoltà Teologica del Triveneto ha curato una ricerca sul burnout tra i presbiteri, Ardere, non bruciarsi (2011) e scritto Le sètte «sorelle». Modalità settarie di appartenenza a gruppi, comunità e movimenti ecclesiali? (2016), tradotto anche in francese; l'ultimo libro pubblicato è "L'abuso spirituale" (2023).

 

sabato 13 maggio 2023

Profetoni del Cammino che insistono sulla "visione" di Kiko: che vi ha detto la Madonna?

Il punto dei profetoni è questo (detto in due righe, in maniera molto sintetica): Kiko ha visto (o sentito, ora non è questo il punto, cioè se ha visto o sentito) la Madonna, e dopo vi sono tutte le conseguenze che sappiamo (esempio: i Papi hanno detto e fatto questo, lo Statuto, Approvati, siamo un milione ecc).

Quindi si diranno sempre: noi abbiamo ragione, e chiunque chi si oppone ha torto.

Ora vi metto un piccolo elenco messo a volo, il quale elenco può essere aggiornato e ampliato da chiunque:

La Madonna ha detto di rubare dentro gli Hotel?: NO!

La Madonna ha detto di violare il foro interno di un suo figlio?: NO!

La Madonna ha detto che avete solamente voi il dono dello Spirito Santo, cioè l'esclusiva di Dio, e chiunque vi dice qualcosa che non vi sta bene, ecco che va contro lo Spirito Santo?: NO!

La Madonna vi ha detto di non inginocchiarvi davanti a Gesù Eucarestia?: NO!

La Madonna vi ha detto che potete pretendere obbedienza da chi già obbedisce a Dio, cioè che voi siete gli unici ai quali obbedire?: NO!

La Madonna vi ha detto di diffamare le persone dietro le spalle?: NO!

La Madonna vi ha detto di dire al prossimo, ad esempio, sei attaccato al denaro, mentre voi ne siete il doppio attaccati al denaro e alla mondanità?: NO!

La Madonna vi ha detto che potete farvi voi le regole dentro la Chiesa e scegliere quali fare e quali no?: NO!

La Madonna vi ha detto di desiderare la morte di Papa Benedetto e di ridergli dietro delle sue disgrazie?: NO!

La Madonna vi ha detto fare la guerra al fedele della Chiesa cattolica che non va d'accordo con voi?: NO!

La Madonna vi ha detto di diffamare tutti coloro i quali non hanno voluto proseguire con voi lo stesso percorso, cioè il Cammino Neocat?: NO!

LA Madonna vi ha detto di farvi consegnare le decime e di amministrarle a vostro piacimento senza rispettare chi ve le da o altro?: NO!

La Madonna vi ha detto di chiamare il prossimo "cristianuccio della domenica", in modo dispregiativo, pensando che voi siate migliori, ma realmente siete peggiori, perché se andate in piazza una volta all'anno non avete evangelizzato e testimoniato nulla, in quanto ci dovreste andare ogni giorno per le piazze e fare altro?: NO!

La Madonna vi ha detto di credervi migliori, verso altri cristiani che pregano il Rosario o fanno altro, mentre voi siete mondani, cioè rubate, diffamate, dentro i posti di lavoro vi comportate come i pagani, siete attaccati al denaro e agli stipendi, ecc?: NO!

Quindi? State facendo la Volontà di Dio? 

(da: un lettore Anonimo)

mercoledì 10 maggio 2023

Storie d'amore fallite con fidanzati "radicati" nel Cammino

Proponiamo la lettura di due commenti, il primo recentissimo, il secondo di qualche tempo fa, sulle difficoltà di relazione incontrate con giovani del Cammino neocatecumenale.

Nonostante la diversità di persone e di ambienti, la descrizione del fidanzato neocatecumenale sembra riguardare la stessa persona, impositiva, ossessionata e ossessionante, dominata da pensieri fissi, incapace di stabilire un rapporto di reciproca conoscenza e accettazione delle esperienze e del modo di vedere dell'altro, è la descrizione perfetta del narcisista patologico.

Non si tratta di un caso, o di combinazione: i giovani neocatecumenali ricevono una precisa formazione ed addestramento che, in molti casi e soprattutto nei più esposti e predisposti, producono delle personalità a "guscio vuoto", atte a contenere semplicemente e solamente una replica del modo d'essere, del pensiero, delle idealitá, del comportamento, del guru, cioè di Kiko Argüello.

Non si tratta, da parte di questi ragazzi, del desiderio, perfettamente lecito, di voler condividere fede e valori con colei che potrebbe in futuro divenire una compagna di vita, ma di irresistibile richiamo alla omologazione, di sé e delle persone intorno va sé, ad un modello limitato e limitante, autoritario, non attrattivo ma respingente ed elitario, che nulla ha a che vedere con il cattolicesimo e tutto con un settarismo che non eleva le coscienze ma le appiattisce e le riduce ad essere spente e caricaturali.


Sono da poco (pochissimo) uscita da una relazione con un neocatecumenale radicato (che, ovviamente, non si è presentato come tale). Qualche giorno fa ho detto basta scampandomela così alla famosa e attesa nottata della veglia di Pasqua. 

Basta a storie allucinanti sulla castità, sull’obbedienza ai catechisti, sulle missioni, sulla famiglia cristiana; basta ai “se non entri in cammino ti lascio”, ai “vorrei una ragazza in cammino”, “ti amo ma ho bisogno che fai il cammino” ai “tu non capisci perché non entri” e ancora “prova almeno le catechesi poi vedrai che ti piacerà e non ne uscirai” oppure “tu non puoi dire di avere Fede se non fai il cammino”. 

Ho detto basta ai weekend in cui aspettavo con ansia che il mio ragazzo tornasse dai ritiri a Porto San Giorgio. Puntualmente non tornava mai come ci eravamo salutati, un pezzo di lui rimaneva lì e il resto che tornava era completamente fuori di sé, con gli occhi spiritati e pieno di convinzioni assurde e di “non puoi capire tu, ci vedi sempre del marcio e invece è una cosa così bella, basta non ne voglio parlare”. Le vicende e gli aneddoti sono tanti e vari che a pensarci l’unica cosa che mi viene in mente è “ma come ho fatto a sopportare”.

Ringrazio questo blog e chi se ne occupa con attenzione. L’ho trovato dopo varie ricerche, in un periodo buio in cui non mi sentivo capita, anzi. Un periodo in cui mi sentivo stupida, diversa, incapace di comprendere, negativa, sbagliata, impura, cattiva, ignorante, non abbastanza, sotto pressione, anormale, pazza. Come solo un neocatecumenale sa farti sentire, se non sei uno di loro.

Grazie, per non avermi fatta sentire sola.
Abbraccio chiunque si trovi nella mia stessa situazione e non riesce ad uscirne. Coraggio, c’è una vita oltre <3

 


Anch'io ho avuto una brutta esperienza di tre o quattro mesi con una persona che conoscevo da anni, ma avevo perso di vista. Nel rinfrescare la conoscenza mi sono resa conto che tutto, in questa persona, era permeato di presunta 'religiosità'.
Ma la trovavo ossessiva.

'Come hai conosciuto la tal persona'?... risposta costante ed invariabile: 'in un gruppo di Chiesa'.

Poi mi parla di 'convivenze', di 'comunità' (io fino a quel momento, l'unica 'Comunità' che avevo visto era stata San Patrignano, per un progetto in cui erano stati coinvolti anche Studenti delle superiori con i loro Docenti.

Pieno di boria e saccenza, sempre pronto a cercare di farmi sentire 'sbagliata', a fare commenti taglienti sulla mia passione per il mio lavoro (tipica dei Cappuccini, tra le altre cose!), poi mi ha fatto conoscere una famiglia di Neocatecumenali, e percepivo che mi teneva come 'sotto osservazione', pronto a scattare.

Nei tre mesi in cui mi sono vista (disgraziatamente!) con questa persona - solo per conoscersi il più a fondo possibile, come è mia abitudine!... infatti la frequentazione non è sfociata in nessuna storia visto il disastro cui ho assistito - ho potuto sperimentare l'aggressività malcelata, nelle parole cosí come nelle critiche taglienti, una personalità impositiva, che se ne vanta e, soprattutto, una grandissima tendenza ai tentativi di manipolazione.

Dopo tre mesi di frequentazione, in cui intuivo che la persona era come scollata dalla realtà, e vedevo con grande stupore che ogni avvenimento ed ogni aspetto della vita veniva ricondotto ossessivamente a strani richiami religiosi, finalmente mi sono decisa a porgli la fatidica domanda: 'ma a quale movimento Cattolico appartieni? Comunione e Liberazione? Rinnovamento Cattolico?'
Io conoscevo solo i Focolarini per aver avuto diversi amici che li frequentavano...
E invece NO: dopo mille giri di parole e indovinelli vari, durati un paio di giorni, lui mi dice:'Neocat'.
Per me stava come l'Ostrogoto ad un Arabo.
Ho indagato. Ho cominciato una ricerca per andare alla radice di questa organizzazione, cosí malata.
Dopo due settimane ho bloccato definitivamente il numero.
A me la religione ha insegnato come essere LIBERI!!! Ringrazio di aver conosciuto la Fede dai frati Cappuccini.

(A casa sua c'è una foto ben in vista, incorniciata, con lui insieme ad alcuni ragazzi vestiti come nella prima Comunione, o Cresima, non lo so: lui tutto vestito di nero... UH, UH... una visione da brivido davvero, infatti gli avevo detto che vestito cosí era da depressione!!!... insomma ho scoperto più tardi... vestito COME KIKO).