Articolo originariamente pubblicato su L'ecclettuale da L. Badolati il 10 dicembre 2020:
IL CAMMINO NEOCATECUMENALE E IL CONCILIO DI TRENTO
A partire degli anni ’80 vedono la luce alcune notizie su un sedicente movimento che si definiva “cristiano”. Il 13 marzo 1983 Padre Virginio Rotondi nella rubrica “Così, semplicemente” de “Il Tempo” accennava a certi “errori” dottrinali contenuti in uno dei loro documenti.
Circa un decennio dopo uno dei più grandi teologi della Chiesa, padre Enrico Zoffoli, nel 1992 ha pubblicato “Eresie del Movimento Neocatecumenale, Es. Segno, Udine, 1992” in cui a suo modo tirava le orecchie a questi “bravi ragazzi”: “chiesa parallela”, “scempio dell’eucaristia”, “società segreta”, etc.. Tre anni dopo sempre per le edizioni Segno uscì il libro “Verità sul Cammino neocatecumanele” in cui lo stesso autore raccolse una serie di testimonianze e di documenti che rivelano la natura non sempre trasparente della “Via”.
Ne seguirono una serie di interventi del Magistero cattolico che furono raccolti e pubblicati da don “Elio Marighetto, Segreti del Cammino Neocatecumenale, Arti Grafiche Cantagallo, Penne (PE), 2001” in cui ne denunciava gli abusi liturgici e altre anomalie.
Oltre alla carta stampata l’universo virtuale offre anche numerosi contributi in rete. È dal 2006 l’anonimo “Osservatorio sul cammino neocatecumenale secondo verità” cui si oppone un “Controsservatorio” anch’esso anonimo. Moltissimi sono i siti scritti e curati dagli ex adepti del Cammino oppure “Anticammino. Il cammino della disperazione” oppure il recentissimo blog di Pablo Herrera.
Tra le testimonianze più drammatiche c’è quella di Augusto Faustini,“La tela del ragno. Plagio psicologico del Cammino Neocatecumenale” che li paragona alla criminalità organizzata (Massoneria e Mafia) e quella di Daniel Lifschitz che, dopo aver completato tutte le tappe dell’itinerario, ha pubblicato due libri: “Dio sceglie l’immondizia. Storia di un ebreo cattolico, ed. Parva, Melara, 2008” e “L’immondizia ama Dio. Storia di un cattolico ebreo, ed Parva, Melara, 2008”.
La vicenda dei fuoriusciti dal Cammino ha attirato l’attenzione di molti professionisti tra cui Lorita Tinelli, psicologa e criminologa, da sempre impegnata nel campo delle psicosette, di psichiatri in “Le Armate del Papa, Ponte delle Grazie 1996”, degli storici, dei medici, dei consulenti, dei parroci in “Neocatecumenali sul viale del tramonto, Ed. Segno, Udine, 2011” curato da don Umberto Buonincontro, della magistratura, del mondo accademico “Genesi di una realtà ecclesiale attraverso lo studio delle fonti” tesi di dottorato di Francesca Campigli che dimostra la dipendenza dei neocatecumenali dalla teologia protestante (Dietrich Bonhoeffer e Karl Barth) e molti altri.
Il 6 aprile 2013 il periodico “Questotrentino” ha pubblicato un articolo dal titolo “Neocatecumenali: i nuovi cattolici” con sottotitolo a fondo pagina: “una setta dentro la Chiesa. Intervista al sociologo Marco Marzano” autore del libro “Quel che resta dei cattolici, Feltrinelli, Milano, 2012” in cui scrive: “se facciamo riferimento alle definizioni sociologiche più accreditate, rientra in un gruppo settario, al pari dei Testimoni di Geova, dei mormoni e di molti altri gruppi” (Faita, 2013). Analogamente si è espresso Ariel Levi di Gualdo nel suo libro “La setta neocatecumenale. L’eresia si fece Kiko e venne ad abitare in mezzo a noi, Ed. L’Isola di Patmos, Roma, 2019” che contesta una “concezione ereticale del sacro mistero eucaristico in parte a una pasqua ebraica e in parte a un banchetto calvinista” (I neocatecumenali sulla via del tramonto, col contributo del papa, 7 ottobre 2019). Più moderata ma non meno incisiva l’inchiesta condotta da Danilo Riccardi, “Il Cammino Neocatecumenale. Storia e pratica religiosa, Terebinto, Avellino, 2018” che smentisce alcuni problemi di cui si parla spesso:
- “i guasti in quest’organizzazione sono impressi nelle voci di migliaia di fuoriusciti” (Faita, 2013)
- “al vertice c’è Kiko che decide ogni cosa ed è venerato più del papa” (Faita, 2013)
- “è una specie di stupro mentale per soggiogare intere famiglie” (Faita, 2013)
Su questo ultimo punto si segnalano le “numerose denunzie di plagio delle persone, pervenute alla CEI” (Zoffoli, 1995:26) e al centro di ascolto Gris di Roma dove “le richieste riguardavano soprattutto il Movimento Netocatecumenale e l’Opus Dei” (Di Marzio R., Nuove religioni e sette. La psicologia di fronte alle nuove forme di culto, Magi, Roma, 2010, p. 85).
Ma chi sono questi “Neocatecumenali”? Le note ufficiali parlano di un itinerario di formazione cristiana fondato nel 1964 in Spagna dal pittore Josè Gomez Argüello detto “Kiko” e dalla ex suora Carmen Hernández. Sorprende la rapidità con cui si è diffuso in 107 paesi con 19 mila comunità per un totale di mezzo milioni di affiliati. In Italia le stime indicano 1500 comunità con 300 mila adepti (Faita, 2013). Papa Bergoglio se da una parte è consapevole di “una realtà solida e legittimata che secondo varie testimonianze apporta molte risorse finanziarie ai vertici curiali” (Faita, 2013), d’altra parte in più occasioni non ha nascosto una certa insofferenza (
Udienza alle comunità del Cammino Neocatecumenale, 1 febbraio 2014).
Nota metodologica
Scopo di questo articolo è di indagare sulle origini teologiche e fornire degli strumenti agli insegnanti di religione e a quanti intendono fare luce su uno dei movimenti più controversi del mondo cattolico. L’idea è di confrontare alcune ipotesi di base tra il Cammino Neocatecumenale e Trento, la città del concilio, laddove lo stesso fondatore “Kiko” ritiene siano iniziati i problemi per la Chiesa. Il Concilio di Trento (1545-1563) fu indetto da papa Paolo III su quella città che si pensava fosse un “ponte” tra l’Impero e il Papato. Per la trattazione ho scelto dieci argomenti, ognuno dei quali ha caratteristiche proprie ma che ruota attorno a un punto centrale, adattando lo schema proposto da Gino Conti (Conti G., Neocatecumenali al bivio. Sussidio per una scelta, Ed. Segno, Udine, 1994), il quale riporta per ogni argomento l’insegnamento delle catechesi neocatecumenali, l’insegnamento del catechismo della chiesa cattolica e i numeri del catechismo citati nel capitolo. Pertanto ogni confronto è così organizzato: ad una prima formulazione tratta dal Direttorio Catechetico (Kiko o Carmen) propongo la sentenza del Concilio che più si avvicina al tema di indagine; i confronti si concludono con una nota sull’equivoco. Si tratta di un confronto molto rischioso a causa della distanza che intercorre tra le due parti non solo di tempo ma anche di spazio e di termini (atti conciliari contro comuni opinioni). Entrambi i fenomeni sono stati prodotti da idee, luoghi e persone ma sono stati attraversati anche da conflitti e ostacoli. Nel corso della narrazione cercheremo di capire chi sono i neocatecumenali per poi andare a confrontare i punti di discontinuità con il concilio di Trento ed infine concludere con alcune osservazioni. Per il testo dei decreti del concilio di Trento ho fatto affidamento all’edizione di Internet Service che aderisce al magistero pontificio e al Progetto culturale della Cei (vedi Bibliografia). Per il catechismo tridentino mi sono basato sull’ottima versione online disponibile su Wikisource. Per i documenti del Cammino ho utilizzato gli “Orientamenti” forniti dal Centro Neocatecumenale “Servo di Jahvé”.
L’adorazione eucaristica
Cosa dice Carmen:
“Da Trento in poi si celebrerà la Messa per consacrare ed avere presente Gesù Cristo e metterlo nel tabernacolo (…) In questa epoca comincia il Corpus Christi, le esposizioni solennissime del Santissimo, le processioni col Santissimo, le messe sempre più private, le visite al Santissimo e tutte le devozioni eucaristiche. Tutto questo è ormai più importante della celebrazione. Tanto è vero che io stessa sono andata a messa per comunicare e portarmi via Gesù Cristo nel cuore. La messa era il meno: era questo: una visita di Gesù nel tuo cuore che è quello che diciamo ai bambini quando fanno la prima Comunione. Questo significa minimizzare l’Eucaristia” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, pp. 329-330).
Cosa dice il Catechismo Tridentino:
“Appunto in questo medesimo senso noi affermiamo che bisogna adorare questo sacramento, intendendo cioè il corpo e il sangue del Signore. Ma è chiaro che tutte queste cose sono dette sacramenti solo impropriamente. Tale nome, invece, in senso stretto spetta solo alle specie del pane e del vino” (Catechismo Tridentino, Parte II L’eucaristia, Il sacramento dell’eucaristia, n. 209).
L’equivoco è servito:
Qui si nota l’influenza di Lutero secondo cui la presenza reale di Cristo può darsi soltanto entro certe condizioni da cui il divieto di adorazioni o di processioni. Però di fatto Lutero non mise mai in discussione la presenza reale come invece appare in più punti del Direttorio Catechetico (Conti, 1997: 240; Zoffoli, 1995:67). Probabilmente Carmen si confonde sul valore reale dell’adorazione eucaristica scambiandola per una comune devozione.
La Bibbia
Cosa dice Kiko:
“In questo cammino vogliamo che la gente incontri direttamente i libri della Bibbia. È inutile che la gente si legga la Bibbia in casa, perché al quarto giorno si stanca. La Bibbia si interpreta da sé stessa, attraverso i parallelismi” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 372).
Cosa dice il Concilio di Trento:
“Inoltre, per reprimere gli ingegni troppo saccenti, dichiara che nessuno, basandosi sulla propria saggezza, negli argomenti di fede e di costumi, che riguardano la dottrina cristiana, piegando la sacra Scrittura secondo i propri modi di vedere, osi interpretarla contro il senso che ha (sempre) ritenuto e ritiene la santa madre Chiesa, alla quale spetta di giudicare del vero senso e dell’interpretazione delle sacre scritture o anche contro l’unanime consenso dei padri, anche se queste interpretazioni non dovessero esser mai pubblicate. Chi contravvenisse sia denunciato dagli ordinari e punito secondo il diritto” (SESSIONE IV 8 aprile 1546 Primo decreto: Si ricevono i libri sacri e le tradizioni apostoliche).
L’equivoco è servito:
Qui pesa la dottrina luterana del libero esame secondo cui chiunque può sviluppare un interpretazione autonoma delle Scritture. C’è inoltre un’accusa alla teologia ebraica e a quella pagana (niente però a vedere con la “Casa del catecumeno” fondata da Ignazio di Loyola nel XVII secolo per convertire gli ebrei al cattolicesimo) che avrebbero “inquinato” il cristianesimo con le loro tendenze sincretistiche nonostante il Cammino neocatecumenale faccia ampio ricorso a pratiche giudaiche e pseudopagane, ad es. le danze rituali, il lucernario, la scrutatio, la confessione pubblica, etc.
La chiesa
Cosa dice Kiko:
“È chiaro che un cristiano di 20-30 anni fa, di fronte a questi due tipi di uomo, di fronte a questo sviluppo che si manifesta attorno a lui, di fronte a questi due tipi di persona che non sono più disposti ad ascoltarlo, si trova con un complesso di inferiorità. Dato che è dentro ad una Chiesa che sta attraversando un momento grave, perché è una Chiesa monolitica, molto dommatica, una Chiesa eccessivamente ritualistica, una Chiesa in cui non c’è Parola di Dio perché è tutto in latino, perché la Bibbia era praticamente proibito leggerla, una Chiesa dove il popolo è alimentato da devozioni particolari, come il Sacro Cuore, novene, culto dei santi, ecc. Quest’uomo ha una teologia molto giuridica ed è molto poco formato, generalmente ha una formazione di prima comunione, cui è seguito poi quello che gli hanno insegnato a scuola o al collegio nella materia “religione” e poco altro. È un uomo che ha fatto esercizi spirituali e che spesso ha un direttore spirituale ma che si trova in una situazione molto povera per poter rispondere a quello che gli è cascato addosso: un mondo che cambia seriamente, cui deve dare una risposta” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 42).
Cosa dice il Concilio di Trento:
“Nella Chiesa cattedrale sia celebrata, ogni giovedí, la messa dello Spirito santo, con le litanie e le altre preghiere stabilite a questo scopo. Nelle altre chiese vengano dette nello stesso giorno almeno le litanie e le orazioni. E durante il tempo delle funzioni sacre, non si chiacchieri e non si raccontino storie, ma si assista il celebrante con la bocca e col cuore” (SESSIONE II 7 gennaio 1546 Decreto sul modo di vivere e su altre cose da osservarsi nel Concilio).
L’equivoco è servito:
Considerando che gli “Orientamenti” risalgono al 1972, le sue stime si riferiscono agli anni ’40-’50 durante la dittatura franchista dove però era ammessa una certa libertà di predicazione. Kiko e Carmen inoltre sono testimoni di una guerra civile spagnola (1936-39) che ha visto tanti martiri immolarsi per la causa cristiana. Alcuni sono stati canonizzati, altri beatificati recentemente. Ciò non sarebbe stato possibile in una Chiesa “in cui non c’è Parola di Dio”.
L’Eucaristia
Cosa dice Carmen:
“Ma a Trento si punta tutto sulle essenze, sulla efficacia, e si perde di viste il valore sacramentale del segno. Per questo è lo stesso fare la comunione con il pane o con l’ostia che non sembra più pane ma carta, che il vino lo beva uno solo perché il sacramento essenzialmente si realizza lo stesso” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 175).
Cosa dice il Concilio di Trento:
“Poiché, poi, Cristo, nostro redentore, disse che era veramente il suo corpo ciò che dava sotto la specie del pane, perciò fu sempre persuasione, nella Chiesa di Dio, – e lo dichiara ora di nuovo questo santo Concilio – che con la consacrazione del pane e del vino si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del corpo di Cristo, nostro signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo sangue. Questa trasformazione, quindi, in modo adatto e proprio è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione” (SESSIONE XIII 11 ottobre 1551 Decreto sul santissimo sacramento dell’eucaristia, Cap. IV).
L’equivoco è servito:
Come giustamente osserva Gino Conti, Carmen fa confusione sulle definizioni del Concilio di Trento in quanto non il segno ma gli atti del penitente producono la remissione dei peccati (Conti, 1997:137). Elio Marighetto riporta vari episodi di derisione e di profanazione delle sacre specie compiuti dai neocatecumenali (Marighetto, 2001:130; v. anche Zoffoli, 1995:142-143).
La Messa come sacrificio
Cosa dice Kiko:
“È chiaro che questo offrire a Dio non è affatto una cosa cattiva ma l’eucaristia è un’altra cosa ben diversa… Nell’Eucaristia tu non offri nulla, è Dio assolutamente presente quello che dà la cosa più grande e cioè la vittoria di Gesù Cristo sulla morte…In questa maniera … la gente ormai non vive per la Pasqua fanno sì che la liturgia si riempia di questa idea di offerta e di molte altre legate ad una mentalità pagana” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 321).
Cosa dice il Concilio:
“E poiché in questo divino sacrificio, che si compie nella messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che si immolò una sola volta cruentemente sull’altare della croce, il santo Sinodo insegna che questo sacrificio è veramente propiziatorio, e che per mezzo di esso – se di vero cuore e con retta fede, con timore e riverenza ci avviciniamo a Dio contriti e pentiti – noi possiamo ottenere misericordia e trovare grazia in un aiuto propizio” (SESSIONE XXII 17 settembre 1562 Dottrina e canoni sul santissimo sacrificio della Messa, Cap. II).
L’equivoco è servito:
Uno dei motivi di maggiore attrito con la Chiesa cattolica è il rito della messa che violerebbe alcuni canoni del diritto (841 e 846) oltre ad essere “ridotta a pura commemorazione” (Zoffoli, 1995:26) il che ha richiesto l’attenzione dall’autorità ecclesiastica (nel 2005 dal card. Francis Arinze, nel 2007 da papa Ratzinger). Una prima regolamentazione, risalente al 29 giugno 2002, prevedeva l’apertura delle celebrazioni al pubblico mentre al 11 maggio 2008 risale l’approvazione dello Statuto e al 26 dicembre 2011 del Direttorio Catechetico (tredici volumi) tramite il Pontificio consiglio per i laici (Faita, 2013).
Le opere di carità
Cosa dice Kiko:
“È terribile fare della Chiesa una religiosità naturale in cui l’uomo si salva per mezzo di pratiche, mentre la Chiesa è qualcosa di tanto impressionante, è il tempio di Dio, il Corpo di Gesù Cristo”. (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 147).
Cosa dice il Concilio:
“Se qualcuno dirà che per quanto riguarda la pena temporale, non si soddisfa affatto, per i peccati, a Dio per mezzo dei meriti di Cristo con le penitenze da lui inflitte e pazientemente tollerate, o imposte dal sacerdote; e neppure con quelle che uno sceglie spontaneamente, come i digiuni, le preghiere, le elemosine, o anche altre opere di pietà; e che, perciò, la miglior penitenza è una vita nuova, sia anatema” (Sessioni XII-XVI 1551-1552 Canoni sul santissimo sacramento della penitenza, n. 13).
L’equivoco è servito:
Come osserva Gino Conti la differenza tra religione naturale e quella soprannaturale è costituita dal fine a cui l’uomo è diretto il che avviene solo attraverso il cristianesimo (Conti, 1997:35). Su questo punto pesa la teologia protestante secondo la quale l’uomo è intrinsecamente malvagio e quindi incapace di fare il bene. Fatto sta che la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana Mondiale sono giunti ad un accordo che ridimensiona il ruolo delle opere (31 ottobre 1999). Elio Marighetto riporta uno schema di vendita dei propri beni “per destinarli ai poveri” (Marighetto:141) tuttavia l’impossibilità di reperire i bilanci del Cammino e la mancata trasparenza rende vana qualsiasi stima sull’entità di queste vendite e la loro destinazione. È più probabile che la maggior parte di risorse accumulate servano a finanziare l’attività organizzativa, ad es. in una circolare firmata da Kiko si chiede di coprire
un debito di 100 mila euro per una convivenza in un albergo a Porto S.Giorgio sulla riviera adriatica.
Il peccato originale
Cosa dice Kiko:
“Il peccato nella Scrittura, come si vede nelle catechesi, ha sempre un senso esistenziale ed ontico di situazione dell’uomo sulla terra. Così lo presenta la Genesi: situazione di nudità, di timore, di morte. Non ha mai il senso legalista e giuridico che ha acquistato ai nostri giorni. La conversione non è mai uno stringere i denti, uno sforzo dell’uomo. La conversione in tutta la Scrittura appare come un dono di Dio, una chiamata di Dio, un’iniziativa di Dio. Da questa idea è percorsa tutta la Scrittura. Per questo nella Scrittura il popolo dice: “convertici, Signore, mostraci lo splendore del Tuo volto perché noi ci convertiamo” (Sal 80), ossia “la conversione non esiste se non c’è Dio che appare per primo” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 163).
Cosa dice il Concilio di Trento:
“Chi nega che per la grazia del signore nostro Gesú Cristo, conferita nel battesimo, sia rimesso il peccato originale, o anche se asserisce che tutto quello che è vero e proprio peccato, non viene tolto, ma solo cancellato o non imputato sia anatema. In quelli infatti che sono rinati a nuova vita Dio non trova nulla di odioso, perché non vi è dannazione per coloro che col battesimo sono stati sepolti con Cristo nella morte, i quali non camminano secondo la carne, ma spogliandosi dell’uomo vecchio e rivestendosi del nuovo, che è stato creato secondo Dio, sono diventati innocenti, immacolati, puri, senza macchia, figli cari a Dio, eredi di Dio e coeredi di Cristo; di modo che assolutamente nulla li trattiene dall’ingresso nel cielo. Questo santo Sinodo confessa che tuttavia nei battezzati rimane la concupiscenza o passione. Ma, essendo questa lasciata per la lotta, non può nuocere a quelli che non acconsentono e che le si oppongono virilmente con la grazia di Gesú Cristo. Anzi, chi avrà combattuto secondo le regole, sarà coronato” (SESSIONE V I7 giugno 1546 Decreto sul peccato originale, n. 5).
L’equivoco è servito:
Pesa qui la dottrina luterana che enfatizza la chiesa invisibile (sacramentale) a danno di quella visibile (gerarchia). Ne consegue l’idea secondo cui la Chiesa non sarebbe una realtà giuridica ma carismatica. Secondo la “Teologia del servo sofferente” Gesù Cristo sarebbe solo un messaggero venuto ad annunciare il perdono di Dio. Kiko ignora che mediante la Sua morte e resurrezione ha cancellato la colpa dei protogenitori ma non il danno da cui si può rimediare con gli atti di remissione e di intercessione. Negando queste due occorrenze si afferma la predestinazione dell’uomo che non può tornare a Dio se non è da Questi voluto (Zoffoli, 1995:112). Ne risulterebbe però un “automa” e non un essere umano cosciente come vuole la tradizione cattolica.
La penitenza e la riconciliazione
Cosa dice Kiko:
“Così arriviamo al Concilio di Trento e dal XVI° al XX° secolo tutto rimane bloccato. Appaiono i confessionali, queste casette sono molto recenti. La necessità del confessionale nasce quando si comincia a generalizzare la forma della confessione privata, medicinale e di devozione portata dai monaci. Non ridete perché l’abbiamo vissuto anche noi. La confessione come mezzo di santificazione personale, così come la direzione spirituale, tutto fa parte del cammino della perfezione. Chi mette confessionali dappertutto è San Carlo Borromeo. Con dettagli che riguardano anche la grata, ecc…Adesso comprendete che molte delle cose che diceva Lutero avevano un fondamento” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 174).
Cosa dice il Concilio di Trento:
“Del resto, per quanto riguarda il modo di confessarsi segretamente dinanzi al solo sacerdote, quantunque Cristo non abbia proibito che uno, in punizione dei suoi peccati e per propria umiliazione, sia come esempio per gli altri, che per edificazione della Chiesa, che è stata offesa, possa confessare pubblicamente i suoi peccati, ciò non è comandato da alcuna legge divina; e non sarebbe saggio comandare con una legge umana che si manifestassero le colpe, specie se segrete, con una pubblica confessione. Poiché, quindi, la confessione sacramentale segreta, che la santa Chiesa ha usato fin dall’inizio ed usa ancora, è stata sempre raccomandata con grande, unanime consenso dai padri più santi e più antichi, evidentemente risulta vana la calunnia di coloro che non hanno scrupolo di insegnare che essa è aliena dal comando divino, che è invenzione umana, e che ha avuto inizio dai padri del Concilio Lateranense” (SESSIONE XIV 25 novembre 1551 Dottrina dei santissimi sacramenti della penitenza e dell’estrema unzione, cap. V).
L’equivoco è servito:
Nel tentativo di eludere la deriva pelagiana (l’uomo può salvarsi da sé) e quella luterana (l’uomo non può correggersi), Kiko si spinge al punto di massimizzare il perdono divino alienando l’essere umano dalla possibilità di fare il bene. Da qui i reiterati inviti a non sforzarsi e a non resistere al male. Ne consegue uno svilimento della confessione individuale ed un enfasi di quella pubblica durante gli scrutini. Alla Comunità è riservato un ruolo disciplinare fino al punto di adottare vere e proprie strategie atte a indurre il soggetto deviante alla conformità dei comportamenti (sedia bollente, stanza maledetta, lucernario, etc.). Su questo punto si rimanda alla bibliografia vista l’imponente quantità di testimonianze al riguardo, anche drammatiche, nonché l’impossibilità di verificarle una per una.
Il sacerdozio
Cosa dice Kiko:
“Noi cristiani non abbiamo altare, perché l’unica pietra santa è Cristo, Pietra angolare. Perciò noi possiamo celebrare eucaristia sopra un tavolo: e la possiamo celebrare in una piazza, in campagna e dove ci piaccia. Non abbiamo un luogo in cui esclusivamente si debba celebrare il culto. Non abbiamo nemmeno sacerdoti nel senso di persone che separiamo da tutti gli altri perché in nostro nome si pongano in contatto con la divinità. Perché il nostro sacerdote, colui che intercede per noi è Cristo. E siccome siamo il suo Corpo, siamo tutti sacerdoti. Tutta la Chiesa è sacerdotale nel senso che intercede per il mondo. È vero che questo sacerdozio si visibilizza in un servizio e ci sono alcuni fratelli che sono servitori di questo sacerdozio, ministri del sacerdozio. Nel Nuovo Testamento non si usa la parola “sacerdote” dato che riferita a Cristo; invece si parla di ministri e presbiteri” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 56-57).
Cosa dice il Concilio di Trento:
Il sacrificio e il sacerdozio per divino ordinamento sono talmente congiunti che l’uno e l’altro sono esistiti sotto ogni legge. E poiché nel nuovo Testamento la Chiesa cattolica ha ricevuto dalla istituzione stessa del Signore il santo visibile sacrificio dell’eucaristia, bisogna anche confessare che vi è in essa anche il nuovo e visibile sacerdozio, in cui è stato trasferito l’antico. Che poi questo sia stato istituito dallo stesso Signore e salvatore nostro, e che agli apostoli e ai loro successori nel sacerdozio sia stato trasmesso il potere di consacrare, di offrire e di dispensare il suo corpo e il suo sangue; ed inoltre di rimettere o di non rimettere i peccati, lo mostra la Sacra Scrittura e lo ha sempre insegnato la tradizione della Chiesa cattolica (SESSIONE XXIII 15 luglio 1563 Dottrina vera e cattolica sul sacramento dell’ordine a condanna degli errori del nostro tempo, Cap. I).
L’equivoco è servito:
Nel Cammino Neocatecumenale vige una certa rigidità in tema di ruoli: il sacerdote presiede la celebrazione e somministra i sacramenti mentre la responsabilità delle comunità è affidata ad un laico o ad una coppia di laici che sono scelti “mediante votazione” (Statuto, art. 10 co. 3 Tit. II Cap. II). Secondo alcuni (Zoffoli, 1995:21) il presbitero sarebbe relegato ad un ruolo di secondo piano, adombrato dai catechisti, ai vertici della piramide neocatecumenale, “perché hanno lo Spirito Santo che li rende maestri e giudici degli altri in maniera inequivocabile” (Zoffoli, 1995:21). I catechisti percepiscono un terzo dei proventi (Faita, 2013) e a loro si deve obbedienza piena con la minaccia di essere espulsi (nel gergo neocatecumenale i “fichi maledetti” sono coloro che non si adeguano alle loro direttive, cfr. Marighetto:172).
La musica
Cosa dice Kiko:
“La vera teologia è un canto a Dio, è l’Eucaristia stessa, un canto completo di lode a Dio perché si è lasciato conoscere. Le teologie del XVI secolo non sono altro che elucubrazioni mentali senza una esperienza biblica da cui sgorga l’Eucaristia” (Orientamenti all’equipe di catechisti per la fase di conversione, p. 329).
Cosa dice il Concilio di Trento:
“Bandiscano, poi, dalle chiese quelle musiche in cui, con l’organo o col canto, si esegue qualche cosa di meno casto e di impuro; e similmente tutti i modi secolari di comportarsi, i colloqui vani e, quindi, profani, il camminare, il fare strepito, lo schiamazzare, affinché la casa di Dio sembri, e possa chiamarsi davvero, casa di preghiera” (SESSIONE XXII 17 settembre 1562 Decreto su ciò che bisogna osservare ed evitare nella celebrazione delle messe).
L’equivoco è servito:
Nonostante il tentativo di ristabilire la monodia, la musica della Controriforma esaltava la polifonia a cappella tipica dei canoni romani. L’ambiente musicale tridentino, tuttavia, era tutt’altro che sobrio (Vettori:7) con “l’uso massiccio di strumenti” (Id:20), “banchetti e danze” (Id:21). Kiko, da parte sua, tradisce la cultura andalusa e mette in grande risalto il canto solista (chitarra) e una varietà di strumenti di accompagnamento (flauto, violino, banjo, percussioni, etc.) obbligando i catechisti a interpretare i brani contenuti in un canzoniere “Resuscitò” basato sui salmi e altri testi biblici modificati a suo arbitrio. Anche qui si nota l’ombra di Lutero che, da buon agostiniano, conosceva bene la musica (frau musik) ma lascia ai grandi interpreti il compito di rielaborare le melodie gregoriane in maniera intuitiva per favorire la comprensibilità del testo e permettere al popolo di capire e partecipare con la propria lingua madre.
Conclusioni
Scopo dell’articolo, di qualsiasi natura (insegnante, accademico, religioso, etc), doveva essere quello di risolvere problemi ma ritengo ne abbia più creati che altro. E a ben vedere. Nessuno ha mai la soluzione in tasca. Il meglio che si può fare è di offrire al pubblico degli strumenti attraverso l’analisi e l’esposizione dei punti di vista. Abbiamo visto che per alcuni il Cammino Neocatecumenale è una setta mentre per altri il riconoscimento della Chiesa è una garanzia di legittimità. Il fondatore Kiko Argüello, in base ai dati riportati nei documenti, ha più volte sottolineato che nel corso della storia ecclesiastica vi sono state delle crisi culminate nel Concilio di Trento e che, di fronte alla polemica di Lutero, si è preferito ricorrere a formule selettive (“extra ecclesia nulla salus” che si potrebbe parafrasare in “extra iter nulla salus”). Ma il dialogo è rinnovamento e non compromesso. E a un certo punto la Chiesa ha sentito il bisogno di confrontarsi con i fratelli separati e i nemici dichiarati. Analogamente il Cammino si è dovuto confrontare con l’autorità ecclesiastica e lo stesso Kiko ha riconosciuto che nel testo-base delle sue catechesi vi erano degli errori (Marighetto:172). Non ha senso dunque preoccuparsi dei superstiti di ieri e trascurare quelli di oggi perché la stessa Chiesa primitiva nasce dai fuoriusciti dal giudaismo e dal paganesimo (cristianesimo come inculturazione). Oggi il Cammino rischia di essere sopraffatto dai superstiti (vedi bibliografia) sebbene gli stessi neocatecumenali sono “fuoriusciti” da quella che chiamano “religiosità naturale”. In questa sorta di “exologia” (teologia dei superstiti) non ci sono vincitori né vinti ma solo ignoranza e le varie interpretazioni equivoche lo dimostrano (settarismo, fanatismo, ateismo). È chiaro che dopo 500 anni il mondo è cambiato a tal punto da far conciliare Kiko con Trento e tutte le conseguenze che ne derivano. Innanzitutto l’elaborazione dottrinale sarebbe affetta da un certo ermetismo (si tendono a imporre certi concetti a prescindere dalla loro comprensione) per cui ad una sacramentaria sistematica tridentina e ad una “teologia del servo sofferente” arguelliana si interpone un “ecclesiologia di ritorno dei superstiti” (nuova evangelizzazione). Un domani Kiko continuerebbe a scrivere di storia, dei fatti della sua vita. L’insegnamento della teologia non lo pone al primo posto ma non lo esclude perché nessuno può immaginare un “pezzo di carta” senza una sua funzione (non esiste un’edizione critica del Direttorio Catechetico). Un secondo punto in comune è la dimensione dell’equivoco: nella pandemia soteriologica del “salviamo tutto a tutti i costi” tra i due litiganti un terzo grida (l’uno ha detto “chi salverà il mondo dai protestanti?”, l’altro ha pensato “chi salverà il mondo da Trento?” e il terzo grida “chi salverà il mondo da Kiko?”). Dal divorzio tra Kiko e Trento sarebbero nati uno o più figli adulterini che sarebbero stati affidati in custodia cautelare alla Chiesa? In altre parole ci chiediamo se il processo di revisione avviato di volta in volta (Concilio di Trento, Neocatecumenali di Kiko e superstiti) abbia influito nella comprensione della fede in Gesù Cristo? La risposta è senz’altro positiva: i vari progetti di fede si riprendono a loro volta nei conflitti, nelle vicende e nelle domande che suscitano nei credenti di oggi. Un terzo punto in comune è la logica della sopraffazione: leggendo i documenti sembra di trovarsi di fronte a dei monologhi non dissimili da quelli con cui i padri conciliari lanciavano gli anatemi. È normale nel Cammino Neocatecumenale escludere le persone, è normale vedere allontanarsi qualcuno, è normale diffondere imbarazzo verso gli adepti “non allineati”. La letteratura è piena di testimonianze di superstiti con le loro drammatiche esperienze di vittimizzazione il che è in contraddizione con gli scopi organizzativi secondo cui “Modello della comunità neocatecumenale è la Sacra Famiglia di Nazareth” (Statuto, Tit. II Cap. 1 art. 7 co. 2). Certo bisogna favorire la partecipazione al culto che è cattolico e quindi a tutti gli effetti pubblico (Codice di diritto canonico cann. 298, 837 e 1221) ma ridurre la “Sacra Famiglia” ad un istituzione “normale” o “formale” significa relativizzare il mistero di Cristo. Chi proviene da esperienze pregresse nella Chiesa o in altri gruppi parrocchiali, spesso deludenti, allora non avrebbe ragione ad aspettarsi qualcosa di più del mero scambio di diritti e interessi? Sarebbe una contraddizione per chi accusava la Chiesa di essere un’entità giuridica e non sacramentale. C’è quindi un nesso di causalità che lega tutti i fenomeni. Non c’è dubbio che Trento rappresenta una tappa fondamentale della Chiesa che però non è riuscita a conciliare i protestanti che nel frattempo hanno avuto il tempo per consolidarsi ed assumere una propria fisionomia senza la quale non avremmo mai avuto il Cammino Neocatecumenale e, con i suoi fuoriusciti, il modo di liberarcene. Ci sono probabilmente altri punti in comune o in contrasto che non è possibile contemplare in questo articolo. Non esiste una soluzione a tutto pena il rischio di produrre più problemi che conversioni. Nel frattempo non soffermiamoci alla ricerca razionale della “verità” ma apriamoci al confronto.
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