sabato 19 dicembre 2020

Perché il "Vieni e vedi" è un errore per nulla innocuo

Riportiamo, per una opportuna riflessione, un recente articolo di Corrado Gnerre il cui titolo originale è "Ridurre il Cristianesimo ad esperienza… un errore per nulla innocuo", pubblicato su Dio è Verità, Bontà e Bellezza Il Cammino dei Tre Sentieri.
Lo dedichiamo ai super catechisti neocatecumenali, che sul "vieni e vedi", sul "credi a noi senza cercare di capire", sulla "crocifissione della ragione", sul primato dell'esperienza sulla dottrina e sulla verità hanno costruito il proprio impero.


Non è da adesso, ma ormai da diversi decenni a questa parte, il sentir dire che il Cristianesimo sia unicamente un’ “esperienza” e che tutto sommato bisognerebbe soprassedere sulla verità e sulla sua conoscenza.
Parlare in questi termini non è assolutamente corretto.
Naturalmente
non dicono affatto
di essere neocat...
Il Cristianesimo non solo non è riducibile ad esperienza, ma è verità che produce e giudica l’esperienza.

Non è l’esperienza che giudica la verità, bensì è la verità che giudica l’esperienza.
Facciamo un esempio molto semplice, se diciamo: siamo cristiani perché ci sentiamo felici di esserlo… come la mettiamo con il musulmano o con il testimone di Geova che potrebbe ovviamente rispondere: anch’io sono felice di essere quello che sono?

Certamente è importante il riscontro dell’essere cristiano nella propria vita, ma non è determinante.

Lo ripetiamo: è la verità che giudica l’esperienza, non il contrario. Identificare Gesù con la felicità non è affatto sbagliato, anzi è verissimo; ma non basta. Cristo è la felicità perché è la Verità.

Si sa che oggi non è molto efficace un metodo ben strutturato come quello tomista che parte dalla centralità della verità, mentre può essere più persuasivo quello agostiniano che parte dalle esigenze esistenziali dell’uomo, ma ciò non vuol dire che, anche partendo dalle aspettative dell’uomo e dal suo bisogno di senso, non si debba poi completare l’annuncio facendo capire la priorità logica della Verità.

Facciamo un esempio: l’ideale è vedere un film partendo dall’inizio; ma ciò non toglie che lo si può capire anche se si arriva al cinema a proiezione in corso; poi, una volta che lo si vede per intero aggiungendo la parte iniziale a cui si è mancati, la trama diviene comprensibile. Così per il Cristianesimo, si può anche approdare alla vita cristiana (e forse avviene per la maggioranza dei casi) attraverso circostanze esistenziali varie, ma poi si è sempre tenuti a rendere ragione della propria fede come dice san Pietro nella sua prima lettera (3,15): “(…) adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.”

Indubbiamente l’uomo di oggi non è quello del XIII secolo, è purtroppo un uomo completamente destrutturato che deve essere prima di tutto coinvolto attraverso i bisogni esistenziali; ma ciò non toglie –come abbiamo già detto- che una volta utilizzato questo approccio, gli si debba far capire che tutto inizia dalla Verità e tutto ha senso nella Verità.

Ma c’è un’altra cosa da aggiungere.
Bisogna ben capire cosa significa “felicità”.
La felicità non è uno stato dell’animo che riconosce che tutto è positivo e che è capace di produrre sempre e comunque una condizione di consolazione e di gaudio. Se fosse questa la felicità, i santi avrebbero qualche problema in merito. Basterebbe pensare a tutte le prove che contrassegnano la loro vita: desolazioni, “notti”, tentazioni.

La felicità in senso cristiano non è alternativa alla sofferenza ma alla disperazione. La felicità è la pace dell’anima che può e deve coniugarsi anche con l’esperienza delle prove più terribili.
Ma per capire questo –e torniamo al punto iniziale- bisogna che l’esperienza cristiana sia sempre esito del riconoscimento di ciò che è vero.

Detto questo, dobbiamo porci un interrogativo. Come dobbiamo intendere la famosa espressione “vieni e vedi” (Giovanni 1,46)?

Le "verità di fede kikiana"
nelle cosiddette "catechesi" neocatecumenali

Molti oggi dicono che più che fare catechesi, basterebbe “invitare” nelle proprie comunità a vivere l’’esperienza cristiana, come avrebbero fatto i primi cristiani.
Rispondiamo.
Prima di tutto va detto che ciò che facevano i primi cristiani andrebbe ben chiarito, perché ci sono molti luoghi comuni da sfatare. L’espressione “vieni e vedi” va bene, ma va correttamente intesa.
Certamente il riscontro della vita cristiana sta nelle opere, le quali –lo sappiamo bene- concorrono alla salvezza dell’anima.
Ebbene, in quella frase, utilizzata dall’apostolo Filippo e che si diffuse presso i primi cristiani, si voleva dire proprio questo: vieni a vedere quanto è diversa la vita dei cristiani rispetto a quella dei pagani; per esempio, quanto è diversa dal modo come trattano le donne, gli schiavi, i bambini … Prendiamo come esempio i bambini: nel mondo pagano era diffusissimo l’infanticidio, cosa che ovviamente fu subito rifiutata dai cristiani.
Insomma, la frase “vieni e vedi”, lungi dal voler essere una negazione dell’importanza della verità, era piuttosto l’attestazione e la dimostrazione concreta dell’accoglienza della verità: la vita dei cristiani è diversa da quella falsa e violenta dei pagani, perché è diversa la verità in cui credono.

Insomma tutto muoveva e muove dalla Verità, quella con la “V” maiuscola… s’intende.

(Da: Dio è Verità, Bontà e Bellezza - Il Cammino dei Tre Sentieri)

24 commenti:

  1. Articolo da incorniciare e da rileggere di tanto in tanto. E' formativo anche per il modo di pensare.

    La prima esperienza della fede è la fede stessa.
    Se la fede, che è un'opera di Dio nell'anima, è corrisposta, produce "esperienze" a livello profondo che non necessariamente sono percepite a livello dei sensi e delle emozioni.
    Saltuariamente si possono manifestare anche esteriormente, ma l'esperienza esteriore usa i mezzi e le emozioni umane, per cui possono essere simili, esteriormente, ad esperienze non di fede.

    Se perfino i santi e anche i mistici erano spesso insicuri di ciò che "sentivano", vuol dire che è così.
    I camminanti, invece, sono sicurissimi.
    Segno che per loro la vera esperienza non è la fede, ma il camminare a tondo nel Cammino.
    Forse il Cammino può dare emozioni forti, come deve essere molto emozionante, per i musulmani, fare un pellegrinaggio alla Mecca e correre in preghiera attorno alla pietra sacra.
    Una cosa umanamente bella, ma che con la fede della Chiesa nulla ha a che fare.

    Il concentrarsi troppo sull'esperienza, cioè sulle emozioni, comporta necessariamente non dare importanza alla dottrina e perciò, di fatto, non può che condurre ad eresie.
    Se bastassero le esperienze sensibili alle emozioni, allora non sarebbe stata necessaria la Rivelazione.
    E infatti la rivelazione a cui credono i camminanti è quella millantata da Kiko che testimonia se stesso come l'autentico interprete del Vangelo.

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  2. ENTRA, VEDI E SVUOTA IL PORTAFOGLI

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  3. Sono d'accordo Pietro. Articolo illuminante e che va al cuore.

    Il cristianesimo non è aderire a delle verità, ma è un “incontro”. Il cristianesimo è un’esperienza concreta, è aver incontrato una persona: Gesù Cristo. (Kiko dixit)

    Non è neanche tanto il poter dire: io sono felice o meno di essere cristiano quanto il poter affermare in maniera inconfutabile: IO HO INCONTRATO IL SIGNORE..., come ricorrentemente si fa nelle comunità dove il dare questo tipo di testimonianza viene “inculcato” proprio in modo sistematico. Tutti – fateci caso – pronunciano questa frase dando la loro esperienza. E’ questo quasi asse portante del percorso senza il quale, e i catechisti te lo ripetono ad ogni scrutinio, non si capisce che cosa tu stia a fare lì!

    Da questo il “vieni e vedi” che troneggia su tutti gli inviti alle catechesi che i neocatecumenali affiggono davanti alle Parrocchie. Questa espressione, intesa a modo loro, racchiude in sé il senso di quello che vanno ripetendo a tutti: il cammino si comprende solo facendolo “vieni e vedi” e SOPRATTUTTO NON FARE DOMANDE MA ASCOLTA SOLO E… CAPIRAI!

    Se chiedi di “conoscere” cosa il cammino è, ti rispondono così; se chiedi di leggere i mamotreti, ti rispondono così; se vuoi conoscere le tappe più avanti e cosa andrà a succederti, ti rispondono così (anche se il mistero aleggiava un tempo, forse, oggi è il “segreto di pulcinella”); se vuoi invitare qualcuno a partecipare qualche volta alla tua comunità, ti rispondono così e ti dicono di accompagnarlo alle catechesi iniziali, appena ci saranno.
    IL CAMMINO NEOCATECUMENALE E’ UNA ESPERIENZA (personale).
    ........

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  4. ........

    Ora, mi è piaciuto molto nell’articolo del post odierno quanto si afferma a proposito del fantasmagorico, mitologico (nel senso in cui è inteso nel c.n.) VIENI E VEDI, quando si dice che andrebbero sfatati tanti “luoghi comuni” fuorvianti a proposito del riproporre il modello della chiesa primitiva, esattamente come fa Kiko da sempre, millantando una genuinità e originalità uniche.

    Il “vieni e vedi” evangelico non è affatto il primato della esperienza personale tout court, che può anche essere frutto di inganno. Specie per chi rifugge ogni vaglio e discernimento!

    Nel suo mondo questo “falso profeta” – al di là delle parole – invita con il “VIENI E VEDI” intendendo, neanche tanto velatamente, dietro a ME; fai esperienza con ME ...
    (poiché tutto nel c.n. è Kiko, anche Carmen soffriva questo)
    … dando per scontata – oltretutto - una cosa che scontata non è affatto:
    ossia che lui per primo un giorno ha incontrato DAVVERO il Signore e da allora sta alla sua sequela. Con tutti coloro che si è tirato dietro!

    Pax

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  5. Novena di Natale neocatecumenale parte quarta
    Magnificat
    L'anima di Carmen magnifica il Signore Kiko
    e il mio spirito don Mario Pezzi esulta il Dio Kikomio salvatore
    perchè ha guardato l'umiltà, si fa per dire, della sua serva
    d'ora in poi tutte le generazioni di neocat mi chiameranno beata perchè il Vaticano mi beatificherà, anche se il blog dice di no
    Grandi cose ha fatto in me l'onnipotente Kiko dandomi l'incarico della triade Kiko, Carmen e don Mario
    e santo è il nome di Kiko
    Di generazione in generazione dei camminanti la misericordia di Kiko si stende su quelli che lo temono, cosi pagano le decime senza fiatare
    Ha spiegato la potenza del suo braccio facendo approvare gli Statuti dal vaticano
    ha disperso i superbi del blog nei pensieri che scrivono sul blog
    ha rovesciato i potenti dai troni, cioè comanda lui in vaticano
    ha innalzato gli umili, quelli che pagano le decime con il sorriso sulle labbra
    Ha ricolmato di beni gli affamati dandogli i mamotreti
    ha rimandato i ricchi a mani vuote, infatti quelli del cammino non hanno più un euro dopo aver pagato le decime
    Ha soccorso Porto San Giorgio ricordandosi della sua misericordia
    come aveva promesso ai primi aderenti del cammino e ai loro discendenti per sempre
    Gloria a Kiko, a Carme e a don Mario Pezzi
    per tutti i secoli dei secoli Amen

    ....e buon natale

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  6. Una signora che fa incontri di formazione insieme al marito, a proposito del Cammino Neocatecumenale mi ha consigliato di fare molta attenzione all'obbedienza cieca che lega a sé, e al rischio di sfociare nella religiosità che non è religione. Mi ha anche spiegato che la fede non dà risposte da relegare in caselle, ma porta a farsi sempre domande; una sintesi perfetta di ciò che accade nel Cammino.

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  7. Gesù stesso dice: "Io sono la Via, la Vita la Verità.
    Essere cristiano vuol dire essere un testimone, dare un esempio di vita e di coerenza.
    La verità e la giustizia devono essere evidenti.
    Come il rispetto delle persone, il rispetto dei tempi personali, il rispetto della libertà, il rispetto della ragione.
    Poi possono e devono seguire la vera e giusta dottrina cristiana che è una semplice conferma del rispetto della persona.
    Lasciando sempre libere le persone anche a costo di perderle, perché, se per
    tenerle sei costretto ad imporre obblighi non hai costruito nulla, alla prima occasione quelle persone le perdi lo stesso perché non amano quello che fanno o quello che le obblighi a fare.
    Prima o poi si ribellano o fanno le cose in maniera meccanica senza testa e senza cuore.
    Questo è il problema del CN, l'impostazione settaria, la chiusura, l'ermetismo, l'impossibilità di un dialogo costruttivo a tutto raggio.
    Il CN è costruito sugli obblighi, sull'imposizione di qualcuno a cui devi credere per forza.
    Manca il confronto vero, puoi parlare di tutto e di tutti ma non puoi mai e dico mai, mettere in discussione il metodo neocatecumenale.
    Questa restrizione pesa come un macigno e prima o poi genera mostri.
    Mostri che combattono contro la libertà, la verità e la giustizia.
    Mostri che combattono contro il libero arbitrio, contro la ragione, contro la possibilità di porre domande o sollevare dubbi.
    L'obbedienza contro la ragione, la fede contro il libero arbitrio, il gruppo contro il singolo,l'omologazione contro la diversità.
    Questo è il CN, prendere per buono tutto quello che ti dicono o ti impongono in maniera acritica.
    Il perfetto camminante è colui che accetta tutto senza ragionare su nulla e senza farsi domande o sollevare dubbi.
    L'appartenenza diventa più importante della verità e di conseguenza della giustizia.

    LUCA

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  8. Concordo con Pax: quando Gesù ha detto a Filippo "Vieni e vedi", non intendeva invitarlo a fare un'esperienza emozionale, ma a stare con lui, che è il frutto pieno e definitivo della Rivelazione divina.

    L'esperienza con Gesù non può essere scissa dalla Rivelazione e perciò dalla Verità che, razionalmente, si manifesta anche attraverso le formule dottrinali.
    Gesù ha invitato Filippo a constatare come tutta la Legge e i Profeti parlassero di lui, non a fare un'esaltante esperienza.
    Ha ragione l'autore dell'articolo: è la verità che può causare un'esperienza e perciò giudicarla, ma l'esperienza non suscita le verità. E nemmeno la verità causa necessariamente un'esperienza.

    Come ci sono i miracoli ma questi non sono dovuti necessariamente, in quanto Dio per l'ordinarietà ha stabilito l'ordine della Provvidenza, così ordinariamente le esperienze emozionali non sono affatto dovute.
    Anzi, se sono ricercate, a detta dei Santi, sono dannose.

    Per cui se il "Vieni e vedi" è un invito a ricercare le emozioni strumentalizzando la fede, o a ricercare una fede che si basa sulle emozioni, è un invito anti cristiano.

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  9. Mi spiace per url perché non ho sito LA QUESTIONE E'SOLO UNA "LA DECIMA" COME FANNO I CATECHISTI I QUALI LAVORA MAGARI SOLO UNO A MANTENERE STUDI AI FIGLI TANTI IN PRESTIGIOSI ISTITUTI DOVE SI PAGANO RETTE SALATE????

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  10. E' una Holding non si può parlare di Santi Beati iniziative al di fuori di codesto cammino sono superbi non accettano confronti DIO TI VEDE!!!VEDE PURE A VOI!!!!!PUNTANO SUGLI ADULTI PERCHÉ PRESUMONO CHE HAI STIPENDIO FIGLI DI CATECHISTI QUANDO PASSA IL SACCO DI MAMMONA (DECIMA)TUTTI CON LE MANI IN TASCA !!!!

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  11. La realtà del Cammino è ben diversa dal quadretto eirenico del Kiko dell'Avvento, che gli hanno valso la pubblicazione sulla pagina ufficiale del Cammino: nemmeno si sono resi conto che il loro leader minacciava di peccato grave, contro lo Spirito Santo, quelli che saltano qualche incontro con la comunità (sono proprio cotti, al punto tale da non rendersi conto della gravità delle proprie affermazioni).
    Dicevo, nonostante i toni apparentemente concilianti del loro guru, c'è una caratteristica della vita in comunità: l'altalenanza degli umori, che impedisce di fatto quella pace che di dichiara di possedere e che ci si scambia continuamente. Si va dall'esaltazione alla depressione: nelle risonanze lo si sente l continuamente. Come più che normale, per un componente della comunità , è 'essere in crisi'. È la cosa più comune che possa capitare, quella di sentirlo dichiarare durante risonanze, giri di esperienze...oppure di sentirlo dire da altri. Dov'è Tizio? Perché non è venuto? È in crisi.
    Ma non è invece normale, per un cristiano, essere in crisi. Perché, come si dice nell'articolo, uno dei tratti visibili di chi vive la fede è la serenità d'animo, pur se tribolato da avversità.
    Invece in comunità sembra che debba essere il contrario: chi è sereno è uno che si è 'installato ' (infatti Kiko, anche stavolta, minaccia tutti di mandarli in missione chissà dove) e si cerca in ogni modo di rendere la vita in comunità un tormento continuo, per evitare che le persone, tranquille e sicure di sé, siano in grado di organizzare da sole e lontane dalla comunità neocatecumenale la propria vita spirituale.
    Visto che l'esperienza va valutata alla luce della verità, e non viceversa, questa situazione di instabilità umorale, di alternanza di crisi ed esaltazione non può essere che un segnale di un errore di fondo, di una anomalia grave. Il 'Vieni e vedi' diventa un vieni e vedi quanto siamo instabili, quanto oggi siamo gasati e domani depressi. E questa non è la dinamica della morte e della resurrezione, come vogliono far credere, ma il decorso di una grave anomalia spirituale che rischia di coinvolgere, nei soggetti più fragili, anche la mente e l'intera personalità.

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    1. Sono assolutamente d'accordo con te. L'espressione "essere in crisi" è una delle più frequenti nelle risonanze e nei giri di esperienze dei camminanti. E questo anche dopo anni e anni di cammino, il che significa che sul piano spirituale nessun progresso è stato fatto. Quanto al contenuto dell'"essere in crisi" questo va dalla non accettazione della volontà di Dio alla depressione, al litigio con i genitori, con il fidanzato/a, con fratelli di comunità, dal cattivo rendimento scolastico a problemi sul lavoro. L'"importante", soprattutto con i catechisti, è mostrarsi "in crisi". Se invece, nonostante le tribolazioni, si è sereni perché in pace con se stessi e con Dio, non si viene visti bene. In quel caso per i catechisti non c'è trippa per gatti, come si suol dire, di fatto il camminante sereno non ha bisogno delle loro "illuminate" indicazioni, del loro "profetico discernimento", e sostanzialmente non ha bisogno del Cammino, anzi, il Cammino è un impedimento per la sua vita spirituale. E questo è ovviamente insopportabile per chi vuole tenere le persone legste al Cammino per tutta la vita.

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    2. Analisi perfettamente calzante.

      Giorni fa, un amico che vive in una parrocchia ad alta frequenza neocatecumenale, pur essendo molto critico dell'ambiente esaltato che riscontrava tra i camminanti, constatava che, però, molti di loro sono brave persone.

      Ma come è possibile che si manifesta come persona buona e tollerante che vive in un ambiente duro, aggressivo e intollerante?
      Come è possibile che persone buone vivano in un ambiente che mortifica la bontà?
      Allo stesso modo che molti paciosi tedeschi si iscrissero al partito nazista.

      Alcuni camminanti sono ingannati, non escono dal cammino e subiscono prepotenze perché sono stati convinti che, altrimenti, fanno "peccato mortale", e così la loro bontà viene usata per fini non altrettanto buoni.

      Ma altre volte potrebbe esserci una particolare forma di "buonismo" e di "tollerantismo", a lode e a gloria di Kiko e del Cammino.
      E' una tolleranza e una bontà non a fini universalistici, ma particolaristici, per cui si manifestano solo fin quando serve a mascherare la natura vera del Cammino.

      In ogni caso più o meno in tutti i camminanti c'è un'identificazione con il Cammino un po' come quella dei genitori per i figli, che si vantano quando questi ottengono riconoscimenti e successi.
      Ma mentre verso i figli, entro certi termini, una cosa del genere è naturale, riguardo al Cammino no.

      Anche perché il Cammino non è un figlio ma, semmai, sono i camminanti ad essere "creature" di Kiko e Carmen. E Kiko non si vanta affatto dei figli, ma PER i "figli" (un PER che è sinonimo di strumentalizzazione).
      Anzi li umilia e li maltratta per ottenerne gloria e successo.

      Normalmente sono i genitori ad essere contenti per la laura dei figli, nel Cammino sono invece i "figli" che devono essere contenti per le lauree (Honoris causa...) di Kiko!

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    3. Caro Porto, mi hai riportato alla mente come mi sentivo quando mi sentivo sereno, ma per colpa del cammino mi sentivo in colpa e invece di godere di quel periodo di serenità spirituale e materiale, mi sentivo una persona sbagliata superficiale perché non ero in "crisi". Anni buttati e rovinati, anni migliori e più importanti, anni in cui ero giovane, in cui speranza, crescita e costruzione del proprio futuro, rovinata da questa gentaglia, ed in cui le mie paure e blocchi sono peggiorati, ed oggi sono un adulto mancato, pieno di insicurezze, blocchi, paure e che si sente sempre sbagliato. Hanno rovinato la mia vita sia i catechisti che coloro che ho frequentato. Oggi non vedo e sento più nessuno di loro, mi pento ogni giorno di averli frequentati. Oggi questi vivono sereni, con una vita normale, e aiutati dal cielo. Li odio ed odio me stesso. Ecco perché ho difficoltà a credere a Dio della bibbia, perché sono stanco di essere bloccato e vedere i catecumeni ed ex catecumeni andare tranquillamente avanti ed avere i figli anche geni.
      Io vorrei credere a Dio ma non ci riesco e sono rimasto solo. Anzi noto che anche chi è uscito è rimasto comunque con la mentalità catecumena, passando da essere fanatici in Kiko ad esserlo per politica o per sport o per il lavoro, e sono anaffettivi. Ma peggio per loro. Oggi catecumeni ed ex catecumeni (rimasti moralisti e fanatici di altri), per me non esistono più.
      Libero dal cammino e dalla chiesa (per ora)

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    4. @Libero dal cammino e dalla chiesa (per ora)

      Posso capire la tua angustia e il tuo amaro rimorso per aver buttato gli anni migliori della tua vita in pasto al CN. Non so che età tu abbia, immagino una via di mezzo, fra i 40 e i 50 forse. In ogni caso, penso e spero che tu abbia ancora molti anni o una buona parte di vita davanti a te. Per questo vorrei sugerirti di cercare di mettere da parte l'odio in primis verso te stesso, e poi anche verso gli ex-fratelli e ex-catechisti NC. Tu meriti di essere amato, a cominciare da ter stesso, e loro non meritano i tuoi sentimenti, e l'odio è un sentimento molto potente! Un sentimento che rischia di divorare in primo luogo chi lo coltiva e rischia di non permetterti di vedere quello che di bello e di buono c'è ancora nelal vita e nelle persone. So che non è facile, ma cerca di lasciar andare queste persone, di allontanarle definitivamente dal tuo orizzonte mentale. Solo così, credo, potrai trovare la pace. E se anche il Signore li ricolma di beni, la cosa non ti riguarderà e non ti farà alcun male. In ogni caso, da quello che ho visto, il loro benessere è spesso solo apparente, chissà cosa succede davvero in quelle famiglie, quanto odio e rancore nascosto allignano lì dentro. Perché a chi fa del male, il male di solito ritorna in qualche modo. Questo è quello che ho sperimentato. Un abbraccio.

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    5. Grazie. Hai ragione l'odio fa male solo a me stesso. Il mio proposito da oggi in poi è allontanare definitivamente dalla mia testa e dal cuore il cammino e le persone che ne hanno fatto parte. Ricambio l'abbraccio ed auguro a te ed a tutti un Buon natale sereno.
      Libero dalla cammino e dalla chiesa (per ora).

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  12. "Vieni e vedi". Una citazione evangelica ma che può essere usata per fini diversi da quelli di Gesù.
    Sono proprio i FINI a determinare la vera essenza di un movimento spirituale, fini difficili da individuare quando ci si mimetizza e si usano concetti evangelici per fini non evangelici.

    Se i fini del Cammino sono quelli di una "Chiesa nuova", che è un modo addolcito di dire "Nuova chiesa", allora la mostruosità creata da Kiko e Carmen è peggiore di quella creata dal Dr. Frankenstein: se quando si vogliono ottenere fini buoni usando mezzi cattivi si creano mostruosità come quelli di Frankenstein, quanto più sono mostruose le creature di coloro i cui fini stessi sono malvagi?
    E i mezzi per ottenerli vogliono sembrare buoni, pur non essendolo?

    In realtà la "chiesa" che vuole creare l'"artista" Kiko sembra piuttosto somigliare una "chiesa" trasgender.
    Se così, in un certo senso anche in questo Kiko potrebbe apparire "al passo coi tempi".

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    1. Naturalmenete il termine usato "trasgender" non vuole essere denigratorio verso nessuno, in quanto Gesù è morto per tutti

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  13. La mostruosità della "Nuova chiesa" sta nel fatto di voler falsamente apperire per quello che non è, cioè è quella, principalmente, di ingannare. A questo scopo il termine trasgender.

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  14. Quando il Cammino ancora non esisteva, la curia milanese criticava aspramente i seguaci di don Luigi Giussani perché anziché ripetere pedissequamente la parlantina chiesastica dell'epoca se ne uscivano con frasi del tipo: "io credo solo alla mia esperienza".

    Così com'è, tale espressione è sbagliata, perché finisci su una brutta china ogni volta che la "tua esperienza" prende un abbaglio (e può succedere spesso: pensate al drogato com'è contento di drogarsi, "nella sua esperienza" la droga è qualcosa di grandioso, perfino mentre sta morendo per overdose).

    Quell'espressione, all'epoca, aveva senso solo perché era in stretta opposizione al clericalismo dell'epoca. Il clericalismo è quell'autoritarismo clericale che impone cose senza darne ragioni. Il prete "clericale" si limita a riversarti addosso un elenco di cose da dire e da fare, e finisce lì, e tu devi ubbidire ciecamente perché "lo ha detto il prete".

    Oh, ma guarda: esattamente lo stesso clericalismo neocatecumenale dove i cosiddetti "catechisti" ti impongono le cose perché "l'ubbidienza al catechista è tutto", e magari persino precisando che "è così e basta, perché lo ha detto Kiko".

    A quel punto uno sano di mente si ribella e grida: "io credo solo alla mia esperienza!" Che in sé non è corretto, ma ha almeno il pregio di tirare in ballo l'esperienza personale. Se tu "catechistone" mi riversi addosso una predica (cosiddetta "catechesi") e mi vieti di fare osservazioni critiche o domande, è esperienza di chiunque che tu "catechistone" mi stai vendendo aria fritta, e che io non ho nessun motivo di seguire quello che dici. (Per questo, quando si parla del metodo catechetico del Cammino, bisogna parlare di plagio e ricatti morali).

    L'imporre le cose solo perché "è così e basta", è tipico di ogni ambiente settario.

    L'esperienza personale è uno strumento, non è l'unico, non è il più preciso, ma è fondamentale. Se l'esperienza non fosse necessaria, Nostro Signore ci avrebbe consegnato un libro da imparare a memoria e sarebbe finita lì. Se la dottrina non fosse necessaria, Nostro Signore non avrebbe investito tanto tempo ad insegnare.

    Pertanto, chi riduce la fede a una roba libresca (come certi protestanti, come i clericali), sta sbagliando.
    Chi riduce la fede a una roba "esperienziale" (come i neocatecumenali, come certi altri protestanti), sta sbagliando.

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    1. E' così.
      Non è che l'esperienza spirituale personale per la Chiesa non conti in senso assoluto: conta, ma NELLA Chiesa. Cioè, per poter esser autentica, deve essere compresa all'interno di quella verità su Dio e sull'uomo di cui la Chiesa è garante e, naturalmente, deve essere reale e non immaginata, e questo lo si può dedurre dai frutti.

      Il Cammino, in realtà, non da affatto importanza alle esperienze personali, se non sono esperienze all'interno del Cammino e con l'imprimatur del Cammino.
      Le uniche esperienze che ammette fuori dal suo "ombrello" sono quelle disgregatrici, cioè delle anti esperienze, che servono al Cammino per dare soluzioni di salvezza sempliciste e drastiche, che inizialmente non richiedono nemmeno di convertirsi a Gesù, ma solo di continuare a frequentare il Cammino, che piano piano prende il controllo della vita.

      Le esperienze dei camminanti altro non sembrano che esperienze di Cammino. E, visto che nel Cammino tutto discende da Kiko, le esperienze dei singoli sembrano essere conseguenza e partecipazione delle esperienze di Kiko. Come se le esperienze del capo rivivessero nelle sue "membra".
      Kiko dice "Allegria!" come Mike Buongiorno e tutti nel Cammino cantano: "Allegria!" anche con voci strazianti. Et voilà, sembrano tutti allegri... anzi sono convinti di esserlo, come le parole del capo fossero efficaci.

      Ma le esperienze personali nel Cammino sono esaltate solo finché esaltano Kiko e il Cammino, dopodiché sono negate, anche brutalmente.

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  15. @LUCA

    Col tuo commento mi hai riportato indietro nel tempo.

    Più importante della verità e della giustizia è salvaguardare a tutti i costi l'appartenenza al gruppo.
    Non si pongono domande, non si può, non si lascia spazio alcuno al dubbio. Tutto si accetta senza ragionarci sopra, mai.
    Ed è profondamente vero quello che dice LUCA: vivere con queste coordinate e dare il proprio quotidiano contributo, nel piccolo o nel grande a seconda del ruolo, per mantenere in piedi un sistema che somiglia tanto ad un regime, alla fine genera mostri.

    Questa la tragedia. Spesso mi sono chiesta: da dove la carrellata di personaggi strani e inquietanti che affollano il cammino? Diversi li abbiamo descritti qui sul Blog, forse con un pò di irriverenza, in più di un post e in più numerosi commenti. Ogni tanto ne spunta fuori uno. Che soggetti! A immaginarli ci sarebbe voluta tanta fantasia. Eppure noi li abbiamo incontrati, li abbiamo a lungo osservati sgomenti. Essi, per la gran parte, sono tra coloro che nel cammino se la comandano. Ma un bel campionario popola anche le singole comunità disseminate e uguali in tutto il mondo. In esse si riproducono tipologie ben catalogabili, in ogni comunità li ritrovi, dove più dove meno. Una cosa incredibile! Come si dice: tutto il mondo è paese. Fino allo scemo del villaggio e al finto scemo.

    Al tempo della presa di coscienza che prima o poi per divina misericordia, mi par di poter dire, viene per tutti, un itinerante oramai vecchio che per una serie di eventi avversi stava subendo un drastico ridimensionamento ancor più tragico perché accompagnato dalla consueta fredda spietatezza degli iniziatori - veri giganti della fede forte neocatecumenale - confidandosi, in un momento di lucida sincerità, si espresse così mentre si guardava intorno, alla fine di un raduno di catechicti di zona: "Abbiamo generato mostri!".

    Pax

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  16. Alla base del rapporto tra neocatecumenato e teologia vi è l’idea della supremazia dell’esperienza vissuta rispetto ad ogni tipo di teorizzazione. Le parole del cardinale Blasquez altro non fanno che sintetizzare, avvalorandolo, il pensiero elaborato dall’Argüello contro ogni «riflessione astratta» perché «Dio non ha scritto nulla, quello che Dio ha fatto fondamentalmente è stato agire. Farsi conoscere operando» (OEC per la fase di conversione, 1980, cit., p. 249). Ecco dunque che proprio l’avversione per ogni conoscenza teologica diviene per i membri del movimento motivo di orgoglio: «Molti se la ridono di noi altri. Dicono: ma chi sono costoro [...] che non hanno cultura né studi teologici, che non abbiano studiato in alcun seminario, che siano senza titoli e dispense [...]. Bene: in quel giorno si vedrà chi ha ragione» (OEC per la convivenza della rinnovazione del primo scrutinio battesimale, cit., p. 20). L’insofferenza verso ogni tipo di speculazione teologica o filosofica ha condizionato l’andamento degli studi - in particolare quelli interni al movimento - ottenendo come risultato la proposizione di analisi tese a ricondurre una vera e propria teologia particolare, come di fatto è quella neocatecumenale, alla mera «rivitalizzazione» degli «elementi classici e tradizionali della spiritualità cristiana» (Devoto P., Il Neocatecumenato, cit., p. 95, il quale evidenzia: «Si può parlare benissimo di una spiritualità benedettina, francescana o salesiana […]. Ma non è così per il neocatecumenato che, non essendo un movimento, ma un cammino che intende gestare alla fede cristiana, non può che fondarsi, eccezion fatta per le accentuazioni specifiche inevitabili, sugli elementi classici e tradizionali della spiritualità cristiana». Cfr. inoltre Pasotti E., L’itinerario del Cammino Neocatecumenale, cit., p. 853). Ciononostante, alla base del movimento è oggi possibile rintracciare alcune linee teologiche. L’operazione condotta dagli iniziatori neocatecumenali non si è infatti limitata alla riproposizione e alla riscoperta di riti cristiani più o meno antichi, più o meno noti, bensì si è trattato della delineazione di una teologia dettagliatamente strutturata secondo alcune linee-guida individuate ad hoc dagli stessi per la conduzione del percorso proposto (sostiene la Hernández: «Tenete presente che questo cammino non è mai stato preconcepito, ma è il frutto di una esperienza vissuta. Kiko scoprì alle baracche una parola che arrivava alla gente: un Kerygma vivo, frutto del dialogo con la gente. Kiko apriva la Bibbia e chiedeva: “E questo a te che dice?”. Così sorsero una serie di domande, come “chi è Dio per te?” […]. Tutto è sorto dall’esperienza; non sono state idee preconcepite. In seguito, quando abbiamo letto libri come quelli degli studiosi francesi, per noi è stata una conferma di quello che Dio ci aveva regalato e manifestato in mezzo ai poveri». OEC per la fase di conversione, 1980, cit., p. 8). Vedremo più avanti di come nella delineazione di tali linee-guida essi abbiano attinto a varie tradizioni cristiane, sia cattoliche, sia protestanti. L’impegno normalizzatore del percorso, quindi dell’intero cammino, promosso dai suoi apologeti si presenta ancora una volta come il tentativo di scongiurare l’integrazione del CN nel più ampio contesto ecclesiale come movimento particolare evidenziando la corrispondenza della propria teologia a quella della Chiesa universale. Lo stesso richiamo al Concilio Vaticano II ne diviene espressione.

    Tratto da: Università Cattolica del Sacro Cuore "Il Cammino Neocatecumenale. Genesi di una realtà ecclesiale attraverso lo studio delle fonti" Tesi di dottorato di Francesca Campigli AA 2015/2016, pp. 136-137

    https://www.shema.it/2019/10/15/tesi-sul-cammino-neocatecumenale/

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