"Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato. [...] Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi" (I Giovanni 1,5-10)
La presentazione della prima lettera di Giovanni in questa riflessione ha come obiettivo centrale l’osservazione ragionevole e ragionata della dissonanza tra quanto Dio riferisce ispirando il suo apostolo prediletto, e quanto interpretano e attuano i seguaci del movimento settario di Kiko Argüello e Carmen Hernández incistatosi nella Chiesa Cattolica.
E per far ciò basterebbe anche la sola lettura di quanto Giovanni santamente sostiene.
Giovanni dichiara in sintesi che una vita trascorsa nel vizio, disonorando Dio, dicendo di essere in comunione con Lui mentre invece si cammina nelle tenebre, non è certamente la vita di chi ha ricevuto la luce e l’amore di Dio in sé.
La concezione del cammino sul peccato, la quale diverge con quanto incitato dal Vangelo di Giovanni, è esplicita e oramai nota, la sua dottrina afferma che l’uomo non può sottrarsi al peccato poiché ne è schiavo fino al punto d'essere figlio del demonio.
Per Kiko, l'uomo non può (e non deve!) uscire dal proprio status di peccatore operando il
bene, con l'aiuto della grazia di Dio, ma è tenuto principalmente, e solamente, a riconoscere la propria miseria morale; da questa consapevolezza dovrebbero prodursi, a lungo andare, le opere di bene che il Cammino ritiene opportuno vengano prodotte: non altre, e non nei tempi che Dio vuole e che la Sua grazia suscita, ma secondo le cadenze imposte dalle tappe neocatecumenali.
Circa la confessione della fede, che il Cammino pretende sia fatta davanti alla comunità nel corso degli scrutini e pubblicamente in occasione per esempio della Redditio, diviene in realtà una pubblica confessione di colpe di una certa gravità che potrebbero implicare malcontenti familiari o addirittura la distruzione della dignità personale o altrui. Una pratica discutibile e lesiva della privacy del fedele che determina difficoltà sociali e familiari non di poco conto.
In tutto ciò il sacerdote è una figura assente, oppure si ritrova seduto proprio tra gli esaminati; da formatore, come vorrebbe il suo ministero, diviene formato, da controllore controllato; gli si vuole "rubare" il ruolo, annullandolo, e per questo lo si mette a sedere tra i discenti, dimenticando che un sacerdote, per piacere a Dio e compiere il proprio ministero deve poter stare separato rispetto al popolo.
Nessuno può porsi al di sopra del sacerdote o far credere che l'assemblea dei fedeli possa celebrare al suo posto o al suo pari. Ogni uomo può e deve essere utile al prossimo, ma lo sarà sempre in misura minore del sacerdote, quanta è la distanza che corre fra il corpo e l’anima.
Nulla ispira a non pentirsi dei propri errori, così vanificando anche
quall'accenno mortificato di penitenziale che i neocatecumenali praticano periodicamente e comunitariamente
nelle loro celebrazioni; secondo la loro concezione pessimistica e cinica, non si può che
ricadere ostinatamente nel proprio peccato ed anche il chiedere perdono o il perdonare sono atti solo rituali e dovuti, che non possono produrre un effettivo riscatto.
Eppure, mentre Kiko
afferma che non si può evitare il peccato, san Giovanni evangelizza
dicendo "chiunque è stato generato da Dio non commette
peccato."
San Giovanni risponde allo sviluppo preoccupante dell'eresia dicendo che la verità
è evidente nella sostanza delle cose, innanzitutto nei fatti storici
riguardanti la vita e l’opera di Cristo che debbono essere fedeli e rispettati
e poi nel cambiamento di coloro che dicono di credere in Lui.
Una religione che non dà vita
non serve. Allo stesso modo una professione di fede non supportata da
una vita che ne dimostra l’autenticità, non è credibile.
San Giovanni esorta piuttosto a non amare il mondo né ciò che vi è nel mondo. Attenzione bene a non cadere nella confusione a causa dei termini usati e dalle elaborazioni fantasiose e luciferine del cammino. Non si tratta di tenere le distanze dagli altri perché non facenti parte del cammino o di qualunque cerchia ristretta e settaria, ma bensì di avere la forza di non lasciarsi sedurre da tutto ciò che appartiene alla mentalità contraria a Dio.
Il Signore ama infinitamente ogni uomo e desidera che a tutti sia donato il Vangelo sull’esempio di vita di Gesù, il Logos.
Che differenza da Carmen che sosteneva: “Cristo non è modello di santità per nessuno”!
Significa
saper scegliere e discernere sul principio dell’amore e della giustizia, prendendo
le distanze dai pensieri che inducono a peccare. E in comunità non vi è modo di
spezzare le catene dell'errore, essendo che su di esso, sul peccato, è fondato
l'intero percorso neocatecumenale.
"Chi non pratica la giustizia non è da Dio":
sarebbe sufficiente questa frase del Vangelo per definire il cammino una
realtà senza Dio.
Riporto un esempio tra i più rilevanti, ma potrei consegnarne innumerevoli:
Kiko e Carmen hanno forgiato una dottrina immorale e perversa che reprime
l'idea della denuncia.
Tutti noi conosciamo, oramai perfettamente, quanta
pressione psicologica compiano i catechisti a danno dei fedeli che dipendono
dalla loro parola (senza nulla togliere alla responsabilità personale). Un
processo che nasce dall'alto, dai vertici del cammino neocatecumenale.
Come non alzare la voce contro questo abuso? Come si fa ad asservirsi al silenzio connivente dietro un obbligo o non obbligo giuridico? In quanti hanno compromesso la propria anima pur di non vivere una situazione conflittuale con i catechisti?
Evitare i rigori della giustizia non favorisce la consapevolezza del peccato e consente che il male proliferi e si diffonda. Ma, in effetti, se "il peccato è necessario" come comunica la ‘scienza kikiana’, perché mai imboccare la via della legalità e della redenzione spirituale?
Caro popolo di Kiko che ti sei piegato al compromesso riducendo la tua
coscienza ad una larva, ho una notizia terribile per te: Dio è garante e
difensore del grido soffocato degli innocenti!
Per questo motivo, se la Chiesa intende applicare contro l'abuso sessuale sui
minori il "principio di tolleranza zero", non può evitare di
indagare, scandagliare e studiare l'infido contesto neocatecumenale, giungendo
a identificare finalmente la vera personalità dei due fondatori del
contesto. E spero che la causa di canonizzazione intrapresa per Carmen sia il pretesto
necessario. Il cammino non è al riparo dalla Santa Giustizia!
In quel momento mi apparve chiara la motivazione per cui il simbolo del cammino
fosse una scala discendente conducente ad una palude mortifera. Se assimili
come precetto spirituale un'identità che non coincide alla figliolanza celeste,
assumerai di conseguenza una condotta depravata e viziosa che ti farà tollerare
addirittura la violenza inflitta ai piccoli. Ho visto intere comunità, formate
da uomini e donne d'ogni età, dar contro alla vittima di una violenza soltanto
perché era assetata di giustizia (inconcepibile per la concezione del ‘luogo’),
e sostenere l’adempimente del male perchè ricoprente il ruolo di catechista,
quindi percepito come prescelto dal Signore. A questo punto è lecito che mi
chieda di quale "signore" parlino. La risposta che mi son data è
raccapricciante.
Qual è la volontà di Dio, l'unica dotata di eternità? E’ la realizzazione in pienezza secondo il percorso di luce di cui Gesù è perfetto testimone: uomo
compiuto e vero Dio.
San Giovanni ci invita a ragionare sul fatto che sono presenti
fra noi molti falsi profeti, cioè coloro che rifiutano il messaggio che ci è
stato trasmesso nella fedele verità di Dio. Inutili sono le catechesi
acclamate con forza, le parole seducenti, vestite di false luci anche se
attraenti. L’unica Parola da seguire è quella di Gesù e in questa è necessario
rimanere per non essere ingannati.
“La vita si è manifestata, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi; ciò che abbiamo visto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. ” (I Giov 1, 2-3)
Comunione che per sua natura, provenendo dall’amore del Padre e manifestata a noi attraverso Gesù, non può che essere condivisa allo scopo di giungere tutti alla pienezza della gioia.
Gioia compiuta perché condivisa (e non settaria). Gioia secondo il pensiero di Dio e non secondo la mentalità del mondo (o di un vanesio - Kiko - che nutre un amore disordinato per il proprio bene al di sopra di altri beni superiori).
Gioia che non dipende dalle circostanze, dagli umori, dagli eventi ma dalla comunione con il Padre e con Gesù, che non trattiene nulla per se stesso, ma tutto si dona (e nulla ruba).
Gioia che è perenne perché non dipende dai fatti della storia (e dai giudizi o dalle condanne dei catechisti) ma solo dalla verità dell’Eterno e che ci introduce alla vita eterna, così come l’ha rivelata Gesù Cristo
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Approfondimento con l'aiuto di Sant'Agostino: https://www.augustinus.it/italiano/commento_lsg/index2.htm