martedì 31 gennaio 2023

La Chiesa Cattolica non è un gruppo né una cerchia unita da rapporti di amicizia

Riportiamo  da InfoCatólica un articolo intititolato "L'essere Cattolico e la "mia" comunità: la liturgia!" nel quale riconosciamo diversi espliciti richiami alla realtà del Cammino neocatecumenale in contrapposizione alla necessaria cattolicità  della Chiesa Universale.

L'autore dell'articolo, Javier Sánchez Martínez, sacerdote della diocesi di Córdoba, ordinato il 26 giugno 1999, Laureato in Teologia, con specializzazione in liturgia, ha tenuto vari corsi di formazione liturgica ed è stato docente per la formazione permanente della vita religiosa e consacrata e membro dell'équipe diocesana di liturgia. Si è spento all'età di 48 anni l'11 settembre 2021.  

Riportando questo suo articolo, ci uniamo al suo ricordo con la preghiera.


Le dimensioni della Chiesa sono universali: è cattolica perché è diffusa nel mondo, in tutte le nazioni, ed è qualitativamente cattolica, perchè integra tutti, uomini e nazioni, di culture, razze e lingue diverse. 

Nella celebrazione liturgica la Chiesa esprime la sua cattolicità, poiché in essa lo Spirito del Signore riunisce uomini di tutte le lingue nella professione della stessa fede, e da Oriente a Occidente presenta a Dio Padre il sacrificio di Cristo e si offre insieme a lui» (Giovanni Paolo II, Vicesimus quintus annus, n. 9).

È Cattolica fin dalla nascita – così la chiamano i Padri, così la descrive per primo  Sant'Ignazio di Antiochia -, non ama le barriere, le divisioni, le separazioni o i gruppetti isolati e compiaciuti che si considerano “cristiani perfetti”. " - Non è forse quello che è successo con Catari e Valdesi che disprezzavano gli altri? -.

È cattolica, e non settaria, perché è la Chiesa del Signore; è Cattolica, e non la somma di comunità, essendo Una fin dalla sua origine. La corretta comprensione della sua cattolicità avrà ripercussioni nel modello pastorale, nella vita quotidiana e nella stessa celebrazione della liturgia.

Le parole di Ratzinger spiegano la grandezza del Mistero della Chiesa:


“La Chiesa è inclusione dell'umanità nella forma di vita del Dio trinitario. Per questo non si tratta di un gruppo, di una cerchia unita da rapporti di amicizia; per questo non può essere una Chiesa nazionale né identificarsi con una razza o una classe; se le cose stanno come abbiamo detto, allora la Chiesa deve essere cattolica...

Diventare cristiano è unire: bisogna ricostruire l'immagine di Adamo, fatta a pezzi. L'essere cristiano non è un'affermazione di sé, ma una rottura seguita dall'emersione verso la grande unità che abbraccia l'umanità di ogni luogo e di ogni tempo. La fiamma del desiderio infinito non viene spenta, ma alimentata in modo che si unisca al fuoco dello Spirito Santo. 

Per questo la Chiesa non nasce come circolo, ma inizia cattolica: nel suo primo giorno parla in tutte le lingue, nelle lingue del mondo terreno. Era universale prima di dare origine alle Chiese locali. La Chiesa universale non è una federazione di Chiese locali, ma sua madre. La Chiesa totale ha partorito le Chiese particolari, e queste possono continuare ad essere Chiesa solo se si distaccano costantemente dalla loro particolarità e fanno quel passo in avanti che le inscrive nel tutto» [1].

L'invito a far parte del "club"
Come allarga l'anima questa cattolicità! Che respiro cattolico, che vasto orizzonte! La Chiesa è il contrario di chiusura e limite, di un piccolo gruppo. Non è un club, non richiede altro che la fede e il battesimo.

È cattolica nella sua origine e nella sua natura. Non è una federazione di Chiese locali né, quindi, una somma di comunità di comunità atomizzate - da dove viene una simile affermazione nel Vaticano II? -, con una propria vita autonoma. Non è la parcellizzazione, ma la totalità; non è esaltare la particolarità, ma integrare nella Comunione.

“La comunione è essenziale: a volte può essere meglio rinunciare a vivere in tutti i dettagli ciò che il vostro itinerario richiederebbe per garantire l'unità tra i fratelli che compongono l'unica comunità ecclesiale, di cui dovete sentirvi sempre parte”  

ha affermato Papa Francesco in un discorso [2]: rinunciare al particolare, ai propri segni particolari e identificativi, senza imporsi, per vivere in comunione!

Kiko assegna le zone da "evangelizzare"
per acquistare nuovi proseliti al Cammino
Non è comunitarismo, ma integrazione nella cattolicità e riflesso dell'essere cattolico in ogni cosa , in ogni Chiesa locale, in ogni parrocchia, nella sua vita, spiritualità e liturgia. La cattolicità risplende in tutto senza che nulla la adombra o la nasconda, esaltando ciò che è peculiare, l'opinione, il gusto, di ciascuno o di ciascuna comunità, associazione o Movimento.
Cattolicità nell'anima, nella mente, nella lingua, nella pastorale, nella missione, nella liturgia! Cattolicità nei metodi, nelle proposte, nella vita concreta delle comunità e delle parrocchie, senza settarismo o chiusura, né ricreare un cristianesimo adatto ai loro gusti, mode, sensibilità o opzioni!

La cattolicità è una nota determinante, è anche un'impronta, uno stile profondamente ecclesiale: 

Fa parte della costituzione della Chiesa, da un lato, il principio di cattolicità: nessuno agisce solo di propria spontanea volontà e del proprio genio; ognuno deve agire, parlare, pensare a partire dall'elemento comune del noi della Chiesa, elemento che è in relazione di scambio con il noi di Dio uno e trino...

I discorsi e le azioni cristiane accadono così: non essere mai solo me stesso. Diventare cristiano significa: accogliere in sé tutta la Chiesa, o meglio lasciarsi accogliere in essa dal di dentro. Quando parlo, penso, agisco, lo faccio sempre da cristiano in tutto e da tutto : così si esprime lo Spirito, e così convergono gli uomini” [3].

Questa cattolicità segna la vita liturgica: si accoglie la liturgia della Chiesa, si accettano fedelmente i suoi libri liturgici, si seguono le sue norme, si vive con il suo stesso spirito, si è fedeli ad essa. Detto con le parole del Vaticano II: "Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa... Appartengono quindi all'intero corpo della Chiesa, lo influenzano e lo manifestano" (SC 26).

A nessuno è consentito?
Ma a Kiko sì...
(MEME dei giovani neocatecumenali)
Dobbiamo assumere e adattarci a questo principio:

La Liturgia appartiene a tutto il corpo della Chiesa. Per questo motivo a nessuno è consentito, nemmeno al sacerdote, né ad alcun gruppo, di aggiungere, togliere o modificare alcunché, fatto a proprio insindacabile giudizio. La fedeltà ai riti e ai testi autentici della Liturgia è un'esigenza della “lex orandi”, che deve essere sempre in sintonia con la “lex credendi”” (Giovanni Paolo II, Vicesimus quintus annus, n. 10).

La liturgia non si manipola, né si cambia, si inventa o si trasforma secondo il gusto di ciascuno, né diventa un qualcosa di prodotto particolarmente nello stile di questi o di altri, qualcosa di umano, di gruppo, di comunità, diverso in ogni luogo.

Piuttosto , la cattolicità permea la vita liturgica , e permette a chiunque e in qualsiasi tempio di inserirsi e riconoscere la stessa liturgia e divenire parte di essa come membro della Chiesa mediante il battesimo. Ti senti uno degli altri, anche se sei uno sconosciuto, un ospite o uno sconosciuto, e non conosci nessuno personalmente. Ma sa che sta entrando nella sua Casa, riconosce come suoi quei riti liturgici, le loro forme esteriori, la loro sacralità, anche se non conosce la lingua, perché è la stessa liturgia in una parrocchia e in un'altra, in una diocesi e un altro, in una nazione e in un'altra...

E l'essere cattolico mi permette di entrare ovunque e sapere che ne faccio parte, di riconoscermi cattolico in quella liturgia, e non osservatore smarrito, fuori luogo , che assiste a uno spettacolo poco cattolico, incapace di partecipare e sentirlo come mio.

(Javier Sánchez Martínez)


[1] RATZINGER, J., “Lo Spirito Santo e la Chiesa”, in OC VIII/1, p. 478.
[2] Discorso ai rappresentanti del Cammino Neocatecumenale, 1° febbraio 2014.
[3] RATZINGER, “Lo Spirito Santo e la Chiesa”, p. 479.

sabato 28 gennaio 2023

Carmen, modello ed esempio di vita neocatecumenale; Carmen e le pecore perdute (riflessioni dal "Supplex Libellus").

 Carlos Metola, postulatore della causa di Carmen il 4 dicembre 2022  nel corso della cerimonia di apertura  della causa di beatificazione - nella grande sala del Polisportivo della Università Francisco de Vitoria di Madrid (***), addobbata come per le grandi occasioni con una  enorme tribuna rossa e sullo sfondo una gigantografia di una icona neobizantina di Kiko Argüello -  dà lettura del "Supplex Libellus".
Continuiamo con l'esame cominciato nell'articolo precedente.  

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"Carmen sapeva che il CN non si poteva vivere senza dei solidi pilastri che lei stessa viveva e trasmetteva ai fratelli delle comunità."

Carmen, santa di categoria superiore

Questa la poco convincente affermazione contenuta nel "Supplex Libellus" adulatorio per due motivi:

Che Carmen si offrisse come esempio, vivendo lei per prima (ma questo vale anche per Kiko) quanto richiesto ai fratelli per 'fare il cammino neocatecumenale'. Niente di più falso! Tutti sappiamo che Kiko e Carmen non hanno mai fatto il cammino per la loro vita. Non ne avevano bisogno, e non hanno avuto mai catechisti o maestri (in verità non hanno mai obbedito a nessuno e nemmeno erano sottomessi l'una all'altro o l'una all'altro - fate voi);

La descrizione che segue, degli esempi di santità di Carmen, sono quanto di più falso e travisato si possa immaginare. Basta scorrere gli enunciati di Metola e confrontarli con le abitudini e i modi della Carmen vivente per veder crollare miseramente il castello di fandonie che si sono ostinati a costruire da un minuto dopo la sua dipartita fino ad oggi.


Metola procede con l'elenco puntuale (min. 54:29) dei fondamentali neocatecumenali, riferendoli alla esperienza personale di Carmen:


Scenografia neocatecumenale


Primo:
"L'amore e la necessità della preghiera. Carmen pregava ogni ora del Salterio, le piaceva pregare e lo faceva le prime ore del mattino, sempre"

(Bah!) Ma noi sappiamo che a volte 'faceva lodi' anche alle due del pomeriggio (Carmen adattava tutto a sé anche gli orari liturgici, mentre lei non si adattava a niente e a nessuno).

Due:
"L'amore per i Sacramenti e soprattutto per l'eucarestia che frequentava ogni giorno e l'amore per la penitenza (breve pausa)... per la celebrazione penitenziale"

(N.B. qui Metola si affretta a precisare: penitenza intesa come penitenziale/a modo loro).

Basta guardare il video per cogliere tutto il disagio del postulatore davanti alla sua stessa inverosimile affermazione. Al punto che si premura di precisare, per scongiurare equivoci imbarazzanti!
Il postulatore parla di "penitenza", ma chiarisce subito che sta facendo riferimento alla celebrazione neocatecumenale detta "Penitenziale". Unica penitenza che conosca, essendo sommamente invisa a Carmen la "penitenza" intesa in senso stretto; quella penitenza tanto praticata dai santi veri per correggere il proprio carattere ribelle o le inclinazioni al male e al peccato, come la Chiesa insegna. Carmen da queste pratiche si è sempre tenuta alla larga, disprezzandole profondamente per la supina acquiescenza alle sue cattive inclinazioni, per le quali mai ha mostrato disagio o vergogna, men che meno pentimento.
Si guardano bene i suoi adulatori/falsi testimoni dal millantare simili pratiche da parte di Carmen! Niente di più lontano da lei. Sarebbe sfacciataggine sconfinata e lo sanno anche loro fin troppo bene! Tanto è indifendibile sotto questo aspetto, che lo tralasciano del tutto. Anche perché Carmen le penitenze, le mortificazioni, le discreditava apertamente sempre, essendo a suo dire inutili, false e bigotte. Utili al massimo a nutrire la pessima "superbia spirituale". Una bella scusa neocatecumenale per giustificare il loro progressivo diventare, con il passare degli anni, peggiori di quando avevano iniziato il cammino (e ne erano pure orgogliosi, era evidente). Si ammantavano di falsa umiltà: "sono un peccatore, il peggiore di tutti" (Kiko docet), umiltà pelosa. Tanto essere peggiori e gli ultimi che poi erano superbi lo stesso (i migliori!) superbi spirituali e materiali, altro che!

L'eucarestia, poi! (E' il colmo!) Che frequentava ogni giorno!
Ma quando? Ci chiediamo. Forse quando era giovane!?
Ricordo bene come l'eucarestia quotidiana non veniva inculcata neppure ai presbiteri R.M. che avrebbero dovuto celebrarla con zelo sacerdotale ogni giorno, per tutti i giorni della loro vita. (*)

E poi, che rispetto dimostrava Carmen per l'eucarestia?
Se usciva subito prima dell'offertorio, fuori dalla Tenda della Riunione, per fumarsi una sigaretta, approfittando dell'abbraccio di pace che puntualmente disertava? Prendendo due piccioni con una fava. Detestava il contatto con gli altri, salvo coi 'grossi' degni di lei.

Metola così continua:
"A questi due sacramenti Carmen ha dedicato molti anni di studio con i migliori libri cattolici e i teologi più preparati"
(Qui un sonoro BUUUM ci vuole proprio! Conosciamo le fonti della preparazione carmeniana e quali siano stati i suoi "maestri").
"Ha anche approfondito le radici ebraiche del cristianesimo... le feste ebraiche che sono le radici dei nostri sacramenti..."
(Anche questo sappiamo e fin dove si è spinta nella indebita contaminazione).

Tre:
"L'amore per le sacre scritture che conosceva perfettamente e leggeva per ore e ore... le sue bibbie tutte sottolineate".

Quattro:
"Costante studiosa della fede cattolica coi padri della Chiesa e magistero".

(Sempre a modo suo, selezionando e estrapolando anche dalle Sacre Scritture per il proprio tornaconto solo quanto poteva tornarle utile, come abbiam detto e dimostrato tante volte). Carmen non voleva essere ammaestrata, ma cercava conferme, allontanandosi sempre più dalla dottrina retta e perfetta. Presunzione smisurata, ancora una volta, e grande superbia alla base di tutto questo scempio!

Ci avviciniamo alla fine.


Maestra di dolcezza col prossimo



Metola tiene a testimoniare:
"l'amore speciale per le pecore perdute, Carmen chiamava i fratelli in crisi e li incoraggiava a incontrare nuovamente Gesù Cristo nei Sacramenti nella Parola e nella Preghiera, gli diceva di chiedere perdono" (58:40).

Conosceva tutti e si ricordava di tutti. Eh già! Carmen teneva tutti e tutto sotto stretto controllo. Non riconosco vere le parole del postulatore, ancora una volta. Il richiamo di Carmen (e di Kiko) per coloro che erano in crisi e si erano allontanati dal Cammino non era mai rivolto a ricercare Cristo nei Sacramenti, ma a "Fare il Cammino" e a sottomettersi all'"Obbedienza neocatecumenale" che è OBBEDIENZA cieca e assoluta a loro, gli iniziatori, itineranti e catechisti.
Questo ha insegnato Carmen ossessivamente: "Obbedienza e Stare Legati a NOI".(**) Questi i parametri di giudizio, questa la via e infine il recinto in cui dovevano rassegnarsi a vivere tutta la vita in perpetua cattività le pecore che erano andate fuori strada insieme alle pecore che mai avevano osato allontanarsi.
Stare Legati a NOI. "Voi dovete essere LEGATI A NOI". Bisogna forse averlo sentito dalla loro bocca per comprendere tutto il peso e la gravità assoluta di questa terribile asserzione che non conosceva eccezioni per nessuno e non faceva sconti. Ancor più grave perchè poggiata sulla totale rinuncia ad una pur minima indipendenza economica per coloro che decidevano di seguirli senza riserve (parlo degli itineranti che dovevano aver lasciato il lavoro, pur portandosi dietro 6 8 10 12 figli). Ti precludi ogni possibilità di ripensarci, di tornare alla tua vita che non esiste più.
Essere legati a loro significava aver tagliato i ponti definitivamente dietro di sè.
Per questo il Cammino è idolatria, perché mette "la creatura al posto del Creatore" e questo insegna. Perché non ti porta a Cristo, nonostante se ne riempiano la bocca. Perché, come la tua fede si rinsalda in Cristo sentono tremare la terra sotto i loro piedi, sentono di perdere il controllo; e sono dolori per gli adepti indisciplinati.
Non somigliano affatto ai veri santi e ai veri maestri nella fede che staccano da sé chi li segue - come Giovanni il Battista che ripete "Lui deve crescere ed io diminuire", che indica ai suoi discepoli il Cristo "Ecco l'Agnello di Dio!" e lui si fa totalmente da parte; come Sant'Agostino che conduce a scoprire in se stessi il "Maestro interiore" parlante nel profondo dell'anima di ogni uomo, in un rapporto intimo, personale, unico con ogni battezzato - che si rallegrano di vedere chi li segue camminare sulle loro gambe, progredire speditamente sulla via della perfezione (orrida espressione per Carmen!), della "santificazione personale", fino anche a diventare, magari, migliori di loro (questo più di ogni altra cosa era intollerabile per Carmen e per Kiko. Per questa malattia hanno lasciato al loro passaggio morti e feriti). (**)
Per chi fa il cammino il rapporto con il Signore ha sempre bisogno di un solo "mediatore" che sono loro, quando l'Unico Mediatore fra Dio e gli uomini è Cristo. Blaterano di "cristiano adulto" ma ti lasciano eterno infante; con loro sarai sempre un bambino e come tale sarai trattato. E neanche una volta finito il cammino si può prescindere da loro.
"Senza obbedienza il cammino non esiste"
ma poi questo vale anche per la Vita Cristiana, posta come traguardo di un itinerario neocatecumenale che mai finisce nella sostanza. Il Cammino dura per sempre.

Anche a Washington si sono laureati ma…

Che io mi ricordi tra loro, non c’era neanche un dottore”



Metola caro, diccelo tu! Che cosa ha studiato Carmen nella sua "vasta biblioteca di testi dei più cattolici"?

Università Francisco de Vitoria di Madrid (***)

sempre si ritorna sul luogo del delitto!



Qui i conti non tornano più. Le bugie hanno le gambe cortissime e non vi consentiranno di arrivare da nessuna parte!

Al finale Carlos Metola descrive il terribile quadro clinico di Carmen negli ultimi tempi, la descrizione del suo totale disfacimento (veniamo a conoscenza di cose che, finché Carmen era in vita, si sono guardati bene dal rendere di dominio pubblico e ci chiediamo il perché). Tutto solo per enfatizzare oggi una eroica e rassegnata sofferenza ignota a tutti fino a ieri, ma tanto necessaria perché l'agognata canonizzazione proceda spedita. Altre sono infatti le notizie trapelate sugli ultimi anni di Carmen e sugli ultimi momenti della sua vita. Notizie abilmente secretate, sperando scivolassero nell'oblio, insieme ai veri comportamenti di Carmen Hernandez. Come sempre!

Siamo davvero alla fine di questo penoso excursus e non possiamo non segnalare (dal 1:21:00 in poi) la chiusura in bellezza del Cardinal Osoro di Madrid, pietra incastonata sul diadema con cui hanno adornato Carmen.

Osoro fa di Carmen un ultimo elogio davvero rimarchevole.

Si vede che la conosceva bene anche lui la Carmen, se si sente in dovere di premettere che, a volte, era "politicamente scorretta", come suol dirsi! Un segnale, a mio modesto avviso, come a dire: Guardate che anche io ben la conoscevo!... Questo l'apripista di ciò che si appresta a dire all'assemblea.
E - dopo una rapida carrellata del rapporto di Carmen coi Papi che si sono succeduti, per dire che lei non ha amato questo o quel papa ma li ha amati tutti indistintamente perché lei era papalina a prescindere (altro carattere che potrebbe aiutare a proclamarla beata e poi santa, è chiaro) - racconta (da 1:24:21 in poi) che quando Carmen era già molto grave e stava a Madrid, il Papa Francesco le fece una telefonata e, per darle coraggio, le disse:
"Tranquilla Carmen, che l'erba mala non muore mai! Ora ti porto una sigaretta!".
A volte Papa Francesco è di una schiettezza unica.
Osoro - squallidamente e per dare la sua chiave di lettura - aggiunge:
"Fino a questo punto arrivava la sua confidenza col Successore di Pietro!".
Stendiamo, senza altri commenti, un manto pietoso su questa penosa pezza a colore peggiore dello strappo!
Fino a tal segno! Tanto in basso son disposti a scendere i Pastori! Per cosa? Ci chiediamo prima di chiudere il sipario su questa squallida sceneggiata.

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(*) Il Codice di diritto canonico al Can. 904 dispone:
“Memori che nel mistero del Sacrificio eucaristico viene esercitata ininterrottamente l’opera della redenzione, i sacerdoti celebrino frequentemente; anzi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale, anche quando non si possa avere la presenza dei fedeli, è sempre un atto di Cristo e della Chiesa, nel quale i sacerdoti adempiono il loro principale compito”.

(**) Papa Francesco. Angelus -Piazza San Pietro- Domenica, 15 gennaio 2023:

Giovanni Battista "non lega nessuno a sé".
"Giovanni il Battista ci insegna una cosa importante: la libertà dagli attaccamenti. Sì, perché è facile attaccarsi a ruoli e posizioni, al bisogno di essere stimati, riconosciuti e premiati. E questo, pur essendo naturale, non è una cosa buona, perché il servizio comporta la gratuità, il prendersi cura degli altri senza vantaggi per sé, senza secondi fini, senza aspettare il contraccambio. Farà bene anche a noi coltivare, come Giovanni, la virtù di farci da parte al momento opportuno, testimoniando che il punto di riferimento della vita è Gesù. Farsi da parte, imparare a congedarsi: ho fatto questa missione, ho fatto questo incontro, mi faccio da parte e lascio posto al Signore. Imparare a farsi da parte, non prendere qualcosa come un contraccambio per noi."

mercoledì 25 gennaio 2023

Dal felice connubio di Carmen e Kiko nasce la "nueva" creatura: il suo nome è Cammino Neocatecumenale (riflessioni dal "Supplex Libellus").

Il "Supplex libellus" è  un'istanza rivolta all'autorità religiosa; nel caso dei processi di canonizzazione, con esso viene richiesta l'apertura dell'inchiesta diocesana sulla vita, le virtù, la fama di santità e i segni del Servo o Serva di Dio.  
La richiesta viene solitamente  motivata con una presentazione del candidato e dei motivi per i quali si pensa sia degno di venir preso in considerazione e la sua causa vagliata.
Nel caso di Carmen  Hernández, il supplex libellus è stato presentato dal postulatore Carlos Metola direttamente all'arcivescovo di Madrid cardinal Carlos Osoro Sierra, alla scadenza dei 5 anni dalla morte di Carmen, il 19 luglio 2021 e letto integralmente il 4 dicembre 2022 nel corso della cerimonia di apertura  della causa nella grande sala del Polisportivo della Università Francisco de Vitoria di Madrid, addobbata come per le grandi occasioni con una  enorme tribuna rossa e sullo sfondo una gigantografia di una icona neobizantina di Kiko Argüello.
 
Carlos Metola, il  postulatore della causa di Carmen dà lettura del "Supplex Libellus": e riteniamo sia doveroso commentarlo punto per punto, perché raramente può  capitare di avere a  che fare con un documento che travisi in modo così plateale la realtà dei fatti, conosciuta da tutti coloro che hanno avuto una minima frequentazione con gli iniziatori  del Cammino neocatecumenale.
(Prima parte).

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Carlos Metola recita la solita litania, la solita storia narrata che conosciamo a memoria. Ma andando avanti la sua arringa si fa interessante sempre più. Metola scivola inesorabilmente nella enorme voragine delle loro consuete, vergognose menzogne. Dopo le mistificazioni delle origini che ben conosciamo si dispiega un racconto che non convince, o convince sempre meno, e lascia nello sconcerto chiunque li abbia conosciuti davvero, vivendo il cammino in prima persona.

Carmen e Kiko e l'incontro fatale

Kiko e Carmen finalmente si incontrano e la descrizione fatta dal postulatore dell'alchimia tra i due è esilarante. Intanto si rimarca con enfasi che Carmen perfeziona la sua superlativa formazione alla scuola del padre Farnes "gran liturgista" che la provvidenza proprio in quegli anni cruciali mette sul suo cammino. Anche qui la solita solfa!

Metola definisce "disegno di arte ineffabile" il fatale incontro tra Kiko e Carmen. Una Carmen tanto necessaria, con la sua "irresistibile chiamata all'evangelizzazione", consolidata dalla sua "grande preparazione" in campo teologico, spirituale e liturgico. E a noi viene la pelle d'oca (dal min. 48).


Scenografia neocatecumenale

Fondamentale il contributo di Carmen al piano preparato da Dio per la chiesa con Kiko Arguello che, per parte sua, concretizzava "la presenza di Cristo sofferente tra i più poveri e la capacità di riunire e creare piccole comunità" (secondo la rivelazione della Madonna di 5 anni prima, l'8 dicembre 1959).
Da questo connubio cosi speciale nasce il Cammino Neocatecumenale.
Cammino che si è diffuso in 135 nazioni, per un totale di 30.000 comunità in tutto il mondo, con 1 milione e mezzo di fratelli in 6800 parrocchie. 52 anni di costante attività evangelizzatrice. (*)

Diceva Carmen: "Questo non è il nostro lavoro, è Dio che lo porta avanti".
Ma non si è mai vista libertà in entrambi né distacco nel loro "servizio" di servi inutili. Allo stesso modo - per parte loro - non hanno mai lasciato libero nessuno di tutti quelli che li hanno seguiti. "Senza nessuno stipendio né alcuna sicurezza economica; vivendo di elemosina" (non c'è chi non vorrebbe vivere di elemosina come loro!).

Intanto Carmen, è risaputo, provvide a liberare e purificare Kiko dal cursillismo (oggetto di tutta la sua riprovazione, fondato com'era - a suo dire - su un volontarismo e sforzo di migliorarsi assolutamente da bandire. A conferma che senza di lei niente di buono, di innovativo, nel Cammino e nella Chiesa!) e dalla visione in cui lo trovò invischiato al tempo delle baracche, tutta incentrata sul "Servo di Jhavè" e lui tutto "mistico". La verità è che Carmen trovava Kiko patetico. In buona sostanza per Carmen - e nei suoi racconti lo ripeteva spesso - Kiko prima di conoscerla era completamente fuori strada ed egli deve a lei sola la sua "correzione" di rotta. Dall'unione di questi due, in cui è evidente chi tenga le redini in mano, nasce e si sviluppa il C.N. come noi lo abbiamo conosciuto (min. 49:36). In sostanza Kiko, secondo il pensiero tante volte espresso da Carmen, senza di lei non avrebbe fatto un bel nulla e, probabilmente, non sarebbe stato mai nessuno nella vita. Rinfacciava - all'ignorante - di avergli "servito il CVII su un piatto d'argento".

Quelli con cui Carmen ama collaborare

i Kiko e i padre Farnes

Quel Concilio stravolto dalla colta Carmen, col supporto dei padre Farnes di turno. Carmen amava circondarsi solo di chi suffragasse le sue tesi, disdegnando in toto il magistero bimillenario della Chiesa e chiunque provasse ad allargare i suoi angusti orizzonti; deragliando così, inesorabilmente, dalla dottrina cattolica e tirandosi dietro a precipizio nei suoi stessi inganni un popolo di creduloni, trascinati al contempo dal fascino delle trovate kikiane ribattezzate: Sintesi teologico catechetica e kerigmatica.

"Al Cammino Neocatecumenale Carmen ha contribuito con la sua teologia, l'intuizione, la ricerca e lo studio e Kiko con la realizzazione, l'architettare in una sintesi teologico catechetica e morale che attira i più lontani dalla Chiesa ed è valida anche per i battezzati tiepidi delle parrocchie ..." (parola di Metola per una descrizione completa).

Insomma, il C.N. è per tutti. E nessuno, se vuol essere "cristiano adulto", può sottrarsi...
E' opportuno ricordare qui - per completezza e senza tema di smentite - che Carmen definiva Kiko un gran teatrante e show-man che senza di lei nulla avrebbe combinato di duraturo (salvo che è da chiedersi cosa avrebbe combinato lei senza il suo attraente affabulatore, con indiscusse doti di leader e grande trascinatore di masse).
Kiko, secondo il Carmen-pensiero, tra il suo patologico YO YO YO e la sua predicazione basica, emotiva e ripetitiva, al massimo avrebbe messo in piedi una simpatica brigata di sfaccendati bohemien in fuga dalla loro storia e ripiegati su se stessi, che si divertono a giocare agli itineranti del Servo di Jhavè, scimmiottando in tutto il loro idolo indiscusso.
Senza la Pasqua che lei ha riscoperto dopo secoli di oblio, senza l'Eucarestia neocatecumenale che è una creatura della Carmen, la sua creatura: lo scempio più grande, in dispregio del supremo Sacramento dell'Amore (Dominicae coenae n. 5): 

"L'animazione e l'approfondimento del culto eucaristico sono prova di quell'autentico rinnovamento che il Concilio si è posto come fine, e ne sono il punto centrale. E ciò, venerati e cari fratelli, merita una riflessione a parte. La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo sacramento dell'amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andare a incontrarlo nell'adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo. Non cessi mai la nostra adorazione." Così il Papa da Carmen più amato, Giovanni Paolo II.

Vedete che millantano?

Doveroso per loro, lo ripetiamo, ricordare i numeri del Cammino (dal min. 50:49)
Metola non può certo tralasciare! "

"Il C.N. è diffuso in più di 135 nazioni per un totale di 30.000 comunità in tutto il mondo, con un milione e mezzo di fratelli in 6.800 Parrocchie."
Ancora solo un milione e mezzo di fratelli? Da troppo tempo non vanno oltre.
Per quanto si sono sbattuti e hanno millantato... un pò pochino, direi... Noi constatiamo, ancora una volta, che questi numeri più o meno sono sempre gli stessi ormai da molti anni, con qualche forzatura e con variazioni minime. Un poco su un poco giù, gonfia di là e gonfia di qua. In ogni caso, conoscendoli, sono certamente da stimare al ribasso. E i Seminari R.M. in proporzione sono troppi, le vocazioni scarseggiano. Ma intanto riescono a tenere ancora in piedi la baracca coi soldi dei fratelli. Almeno così pare.

Ma l'apice assoluto Metola lo tocca quando, descrivendo l'indefessa attività di evangelizzazione dei due, protrattasi per 52 anni di ininterrotta, turbolenta collaborazione, aggiunge:

"senza nessuno stipendio, nè sicurezza economica, vivendo di elemosina" (min. 51:59)."Eroica attività evangelica senza avere dove posare il capo." (min. 52:22) (*)
Quando è sotto gli occhi di tutti la virata a 180° dai poveri più poveri ai ricchi più ricchi, avendo il Cammino privilegiato e abbordato, al posto dei poveri, le parrocchie dell'alta borghesia per attecchire nella Chiesa. E' bene sapere che Kiko e Carmen hanno avuto a disposizione per tutta la vita alloggi più che decorosi. A Roma hanno vissuto a lungo in una villa con giardino di una facoltosa vedova dei Martiri Canadesi, dentro la città, fino a quando hanno ottenuto un appartamento tutto per loro sotto i portici del Vaticano (dove si son fatti conoscere anche per le casse di vino pregiato che regolarmente arrivavano per approvvigionarli, e non solo per le eucarestie; per gli schiamazzi frequenti e il grande movimento e andirivieni continuo di una corte di fedeli kikos adoranti).
A Porto San Giorgio l'appartamento sopra il Centro Internazionale era tutto per loro, con servitù inclusa a disposizione, anche quando volevano recarsi lì, a prescindere dalle convivenze di itineranti, magari per un periodo di meritato riposo o vacanza. Credo che lo stesso fosse in Spagna a Madrid o in qualunque altro posto desiderassero andare. Dovunque avevano dimore pronte ad ospitarli da "figli di re", come amavano definirsi per giustificare se stessi e l'opulenza che li precedeva e seguiva ovunque. "Dio ricolma di benedizioni i suoi servi"... non mancano di nulla. A parte che per le vacanze potevano disporre di altrettante ville al mare in Calabria, ad esempio, o sulle Dolomiti o dovunque avessero desiderio di recarsi, in Austria, in Germania o in Veneto. 

Stefano and Kiko, i due compari

Kiko amava l'alta montagna e andare a pescare in ameni laghetti in compagnia di Stefano Gennarini, responsabile storico di tutto l'est Europa e soprannominato "zar di tutte le Russie", un clone di Kiko. Carmen, che mai andava con loro preferendo Madrid d'estate, li appellava in tutti i modi, accusando di sentirsi esclusa dal loro rapporto esclusivo. Si divertiva a definirli "i due fidanzati"; "sembrate due gay" spesso affermava, ridendo, davanti a tutti, e accusava Stefano di chiamare sempre Kiko a telefono e parlare per ore con lui invece che con l'equipe intera, escludendo lei dalle decisioni. Quando Carmen si dilungava in queste accuse in pubblico Kiko, sconfortato, ripeteva invano "Carmen, Carmen, smettila!... che santa pazienza con questa donna!".
Dopo le baracche la povertà non l'hanno mai più conosciuta davvero. E, se "vivere di elemosina", significa vivere di elemosina, certo la loro vita non è stata quella. Non hanno vissuto Kiko e Carmen di quello che veniva offerto loro. Hanno avuto molte pretese e "giudicato" chi non era in grado di soddisfarli a dovere. Hanno appesantito i fratelli con sensi di colpa inculcati da una predicazione incalzante e ossessiva sul tema "mollate il malloppo", così come tante volte documentato.
In quest'arte Kiko è stato maestro. Ma Carmen gli stava dietro da par sua.

L'altro tratto delle pretese più strettamente personali, invece, era molto più di Carmen che di Kiko, è da dire. Lei è stata sempre molto più esigente per se stessa, sfrontata anche, con richieste a volte difficili o molto complicate da soddisfare. Ma lei non faceva sconti. Tutto le era dovuto. Fino al punto che, se qualcuno osava recarsi in udienza privata da loro (che già era una gran concessione graziosamente concessa a pochi privilegiati) a mani vuote, glielo faceva pagare caro e amaro. Poi non è che si accontentasse della qualunque. Se il dono, sempre di un certo valore, non era di suo gradimento, lo rispediva al mittente. E la parola "grazie" non l'ho mai sentita uscire dalle sue labbra. Qualunque cosa facessi non facevi mai abbastanza.
So quel che dico, sfido a smentirmi, per esperienza personale e per quel che ho visto come testimone oculare.

Ospitarli significava anche solo dover cucinare cose diverse per l'uno e per l'altra (neanche sul mangiare andavano d'accordo) e anche in orari diversi. Con infinita gratitudine per essere angariata (a tanto si arriva per devozione assoluta) ho sentito definire Kiko 'difficile' (pover'uomo!) e Carmen 'capricciosa' da chi tanto devotamente li accudiva. Pur seriamente provata da un mese di convivenza era immensamente grata a Dio di poter servire due "santi" pieni di difetti. Carmen era così, non aveva orari, la notte era uguale al giorno e se quando si alzava al mattino aveva un'impellenza, tutti dovevano attivarsi per soddisfarla. E non era detto ci riuscissero. E parlo anche di desideri squisitamente materiali, come il dover acquistare un abito particolare o qualche monile ad esempio. Carmen amava recarsi al mercato il giovedì a Porto San Giorgio, e puntualmente disertava l'assemblea arrivando con comodo quando le pareva e sempre in gran ritardo.
Kiko
chiedeva: "Dov'è Carmen? Perché non scende?" E qualcuno all'orecchio gli sussurrava. "Kiko, è andata al mercato (o... dal parrucchiere)".
Perché lo so? Mi chiederete.
Perché qualche volta Kiko perdeva proprio la pazienza e, vedendola arrivare con un insolito camicione di lino fresco molto colorato piuttosto che con la messa in piega appena fatta, tutta allegra e pimpante, l'apostrofava: "Carmen, ma proprio al mercato dovevi andare?". E lei: "Sempre meglio che stare qui a sentire te dire sempre le stesse cose, il solito compact disc. Oggi quale hai messo? L'1, il 2 o il 3?" ...e rideva e rideva...
...Certo, erano simpatici pure. E divertenti. L'assemblea si sbellicava grata.

Ma non ci dica Metola che Carmen avesse a cuore solo Gesù Cristo. (dal min 53 in poi).
(al min. 53:45) "Nel mondo nulla la attrae, non desidera essere circondata da persone, pensa solo a Lui, a stare sola con Lui.".

Ma se non bastavano due persone fisse per servirla? Certo, voleva star sola, perché è sempre stata poco socievole e trattava chi le stava devotamente accanto con arroganza tante volte, con un senso di superiorità e sufficienza sempre, quasi si concedesse loro. Voleva essere servita ma non infastidita... Riferisce Metola che ella scrive: "finalmente sola con te", e noi ci leggiamo il sollievo di chi è strutturalmente asociale e neanche prova a dissimularlo.

Perché non gliene frega proprio niente né degli altri, che per la gran parte disprezza, né di cosa si pensi di lei. 
 
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Da Valentina Giusti:

Dice Metola di Carmen: "senza nessuno stipendio, nè sicurezza economica, vivendo di elemosina".
L'articolo spiega invece anche troppo bene la realtà: i due iniziatori vivevano alle spalle dei propri "fratelli": da quando in qua un mantenuto si dice che vive di elemosina?
Ma soprattutto, da quando in qua una elemosina viene pretesa in modo scientifico così come vengono riscossi i soldi nel Cammino e permette a chi la riceve di vivere in modo molto più agiato della maggior parte di coloro che l'elemosina invece la danno? Se si verifica un caso del genere, il mendico in realtà viene definito, a buona ragione, un truffatore!
Inoltre: non ci risulta che nessuno dei due avesse rinunciato all'eredità familiare; in particolare Carmen, figlia di industriale, alla morte del padre scrisse a Kiko che a lei non interessava l'eredità, ma la ricevette comunque. Come si può definire una persona ricchissima che sia nel pieno possesso dei propri beni e viva invece alle spalle altrui?
E proprio alla luce di questa ricchezza comprendiamo anche il perché del travagliato connubio tra i due sorto e durato tanto a lungo: Carmen era teologa, ma in primo luogo era una ereditiera, a cui il padre voleva comprare un convento per soddisfarne i capricci: Kiko, per quanto non facesse del pauperismo, sicuramente costava meno.
Per cui sentir dire che i due profittatori del buon cuore o della dabbenaggine altrui vivessero "di elemosina", fa montare il sangue alla testa. Allora possiamo dire che anche Sai Baba, che ha lasciato una eredità di 12 miliardi, vivesse di elemosina: elemosina che fu in parte devoluta per iniziative benefiche, tra l'altro: iniziative che i due non pare proprio abbiano mai intrapreso.

domenica 22 gennaio 2023

Sulla pratica della “circoncisione del cervello” richiesta agli aderenti del Cammino

Molti anni or sono, insieme a due miei amici, fui invitato a pranzo da cinque di studentesse di Comunione e Liberazione che condividevano un appartamento, con cui eravamo impegnati in un progetto diocesano.

Le differenze di sensibilità tra i due gruppi apparvero evidenti, ma anche arricchenti.

Esse erano più sensibili all’impegno sociale e politico, noi davamo più importanza alle pratiche interiori, ma non c’era incompatibilità tra le due cose. Emersero solo delle “stranezze”, sia da parte loro che da parte nostra.

Quello era il giorno dell’arresto di Enzo Tortora e quando, mentre eravamo a tavola, al telegiornale fu data la notizia, le ragazze manifestarono una più che viva soddisfazione, cosa che mi sorprese e di cui non mi spiegavo il motivo, mentre noi destammo il loro sconcerto affermando che, se il Papa avesse detto che il Sole non c’era, anche se lo vedevamo, per noi non c’era perché, semplicemente, non c’era.

Pensavamo di mostrare una fede matura e invece mostrammo solo un umanissimo e ridicolo fideismo.

Per dirla con un’espressione tipica del Cammino, avevamo “circonciso il cervello" e, di conseguenza, avevamo contraddetto la dottrina cattolica secondo cui la fede riguarda la Rivelazione divina e non la cosmologia, e supera la ragione, ma non la contraddice.

Infatti, ciò che è irragionevole non ha nulla a che fare con la fede. Parola della Chiesa.

Ma nel Cammino sembra che dell’irragionevolezza se ne faccia una prova di fede, così come versare la decima all’organizzazione sarebbe una prova di avvenuta conversione, come se i farisei non versassero scrupolosamente la decima.

Gli ultimi Papi hanno più volte fatto appello alla ragione.

Ad esempio spesso hanno detto che non si può uccidere in nome di Dio: così facendo volevano invitare i non cristiani a interpretare le scritture sacre delle loro religioni senza "circoncidere il cervello".

Desideravano che i non cristiani aderissero a una religione davvero naturale e quanto più possibile ragionevole: anche se non ancora illuminata dalla fede in Cristo, almeno che non fosse fideista e fondamentalista.

Fideismo e fondamentalismo, infatti, non solo manifestano aspetti di religiosità naturale, ma anche la corruzione della natura. Cioè il fideismo e il fondamentalismo, non solo sono prodotti dell’uomo, ma sono anche prodotti sbagliati e perversi. E questo anche in ambito cristiano.

La fede e la ragione sono come le due ali
con le quali lo spirito umano s'innalza
verso la contemplazione della verità.
Cerchiamo ora, attraverso un “gioco” che non ha nessuna pretesa di scientificità, ma che piuttosto assomiglia a un’allegoria, di visualizzare il perché, se manca la ragione, manca anche la fede, e più manca la ragione, più manca la fede, quella vera.

Supponiamo che il mondo dei sensi si possa rappresentare come un mondo a una dimensione, che può essere visualizzato con una linea: ciò che si vedrebbe in tale mondo sarebbe un punto, perché una linea è un insieme di punti e davanti a noi non ci potrebbe essere altro che un punto.

La ragione, invece, è come un mondo a due dimensioni, cioè è come un piano, che ha sia la lunghezza che la larghezza, come un foglio di carta.

La ragione allora, che usa i sensi per conoscere, può dedurre e ipotizzare la realtà cosi come un paesaggio può essere riprodotto su un foglio di carta.

La fede invece comporta una terza dimensione, che è superiore alla natura del piano e che perciò può essere solo data da ciò che è invisibile dal un piano: con tre dimensioni le realtà si manifesta nella sua essenzialità così com’è, perché rivela la “verità tutta intera”.

Di conseguenza, se manca la seconda dimensione spaziale, non si può avere una visione a tre dimensioni. Cioè: se manca la ragione, non si può avere la fede.

Lo dimostrano i bambini piccoli che, sebbene col Battesimo abbiano avuto la fede in dono, proprio come gli oggetti in oro ricevuti in dono, non possono farne uso. Cioè: per conoscerla e per annunciarla hanno bisogno dell’uso della ragione, senza la quale non c’è testimonianza orale.