mercoledì 29 giugno 2022

Repetita iuvant? Ennesima tirata d'orecchie da Papa Francesco

Glielo aveva detto a meno di un anno dalla sua elezione al soglio Pontificio, nel 2014, il primo febbraio; ripetuto il 18 marzo del 2016; ribadito il 5 maggio 2018, per il 50esimo del Cammino neocatecumenale a Tor Vergata; lunedì 27 giugno 2022, tre giorni fa, nell'aula dedicata a san Paolo VI, dove persino i muri hanno recepito quei semplici concetti,  papa Francesco, reggendosi a fatica con il bastone e con l'ostinazione che gli è  propria, ha dovuto ripeterlo ancora una volta: evangelizzare non vuol dire conculcare, non vuol dire snaturare, non vuol dire portare se stessi, non si fa senza la Chiesa o nonostante la Chiesa. Se no, è chiaro per noi, per i neocatecumenali immaginiamo ancora no, non si può essere dono per la Chiesa, come rivendicato da Kiko Argüello nella sua introduzione (rigorosamente scritta).
 
Per questo papa Francesco ha fatto un discorso interamente a braccio, come ha fatto notare esultante Salvatore Cernuzio su Vatican News: ormai questi rimproveri ai neocatecumenali può ripeterli a memoria, senza bisogno di appunti scritti....

Riportiamo perciò l'asciutto discorso papale, questa volta senza neppure le rassicurazioni con cui i pontefici contemperano i richiami e le tirate d'orecchio, con una semplice esortazione finale ad "andare avanti", un riconoscimento alla generosità dei cuori di chi si mette a disposizione, e un'ultima ammonizione a sentire su di sé lo sguardo di Gesù (non di altri) che li invia a predicare e a obbedire alla Chiesa (non ad altri).

 


DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALLE COMUNITÀ NEOCATECUMENALI
Aula Paolo VI
Lunedì, 27 giugno 2022


Abbiamo sentito la missione di Gesù: “Andate, date testimonianza, predicate il Vangelo”. E da quel giorno gli apostoli, i discepoli, la gente tutta è andata avanti con la stessa forza di quello che Gesù aveva dato loro: è la forza che viene dallo Spirito. “Andate e predicate… Battezzate…”.
Ma sappiamo che, una volta che abbiamo battezzato, la comunità che nasce da quel Battesimo è libera, è una nuova Chiesa; e noi dobbiamo lasciarla crescere, aiutarla a crescere con le proprie modalità, con la propria cultura… È questa la storia dell’evangelizzazione. Tutti uguali in quanto alla fede: credo in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, il Figlio che si è incarnato, è morto e risorto per noi, lo Spirito che ci aiuta e ci fa crescere: la stessa fede. Ma tutti con la modalità della propria cultura o della cultura del posto dove è stata predicata la fede.
E questo lavoro, questa ricchezza pluriculturale del Vangelo, che nasce dalla predicazione di Gesù Cristo e si fa cultura, è un po’ la storia della Chiesa: tante culture ma lo stesso Vangelo. Tanti popoli, lo stesso Gesù Cristo. Tante buone volontà, lo stesso Spirito. E a questo siamo chiamati: andare avanti con la forza dello Spirito, portando il Vangelo nel cuore e nelle mani. Il Vangelo di Gesù Cristo, non il mio: è di Gesù Cristo, che si adegua alle diverse culture, ma è lo stesso. La fede cresce, la fede si incultura, ma la fede è sempre la stessa.
Questo spirito missionario, cioè di lasciarsi inviare, è un’ispirazione per tutti voi. Vi ringrazio di questo, e vi chiedo docilità allo Spirito che vi invia, docilità e obbedienza a Gesù Cristo nella sua Chiesa. Tutto nella Chiesa, niente fuori dalla Chiesa. Questa è la spiritualità che deve accompagnarci sempre: predicare Gesù Cristo con la forza dello Spirito nella Chiesa e con la Chiesa. E quello che è il capo – diciamo – delle diverse Chiese è il vescovo: sempre andare avanti con il vescovo, sempre. È lui il capo della Chiesa, in questo Paese, in questo Stato…
Andate avanti. Coraggio! Grazie della vostra generosità. Non dimenticatevi dello sguardo di Gesù, che ha inviato ognuno di voi a predicare e a obbedire alla Chiesa. Grazie tante!

 

Inculturazione in salsa neocat:
bambini coreani festeggiano l'arrivo dei re magi alla Domus

Anche dopo quest'ultimo, chiarissimo, articolato rimprovero, siamo convinti che ci sarà più  di un neocatecumenale che verrà a commentare essendo convinto di aver ricevuto soltanto l'ennesima approvazione; riportiamo quindi e facciamo nostra già in anticipo la risposta data da Lino Lista ad un fratello del Cammino che "credeva" senza probabilmente aver prima ascoltato.

Io Credo che voi oggi stiate confermando la natura del CNC: incorreggibile.

Io Credo che voi:
 
  • non lascerete a casa le suppellettili di Kiko
  • non rinuncerete ai trionfalismi
  • continuerete a pretendere di dettare il passo agli altri
  • continuerete ad isolarvi e a voler imporre il vostro senso di marcia
  • continuerete a voler fare i maestri e non i discepoli
  • continuerete a non rispettare (perché non le amate) le culture e le tradizioni dei popoli,   pretendendo di evangelizzare partendo dai vostri modelli prestabiliti, dai vostri schemi e teorie
  • ancora crederete che lo Spirito Santo non vi anticipa ma viene assieme a voi;
  • pretenderete sempre che il cammino degli altri debba essere identico al vostro, tappa dopo tappa, mamotreto dopo mamotreto.


Queste considerazioni, naturalmente, sono mie invenzioni, perché a voi il Papa ha dato solo totale approvazione.

Meritate tutta la disapprovazione che riscuotete all'esterno delle vostre salette.

Neocatecumenali in Danimarca, Tanzania
Colombia, Libano: scopri le differenze...

Facciamo nostra l'analisi di A. Non.

Proviamo a tradurre il discorso del Papa per i fan de "il Papa ci loda!"
"La Chiesa chiede al Cammino, quando non sa cosa fare (cit. 2021)!"

1. La comunità che nasce da quel battesimo è libera = non è una serva del Cammino

2. Dobbiamo lasciarla crescere = non li soffocate subito con le vostre catechesi iniziali e non vi appropriate di queste persone come al solito

3. Il Vangelo di Gesù Cristo, non il mio = bruciate quegli accidenti di mamotreti una buona volta, meglio per voi se lo fate prima che scoppi uno scandalo sulla stampa mainstream.

4. Questo spirito missionario, cioè di lasciarsi inviare, è un’ispirazione per tutti voi. Vi ringrazio di questo, e vi chiedo docilità allo Spirito che vi invia, docilità e obbedienza a Gesù Cristo nella sua Chiesa. Tutto nella Chiesa, niente fuori dalla Chiesa. = Kiko deve sistemare le bandierine e voi ci credete veramente. Va bene, partite allora, ma non combinate disastri come avete fatto in Giappone. Rimanete fedeli alla Chiesa e non a Kiko

5. E quello che è il capo – diciamo – delle diverse Chiese è il vescovo: sempre andare avanti con il vescovo, sempre. È lui il capo della Chiesa, in questo Paese, in questo Stato… = come in Giappone, appunto, ve lo ridico, cercate di capire. E smettetela di dire cose come "Siamo andati a Vescovi!", "Animo, che i vescovi vanno a obbedire a noi!" che poi lo veniamo a sapere fino in Vaticano.

6. Non dimenticatevi dello sguardo di Gesù, che ha inviato ognuno di voi a predicare e a obbedire alla Chiesa. = ve lo dico un'altra volta sperando che finalmente la capiate: OBBEDIRE, non comandare.

Il "giogo soave"

Per chi non avesse voglia o tempo di visionare il video dell'udienza dello scorso lunedì 27 giugno (che comunque è breve), riportiamo qui di seguito gli avvenimenti  salienti.

Canto d'ingresso: Benedetta sei tu Maria (tutti i canti sono urlati e stonati).

Il Papa entra nell'aula e stringe la mano a Kiko, don Pezzi e Ascension.
Applauso.

Il Papa fa il segno di croce.

Kiko introduce (leggendo). Saluta i vescovi, arcivescovi, membri del dicastero per i laici la famiglia e la vita presenti.
Dà una notizia che "sappiamo La renderà felice: la diocesi di Madrid ha fatto sapere che prossimamente sarà avviato in modo ufficiale il processo di canonizzazione di Carmen" (ne davano per certo l'avvio a settembre scorso).

"Applauso a Carmen!".
Rapidissima presentazione delle famiglie a partire dalle famiglie che erano in Ucraina "e che stanno desiderando di tornare" e di quelle destinate alla Cina che non possono rientrare per motivi sanitari, con un applauso per ogni continente.

Kiko fa alzare anche i catechisti itineranti responsabili delle nazioni, i presbiteri e i seminaristi. Nominati i seminaristi e formatori in partenza per il Seminario di Macao.

Per fare numero, le comunità di Roma.

Di seguito Kiko legge una presentazione del Cammino Neocatecumenale che porterebbe ad una "fede adulta".

In piedi, si canta l'inno allo Spirito Santo, quello composto da Kiko in cui lo Spirito Santo "è un giogo" che "ci insegna ad essere pazienti con i nostri peccati".

Un sacerdote legge cantando un brano dal Vangelo di Matteo.
Discorso del Papa.
Kiko subito dopo prosegue con "diamo un canto a la Virgen" e si canta il Salve Regina dei Cieli (anch'esso con il testo modificato per farci entrare l'onnipresente cammino).

Il Papa legge la preghiera sulle famiglie "inviate secondo le necessità  delle Chiese particolari".

Kiko ordina di "arrodigliarsi" (inginocchiarsi):  momento di grande confusione tra i camminanti  non abituati a piegare le ginocchia. Sempre Kiko ordina: "in ginocchio! Tirate fuori la croce! (Sogghignando) Che si vedano le vostre croci!".
Il Papa le benedice: "fa che si impegnino a rinnovarsi nell'immagine del Tuo Figlio".
In seguito 5 famiglie si accostano, una alla volta, al Papa, in rappresentanza di tutte le presenti, quantificate in 430. Poi è la volta dei presbiteri, mentre risuona il canto martellante  "andate ed annunciate ai miei fratelli che vadano in Galilea".

Il Papa saluta i vescovi e i membri del dicastero per i laici presenti ed esce dall'aula.

Infiorata neocatecumenale Vs. infiorata cattolica

Nel frattempo, all'incontro mondiale delle famiglie  a Roma dal 22 al 26 giugno chi ha partecipato? Ma naturalmente, quei bigottoni della Messa delle 12!

domenica 26 giugno 2022

Roma: abusi sessuali di un "catechista" neocatecumenale ai danni di una adolescente nella parrocchia Santa Rita da Cascia a Casalotti. Aggiornamento: Il catechista va a processo.

Di qualche giorno fa, la notizia di evoluzioni di una delicata vicenda di molestie su una giovane figlia del Cammino, di cui avevamo parlato QUI.


Estratto da  "Il Messaggero" del 20/06/2022  : Roma, abusi su una minorenne: catechista va a processo.

Le presunte violenze durante un corso post cresima seguito tra il 2009 e il 2014

Avrebbe approfittato del suo ruolo di responsabile spirituale per abusare di una ragazza, che gli era stata affidata per un percorso appena successivo alla cresima. E le presunte violenze, per la Procura, si sarebbero protratte per quasi cinque anni: dal 2009 al 2014. Per questi fatti, G.V., una sorta di catechista della III comunità neocatecumenale della chiesa di Santa Rita da Cascia, a Casalotti, è finito a processo davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Roma. L'accusa contesta all'imputato la violenza sessuale, ai danni di una adolescente romana. 

Ieri, a piazzale Clodio, è stato sentito uno dei primi testimoni, un sacerdote all'epoca dei fatti responsabile della parrocchia: 
«Quando venimmo a sapere quanto era successo parlai con la ragazza, era molto scossa. ha dichiarato il teste in aula - Lui ammise la relazione, ci disse di essere pentito e chiese perdono, noi decidemmo subito di sospenderlo. Lui confessò di aver avuto una storia con la giovane ma i contorni erano sfocati, mi sembrò di capire che la storia era iniziata quando lei era minorenne. Chiese perdono e noi gli consigliammo un periodo di separazione dalla comunità. Da quello che ho capito c'era stato un legame, un trasporto, però non so dire di che genere.»

Le prime molestie, per i pm, sarebbero iniziate quando la vittima aveva 14 anni compiuti, nel 2009. E la vicenda si sarebbe aggravata sempre di più con il passare degli anni, senza che nessuno della parrocchia si accorgesse di quel legame particolare.

GUIDA SPIRITUALE
La giovane, intimidita dal ruolo di guida spirituale che l'uomo rivestiva e dal fatto che gli stessi genitori facevano parte della comunità neocatecumenale, avrebbe tenuto tutto per sé il terribile segreto. Gli abusi, secondo quanto ricostruito in fase d'indagine, sarebbero avvenuti proprio alla fine degli incontri post-cresima in chiesa, tenuti dall'imputato. 

L'uomo, spesso, si sarebbe offerto di accompagnare a casa l'adolescente, anche perché aveva un rapporto d'amicizia con i suoi genitori. La famiglia della ragazzina si fidava di lui. Ma proprio durante quel tragitto in auto, il suo responsabile spirituale avrebbe approfittato di trovarsi da solo con lei per molestarla. 

Violenze che la giovane avrebbe avuto il coraggio di confessare alla sua famiglia solo alcuni anni dopo. Metabolizzare il trauma per la ragazzina era stato doloroso ma i genitori, una volta raccolte le confidenze della figlia, l'avrebbero subito convinta a trovare la forza per denunciare le molestie ai carabinieri della stazione Casalotti. 

Per lei era stato come liberarsi da un peso enorme, sopportato per anni. A quel punto, i militari dell'Arma avrebbero riscontrato punto per punto tutto quello che aveva riferito la vittima. Poi, nel 2020, la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm titolare del fascicolo, Eleonora Fini. Nella prossima udienza, fissata il 24 gennaio, verranno sentiti dal Tribunale altri testimoni dell'accusa.



Qualche osservazione da parte nostra.

Ci lascia interdetti il fatto che il presbitero (neocatecumenale?) sfumi la vicenda in "relazione dai contorni sfocati", quando si tratta di un padre di famiglia che insidia una quattordicenne. Nella denuncia ai Carabinieri, riporta la stampa, si parla esplicitamente di violenze. Attendiamo quindi lo svolgimento del processo, augurandoci che verità e giustizia siano ristabilite. Auguriamo ogni bene alla giovane donna, che ha trovato il coraggio di parlare, così come le auguriamo il conforto necessario per affrontare questa fase, oltre ad un futuro sereno.

Santa Marina

A lato, desideriamo inoltrare un messaggio a tutti i giovani (ragazze e ragazzi) che ci leggono e che nel chiuso delle comunità, sotto il tabù dei numerosi arcani neocatecumenali, dovessero trovarsi nelle stesse condizioni. O ai loro amici, che in certi casi possono più che gli adulti. 

Sappiamo che nelle comunità non è rara la compresenza di adulti e giovanissimi. Questa mescolanza imprudente può dar luogo a situazioni ambigue tra "fratelli e sorelle" con età ed esperienze di vita molto diverse e, in alcuni casi, può portare all' innescarsi di relazioni pericolose in cui solitamente il più piccolo e meno maturo è la vittima ed il più adulto e con più carisma all'interno del gruppo, il carnefice. 

Il perdonismo neocatecumenale, insieme all'obbligo di condividere con la comunità aspetti intimi della vita che dovrebbero essere enunciati (molto pudicamente) solo al confessore, possono far scattare, in soggetti già squilibrati e dalla vita sentimentale torbida, il riflesso dello stalker di minori e dell' aggressore morale o fisico.

E non è raro che l'adulto utilizzi argomentazioni di tipo religioso a conforto delle proprie mire di abuso di potere e sessuale nei confronti del più giovane. Può accadere che l'adulto si prodighi con tutte le armi della manipolazione psicologica per esercitare una fascinazione nei confronti del giovane, che lo coinvolga per poi incolparlo, che lo faccia scivolare in una relazione di dipendenza. Il giovane può quindi ritrovarsi con la coscienza irretita, nel controsenso più completo.

Un primo e faticoso intervento si svolge all'interno della coscienza della vittima: bisogna giudicare, operazione fino a quel momento proibita, per ristabilire i ruoli. Un adulto, magari sposato e con figli, che assume comportamenti moralmente illeciti e formalmente illegali, ha torto marcio, va fermato e va punito. Non importa quanto la giovane vittima abbia taciuto sulla situazione o l'abbia accettata, per motivi diversi. Non è colpa della vittima - e non è vero neppure il mito che la colpa vada sempre divisa a metà.

Chi si trova vittima di una situazione del genere deve innanzitutto mettersi in sicurezza e chiudere ogni canale di relazione con questo adulto e con tutti quelli che lo spalleggiano. 

Non importa se i catechisti blaterano di amore di "dio" per il violentatore della propria prole, di non resistenza al male, di perdono, inteso come "non denunciare" o addirittura di andare a chiedere perdono al colpevoleNon stanno dicendo una verità ispirata dall'alto ma stanno copiando roboticamente dai mamotreti di Kiko, che, come sappiamo, è un pessimo soggetto

Se i catechisti sono al corrente di una situazione tragica di abuso su minori e deliberatamente la insabbiano o la minimizzano per salvare il nome del Cammino, allora ne sono complici. Può essere molto triste dire addio alla fiducia che si riponeva in loro, ma è il primo passo verso la verità.



Raccomandiamo quindi a ragazzi e ragazze che si trovino in queste situazioni di non esitare a parlarne apertamente con i propri genitori o con altri adulti autorevoli e di fiducia, preferibilmente al di fuori dell'ambiente neocatecumenale (un sacerdote, per esempio, o un insegnante, uno psicologo, la Polizia). 

Se non volete denunciare subito, andate per gradi. Trovate prima qualcuno che vi ascolti e che vi aiuti a ritrovare un po' di equilibrio. Parlate con amici fidati, possibilmente non della comunità: anche se giovani come voi, vi possono aiutare creando una rete di protezione e contattando altri adulti che possano intervenire con efficacia. 

Se l'abuso avviene in casa, chiedete a qualcuno di ospitarvi, non andate a vivere in strada. Se la situazione è tale che siete piombati in un vortice di autodistruzione (problemi alimentari, droga, cattive compagnie, ... ) o di disturbi psichici (depressione, derealizzazione, ... ), chiedete a qualcuno di vostra fiducia di accompagnarvi da un professionista serio. Pregate, recatevi al Tabernacolo alla luce confortante della Divina Presenza. Invocate la Santa Madre di Dio.

Iniziate ad incamminarvi verso la guarigione, con la dovuta cautela ma senza timore di danneggiare qualcuno per questo. Il danno peggiore che si possa mai pensare è già avvenuto ed è l'abuso della vostra fiducia e della vostra buona fede. L'individuo che ha causato questo danno (ed i suoi complici con lui) si è cercato, con il suo comportamento, la punizione che gli sarà inflitta e la vergogna che va insieme ad essa. Ed è solo un bene, per lui, passare attraverso una dolorosa purificazione, che non dovete farvi problemi ad agevolare. Pensate a come riprendervi la vita, senza scendere a compromessi per garantire il quieto vivere di chi, volontariamente, la sua vita l'ha condannata da solo, obbligandovi a pagare le spese della sua opera di autodistruzione.



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giovedì 23 giugno 2022

Madonna del Silenzio

Scrive san Giovanni della Croce: “Il più grande bisogno che noi abbiamo è di fare silenzio con la lingua dinanzi a questo grande Dio, poiché il linguaggio che Egli ascolta è soltanto l’amore silenzioso”

 

Sant'Anna, l'originale / la "Vergine del silenzio" di Kiko

Kiko Argüello ha dipinto una figura ambigua e atipica - che i nc identificano erroneamente come la Madonna - che esorta al silenzio poggiandosi l'indice sulle labbra. Un messaggio controverso che simboleggia più che altro il silenzio settario a cui debbono attenersi gli affiliati. Nulla deve filtrare fuori dalle loro spesse mura, il segreto è principe e protagonista del caotico ambiente. L'altro senso visibile e manifesto applicato da Kiko a questa immagine (che lui ha malamente riprodotto contornandola di nero e permeandola di malizia) è quello dell'esclusione di Maria. Il Suo silenzio diviene una scusa per porLa fuori dal cammino dei suoi seguaci. Ma Maria, in verità, tace di sé, perché tutto in Lei parla di Dio.

Forse ciò è sconveniente per Kiko?

Il silenzio di Maria è meditativo, orante, un silenzio efficace per aprire il cuore e parlare ininterrottamente con Dio. Ecco a cosa ci deve ispirare tal magnifico silenzio, a far ciò che una bambina di nove anni comprese ed espresse in due semplici parole.

Fra Emiliano Antonucci spiega che:

"La più bella definizione della Madonna del Silenzio non me l’ha data un mariologo, ma una bambina di 9 anni. Guardando l’immagine, Sofia si rivolge alla sua mamma e dice: se la Madonna ci chiede di fare silenzio significa che il Figlio ci deve dire qualcosa".

Altro che Kiko, catechisti illuminati e percorsi umani durevoli una vita, per adorare veramente Cristo 'basta' un bambino! (Le autorità religiose disapprovavano il comportamento dei fanciulli che gridavano nel tempio: "Osanna al figlio di Davide!").

La circostanza spiacevole è che nel movimento nc non è fattibile abbassare il rumore di fondo per connettersi con lo Spirito, poiché il caos è parte integrante e inscindibile del contesto. Sicché: o si abbandona l'eretico ambiente oppure ci si deve rassegnare.  


Essi acclamano, sempre con una condotta chiassosa: «Shemà Israel!».

...era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.(Is 53,7)
L’ascolto è la condizione per relazionarsi con se stessi e con Dio, ma l'ascolto inteso alla maniera del neocatecumeno è tutt'altro che proficuo per la spiritualità. Bisogna sedersi, ascoltare perpetuamente una parola che non è quella di Dio - le catechesi impositive di Kiko e Carmen - aderirvi e lasciarsi trascinare. Il tutto farcito da danze e musiche etniche dal ritmo immutabile e rintronante che occupano la mente rendendola euforica. L'ilarità di questo genere è associabile al caos interiore, il quale proibisce la contemplazione e cagiona la ribellione, la sordità spirituale e la disobbedienza alla volontà di Dio. Il popolo è quindi ingannato, perché l'euforia non è edificazione e perché la saletta ha levato dalle loro vite il Santissimo Sacramento che, essendo presente sotto le specie del pane, secondo la teoria dei due menzogneri fondatori del cammino neocatecumenale va a male e non merita, o comunque non propone, d'essere adorato.

L'Icona della Madonna del Silenzio ci confida che la fede di Maria è come un fiore sbocciato sul terreno del silenzio. Un silenzio in cui Ella ha potuto mettersi in ascolto - un ascolto sublime e produttivo che non coincide con lo shemà kikiano: prostrazione assoluta alle catechesi improduttive e inique dei "due falsi profeti" cit. Padre Pio - della Parola che Dio Le rivolgeva. 

La Madonna conserva il silenzio come un bene inestimabile, custodendo nel cuore ciò che Ella vede e vive, rimanendo vicina al Figlio; adorandolo.

Sant’Isacco di Ninive, vescovo, teologo e mistico, del sec. VII, scrive: “Il silenzio è come la luce del sole; ti illuminerà in Dio e ti libererà dai fantasmi dell’ignoranza. Il silenzio ti renderà una sola cosa con Dio” 

lunedì 20 giugno 2022

Sei libero di entrare o meno in comunità: ma se non entri, ti lascio

L'antefatto: catechesi del "giogo disuguale".

Dice Kiko Argüello:

Il giogo "diseguale" vuol dire che non si possono mettere insieme un bue e un somaro, perché hanno stature diverse: si riferisce a questo. Tra un pagano e un non pagano c'è una disuguaglianza. In spagnolo dice: "jugo disegual". vediamo cosa dice l'italiano.

Legge 2 Corinti 6, 14-16: "Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto infatti ci può essere tra la luce e le tenebre? (...) Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo"


Il giogo "estraneo" mi sembrava una parola un po' strana e ho messo al suo posto "diseguale" ma posso cambiarla. Il parallelismo che pone qui il testo si riferisce esattamente all'Antico Testamento, quando si parla di mettere sotto il giogo, per arare la terra, un bue con un somaro. Lo dice Dt 22, 10: non è possibile arare con due bestie completamente diseguali, sbilanciate. Noi siamo un corpo nuovo, una nuova natura. Questa è un'immagine ed un'affermazione molto FORTE, che va ben compresa e sviluppata... Se un ragazzo del Cammino ha passione per una ragazza carina dell'università, non si rende conto che lì c'è una realtà completamente diversa. C'è un santuario diverso dal tuo.

 

Le applicazioni "in vivo": l'ennesimo sfidanzamento neocatecumenale.

Ci scrive qualche mese fa un lettore del blog:

Voglio premettere che non sono del Cammino, ma per un anno e mezzo sono stato fidanzato con una ragazza NC.
Appena le ho detto chiaro e tondo che non avevo nessuna intenzione di andare alle catechesi, lei mi ha mollato dopo pochi giorni....se questa non è una setta io sono Babbo Natale...

Allora racconto brevemente quello che è successo.

Lei mi ha portato ad un incontro con il prete che li seguiva e, in questa sede, lui mi ha detto chiaramente che se non entravo nel cammino il mio matrimonio non avrebbe retto e che non c'era altro modo!
Di conseguenza ha aggiunto che dovevo annullare la mia ragione, dovevo annientare me stesso, dovevo rinnegare me stesso.
Andando via da lì, ci ha detto di non parlare di queste cose tra di noi, ma di agire e basta.
Da quel momento in poi io ho capito che presto avrei potuto perdere questa ragazza.

(Ndr: prima che tutto finisse tra di loro, il giovane ha cercato di capire da cosa dipendesse , per la sua fidanzata, questa necessità di obbligarlo a frequentare il Cammino e ha cercato di farla ragionare, ma inutilmente.)

Le ho detto semplicemente che il bisogno che io entrassi nel cammino era suo non mio.... Lei allora ha detto che se stavo con lei io dovevo conoscere la sua realtà, e io le ho risposto che questo si chiamava "ricatto affettivo"che non c'entrava niente con la fede (si scrive così "c'entrava"? :)))

Un altro dettaglio che mi ricordo è che lei mi disse "quando io ti ho proposto le catechesi la prima volta tu mi hai detto di sì" come a dire che non potevo più cambiare idea.
Io le risposi che stava trattando la questione come farebbe un venditore di aspirapolveri "visto che hai detto di sì la dimostrazione pratica a casa gliela vengo a fare".

 



Sapevo quindi che sarebbe giunto il momento di un ultimatum da parte sua, quindi ho deciso di anticipare io quel momento e ho deciso di portarla a compiere quella scelta.

Quando all'ennesima volta lei mi ha proposto le catechesi, io le ho detto chiaramente che non ne sentivo il bisogno; poi ho aggiunto che se per lei era una condizione fondamentale che io entrassi nel cammino ai fini del matrimonio, evidentemente doveva cominciare a ragionare sul fatto che io potevo non essere la persona giusta per lei.
In buona sostanza, le ho aperto una via di fuga; lei ha pensato a queste cose per un po' di giorni e alla fine è tornata alla carica per convincermi a partecipare alle catechesi.

Io sono stato fermo sulla mia posizione e alla fine per questo mi ha lasciato dicendo che non potevamo stare insieme con questi presupposti. Io non l'ho trattenuta, non l'ho pregata l'ho semplicemente accompagnata alla stazione.

Quest'ultimo suo gesto mi ha dato la prova finale che il cammino neocatecumenale è divisivo e non si può definire cattolico in quanto cattolico sta a significare universale e loro di universale non hanno proprio niente.

Che tristezza infinita!

Loro non si firmano nei loro manifesti, deve essere una strategia per non fare spaventare la gente oppure per evitare che la gente sapendo di dover entrare in un movimento punti i piedi.

Le catechesi, poi, io le ho definite le forche caudine del cammino, lo strumento per mettere al setaccio tutte le relazioni e dividerle tra quelle che, secondo loro, meritano di andare avanti e quelle che invece devono decadere.

Alla mia ex ragazza ho detto chiaramente di aver capito che loro nel cammino seguono un vero e proprio copione: se la ragazza del cammino trova il partner fuori deve fare di tutto per farlo entrare, in caso contrario... selezione naturale 😁

Poi le ho fatto anche questa domanda: "Perché non lasciate che sia la gente a venire a cercare voi?
Perché questa ossessione di tirare dentro la gente come se foste le promoter che si trovano fuori dai locali?
Potreste fare una prova: per un anno non fare catechesi nelle pubblicità e vedere in quanti si presentano alla vostra porta chiedendo di entrare lì avrete la prova che il vostro cammino è ispirato dallo Spirito Santo".

La cosa che mi colpisce di più, però, è che lei ritenga che la storia sia naufragata per colpa mia che non ho accettato il cammino, non sua che non ha rispettato la mia coscienza... poi il bello è che diceva "sei libero di entrare o no"... però se poi per questo vengo piantato dove è la libertà?

venerdì 17 giugno 2022

È bello intrattenersi con Lui...

 16 giugno 2022, festa del Corpus Domini

"Se qualcuno dirà che nel santo sacramento dell’eucarestia Cristo, unigenito figlio di Dio, non debba essere adorato con culto di latria, anche esterno; e, quindi, che non debba neppure essere venerato con qualche particolare festività; ed essere portato solennemente nelle processioni, secondo il lodevole ed universale rito e consuetudine della santa chiesa; o che non debba essere esposto alla pubblica venerazione del popolo, perché sia adorato; e che i suoi adoratori sono degli idolatri, sia anatema" (Concilio di Trento, Sess. XIII, can. 6).

A questo pronunciamento del Concilio di Trento, si conforma la dottrina costante della Chiesa che ha sviluppato la propria vita spirituale mettendo al centro Gesù Eucarestia.

Scriveva Giovanni Paolo II nella sua enciclica "Ecclesia de Eucharistia": 

"Il culto reso all'Eucaristia fuori della messa, è di un valore inestimabile nella vita della Chiesa.Tale culto è strettamente congiunto con la celebrazione del Sacrificio eucaristico. La presenza di Cristo sotto le sacre specie che si conservano dopo la Messa  – presenza che perdura fintanto che sussistono le specie del pane e del vino  – deriva dalla celebrazione del Sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e spirituale. Spetta ai Pastori incoraggiare, anche con la testimonianza personale, il culto eucaristico, particolarmente le esposizioni del Santissimo Sacramento, nonché la sosta adorante davanti a Cristo presente sotto le specie eucaristiche.
È bello intrattenersi con Lui e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto (cfr Gv 13,25), essere toccati dall'amore infinito del suo cuore. Se il cristianesimo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l'« arte della preghiera », come non sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento? Quante volte, miei cari fratelli e sorelle, ho fatto questa esperienza, e ne ho tratto forza, consolazione, sostegno!"

Nell'esperienza del grande Pontefice si sente riecheggiare l'esperienza dei santi, di moltitudini di devoti e di martiri, di grandi sacerdoti, come don Dolindo Ruotolo, che ambiva  il contatto continuo con Gesù Sacramentato per dirGli tutto, quando, nei momenti  difficili, di autentica persecuzione, apriva il Tabernacolo e cominciava a parlare con Gesù, piangendo, raccontando tutta la pena del suo cuore sacerdotale.

Così si esprimeva Benedetto XVI, nel Discorso ai Partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 13 marzo 2009, riportando passi della sua Esortazione  "Sacramentum Caritatis":

"Mentre la riforma [ndr. liturgica] muoveva i primi passi, a volte l'intrinseco rapporto tra la santa Messa e l'adorazione del Ss.mo Sacramento non fu abbastanza chiaramente percepito. Un'obiezione allora diffusa prendeva spunto, ad esempio, dal rilievo secondo cui il Pane eucaristico non ci sarebbe stato dato per essere contemplato, ma per essere mangiato. In realtà, alla luce dell'esperienza di preghiera della Chiesa, tale contrapposizione si rivelava priva di ogni fondamento.

L'adorazione eucaristica non è che l’ovvio sviluppo della Celebrazione eucaristica, la quale è in se stessa il più grande atto di adorazione della Chiesa. 


Ricevere l’Eucaristia, genuflettendo o almeno con l’inchino, significa porsi in atteggiamento di adorazione verso Colui che riceviamo in modo da non porre mai il nostro io, la pressione degli interessi e l’attrattiva dell’utilità come criterio ultimo, ma il suo regno presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge portandoci a solidarizzare tra noi, con i più poveri in particolare. Proprio così e soltanto così diventiamo una cosa sola con Lui e pregustiamo in anticipo la grande speranza, la vita veramente vita per affrontare il presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere celebrato e vissuto, pregato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. 

L’atto di adorazione al di fuori della santa Messa prolunga e intensifica quanto è accaduto nella Celebrazione liturgica stessa. Infatti, soltanto nell’adorazione può maturare un’accoglienza profonda e vera.

Il Concilio Vaticano II e il magistero post-conciliare hanno messo in luce il ruolo singolare che il mistero eucaristico ha nella vita dei fedeli.

Paolo VI ha più volte ribadito che “l’Eucaristia è un altissimo mistero, anzi propriamente, come dice la Sacra Liturgia, il mistero della fede”. L’Eucaristia, infatti è all’origine stessa della Chiesa ed è la sorgente della grazia cioè dell’amore divino in noi, costituendo un’incomparabile occasione sia per la santificazione dell’umanità in Cristo che per la glorificazione di Dio. In questo senso, da una parte, tutte le attività della Chiesa sono ordinate al mistero dell’Eucaristia, e, dall’altra parte, è in virtù dell’Eucaristia che “la Chiesa continuamente vive e cresce”.

"La preghiera di adorazione
ci fa entrare nel Mistero di Dio"
Papa Francesco
Nostra carità pastorale è percepire e far percepire il preziosissimo tesoro di questo ineffabile mistero di fede “tanto nella stessa celebrazione della Messa quanto nel culto delle sacre specie, che sono conservate dopo la Messa per estendere la grazia del Sacrificio”.

La dottrina della transustanziazione del pane e del vino e della presenza reale sono verità di fede evidenti già nella Sacra Scrittura stessa e confermate poi dai Padri della Chiesa. Papa Paolo VI, al riguardo, ricordava che la “Chiesa Cattolica non solo ha sempre insegnato, ma anche vissuto la fede nella presenza del corpo e del sangue di Cristo nell’Eucaristia, adorando sempre con culto latreutico [ndr: di adorazione], che compete solo a Dio, un così grande Sacramento” (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 1378).

Adorare indica, con la parola greca, il gesto di sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire; con la parola latina, denota il contatto fisico, il bacio, l’abbraccio, che è implicito nell’idea di amore. L’aspetto di sottomissione prevede un rapporto di unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore. Infatti, nell’Eucaristia l’adorazione deve diventare unione: unione con il Signore vivente e poi con il suo Corpo mistico, cioè la Chiesa."

"La disputa del Sacramento" (Raffaello Sanzio)

Non possiamo esimerci dal fare questa riflessione finale: 

preso atto che la conservazione nel Tabernacolo e l'ostensione del Corpo di Cristo non è  altro che la naturale continuazione della celebrazione del Sacrificio, e la Chiesa cattolica lo insegna in modo reiterato e costante  ormai da un millennio, 

l'uso (e abuso) invalso nelle comunità neocatecumenali di preparare per la Consacrazione un pane che non può essere conservato nel Tabernacolo, non può essere portato in processione o esposto nell'ostensorio per essere adorato, rompe questa necessaria unità e artificialmente crea una cesura tra Cristo Eucarestia - con il quale si comunicano nel corso del proprio rito esclusivo e separato - e Cristo Eucarestia adorato e realmente presente, in corpo, anima, spirito e divinità, nella sua Chiesa.

martedì 14 giugno 2022

Preghiera riparatrice di Padre Zoffoli

Riprendo questa Preghiera di riparazione di Padre Enrico Zoffoli, così necessaria anche nella temperie attuale, seguita da una mia testimonianza collegata alle provvidenziali circostanze che me lo hanno fatto conoscere di persona.


 

Gesù, Verbo incarnato, Dio come il Padre, mi compiaccio della Tua felicità infinita ed eterna, che nessuno degli orrori di questo mondo ha mai potuto e potrà alterare.

Mi rallegro pensando che - Risorto e Glorioso - vivi in una sovrana condizione di impassibilità che, invece di renderTi indifferente alle nostre sciagure, Ti consente di essere e rivelarTi sempre più misericordioso con tutti.

Mi conforta la certezza che sotto le specie eucaristiche la tua umanità resta invulnerabile nonostante la brutale violenza delle profanazioni a cui ti esponi, la glaciale freddezza del nostro comportamento, l'insopportabile disinvoltura del nostro modo di trattarTi, la volubilità dei nostri umori, la tempesta dei nostri dubbi, gli scandali con i quali ritardiamo e spesso assecondiamo il cadere di molte anime che Ti cercano.

Nei nostri Tabernacoli, l'ineffabile modo di essere "secondo la sostanza" della Tua realtà umana ti rende inattaccabile; le specie sacramentali Ti fanno da schermo contro ogni satanico tentativo di offenderTi, di umiliarTi...

Possono imbrattare, trafiggere, calpestare, incenerire soltanto l'involucro della proprietà del pane, mai però Te che - per essa - sei presente, commiserando la nostra inguaribile cecità interiore; sempre disposto ad attendere la nostra resa alla tua sovrumana pazienza.

Mi sembrano gravi certe responsabilità del clero, in alto e in basso, nel cedere ad una equivoca pietà eucaristica in cui s'annidano illusioni della fantasia ed insidie del sentimento, scarso spirito di fede ed insofferenza della disciplina ecclesiale... Ma, soprattutto, il folle impulso irenista di assimilare la Liturgia cattolica della "Transustanziazione" e del "Sacrificio" al culto protestante della "Cena comunitaria" e della pura "memoria" della Croce.

So che gli elementi essenziali del dogma sono salvi; ma l'intelligenza del "Tuo Mistero" è resa stranamente confusa, scialba, sterile dalla "presa" di mani non consacrate, che inseriscono il Dono dei Doni nel contesto di ogni banale pasto umano, terminando il processo di desacralizzazione che cerca di dissolvere il cristianesimo.

Ma Tu resti sempre il "Pane degli angeli": l'insipienza dei pastori indegni e dei fedeli esaltati non ti raggiunge; la gigantesca ondata delle nostre irriverenze non potrà mai travolgerTi...

In questo momento di oscurità e di apostasia mi sento a Te vicino, non per consolarmi, ma per inabissarmi e restare ancorato nel fondo del Tuo amore immenso, onnipossente, che ha già vinto il mondo.

La mia angoscia, offerta come partecipazione alla Tua agonia redentrice, contiene in germe il tuo stesso immancabile trionfo sulla pervicacia umana.

Tu, che sei la stessa Gioia sussistente, concedimi che tale angoscia, per quanto amara, sia almeno serena, perseverante, meritoria, mitigata dalla dolcezza del Tuo sguardo, premiata col dono di una fiducia sempre filiale delle Tue promesse.

Amen

 

P.Enrico Zoffoli († 16 giugno 1996)

Padre Enrico Zoffoli è il padre passionista che negli anni 80, mi ha confermata nella fede sciogliendo tutti i miei dubbi in un momento di grande crisi. Il mio incontro con lui ha segnato una svolta nel mio percorso di approfondimento e purificazione della fede ricevuta da bambina. La profonda crisi era dovuta al fatto che, cambiando quartiere, ero capitata in una parrocchia esclusivamente neocatecumentale e in quegli insegnamenti e prassi non riconoscevo la Chiesa che in quel momento, ex abrupto e mancando altri punti di riferimento, era logico identificare col Cammino NC. Finché, alla resa dei conti, ho potuto nettamente identificarlo come una realtà settaria infarcita di suggestioni giudeo-luterano-gnostiche, che ha potuto incistarsi nella Chiesa grazie alla creatività ed alle indiscriminate aperture al movimentismo introdotte dalle innovazioni conciliari. Una volta confermata nei miei dubbi proprio da padre Zoffoli, ho cominciato a chiedermi il motivo per cui nella Chiesa, nonostante le denunce precise e circostanziate, nessuno intervenisse; ma soprattutto come potesse accadere che sacerdoti, vescovi e cardinali assistessero senza reagire o forse senza riconoscerle, alla predicazione di vere e proprie eresie. Ed eccomi arrivata fin qui a partire da questa esperienza, che è stata un punto di svolta, insieme ad altre sui fronti del dialogo ecumenico ed ebraico-cristiano nei quali, sul campo, ho pure riconosciuto pecche e incongruenze mentre, nel frattempo, completavo la mia formazione anche accademica.

Di Padre Zoffoli potete consultare alcuni testi in rete: qui - qui - qui - qui - qui - qui. (invito chi è interessato a salvarli per quando non dovessero essere più disponibili, posto che non si trovano più in libreria).

Padre Zoffoli mi ricevette alla Scala Santa, rivelandomi tutte le sue scoperte e scritti di riaffermazione della vera fede oscurata da quel movimento settario allora sempre più diffuso e mai contestato o corretto da chi di dovere, nonostante numerose testimonianze e denunce (correttivi di Benedetto XVI sulla liturgia naufragarono per la tracotante resistenza dei fondatori).

Sono seguiti anni di confronto serrato e ininterrotto anche con ferrati catechisti della prima ora. Non sono mancati contatti diretti con la Congregazione per la Dottrina della Fede, dove le mie testimonianze e riflessioni  erano ricevute da un Funzionario per il tramite di un gendarme che veniva a casa mia a ritirare il CD con cui ogni volta fornivo aggiornamenti e approfondimenti nell'epoca in cui era ancora in discussione l'approvazione definitiva degli statuti, approvati ad experimentum da Giovanni Paolo II sulla base di una documentazione spuria fornitagli da mons. Cordes.  Avevo anche predisposto una relazione documentata da consegnare direttamente al Prefetto che non mi ha mai ricevuta perché donna oltre che laica (testuali parole).

Ma, prima che la Dottrina della fede riuscisse a pronunciarsi, intervenne il blitz di Mons. Rylko, allora prefetto del Pontificio Consiglio per i laici (uno dei tanti protettori del movimento), che approvò gli statuti nonostante mancassero i pareri della Dottrina della Fede e del Culto divino, rispettivamente, sulle catechesi (mai pubblicate e tuttora segrete a un testo delle quali, nelle mani di padre Zoffoli che lo aveva ricevuto da un catechista pentito, tuttavia avevo accesso) e sulla liturgia pesantemente inquinata [vedi]. Tutti i dettagli, con particolari che non esito a definire inquietanti, li potete trovare consultando questo sito, un lavoro certosino che non aggiorno da tempo ma che contiene l'essenziale (qui alcuni degli aspetti critici ) e questo blog, impiantato anni fa e che non seguo da anni ormai, da quando il mio impegno si è allargato, in  queste pagine, ai motivi che impedivano alla Chiesa di intervenire e correggere errori così deleteri per la diffusione della vera fede e per le anime.

La soddisfazione e la gratitudine più grandi derivano dal fatto che nonostante tutto un risultato è stato raggiunto: ora il blog sul Cammino NC è portato avanti, con immutato impegno e capacità di analisi e approfondimenti, da persone che hanno sperimentato quel Cammino e, grazie alle nostre instancabili testimonianze, sono riuscite a dare un nome alle loro sofferenze dubbi e difficoltà e a ritrovare la retta fede.

 

(da: "Chiesa e post-Concilio")

sabato 11 giugno 2022

Sacerdoti diocesani o missionari per Kiko?

Cosa vuol dire essere
presbitero neocatecumenale

In quest'articolo troverete l'intervista fatta ad un italiano di 33 anni che lo scorso 4 dicembre è stato ordinato sacerdote a San Paolo del Brasile, dopo il periodo di formazione all’interno del seminario “Redemptoris Mater” della metropoli brasiliana.

Leggeremo le sue parole alla luce della nostra esperienza sulle strategie di formazione del Cammino neocatecumenale, a partire dall'educazione familiare, attraverso le forme di catechismo specificamente rivolte ai bambini e adolescenti del Cammino, per arrivare alla formazione dei seminari Redemptoris Mater e al ruolo del presbitero nell'ambito del Cammino neocatecumenale; da parte nostra non c'è  nessuna intenzione  di formulare un giudizio o una critica nei confronti della persona, porgiamo solo una lettura della sua esperienza alla luce delle nostre esperienze e conoscenze. Anche perché, come sarà  chiaro dalla lettura del testo, quanto detto è  perfettamente sovrapponibile a tante altre dichiarazioni-fotocopia fatte da presbiteri appartenenti al Cammino neocatecumenale.

Sin da piccolo i miei genitori mi hanno trasmesso la fede - racconta il neo presbitero -. A 13 anni ho intrapreso il cammino neocatecumenale”.
Solito iter: la fede neocatecumenale "trasmessa" dai genitori neocatecumenali porta ad una precoce frequentazione della comunità.
Ma questa forzatura porta molto spesso al rifiuto e al disinteresse religioso, anche perché le varie tappe del Cammino neocatecumenale mai sono state in qualche modo adeguate alle problematiche dei giovani nella fase della crescita e dello sviluppo.
Succede spesso che alla frequentazione della comunità si associ anche quella del post cresima, sotto il controllo, sempre orientato alla frequenza del Cammino, di una coppia di padrini, scelti tra i più fedeli alle regole kikiane delle comunità .
Infatti ecco che anche per questo giovane arriva il momento del rifiuto e dei dubbi su quella fede.
Cercavo la felicità in altre cose, lontane da Dio, per essere uguale ai miei amici e in contrapposizione alla mia famiglia, tuttavia, vivendo nel mondo, mi sentivo di dover mettere maschere da tutte le parti, di dover sempre mentire e questa situazione mi ha portato a un enorme senso di vuoto: a 19 anni non avevo più voglia di fare nulla”.
Strano che non si sia drogato: nelle esperienze fotocopia dei giovani del Cammino c'è  sempre questa fase di abiezione con l'uso di sostanze.

"E’ a questo punto che ho sentito l’amore di Dio, l’unico che mi amava per quello che ero, e ho cominciato a pensare alla mia vocazione. Ho potuto confrontarmi con degli esempi che mi hanno mostrato la strada per essere felici...".
Qui casca il palco della "educazione alla fede" fatta in famiglia a suon di lodi alla domenica mattina e di quella fatta attraverso i padrini e nella comunità: non servono a nulla...non sono esempi positivi, ci vogliono "altri esempi".
"e così, dopo tanti incontri e un percorso di discernimento vocazionale di due anni, ho compiuto la mia scelta definitiva, affidandomi al Signore e alla Chiesa”.
Nel 2010, a dicembre, il giovane arriva nel seminario “Redemptoris Mater” di San Paolo, Brasile.
Era una struttura nuova, appena fondata, e non c’erano nemmeno ancora le stanze per noi seminaristi, che per due anni siamo stati accolti grazie alla generosità delle famiglie locali”.
Perché bisogna sapere che i neocatecumenali non fondano seminari per soddisfare alla richiesta di formazione delle nuove vocazioni: tutt'altro! Fondano seminari e poi li riempiono, con il sistema della Merkabah, con giovani sorteggiati provenienti da altre realtà, altri continenti! A meno che non siano figli di catechisti...in quel caso la sorte li manda nei Seminari ben avviati, prestigiosi, e magari sotto casa.

Sette anni di studi non bastano: al giovane seminarista sono necessari due anni di itineranza, nello Stato del Mato Grosso, dove il seminarista "tocca con mano per la prima volta concretamente la sua missione evangelizzatrice" kikiana. Poi, a causa della pandemia, è  costretto a tornare in seminario (se no probabilmente la sua de-formazione sarebbe durata 12  anni, non solo 10) dove a dicembre 2020 viene ordinato diacono e l’anno successivo sacerdote.

Oggi, ci informa l'articolo, è vicario parrocchiale nella periferia di San Paolo. Lì gestisce le attività pastorali e accompagna i percorsi dei catechisti. Dopo aver preso la laurea magistrale (perché in 10 anni aveva fatto solo la triennale?), partirà alla volta di una missione. Naturalmente  neocatecumenale.

Dice il novello sacerdote:
Noi siamo strumenti per l’annuncio della bella notizia che Dio ti ama così come sei, alle nostre catechesi partecipano in gran numero i poveri e gli ultimi, e rimango sempre impressionato da come il Signore li ispiri. Sono pieno di gioia per l’inizio di questa nuova missione”.
E dunque sembra più che chiaro e confermato il fatto che i seminari Redemptoris Mater non sfornino sacerdoti diocesani per la Chiesa, ma solo presbiteri di Kiko, delle macchine per fare catechesi e far nascere nuove comunità, a detrimento delle parrocchie. 

Tutti sull'esempio di don Pezzi

Questo è  il senso e lo scopo ultimo della loro "missione": stare in qualche èquipe sotto il comando di qualche laico a fornire i sacramenti nel modo in cui gli viene richiesto e  a cui è stato preparato.

Non è strano che presto questi preti cadano in depressione e abbandonino la veste: gli viene di fatto impedito di espletare la propria missione sacerdotale.

mercoledì 8 giugno 2022

José Agudo, nel cammino neocatecumenale eccezione che conferma la regola. Mentre gli itineranti, col beneplacito di Kiko, tengono ben nascoste le "scatole di sardine".


Aneddoto delle sardine: 

Siamo agli albori del Cammino, parliamo delle prime convivenze della prima di tutte le comunità neocatecumenali, al tempo delle baracche.
Erano tutti veri, zingari, gente senza filtri e senza difese che si mostravano così com'erano. Quelli che pregavano in un modo tale che quando Carmen si trovò in mezzo a loro si sentì una falsa e ipocrita. Possiamo immaginare le convivenze! Spesso finivano in risse.
Una volta il motivo fu che tutti dovevano condividere le risorse alimentari che tenevano in comune. Durante il giro di esperienze, dal momento che dalla dispensa erano sparite le scatole di sardine, iniziarono ad accusarsi l'un l'altro, ma nessuno confessava. Qualcuno doveva averle sottratte, di notte, mentre gli altri dormivano... Non se ne veniva a capo.
Allora l’illuminato catechista (il sommo Kiko) fermò ogni cosa dicendo:
“Ora qui non andiamo più avanti, finché chi ha rubato le sardine non va a prenderle subito e le porta qui, confessando il suo peccato davanti a tutti”.

Uno aveva cominciato a rubare, e tutti gli altri, vedendo sparire le sardine ogni volta di più, si erano attivati per non restare indietro e ‘ristabilire’ l’equità. Alla fine saltò fuori che nessuno si era sottratto. Cominciò il primo a restituire, ma le scatole di sardine erano poche rispetto a quelle sparite.
E le altre?
Messi sotto pressione, uno ad uno, andarono a prendere quelle che ciascuno di loro teneva nascoste, finché tutte le scatole sparite furono recuperate. Risultò così alla fine che tutti avevano rubato.
Da quel momento in poi – momento di verità - si riprese la messa in comune delle esperienze, la convivenza ripartì da dove era stata interrotta, fu ripristinata la koinonia.
Prima di mettere in comune vita ed esperienze, era necessario mettere in comune le (tanto famose da quel giorno in poi) “scatole di sardine”




José Agudo: 

L'ho conosciuto nelle convivenze mondiali di itineranti. Insieme alla moglie Rosario. Un tipo schivo, sicuramente. Restio a mettersi in mostra. Sempre defilato rispetto agli altri cd. della prima ora.

José e la moglie, in una storica intervista.
Seduto dietro, mai ai primi posti, mai che si avvicinasse a Kiko o a Carmen (come tutti gli altri che facevano a gara), erano piuttosto loro che qualche volta gli andavano incontro. Per conto suo passava anche i momenti di pausa rigorosamente da solo, non cercava compagni, era difficilissimo incrociare il suo sguardo perché era quasi sempre a testa bassa, non si guardava intorno né cercava attenzioni e non ne dava. Movimenti lenti, si sedeva solitamente poggiando le braccia sulle gambe divaricate e con una mano si teneva la testa, appoggiando la fronte sul palmo e stringendo nelle dita l'inseparabile sigaretta, mentre guardava per terra in mezzo ai suoi piedi; questa la sua postura consueta. 
Negli intervalli seduto su un muretto, stava così. Silenzioso e se parlava lo faceva lentamente, a voce bassa, centellinando le parole. Poche parole metteva in fila, di senso compiuto, nessuna spiegazione annessa. Dava il titolo, meglio la traccia di un tema, che ognuno era padrone di svolgere come meglio credeva. Tirava fuori le cartine, la scatola col tabacco e confezionava con destrezza e precisione le sue sigarette, una dietro l'altra, intervallate dal tempo necessario per svolgere l'accurata procedura, quasi un rituale. 
La moglie, Rosario, sempre accanto a lui. Anche lei serena e modesta. Era evidente che si capivano a volo e scambiavano qualche parola solo di rado, con una profonda intesa molto evidente. 
A me piaceva molto osservarli, destavano la mia curiosità e il mio interesse. Erano diversi da tutti gli altri. Una perla unica lì in mezzo. Mi sono posta sempre molte domande in proposito.
Poteva fare un freddo cane, come spesso d'inverno accadeva a Porto San Giorgio, José portava rigorosamente i suoi sandali di cuoio ai piedi completamente nudi. Appariva tra tutti gli altri itineranti una nota stonata. I più simili a lui, in un certo senso, come serietà, come atteggiamento austero, erano senza dubbio alcuni itineranti spagnoli, responsabili di nazione in America Latina. Tra questi e la casta romana - in ogni caso - una distanza abissale, due mondi, distanti e ostili. 

Gli spagnoli mordevano il freno, a tratti usciva fuori la loro esasperazione che però si capiva essere stata repressa troppo a lungo, tanto da ridursi ad un mortale sfinimento senza traccia di rassegnazione (questo - è da dire - è uno dei capolavori meglio riusciti di Kiko e Carmen). Quindi una vera e propria condanna. Ma questo è un altro capitolo della storia. 

Qui parliamo di José Agudo.

José Agudo y Rosario Romero. Oggi.
Kiko lo presentava sempre con molta solennità in assemblea, come fosse un trofeo di guerra. Orgoglioso, gonfiava il petto e si tirava sulla punta dei piedi:

"Fratelli, ecco José Agudo e la sua moglie Rosario, 13 figli, uno zingaro!".
José si alzava a stento, sempre partiva un applauso convinto, ma José si risiedeva subito e all'immancabile invito di Kiko di dire una parola, faceva solo un cenno con la mano di diniego senza possibilità di trattativa. Faceva no con il capo come a dire: non ho proprio nulla da dire....Kiko fai tu.

José è stato uno dei primi catechisti in Spagna e primo responsabile della comunità delle baracche di Palomeras ma, quando Kiko ha inaugurato la missione famiglie, si è subito alzato, disponibile a partire ad ogni parte con la moglie Rosario ed è partito per una delle zone più povere del Perù dove ha continuato a vivere da povero, libero.
Tornava per le convivenze sempre, quando Kiko e Carmen lo chiamavano, ma tirargli fuori dalla bocca uno straccio di esperienza, neanche a parlarne.
Questo José Agudo!

In alcune situazioni Kiko lo chiamava in causa: "Che ne pensi Josè?", oppure Kiko tirava fuori i soliti aneddoti: "Josè, racconta tu, dai". Tutto inutile. La voce di Rosario non l'ho mai sentita. 


Fu alla convivenza di Alicante in Spagna mondiale, anno 2000, tutta sugli Statuti da approvare...strategie da approntare...come dobbiamo procedere? Quindici giorni interminabili ed evidentemente pilotati da decisioni già prese.

I miei dubbi si moltiplicavano e le residue speranze si infrangevano, una dietro l'altra, in un effetto domino inarrestabile, lasciando il posto alla consapevolezza che, almeno per me, la storia con il cammino molto probabilmente volgeva al suo termine.
Ascoltavo gli itineranti più stretti collaboratori di Kiko, tra i dodici e i settantadue, fare a gara per proporre soluzioni atte ad aggirare, orientare, scansare tutto quanto potesse "ingabbiare" il cammino nelle maglie strette di un indigesto Statuto al quale proprio non volevano rassegnarsi.
Kiko diceva..."Se fanno questo o quest'altro distruggono il cammino!". "Soprattutto se ci toccano l'Eucarestia, il cammino è morto!", questa la consueta chiusa di Carmen. "Lo Spirito Santo ci ispira, ci ispira...", ultima e conclusiva battuta sempre di Kiko.
Quanta arroganza e quanti giudizi feroci verso i Pastori della Chiesa a tutti i livelli! Un continuo piagnucolare. 

Un giorno presi coraggio, mi ero preparata, e mi avvicinai a Josè, cosa che desideravo da tempo: parlare con lui. Pensando in cuor mio che fosse l'unico lì in mezzo, in quel manicomio di presuntuosi, che potesse aiutarmi. Cosa e come dovevo fare? Stavo troppo male. Non ricordo come introdussi il discorso ma tentai di esprimere il mio profondo disagio, lo sconcerto per le troppe contraddizioni di chi da una parte ti parla di "amore alla Chiesa" "obbedienza ai Pastori" sopra ogni cosa e poi si macera per studiare come fare per sfuggire alla Chiesa alle sue regolamentazioni salutari...
... Perché Dio viene con noi e chi non lo capisce non ha discernimento siano Parroci o Vescovi o Cardinali o la Chiesa intera (da qui nasce Faraone detto dei Pastori, e tutto il resto come "A chi obbedisci tu? A me o al tuo Vescovo?"). Josè, con un sorriso serafico, mi dice giusto cinque parole: "Solo la Croce è tutto"; la Croce, la Croce e basta.
Con una perentorietà che non lasciava spazi ad una ulteriore conversazione. Mi lasciò senza parole e mi allontanai, con tutto il pesante fardello dei miei mille perché, che compresi definitivamente essere tutto mio. Ero io che dovevo trovare le risposte all'enigma, risposte che dessero pace alla mia anima e alla mia coscienza. E mi ripetevo - confesso profondamente amareggiata - "ma che c'entra la croce con questa contraddizione in termini?" Perché per me dovrebbe essere una croce accettare la doppiezza di professarsi a parole fedeli alla Chiesa usque ad mortem (come tutti gli itineranti fanno sereni senza porsi alcun problema) mentre nella storia concreta, di fatto, si combatte per la fedeltà, contro e nonostante la Chiesa, a tutte le consegne del cammino, che non si possono discutere così come sono state partorite dalle teste, insuscettibili di un discernimento superiore, di Kiko e Carmen?
Pensai: questo Agudo José o è un santo che ha raggiunto la perfetta atarassia (cosa che non escludo) o è solo un tonto che ha imparato la poesia a memoria e la recita a comando.
Ma che razza di risposta?! Il dubbio me lo porto ancora.

Molte volte Kiko lo sollecitò inutilmente a parlare anche ad Alicante, durante quella terribile convivenza in cui uscirono fuori con crudezza anche diversi conflitti tra clan di itineranti tra Roma e Madrid, Italia e Spagna, ostili tra loro.
Un giorno Kiko quasi lo supplicò. In realtà non era possibile in una convivenza così storica che proprio José Agudo non pronunciasse neanche una sillaba!
"Forza Josè, dicci secondo te cosa dobbiamo fare?". José Agudo si alza in piedi, dal fondo dell'assemblea, e dice: "Kiko, dobbiamo fare di nuovo la convivenza delle sardine". E si risiede.
Kiko, che tutto gira a treatro, a spettacolo, che ama costruire aneddoti, scoppia a ridere: "Bravo Josè! La convivenza delle sardine! Ricordi?", "Beh, ora devi spiegarla, non tutti la conoscono, solo noi vecchiotti, è del tempo delle baracche...".
Josè, ormai sedutosi di nuovo, col capo chino fa no con la mano, alzando solo la mano, e conclude:
"Se vuoi la racconti tu...." 


José  Agudo e famiglia se ne andarono con la missione famiglie in uno dei "pueblos jovenes" alla periferia di Lima, ammassi enormi di catapecchie abitate dai nuovi immigrati dalle campagne. Alle convivenze di Inizio Corso si leggevano le lettere di Agudo che spiegava come le cose andavano lì e che c'era stata discussione se loro dovevano cercare di costruirsi case più dignitose per dare il buon esempio oppure continuare a vivere allo stesso modo. Agudo la pensava così e nella lettera scrisse qualcosa come: "ma abbiamo pensato che Dio non fa questioni di case o vestiti, ecc..".
Tutti ne restavano ammirati.

Kiko ha sempre usato l'immagine di José che gli dava gran lustro, a lui così diverso e che in un posto simile, in mezzo a tanta povertà, non avrebbe resistito una settimana.
Impressionante la discussione sulla casa, poiché lì si viveva davvero in catapecchie, in estrema povertà. Ma José aveva preso alla lettera l'incarnarsi tra i poveri.

Come fu alle origini, anche ad Alicante, forse, José avrebbe voluto vedere di nuovo la processione degli itineranti (questa volta) a restituire, uno dietro l'altro, le "scatolette di sardine" rubate, finchè fossero tornati tutti i conti.

domenica 5 giugno 2022

San Basilio: Lo Spirito Santo risplende su coloro che si sono purificati da ogni bruttura

Tanto sfoggio dei "doni" fatti al Papa:
neppure un accenno ai doni ricevuti
(vedasi sulla sinistra della scrivania)
Nel corso dell'udienza che papa Francesco ha concesso all'equipe internazionale del Cammino neocatecumenale, Francisco Argüello detto Kiko, don Mario Pezzi e Ascensiòn Romero il giorno 3 giugno 2022, come succede ogni volta che incontra il Pontefice, l'iniziatore madrileno ha portato in dono alcune sue opere; non sappiamo se questi omaggi siano delle opere originali o delle copie, supponiamo siano delle copie visto che gli originali sono destinati al Museo che verrà eretto (o lo è  già stato, non lo sappiamo) come un monumento perenne all'immenso ego dell'artista spagnolo proprio a Madrid.
In questo caso, Kiko ha portato in omaggio al Pontefice una riproduzione dell'icona dedicata alla Pentecoste; come tutte le sue opere di genere bizantino, si tratta di un plagio dell'originale con alcune "correzioni" che sempre introducono inquietanti alterazioni.

Si tratta certamente di una copia; ma se anche si trattasse dell'originale, molto probabilmente il Papa dovrebbe impegnarsi a separarsene  (immaginiamo con quanto dolore!) per poterlo far confluire nella raccolta delle opere di Kiko Argüello custodita nel museo eretto a suo nome.

Sulla sinistra l'icona originale, sulla destra quella di Kiko.
Notare la scomparsa del sole e della colomba

sul capo della Madonna

Torniamo infatti con la memoria all'annuncio di inizio corso del 2018. Kiko aveva affermato:

"Ho fatto alcuni dipinti degli arcangeli. Ora portano l’originale dell’arcangelo S. Gabriele e la riproduzione dell’arcangelo Michele che è nella stanza di Mario, l’originale lo ha mons. Cordes...

[Indicando il dipinto] Questo è l’arcangelo S. Michele. Qui c’è scritto: caritas, humilitas. Sullo scudo dell’arcangelo S. Michele, con la spada, c’è scritto “caritas, humilitas”. Su quest’altro non c’è scritto nulla. 
Guardatelo perché questo è l’originale e presto andrà in un museo. Stanno preparando un museo con tutte le mie opere, perché morirò presto. Manca S. Raffaele che ho regalato a un medico che mi ha curato e che si chiama Raffaele. Gli ho chiesto una scrittura che dica che alla sua morte l’icona sia data al museo. Questo museo sarà importante perché oggi non c’è quasi arte sacra nelle chiese, niente o pochissimo...


Quindi l'originale dell’arcangelo Michele dato al cardinale Cordès, l'originale dell’arcangelo Raffaele donato in un empito di riconoscenza al medico che lo aveva curato, andranno esposti in questo museo.
Motivo per cui anche al Papa sicuramente Kiko ha ritenuto opportuno regalare una riproduzione. 

Ma il Papa, si sarà reso conto di avere di fronte, oltre ad un santo in terra, un riformatore della fede cattolica (e cristiana in generale), ma soprattutto un immenso artista?

Il quale, nell'Annuncio di Pasqua 2017, così dichiarava:

Altro dono di Kiko (2019):
un Francesco Saverio uguale
ad un eroe dei cartoni!
"IO ho fatto solo il volto del Pantocrator, il volto del Gesù della Trinità, che vi ho regalato all'annuncio della Quaresima (…) In questi affreschi IO ho dovuto riproporre le MIE conoscenze della pittura moderna: di Matisse, Braque, di Picasso, solamente in due dimensioni, senza la terza dimensione. (IO) Ho dato vigore alla iconografia orientale, facendo con questo grande dipinto un ponte tra l'arte dell'Oriente e quella occidentale. Speriamo che lo possa inaugurare il Santo Padre. (…) è un evento importantissimo. Vedete Dio ha fatto sì che IO sia un artista per voi. (IO) Devo essere umile per accettare di essere un artista, questo dipinto è un fatto importantissimo, qui porteranno gli alunni delle scuole. l ragazzini che lo vedranno non lo dimenticheranno per tutta la loro vita, mai. Questo è un dipinto che parla all'anima. In occidente non abbiamo immagini che parlino all'anima e che riflettano la nostra fede. Ci sono alcune sculture barocche che si usano nelle processioni, ma poco..."

E, ancora nella convivenza di inizio corso 2017, sempre l'augusto Kiko, così pontificava:

"Nel Medio Evo in qualche modo tutte le nazioni credevano, tutti erano cristiani, e i mille anni di cristianesimo in Europa finiscono con il Rinascimento. Questo è molto interessante! Pensate quello che dicono gli ortodossi del ‘400 fiorentino: dicono che è un orrore. Per questo l’arte religiosa occidentale muore, prima l’Occidente presentava l’arte come un kerigma, come un annunzio, e diceva che tutte queste cose non erano inventate dal pittore, ma era la tradizione della Chiesa. Tutto questo muore, appare un Raffaello che dipinge Madonnine dolci e carine, ma poco religiose. E non ti dico Michelangelo con tutti i suoi muscoli! O il genio di Beethoven…, ma di religioso non ha nulla, perché l’arte religiosa occidentale va morendo. Abbiamo immagini oggi? La Vergine di Fatima? Abbiamo statue così, sculturine, ma davvero poco o niente nelle chiese, non abbiamo immagini che alimentino la nostra fede. L’arte è molto importante. Coraggio, non voglio darvi ora una conferenza sull’arte."
Esempi di "Arte sacra" kikiana


Ma il genio poliedrico di Kiko non si limita alla pittura, alla scultura, alla musica: si estende anche alla poesia.

Sempre nella convivenza di inizio corso 2017 infatti ebbe a dichiarare:

"Chiaro, noi vorremmo creare una corrente nuova, e speriamo che il Signore ci aiuti, perché non solamente la pittura, le immagini, sono importantissime, ma anche la musica, e mi impressiona anche la poesia. Per questo dico ai giovani: Non siate somari! Conoscete qualche poeta, leggete qualcosa? Ditemi qualcosa. Che cosa è la poesia? Dico questo perché forse c’è qualche giovane che ha ispirazione poetica. C’è qualche ispirazione poetica oggi in Italia? Di Montale ho un libro: interessante Montale, mi piace quando dice che il mondo attende il genio: come la lepre lascia delle orme sulla neve, così l’umanità sta attendendo queste tracce che lascia il genio sull’umanità. Ecco un’espressione poetica: Montale."

Non è difficile capire chi sia, nell'interpretazione di Argüello, il genio-lepre che lascia le sue orme all'umanità.
Forse chissà, sarebbe stata più adatta a Kiko un'altra citazione di Montale: "Io sono come un vino che sta invecchiando. Il vino invecchiando dicono che migliori. Ma non tutti migliorano: alcuni inacidiscono".


Ancora in occasione dell'inizio corso del 2018, aveva annunciato una sua opera poetico-religiosa: un inno allo Spirito Santo.

"Ho fatto un inno allo Spirito Santo per questa convivenza. L’ho fatto qualche anno fa e qualcuno lo ha conservato, me lo ha fatto vedere e l’ho messo in musica… inno che ho fatto nel 1989. In una convivenza l’ho regalato a tutti e uno l’ha conservato nella Bibbia e lo teneva lì dall’89....
Lo Spirito Santo è l’autore, l’autore di queste convivenze, la sua presenza in mezzo a noi nella convivenza ispira me a parlarvi, è lui che vi apre l’orecchio per ascoltare..."

Non riportiamo il testo di questo inno, può essere letto nell'articolo che gli abbiamo dedicato, senza alcun commento perché si commenta da solo, soprattutto in alcuni passaggi, come quello in cui lo Spirito Santo ci insegnerebbe ad essere pazienti con i nostri peccati e tenerceli sempre da conto, come insegna il Cammino, perché non si crede neppure che si possa ottenere la grazia se prima non si pecca.

Scriveva invece San Basilio Magno nel suo Trattato sullo Spirito Santo: " Per Lui (lo Spirito Santo) i cuori si elevano in alto, i deboli vengono condotti per mano, i forti giungono alla perfezione. Egli risplende su coloro che si sono purificati da ogni bruttura e li rende spirituali per mezzo della comunione che hanno con Lui".

Si capisce la differenza abissale tra i due?
 
Jean II Restout, Pentecoste 1732

Altro passaggio scabroso dell'inno di Kiko, quello in cui si ringrazia lo Spirito Santo per il "nostro ministero sacerdotale", come se i laici fossero preti (e i preti laici, naturalmente).


Ci chiediamo: è  a conoscenza papa Francesco che quell'inno che gli viene donato come fosse il compitino di un alunno precoce, nelle comunità viene letto e cantato nel corso della liturgia, come fosse appunto un inno liturgico, in sostituzione al Veni Creator Spiritus?
È  edotto del fatto che ai neocatecumenali viene data disposizione dal proprio iniziatore, di fare una veglia separata di Pentecoste, possibilmente anche dividendo le stesse comunità?