giovedì 30 novembre 2023

MENZOGNA PRIMORDIALE - (LA PARROCCHIA INTESA COME "COMUNITÀ DI COMUNITÀ")


Le parole hanno il loro valore ed il loro significato, perciò se dico: “NUOVA STRUTTURA COMUNITARIA PARROCCHIALE”, quello che voglio intendere è che “La parrocchia avrà una nuova struttura comunitaria”.

Non si presta ad interpretazioni.

Tanto è vero questo, che dopo il disegnino “atomico” se ne dà anche la spiegazione:

LA COMUNITA’ PARROCCHIALE E’ FORMATA DA PICCOLE COMUNITÀ, DI UN NUMERO DI MEMBRI NON SUPERIORE A 30”.

E’ molto chiaro.

Siccome questo disegnino dell’Arguello risale al 1967, quando ancora non era arrivato in Italia ed aveva al suo attivo solo 3 comunità catechizzate, da questo proclama si possono dedurre diverse cose:

1) Il Movimento Neocatecumenale È NATO A TAVOLINO.
Ancor prima di iniziare, in pratica, la sua contaminazione, aveva già chiaro come avrebbe dovuto essere la “parrocchia del futuro”, senza alcuna esperienza pregressa su cui poggiare se non la chiesa primitiva numericamente ridotta, ma come mera dichiarazione di intenti futuri. In un’altra pagina dello stesso libercolo si spiega anche la suddivisione dei 3 tempi: una prima fase di CONVERSIONE, una seconda di INIZIAZIONE e una terza di RINNOVAMENTO BATTESIMALE.

2) L’idea che il Cammino non dovesse finire ma RIMANERE PER SEMPRE.
Si deriva facilmente dal fatto che, se la vita della comunità fosse “a termine”, sarebbe praticamente impossibile mantenere la struttura “atomica” qualora progressivamente le comunità che la compongono debbano sciogliersi per compimento del percorso e non si sia avuto sufficiente ricambio per formarne di altre (ipotesi molto probabile e confermata dalla storia attuale), in un disegnino tipo questo:

"Parrocchia atomica" se le comunità finissero il Cammino.

Questo perché coloro che hanno finito il percorso ritornano in via naturale ad ingrossare le fila dei “parrocchiani semplici”, non appartenenti più ad alcuna “comunità”.

3) A Giovanni Paolo II fu MENTITO SAPENDO DI MENTIRE quando gli fu dato ad intendere che questo “percorso iniziatico” sarebbe durato 7 anni.
Fin dall’inizio la mira ultima era trasformare le parrocchie in una “NUOVA STRUTTURA”.

4) Il Movimento Neocatecumenale ha FALLITO L’OBIETTIVO perché nessuna parrocchia al mondo è divenuta “atomica”, incarnando la “nuova struttura”, perché da sempre il Movimento Neocatecumenale al più è “convissuto” con altre realtà, come una piccola parte di un tutto più grande, o al massimo è convissuto coi “cristiani della domenica”, cani sciolti che non hanno saputo apprezzare quant’è bello DIVIDERE ciò che la sapienza bimillenaria della Chiesa ha previsto dovesse stare UNITO.

5) L’Argüello, o chi c’era dietro di lui a suggerirgli una cotanta organizzazione mefiticamente “innovativa” A TAVOLINO, è un personaggio delirante, insieme alla delirante Carmen ed al farneticante Farnes, che solo per aver trascorso due o tre anni alle baracche, dove la faceva da padrone perché nessuno era in grado di smentirlo (mentre contemporaneamente si interessava anche delle mostre di Gremio 62), a soli 27 anni si credeva di poter CAMBIARE LA STRUTTURA PARROCCHIALE BIMILLENARIA, portandola da “unita” a “divisa”, in un’immaginaria Chiesa del futuro che Gesù non ha permesso.

Sia lodato Gesù Cristo.

giovedì 23 novembre 2023

Ah, ecco il perché del TABERNACOLO A DUE PIAZZE...

La Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, nel 2005 ha proposto una relazione a cura di Mons. Mauro Piacenza, sulla storia ed il significato del tabernacolo nelle Chiese cattoliche.
Senza dubbio, quello che si evince dal lungo scritto è che il tabernacolo è il luogo dove custodire il Corpo di Cristo presente nelle ostie consacrate:

“Lì c’è la PRESENZA “REALE” non perché le altre presenze non siano vere (“reali”) ma per antonomasia, perché è SOSTANZIALE e, in forza di essa, Cristo, Uomo-Dio, si fa presente TUTTO INTERO.”

Esempio di tabernacolo cattolico

Si rimprovera la tendenza, sviluppatasi negli ULTIMI 40 ANNI, ad appiattire l’assemblea, separandola dal Sacrificio e quindi dando meno importanza al Corpo di Cristo:

“Negli ultimi quarant’anni questa idea dell’assemblea si è appiattita in un ORIZZONTALISMO SQUILIBRATO, perché separato dall’idea fondamentale di sacrificio. Così l’Eucarestia per molti, per troppi, SI È RIDOTTA AD UN SEMPLICE SEGNO DI COMUNIONE FRATERNA E LA FOCALIZZAZIONE TOTALIZZANTE SULLA SOLA CELEBRAZIONE HA EROSO SPAZIO ALLA FEDE NEL SACRAMENTO…
L’Eucarestia si è ridotta ad un piccolo segmento temporale di una mezz’oretta nella quale la parte del leone viene fatta dalle letture o dallo scambio della pace. Così decentrata, l’Eucarestia non penetra più di sé un luogo e non scandisce più il tempo.”

Anche il Codice di Diritto Canonico afferma che il tabernacolo È LA CUSTODIA DELLA santissima Eucarestia:

“La santissima Eucaristia venga custodita abitualmente IN UN SOLO tabernacolo della chiesa o dell'oratorio.”
(Can. 938 - §1)

“Il tabernacolo nel quale si custodisce abitualmente la santissima Eucaristia sia inamovibile, costruito con materiale solido non trasparente e chiuso in modo tale che sia evitato il più possibile ogni pericolo di profanazione.”
(Can. 938 - §3)

“Davanti al tabernacolo nel quale si custodisce la santissima Eucaristia, brilli perennemente una speciale lampada, mediante la quale venga indicata e sia onorata la presenza di Cristo.”
(Can. 940)

Infatti:

“AUGUSTISSIMO SACRAMENTO È LA SANTISSIMA EUCARISTIA nella quale lo stesso Cristo Signore è presente, viene offerto ed è assunto, e mediante la quale continuamente vive e cresce la Chiesa”
(can. 897)

l’Eucarestia è un SACRAMENTO, AUGUSTISSIMO SACRAMENTO.

Nel 1999 il Pontificio Consiglio emanò un’INTERPRETATIO AUTHENTICA del canone 1367 del Codice di Diritto Canonico a proposito della traduzione in lingua volgare del testo latino che aveva ingenerato confusione quanto all’esatta definizione di sacrilegio.

Senza stare ad entrare specificatamente nel merito della questione, riportiamo l’interpretazione autentica del Pontificio Consiglio, confermata dal Santo Padre che ne ordinò la promulgazione:

“Il verbo abicit (in quesito dell’interpretazione) va inteso non solo nel senso stretto di gettare via e nemmeno genericamente nel senso di profanare, ma nel significato più ampio di disprezzare, spregiare, UMILIARE. Pertanto commette grave delitto di sacrilegio contro il Corpo e il Sangue di Cristo chi asporta e/o conserva le sacre Specie con fine sacrilego (osceno, superstizioso, empio) e chi, anche senza sottrarle dal tabernacolo, dall’ostensorio o dall’altare, ne fa oggetto di un qualsiasi atto esterno, volontario e grave di disprezzo. A colui che si fa colpevole di questo delitto è comminata, nella Chiesa latina, la pena della scomunica latae sententiae (cioè automatica) la cui assoluzione è riservata alla Santa Sede”

“La Chiesa, anche quando è, per così dire, costretta a comminare delle pene, è mossa sempre dalla necessità di salvaguardare l’integrità morale della comunità ecclesiastica e procurare il bene spirituale e la correzione dei delinquenti ma in questo caso lo fa anche, e primariamente, per tutelare il Bene più grande che ha ricevuto dalla divina misericordia, cioè lo stesso Cristo Signore, fatto «pane di vita eterna» (cf. Gv 6, 27) nella Santissima Eucaristia.”

Anche senza essere liturgisti, dalle disposizioni in esame si capisce bene che il tabernacolo è dove si custodisce il Santissimo Sacramento dell’Eucarestia, PRESENZA REALE di Nostro Signore Gesù Cristo. Niente altro.
Infatti sono comminate sanzioni, anche pesanti, a chi non solo compie sacrilegio verso quel Santo Corpo, ma in ugual misura anche a chi compie un atto esterno e volontario di disprezzo.

Allora tutto ruota intorno alla definizione di disprezzo e poi di disprezzo grave, quindi sacrilegio.

Dal Concilio di Trento, mai superato, oltre alla conferma dell’uso del tabernacolo per la conservazione della Santa Eucarestia, si hanno varie casistiche di “anàtema”, tra cui:

SE QUALCUNO DIRÀ CHE NON È LECITO CONSERVARE LA SANTA EUCARESTIA NEL TABERNACOLO; ma che essa subito dopo la consacrazione debba distribuirsi agli astanti; o non esser lecita che essa venga portata solennemente agli ammalati, sia anatema.”
(can. 7)

Ora riascoltiamo ciò che Carmen Hernández Barrera, "iniziatrice" del Cammino, sosteneva:

“Io sempre dico ai Sacramentini, che hanno costruito un tabernacolo immenso: se Gesù Cristo avesse voluto l'Eucarestia per stare lì, si sarebbe fatto presente in una PIETRA che non va a male. Il pane è per il banchetto, per condurci alla Pasqua. La presenza reale è sempre un mezzo per condurci ad un fine, che é la Pasqua. NON E' UN ASSOLUTO, Gesù Cristo è presente IN FUNZIONE del Mistero pasquale”

La pietra che non va a male.
Scelta di "Gesù" per non stare nel tabernacolo.
Secondo Carmen

“Abbiamo trasformato l'Eucarestia che era un canto al Cristo glorioso, nel DIVINO PRIGIONIERO DEL TABERNACOLO.”

Come si intuisce, non è che questa “santa di categoria superiore” avesse una grande considerazione del tabernacolo: lo definisce come la “PRIGIONE” di Gesù, “divino prigioniero”, e sostiene che Gesù non volle l’Eucarestia per stare nel tabernacolo (luogo della custodia del Corpo di Cristo sacramento), altrimenti avrebbe deciso di farsi presente in una pietra. Sapeva lei, povera donna, cosa voleva Gesù, meglio della Chiesa.
Peggio ancora, però, Carmen sostiene che LA PRESENZA REALE NON È UN ASSOLUTO, ma è SOLO IL FINE PER LA PASQUA O PER L’EUCARESTIA, come a dire che quindi, quando QUESTO FINE È ASSOLTO, LA “RELATIVA” PRESENZA REALE FINISCE.

Non so voi, ma io in queste parole trovo un grande disprezzo per Gesù-Eucarestia che la Chiesa bimillenaria, e non Carmen Hernandez, ha stabilito come dogma che sia una PRESENZA ASSOLUTA, TOTALE E PERMANENTE, tanto da custodire le Sacre Specie consacrate nel rispetto del tabernacolo.
Checché ne dicano i nuovi teologi post-conciliari.

Carmen non ha detto che “non è lecito” conservare la Santa Eucarestia nel tabernacolo, ma ha detto che il tabernacolo È SBAGLIATO ED INUTILE, perché la presenza reale del Corpo di Cristo nelle sacre specie è RELATIVA e volta al solo fine dell’Eucarestia. Poi finisce.
Niente adorazione eucaristica davanti al Corpo di Gesù nel tabernacolo, quindi.
Niente adorazione eucaristica proprio.
Niente tabernacolo.

Ci viene dunque il sospetto che il “tabernacolo a due piazze” del Movimento Neocatecumenale derivi proprio da questo disprezzo, da questo dileggio del tabernacolo cristiano come repositorio del Corpo di Cristo, che esaurisce la sua presenza una volta ottemperata la FINALITÀ EUCARISTICA.

Sappiamo infatti che questi tabernacoli neocatecumenali, oltre alla pisside con le ostie (pane-focaccia?) consacrate, contengono anche la Bibbia.

Tabernacolo neocatecumenale

Già intanto ci sorge la prima, lecita domanda: ma se nel Movimento Neocatecumenale non si usano le ostie, bensì la focaccia artigianale, cucinata nelle cucine familiari o professionali degli alberghi, che cosa verrà conservato nella pisside?

Pezzi di focaccia avanzati?
Ma non sono loro che sostengono, secondo santa Carmen, che il Corpo di Cristo consacrato nell’Eucarestia deve essere consumato TUTTO perché è RELATIVO AL FINE?
Che ci tengono allora nella pisside nel tabernacolo?

Sta a vedere che è vuota o al massimo contiene le ostie per l’adorazione, che da un certo punto in poi hanno iniziato a fare, comportandosi come i religiosi naturali (secondo loro) …

Quando consacrano le ostie per l’adorazione, nei seminari Redemptoris Mater, per esempio, si utilizzano sempre le tipiche focacce neocatecumenali? Insieme alle focacce nelle Eucarestie, per poi riporle nel tabernacolo?

Assimilare la Bibbia che, pur essendo un testo sacro, non è un sacramento, al sacramento dell’Eucarestia, al Corpo REALE di nostro Signore Gesù Cristo, ci pare un certo atto di disprezzo, anche se certe nuove teologie ecumeniche ci hanno provato a dichiarare “presenza reale” di Gesù anche altri aspetti, ferma restando però l’«eccellenza» del sacramento eucaristico, in cui la presenza reale di Cristo PERMANE e non è limitata al solo atto liturgico.

Alloggiarli nello stesso tabernacolo non ha nessun senso.
Il Corpo di Cristo è SACRAMENTO, la Bibbia è TESTO SACRO, presenza nell’atto liturgico. 

Non hanno pari dignità.

Ma allora, seconda domanda, perché hanno fatto questa scelta?

Intanto nei seminari neocatecumenali "Redemptoris Mater" il tabernacolo si trova nella yeshivà, definizione di un luogo di preghiera che per gli ebrei è l'istituzione educativa principalmente del Talmud e della Torah.

Normalmente, nelle yeshiva neocatecumenali, si trova davanti alla Bemà ebraica o greca, il luogo in cui si canta e si proclama la Parola, praticamente il pulpito dei cristiani.

Bemà (bimah) nella Yeshivà del
"Redemptoris Mater" di Perth


Tutto ciò si trova molto ben descritto nella presentazione del Redemptoris Mater di Perth, Australia.

I neocatecumenali affermano che il “loro” tabernacolo si troverebbe oltre la “porta per l’aldilà”: “al di là” di due grandi porte fatte ad ANTE, ci sono infatti:

“DUE DELLE “PRESENZE” di nostro Signore Gesù Cristo: le specie eucaristiche nel tabernacolo e la Sua Parola, sotto forma di Scrittura, sulla MENSOLA SUPERIORE.”

Il tabernacolo sta SOTTO la Scrittura.

Yeshiva ebraica

Quindi c’è una grande porta ad ante oltre la quale sta “rinchiuso” il tabernacolo insieme neanche alla Bibbia, ma “alla Sua Parola”, dicono, in forma di (generica) Scrittura.

Se, secondo Carmen, Gesù è "prigioniero" nel tabernacolo, adesso è pure "prigioniero" dentro le "porte" della struttura "doppia piazza" che chiamano "tabernacolo", insieme alle Scritture.

Se un seminarista desidera passare del tempo in adorazione eucaristica, può andare nella cappella, dove si trova davanti a “Cristo che è perennemente presente nei segni sacramentali del Pane eucaristico (ndr. vero sacramento) e delle Sacre Scritture, ambedue DIETRO le porte del tabernacolo della Cappella.”
Ma il tabernacolo non doveva essere UNO SOLO nella stessa struttura?
(Can. 938 - §1)
E i "segni sacramentali" non sono quelli che enumera la chiesa, cioè benedizioni e consacrazioni, a imitazione dei sacramenti?

Tabernacolo nella Yeshiva
del Redemptoris Mater di Perth

Ci si profonde ampiamente a descrivere la Scrittura: la Bibbia è rivestita in argento, oro e pietre preziose che si riferiscono alle dodici pietre dell’Apocalisse su cui si basa la nuova Gerusalemme, cioè i dodici Apostoli e, siccome HA GRANDE IMPORTANZA, NON DEVE ESSERE LASCIATA SCOPERTA E DOVREBBE AVERE UN POSTO D’ONORE (infatti sta SOPRA il tabernacolo).

Questo perché il TALMUD (????) dice:

 “Se vedi la Scrittura cadere, un giorno di digiuno si impone.”

IL TALMUD…

E di certo, il Talmud non può dire "il crocifisso".

Secondo tabernacolo nella cappella. Perth

Si dice che il tabernacolo MOSTRA la PRESENZA SACRAMENTALE DI GESÙ NELLE SCRITTURE (BIBBIA D’ARGENTO) E LE SPECIE EUCARISTICHE (CORPO DI CRISTO).

Capito???

Secondo i neocatecumenali il tabernacolo NON contiene il Corpo di Gesù Eucarestia, ma MOSTRA LA PRESENZA SACRAMENTALE DI GESÙ NELLE SCRITTURE!!!
Ma NON "NELLE" specie eucaristiche.
NO.
La presenza sacramentale di Gesù è NELLE scritture, non si dice anche “NELLE” SPECIE EUCARISTICHE.

È una parolina mancante, una sola, MA STRAVOLGE TOTALMENTE IL SENSO:

Il tabernacolo, secondo loro, MOSTRA la Bibbia, che rappresenta la PRESENZA SACRAMENTALE di Gesù NELLE SCRITTURE, “E” “MOSTRA” LE SPECIE EUCARISTICHE.

MOSTRA LE SPECIE EUCARISTICHE???

Il tabernacolo CONTIENE il Corpo REALE di Cristo NELLE SPECIE EUCARISTICHE CONSACRATE, il Santissimo SACRAMENTO, non delle generiche “specie eucaristiche”.

No, non crediamo ad un errore di trascrizione.
Dietro c’è proprio la classica deformazione malvagiamente neocatecumenale: intanto il tabernacolo non MOSTRA ma CONTIENE, non le specie eucaristiche in senso generico, ma proprio IL CORPO DI CRISTO, reale e permanente, nel cattolicesimo.

Quell’ “e” non seguita da “nelle”, è tutto un programma negazionista della presenza reale del Corpo di Gesù nelle specie consacrate, almeno della sua “permanenza” oltre la Liturgia.

Non so se mi sono spiegata bene.
È una questione anche grammaticale:

Il tabernacolo = soggetto
mostra = predicato verbale
(cosa?) la presenza reale = complemento oggetto
(di chi?) di Gesù = complemento di specificazione
(dove?) nelle Scritture = complemento di luogo (figurato)
e (mostra) = predicato verbale
(cosa?) le specie eucaristiche = complemento oggetto

Quindi, NON MOSTRA la presenza reale di Gesù “NELLE” SPECIE EUCARISTICHE, ma MOSTRA “SOLO” LE SPECIE EUCARISTICHE, genericamente.

Come se non bastasse, si continua la descrizione spiegando che “nella parte superiore del Tabernacolo è inciso l’Albero della Vita (proprio come il significato della menorah nella kabbalah), che produce frutti. PREFIGURAZIONI DELLE SEFIROT.”

Parte superiore del tabernacolo
nel R.M. di Perth, con relativa
"prefigurazione delle Sefirot"

DELLE SEFIROT???

Cosa sono le Sefirot?

Ovunque si cerchi compare sempre la stessa spiegazione: sono le 10 essenze fondamentali della Kabbalah.
Sono le dieci modalità o gli “strumenti” di Dio attraverso cui l’Ein Sof (l’Infinito) si rivela e continuativamente crea sia il reame fisico che la Catena dei Reami metafisici superiori (Seder hishtalshelus).
Sono: Kèter, Chokhmàh, Binàh, Dàat, Chèssed, Ghevuràh, Tifèret, Nèzakh, Hod, Yessòd e Malkhùth.

Le 10 sefirot
emanazioni  della
Kabbalah

È questo il credo cristiano?

Un tabernacolo rinchiuso dietro spesse e grandi porte che MOSTRA le specie eucaristiche e la PRESENZA SACRAMENTALE di Gesù NELLE SCRITTURE, su cui l’incisione dell’Albero della Vita produce dei frutti che prefigurano le Sefirot???

Detto questo, possiamo allora meglio comprendere perché il tabernacolo neocatecumenale è “a due piazze”, in considerazione anche del fatto che nelle sinagoghe ebraiche è sempre presente l’ARON.

Che cosa è l’Aron?

Aron ebraico

L'Aron è l’Armadio Sacro ed ha una grandissima importanza all'interno della sinagoga per la liturgia ebraica, perché è il mobile deputato a CONTENERE il Sefer Torah, i rotoli della legge. Ogni SABATO, durante le funzioni, vengono srotolati e letti. Poi vengono riposti all'interno dell'Aron.

Presenta sempre ANTE APRIBILI con all'interno i rotoli dei testi sacri.

Ed ecco svelato l’ennesimo arcano degli arcani!

Il “tabernacolo neocatecumenale a due piazze” altro non è che il sincretismo sacrilego tra l’Armadio Sacro ebraico, l’Aron, che contiene la Scrittura, e il tabernacolo cristiano che NON contiene il Corpo REALE di Cristo, ma MOSTRA le specie eucaristiche (come le potrebbe mostrare un negozio di arredi sacri). 

La Scrittura sta SOPRA ed il tabernacolo sta SOTTO.
Il tabernacolo MOSTRA la presenza reale di Gesù NELLA Scrittura.
Il tabernacolo MOSTRA le (generiche) specie eucaristiche.

E così, Gesù in persona, Gesù REALE, si trova annoverato con pari dignità (senz’altro meno) alla Scrittura e sottostà (proprio come posizionamento) alle 10 Sefiroth kabbalistiche.

Da qui escono i “preti” neocatecumenali.

Non si può allora parlare di disprezzo e umiliazione, come recita il canone 1367 del Codice di Diritto Canonico?

Francesco, Papa Francesco, alzati!

giovedì 16 novembre 2023

LA MENORAH SULLE MENSE EUCARISTICHE CRISTIANE?

Tutti sappiamo benissimo che nelle Eucarestie neocatecumenali svetta la MENORAH, candeliere ebraico e massonico, al centro della “mensa”, mai chiamata “altare” perché secondo Kiko & Co, l’altare è "un retaggio su cui facevano sacrifici i pagani".

Vediamo allora se l’utilizzo della MENORAH sulle MENSE NEOCATECUMENALI ha ragione di esistere, se è concesso dal Messale Romano che stabilisce le regole degli arredi sacri dell’altare con precisione.

Hannukkiah a 9 braccia
in una "liturgia" neocatecumenale



Molti intuiscono l’inopportunità ed il sincretismo introdotto da tale arredo, sacro per gli ebrei ma non per i cristiani, almeno non ai fini della Liturgia, ma non ne conoscono bene il fondamento, la sua eventuale o non eventuale liceità ed ammissibilità.

Diamo prima alcune informazioni sulla MENORAH, di modo che si possa comprendere il suo valore ed il suo significato.

La Menorah è una lampada ad olio a SETTE BRACCI che nell'antichità veniva accesa all'interno del Tempio di Gerusalemme attraverso la combustione di OLIO CONSACRATO.
È UNO DEI SIMBOLI PIÙ ANTICHI DELLA RELIGIONE EBRAICA.
Nelle sinagoghe, oltre ad una lampada semplice ad olio sempre accesa di fronte all'Aron, è spesso presente una menorah o una sua rappresentazione. Una menorah è rappresentata anche sullo stemma dello Stato di Israele.

Mensa-altare domestico neocatecumenale


È il più importante tra i SEGNI DELL'EBRAISMO, il MAGGIORE ed il PIU’ ANTICO.

La Menorà era simbolo di saggezza e di illuminazione. Essa ricordava anche, come ricordano i testi, il roveto ardente, e con i suoi sette bracci è stata ancora interpretata come il simbolo della creazione che appunto richiese sette giorni per realizzarsi. La lucerna centrale simboleggerebbe il Sabato. Essa è stata interpretata anche alla luce delle dottrine cabalistiche. La Menorà fu per secoli il simbolo stesso dell'ebraismo.

LE SETTE LAMPADE ALLUDONO AI RAMI dell'UMANA CONOSCENZA , rappresentati dai sei lampade inclinati all'interno verso, e simbolicamente guidati dalla luce di Dio rappresentata dalla lampada centrale. La menorah simboleggia ANCHE LA CREAZIONE IN SETTE GIORNI, con la luce centrale che rappresenta il sabato.
Secondo Clemente di Alessandria e Filone Giudeo, le sette lampade della menorah d'oro rappresentavano i sette pianeti classici in questo ordine: la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno.
Si dice anche a simboleggiare il roveto ardente visto da Mosè sul monte Oreb.

La Menorah è un elemento importante nella QABALAH: il candelabro dell’antica tradizione ebraica è un elemento del Tempio e ha tanti significati simbolici tra cui anche la rappresentazione delle Sephirot: le sfere di emanazione dell’Albero della Vita.
La Menorah nella Qabalah è un simbolo dai molteplici significati. Le sue sette luci rituali rappresentano la genesi del mondo e il popolo eletto. La luce stessa si può rifrangere in sette raggi e sette colori: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto. La Menorah è la luce per eccellenza, il riflesso del primo atto creativo di Dio. Sette sono i livelli dell’Albero della Vita. La simbologia del sette fa riferimento anche ai misteri egizi che hanno compenetrato la Qabalah sin dai tempi di Mosè e Aronne, ci sono forti riferimenti anche all’astronomia e alla successiva simbologia cristiana.
I 22 ingrossamenti della Menorah (bulbi, corolle o fiori) rappresentano le 22 lettere dell’alfabeto ebraico, preesistenti (secondo la Qabalah) alla stessa creazione del mondo.
Ogni lettera diventa quindi uno strumento di meditazione per la Qabalah, se si seguono i 22 sentieri che uniscono tra loro le 10 Sephirot.
La Menorah nella sua interezza rappresenta le dieci Sephirot dell’Albero della Vita, che a sua volta rappresenta la Scala di Giacobbe (Genesi 28), la cui base è appoggiata sulla terra e la cui cima tocca il cielo. La lampada centrale della Menorah è la Sephirot numero 1 Kether, la corona/il principio, la lampada alla sua destra sul primo braccio è Hokmah, la seconda sfera ovvero la duplicazione/polarità, la lampada alla sinistra è Binah, la terza ovvero la moltiplicazione/generazione. Queste tre sfere rappresentano il Triangolo Divino.

Ma la MENORAH è anche un simbolo massonico per eccellenza:

A mio parere il punto più sensibile di contatto tra tradizione ebraica e Massoneria: la Luce. La MENORAH è posta davanti al Maestro Venerabile che da Oriente irradia la sua Luce, luce di Saggezza che illumina la Loggia, come recita il Rituale dell’Apprendista. Non a caso Atena, simbolo di Saggezza, è posta accanto al Venerabile, esempio del sincretismo simbolico di cui l’Officina è permeata. La Menorah brilla della luce delle sue sette lampade e dà sostanza alla luce spirituale dell’Oriente e, poiché come già detto, essa si identifica con Hokmah, la Saggezza, la potenza del simbolismo sapienziale si accresce in un rimando continuo tra Atena e il Candelabro.

Ogni fiamma dei sette bracci rappresenta uno dei sette pianeti sacri: Sole (braccio n. 1), Luna (braccio n.  2), Marte (braccio n. 3), Mercurio (braccio n. 4), Giove (braccio n. 5), Venere (braccio n. 6), Saturno (braccio n. 7).

Per noi massoni questo oggetto è importante sia  dal lato storico che da  quello simbolico.
Sotto l’aspetto storico, è UN  INDISPENSABILE ARREDO  PER LA COSTRUZIONE DEL TEMPIO, come   le due colonne, il pavimento a scacchi e  tutto il resto.
Sotto l’aspetto simbolico è LA RAPPRESENTAZIONE DELLA LOGGIA."

Ci sarebbe moltissimo altro, ma per farci un’idea può bastare.

Quindi è chiaro: la MENORAH ha molti significati: ebraico, cabbalistico, esoterico, massonico.
Nessun significato cristiano.

Eppure sulle mense neocatecumenali è d’obbligo e troneggia AL CENTRO della mensa, dove dovrebbe stare il crocifisso.

Potrebbe darsi allora che, volendo essere buoni, la si possa considerare come un semplice arredo insignificante ed ingenuo, visto che si dice che questo candelabro fu scelto da Carmen “casualmente” mentre girovagava nei mercatini ebraici in Israele. L’acquistò in David street a Gerusalemme: le piacque e la annoverò subito tra gli arredi neocatecumenali principali.

Ma purtroppo la cosa non è così semplice né ingenua, perché esiste il Messale Romano attuale che dispone CHIARAMENTE come deve essere arredato l’altare e, al di là della mancata menzione della Menorah, che volendo essere buoni potremmo comunque annoverare nella dicitura “candelabri”, precisa senza ombra di dubbio quante debbono essere le luci sull'altare, variabili in considerazione delle varie tipologie di celebrazioni.

Da lì emerge chiaro che 7 luci, o 7 ceri IN CERA e non in olio come le ampolline della MENORAH, sono possibili solo durante le celebrazioni del Vescovo, per motivi ben precisi, mentre in tutte le altre celebrazioni eucaristiche debbono essere secondo i numeri stabiliti: 2, 4 o 6. Mai 7. Mai 9 come nella Hannukkah.

Allora vediamo, dal Messale Romano:

117. L’altare sia ricoperto da almeno una tovaglia bianca. In ogni celebrazione sull’altare, o accanto ad esso, si pongano almeno DUE candelabri con i ceri accesi, o anche QUATTRO o SEI, specialmente se si tratta della Messa domenicale o festiva di precetto; se celebra il Vescovo della diocesi, si usino SETTE candelabri. Inoltre, sull’altare, o vicino ad esso, si collochi la croce con l’immagine di Cristo crocifisso.

Don Enrico Finotti spiega molto bene questa disposizione:

“Ora l’altare è sì anche mensa, ma è la Mensa del Signore, sulla quale viene deposto il suo Corpo e il suo Sangue e dalla quale si innalza il suo Sacrificio redentore. Per questo l’arredo liturgico deve rivelare il mistero invisibile e ad esso condurre l’animo dei fedeli. I ceri dell’altare quindi non sono semplicemente come quelli che allietano una cena di gala, ma devono poter proclamare la presenza viva di Cristo e del suo Spirito e muovere i cuori dei presenti alla venerazione. Per riuscire in questo intento sacro è necessario adottare una regola ben precisa, diversa dall’uso profano. Disporre i due candelabri (o ceri) o i due gruppi di essi sui due lati della mensa delinea un’identità esclusiva e tipica dell’altare, SOTTOLINEA LA CENTRALITÀ DELLA CROCE, se questa si erge nel mezzo, e il popolo cristiano, subito, ne coglie l’originalità nella continuità della tradizione liturgica.

Sarebbe anche interessante, che nei candelabri, posti simmetricamente alle due estremità della mensa, o comunque divisi dalla croce che sta in mezzo, si ravvisi il simbolo delle due nature del Verbo incarnato, vero Dio e vero Uomo. La croce poi, quale vessillo di passione e di gloria, compirebbe il simbolo col riferimento alla Pasqua di morte e risurrezione. Così l’altare rappresenta ‘iconicamente’ Cristo nei due fondamentali aspetti del suo Mistero: l’Incarnazione e la Redenzione. In tal modo la PRESENZA REALE e L’ATTO SACRIFICALE troverebbero una mirabile espressione simbolica.

In questa riflessione è voluto proporre una necessaria verifica sugli arredi dell’altare per non continuare ad essere dominati da pregiudizi gratuiti, assunti in modo acritico da usi ormai diffusi, ma scorretti e abusivi. E’ necessario riprendere con intelligenza e buon gusto aspetti importanti, abbandonati con troppa facilità e che assicurano, nella continuità della tradizione, la profonda ricchezza dei simboli liturgici. Si tratta di far nuova chiarezza, nel tumulto talvolta frettoloso e superficiale, in cui ci può condurre una prassi liturgica senza teologia e senza radici.

Si afferma anche che i ceri sull’altare durante la Messa simboleggino gli Angeli:

“I ceri accesi sull’altare durante la Messa, a destra ed a sinistra del Crocifisso esprimono ancora i santi Angeli e l’unione intima della Chiesa del cielo con la Chiesa della terra nella celebrazione del Santo Sacrificio…
Anche gli Angeli sono spesso chiamati dai Santi Dottori «delle luci celesti, delle stelle, degli astri viventi», etc. per questo motivo, la Chiesa ha ordinato fin dalle origini, che non si celebrasse Messa senza luce; e dopo i primi secoli, è stato ordinato che queste luci fossero delle CANDELE DI CERA. Il cero è in effetti, una sostanza purissima, raccolta dalle api nel calice dei fiori più balsamici…
Se le persone di chiesa conoscessero bene ed osservassero religiosamente questi minimi dettagli del culto divino, esse troverebbero nelle loro funzioni una fonte inesauribile di significato pratico, e non si abituerebbero, come spesso succede, a trattare le cose sante, come volgarmente si dice, sottogamba. Ordinariamente, nulla edifica meno della grossolana familiarità che induce la gente di chiesa ad assolvere le loro funzioni intorno ai santi altari.”

Questo lo spiega benissimo mons. De Ségur.

Invece padre McNamara, professore di Teologia e direttore spirituale, spiega la mancanza di relazione della MENORAH con le sette candele utilizzate ogni volta che un vescovo celebra la Messa:

“No, NON C’È ALCUNA RELAZIONE DIRETTA E PROBABILMENTE NEPPURE INDIRETTA.
Alcune usanze ebraiche sono entrate direttamente nel culto cattolico sin dall’inizio, ad esempio parole come Amen, Alleluia...
Le sette lampade dell’Apocalisse potrebbero essere in qualche modo legate alla menorah, ma questo non ha influenzato la loro introduzione nella liturgia...
Il Cerimoniale dei Vescovi per la Messa pontificale del vescovo dice infatti chiaramente che I CERI posti sull’altare devono essere sette.”

Quindi, anche il numero dei ceri da apporre sull’altare per la Messa è ben determinato, come abbiamo visto:

“Vi è un'ACCURATA REGOLAMENTAZIONE del numero dei CERI da porre sull'altare, sia in relazione alla solennità della messa (nella messa pontificale devono essere almeno sette, per la messa solenne sei, per la messa cantata quattro e per quella semplice due) che della festa: sei ceri accesi nelle solennità (già feste di prima classe), quattro nelle feste (già feste di seconda classe) e due nelle altre date.”

Messa di Benedetto XVI

Inoltre, questa Menorah, NON DEVE OCCUPARE IL POSTO DEL CROCIFISSO, che dovrebbe stare al centro quando è sull’altare eucaristico e non è posto “a lato”:

La disposizione classica della CROCE AL CENTRO e dei candelabri ai lati sull’altare è certamente quella che assicura meglio la loro natura di insegne proprie dell’altare, in quanto fanno corpo con esso. Questa forma è certamente la meta migliore che si dovrebbe raggiungere, anche secondo le indicazioni del Sommo Pontefice.

Ecco allora i motivi per cui LA MENORAH EBRAICA NON HA DIRITTO DI ASILO SUGLI ALTARI EUCARISTICI CRISTIANI:

1) È uno dei maggiori simboli dell’ebraismo
2) È uno dei maggiori simboli della Massoneria
3) Ha chiari e netti significati esoterici e cabbalistici
4) Ha 7 o 9 braccia, e ciò non è consentito dal Messale Romano, in cui 7 LUCI (ceri), sono consentiti SOLTANTO nelle Messe vescovili, altrimenti DEVONO essere 2, 4 o 6. Mai 7 o 9.
5) È alimentata con olio, secondo le disposizioni ebraiche, mentre le luci, i ceri, devono essere DI CERA d’api, elemento purissimo.
6) Non ha attinenza con gli arredi sacri del cristianesimo.

Può bastare?

giovedì 9 novembre 2023

E SE CHI “NON HA ORECCHI” NON INTENDE?

Siccome spesso parliamo dei “missionari” neocatecumenali, famiglie in missione, “missio ad gentes” ed itineranti vari, ci sembra bene ricordare la strigliata che riservò loro Papa Francesco nel 2016, quando incontrò 270 famiglie pronte a partire.

Al di là dell’incipit, convenevoli di prassi nella prima introduzione del discorso, i punti toccati dal Papa mostrano che è a conoscenza delle derive neocatecumenali e perciò tenta (inutilmente) di riprenderli con le buone, desideroso che si ravvedano.

Cosa mai accaduta, nemmeno in costanza delle reprimende dei Papi precedenti, che non hanno mancato di sottolineare certi aspetti da correggere in seno a questo Movimento.

Anche noi, pur nutrendo poche speranze, ci auguriamo che si ravvedano, per questo riproponiamo le parole del Papa, dritte al centro delle problematiche neocatecumenali di sempre:

“Vorrei sottolineare tre parole che il Vangelo vi ha appena consegnato, come un mandato per la missione: unità, gloria e mondo.”

Riassumiamo:

“UNITA’": Gesù prega il Padre…  È la sua ultima richiesta prima della Passione, la più accorata: CHE CI SIA COMUNIONE NELLA CHIESA. 

La comunione È ESSENZIALE. 
Il nemico di Dio e dell’uomo, il diavolo… può fare molto male alla Chiesa tentando la nostra umanità.
PROVOCA LA PRESUNZIONE, IL GIUDIZIO SUGLI ALTRI, LE CHIUSURE, LE DIVISIONI. 
Lui stesso è “il divisore” e comincia spesso col farci credere che siamo buoni, magari migliori degli altri: così ha il terreno pronto per seminare zizzania. 
È la tentazione di tutte le comunità e si può insinuare anche nei carismi più belli della Chiesa.
Voi avete ricevuto un grande carisma… Ma il carisma può deteriorarsi QUANDO CI SI CHIUDE O CI SI VANTA, QUANDO CI SI VUOLE DISTINGUERE DAGLI ALTRI. 
Custodite il vostro carisma! Come? Seguendo la via maestra: l’unità umile e obbediente.
Se c’è questa, lo Spirito Santo continua a operare… (ndr. e se non c’è?) È sempre necessario vigilare sul carisma, purificando gli eventuali eccessi umani mediante la RICERCA DELL’UNITÀ CON TUTTI E L’OBBEDIENZA ALLA CHIESA.
Così si respira NELLA Chiesa e CON la Chiesa; così si rimane figli docili della «Santa Madre Chiesa Gerarchica», con «l’animo apparecchiato e pronto» per la missione (S. Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, 353)”

Ebbene, pare proprio che Papa Francesco sappia che questo Movimento porta divisione nella Chiesa, che non è obbediente e che non sta in comunione con la Chiesa e con gli altri cristiani, che sono presuntuosi, giudicatori dei “cristiani della domenica” e di vescovi e preti “faraoni”, che sono chiusi e divisori.

Sa che nonostante si definiscano “poveracci” a parole, in realtà si credono migliori, quelli che vivono la fede “più al profondo”.
Sa che si vantano e si vogliono distinguere in tutto, che sono sintomi del “carisma deteriorato”.
Insegna loro anche il modo per rimanere nella retta via: umiltà ed obbedienza alla gerarchia.
Altrimenti lo Spirito Santo “non continua ad operare”.
Solo a questi patti si può avere l’animo pronto per la missione.

E’ chiaro.
Il Papa non poteva certo non riconoscere il “carisma”, altrimenti avrebbe messo in discussione quella certa parte di Chiesa, Papi precedenti compresi, che hanno lasciato spazio a questo Movimento.
Senza “carisma” non avrebbero avuto ragione di occupare un posto nella Chiesa quindi, gioco forza lo deve rammentare.

Noi sosteniamo, invece, che questo carisma non c’è stato mai, ma si è trattato di una superficialità (chiamiamola così) all’interno della gerarchia, che fin dagli inizi ha permesso a tutti (e quindi anche al Movimento Neocatecumenale), di portare avanti la riscossa del laicato promossa dal Concilio “pastorale” Vaticano II.

Continua Papa Francesco, sempre sull’UNITA’:

“Sottolineo questo aspetto: la Chiesa è nostra Madre. Come i figli portano impressa nel volto la somiglianza con la mamma, così tutti noi assomigliamo alla nostra Madre, la Chiesa. DOPO IL BATTESIMO NON VIVIAMO PIÙ COME INDIVIDUI ISOLATI, MA SIAMO DIVENTATI UOMINI E DONNE DI COMUNIONE, CHIAMATI AD ESSERE OPERATORI DI COMUNIONE NEL MONDO.
Questa è la fecondità della Chiesa, che è Madre: NON È UNA ORGANIZZAZIONE CHE CERCA ADEPTI, O UN GRUPPO CHE VA AVANTI SEGUENDO LA LOGICA DELLE SUE IDEE, ma è una Madre che trasmette la vita ricevuta da Gesù.
Questa fecondità si esprime attraverso il ministero e la guida dei Pastori. Anche l’istituzione è infatti un carisma, perché affonda le radici nella stessa sorgente, che è lo Spirito Santo. Lui è l’acqua viva, ma l’acqua può continuare a dare vita solo se la pianta viene ben curata e potata. Dissetatevi alla fonte dell’amore, lo Spirito, e prendetevi cura, con delicatezza e rispetto, dell’intero organismo ecclesiale, specialmente delle parti più fragili, perché cresca tutto insieme, armonioso e fecondo.”

Papa Francesco mostra di avere chiara la questione neocatecumenale, altrimenti avrebbe detto altre cose, si sarebbe complimentato per l’unità e la comunione che portano nella Chiesa, obbedendole.

Passa poi al secondo argomento: LA GLORIA:

“…  la gloria mondana si manifesta quando si è IMPORTANTI, AMMIRATI, QUANDO SI HANNO BENI E SUCCESSO. Invece la gloria di Dio si rivela sulla croce: è l’amore, che lì risplende e si diffonde.
È una gloria paradossale: SENZA FRAGORE, SENZA GUADAGNO E SENZA APPLAUSI.
Ma SOLO QUESTA GLORIA rende il Vangelo fecondo. 
Così anche la Madre Chiesa è feconda quando imita l’amore misericordioso di Dio, che si propone e MAI SI IMPONE. 
Chi annuncia l’amore non può che farlo con lo stesso stile di amore.”


"Senza fragore..."

Poche parole, ma che inequivocabilmente dimostrano che il Papa sa quanto i neocatecumenali tengano ai beni e al successo, nonché all’ammirazione.

Di beni extra lusso neocatecumenali hanno riempito il globo, per lo più semi vuoti, come gli oltre cento seminari “privati”.
Del successo poi non ne parliamo: numeroni sempre gonfiati per nascondere che sono un ruscello, tentando di sembrare l’oceano.
Che dire poi del FRAGORE, il GUADAGNO e gli APPLAUSI?
Credo non ci sia bisogno di aggiungere nulla: chi conosce i neocatecumenali sa che VIVONO DI QUESTO.

Senza fragore.
Beato Angelico: 
San Domenico di Guzmán
Ultima strigliata del Papa, IL MONDO:

“Dio non è attirato dalla mondanità, anzi, la detesta; ma ama il mondo che ha creato, e ama i suoi figli nel mondo così come sono, là dove vivono, anche se sono “lontani”. 
Non sarà facile per voi la vita in Paesi lontani, in altre culture, non vi sarà facile. Ma è la vostra missione. E questo lo fate per amore, per amore alla Madre Chiesa, ALL’UNITÀ di questa madre feconda; lo fate perché la Chiesa sia madre e feconda.
Mostrate ai figli lo sguardo tenero del Padre e considerate un dono le realtà che incontrerete; familiarizzate con le culture, le lingue e gli usi locali, RISPETTANDOLI e riconoscendo i semi di grazia che lo Spirito ha già sparso
SENZA CEDERE ALLA TENTAZIONE DI TRAPIANTARE MODELLI ACQUISITI, seminate il primo annuncio: «ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario» (cita l’Evangelii Gaudium, 35: “Una pastorale in chiave missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine che si tenta di imporre a forza di insistere”).”

Parla di amore alla Chiesa, all’unità feconda, e quindi li esorta a non fare come hanno sempre fatto, NON familiarizzando con le culture (unico esempio per tutti il Giappone), NON trapiantando modelli acquisiti (il Movimento Neocatecumenale vive dei suoi modelli in tutto), NON imponendosi (come hanno sempre fatto ovunque all’interno di parrocchie “preformate da altri”).

Potrebbero dire i neocatecumenali “Eh, ma voi avete omesso le parole buone che il Papa ci ha indirizzato!”

Al che noi rispondiamo:

“Cari fratelli neocatecumenali, se un Papa, quando parla ad un gruppo, omettesse di dire qualche parola “buona” sparsa qua e là, avrebbe già decretato in quel medesimo istante la FINE di quel gruppo. 
Nella Chiesa non può sussistere qualcosa di cui si parla solo in negativo.
Nella dialettica ecclesiale, quindi, sono sempre presenti ringraziamenti, a volte freddi riconoscimenti di circostanza, anche solo per giustificare l’esistenza di coloro ai quali si rivolgono.
Non vi fate troppe illusioni, quindi, il Papa ha mostrato di sapere bene quelli che da 50 anni sono i vostri punti deboli, mai modificati, ed evangelicamente esprime parole e concetti perché “chi ha orecchi per intendere, intenda”.
Noi abbiamo inteso”.

giovedì 2 novembre 2023

Il sordido caso di "don E."

Eucarestia neocatecumenale
con celebrante presbikiko
Nostra traduzione di un articolo comparso originariamente su Thoughtful Catholic.


IL SORDIDO CASO DI DON E.

Certi preti cattolici hanno talvolta avventurette sessuali con qualche donna, in violazione delle loro sacre promesse. A volte queste donne sono sposate; a volte, sposate o no, restano incinte. In molti casi, e spesso anche nei casi di gravidanza, tali sacerdoti, nel corso del tempo, potrebbero tornare al loro ministero sacerdotale, con la dovuta prudenza da parte dell'autorità della Chiesa.

Mi è capitato recentemente di ricevere un resoconto del genere (no, non è quello del presbitero neocatecumenale in Venezuela). Mi è stato raccontato di questo presbitero, che chiameremo "don E.", ed ometteremo deliberatamente gli orribili dettagli perché vorrei prima accertarmene meglio prima di raccontare l'intera storia. E se tali dettagli sono confermati, le teste di certi leader neocatecumenali - e probabilmente anche quella di un certo vescovo - dovranno rotolare. Per cui, se siete stati membri di una parrocchia neocatecumenale e la storia di questo "don E." vi sembra stranamente familiare, fatemelo sapere, specie riguardo ai dettagli che qui ho preferito non menzionare.

Dunque, questo "don E." fu assegnato in parrocchia come viceparroco ("vicario parrocchiale") subito dopo l'ordinazione. Subito dopo iniziò a consigliare una coppia il cui matrimonio attraversava delle difficoltà (non conosco che tipo di difficoltà), e in breve fu in intimità con la donna, e anche ad averci rapporti sessuali. La donna restò incinta, e restò col dubbio se il figlio fosse del presbikiko o del marito.

La donna si convinse che il presbikiko avrebbe dovuto abbandonare il sacerdozio per lei, e che lei avrebbe dovuto lasciare il marito. Il presbikiko tentò di convincerla che lui sarebbe sempre stato presbitero e che lei non avrebbe dovuto rovinare il proprio matrimonio (in pratica, voleva la botte piena e la moglie ubriaca: non ci stava cascando, aveva scelto in piena coscienza di fare ciò che aveva fatto).

La faccenda giunse più in alto e, appurato che il nascituro era figlio del marito anziché del presbikiko, l'arcidiocesi offrì una possibile soluzione. Ma ricordo che all'epoca si disse che "don E.", per essere stato beccato con una donna, sarebbe partito per un'altra destinazione e non sarebbe rientrato. Pensai che fosse in vacanza a casa e che il fattaccio fosse avvenuto lì [in vacanza], non sapevo che cosa stava succedendo finché non mi dissero che costui era ancora "in servizio" come viceparroco di quella parrocchia. Seppi poi che aveva deciso di continuare a vivere il sacerdozio e che... era stato inviato in una struttura [neocat] della Terra Santa.

Era sempre stato nel Cammino ed era stato formato in un Redemkikos Mater.

"Don E." fu poi rimosso dal ministero dal vescovo diocesano, ma incredibilmente gli venne assegnato un altro incarico, sempre da viceparroco. Un po' di tempo dopo gli eventi descritti sopra, e dopo aver servito come viceparroco in almeno un'altra parrocchia, venne infine nominato parroco di un'altra parrocchia, posizione che occupa ancor oggi.




Nostre note a margine:

- un tumore spirituale come il Cammino può svilupparsi solo in presenza di una Chiesa malata. Quando le curie e i vescovi hanno come unica urgenza quella di "coprire le parrocchie" e di "nascondere la polvere sotto il tappeto", finisce sempre che ogni pessimo soggetto fa i suoi porci comodi... e fa anche carriera;

- nel Cammino Neocatecumenale insegnano che "il Signore perdona sempre" (senza mai dire che perdona solo chi è veramente pentito ed ha il proposito di non peccare più), e così va a finire che i kikos danno facilmente a sé stessi una sorta di "autorizzazione a peccare" ("tanto il Signore perdona sempre, tanto è impossibile non peccare, tanto quando Dio mi toglie la mano dalla testa, ne combino di ogni!"), col risultato che un pretino come quello, fresco di ordinazione, subito si dà da fare per procacciarsi occasioni di peccato;

- la formazione nei seminari Redemkikos Mater, seguendo lo stile e le linee del Cammino, produce dunque pessimi presbiteri, che serviranno solo come elementi ornamentali delle celebrazioni kikolatriche del sabato sera, e poco altro; quelli che la vocazione ce l'avevano veramente, sono scappati dal Cammino (o ne sono stati espulsi); dunque è legittimo chiedere che "rotolino le teste" di coloro che hanno consentito che un presbikiko del genere ricevesse incarichi in diocesi (chi attraverso pressioni, chi per propria responsabilità).