sabato 30 giugno 2012

Convivio fraterno o Santo Sacrificio?

Riprendo questo messaggio di Mav, che critica la deviazione dei discorsi, che in genere non è altro che la conseguenza degli interventi, seguendo i quali - spesso stornanti l'argomento principale di proposito : non è una illazione, basta darsi il tempo e la pazienza di approfondir meglio l'andamento del blog - e cerco di rispondergli il più esaustivamente possibile.
Comunque nella prima Celebrazione Eucaristica a parte la presenza del Cristo ( vero asse verticale ) solo la sala era in alto essendo posta al primo piano. Ed era un "seder" e su questo non ci piove. Quindi qualsiasi forma ordinaria o straordinaria che arriva a noi oggi rimane e rimarrà sempre difforme dall'originale se non nella sola parte centrale: La Consacrazione. Allora vuol dire che la sostanza è l'essenza. A questo punto ovviamente discutere sulle forme diventa marginale. Voi asserite che nella sostanza non si celebra la stessa messa. Questo è l'unico vero argomento di discussione. In ogni caso non si riesce a fare una discussione a tema. Qui si dovrebbe parlare di chiese. E voi mi direte che è tutto legato. Va bene allora se è tuitto legato fate una unica pagina interminabile su cui si discute di tutto ed in fondo di nulla. Tutto è spezzettato in tante pagine in cui mai si riesce a stare a tema. Contenti voi. su La mimetizzazione continua: anche nei testi sull'arte sacra...
Meno male che riconosce nella presenza di Cristo il vero asse verticale della Celebrazione. Rendiamoci tuttavia conto che si tratta di una Presenza che non è mai venuta meno fino ad oggi e che non verrà mai meno fino alla fine dei tempi, perché è Lui che l'ha voluta e ce ne ha consegnate le coordinate precise, che la Chiesa custodisce e vive col massimo rispetto, consapevolezza e partecipazione.

Ovvio che nell'Ultima Cena è stata usata una "sala al piano superiore" e si è trattato di Seder. Di per sé seder vuol dire ordine=Ordo come quando diciamo Ordo Missae per indicare l'insieme delle formule dei segni e dei gesti -assolutamente non arbitrari, ma codificati dalla fede di generazioni di credenti a partire dalla "consegna" del Signore- che hanno un loro ritmo, un crescendo e un culmine nella consacrazione, durante la quale non solo si fa Presente ogni volta il  Signore, ma -ed è Actio Sua attraverso il sacerdote che agisce in persona Christi- viene ri-prodotto e ri-presentato al Padre il Santo Sacrificio che costituisce il "vero culto" a Dio. Qualunque altra 'forma', arbitrariamente imposta dalle mode del tempo, non è altro che scimmiottatura e profanazione.

Dunque partiamo dal fatto che l'Ultima Cena era un Seder pasquale; ma non dimentichiamo che proprio in esso il Signore ha fatto e iniziato qualcosa di completamente NUOVO, inaugurando la Pasqua=passaggio=pesach cristiana in luogo di quella giudaica. Il che Significa che noi non viviamo l'esodo per poi raggiungere la Terra Promessa, ma la Pasqua Cristiana è già nella Terra Promessa che è il Signore e il "passaggio" è dalla morte alla vita, nel senso che è la liberazione definitiva dalla schiavitù del peccato ereditata dal "peccato originale", vinta una volta per tutte sulla Croce attraverso un fiat voluntas tua, che ha sanato la prima disobbedienza di un  terribile non serviam, che ha contagiato i nostri progenitori e noi attraverso essi. È da questo che il Signore ci ha redenti a caro prezzo, come vittima di espiazione=kippur (è detto nella formula di consacrazione) al nostro posto. Ma c'è chi insegna: "che Dio è quello che pretende il sacrificio del Figlio"? E solo per questa affermazione, senza soffermarci sul resto, non entra e non "fa entrare" i suoi adepti nel grande mistero di amore oblativo che è proprio di Cristo e dei "Suoi".

E già nell'Ultima Cena il Signore ha condotto i suoi discepoli sul Calvario, facendoli partecipare a quanto sarebbe lì accaduto e ha reso presente per loro il Corpo e il Sangue della Vittima, comandando loro di continuare a celebrare questi Santi Misteri: ogni volta che farete QUESTO lo fate in memoria di me. In ebraico zikkaron non è semplice memoriale, ricordo, ma un "fatto" che perpetua e riattualizza, oggi in maniera incruenta, ciò che significa e quindi lo ri-produce. Lo è tanto più la Santa Messa cattolica, che ripete in persona Christi le Parole pronunciate dal Verbo Incarnato per noi...

Ecco perché l'Altare (e non la tavola da pranzo) simboleggia il Calvario. Ecco perché ai piedi dell'altare, prima di salirvi il sacerdote recita (e il popolo risponde) i salmi delle ascensioni (tutte le principali tappe della Storia della Salvezza accadono su un "monte"). Ecco perché sull'altare è posto il "corporale", che simboleggia la sacra Sindone. Quando il sacerdote lascia cadere la ‘vittima’ sul corporale lo fa sotto il crocifisso posto sull'altare, come se fosse una “deposizione” dalla croce... lo svolgersi della celebrazione è tutto un crescendo, ma il sacrificio eucaristico inizia già nell'Offertorio, che non è un retaggio pagano, come insegnano falsi profeti recentemente inopinatamente approvati, e non è neppure una berakàh ebraica, ma il culmine dell'obbedienza del Nuovo Adamo, cioè del Signore Gesù ed è per questa che Egli è stato Risuscitato per la Vita eterna e noi con Lui, se in Lui “rimaniamo”. E solo dopo questo momento, "passaggio" ineludibile, possiamo partecipare al "banchetto escatologico" (quello degli ultimi tempi che sono i nostri) e nutrirci del Corpo e Sangue del Signore che ci fa UNO in lui e con tutti i "communicantes" che sono sia i fedeli che partecipano alla celebrazione che la "Comunione dei Santi", insieme alla Vergine Maria, cioè la Chiesa di ieri di oggi e di domani: è questa la nostra "comunità", che non è meno vera di quella che tocchiamo e viviamo materialmente. Peccato che con l'accantonamento della metafisica queste cose non siano più familiari ai fedeli sempre più immersi nell'orizzontalismo e nella banalità, come se un mistero così grande possa essere reso meglio comprensibile da strategie umane, o non lo diventi invece oltre che comprensibile vissuto e pregato per il credente man mano che lo interiorizza e progredisce nel cammino di fede attraverso la vita sacramentale e la personale risposta con pensieri preghiere azioni scelte quotidiane . Parlo, ovviamente, del cammino autentico e non di quello costruito a tavolino a tappe forzate uguali per tutti, che ancora staziona nell'Antico Testamento e si nutre di tante sue suggestioni.

Certo parlavamo di Chiese, partendo dall'architettura nata dalla "Nueva estetica" della quale discutevamo anche la "Nueva teologia", consapevoli che quella del cammino è solo una faccia di derive esistenti in questa nostra Chiesa deformata da molte innovazioni conciliari, alcune delle quali rischiano di diluire fino ad espungere i fondamenti della nostra Fede... Purtroppo il cammino - che non è frutto del concilio ma è un messianismo giudeo-gnostico che è potuto penetrare nella Chiesa proprio grazie alle aperture conciliari - è la deriva più sviante e imposta dall'arroganza degli iniziatori e dai loro appoggi potenti.

Ti basta, Mav? Certo c'è molto altro da approfondire e da dire. Ma qui i dati essenziali ci sono tutti...

giovedì 28 giugno 2012

La mimetizzazione continua: anche nei testi sull'arte sacra...

Ci scrive Francesco Colafemmina, evidentemente interessato in quanto esperto di arte sacra. E così veniamo a sapere che ora "l'architettura dell'ecclesia" è quella neocatecumenale:

Da alcuni neocatecumenali mi è stato presentato con grande enfasi il seguente volume:
Bergamo, Maurizio Del Prete, Mattia, 'Spazi celebrativi. L'architettura dell'ecclesia'
EDB, 2003
Pagine: 400
Collana: Momenti della Chiesa italiana
Formato: 150x210
Prezzo: € 90.00

Dalla presentazione del volume presente sul sito EDB
http://www.dehoniane.it/edb/cat_dettaglio.php/Spazi-celebrativi/?ISBN=92804
Descrizione dell'opera
L'opera "richiama l'attenzione su un compito essenziale della missione della Chiesa. Rimette in luce la dignità liturgica e richiama il significato che lo spazio liturgico riveste in vista della sua realizzazione" (dalla Prefazione).
Nella millenaria storia della Chiesa, l'architettura degli edifici di culto si è costantemente rinnovata per rispondere alle esigenze del tempo. Nel corso dell'ultimo scorcio di secolo, la progettazione delle chiese sembra viceversa aver faticato a recepire la riscoperta della simbologia e del rito cristiano messa in atto con la riforma liturgica del Vaticano II, e la conseguente necessità di una diversa distribuzione dello spazio celebrativo. Il volume non intende avere un approccio teoretico o manualistico, né proporsi come proposta specifica di una particolare "spiritualità" o "movimento", ma piuttosto inventare e sperimentare nuove soluzioni architettoniche in attuazione del concilio per la Chiesa universale."
Nonostante questa presentazione affermi che il volume non propone nessuna particolare spiritualità o movimento, in realtà vi si trova una neanche troppo velata apologia delle stranezze delle 'chiese' ed edifici neocatecumenali, presentati come in linea con la tradizione ecclesiale...

Forse conoscete già questo volume... Se non lo conoscete, perché non avete ancora tirato fuori dal vostro portafogli la bella cifra di 90 euro (prezzo modico neocatecumenale...), vale la pena dargli un'occhiata.
Francesco

Dalla consultazione del sito dell'Editrice, aggiungiamo:
Note sugli autori
Maurizio Bergamo (Venezia 1942) si laurea in architettura nel 1969 presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, dove svolge attività didattica e di ricerca. Ha uno studio professionale a Venezia. Si interessa in modo particolare dell'architettura degli spazi ecclesiali, studiati in riferimento alla riforma liturgica conciliare e alle esigenze di evangelizzazione della Chiesa contemporanea: molte le sue realizzazioni e ristrutturazioni in questo campo.
Mattia Del Prete (Massafra - TA 1948) si laurea presso la Facoltà di Architettura dell'Università di Roma nel 1974. Nel 1976 viene chiamato a collaborare con Francisco Arguello Wirts, con il quale svolge una vasta attività di progettazione tesa alla ricerca di una nuova estetica degli spazi ecclesiali come servizio all'evangelizzazione dopo il Vaticano II, attraverso l'esperienza del Cammino Neocatecumenale. Le sue numerose realizzazioni e ristrutturazioni seguono i criteri di una nuova estetica postconciliare.
La cosa non sarebbe tragica, se dietro quell'architettura non ci fosse una teologia "altra" con simbolismi che veicolano "altro" e portano "altrove", rispetto alla Tradizione Apostolica, con sovvertimento degli spazi sacri e quanto altro abbiamo già discusso in parte qui - qui - qui e anche qui.
Aggiungo qualche notazione:
La "nueva estetica"!
- Non c'è Altare ma la iper-mensa addobbata.
Non c'è Crocifisso ma Channukkiah!
- Non esiste Presbiterio. La disposizione dei fedeli è a cricolo "intorno alla mensa addobbata". C'è un numero spropositato di "pani" (e coppe) che non tengono conto delle norme liturgiche per le "Particole" esistenti nella Chiesa di Roma a ragion veduta. Per non parlare dei balli davidici.

Si può facilmente constatare dalle foto facilmente reperibili di tante chiese fondate dal CN, come lungo l'asse principale della navata siano disposte in linea retta: il fonte (pozza) battesimale, l'altare, l'ambone e da ultimo la sede presidenziale. Questa disposizione non è casuale o semplicemente estetica, ma risponde ad un preciso criterio simbolico dell’iniziatore, atto a creare un forte senso conviviale per mezzo delle eucaristie neocatecumenali. Secondo lui, la chiesa-parrocchia (in sostanza, la Comunità NC) è vista come una donna partoriente: l'altare rappresenta la pancia della donna; sulla mensa eucaristica, infatti, si svolge la «santa cena» e non si ripresenta al Padre, in modo incruento, l’offerta del sacrificio di Gesù, morto per la nostra salvezza e ci si nutre del Suo Corpo e il Suo Sangue (con riferimento alla Pasqua ebraica piuttosto che all’ultima Cena). L'ambone rappresenta la bocca della donna (dall'ambone infatti si proclama la parola del Signore); infine c’è la sede presidenziale che rappresenta la testa della donna. Il fonte battesimale è l’utero. Il presbitero è il semplice presidente dell'assemblea celebrante, una sorta di primus inter pares il cui carisma è quello semplicemente di ministro del culto. Viene a mancare la figura tradizionale dell’Alter Christus. Il sacerdote non presenzia più in vece di Cristo, ma simboleggia il Cristo.

Anche la disposizione delle panche in semicerchio e a gradoni, tende ha sottolineare l'aspetto conviviale della liturgia eucaristica, e l'aspetto esclusivamente assembleare della stessa. Per Kiko, infatti è l'assemblea che celebra l’eucaristia con, e attraverso il suo presidente, ossia il presbitero. Sono stati aboliti gli inginocchiatoi perché i fedeli non devono inginocchiarsi neppure alla Consacrazione. Secondo questa “nuova estetica” i presbitèri nelle chiese sono totalmente trasformati secondo le inappellabili disposizioni di Kiko: gli altari vengono rimpiazzati da mense quadrate (alte cm 80 e larghe cm 235) attorno alle quali siedono i fedeli come fossero a tavola. Il concetto sacrificale scompare e subentra così l’idea di partecipare ad una cena, dove il sacerdote passa a servire i commensali, che ricevono il pane consacrato e lo tengono sul palmo della mano finché non si comunicano tutti insieme e contemporaneamente al Sacerdote. Tutto ciò è in stridente contrasto con quanto la Chiesa ha da sempre insegnato. Com’è possibile che un laico, Kiko, abbia potuto avere così tanto potere da “imporre” alla Chiesa queste sue modifiche che non hanno niente in comune con la tradizione cattolica? E resiste fortemente nel conservarle anche ora che è stato richiamato dal Papa a "seguire fedelmente i libri liturgici"?

domenica 24 giugno 2012

Il Papa ricorda il senso dell'inginocchiarsi

Le parole del Papa, che qui riportiamo, su noi fanno presa e ci commuovono. Speriamo accada altrettanto in molte persone di buona volontà, diversamente-evangelizzate.

Ci ricorda Sandro Magister, sul suo Blog Settimo cielo:

Nell’omelia della messa “in cæna Domini” del Giovedì Santo, Benedetto XVI ha toccato un tasto sensibile della sua azione per restituire alla liturgia il suo autentico “spirito”: quello dell’inginocchiarsi. In effetti, da quando, in ogni messa, il papa ha deciso di dare la comunione ai fedeli inginocchiati, questo suo gesto ha raccolto poche lodi e ha trovato rari imitatori. In quasi tutte le chiese del mondo le balaustre sono state eliminate, la comunione la si prende in piedi e non si è incoraggiati a inginocchiarsi neppure durante la consacrazione. La gran parte dei liturgisti squalificano l’inginocchiarsi come un gesto devozionale tardivo, inesistente nell’eucaristia delle origini. Benedetto XVI sa di muoversi controcorrente. Nel libro intervista “Luce del mondo” si è detto consapevole di dare con ciò un “segno forte”: “Facendo sì che la comunione si riceva in ginocchio e la si amministri in bocca, ho voluto dare un segno di profondo rispetto e mettere un punto esclamativo circa la Presenza reale… Deve essere chiaro questo: È qualcosa di particolare! Qui c’è Lui, è di fronte a Lui che cadiamo in ginocchio”. Ebbene, nell’omelia del Giovedì Santo Benedetto XVI è andato alla radice del mettersi in ginocchio, che lungi dall’essere una devozione spuria, è un gesto caratterizzante la preghiera di Gesù e della Chiesa nascente. Ecco le sue parole:
“… Dobbiamo rivolgere la nostra attenzione su ciò che gli evangelisti ci riferiscono riguardo all’atteggiamento di Gesù durante la sua preghiera. Matteo e Marco ci dicono che egli ‘cadde faccia a terra’ (Mt 26, 39; cfr. Mc 14, 35), assunse quindi l’atteggiamento di totale sottomissione, quale è stato conservato nella liturgia romana del Venerdì Santo. Luca, invece, ci dice che Gesù pregava in ginocchio. Negli Atti degli Apostoli, egli parla della preghiera in ginocchio da parte dei santi: Stefano durante la sua lapidazione, Pietro nel contesto della risurrezione di un morto, Paolo sulla via verso il martirio. Così Luca ha tracciato una piccola storia della preghiera in ginocchio nella Chiesa nascente. I cristiani, con il loro inginocchiarsi, entrano nella preghiera di Gesù sul Monte degli Ulivi. Nella minaccia da parte del potere del male, essi, in quanto inginocchiati, sono dritti di fronte al mondo, ma, in quanto figli, sono in ginocchio davanti al Padre. Davanti alla gloria di Dio, noi cristiani ci inginocchiamo e riconosciamo la sua divinità, ma esprimiamo in questo gesto anche la nostra fiducia che egli vinca”.
Il testo integrale dell’omelia.

A proposito di funerali

A proposito della "neocatecumenalizzazione" delle chiese romane, qualche mese fa abbiamo ricevuto questa segnalazione.


Visto che vi interessate ai funerali, comprendo la vostra delusione nei confronti di vescovi a 'pastorale' unidirezionale che non schioda dalle innovazioni post conciliari, ma a chi se non a voi posso affidare il mio sconcerto per l'ultimo funerale a cui mi sono trovato ad assistere in S. Giovanni in Laterano la settimana scorsa?

La "Madre di tutte le Chiese" è diventata feudo neocatecumenale con la sponsorizzazione del card. Vicario, dai suoi presbiteri soprannominato "card. sicario", ed è come già penso saprete da loro usata sia per le ordinazioni diaconali che per i funerali.

Dunque, la settimana scorsa la Cappella del Santissimo, presso la quale mi aspettavo - mi ero ritagliato il tempo dal mio lavoro che è in zona - di fare un po' di adorazione, era strapiena di sacerdoti e laici. Mi rendo conto, dalla bara sulla quale invece dei fiori era posta una palma, che si trattava di un funerale. Erano presenti il card. Vallini e un vescovo. Mi fermo incuriosito e mi sento dire che si trattava di un presbitero 35enne della parrocchia di Dragona, morto improvvisamente per una caduta in casa. Dalla lettura di una sua lettera apprendo che fa cenno ad un giovane, anche lui recentemente morto improvvisamente, che ricordava anche in relazione alla GMG di Madrid. Mi ha lasciato di stucco la conclusione della lettera che in qualche modo (non ricordo le parole precise, ma il senso era chiaro) profetizzava che lo avrebbe raggiunto presto... La mia perplessità è aumentata quanto, chiedendo a due ragazzi se si può morire per una caduta in casa, mi hanno risposto che loro non ne sapevano niente, ma che lo potevano forse chiarire i poliziotti.

Bene, conoscendo il cammino e i suoi metodi e anche l'omertà che lo contraddistingue, non mi aspetto di chiarire i miei dubbi. Spero solo che, se pubblicate queste mie perplessità, qualcuno di Dragona che non sia già convinto dalla versione dei fatti addomesticata che in genere viene diffusa all'interno delle comunità, voglia dare la sua versione dei fatti.

venerdì 22 giugno 2012

Testimonianze di padre Vittorio Lucchetti

Testimonianza scritta resa dal sacerdote passionista Vittorio Lucchetti e pubblicata su Chiesa Viva nel numero di marzo 1990 (pag. 8) col titolo: «La "sètta neo-catecumenale": un'altra testimonianza».


Sono stato ordinato sacerdote, la domenica 24 giugno 1979, da Sua Santità Giovanni Paolo II, nella basilica di san Pietro in Vaticano. Dopo l'ordinazione, fui inviato in una nostra comunità [di passionisti a Soriano] nella provincia di Viterbo. Lì ebbi modo di conoscere pratica e teoria del "Movimento neo-catecumenale".

Già prima ero stato in quel convento per fare gli esercizi spirituali, precedenti la professione perpetua e il diaconato. Dai discorsi che già da allora si facevano sul "Movimento neo-catecumenale" mi aveva colpito e indignato l'assoluto esclusivismo e il disprezzo sistematico della sacra Liturgia, come pure la connivenza del Vescovo, che, come tale, era tenuto a rispettare e a far rispettare il Codice di diritto canonico, mentre invece con la sua presenza, faceva e approvava tutto il contrario!

Cito solo alcune cose: non si può consacrare le chiese, secondo il rito prescritto nel Pontificale, e poi celebrare l'Eucarestia nel salone attiguo, adibito alle riunioni e celebrazioni del Movimento neo-catecumenale! Non si può consacrare gli altari, secondo il rito prescritto nel Pontificale, e poi celebrare sopra un tavolato posticcio e, in qualche caso (Prime Comunioni, Cresime) su due tavolini accostati, di quelli che si aprono e si chiudono, chiesti in prestito per l'occasione al più vicino ristorante! Non si può precisare con tutti gli altri Vescovi delle Diocesi di Roma e del Lazio che «in Italia, non è consentito l'uso di distribuire la santa comunione sulla mano dei fedeli», e poi lasciare che nelle celebrazioni delle "comunità neocatecumenali", ciascuno si comunichi di sua propria mano al Pane consacrato e al Calice!

È doveroso rilevare che, anche dopo il discusso e discutibile Decreto che consente anche in Italia la possibilità di ricevere l'Ostia consacrata sulla mano, pur restando del tutto conveniente e preferibile e di grave importanza ricevere la S. Eucarestia nel modo tradizionale (che risale agli Apostoli e allo stesso Signore nostro Gesù Cristo nell'Ultima Cena!), cioè sulla lingua, ebbene anche dopo il discusso Decreto, in nessuna parte dell'Orbe cattolico è consentito al fedele "di prendere direttamente di propria mano... il Pane consacrato dalla pìsside o dalla patèna, né di assumere direttamente il preziosissimo Sangue dal calice posto sull'altare, come fa, invece, il sacerdote celebrante o il ministro incaricato di distribuire la Comunione agli altri, e di comunicare poi se stesso"!

Dal luglio 1981 al giugno 1988 ho avuto modo di farmi un bagaglio di esperienze. Come cappellano di una Casa di riposo, andavo a celebrare alle 6:15 del mattino, poi, in attesa che aprissero negozi e uffici, per i servizi che, come economo, rendevo al convento, andavo a partecipare alla celebrazione eucaristica delle ore 7:15 in una delle tre chiese parrocchiali del paese.

Il parroco (era un "catechista" del Movimento neo-catecumenale!) si comportava in una maniera a dir poco strana, ma quando, per circostanze provvidenziali, potei avere il "Catechismo del Movimento neo-catecumenale", compresi il "fondamento teologico" delle sue stranezze.

Davanti al SS.mo Sacramento, egli non si genufletteva mai, neanche prima di volgergli le spalle per celebrare l'Eucarestia, né prima di tornare in sacrestia al termine della celebrazione; lo faceva solo dopo la consacrazione del pane e quella del calice. Mi resi conto che i neo-catecumenali non credono alla "reale presenza", ma solo a una "presenza", intesa a modo loro (ereticale) e solo durante la celebrazione.

Distribuiva sempre e solo le particole consacrate durante ogni singola Messa, a costo di farle anche in quattro parti; mai ricorreva alla "riserva eucaristica" nel Tabernacolo, nel quale era pur conservata la pìsside con partìcole consacrate, ma che rimanevano in quelle condizioni anche per anni interi!

Le particole consacrate, che restavano al termine della celebrazione, venivano portate di nuovo in sacrestia, e "consacrate" una seconda volta il giorno dopo!

Una domenica, celebrò il matrimonio per due giovani del Movimento neo-catecumenale. Mise le ostie consacrate, che erano rimaste, nel calice, e le riportò in sacrestia (si passa davanti al Tabernacolo prima di entrare in sacrestia!). Se ne ricordò il giorno dopo quando, prima di versare il vino nel calice, si accorse che erano lì. Le pose sul corporale e le "ri-consacrò" (!) per distribuirle assieme alle particole che aveva portato per la celebrazione del lunedì!

Un'altra volta, il 10 dicembre, festa della Madonna di Loreto, tornando dall'oratorio (che appartiene alla parrocchia del "parroco-catechista") lo aiutai a riportare in chiesa alcune cose; ma, dalla patena coperta, caddero alcune particole sul fango della strada (era un giorno umido e piovigginoso). Io le raccolsi e le consumai, facendo attenzione a non farne cadere altre, convinto che, secondo il suo solito, fossero particole che egli aveva consacrate durante la celebrazione e che, essendo rimaste, riportava in sacrestia. Ma non era suo dovere avvertirmi e raccomandarmi di riporre le ostie consacrate nel Tabernacolo?

Per la celebrazione del Sacrificio eucaristico, gli erano sempre indifferenti i colori liturgici; infatti indossava il primo paramento che gli capitava tra le mani! Non celebrava mai le feste del Signore, della Vergine SS.ma e dei Santi che ricorrevano nel corso della settimana. Solo a volte lo faceva, perché ero io a raccomandarglielo, o per evitare lo scandalo dei fedeli che, in certe ricorrenze, accorrevano più numerosi e gli avrebbero poi domandato: "come mai oggi non si è celebrata la messa di San...?"


Nelle Messe della settimana, anche feste di solennità, non recitava mai il Gloria né il Credo né la preghiera dei fedeli!


Ma la cosa più sconcertante è che, spesso celebrava senza l'acqua e, a volte, anche senza vino. Di frequente, poi, con un "vino" ormai diventato aceto (come ho avuto poiù volte modo di constatarlo io, assaggiando quello che era rimasto nell'ampollina dopo la celebrazione!). Per questo presi l'incarico, di mia spontanea volontà, di provvedere io al vino per la Messa! Mi resi conto, così, che la Messa che un "sacerdote-catechista" celebra per i fedeli, è per loro soltanto una messinscena, come una sacra rappresentazione, mentre la Celebrazione vera è quella che presiede al sabato sera con i membri della "comunità".

Quando poi esaminai il testo del loro "Catechismo", mi resi conto delle ragioni di tutto ciò che nel Movimento neo-catecumenale mi ripugna e me lo fa apparire, insieme con i Testimoni di Geova, la sètta più orribile e uno dei segni più evidenti dell'apostasìa in atto nella Santa Chiesa di Dio: "l'abominazione della desolazione nel luogo santo" di cui parla il Signore nel Vangelo (Matt. 24,15). Ah, se Fatima potesse parlare! Mai una sètta ha assunto in sé tutte le "eresie anticristiane", come quella dei testimoni di Geova; né mai una sètta ha assunto in sé tutte le "eresie anticattoliche", come il Movimento neo-catecumenale!

Torna quanto mai opportuno riferire questi "passi" di S. Giovanni Evangelista (1Gv 2,18-21):
"Figlioli, questa è l'ultima ora. Come avete udito, deve venire l'anticristo! Di fatto, ora molti anticristi sono apparsi! Da questo conosciamo che è l'ultima ora! Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri".

Pur essendo amico di Pietro, sono convinto di dover restare sempre "magis amicus Christi et Ecclesiae"! Per questo non potrò mai aderire all'invito di Papa Wojtyla: "Auspico... che i Fratelli nell'Episcopato valorizzino e aiutino, insieme con i loro presbiteri - questopera per la nuova evangelizzazione, perché essa si realizzi secondo le linee proposte dagli iniziatori" (lettera "Ogniqualvolta" di Giovanni Paolo II a Mons. Josef Cordes, Vice Presidente del Pontificio Consiglio dei laici).
Alcune nostre note a margine...

Fino al 1987 a Viterbo era stato vescovo mons. Luigi Boccadoro, che a lungo aveva proibito le liturgie neocatecumenali. Per questo, tanti anni dopo la sua morte, ancor oggi Kiko lo qualifica come "cretino" e "tonto", sia pure con un abile gioco di parole per fingere che non si tratti di maldicenza. Ne avevo già parlato tra i commenti di questa pagina [link], reperendo la notizia dalla trascrizione della "Convivenza Catechisti inizio corso" di settembre 2011 a Madrid. Tutto questo avviene anche se mons. Boccadoro, negli ultimi anni del suo ministero, si era avvicinato al Cammino fino a diventarne "vescovo itinerante" (che è probabilmente solo una carica onorifica kikiana perché è prestigioso annoverare tra i propri sostenitori un ex persecutore). A Viterbo, dopo mons. Boccadoro, dal 1987 al 1997 fu la volta di mons. Fiorino Tagliaferri (1921-2002).



La semplicità con cui si esprime padre Lucchetti non tragga in equivoco: il termine "ri-consacrare" è riferito al fatto di aver utilizzato il Corpo e Sangue di Cristo come se fossero "pane". Nelle azioni di quel "sacerdote-catechista" c'era dunque sia l'eresia, sia il sacrilegio. E ci sono tutte le bizzarrie kikiane-carmeniane (abolizione del Gloria, disprezzo per la devozione dei Santi, comunione seduti o self-service, scarsa considerazione per i "cristiani della domenica"...) che in modi più o meno nascosti proseguono ancor oggi. Ci sono troppe testimonianze per pensare che quel "sacerdote-catechista" è un caso tutt'altro che isolato e sepolto nel passato.


Commovente l'episodio delle "particole nel fango" che, senza alcuna preoccupazione per la propria salute, padre Lucchetti consuma. Meglio prendersi malattie e infezioni piuttosto che abbandonare nel fango Gesù Cristo realmente presente nell'Eucarestia. O anche solo "rischiare" di abbandonare: padre Lucchetti non sapeva se le particole fossero davvero consacrate (lo sospettava a causa del "parroco-catechista" in questione), per cui meglio "consumarle" che lasciarle al fango e all'essere calpestate. 


Certamente padre Lucchetti avrà denunciato più volte il "parroco-catechista", scontrandosi però con un muro di gomma: vescovo "connivente", clero insensibile, fedeli impotenti... Cosa fare? Andarsene via e far finta di nulla e lasciare che l'Eucarestia venga ripetutamente maltrattata? È evidente che solo la sua presenza alla Messa delle 7:15 (iniziata per devozione: ditemi voi quanti sacerdoti, oltre alla propria Messa, partecipano anche a qualche altra Messa durante il giorno) poteva ridurre la probabilità di maltrattamenti e sacrilegi.


Qui sotto, una testimonianza scritta di padre Lucchetti, successiva alla precedente.

Sono stato, nelle mani della Provvidenza, uno degli strumenti che hanno reso possibile la divulgazione del testo, tenuto gelosamente segreto, degli “Orientamenti alle équipes di catechisti per la fase di conversione”. Una volta, dopo l’incontro della liturgia della parola che fanno il mercoledì, attardatisi come al solito fino alle ore piccole della notte, il prete - catechista (a Soriano sono 19 anni che vi hanno messo piede) che doveva poi partire il giorno dopo con la comunità, al mattino presto, per la convivenza, dimenticò il testo degli Orientamenti, di cui i neocatecumenali hanno sempre negato l’esistenza; che il testo esistesse era certo, basta riferirsi alla prima denuncia pubblica che ne fece il compianto p. Gesuita autore della rubrica “Così semplicemente” sul Tempo [dal 1973 al 1990], p. Virginio Rotondi; e poi non era possibile che in ogni parte del mondo le comunità professassero le stesse corbellerie se non in base all’insegnamento che tutti avevano ricevuto allo stesso modo, a voce da Kiko - Carmen (ma questo si sapeva che non era vero sempre e per tutti) o da un testo base di riferimento, che io stesso ho chiamato il “catechismo di Kiko”, che esprime bene di che si tratta, anche se il suo titolo è un altro: Orientamenti ecc.

Quella volta, mi pare fosse l’estate del 1986, riordinando la sacrestia mi accorsi del libro ivi dimenticato e ad insaputa di tutti ne feci due fotocopie presso un altro dei parroci di Soriano, il confratello passionista Alfredo Pallotta, ora cappellano al Santuario di S. Gemma a Lucca; avevo altro da fare e presentai subito il testo a p. Enrico Zoffoli, ma egli all’inizio non capì di che si trattava, lo capì qualche anno dopo quando preparava il libro sulla confessione e ricordando che in Kiko c’era una catechesi sulla penitenza mi richiese le fotocopie. Riconosco come una grazia singolare il fatto che il Signore abbia chiamato noi Passionisti a difendere contro Kiko il mistero della Sua Passione e Morte Redentrice. Dopo che p. Enrico aveva cominciato la sua opera, un sacerdote teologo di Perugia entrò in contatto con lui; egli per altra via aveva potuto avere lo stesso testo. Ora ci serviamo della fotocopie del suo testo, perché quelle che ho fatto io erano un po’ scolorite: avevo fretta di terminare il lavoro (feci 2 fotocopie, di 374 pagine per due) per rimettere il testo al suo posto prima che il lunedì tornasse il presbitero-catechista e non potei aggiungere toner. Misi subito il testo a disposizione del confratello p. Enrico Zoffoli, persona di mia conoscenza competente e capace per un lavoro di tal genere. Solo in un secondo esempio egli comprese l’urgenza e la gravità della cosa, e nel giugno 1990 ne fece oggetto di una appendice dal titolo “La confessione nel contesto teologico del Movimento Neocatecumenale” nel libro “La confessione ancora necessaria?”.

Nello stesso mese l’ex-Vicegerente della Diocesi di Roma, mons. Ettore Cunial, chiese a p. Enrico di pubblicare separatamente quella appendice, per la sua massima divulgazione.


Tutte queste cose sono ancor oggi allarmanti a causa della "mimetizzazione" dei neocatecumenali. Quando i "camminanti" salgono di livello, vengono "aggiornati" sulle cose che vanno dette e fatte in pubblico e su ciò che invece in privato, nel chiuso delle piccole comunità e delle convivenze, devono professare. Una "rivelazione a tappe", piena di "arcani"... Ecco perché Kiko, quando si sente al sicuro, torna sempre sulle stesse disobbedienze, sempre le stesse: «alla Comunione stiamo tutti seduti».

lunedì 18 giugno 2012

"Apologetica a rovescio": p.Enrico Zoffoli

Presentiamo oggi un breve scritto di padre Enrico Zoffoli, intitolato Apologetica a rovescio, pubblicato originariamente nell'estate del 1994.

Prima di immergerci nella lettura, è opportuno schiarire un attimo le idee.

L'apologètica è la difesa della fede mediante argomenti accessibili alla ragione, come possono esserlo per esempio le prove storiche: lo stesso Nostro Signore Gesù Cristo invitava all'uso della ragione, per esempio quando diceva: «Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a Me, credete almeno alle opere» (Gv 10,37-38).

Il disprezzo dell'apologetica di questi ultimi 40-50 anni è dovuto al malizioso equivoco (diffuso persino nelle facoltà teologiche) di considerarla un relitto del passato inadatto al presente. Per questo Giovanni Paolo II il 7 maggio 2002 aveva affermato: «Bisogna spiegare e non solo ripetere. Intendevo proprio questo quando ho detto che abbiamo bisogno di una nuova apologetica, adatta alle esigenze di oggi, che consideri che il nostro compito non consiste nel conquistare argomenti, ma anime, nell'impegnarci in una specie di lotta spirituale, non in una disputa ideologica, nel difendere e promuovere il Vangelo, non noi stessi».

Dunque la "nuova apologetica" ha di "nuovo" solo l'essere in sintonia con le esigenze attuali (è inutile difendere ciò che oggi è comunemente accettato come ragionevole; e sarebbe dannoso trascurare i temi che oggi "scottano" di più). Al pari della "vecchia" apologetica, lo scopo è solo quello di conquistare le anime.

Il testo scritto da padre Zoffoli affronta lo "scandalo" della Chiesa, ossia distingue tra Chiesa e "uomini di Chiesa" chiarendo - in maniera tanto rigorosa quanto comprensibile - uno dei più dannosi equivoci di tutta la storia del cristianesimo:
Non scrivo un'apologia, ma una chiarificazione perché la Chiesa, per difendersi, ha bisogno soltanto di esser conosciuta e presentata al mondo e alla storia quale Gesù l'ha realmente pensata e istituita.
Tutto il resto che in qualsiasi modo la riguarda è irradiazione della sua vitalità e potenza redentrice, oppure difetto e tradimento di figli indegni, nei quali il mondo deve riconoscere e condannare soltanto se stesso.
Con rigore, e talvolta con ironia, p.Zoffoli mostra come l'equivoco di attribuire alla Chiesa i peccati e le malversazioni dei singoli uomini di Chiesa porti il fedele a fidarsi di meno della Chiesa.

L'apologetica «a rovescio» consiste nel dimostrare che se si dà credito a quell'equivoco, allora nulla è più spiegabile, neppure il cristianesimo stesso.

È una lettura che raccomandiamo a tutti - soprattutto sacerdoti, seminaristi, religiosi. E la raccomandiamo in particolare a coloro che si sono scandalizzati dei "potenti appoggi" del Cammino Neocatecumenale.

È una lettura lunga ma incredibilmente avvincente, che mette in moto la ragione e arriva a confermare la fede, dimostrando che chi si scandalizza della Chiesa, o è caduto in un equivoco oppure ha creduto a qualche grossa panzana.

Sconsiglio ovviamente la lettura agli attivisti neocatecumenali perché se cominciano a ragionarci sopra, così come padre Zoffoli invita a fare, potrebbero onestamente accorgersi che il Cammino è un cancro della Chiesa, e che loro alimentano quel cancro.

Clic qui [link] per accedere al testo.

sabato 16 giugno 2012

In memoria di un giusto: padre Enrico Zoffoli

Il domenicano p. Raimondo Spiazzi celebrò le esequie di p. Enrico Zoffoli nella casa dei Padri Passionisti alla Scala Santa a Roma (di fronte a san Giovanni in Laterano) il 18 giugno 1996.

A sedici anni dal transito di p. Zoffoli, riportiamo qui sotto il testo della sua omelia, in trascrizione personalmente autorizzata da p. Spiazzi, pubblicato quello stesso anno a cura di un gruppo di amici col titolo "In memoria di un giusto".



Abbiamo ripetuto cinque volte col salmo responsoriale seguìto alla prima Lettura: «Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei giusti». Si succedevano quelle strofe piene di realismo e trasparenti di luce suprema, che dicevano la umana consapevolezza di essere delle povere e gracili creature che si piegano come il fiore del campo investito dal vento, ma anche la certezza cristiana della pietà del Signore per quanti lo temono e il suo misericordioso intervento per salvarci dal nostro essere «polvere». Prevalevano dunque le parole di vita, di grazia, di eterna speranza, che vengono da Dio e ci permettono di dire: «Pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum eius».

Le altre due letture di questa Messa hanno consolidato i sentimenti suscitati dal responsorio biblico, con la parola stessa di Cristo e del suo apostolo Paolo: noi siamo suoi, di Lui che è la Vita, lo siamo per il tempo, lo siamo per l'eternità. Così è stato per il nostro caro Padre Enrico. In questo momento che succede alle letture della Messa, lo vediamo meglio come «un giusto» gradito al Signore. Accanto all'altare dove tante volte ha celebrato, dove ci siamo associati a lui nel cinquantesimo della sua ordinazione sacerdotale, ci rendiamo conto che ben a ragione, nell'annuncio della sua morte apparso ieri su «L'Osservatore Romano», si sia potuto definirlo «religioso esemplare»: è come una medaglia d'oro assegnatagli ad memoriam dai suoi confratelli. Oggi dinanzi alla sua bara sentiamo che risponde per lui a verità la bellezza di quel ritornello del Salmo 102: «Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei giusti». Ce lo dice il cuore con una sua voce inconfondibile, ma ce lo conferma il ricordo esperienziale, per dir così, della sua vita e la riflessione sui suoi scritti, anche su quelli degli ultimi tempi e possiamo dire degli ultimi giorni, che andavano succedendosi, velocemente stampati o consegnati come ricordi confidenziali ai suoi alunni e amici più intimi.

Alcuni momenti salienti si possono individuare facilmente nella sua vita e nei suoi scritti. Penso di poterli esporre sinteticamente in tre punti.

[I]
p. Enrico Zoffoli
(3/9/1915 - 16/6/1996)

Il primo è quello del primato riconosciuto a Dio come ragione di tutto: della preghiera, della professione religiosa, del lavoro, dell'apostolato. La scoperta di questo primato risale ai primi anni della vita di Padre Enrico alla scuola della sua mamma e dei primi religiosi ispiratori della sua vocazione; il riconoscimento del primato divino è durato e si è intensificato sempre più. Questa chiesa della Scala Santa è testimone della sua preghiera, come lo sono i suoi confratelli. È testimone anche del suo impegno nel lavoro a servizio del Regno di Dio. È testimone della sua passione spirituale, ora silenziosa, ora lasciata trasparire nelle conversazioni e negli scritti, con un comportamento che conciliava l'umiltà, il distacco da sé, la purezza di cuore, con la lealtà che riteneva doverosa per lui passionista e teologo, nella difesa della fede, della tradizione cristiana e della Chiesa.

Non si può escludere che la vis polemica, di cui era naturalmente fornito, abbia qualche volta caratterizzato posizioni da lui prese e interventi da lui fatti in questioni che specialmente negli ultimi anni suscitavano preoccupazioni spirituali e pastorali a vari livelli. Non sta a noi - piccoli e privi di molti elementi di giudizio, che generalmente sono posseduti solo ai livelli più alti - pronunciare sentenze di assoluzione o di condanna, tanto meno in questa sede: ma penso che possiamo riconoscere a Padre Enrico la rettitudine di intenzione e la correttezza di comportamento proprie di un uomo incapace di doppiezza e alieno dalle furberie con cui mal ci si può illudere di servire la causa del Regno di Dio, contro la stessa legge evangelica della veracità. Padre Enrico si sentiva parte viva della Chiesa e voleva essere coerente con la fede insegnata dal Magistero ecclesiastico e da lui professata come cristiano, come religioso e come maestro di «dottrina sacra». In questo impegno di fedeltà, che non gli permetteva di essere accomodante sui princìpi del dogma e della morale, in qualche caso può essere apparso troppo allarmato e troppo esigente di un atteggiamento che altri ritenevano non necessario. Si spiega così qualche richiamo, che gli venne rivolto, ma al quale rispose, secondo il suo stile, con umiltà e franchezza, come appare dall'ultimo poderoso volume di documentazione, quasi postumo, da lui lasciato alla nostra lettura e riflessione. Due cose - lettura e riflessione - che sarà bene fare con calma, serenità e comprensione, tanto più che pochi mesi prima della morte ha licenziato per la stampa il volumetto Potere e obbedienza nella Chiesa (Milano, marzo 1996, pp. 74), che è esemplare per chiarezza, sincerità, equilibrio teologico e delicatezza nei giudizi storici. Qui aggiungerò solo che Padre Enrico ricevette ai primi di giugno, poco tempo prima del suo trapasso, la letterina di un personaggio del quale aveva più volte riprovato gli scritti e l'azione. Vi si legge: «Ho pregato la Vergine Santa che lo consoli e lo guarisca... La ringrazio per le sue critiche che capisco che vengono dal suo grande amore alla Chiesa. Preghi per me che sono un peccatore».

Che dire in una omelia sul mistero di quel rapporto d'anime in un'ora suprema? Penso che l'unica cosa possibile, in questo come in tanti altri casi dell'agiografia e della storia, sia adorare, tacere, pregare il Signore di accrescere sempre più in noi tutti la fede e l'amore.

[II]

Ed ecco alcuni altri aspetti della vita del nostro fratello e amico carissimo, che mi sembra utile e dolce per noi tutti rievocare.

Anzitutto la sua impressionante operosità di studioso, che gli ha permesso di tenere lezioni e di stendere opere di filosofia, teologia, ascetica, agiografia, storia, delle quali alcune voluminose e insigni, che unitamente agli articoli, scritti e pubblicati fin da giovane su alcune riviste, costituiscono una imponente bibliografia. C'è da augurarsi che se ne curi una esposizione completa, a testimonianza e glorificazione non solo e non tanto di Padre Enrico, ma della sua Congregazione e anche, se così si vuol dire, della scuola romana a cui apparteneva come alunno dell'Angelicum, docente, scrittore, membro dell'Accademia di san Tommaso d'Aquino e professore nel Centro di Teologia per i Laici. A questo punto devo dire che, se nelle sue opere è facile rintracciare i segni del suo studio attento e sistematico dei testi biblici, patristici, ecclesiali, teologici, filosofici antichi e moderni, un particolare risalto vi ha sempre la sua sequela intenzionale e dichiarata di san Tommaso d'Aquino. Sento di poter affermare che pochi, anche tra noi domenicani, hanno lavorato in Italia, in questo secolo, intensamente e fervidamente come lui per far conoscere e apprezzare la dottrina del Doctor Communis sui temi antichi e nuovi che bisogna affrontare sul piano culturale, morale e ascetico. Quante volte mi ha detto che questa era la sua mira e la sua linea in tale campo, e come è vivo, in questo momento, il ricordo della luce che si accendeva nei suoi occhi quando confidava la sua passione di sempre per san Tommaso!

Era una concretizzazione del suo amore alla Verità, come lo era la devozione alla Croce, abbracciata come ragione e perno di una vita spirituale di valore evangelico, secondo la dottrina, la regola e l'esempio del suo Fondatore, san Paolo della Croce, da lui tanto amato, studiato e fatto conoscere sia a livello ascetico-pastorale, sia a livello storico-scientifico in opere poderose nelle quali noi tutti - ma specialmente voi, cari fratelli Passionisti - potremo sempre ritrovare la figura e la dottrina autentica del santo predicatore e maestro della Croce!

E come non parlare qui dell'altro grande amore di Padre Enrico, tradotto in una devozione filiale tanto tenera quanto sostanziata di sapienza teologica: voglio dire l'amore alla Madonna. Qui ricorderò solo che anche durante l'ultima malattia, a chi lo assisteva nella cameretta a lui riservata in clinica, chiedeva ogni tanto di fargli sentire la canzoncina mariana di sant'Alfonso, che giustamente i suoi discepoli e amici hanno proposto che venga cantata anche stamane, alla fine del funerale: «O bella mia speranza, / dolce amor mio, Maria, / Tu sei la vita mia, / la pace mia sei tu. / Quando ti chiamo e penso / a Te, Maria, mi sento / tal gaudio e tal contento / che mi rapisce il cuor...».

Direi che questo triplice amore e devozione di Padre Enrico - a san Tommaso, alla Croce, alla Madonna - è un bellissimo e santissimo memoriale per noi tutti.

[III]

Sulla via del cielo. Devo concludere l'omelia; ma permettetemi di farlo col delineare brevemente il cammino finale di Padre Enrico verso il cielo, quale possiamo rintracciare in uno dei suoi ultimi volumetti: «Vita futura e dogma del Purgatorio», pubblicato nel 1995. Già la dedica è molto significativa circa l'ispirazione non solo del libro, ma anche di tutta una vita: «Alla memoria benedetta dei miei genitori e maestri, dei parenti e confratelli, degli amici e delle tante anime conosciute in questo esilio della terra, a cui ho dedicato le mie cure di sacerdote e missionario della verità».

E nella premessa, dopo l'indicazione dell'intento seguìto nello scrivere quel volume in forma e con un linguaggio che siano accessibili a un vasto pubblico, una prima confessione: è un intento e un programma - dice - che «ovviamente obbliga a contenere l'emozione che suole destare il problema, specialmente in coloro che amano risolverlo e meditarlo al cospetto di Dio, nella luce dell'eternità. Di fatto, confido che più volte ho dovuto dominare l'impulso a soffermarmi per riflettere, esaminarmi, spaziare e quasi perdermi nel mistero della vita e della morte, di Dio e della storia. Si tratta di un argomento che richiama tutti gli altri più suggestivi, terribili e affascinanti. Forse anche a questa convinzione, e alle frequenti soste di dolcissimo silenzio che mi hanno accompagnato, devo la lunga e laboriosa stesura del lavoro, che finalmente ora presento, così com'è» (p. 7).

Nelle pagine dedicate più direttamente al Purgatorio, sono riportati due magnifici testi di san Giovanni della Croce (Notte oscura, II, 6) e di santa Caterina da Genova (Trattato del Purgatorio, cc. 2, 14, 16, 18), della quale ultima il padre Garrigou-Lagrange, nostro maestro all'Angelicum, dove anche Padre Enrico frequentò la sua scuola, diceva che per la sua dottrina sul Purgatorio si poteva collocare tra i grandi Dottori della Chiesa. Si tratta della questione della pena, che non esclude la gioia ineffabile delle anime ormai sicure di essere salve. Padre Enrico fa osservare che la convinzione della Santa ligure è condivisa da F. Fenelon, F. W. Faber, H. Newman e da altri autori, con riferimenti a san Tommaso d'Aquino e a san Bernardino da Siena (pp. 155-161). Egli non omette di mostrare la relazione tra la dottrina sul Purgatorio con quella sulle Indulgenze, sulla linea bene illustrata da Paolo VI nel 1966 e nel 1967, e di dare una spiegazione teologica all'atto eroico di carità che ha spinto tante anime sante - come Teresa di Lisieux - a offrire il merito delle azioni e sofferenze della vita e gli stessi suffragi fatti per loro dopo morte, in favore delle anime purganti (pp. 171-172).

Non potendo ora riportare queste pagine, mi limito a segnalarle a coloro che vorranno apprendere dal Padre Enrico delle cose molto belle e molto vere sul nostro rapporto con i fratelli dell'aldilà. Qui mi preme leggere alcuni passi del commiato posto al termine del libro, dove la trasposizione dalla dottrina alla condizione personale di chi si sente ormai vicino al gran passo è evidente e commovente. Egli scrive:
«Alla folla immensa dei "giusti" ancora in esilio, ma nell'attesa infallibile del supremo approdo, mi resta da rivolgere un arrivederci!, forse prossimo più di quanto possa prevedere.

«A presto! dunque, genitori, parenti, amici, maestri, compagni, conoscenti d'ogni età, sesso, condizione!

«Vi ricordo sempre, e viva resta in me la nostalgia delle molte situazioni vissute insieme, comprese le più tristi, associate ad emozioni fissate per sempre nel fondo dell'anima.

«Ai suffragi, mai omessi, e alle preghiere che a voi rivolgo, aggiungo quella di confidarmi ciò che ora pensate di noi, di questa vita e dei nostri problemi, delle sue gioie e dei suoi dolori... Cosa potete dirne ora che vivete nella luce della verità e andate liberandovi di questa infelice terra?

«Se impenetrabile è il vostro mistero, più oscura però è la nostra condizione di prova ed incerto ne è l'esito finale. Mentre voi sospirate di raggiungere una meta ormai immancabile, noi avanziamo brancolando nel buio, tra le insidie di infinite seduzioni, che da un momento all'altro rimettono in questione il nostro avvenire, date le possibili oscillazioni di una volontà libera, paurosamente malferma.

«Per questo, torno a supplicarvi di farmi intendere quel che mi direste, se tornaste a vivere. Riflettendo su quel che ho tentato d'indagare sulla vostra condizione, intuisco che i vostri suggerimenti confermerebbero le direttive eterne della fede, vissute dai Santi fino all'eroismo.

«Purtroppo, so pure che il vostro più reale motivo di tristezza è la coscienza di tutte le volontarie omissioni del bene che - nel tempo - hanno bloccato il processo della vostra maturazione soprannaturale, nella rinunzia alla perfezione dell'amore a cui eravate chiamati e che a voi era possibile realizzare, assecondando gli stimoli della grazia.

«Voi perciò non siete imitabili, né la Chiesa può additarvi come modelli di vita cristiana. La mansione a voi riservata nel Regno dei cieli resterà eternamente vuota, perché ciascuno di voi è insostituibile, come unica e inedita è la personalità di ogni anima.

«Questa la prima delle verità che la vostra condizione mi richiama, insieme al valore incalcolabile del tempo e delle occasioni offerte dalla Provvidenza di poterlo vivere intensamente come solenne vigilia dell'eternità (pp. 190-191).
Questi i pensieri, queste le aspirazioni, questo il memoriale - e in certo modo il testamento - che Padre Enrico ci lascia. Noi dobbiamo ringraziarlo delle cose serie che ci ha detto in terra e continua a dirci dal cielo, dove pensiamo si trovi come un giusto che ha finito il tempo dell'esilio. E preghiamo, sì, per lui, ma soprattutto con lui, perché sia concessa a noi tutti la grazia della buona morte. Il tuo ricordo, carissimo Padre Enrico, ci spingerà sempre di più a ripetere e a meditare quelle sante parole dette per te oggi nel salmo responsoriale: Pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum eius. Sic fiat, sic Deus nobis omnibus concedat ut simul vivamus in pace Domini et gaudeamus de veritate aeterna in saecula saeculorum.

giovedì 14 giugno 2012

Mons. Bottari De Castello: il Cammino pone difficoltà

Novembre 2010: mons. Takeo Okada, arcivescovo di Tokyo,
e mons. Alberto Bottari de Castello, Nunzio in Giappone,
presentano a Benedetto XVI reliquie dei
188 martiri giapponesi beatificati nel 2008
Nella nota "Riflessioni finali sulla mia missione in Giappone" mons. Bottari De Castello scrisse, il 15 agosto 2011:

«...Il Giappone ha una sua cultura elevata, una storia gloriosa, una forte identità nazionale legata a certi simboli (l'imperatore) ed espressioni religiose (shintoismo, buddismo. Diventare cristiani è rompere con quel mondo, apparire (e anche percepire nel profondo) che si è "meno giapponesi". [...] Al punto che si arriva a pensare che ogni conversione al Vangelo è quasi un miracolo. [...] Certe immagini e modi di vivere del mondo occidentale, diffusi continuamente dai media: violenza, materialismo, corruzione, sono percepiti come parte del mondo cristiano, ben difficile perciò da accettare.

Qui, direi, sta il punto controverso e le difficoltà poste dal metodo dei membri del Cammino Neocatecumenale. Da quanto si vede, essi vengono ed applicano alla lettera un metodo nato e preparato in Europa, senza curarsi di adattarlo al mondo locale. Ho ritrovato tra loro qui in Giappone lo stesso stile che ho visto in Camerun, dove ero missionario vent'anni fa: gli stessi canti (con la chitarra), le stesse espressioni, le stesse catechesi, il tutto trasmesso con uno stile più impositivo che propositivo. Si capiscono allora le tensioni, i dissapori e le reazioni che, trovando a volte poca disponibilità al dialogo, arrivano al rifiuto. È certo ammirevole in loro l'intenzione, la buona volontà, ma manca l'inserimento nella cultura locale: questo - a mio modesto parere - è quanto stanno chiedendo loro i vescovi giapponesi: spogliarsi del vestito europeo per presentare il cuore del messaggio in maniera purificata e vicina alla gente...»

(citato da: "Sua santità. Le carte segrete di Benedetto XVI", a cura di G. Nuzzi, Chiarelettere, 2012, pagine 244-245)


Nota: mons. Alberto Bottari de Castello è stato Nunzio Apostolico in Giappone da aprile 2005 a  maggio 2011; attualmente è Nunzio Apostolico in Ungheria.

martedì 12 giugno 2012

«L'esercito di Pulcinella»

Kiko Argüello all'ambone
con crocifero e candelieri
(foto © www.cammino.info)
Erano almeno due anni che mi disinteressavo del Cammino Neocatecumenale fondato dal pittore e chitarrista spagnolo Kiko Arguello. Infatti quando a maggio 2008 il loro Statuto ebbe l’approvazione definitiva mi resi conto con enorme dispiacere per la Chiesa che amo profondamente di come ormai alcuni vertici ecclesiastici fossero ridotti veramente male se davano pubblico spazio di cittadinanza ecclesiastica a gruppi del genere che di ecclesiale hanno poco ma sono piuttosto delle autentiche sette non migliori dei testimoni di Geova ma peggiori perché operano all’ombra del campanile.

Non è un mistero per nessuno che i neocatecumenali Kikiani a causa delle continue richieste di denaro ai loro membri dispongono di grandi capitali economici e sono particolarmente generosi nelle offerte di denaro quando vanno a visitare vescovi e cardinali… E “pecunia non olet”… Inoltre tutti sanno che durante il pontificato di Giovanni Paolo II la “Cupola Polacca” formata da alcuni monsignori polacchi che comandavano all’ombra del papa malato era una centrale di introiti finanziari supermilionari e tra i loro benefattori c’erano in primis il corrotto fondatore dei Legionari di Cristo e i neocatecumenali Kikiani. Ho il sospetto che di soldi dei neocatecumenali ne sa qualcosa anche Radio Maria perché sempre più spesso trasmette le loro chitarrate kikiane. Se fosse così li scuso perché capisco gli altissimi costi di gestione di una radio del genere… Inoltre diversi alti prelati sono stati presi dal fascino del Cammino con la paura della secolarizzazione e della scristianizzazione…


Grottesco sgorbio kikiano incombe
alle spalle dei concelebranti
Il numero sempre più decrescente dei cattolici praticanti e delle vocazioni sacerdotali e religiose faceva temere un tracollo vertiginoso della presenza cattolica in Occidente mentre i neocatecumenali Kikiani con la loro astuta propaganda delle conversioni dei lontani, i loro seminari “Redemptoris Mater” pieni di vocazioni si presentavano come una specie di novelli gesuiti del post Concilio Vaticano II.

Non si è capito che in realtà la Chiesa ha perso posizioni nella società civile perché si è inserita in modo subdolo da almeno un cinquantennio una protestantizzazione del Cattolicesimo attraverso la teologia e la liturgia e i neocatecumenali invece di essere un rimedio sono loro stessi causa di tale confusione dottrinale e liturgica, anzi con essi si va anche peggio perché si va a finire nel marranismo e nella giudaizzazione

Leggo da Zenit, una agenzia cattolica di informazioni che periodicamente mi fa l’onore di pubblicare diversi miei articoli, che i vescovi giapponesi all’unanimità volevano la sospensione del Cammino neocatecumenale entro cinque anni dalla loro nazione ma la Segreteria di Stato del Vaticano si è inserita chiedendo una soluzione dialogata dei possibili attriti. In altre parole i vescovi giapponesi che nel loro paese hanno visto i guasti ecclesiali dei Kikiani sono costretti a tenerseli a forza!!!

E’ interessante sottolineare che quando sempre Zenit il 12 giugno 2008 diede la notizia del riconoscimento definitivo degli statuti del Cammino neocatecumenale riportò che il Cammino è “al servizio dei vescovi diocesani e dei parroci“.

L'ipertrofica "mensa" sembra
un deposito masserizie
…In realtà i Neocatecumenali Kikiani nelle diocesi e nelle parrocchie entrano in punta di piedi e ci rimangono con arroganza! Da novello sacerdote e parroco 20 anni fa in buona fede feci il mio più grande errore pastorale: accolsi il Cammino neocatecumenale nella mia parrocchia ma dopo pochi anni fu inevitabile venire ai ferri corti con loro e se ne dovettero andare via…

Questo avveniva, grazie a Dio, nel lontano 1995 - 1996, dico “grazie a Dio” perché se fosse accaduto oggi magari avrei fatto la fine dei vescovi giapponesi e me li dovevo tenere a forza a comandare loro a casa mia!!! Ricordo che quando i Kikiani andarono via dalla mia chiesa i responsabili del Cammino previdero per la mia comunità parrocchiale una grande decadenza spirituale… perché erano loro i super catechisti laici neocatecumenali a convertire le persone mentre noi, parroci diocesani, senza loro, eravamo dei poveracci (secondo loro)…

Da allora sono passati ormai 15 anni e non sta certo a me valutare il successo pastorale-spirituale o meno della mia parrocchia... So solamente che allora i Neocatecumenali stavano in almeno 7 parrocchie della zona di Eboli – Battipaglia - Campagna e, secondo i dati in mio possesso, in questi anni almeno 6 parrocchie li hanno mandati via e solo una nuova li ha accolti ma la loro presenza numerica in questa nuova è veramente insignificante mentre nell’altra si sono accorpate tutte le comunità delle parrocchie che hanno chiuso con loro. Nella mia Diocesi di Salerno nelle poche parrocchie dove sono sopravvissuti si sono ridotti di oltre un terzo e non si contano più quelli che li hanno lasciati… e sono contenti…

Inoltre diversi parroci che all’inizio li hanno accolti con entusiasmo adesso maledicono il giorno che li hanno fatti entrare nelle loro chiese perchè ora non hanno più il potere e il coraggio di mandarli via perché sono come una piovra.

Il 12 giugno 2008 Zenit riprendendo fonti Kikiane affermava che il Cammino “è attualmente presente in oltre 900 diocesi del mondo con circa 17.000 comunità in 6000 parrocchie”. Il 7 gennaio 2011 sempre Zenit affermava che tale realtà “oggi è presente in più di 5000 parrocchie dei cinque continenti” . In poche parole in base ai loro stessi dati in circa tre anni hanno perso circa mille parrocchie dove erano presenti. Di questo passo nel giro di 15 anni scompariranno completamente perché è in essi stessi il germe della loro distruzione…

Cari monsignori della Curia Romana che in buona fede li sostenete (e’ chiaro a quelli che intascano o intascavano i loro regali neanche mi rivolgo…) sappiate che non sarà certamente questo esercito di Pulcinella a salvare le sorti della Chiesa Cattolica nell’Europa scristianizzata del ventunesimo secolo!!!

L’ultima cosa, qualche giorno fa esattamente il 14 dicembre 2010, ho letto il mio nome e cognome a cui veniva dato la qualifica di “denigratore” su un sito che ha questo titolo “Chi sono gli osservatori del cammino neocatecumenale - Blog di appartenenti al cammino neocatecumenale che vuole analizzare il fenomeno del blog osservatorio sul cammino neocatecumenale. Questo blog vuole offrire alle persone di buona volontà, un contributo nella continua confusione e mistificazione. Questo blog non vuole sostituire il sito ufficiale che è … Il contenuto di questo sito rappresenta unicamente l’opinione personale degli autori”. Ma a chi pensate di prendere per i fondelli? Sappiamo tutti che in una setta come quella dei neocatecumenali non si muove foglia che Kiko non voglia! Senza l’autorizzazione dei catechisti non potete far nulla, abbiate almeno il coraggio di ammetterlo.

Comunque nella mia qualità di sacerdote cattolico che difende e diffonde la retta dottrina non ho paura di essere attaccato dai neocatecumenali: già i siti degli omosessuali, degli atei e dei testimoni di Geova lo fanno abbondantemente, quindi cari kikiani attaccando me, vi ritrovate come vostri alleati la compagnia che più vi meritate…

Don Marcello Stanzione

(articolo originariamente pubblicato su Pontifex.Roma.it)

sabato 9 giugno 2012

Correzioni di Giovanni Paolo II regolarmente disattese dal Cammino Neocatecumenale

Dal Discorso di Giovanni Paolo II ai Sacerdoti delle comunità neocatecumenali il 9.12.1985:
Gli obiettivi che si propongono le vostre Comunità neocatecumenali corrispondono certamente ad uno degli interrogativi più angosciosi dei pastori di anime di oggi, specialmente nei grandi agglomerati urbani. Voi intendete raggiungere la massa di battezzati adulti, ma poco istruiti nella fede, per condurli, attraverso un cammino spirituale, a riscoprire le radici battesimali della loro esistenza cristiana e per renderli sempre più consapevoli dei loro doveri. In questo cammino l'opera dei sacerdoti rimane fondamentale. Di qui la necessità che sia ben chiara la posizione che a voi spetta come guide delle Comunità, affinché la vostra azione sia in sintonia con le reali esigenze della pastorale.
La prima esigenza che vi s'impone è di sapere mantener fede, all'interno delle Comunità, alla vostra identità sacerdotale [il che esclude l'assoluta sottomissione ai catechisti di fatto praticata da sempre a mai scalfita]. In virtù della sacra Ordinazione, voi siete stati segnati con uno speciale carattere che vi configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in suo nome (cfr. Presbyterorum Ordinis, 2). Il ministro sacro quindi dovrà essere accolto non solo come fratello che condivide il cammino della Comunità stessa, ma soprattutto come colui che, agendo "in persona Christi", porta in sé la responsabilità insostituibile di Maestro, Santificatore e Guida delle anime, responsabilità a cui non può in nessun modo rinunciare. I laici devono potere cogliere queste realtà dal comportamento responsabile che voi mantenete. Sarebbe un'illusione credere di servire il Vangelo, diluendo il vostro carisma in un falso senso di umiltà o in una malintesa manifestazione di fraternità. Ripeterò quanto già ebbi occasione di dire agli Assistenti Ecclesiastici delle Associazioni Internazionali Cattoliche: "Non lasciatevi ingannare! La Chiesa vi vuole sacerdoti, e i laici che incontrate vi vogliono sacerdoti e niente altro che sacerdoti. La confusione dei carismi impoverisce la Chiesa, non la arricchisce" (Discorso del 13 settembre 1979, n. 4: Insegnamenti 1112 (1979], p. 1391).
E, ancora, la visione delle Chiesa in questo estratto da: Giovanni Paolo II (Plenaria della Congregazione per il Clero, 15 ottobre 1998):
Il presbitero è anzitutto guida del popolo a lui affidato. La struttura della Chiesa trascende sia il modello democratico che quello autocratico, perché si fonda sull'invio del Figlio da parte del Padre e sul conferimento della missione attraverso il dono dello Spirito Santo ai Dodici e ai loro successori (cfr. Gv 20, 21), questo l'insegnamento già presente in Presbyterorum Ordinis, là dove il Decreto conciliare tratta "dell'autorità con cui Cristo fa crescere, santifica e governa il suo popolo" (cfr. 2). E' questa un'Autorità che non ha origine dal basso e che non può, quindi, essere autonomamente definita nella sua estensione ed esercizio da nessun consesso di base.
Il presbitero è, poi, in unione con il suo Vescovo maestro della Parola. Ne è maestro, essendone prima servo (cfr. PO 4). Tutti i fedeli, in forza dei sacramenti dell'iniziazione cristiana, sono chiamati ad evangelizzare, secondo il proprio stato di vita, ma il ministro ordinato compie tale missione con un’autorevolezza e una grazia che gli pervengono non dalla pur necessaria scienza e competenza, ma dall'ordinazione (cfr. PDV 35).
Il presbitero è, infine, ministro dei sacramenti. Infatti non si può dare autentica evangelizzazione che non tenda a sfociare nella celebrazione dei sacramenti. Non può, dunque, esserci evangelizzazione che non sia orientata verso tale celebrazione (cfr. PO 5). 
Altri punti - guarda caso non evidenziati nel documento pubblicato in un sito neocatecumenale, a differenza di altri - del discorso di Giovanni Paolo II del 18.3.2004 ai superiori a agli alunni del Seminario Redemptoris Mater di Roma:
"Per ottenere questi positivi risultati è fondamentale aver sempre chiare, nel vostro itinerario formativo, la natura e le caratteristiche del sacerdozio ministeriale, come sono illustrate dal Concilio Vaticano II e poi dall'Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis. Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale sono infatti ordinati l'uno all'altro e intimamente collegati, partecipando entrambi, ciascuno a proprio modo, all'unico sacerdozio di Cristo. Differiscono però essenzialmente e non solo di grado (cfr Lumen gentium , 10) [vedi catechesi che dice il contrario a Porto San Giorgio 2008]. In virtù del sacramento dell'Ordine i presbiteri sono configurati infatti in modo speciale a Gesù Cristo come Capo e Pastore del suo popolo e al servizio di questo popolo devono - a somiglianza di Cristo - spendere e donare la loro vita. Proprio perché rappresentano sacramentalmente Gesù Cristo capo e Pastore, sono dunque chiamati a presiedere, in stretta comunione con il Vescovo, [non in subordine ai catechisti! ndr] le comunità loro affidate, secondo ciascuna delle tre dimensioni - profetica, sacerdotale e regale - in cui si articola l'unica missione di Cristo e della Chiesa (cfr Pastores dabo vobis , 12-16). Carissimi seminaristi, attenendovi a questa solida dottrina nella vostra formazione e poi nell'esercizio quotidiano del ministero presbiterale potrete vivere gioiosamente la grazia del sacerdozio e assicurare un servizio autentico e fecondo alla Diocesi di Roma e alle Chiese sorelle in cui verrete inviati. La preghiera, lo studio, la vita comunitaria, ben armonizzati nel progetto formativo e messi in pratica con fedeltà e generosità nell'esistenza concreta del vostro Seminario, sono le vie attraverso le quali il Signore scolpisce in voi, giorno dopo giorno, l'immagine di Cristo Buon Pastore.
[...] La vostra concreta destinazione compete infatti al Vescovo, che ha a cuore sia le necessità della propria Diocesi sia le esigenze della missione universale.
Affidandovi in atteggiamento di fiduciosa e cordiale ubbidienza alle sue decisioni voi troverete la vostra pace e serenità interiore e potrete in ogni caso esprimere il vostro carisma missionario, dato che anche qui a Roma la pastorale è, e dovrà essere sempre più, caratterizzata dalla priorità dell'evangelizzazione.
5. Carissimi Superiori e alunni del Seminario " Redemptoris Mater " di Roma, guardate sempre con gli occhi della fede la vostra vita, la vostra vocazione e la vostra missione."
Ecco un'altra bella indicazione del papa andata completamente disattesa e mai resa pubblica sui siti dei neocat:
INDICAZIONI DI GIOVANNI PAOLO II AI NEOCATECUMENALI
(Osservatore Romano 11 febbraio 83, pp. 1-2; nn. 1, 2, 4, 5)

“Il vostro itinerario di fede e il vostro apostolato siano sempre inseriti nella parrocchia e nella Diocesi”. …Seguire i metodi, le indicazioni, gli itinerari, i testi offerti dagli Episcopati, come pure esercitare il ministero della catechesi nella comunione e nella disciplina ecclesiale...

“La vostra disponibilità si deve manifestare nella continua meditazione e nel religioso ascolto della Sacra Tradizione e della Sacra Scrittura (Dei Verbum, n. 10). Ne consegue l'esigenza di un costante e serio lavoro di approfondimento personale e comunitario della Parola di Dio e dell'insegnamento del Magistero della Chiesa, anche mediante la partecipazione a seri corsi biblici e teologici [tutt'altro che l'obbligo di seguire l'iter neocatecumenale]... Da Cristo Parola a Cristo Eucaristia, perché il sacrificio eucaristico è la fonte, il centro ed il culmine di tutta la vita cristiana.

Celebrate l'Eucaristia e, soprattutto, la Pasqua, con vera pietà, con grande dignità, con amore per i riti liturgici della Chiesa, con esatta osservanza delle norme stabilite dalla competente autorità, con volontà di comunione con tutti i fratelli… 

Il ministero della riconciliazione... è affidato a voi, Sacerdoti. Siatene ministri sempre degni, pronti, zelanti, disponibili, pazienti, sereni, attenendovi con fedele diligenza alle norme stabilite in materia dall'Autorità ecclesiastica… in piena adesione al ministero e alla disciplina della Chiesa, con la confessione individuale, come ripetutamente raccomanda il nuovo Codice di Diritto Canonico...

Non chiudetevi in voi stessi, isolandovi dalla vita della Comunità parrocchiale o diocesana... Il diritto della Chiesa è un mezzo, un ausilio e anche un presidio per mantenersi in comunione col Signore. Pertanto le norme giuridiche, come anche quelle liturgiche, vanno osservate senza negligenze e senza omissioni...
Per concludere, la "lettera di Arinze" (2005), così come le parole di Giovanni Paolo II del 1983 e come pure il discorso di Benedetto XVI del 20 gennaio 2012, ripetono sempre la stessa cosa: il Cammino deve «seguire fedelmente i libri liturgici». Ma siamo ancora ben lontani... in una situazione che paradossalmente vede i presbiteri neocatecumenali obbedire al loro iniziatore e non al papa o ai Vescovi. Basta vedere cosa succede in Giappone o nelle Filippine o dovunque trovano chi non si allinea.

giovedì 7 giugno 2012

Un'altra pista di riflessione: gli "ex" dei seminari RM

Quando ci vedete una "bimah"
allora è un seminario kikiano
Facciamo nostra una proposta di Riccardo, un nostro lettore:

Cari amici, vi chiedo di non trascurare, tra le vostre testimonianze, quelle relative agli ex seminaristi dei seminari kikiani "Redemptoris Mater". Comprendiamo la difficoltà di coloro che avendo lasciato il seminario RM e il Cammino, fanno fatica a reinserirsi altrove e temono ulteriori difficoltà. Se sul Cammino c'è qualcosa di cui si parla pochissimo, è proprio ciò che avviene nei suoi seminari.

Grazie a testimonianze come quella di Daniel conosciamo la vita degli itineranti laici. Ma non sappiamo nulla dei seminaristi, e la propaganda ufficiale (intesa a mostrarne solo gli aspetti più elogiabili) non ci è certo d'aiuto.

Moltissimi sono usciti. Spesso, quando escono dal seminario R.M., escono anche dal Cammino.
E ormai sono migliaia e migliaia.
E' mai possibile che nessuno di loro sia disposto a raccontare?

Secondo me sarebbe da fare un "appello" a questi "ex", dando loro uno spazio per poter parlare apertamente senza temere "rappresaglie" (sappiamo bene quanto sia "ricattabile" un aspirante al sacerdozio che non ha ancora raggiunto la meta). Forse, se sentissero che questo sito offre loro uno spazio per sfogarsi, per conoscersi tra loro, per confrontare le proprie esperienze, si sentirebbero spinti a prendere coraggio e a uscire allo scoperto.



Un'altra "bimah", dietro l'ambone,
che a sua volta è dietro l'altare...
Ricordiamo che ciò che è importante non è tanto lo "spazio" da mettere a disposizione per le testimonianze (quello è facilissimo allestirlo) ma il significato del gesto, che è quello di testimoniare la verità per aiutare e sostenere, non solo con la preghiera, coloro che il Cammino ha maltrattato, deluso, ingannato.

Chi vuole contattarci in privato può scrivere all'indirizzo: neshama@tiscali.it

martedì 5 giugno 2012

La "vergognosa questione neocatecumenale"

La nostra Luisa ha icasticamente condensato in una efficace sintesi la nostra lunga, articolata e densa discussione. Estraggo il suo intervento per ripartire da qui nel nostro percorso nello smascheramento e nella denuncia delle mistificazioni che caratterizzano il cammino NC.


"Vergognoso", quante volte abbiamo usato questo aggettivo per qualificare quel che progressivamente, ma sicuramente, vedevamo, impotenti, accadere nella Chiesa, senza che chi dovrebbe salvaguardare la Dottrina e la Liturga, e dunque proteggere noi piccoli, reagisse, anzi li vedevamo (e continuiamo a vederli), con sgomento, partecipare e incoraggiare.
Aggettivo che non riguarda di certo solo il cammino neocatecumenale. Quanto soffriamo nel vedere la Liturgia trattata come un volgare giocattolo, come un oggetto da "bricoler" a piacimento, quanto ci sgomentano i magisteri paralleli che seminano confusione e divisione, quanto ci fanno male i comportamenti di tanti chierici, senza però dimenticare tutti coloro che nel silenzio compiono la loro missione con amore, devozione e, spesso, coraggio, e come dimenticare lo sconcerto nel vedere agire e imperversare cattivi maestri che non solo non sono corretti ma sono lodati e ringraziati!
Kiko Argüello all'ambone, con crocifero e candelieri
3 giugno 2012, Rho (Milano, Italia)
(foto © www.cammino.info)
"Vergognoso", un aggettivo che ho usato, e uso, per la battaglia che Kiko Arguello ha condotto contro le norme di Benedetto XVI, dunque contro la sacra Liturgia della Chiesa;

vergognoso che un iniziatore laico di un movimento osi definire "catastrofe", la Liturgia della Chiesa;

vergognoso, l'aver messo il Papa davanti al fatto compiuto con la consegna di uno statuto privo dell'approvazione di ben due Congregazioni, la Dottrina della Fede e il Culto Divino e Disciplina dei Sacramenti - intervenuta successivamente e in maniera non chiara (gennaio 2010) -, pieno di espressioni arbitrarie e di comodo, frutto di trattative compiacenti che hanno visto protagonista il Pontificio Consiglio dei Laici;

vergognoso, che si definisca "itinerario di formazione cattolica", un movimento che continua a mantenere segreti i suoi testi formativi, densi di insegnamenti e prassi giudaizzanti con inclusioni luterano-gnostiche;

vergognosoche in quello statuto figuri un articolo che concretizza la disobbedienza alle norme liturgiche della Chiesa riprese dal Papa nel 2005 attraverso il card. Arinze;

vergognose la violazione del foro interno che subiscono i neocatecumenali durante gli scrutini, le pressioni psicologiche, le colpevolizzazioni con uso e abuso del demonio;

vergognosa la sottomissione dei sacerdoti all'assoluta autorità dei catechisti - emanazioni acritiche degli iniziatori - perdendo così il proprio munus docendi e regendi, di guide spirituali, conferito loro dal sacerdozio ordinato che non può essere confuso con quello battesimale. Non solo, ma obbedendo in tal modo a loro anziché al Papa.

Allora, che chi ha diffuso la lettera del card. Burke parli della vergognosa questione neocatecumenale non deve stupirci. Ferma restando la condanna della violazione di una corrispondenza privata, quella lettera non ci fa apprendere nulla che già non sapessimo, al limite potremmo essere "rassicurati" o "confortati" che ai vertici della Chiesa, fra i Pastori che sono i Custodi della Liturgia, ci sia chi ha a cuore la salvaguardia della sacralità della Liturgia, dunque la salvezza delle anime - perché è proprio la Liturgia la fonte il culmine della Fede - e ci sia quindi chi potrà aiutare il Santo Padre nella sua lotta per ridare alla Liturgia quella dignità, sacralità e bellezza, che decenni di permissivismo, creatività selvaggia e banalizzazione antropocentrica hanno calpestato.