venerdì 31 dicembre 2021

Carmen ha insegnato a disprezzare il confessionale e la confessione privata

A noi, che li conosciamo molto bene, non fa alcuna meraviglia vedere gli iniziatori del Cammino disprezzare e banalizzare il Sacramento della Riconciliazione.

Piuttosto, farebbe meraviglia se Kiko e Carmen dicessero o avessero detto che la confessione privata è giusta e necessaria così come comanda la Chiesa (ricordiamoci che per cancellare i peccati ci sono i tre sacramenti: il Battesimo, la Riconciliazione e l'Unzione; ma il Battesimo si riceve una sola volta, e l'Unzione, salute permettendo, non esclude la Riconciliazione). 

Vediamo invece cosa ne pensa Carmen Hernàndez, cofondatrice e iniziatrice del Cammino:

«...I francescani e i domenicani estendono dappertutto la confessione privata come una devozione.

Appare la confessione molto frequente, tutto al contrario che nella Chiesa primitiva.

...Siccome tutto ciò è insostenibile si ritorna alle confessioni private ed a fare della confessione una devozione per la santificazione personale, cosa che giungerà fino ai nostri giorni...

...Così arriviamo al Concilio di Trento. Con il Concilio di Trento, dal XVI al XX secolo tutto rimane bloccato.

Appaiono i confessionali, queste casette sono molto recenti.

La necessità del confessionale nasce quando si comincia a generalizzare la forma della confessione privata, medicinale e di devozione portata dai monaci...

PER QUESTO LA VERA RINNOVAZIONE DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA VERRÀ CON LA SCOPERTA DEL CATECUMENATO E LA RIVALORIZZAZIONE DEL BATTESIMO». (Orientamenti per la fase di conversione - Carmen sulla penitenza)

Più che una penitenziale, sembra un rinfresco

Visto che nel Cammino il termine "devozione" è usato solo in senso dispregiativo (i neocat confondono deliberatamente la santa "devozione" cattolica con lo sterile "devozionalismo"), è perfettamente naturale che Kiko banalizzi la "confessione privata" che, ricordiamolo sempre, è di tradizione apostolica.

Nelle Note Biografiche autorizzate di Aquilino Cayuela riguardanti la signora Carmen Hernández Barrera tutto ciò non compare, ed è un gran peccato, perché questa è  la catechesi sulla confessione, elaborata da Carmen, con cui sono stati 'deformati ' milioni di cattolici: l'autentica, l'originale!

Sul come debba intendersi la dimensione comunitaria del peccato, che Carmen oppone artificiosamente a quella personale, bollata da lei come 'devozionale' e 'legalista', ci illumina san Giovanni Paolo II:

«Anzitutto, bisogna ribadire che nulla è più personale e intimo di questo sacramento, nel quale il peccatore si trova al cospetto di Dio, solo con la sua colpa, il suo pentimento e la sua fiducia. Nessuno può pentirsi al suo posto o può chiedere perdono in suo nome. C'è una certa solitudine del peccatore nella sua colpa, che si può vedere drammaticamente rappresentata in Caino col peccato «accovacciato alla sua porta», come dice tanto efficacemente il libro della Genesi, e col particolare segno, inciso sulla sua fronte; o in Davide, rimproverato dal profeta Natan; o nel figlio prodigo, quando prende coscienza della condizione, a cui si è ridotto per la lontananza dal padre, e decide di tornare a lui: tutto ha luogo soltanto fra l'uomo e Dio. Ma, nello stesso tempo, è innegabile la dimensione sociale di questo sacramento, nel quale è l'intera Chiesa - quella militante, quella purgante e quella gloriosa del cielo - che interviene in soccorso del penitente e lo accoglie di nuovo nel suo grembo, tanto più che tutta la Chiesa era stata offesa e ferita dal suo peccato. Il sacerdote, ministro della penitenza, appare in forza del suo ufficio sacro come testimone e rappresentante di tale ecclesialità.» (Reconciliatio et paenitentia)



E papa Francesco ribadisce e spiega come si debba intendere la matrice ecclesiale e comunitaria della confessione:

«Nel tempo, la celebrazione di questo Sacramento è passata da una forma pubblica – perché all’inizio si faceva pubblicamente – a quella personale, alla forma riservata della Confessione. Questo però non deve far perdere la matrice ecclesiale, che costituisce il contesto vitale. Infatti, è la comunità cristiana il luogo in cui si rende presente lo Spirito, il quale rinnova i cuori nell’amore di Dio e fa di tutti i fratelli una cosa sola, in Cristo Gesù. Ecco allora perché non basta chiedere perdono al Signore nella propria mente e nel proprio cuore, ma è necessario confessare umilmente e fiduciosamente i propri peccati al ministro della Chiesa. Nella celebrazione di questo Sacramento, il sacerdote non rappresenta soltanto Dio, ma tutta la comunità, che si riconosce nella fragilità di ogni suo membro, che ascolta commossa il suo pentimento, che si riconcilia con lui, che lo rincuora e lo accompagna nel cammino di conversione e maturazione umana e cristiana».


Ma delle famigerate "casette", i confessionali che toglievano il sonno alla Hernández, cosa dice la Chiesa?
Riportiamo alcuni passi di un articolo, pubblicato su Aleteia, del liturgista padre Henry Vargas Holguín "Usare il confessionale è  antiquato?"

«Dove confessarsi?
C’è un detto che dice “Ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa”, e questo si applica anche alla vita ecclesiale. Nei templi parrocchiali, nelle cattedrali, nelle basiliche, nei santuari ecc. ci sono luoghi importanti e imprescindibili per la loro funzione. Uno di questi luoghi è il confessionale.
Un confessionale è un mobile in cui c’è un sedile per il confessore, che sarà separato dal fedele da un divisorio in cui c’è una finestrella o una grata, con o senza una tendina, per il dialogo. Dall’altra parte del divisorio c’è un inginocchiatoio per il penitente.
Il confessionale è il luogo privilegiato e indicato per amministrare “ordinariamente” il sacramento della confessione. La Chiesa lo dice chiaramente: “Non si ricevano le confessioni fuori del confessionale, se non per giusta causa” (Canone 964, 3).


L’uso del confessionale non sarà quindi mai obsoleto. È vero al punto che il Papa confessa e si confessa in un confessionale. Nella basilica di San Pietro, come nelle altre basiliche patriarcali di Roma, ci si confessa solo nei confessionali.

Ci sono tuttavia delle circostanze che obbligano eccezionalmente a prescindere dal confessionale: un moribondo sul letto di morte, un carcerato in prigione, sulla strada in pericolo di morte…
Un’altra eccezione è quella in cui, in un giorno segnalato e a un’ora stabilita (ad esempio in Quaresima, nella Settimana Santa o in vista di numerose Prime Comunioni), vari sacerdoti arrivano in un tempio parrocchiale per aiutare il parroco a confessare. Visto che ovviamente non ci sono confessionali per tutti, alcuni dovranno confessare al di fuori di essi.

Confessare qualcuno fuori dal confessionale, in casi estremi e in via eccezionale, dovrà essere fatto su richiesta di chi si confessa e non su iniziativa del confessore, che dovrà preferire il confessionale. Se il fedele chiede di confessarsi fuori dal confessionale bisognerà accogliere la sua richiesta, perché è preferibile questo a che non si confessi. Bisogna tener conto, ad ogni modo, che è un’eccezione e non deve diventare la regola.
I confessionali hanno la loro simbologia. Sembrando piccole chiese, sono il simbolo della Chiesa o della casa paterno-divina che accoglie il fedele che torna pentito; sono un simbolo del fatto che la Chiesa è la casa in cui si accoglie il fedele penitente per riconciliarlo con Dio.
A chi non capisce l’importanza del confessionale può risultare utile riflettere sul motivo per il quale anche Freud ha escluso il “faccia a faccia” nelle sue pratiche di psicanalisi per favorire la spontaneità e la tranquillità del paziente.
Al giorno d’oggi la struttura del confessionale è cambiata. Ora è più che altro una cabina doppia e ampia (come un mini-ufficio) che offre alcune comodità (aria condizionata, riscaldamento, illuminazione, mobili comodi); alcuni offrono a chi si confessa la possibilità di togliere o meno la grata o la tendina.
Non bisogna confondere il sacramento della confessione con la direzione spirituale, in cui la persona dialoga con il sacerdote faccia a faccia. Questa direzione avrà sempre luogo fuori dal confessionale.

Perché la Chiesa richiede l’uso del confessionale?

La plurisecolare esperienza pastorale della Chiesa, soprattutto dal Concilio di Trento (XVI secolo), ha suggerito e consolidato, col passare del tempo, la creazione di questo spazio specifico di riconciliazione.
Questo spazio è pensato non solo per difendere la dignità dell’azione sacramentale e il buon nome sia del sacerdote che di chi si confessa, ma anche per favorire l’imparzialità del sacerdote e l’obiettività, senza condizionamenti, del fedele.
La struttura del confessionale favorisce la conversazione privata perché il sacerdote non ha motivo di conoscere o vedere il penitente, e la facilita perché la grata esistente tra il sacerdote e il fedele serve per salvaguardare la necessaria discrezione e anche, ovviamente, a garantire il diritto di tutti i fedeli di confessare i propri peccati senza dover rivelare necessariamente la propria identità.

È per questo che nessun confessore (neanche il Papa) può costringere il penitente a identificarsi o indicare il fatto di farsi vedere come condizione per l’assoluzione.

La confessione come giudizio e come sacramento esige unicamente l’accusa verbale dei peccati e la conseguente assoluzione, sempre verbale (parole direttamente percepibili). È per questo che non si esige che il sacerdote e il penitente si vedano.
Il confessionale evita il pericolo di compromettere a livello emotivo e affettivo le persone coinvolte, il che può intaccare il carattere soprannaturale di una cosa che è seria e sacra


mercoledì 29 dicembre 2021

Brevi esperienze di fuorusciti, ex neocatecumenali convinti.

 

Il Cammino - scandito a tappe e cadenzato da scrutini successivi a cui regolarmente sottopone i suoi aderenti - passato al vaglio è irrimediabilmente bocciato. Senza appello.

Confonde le idee e pesca nel torbido.
 Il Secondo Scrutinio, senza dubbio "lo scrutinio" per eccellenza, detto anche Secondo Passaggio è "la Porta" del neocatecumenato. (E il neocatecumenato è "la porta della Chiesa" -Kiko dixit!).
Chi non lo dovesse superare, di fatto, non può dire mai di aver fatto parte del C.N. veramente. Poichè è solo per i "promossi" che si può parlare di un neo-catecumenato vero e proprio.
In precedenza è solo un pre-neo-catecumenato. Una preparazione, un primo apprendimento, un approccio.

Con la rinuncia ai beni e - diciamolo chiaro - con il rinnegamento di tutta la propria vita, chi più chi meno, il gioco si fa proprio duro, per chi prenda sul serio la cosa.
Ed è da questo momento in poi che, per chi è entrato nel cammino con cuore retto e retta intenzione, cominciano i dolori. Che non cesseranno mai, fino a quando non si apriranno, per grazia di Dio, gli occhi e si capirà in che trappola assurda si è caduti. 

Ma questo solo non basta. Non basta, dopo aver capito, cercare, restando dentro, magari di cambiare le cose. Il Cammino non ha bisogno nè accetta l'apporto di nessuno, neanche in nome della diretta esperienza.

A questo punto sarà necessario trovare la forza per abbandonare, senza se e senza ma. Senza contare cosa e quanto si è perso della propria vita e dei propri beni. Mantenendo quello che si è salvato (se qualcosa si è salvata!), bisogna, con sacrificio, ricostruire la propria esistenza in un percorso di vita affatto nuovo; senza più assolutamente avere a che fare, neanche di striscio, con la comunità. Mai più (poichè c'è pure chi si guarda indietro e, ohimè, rientra in comunità dopo anni di lontananza! Effetti postumi della terribile dipendenza che il cammino normalmente crea...). 

Per chi lascia, dopo 20 o 30 anni, nulla è facile; ma il senso di liberazione, di sollievo, di pace che si sperimenta ricompensa di tutto e dà forza ogni giorno. Si è soli. In ogni caso. Per chi ha investito tutto nel Cammino le relazioni principali umane e sociali sono tutte lì. Tutto il tuo trascorso te lo lasci dietro, devi lasciartelo dietro, tra quelle quattro mura. 

Una cosa chiara a tutti gli ex come noi è che, una volta fuori, i fratelli della tua comunità diventano istantaneamente dei perfetti estranei e si trasformano in nemici. Questa cosa tutti indistintamente l'abbiamo sperimentata sulla nostra pelle. E non c'è niente da fare. Ognuno si soffermi su questo ennesimo inquietante elemento di riflessione! ...
... E si è fuori del tutto! E fuori si tratta di riprendere la propria vita, le relazioni familiari, bisogna applicarsi alla riscoperta degli amici. 

Ma qui voglio rassicurare con la mia esperienza e non solo la mia:
I terrorismi di Kiko volti a scoraggiare le defezioni - desideroso com'è di tenersi stretti per sempre i suoi adepti accalappiati - si fondano tutti, ma proprio tutti, sulla menzogna. Sono terrorismo puro. I dolori a cui inevitabilmente si va incontro, i disagi, i disadattamenti sono semplicemente il frutto dell'aver fatto parte di un percorso improntato all'annichilimento totale di chi vi aderisce: impoverimento della personalità, azzeramento delle capacità di ciascuno, accantonamento della razionalità, ecc., ecc. ecc... 

... E poi, la faccenda dei beni.
La peggior nota dolente, ut semper, quando si tratta di Kiko, l'avido truffatore. Chi davvero ha prestato ascolto al falso profeta, ha dilapidato - per tutti gli anni di permanenza nella milizia neocatecumenale - la gran parte dei suoi beni, denari, ricchezze. Messi sempre e soltanto a disposizione del Cammino, a discapito non solo di se stessi, ma anche dei propri figli.
Tra collette, segni forti, rinunce a satana, pietre per la Domus e mutui contratti dalla comunità di appartenenza per la sua costruzione, sostegno ai seminari, raccolte straordinarie per gli itineranti con tetto minimo fissato a un milione di euro, ditemi voi! Vogliamo fare due conti?

Ci si ritrova a zero una volta usciti, col conto corrente praticamente prosciugato (poichè è da aggiungere che il furbo Kiko istilla nella mente degli indottrinati che avere soldi da parte è un furto (a lui probabilmente) e idolatria e... le porte dell'inferno per te spalancate!...
Per cui, una volta usciti dal cammino, anche in questo senso bisogna rimboccarsi le maniche, proprio nel senso letterale della parola. 

Beato chi trova la forza di fare anche questo! Senza più guardarsi indietro, senza rimpianti o troppi rimorsi, che potrebbero devastarti anche da un punto di vista psicologico, per la stupidità indotta per anni e che si deve riconoscere con candore, per non finire al manicomio! 

Esemplare, delle tante testimonianze raccolte nel blog in tanti anni di ascolto e di confronto, e a sostegno della mia stessa esperienza, quanto scritto recentemente  da Porto:

"Anche io mi sono rispecchiato molto. Pur non avendo mai fatto scelte radicali in favore del Cammino, gli ho sicuramente dedicato molto tempo, soldi ed energie. Del Cammino mi sono fidato, ho creduto davvero che potesse contribuire a quel nutrimento spirituale di cui sentivo il bisogno. Nel mio ultimo anno di Cammino, dopo che molti e molti avvenimenti mi hanno confermato che la sensazione di essere stato ingannato era reale e fondata e che il Cammino non era quello che i catechisti millantavano, il desiderio e la convinzione che l'unica soluzione era uscire si sono rafforzati sempre più, fino al passo decisivo. Senza dilungarmi, posso solo confermare che il Signore non mi ha e non ci ha abbandonato mai, anzi nella sua misericordia ci ha dato non poche grazie, anche se i risvolti negativi non sono certo mancati, primo fra tutti la scomparsa dei fratelli. Di fatto, chi esce dal Cammino, il più delle volte viene guardato con disprezzo, quasi fosse un appestato. E la sua esistenza ignorata. E tutta quella "fratellanza" che esisteva fino al giorno prima scompare come per incantesimo, come neve al sole (ci possono essere delle eccezioni, ma la "regola" generale è questa, e comunque dei fuoriusciti mai nessuno dice nulla di bene, anche se erano brave persone, questo è sicuro)."     (da Porto)
Da questi falsi predicatori la Chiesa è stravolta

 

Ma c'è una cosa, la più  importante, che si deve riconoscere e testimoniare a gran voce e che va rimarcata per dare gloria a Dio.
Parlo ovviamente per me, e sento che ho il dovere di testimoniare come la Divina Provvidenza mai ci ha abbandonati. Dio è corso in nostro aiuto e, pian piano, ci ha dato il necessario e poi anche molto di più, attraverso tanti doni elargiti a noi, ma ancor più ai nostri figli (Si fa notare che le famose maledizioni kikiane, che si abbattono funeste su tutti quelli che osano rinnegarlo, sono anch'esse farlocche, come tutto il resto, come Kiko stesso: re di tutti i bugiardi!).

Mi fermo qui.

Perchè sia la Lode grata a Dio l'ultima cifra delle mie riflessioni. 

Perchè il Silenzio sigilli tutto e porti a meditare coloro che ne sentano il bisogno.


lunedì 27 dicembre 2021

Kiko, Carmen e la Santa Messa quotidiana

Carmen Hernández e Kiko Argüello hanno più  volte affermato che era loro abitudine andare tutti i giorni a Messa.
Kiko ne ha parlato recentemente, quando ci ha tenuto a far sapere che donava 50 euro ad un povero che, in tali occasioni, incontrava sotto casa, con il suo carretto.
La cosa un po'  stupisce, per il semplice fatto che mai i due guru iberici hanno insegnato ai propri adepti a frequentare la Messa quotidiana, anzi, più volte hanno bollato come bigotto chi diceva loro d'avere questa bella abitudine.
Inoltre ambedue hanno sempre parlato dell'abitudine alla  frequenza della Messa come qualcosa di passato, limitato ad un periodo della propria vita.

Ad esempio Kiko, nell'Annuncio di Quaresima del 1989, raccontando della sua esperienza nelle baracche di Madrid, dice: 

"Perché  il Signore ci fece scoprire che c'era bisogno di una liturgia? Perché  io andavo a Messa tutti i giorni (...). Se io parlavo loro di Gesù  Cristo, mi chiedevano perché andavo a Messa tutti i giorni: si doveva andare a Messa tutti i giorni? (...)
Carmen ed io iniziammo a vedere che né la parrocchia era pronta per accogliere questi lontani, né i nostri erano pronti per essere messi così  di colpo in quell'ambiente, in quella liturgia. (...) Allora, sapendo che si sarebbe introdotto il canone eucaristico in lingua spagnola e le due specie, provammo a celebrare una Liturgia nelle baracche.... Facemmo il pane azzimo, usammo le due specie, cantammo "Risuscitò".

 
...per quanto sia poco credibile la 'mitologia' del Cammino

Poi, continua Kiko, dopo la visita del vescovo Morcillo, un parroco lasciò loro la parrocchia un giorno a settimana per poter celebrare a porte chiuse l'Eucarestia in spagnolo con le due specie e le risonanze dei fratelli prima dell'omelia.

E così  ci risulta i neocatecumenali continuino a fare dopo quasi settant'anni: la Messa in parrocchia, anche quotidiana, viene sostituita da una liturgia solo settimanale, a porte chiuse, a numero chiuso, e con innovazioni che la Chiesa mai ha approvato, anzi, ha chiaramente  proibito, come le risonanze prima dell'omelia (vedi la lettera voluta da Papa Benedetto XVI nel dicembre 2005, detta lettera di Arinze).

Il racconto di Carmen conferma questo percorso dalla Messa cattolica alla liturgia neocatecumenale.

Dice infatti in un incontro con le comunità del nord est della Spagna il 15/5/1994:

"Io nella mia giovinezza mi ero sempre mantenuta fedele grazie all'Eucarestia, e andavo sempre a fare la comunione prima di andare all'Università, anche se facevo solo la comunione mancandomi il tempo  di restare per la Messa, ma facevo la comunione.
(...) Da lì passai a quanto il Concilio implicava: andando alle fonti, con la scoperta della dinamica della Pasqua, in cui tu comunichi non solo "con il Bambino Gesù" (...).
E questo gioco di schiavitù e libertà  di cui il popolo di Israele fa memoriale con questi simboli di morte e di vita, di schiavitù in Egitto e di libertà  nella Terra Promessa, questo e ciò che Cristo celebra."
Sia nel racconto di Kiko, sia in quello di Carmen, la Messa appare come qualcosa di obsoleto, di incapace di rispondere alle necessità dei nuovi cattolici, ed anche la comunione al Corpo di Cristo diviene un memoriale che ha più a che fare con il popolo ebreo e l'uscita dall'Egitto che non il sacrificio estremo in croce di Gesù riproposto per noi.

In particolare la Messa quotidiana e la comunione viene considerata una comunione "con Gesù  bambino", probabilmente con significato diminutivo;  ambedue gli iniziatori infatti, dopo averla frequentata se non altro per un certo periodo (Kiko) o fin da piccola (Carmen), da un certo momento in poi la abbandonano e, per loro e per i loro catecumeni, essa viene soppiantata dalla liturgia a porte chiuse con i canti di Kiko come Risuscitò e Il Servo di Jahvè.

 

Molto più belle le Messe ortofrutticole...

Nei Diari di Carmen per gli anni 1979-81 troviamo la conferma indiretta del fatto che la vita quotidiana della iniziatrice non prevede la Messa e la Comunione.

Scorrendo nelle annotazioni giornaliere, leggiamo solo una lunga teoria di risvegli tragici, desolanti, circondata da problemi, in angustie, mattinate segnate da annotazioni come "mi alzo impossibile e rendendo impossibile la vita". 
 
Probabilmente il risveglio avviene a mattina inoltrata o di pomeriggio, poi ogni attività sembra svolgersi solo a pomeriggio inoltrato e di sera, con le catechesi, gli incontri i riti che si protraggono spesso fino a notte avanzata. 
Nei Diari dal 1979 al 1981  Carmen accenna alle Lodi in tempo di Quaresima, all'Eucarestia serale il sabato, mai ad una Messa feriale e neppure alla domenica.

Anche la biografia della Hernández ( "Carmen Hernández, Note biografiche" di Aquilino Cayuela)  recentemente data alle stampe lo conferma: 

"Da bambina assisteva alla Santa Messa quotidiana, nella sua fanciullezza sentì la chiamata di Dio alla missione durante l'Eucaristia, da giovane donna fu assidua ancora alla Santa Messa e alla meditazione e, a poco a poco, nella sua vita religiosa si lasciò inondare dal mistero Pasquale di Gesù Cristo morto e risorto" (pag. 322)

Carmen Hernández: l'immagine
ha il solo scopo di presentare il prodott
o
Evidentemente questo "mistero Pasquale" non era contenuto nella Santa Messa, visto che in seguito essa non sembra più far parte della sua esistenza, ma solo l'Eucaristia neocatecumenale, che:

"è stata una forte motivazione durante tutta la sua vita, qualcosa che l'ha sempre tenuta in tensione, in costante preoccupazione, e che ha sempre difesi con tenacia di fronte alle molte difficoltà  (ndr: che la Chiesa le ha procurato) riguardanti la celebrazione della notte di Pasqua e dell'eucarestia settimanale in piccole comunità il sabato sera, o le celebrazioni  penitenziali." ( pag. 326)

Quindi le Messe, quelle feriali e quelle festive, soprattutto se parrocchiali, vengono sostituite con le Eucarestie neocatecumenali comunitarie, a porte chiuse, con una liturgia alterata ed ebraicizzata, sul modello di una Messa "proprietaria" del Cammino neocatecumenale, che lo caratterizza e contraddistingue e che, con voluta sottovalutazione , don Ezechiele Pasotti (in "Il Cammino neocatecumenale.  50 anni di iniziazione cristiana degli adulti") definisce come una celebrazione  con alcuni "accenti liturgici" e "segni" approvati dalla Santa Sede (che invece, sappiamo, ha approvato solo lo spostamento del segno di pace e la comunione al posto invece che in processione).
 
Colpisce profondamente che i due iniziatori, una dei quali candidata alla santità, possano essere ritenuti dei modelli di devozione visto che si sono privati, da un certo momento in poi, della Santa Messa quotidiana, ma soprattutto dal momento che hanno indotto più di un milione di persone a privarsene.

Fra questi, vanno annoverati centinaia di sacerdoti, che sono stati distolti da Kiko e Carmen (per esempio durante le spesso lunghissime convivenze degli itineranti) dalla celebrazione quotidiana nè sono stati formati nei seminari neocatecumenali Redemptoris Mater a questa priorità.



Questo accade tra le fila dei sacerdoti neocatecumenali nonostante Il Codice di diritto canonico al Can. 904 disponga: 

Questa, per un seminarista neocat, sarebbe una Santa Messa!

“Memori che nel mistero del Sacrificio eucaristico viene esercitata ininterrottamente l’opera della redenzione, i sacerdoti celebrino frequentemente; anzi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale, anche quando non si possa avere la presenza dei fedeli, è sempre un atto di Cristo e della Chiesa, nel quale i sacerdoti adempiono il loro principale compito”.
Per questo, papa Benedetto XVI, parlando ai sacerdoti, faceva le seguenti raccomandazioni:

"È molto importante per il sacerdote l'Eucaristia quotidiana, nella quale si espone sempre di nuovo a questo mistero; sempre di nuovo pone se stesso nelle mani di Dio sperimentando al contempo la gioia di sapere che Egli è presente, mi accoglie, sempre di nuovo mi solleva e mi porta, mi dà la mano, se stesso. L'Eucaristia deve diventare per noi una scuola di vita, nella quale impariamo a donare la nostra vita."
"La prima cosa e la più importante per il sacerdote è la Messa quotidiana, celebrata sempre con profonda partecipazione interiore."
"Vi è innanzitutto la celebrazione quotidiana della Santa Messa: non compiamola come una cosa di routine, che in qualche modo, "devo fare", ma celebriamola "dal di dentro"! "
E san Giovanni Paolo II in "Ecclesia de Eucharistia" offriva come esempio la propria esperienza  personale:
"Da oltre mezzo secolo, ogni giorno, da quel 2 novembre 1946 in cui celebrai la mia prima Messa nella cripta di San Leonardo nella cattedrale del Wawel a Cracovia, i miei occhi si sono raccolti sull'ostia e sul calice in cui il tempo e lo spazio si sono in qualche modo « contratti » e il dramma del Golgota si è ripresentato al vivo, svelando la sua misteriosa « contemporaneità ». Ogni giorno la mia fede ha potuto riconoscere nel pane e nel vino consacrati il divino Viandante che un giorno si mise a fianco dei due discepoli di Emmaus per aprire loro gli occhi alla luce e il cuore alla speranza (cfr Lc 24,13-35)."

 


In conclusione, per far comprendere quanto grande possa essere il danno procurato ai fedeli ma soprattutto ai sacerdoti dell'averli allontanati, in ambiente neocatecumenale, dalla pratica e dall'amore per la Santa Messa quotidiana,  condivido questa vicenda narrata da suor Brige McKenna, con la speranza che essa possa arrivare anche a quei sacerdoti che, seguendo il cammino, hanno perso la Strada...

LA POTENZA DELL' EUCARISTIA

Ricordo la storia di un giovane prete. Mi telefonò, pieno di ansia e di paura: aveva appena saputo di avere un cancro alle corde vocali, che dovevano asportagli tra due settimane. Voleva confidarmi la sua disperazione. Era stato ordinato sei anni prima.
Mentre pregavo con lui, sentii che il Signore desiderava che gli parlassi dell’ Eucaristia. “Padre” dissi, “io posso pregare con lei adesso al telefono, e lo farò, ma questa mattina lei non ha incontrato forse Gesù? Non lo incontra ogni giorno?”.
Non sapevo che quel prete non celebrava la Messa quotidianamente. “Padre”, continuai, “proprio ogni giorno, quando dice la Messa, quando prende l’ Ostia Santa e la mangia, lei s’ incontra con Gesù. Alla donna del Vangelo bastò toccare l’orlo del mantello di Gesù, ma lei tocca Gesù stesso e lo riceve nel suo corpo. Si ciba di Lui.
Si rende conto che Gesù stesso passa proprio attraverso la sua gola? Non c’è nessuno meglio di Gesù a cui rivolgersi. Chieda lei stesso a Gesù di guarirla”.
Lo sentii piangere al telefono. Continuava a ripetere: “Oh sorella, grazie! Grazie !”. Tre settimane dopo entrò in ospedale per l’ intervento. In seguito mi telefonò per dirmi che non era stato operato. I medici avevano constatato che il cancro era scomparso e che le corde vocali erano nuove di zecca.
Non ho mai saputo il suo nome, ma circa una anno dopo, mi parlò di lui un suo amico. Prima della malattia quel giovane prete aveva smesso di celebrare quotidianamente e celebrava la Messa solo la domenica; aveva un idea superficiale della Messa.
Quel Sacerdote guarì completamente, e non solo alle corde vocali. L'Eucaristia nella Santa Messa diventò il centro della sua esistenza, un momento di incontro con Gesù Vivente - Medico - Cura e Medicina ad ogni male, proprio come la donna del pozzo, nel capitolo quarto di Giovanni.
Incominciò a incontrarsi con Gesù al più grande dei Pozzi, dove chi beve non ha più sete. Sì, i miracoli accadono davvero. Laus Deo sempre tutto solo a maggior Gloria di Dio. Benedicamus Domino.   

 (Sr. Brige McKenna, I miracoli accadono davvero)


La biografia della 'liturgista' Carmen esposta
in tre sezioni diverse della stessa libreria (Le Paoline)

venerdì 24 dicembre 2021

Natività mistica

A tutti i componenti del gruppo, ex NC ed NC.

Lustratevi tutti gli occhi con un dipinto di Raffaello Sanzio.  E' un dipinto con una Madonnina carina, una pittura devozionale, che naturalmente - come insegna Kiko - non è arte sacra perché in Occidente non se ne è fatta, dal Rinascimento fino al Cammino.

Anzi, visto che in Occidente nemmeno si fa poesia (Kiko adesso ha cominciato, è in attesa del Nobel Honoris Causa per la Letteratura), vi formulo i miei migliori auguri con una mia poesiola piena di religiosità naturale e popolare 😉

Natività mistica

Lasciamoci sorprendere,
sgraniamo gli occhi come da fanciulli. 
Pulviscolo d’argento
di stelle palpitanti,
Lucifero si ottenebra,
falce di luna rossa che si eclissa. 
Nella costellazione planetaria
sotto il segno profetico dei Pesci
Saturno e Giove uniscono le luci. 
Diparte dall’Oriente la Cometa
seguiamola finché giunge al Presepe,
nel cuore un poco tutti siamo Magi. 
Cori di cherubini dalla volta,
suoni di serafini con sei ali dalle sfere,
un angelo perfetto che con voce altisonante
convoca pastorelli umili e impuri.  
Lasciamoci stupire:
l’oro dei re a un Bimbo in una greppia.

 


(da: Lino Lista)

mercoledì 22 dicembre 2021

“Falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti” (Mt 24, 11)

Nel testo di "Depositum custodi", schema sul Deposito della Fede,  documento preparatorio del Concilio Vaticano II, troviamo una affermazione di grande forza e attualità sulle rivelazioni private e sul fatto che esse non siano degne di alcuna considerazione se non perfettamente aderenti alla dottrina della Chiesa.

È importante proporre questo passo, alcuni successivi commenti ad esso correlati tratti da un blog cattolico e una citazione di san Giovanni Paolo II, soprattutto in relazione alla vera e propria escalation, all'interno del Cammino neocatecumenale, dell'importanza di alcune rivelazioni private ricevute dai suoi fondatori nella notte dei tempi, mai poste al vaglio  dell'autorità religiosa e che si vorrebbero ora porre alla base di un operazione di vera e propria "santificazione" di questa controversa realtà  laicale.

«Per quanto riguarda le rivelazioni private che si sostiene abbiano avuto luogo dopo la morte degli Apostoli, il Sacro Sinodo dichiara che devono essere sottoposte interamente al giudizio dei Pastori della Chiesa, per evitare che i fedeli vengano ingannati, siccome il Cristo ci avvertì che “falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti” (Mt 24, 11); dichiara parimenti che sono degne di considerazione soltanto quando sono in totale accordo con le verità contenute nel tesoro pubblico della fede e promuovono lo sviluppo della vita cristiana sotto la direzione dei Pastori. […] Insegna altresì che né dobbiamo, né possiamo dare alle rivelazioni private, nemmeno a quelle approvate, l’assenso della fede cattolica, ma soltanto l’assenso della fede umana, secondo le regole della prudenza, se queste indicano che tali rivelazioni sono probabili e piamente credibili» (Atti del Concilio Vaticano II, Depositum custodi. Schema di costituzione dogmatica sulla salvaguardia dell’integrità del deposito della fede, 32).

Il richiamo all'accordo totale con le verità di fede e al principio comunque di prudenza nel prestare fede umana (e non cattolica!) alle rivelazioni private, pure a quelle vagliate ed approvate dalla Chiesa, dovrebbe farci riflettere sul valore praticamente nullo delle rivelazioni private non sottoposte ad approvazione di Kiko Argüello e Carmen Hernández.

Infatti una dottrina che, a partire da una presunta rivelazione privata, si presenti come una verità tenuta nascosta alle precedenti generazioni cristiane e rivelata soltanto in tempi recenti quale complemento indispensabile per la salvezza, sicuramente è falsa.

Tale pretesa contraddice apertamente quanto la Chiesa afferma circa la chiusura e la completezza della Rivelazione, insinuando oltretutto che il Verbo, somma verità, avrebbe ingannato o per lo meno defraudato quanti vissero prima.

Immaginatevi allora che a noi sia stata concessa una via di santificazione che un san Benedetto, un san Francesco, una santa Caterina, una santa Teresa… abbiano completamente ignorato. A loro sarebbe dunque toccato farsi santi con mezzi che, per quanto accompagnati da grazie straordinarie, non reggono il confronto con quello concesso a noi, che di quelle grazie e delle loro virtù non abbiamo nemmeno una pallida idea.

La via della santità è sempre stata un arduo sentiero in salita, ma per noi il Signore avrebbe approntato un’autostrada che ci condurrebbe alla mèta in tempi brevissimi e con pochissimo sforzo.
Basterebbe – tanto per fare un esempio – pensare di compiere un atto qualsiasi nella volontà divina per raggiungere istantaneamente la perfezione suprema.

A questo punto vien da chiedersi a che cosa servano ancora la Chiesa, il Vangelo, i Sacramenti… a questi eletti arrivati d’un balzo all’apice della vita cristiana.

E quando si parla di eletti che, senza sforzo di ascesi nelle virtù  cristiane (ma solo in quelle kikiane!) si pongono addirittura a modello e guida di tutta la cristianità, il nostro pensiero non può  non correre alle bianco-togate armate neocatecumenali!

Il loro itinerario, soprattutto  nei punti in cui non è «in totale accordo con le verità contenute nel tesoro pubblico della fede» e non promuove «lo sviluppo della vita cristiana sotto la direzione dei Pastori», non va nemmeno preso in considerazione.

Questa condizione, poi, è necessaria, ma non sufficiente. Anche il diavolo, infatti, conosce perfettamente la dottrina cattolica ed è persino disposto a provocare un temporaneo aumento di fervore religioso, pur di recare danno alle anime con illusioni spirituali e alla Chiesa con il discredito gettato sulla sua funzione di insegnamento. 



Perché si possa riconoscere il carattere soprannaturale di un fenomeno, bisogna che esso sia perfetto sotto ogni riguardo ed esente dal minimo difetto, che è incompatibile con l’agire divino. Un’ulteriore conferma è fornita dall’accrescimento delle virtù in chi ne è destinatario, soprattutto dell’umiltà, dell’abnegazione e dell’obbedienza. 

L’insubordinazione alla legittima autorità e lo sfruttamento del fatto a vantaggio personale sono sufficienti per escluderne con certezza l’autenticità; i veri veggenti si sentono indegni dei favori divini e rifuggono con orrore da ogni forma di pubblicità, preferendo il nascondimento e l’umiliazione. 

La vita di santa Bernardetta, successivamente all’apparizione, fu essa stessa un miracolo di santità, pur nel mezzo di prove durissime. La storia è una guida sicura, visto che Dio non si contraddice e non muta modo di operare. Non serve a nulla arrampicarsi sugli specchi per giustificare evidenti stranezze, millanterie e incongruenze; come ci insegna la saggezza popolare, il diavolo fa le pentole, ma non fa i coperchi.


E i frutti? Le vocazioni, le conversioni, le cattedrali nel deserto e i templi costruiti secondo la "nueva estetica" del Cammino? Scriveva san Giovanni Paolo II nell'enciclica "Veritatis splendor": 

«L'agire umano non può essere valutato moralmente buono solo perché funzionale a raggiungere questo o quello scopo, che persegue, o semplicemente perché l'intenzione del soggetto è buona.

L'agire è moralmente buono quando attesta ed esprime l'ordinazione volontaria della persona al fine ultimo e la conformità dell'azione concreta con il bene umano come viene riconosciuto nella sua verità dalla ragione.
Se l'oggetto dell'azione concreta non è in sintonia con il bene vero della persona, la scelta di tale azione rende la nostra volontà e noi stessi moralmente cattivi e, quindi, ci mette in contrasto con il nostro fine ultimo, il bene supremo, cioè Dio stesso.»

Se questi principi ci permettono di distinguere la bontà dei comportamenti umani in tutte le situazioni di vita, tanto più  saranno  da applicare di fronte alle pretese di un qualsiasi "veggente" o guru religioso.

 

(Tratto da: Depositum Custodi, La scure di Elia, Veritatis Splendor)

lunedì 20 dicembre 2021

I guai causati dai catechisti discernenti del Cammino neocatecumenale

Riportiamo alcuni commenti ricevuti da lettori del blog a proposito dei cosiddetti "catechisti" e "responsabili" delle comunità del Cammino Neocatecumenale e della loro pessima pratica di intromettersi nella vita delle coppie e di ritenersi in grado di decidere, spesso in due e due quattro, delle vite altrui, sulla base di una propria auto-attribuita capacità  di "discernimento".


Ciao sono messicana. Una collega di lavoro che è mia amica è nel gruppo del Cammino Neocatecumenale da molti anni. Conosco il gruppo solo a orecchio. 
Sul gruppo non ho critiche ma c'è qualcosa che mi disturba ed è qualcosa che mi ha detto mia amica.
Per alcuni mesi è stata molto felice nei preparativi per pianificare il suo matrimonio. 
 
La settimana scorsa è venuta a lavorare disperata e in grande difficoltà. Quando le ho chiesto perché fosse così, mi ha detto che la sera prima il gruppo aveva avuto un incontro con i loro catechisti. 
All'incontro ha detto ai catechisti che si sposerà tra un mese. Il catechista, non sapendo nulla, rimase sorpreso e gli disse che perché prima di decidere che non si era consultato con loro. 
 
Sebbene anche il ragazzo faccia parte del gruppo, il catechista gli ha detto che non dovrebbero ancora sposarsi perché il ragazzo non ha un lavoro stabile.
La mia amica è molto disperata. Vuole addirittura sospendere tutto. Questo gruppo è così? Questi catechisti sono così essenziali per decidere della vita degli altri? Non conosco questo gruppo, ma mi sembra più un'organizzazione coercitiva che un gruppo cristiano.


Anni fa nella mia comunità un responsabile ha tradito la moglie con una signora di un'altra comunità. 

Vi dico solo questo, il responsabile è stato aiutato e non ha avuto conseguenze, invece la donna è stata mandata in un' altra comunità situata ad un'ora di distanza. 

E non è tutto, ha dovuto subire anche l'umiliazione di chiedere perdono alla moglie tradita davanti a tutta la comunità. 



Voglio dare la mia testimonianza da ex-camminante: durante una convivenza di riporto, il sacerdote "catechista" (non uso volutamente la parola "presbitero"...) prese a male parole una coppia che a suo dire viveva nel peccato. Questo durante l'omelia, davanti a tutti, e senza dimostrare un minimo di misericordia verso di loro. 

Molti appartenenti alla comunità rimasero davvero turbati da tale atteggiamento e iniziarono a chiamare me e mia moglie che eravamo i responsabili ma che, per cause di forza maggiore, non eravamo presenti al fatto. 

Siccome tutti questi racconti avevano turbato anche noi, decidemmo di comune accordo di chiedere un confronto con l'equipe dei "catechisti" per farci spiegare esattamente l'accaduto e per capire quale fossero le loro ragioni. 

Non l'avessimo mai fatto!!!!!! 

Solo per aver chiesto chiarimenti siamo stati presi a male parole perché nessuno deve mettere minimamente in discussione l'agire dei "catechisti". Ovviamente non riuscimmo nemmeno a entrare nel merito del fatto perché era bastata la nostra domanda "da ribelli" a far andare fuori di testa tutta l'equipe, con in prima linea un sacerdote, non lo stesso dell'omelia incriminata che non era presente ma un altro che lo difendeva per partito preso e senza voler sentire ragioni. 

Quella fu l'epilogo, grazie a Dio, della nostra esperienza neocatecumenale.

Io e mia moglie, dopo una tale sceneggiata, decidemmo insieme e all'istante di fuggire via a gambe levate. 

Piccola nota a margine: pochi giorni dopo i "catechisti" (che non sapevano ancora che non ci avrebbero più rivisto) decisero comunque di far eleggere subito una nuova coppia di responsabili che ci sostituisse nel ruolo perché noi avevamo osato mettere in dubbio il loro agire, che a loro detta è ispirato dallo Spirito Santo e quindi non eravamo più degni di tale incarico...

Foto palesemente photoshoppata con immagini degli Statuti del Cammino neocatecumenale buttati in un cassonetto. In genere non ci sono in giro tante copie del libretto da potersi ritrovare in gran numero nei bidoni delle spazzatura. Sono invece custoditi gelosamente nelle librerie dei neocatecumenali senza essere mai stati letti.

sabato 18 dicembre 2021

I soliti bugiardi.


Voi neocatecumenali siete sale che non sala, lievito che non fermenta, luce che  non illumina.
Perché siete chiusi in voi stessi, uscite solo per reclutare altri adepti.
Togliete il fango neocatecumenale dai vostri occhi e guardatevi intorno. (LUCA)


Scatola in cui Kiko racchiude tutto il mondo,

al centro stanno loro,

sale cristallizzato, che non serve a niente!


Ecco il famoso disegnino della quarta catechesi del ciclo iniziale. I cerchi concentrici a rappresentare tutto il mondo descritto in modalità molto elementare, secondo la visione kikiana dell'esistenza.

Il nucleo è costituito dal SALE, la Chiesa è il sale della terra, dice Gesù. E Kiko dichiara che questa precisamente è la missione delle piccole comunità nella Parrocchia. Chi fa il cammino è chiamato ad essere "sale", quel sale che si riceve nel rito del secondo scrutinio come una consegna liturgica dopo la rinunzia pubblica ai beni.

I "salati", poi, sono quelli che - dice Kiko - non sono "eletti", chiamati, per entrare in comunità e che ricevono sapore dall'aver incontrato uno che fa parte del Cammino. 

Nella zona d'ombra, marginale ma non meno importante, ecco i "giuda", che hanno la missione (N.B.) di perseguitare e uccidere i fedeli adulti - sale.



L'interscambiabilità della comunità con il singolo camminante è totale.
Kiko lo ha declinato in tutte le lingue che il singolo camminante non è nessuno senza la piccola comunità. E la cosa più grave è che il legame ombelicale persiste per tutta la vita. Non viene meno dopo la rinascita col battesimo come avviene normalmente in ogni gestazione. Ossia dopo finito il cammino e rinnovate le promesse. Questo l'assurdo ingiustificabile, comunque si tenti di rigirare la frittata. 

"DIO = COMUNITÀ, LITURGIA, PAROLA"

questa la scritta kikiana in cima all’icona.

Tutto l'inquinamento neocatecumenale viene dal sovrapporre la comunità a Dio, o dall'indebita identificazione tra la comunità e Dio.. 

Di conseguenza, quanto Dio chiede per Sè, nel Cammino si pretende per il Cammino. 

Questo il nucleo dell'inganno micidiale, poiché di inganno si tratta, e non di errore soltanto. Kiko è un idolatra di se stesso in primis, e pretende per sè adorazione, obbedienza, sottomissione in un annichilimento assoluto della persona e della sua dignità. Dio per Sè mai ha preteso nulla di simile dall'uomo. 

Dio assicura la libertà:

"Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi" (Gv.8,32).
Nel Cammino si diventa schiavi e basta. E ogni anno di più. Alla fine ci si ritrova ridotti a zombie. Gli unici che possono ancora trovarsi bene lì (bene per modo di dire).


La catechesi del sale, fondante alle origini, poi completamente superata da Kiko con il passare degli anni:
Siamo qui per incarnare la Missione della Chiesa: Sale - Luce - Lievito. Quello che è chiamata ad essere la Chiesa è quello a cui è chiamata la Parrocchia e la comunità-noi:

"La comunità, alla fine del cammino, si scioglie nella Parrocchia".

 Questa la promessa, a conferma di un percorso di iniziazione cristiana che ha un inizio e una fine.
Per poter fare il cammino con tutte le sue tappe in successione - si diceva - serve fare tante piccole comunità in progressione. Una volta esaurito l'intero percorso e rinnovate le promesse battesimali, le stesse confluiranno nella Parrocchia. Non hanno più alcuna ragione di esistere. Dopo il battesimo si è neofita e poi fedele. La figura del catechista/padrino non ha più alcun senso. Il fedele vive nella Chiesa. In essa compie la sua missione.

A parole è facile tutto: siamo "il sale". Peccato che poi mancano le opere, i fatti. 

Morire come il sale per dare sapore "alla propria vita, al mondo e a chi ci sta accanto". La verità poi è che nel C.N. si muore sì, si perde la vita (chi più di noi che c'è passato può dirlo) ma troppo tardi ci si accorge che è solo per dare lustro al Cammino: 

"questa iones son capable de atirar intorno a loro como comunidades la molecula de agua."

Ecco, ci si dissolve sì, ma... per aggregarsi tra di loro. E appare la parolina magica: comunidades.

Quante volte dobbiamo ripetere le stesse cose? Per questo abbiamo lasciato il Cammino: per Kiko e Carmen l'uomo, la persona, non conta nulla. Tutto passa per la "piccola (indistruttibile) comunità" che è al centro di tutto e che abbiamo scoperto non essere un mezzo per nulla.

Eppure le seguenti espressioni le abbiamo sentite tutti ripetere infinite volte dai nostri catechisti, pappagalli di Kiko:
"Non è l'uomo per il Cammino, ma il Cammino per l'uomo"
e
"La comunità cammina con il passo dell'ultimo"
Tutte menzogne che non hanno trovato riscontro nella realtà della conduzione del cammino.
D'altronde "ci si salva a grappoli"! Giusto? Anche questo lo dice Kiko.
Sul fatto che si muore uno alla volta non hanno potuto incidere, ma assicurano che in cielo ogni comunità sarà ricostituita (abnorme al punto che tra gli stessi camminanti circolano barzellette esilaranti su simili assurdità).
Ordunque. La missione della Chiesa, della Parrocchia, della Comunità, la missione del cristiano: Sciogliersi come il sale. Per dare la vita.
Ed è qui che nasce la confusione: Il neocatecumeno è chiamato sì a morire e a dare la vita a dissolversi non in senso ecclesiale, ma per lo stesso Cammino Neocatecumenale di cui è entrato a far parte.
Egli viene privato della sua identità personale (sacra e inviolabile), viene spinto a rinunciare ai suoi averi con gesti forti perché lui stesso con tutta la sua vita, e tutto di lui, "appartiene" letteralmente al Cammino.

Ma Gesù dice: "Il regno di Dio passa per il cuore di ogni uomo". Gesù intrattiene il suo rapporto con ciascuno, nella sua unicità. Non tratta l'uomo per categorie, nè per gruppi di appartenenza. Ricordiamo il centurione, la samaritana. E tra gli stessi dottori della legge Gesù si incontra, sempre in forma personale e unica, con Nicodemo, a cui dedica un colloquio intimo e riservato nella notte in cui risponde ai suoi dubbi.

Dove mai Kiko e Carmen appoggiano la certezza che inculcano al popolo camminante che tutti loro si salveranno per l'appartenenza alla comunità? Che se escono, saranno condannati e dannati? Che come singoli non valgono nulla. Sancendo il primato del gruppo di appartenenza sul singolo

"Chi sei tu senza il Cammino?"

Questo il grido intimidatorio che il guru alza contro chi vede vacillare, in crisi, sul punto di "lasciare il cammino"! "Chi sei tu senza il Cammino?"...
"Sono un uomo, una donna, un essere umano (e qui è bello pronunciare il proprio nome di Battesimo) per il quale Gesù ha offerto la sua vita. Prezioso agli occhi di Dio, unico..."

La missione della Chiesa, la missione del cristiano: Sciogliersi come il sale. Per dare la vita.
E Kiko - la cosa sorprende - nella quarta catechesi iniziale lo aveva predicato proprio così:

"Finito il cammino la comunità si scioglie nella Parrocchia",
"Finito il Cammino, non c'è più catechista",
"La comunità si scioglie come il sale. Ecco la sua missione".


SALE - LUCE - LIEVITO (lo ha detto Gesù). 

Tutto nel cammino è a livello comunitario? Senza la "piccola comunità" nulla? Comunitariamente si cammina, comunitariamente ci si salva ("Chi esce dal cammino è perduto, la benedizione si traforma in maledizione...").e comunitariamente si compie la propria missione di cristiani?
E dunque la comunità è chiamata a sciogliersi! Altrimenti, qual è mai la sua missione? Come mai si compie?

Questo argomento era molto portato dagli itineranti negli anni 70/80, quando presentavano il Cammino a Vescovi e Parroci, e anche con molta enfasi. Oggi capiamo il perché!

I Pastori si vedevano prospettare davanti un numero imprecisato di anni - una volta trascorsi, mentendo, assicuravano che si sarebbero senz'altro tolti dai piedi - durante i quali avrebbero dovuto tollerare lo strapotere assoluto dei laici catechisti inviati da Kiko e da loro accolti che, secondo le linee degli iniziatori, avrebbero condotto tutto. (Certo, mica potevano far capire che erano lì per scalzarli per sempre! Chi mai li avrebbe accolti? Chi li avrebbe fatti predicare nelle loro Parrocchie?)

Chiaro che l'unica era dire:

Tranquilli, è per un tempo, tutto questo andrà a finire... ...un giorno...

Ma intanto potevano, con calma, far crescere ed educare un popolo di disobbedienti alla Chiesa e fedeli per sempre al Cammino, legati a loro mani e piedi; per poi rimangiarsi anche tutto il resto:

Qui non si scioglie niente, il cammino non finisce mai, le comunità non si sciolgono per nulla.
Questa la novità strabiliante comunicata dai mega-itineranti ai catechisti di zona, una volta passati quegli anni e una volta impiantato per bene il Cammino nelle ignare Parrocchie accoglienti:

"Per carità, mai più ripetere ai Vescovi questo dello sciogliersi! Kiko se sente ancora che andate dicendo questa cosa, si arrabbia come un pazzo... Cogliendo forse lo sconcerto negli occhi di molti il capo-itinerante motivò... Le cose cambiano! Kiko oggi sente un'altra cosa... Dio gli ispira altro!"

Ora dovrebbero spiegarci questo enigma. Svelarci l'arcano. Se ne siamo degni!  

Come si può snaturare tutto così?
Noi una spiegazione l'abbiamo trovata da tempo: 


KIKO È UN BUGIARDO.

giovedì 16 dicembre 2021

Il rito di istituzione dei Catechisti (quelli cattolici, non quelli neocatecumenali)

"Catequista" laico ti catequizza
Lunedì 13 dicembre 2021 la Congregazione per il Culto Divino, a firma dell'arcivescovo Roche, ha inviato ai presidenti delle Conferenze Episcopali una lettera sul rito di istituzione dei Catechisti.

Dal momento che nel Cammino Neocatecumenale il termine "catechista" è stato ampiamente abusato - per indicare i capicosca della setta: «l'ubbidienza al catechista è tutto!», soleva ripetere sempre l'Argüello - ci permettiamo qui sotto una breve riflessione con alcuni chiarimenti necessari a prevenire le ampollose astuzie retoriche dei kikolatri.



La prima cosa che dobbiamo ricordare è che col termine "catechista", nella Chiesa Cattolica, si definisce colui che insegna le cose della fede ("catechismo"), una funzione esclusivamente di insegnamento, a sostegno dei parroci.
Ricordiamo che il ministero di insegnare è proprio del vescovo, che per ovvi motivi di dimensioni del gregge si fa aiutare dai sacerdoti, e che per gli stessi motivi in certe circostanze i sacerdoti possono farsi aiutare da qualche persona ben preparata.

Ricordiamo inoltre che la gerarchia ecclesiale è solo quella fondata sul sacerdozio. I parrocchiani che compiono un qualche servizio perché sotto sotto bramano di conseguire titoli nobiliari ("catechista", "sagrestano", "capo-coro", "animatore", eccetera) hanno un'idea sbagliata della Chiesa (e questo resta vero anche se il parroco fosse fiero del loro operato).

Se nella Chiesa il catechista è colui che insegna le cose della fede, nel Cammino Neocatecumenale il cosiddetto "catechista" è colui che insegna cose contrarie alla fede (poiché insegna il kikismo-carmenismo e le sue ambiguità e le sue eresie), e che fa parte solo della gerarchia del Cammino (un vero e proprio titolo nobiliare interno alla setta), ed al quale gli adepti debbono totale ubbidienza l'ubbidienza al catechista è tutto!», ripeteva sempre il collezionista di finte lauree).
Non fa problema il fatto che nei movimenti ecclesiali esistano leader che insegnano ai membri del movimento le cose relative al proprio movimento; fa problema, invece, quando un leader si arroga il ruolo di maestro e guida nella fede, non avendone titolo nella Chiesa, e molto spesso non avendo nemmeno  conoscenze adeguate (e magari neppure una decente vita morale).
Il caso peggiore è quello dei cosiddetti "catechisti" del Cammino che, in quanto tali, prendono decisioni sulla vita degli adepti della setta, quanto a lavoro, scelte di vita, scelte familiari, vocazione... Non solo insegnano cose sbagliate sulla fede, ma ti fanno compiere scelte sbagliate nella vita solo perché comode per il Cammino o per la loro arroganza del momento.
Barman liturgico durante una "liturgia" neocat
trasporta vino consacrato come se fosse un cocktail
Veniamo ora al contenuto della lettera di Roche.

La prima domanda che sorge è: c'era davvero bisogno di istituire il "ministero laicale" del "catechista"? Dal punto di vista teologico ed ecclesiale la risposta è "no": non era né utile, né necessario alla Chiesa.
Non intendiamo aprire qui un dibattito sul sì o sul no: ci limitiamo solo a notare che con questa nuova istituzione è cresciuta ulteriormente la già vastissima burocrazia ecclesiale.
Dal punto di vista organizzativo e disciplinare, la risposta potrebbe essere diversa, cioè l'istituzione del nuovo ministero laicale intende far piazza pulita dell'eccessivo fai-da-te parrocchiale, colpendo quei catechisti parrocchiali che sono tali non per capacità e merito, ma per altri motivi (a cominciare dal fregiarsi di un "titolo nobiliare" per sentirsi importanti in parrocchia).

Con l'istituzione ufficiale di un ministero, la decisione sull'incarico di catechista della parrocchia spetta ultimamente al vescovo (lo era già prima, ma con troppe scappatoie ufficiose e ufficiali e troppi furbetti incistatisi a far danno).

Ci interessa la questione perché quando un cosiddetto "catechista" del Cammino è anche catechista in parrocchia (o ruolo "nobiliare" simile), i fedeli della parrocchia ne restano danneggiati poiché il soggetto ha molto più "potere" di un normale catechista della parrocchia (infatti gli adepti del kikismo-carmenismo sono tenuti ad obbedirgli a qualsiasi costo, e questo è già sufficiente a creare in parrocchia «dolorose divisioni»), ed anche perché il soggetto, in qualità di funzionario del kikismo-carmenismo, tenterà in ogni modo di "neocatecumenalizzare" tutto e tutti. Non illudetevi di poter trovare un compromesso pacifico col cosiddetto "catechista" neocatecumenale: sarebbe come se uno volesse accogliere la volpe nel pollaio sperando che questa diventi vegetariana.

Inversione dei ruoli:
il laico Kiko "benedice"
un sacerdote kikizzato
Il documento della Congregazione precisa che il ministero laicale di catechista venga conferito una sola volta (il che sottintende una preparazione, una fiducia del vescovo, eccetera) ma che l'esercizio di tale ministero «deve essere regolato nella durata, nel contenuto e nelle modalità».
Inoltre il ministero laicale di catechista può avere due tipologie: quello specifico della catechesi e quello di partecipazione a diverse forme di apostolato (secondo le esigenze del parroco).
Notiamo come questa distinzione ufficiale in "due tipologie" dimostra che lo scopo è di creare una figura istituzionale laica soggetta al parroco, cioè a sfoltire il sottobosco di "titoli nobiliari" parrocchiali.
Come vedete, il ministero laicale di catechista riguarda un mondo completamente diverso da quello dei cosiddetti "catechisti" del Cammino.

Essendo un ministero laicale, non verranno istituiti catechisti i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi, né coloro che svolgono un servizio in un movimento ecclesiale. E questo è il punto dolente per tutti i movimenti e associazioni, in particolare dei kikolatri. Un capobastone di movimento ecclesiale non potrà più fare pesca a strascico in parrocchia in virtù di un "titolo nobiliare parrocchiale". È una pessima notizia per i furbetti del Cammino, che a vario titolo ("catechesi post-cresima", eccetera) si intrufolavano in parrocchia come parassiti.

Nel punto successivo (punto 9) la lettera di Roche chiarisce che il ministero di catechista non va distribuito a pioggia ai richiedenti, specialmente per quanto riguarda i percorsi di iniziazione di fanciulli, ragazzi e adulti. Pare proprio che ce l'abbia contro i furbetti neocatecumenali che con la scusa dell'impegno in parrocchia tentano di cooptare parrocchiani al Cammino.
Se i neocat fossero cattolici, corrisponderebbero a meno dello zero virgola cinque per cento della Chiesa. Nonostante i gravissimi problemi creati dal Cammino dovunque abbia attecchito (ricordiamoci che oltre l'80% delle comunità neocat mondiali sono sparpagliate fra Italia e Spagna), è impensabile che venga istaituito un nuovo ministero laicale solo per frenarli un po'. Qui, infatti, stiamo solo evidenziando che tale nuovo ministero danneggia il parassitismo neocat in parrocchia.

Spetta alle conferenze episcopali, poi, stabilire "profilo, ruolo e forme per l'esercizio del ministero dei Catechisti".



Photoshopping neocatecumenale:
analisi delle immagini JPEG
della vecchia foto della Carmen
dove hanno aggiunto le mani giunte
Domanda: come si fa a capire ufficialmente che un soggetto è inadatto al ministero laicale di catechista perché infognato in attività neocatecumenali?

Ufficiosamente è facile capirlo, poiché i kikos fanno di tutto per far sapere di essere tali. Devono tassativamente annunciare il verbo kikiano in ogni occasione, opportune et importune. Hanno un'invincibile sete di mostrarsi adepti di Kiko, un mix di vanità ("siamo meglio dei cristiani della domenica") e di propaganda ("ehi, esistiamo anche noi! accorgetevi di noi, aderite al Cammino, preparate i soldi per decime e collette!") e di arroganza («siamo una potenza!», sì, una potenza infernale).

Senza sottovalutare il potere intimidatorio e ricattatorio dei kikos, ci aspettiamo che se un neocatekiko riuscisse a intrufolarsi nei ministeri istituiti, sarà il primo a vedersi revocare ogni incarico qualora ci sia il legittimo sospetto che abbia fatto "carriera" nel Cammino, o che sfrutti il suo incarico per "neocatecumenalizzare" la parrocchia (che, ricordiamolo, è di tutti, non è terreno di conquista per i meglio organizzati).

E invece, un vero "catequista" del Cammino? Ci aspetteremmo che il Cammino comunichi ai vescovi i nomi dei propri "catequisti", cosa fatta finora con estrema parsimonia poiché i pezzettoni grossi del Cammino vogliono evitare di compromettere i propri agenti segreti sparsi sul territorio, non vogliono condividere con le autorità della Chiesa la propria struttura interna (verrebbero fuori troppe magagne e troppi conflitti di interesse...) e vogliono conservare la libertà di dichiarare "demonio, giuda e faraone" qualunque "catequista" che smette di credere ciecamente in Kiko.

Questo atteggiamento ora si ritorce contro il Cammino perché qualsiasi cripto-catequista che in parrocchia tentasse di invitare a iniziative del Cammino o a proporre modificazioni liturgiche modello Cammino, o anche soltanto a far cantare una canzonetta kikiana in un qualsiasi contesto parrocchiale, verrà presto denunciato al parroco e al vescovo per aver infranto il punto 8.

Mentendo - poiché il metodo del Cammino è la menzogna -, il soggetto dirà di non avere incarichi nella setta; e però le bugie han le gambe corte e i neocatecumenali resterebbero comunque nella lista dei sospetti, e il ministero verrà auspicabilmente affidato a persona certamente non kikizzata. Un kikolatra non può eternamente fingere di non essere kikiano mentre contemporaneamente tenta di neocatecumenalizzare la parrocchia.

Una volta agguantato un bene della Chiesa
non vorranno mai rinunciare al possesso
Personalmente, per motivi teologici ed ecclesiali, non ho un giudizio positivo dell'istituzione di un nuovo ministero laicale. Però non posso negare che di fatto realizza una vera e propria stangata a quei movimenti (specialmente il Cammino) che fingendo di collaborare alla parrocchia, tentano di convertirla al proprio idolo.

E quest'ultima stangata arriva proprio nel momento in cui la pandemia ha drammaticamente accentuato il declino del Cammino Neocatecumenale.

E pensare che Kiko si leccava i baffi il giorno dell'elezione di Francesco. L'Argüello, acerrimo nemico dell'inginocchiarsi davanti al Santissimo Sacramento, in quel lontano 2013, alla prima celebrazione di Francesco, vedendo l'assenza di inginocchiatoi nella Sistina si galvanizzava dicendo: «questo vuol dire qualche cosa! questo vuol dire qualche cosa!». Non sarebbe stato altrettanto felice nemmeno se all'improvviso fosse quadruplicato il gettito delle "decime".

martedì 14 dicembre 2021

La "paolina carità": soliti stravolgimenti neocatecumenali.


“Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono pertanto forme esigenti e insostituibili di carità. Questa, infatti, « si compiace della verità » (1 Cor 13,6).” Lettera Enciclica “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI 


Quando San Paolo, nella Prima Lettera ai Tessalonicesi (5,14) passa ad esortare i fratelli, la prima cosa che raccomanda è “correggete gli indisciplinati” (‘paolina carità’). 


Si evidenzia la ennesima provocazione di FAV che, per la gioia di Kiko, regala addirittura l’occasione di formulare un post sull'inviso Osservatorio!  

 No, che dici @pax... Che non si dica che c'è odio personale nelle tue parole, ma solo paolina carità. Fallacio Asino Vinicio 


Premessa: 

Hanno ridotto la carità a ‘non giudicare’ niente e nessuno mai, anche per le azioni più deplorevoli perché tutti siamo pessimi e condannati a peccare.; ad ‘amare i nemici’ che non sono quelli che attaccano o criticano il Cammino (giuda e faraoni), ma i fratelli della tua stessa comunità quando ti si oppongono, e in particolare tua moglie e i tuoi figli, nemici per antonomasia; al ‘non resistere al male’ di chi compie contro di te azioni malvagie (peggio ancora se il misfatto è interno al contesto neocatecumenale prendendo l’ulteriore connotazione di ‘scandalo che distrugge il Cammino’, in tal caso una vera carneficina!), si trattasse pure di violenze o stupri o vessazioni varie. 

Dalla carità paolina ed evangelica da costoro è tenuta fuori la ‘correzione fraterna’, che è forse la più perfetta forma di amore all'altro, purificato da ogni ‘affettività malata’ che tanto affermano di detestare, come da tutte quelle complicità, omertà e connivenze grazie alle quali tengono in piedi "o’ sistema", preservandolo dagli inevitabili succitati scandali. 

FAV parla di "paolina carità" per sbeffeggiarci. 

 Nella seconda lettera ai Corinzi San Paolo mette in guardia contro i falsi profeti che, guarda caso, chiama "super apostoli" (che tanto evoca "santa di categoria superiore"! Non so perchè!) e, per rimarcare la differenza tra lui e loro, ricorda:

"io vi ho annunziato gratuitamente il vangelo di Dio" (2Cor.11,7). 


Qui già Kiko casca rovinosamente, come casca l'asino, di casa da loro. La parola gratuitamente nel suo vocabolario non esiste. 


San Paolo lo spiega anche, perché egli annunzia gratuitamente: 

 "per troncare ogni pretesto a quelli che cercano un pretesto per apparire come noi in quello di cui si vantano. Questi tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo. Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere" (2Cor.11,12-15). 

Ecco, intanto già qui si delinea ancor meglio la "paolina carità"

San Paolo continua: 

" Infatti voi, che pur siete saggi, sopportate facilmente gli stolti. In realtà sopportate chi vi riduce in servitù, chi vi divora, chi vi sfrutta, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia." (2Cor.11,19s.) 

(questi tratti distintivi, precisi e netti, quante volte li hanno incarnati? Pare proprio che San Paolo parli di loro e di quelli come loro) 

 I "superapostoli", a cui San Paolo fieramente si oppone con "paolina carità", millantano, viceversa, di essere "ministri di Cristo"

 E' qui che egli delinea il carattere del vero apostolo, le cose che lo identificano come tale. 

Fatti, FAV, fatti, non chiacchiere. Poiché San Paolo quello che annunzia agli altri lo incarna, non fa come Kiko

"Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch'io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?” (2Cor.11,23-29) 

In particolare queste due priorità paoline li denunciano come fuori strada. Altro il loro ‘quotidiano assillo’ volto a crescere di più ogni giorno e ad acquistare maggior gloria. Come non certo fremono per gli scandali e per chi ne resti devastato, tremano piuttosto per se stessi, se lo scandalo dovesse travolgerli insieme al Cammino... che non se lo merita! E qui Kiko e i suoi, e tutti quelli come lui, dovrebbero solo arrossire, andarsi a seppellire. Ma questi non hanno mai conosciuto vergogna. Un’unica cosa sta loro a cuore: la bella vita che hanno fatto sulle spalle dei camminanti di tutto il mondo per tutta la loro vita. 

 Per questo San Paolo li inchioda con la ‘gratuità’ e con le ‘sofferenze’ (“Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca alla passione di Cristo” Col.1,24) e le ‘persecuzioni’ (quelle vere non quelle di Kiko farlocche, alla Ridolini!) 

Altro che teatrini, quattro lauree h.c., biancovestito, cappellini ridicolissimi e quant'altro. 

Inutili perdite di tempo, passerelle penose, titoli da incorniciare dietro la scrivania (a proposito, Kiko ha pure una scrivania? Se no dove se la mette la pergamena? Lui che non ha dove posare il capo? Antesignano di tutti gli itineranti? Se ne fa un altro inutile cappello?). 

Segua Kiko il prezioso consiglio del Colonnello Di Maggio

al pessimo maggiore tedesco Kruger.

Che la ‘pergamena’ h.c. di Kiko

è meno di ‘carta bianca’



Sì, cosa se ne fa Kiko? Davvero è una bella domanda. Alla quale potrebbe rispondere solo il grande Totò!

Insegna San Paolo:

 "non colui che si raccomanda da sé viene approvato, ma colui che il Signore raccomanda" (2Cor.10,18). 

Ma Kiko è sempre alla caccia di conferme... umane... (coda di paglia?).

 Per completare sulla "paolina carità", dalla Seconda Lettera ai Corinzi (10,9-11), ancora San Paolo: 

 "Non sembri che io vi voglia spaventare con le lettere! Perché «le lettere - si dice - sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la parola dimessa». Questo tale rifletta però che quali noi siamo a parole per lettera, assenti, tali saremo anche con i fatti, di presenza." 

Ora carità è anche correzione, dire la verità, perseguire la giustizia

Rigare dritto.Semplicemente. Magari...

E poi tanto per aggiungere un'ultima cosa, due noticine:

  • hanno tradito il Canto di Pentecoste, simbolo originario del Cammino "che io mi ricordi tra loro non c'era neanche un dottore..." (domandina: "lo cantano ancora? O è stato abrogato? O è andato in prescrizione?" dopo che Kiko è stato insignito della quarta laurea?).
  • e poi Gesù, quando volevano farlo Re, si sottraeva da loro...