(G. Orwell)
"...gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce,
perché le loro opere erano malvagie.
Chiunque infatti fa il male, odia la luce
e non viene alla luce perché
non siano svelate le sue opere."
(Gv. 3,19-20)
In un prestigioso istituto scolastico ("prestigioso" era l'attributo che i fondatori avevano attribuito alla loro creatura, in verità), studiava Alice, una ragazza obbediente e diligente, con un incurabile difetto: avere dei dubbi.
Nel Prestigioso Istituto i dubbi non erano ben visti. Dove tutti - più o meno - dovevano sembrare sicuri di se stessi, l'alunno dubbioso risultava solo un fastidioso piantagrane.
Il Prestigioso Istituto, infatti, aveva - sin dalla sua fondazione - come missione primaria una completa riforma dell'istruzione scolastica, che avrebbe dovuto essere sostituita integralmente con i metodi applicati di prassi nell'istituto. Per un così elevato obiettivo non può esserci spazio a tentennamenti. Gli alunni dubitabondi, o eccessivamente curiosi, che avevano l'ardire di manifestare le proprie perplessità, venivano rispediti a frequentare classi inferiori, a superare nuovamente estenuanti esami, compreso il temutissimo Secondo Scrutinio. Seguendo la sempreverde logica "colpirne uno per educarne cento", era sufficiente agli insegnanti bocciare un alunno, a volte un paio, per far si che tutti gli altri nel resto della classe capissero e se ne stessero buoni.
Per scoraggiare le domande, poi, i fondatori del Prestigioso Istituto e tutto il corpo docente avevano elaborato un voluminoso Testo Unico, il "testo-con-tutte-le-risposte", il sussidiario definitivo che aveva soppiantato tutti gli altri. Nessun altro testo era ammesso, con l'eccezione di qualche volumetto scritto dai docenti del Prestigioso Istituto.
Il Testo Unico non poteva essere letto dagli alunni liberamente, la sua consultazione era appannaggio esclusivo degli insegnanti che lo ripetevano agli alunni.
Durante le lezioni non si potevano fare domande, ma si dovevano dare molte risposte. Questionari, interrogazioni, test... Gli insegnanti, al contrario, non dicevano nulla di sé, limitandosi a ripetere i brani del Testo Unico e a ogni domanda insistente la risposta univoca era quasi sempre "questo non puoi capirlo ora, lo capirai dopo!".
Tutti annuivano, tranne Alice.
Scuoteva il capo, arrovellandosi sul perché ci fosse sempre un "dopo" che però non arrivava mai. Avrebbe voluto alzarsi in piedi in una di quelle lezioni estenuanti e dire che lei non era d'accordo su quello e su quell'altro, ma non ne aveva il coraggio. Tutti gli altri sembravano felici, in quella classe. Parlavano se interrogati, lasciando intendere sempre che avessero capito bene la lezione. Sapevano sempre scegliere le parole che causavano l'approvazione degli insegnanti. Pensò che il problema era suo, che non era in grado di adattarsi e smise di angustiarsi troppo.
A nessuno sarebbe piaciuto essere espulso dal Prestigioso Istituto. Gli insegnanti non facevano che ripetere che fuori di là tutte le altre scuole erano vecchie, cadenti, ormai quasi abbandonate. Gli altri istituti non potevano fornire gli strumenti giusti per la propria crescita, gli altri insegnanti non erano così bravi come loro, nelle altre classi gli alunni non erano così uniti.
Se fossero usciti dal Prestigioso Istituto non avrebbero avuto più modo di imparare, la loro formazione sarebbe stata compromessa per sempre. Avrebbero perso tutti gli amici con cui avevano condiviso tanti bei momenti. Sarebbero stati soli, costretti ad arrangiarsi da sé. Nella classe di Alice invece ci si sentiva così protetti, coccolati, seguiti. L'idea della solitudine era in fondo spaventosa.
Allora, perché lei avvertiva dentro di sé quella strana sensazione, quella pressante insoddisfazione? Com'è che la chiamava quello scrittore... "uggia", sì, rende bene l'idea. Alice sentiva una certa uggia, ma non sapeva di dove venisse e non aveva nessuno cui confidarla. Quelle poche volte che ci aveva provato, timidamente, parlando coi suoi compagni di classe, le avevano detto che si trattava solo di stupidaggini, che la sua fiducia era messa alla prova, che non doveva cedere alla tentazione di guardare oltre il muro che separava il Prestigioso Istituto dal mondo esterno, perché avrebbe visto solo tristezza e desolazione.
C'erano dei momenti in cui si trovava bene in quella classe. Alcuni ragazzi erano dolci con lei, nel resto della scuola c'erano tante persone buone. Peccato però che non potesse davvero legare con loro... Non si poteva sapere cosa facessero le altre classi più avanti nel percorso di formazione.
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Battesimo in liturgia kikista-carmenista |
Alice non se ne preoccupava troppo ed era quindi andata avanti, quasi fino alla fine, fino alla tanto desiderata maturità. L'aspettava l'ultimo Grande Esame Finale, che le avrebbe permesso di lasciare definitivamente alle spalle la Vecchia Alice, immatura, e abbracciare la Nuova se stessa, e infine continuare il suo percorso con la sua classe. Avrebbe avuto l'onore di indossare la divisa bianca degli ex-studenti, come quella dei suoi insegnanti. Forse un giorno avrebbe anche lei insegnato alle nuove giovani leve.
Giunse il tempo del Grande Esame e gli insegnanti convocarono la classe di Alice per avviare l'ultimo scrutinio, il più difficile, e valutare la preparazione degli alunni. Chi fosse stato trovato impreparato sarebbe stato di certo inviato ad un'altra classe; nessuno voleva fare quella "fine".
L'emozione iniziale si spense quando Alice assistette alle prime interrogazioni. Credeva forse che avrebbe ascoltato qualcosa di nuovo e invece... tutte le domande non facevano altro che rivangare lezioni apprese anni prima, costringendo i suoi compagni a parlare per ore, sotto lo sguardo inflessibile degli insegnanti.
Loro, che sembravano ogni tanto così magnanimi, così delicati, così comprensivi, così interessati alla vita degli alunni, si erano trasformati. Non facevano altro che parlare del viaggio di fine corso, e insistevano continuamente sul pagare la retta mensile, pure quella piuttosto salata. Avevano cominciato a paventare l'ipotesi che qualcuno sarebbe stato mandato via dal Prestigioso Istituto senza poterlo più terminare e il terrore si era diffuso nella classe. Non facevano altro che parlare dei "frutti", che secondo loro avrebbero dovuto raccogliere, che era arrivato il tempo di "mietere" dopo tanti anni di semina.
Le interrogazioni diventavano sempre più lunghe e dolorose. Tanti scoppiavano in lacrime, e Alice restò inorridita nel vedere che nessuno degli insegnanti si impietosiva minimamente. Anzi, diventavano più duri, dicendo che lo facevano per il loro bene. "Noi siamo i cani pastore, voi le pecorelle: quando rischiate di perdervi dobbiamo abbaiare", si giustificavano.
Alunni che avrebbero meritato una solenne sgridata venivano rimandati con un paterno buffetto, altri che invece avrebbero meritato solo lodi, venivano massacrati dicendo che non avevano capito niente. Alice iniziò a preoccuparsi, man mano che si avvicinava il suo turno. Vedeva i suoi compagni provati, negli occhi di qualcuno vide riflessi i suoi stessi dubbi ma nessuno di loro osava dire una parola.
Cominciò allora a chiedere altrove, a cercare fuori del Prestigioso Istituto le risposte che nessuno voleva darle. Iniziò a parlare di ciò che si faceva nella scuola, per capire se fosse giusto ciò che le era stato insegnato fino ad allora.
Scrisse anche a degli ex-alunni, che non avevano mai potuto terminare il percorso formativo ed erano stati allontanati dal Prestigioso Istituto, o avevano smesso di frequentarlo.
Fu allora che Alice fece una scoperta sorprendente.
Quelli-di-fuori, che le avevano detto essere destinati all'ignoranza eterna, al fallimento, alla solitudine e alla tristezza, avevano invece una vita ricca, rispondevano ai suoi dubbi, erano disposti ad ascoltare le sue domande, si confrontavano con lei. Quelli-di-fuori continuavano a studiare, ma con libertà. Andavano alle lezioni con gioia e potevano chiedere tutto ciò che volessero. Niente era noioso, o pesante per loro. Scoprì anche che le scuole del mondo di fuori non erano così orribili, che si insegnava con dolcezza e rispetto.
Il Prestigioso Istituto smise all'improvviso di sembrarle così perfetto. Cominciò a notarne le crepe, la tristezza sui volti degli alunni, la severità dei docenti che mai le avevano concesso un vero sorriso sincero. Capì che in fondo l'avevano sempre mal tollerata, che anche gli altri compagni di classe pensavano di lei che fosse una rompiscatole insofferente.
Ingenuamente, Alice parlò dei suoi dubbi con persone di cui pensava di potersi fidare. Scrisse una lettera e la inviò al capoclasse, un uomo che gli insegnanti tenevano in grande considerazione, e pubblicò quella lettera in un forum di ex-alunni dove tutti avrebbero potuto leggerla.
Alice cercava solo delle risposte, ma purtroppo aveva scelto il posto sbagliato per chiederle.
Il capoclasse inviò la lettera di Alice agli insegnanti, i quali la inviarono ai fondatori dell'Istituto in una busta con su scritto "urgente".
Il fondatore numero uno, Francisco, la aprì, la lesse e andò su tutte le furie. Furono convocati i provveditori della zona, per un summit d'emergenza nel suo appartamento: la sediziosa, la traditrice - neppure il nome riusciva a pronunciare senza digrignare i denti - doveva essere punita in modo esemplare, pubblico!
Il Fondatore, urlò, gridò, batté i pugni.
- Com'è possibile che un'alunna abbia potuto spingersi così oltre e metterci alla berlina, senza che voi ve ne siate accorti! Farci fare la figura dei fessi!
Di solito erano abituati alle sfuriate del fondatore, ma quel giorno i provveditori se ne stavano mogi in piedi - al cospetto del fondatore si poteva stare solo zitti e ritti - con il capo chino a subire gli insulti.
- Dovete prendere immediati provvedimenti! O sarete voi a fare la sua fine. Vi caccerò fuori nelle tenebre! Là sarà pianto e stridore di denti! Ah, come soffrirete! - urlò.
A un'ipotesi del genere i provveditori tremarono. Qualcuno pianse, torcendosi le mani. Il Maestro aveva ragione: la sediziosa meritava una punizione, doveva essere d'esempio.
Corsero nella città di Alice, come se li mordesse il diavolo. Convocarono la classe per una seduta straordinaria, come furie entrarono denunciando Alice davanti a tutti, umiliandola. Dopo averla strigliata ben bene, la trascinarono fuori, mentre i tremebondi suoi compagni di classe già sussurravano: "stupida...", "se l'è cercata...", "era ora...".
La circondarono, per farla sentire in minoranza, le dissero che doveva vergognarsi, che sputava nel piatto in cui aveva mangiato per anni. Che non aveva il diritto di infangare il buon nome del Prestigioso Istituto. La minacciarono, minacciarono maledizioni fino alla settima generazione e quando si furono sfogati a sufficienza, chiesero:
- Non hai nulla da dire?
Gli insegnanti si aspettavano un flebile belato, una resa, un guaito. Alice invece li guardò con fierezza. Ripeté tutte le domande che aveva posto nella lettera, esigendo una spiegazione, con calma, con fermezza. La sua calma, li fece impazzire. Non potendo piegarla, la cacciarono, seduta stante.
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Comandarono a tutta la classe, anzi a tutto l'Istituto, anzi a tutte le Sedi Prestigiose del Prestigioso Istituto di non rivolgerle più la parola.
Damnatio memoriae! Sarebbe scomparsa, avrebbero detto a tutti il destino che attendeva chi si opponeva alle sacre leggi del Prestigioso Istituto. L'avrebbero fucilata moralmente, distruggendo il suo ricordo. In ogni esame avrebbero ricordato l'alunna rivoltosa, che per seguire le sue proprie idee si era ritrovata sola, e, forse, era pure morta.
Telefonarono subito dopo al Maestro, che attendeva, teso come una corda di violino. Neanche la consueta aragosta e il whisketto erano riusciti a calmarlo.
- O Sommo, abbiamo espulso la sediziosa. La rivolta è stata soffocata.
- Mi raccomando - rispose - che tutti cancellino il suo numero di telefono, la sua posta elettronica, brucino le sue fotografie!
- Sì, o Sommo! - dissero all'unisono.
- E quel Face... Faceb... - l'ira gli impedì di pronunciare il nome del suo più acerrimo nemico, ma i provveditori capirono subito.
- Immediatamente, o Sommo, intimeremo la cancellazione di ogni scritto, ordineremo agli studenti di chiudere quel programma demoniaco, finanche di bruciare i computer, se necessario!
Il Maestro si fregò le mani. Aveva fatto proprio un buon lavoro, con i suoi sottoposti.
Nello stesso tempo, Alice era stata cacciata dalla scuola.
Nei corridoi, in quell'ultimo giorno, aveva incrociato una compagna di classe. Lei l'aveva guardata, aveva esitato un momento sospesa sul filo del detto e non detto. Poi, distolto lo sguardo, di fretta era rientrata in aula a capo chino. Le grida degli insegnanti riecheggiavano rimbalzando sui muri.
Aveva avvertito dolore, ma, allo stesso tempo, libertà. Un ventaglio di opportunità sconosciute si apriva per lei. Nessun falso maestro avrebbe più potuto dirle cosa avrebbe, o non avrebbe, dovuto fare.