La Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti ha inviato ai presidenti delle Conferenze episcopali una lettera — diffusa nella mattina di sabato 12 settembre — sulla celebrazione della liturgia durante e dopo la pandemia del covid-19.
Data l'importanza del documento, ne pubblichiamo di seguito il testo per intero con alcune noticine per adeguare il testo del Cardinale alla realtà delle Comunità neocatecumenali, bisognose di tornare alla normalità della liturgia e della vita cristiana sconvolte non da mesi di Covid 19 ma da anni di mal-di-kiko.
La pandemia dovuta al virus Covid 19 ha prodotto stravolgimenti non solo nelle dinamiche sociali, familiari, economiche, formative e lavorative, ma anche nella vita della comunità cristiana, compresa la dimensione liturgica.
○•••••••••○
Il cardinal Sarah non tiene conto dei neocatecumenali che hanno stravolto la dimensione liturgica ormai da tempo, senza necessità di attendere la recente pandemia.
○•••••••••○
Per togliere spazio di replicazione al virus è stato necessario un rigido distanziamento sociale, che ha avuto ripercussione su un tratto fondamentale della vita cristiana: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18, 20); «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune» (At 2, 42-44).
○•••••••••○
"Tutti i credenti stavano insieme": separazionismo e Messe riservate nacquero 2000 anni dopo, con l'avvento di Kiko Argüello.
○•••••••••○
La dimensione comunitaria ha un significato teologico: Dio è relazione di Persone nella Trinità Santissima; crea l’uomo nella complementarietà relazionale tra maschio e femmina perché «non è bene che l’uomo sia solo» (Gn 2, 18), si pone in rapporto con l’uomo e la donna e li chiama a loro volta alla relazione con Lui: come bene intuì sant’Agostino, il nostro cuore è inquieto finché non trova Dio e non riposa in Lui (cfr. Confessioni, I, 1). Il Signore Gesù iniziò il suo ministero pubblico chiamando a sé un gruppo di discepoli perché condividessero con lui la vita e l’annuncio del Regno; da questo piccolo gregge nasce la Chiesa.
○•••••••••○
"Dal piccolo gregge nasce la Chiesa" e non viceversa, dalla Chiesa nasce, per elezione e separazione, un piccolo gregge di eletti.
○•••••••••○
Per descrivere la vita eterna la Scrittura usa l’immagine di una città: la Gerusalemme del cielo (cfr. Ap 21); una città è una comunità di persone che condividono valori, realtà umane e spirituali fondamentali, luoghi, tempi e attività organizzate e che concorrono alla costruzione del bene comune. Mentre i pagani costruivano templi dedicati alla sola divinità, ai quali le persone non avevano accesso, i cristiani, appena godettero della libertà di culto, subito edificarono luoghi che fossero domus Dei et domus ecclesiae, dove i fedeli potessero riconoscersi come comunità di Dio, popolo convocato per il culto e costituito in assemblea santa.
○•••••••••○
I neocatecumenali invece costruiscono Domus Galilaeae e Jerusalem per potersi riconoscere come Figli di Re (a pagamento) durante i loro Pellegrinaggi per ricevere il battesimo 'consapevole' e le nozze 'con la comunità'
○•••••••••○
Dio quindi può proclamare: «Io sono il tuo Dio, tu sarai il mio popolo» (cfr. Es 6, 7; Dt 14, 2). Il Signore si mantiene fedele alla sua Alleanza (cfr. Dt 7, 9) e Israele diventa per ciò stesso Dimora di Dio, luogo santo della sua presenza nel mondo (cfr. Es 29, 45; Lv 26, 11-12). Per questo la casa del Signore suppone la presenza della famiglia dei figli di Dio. Anche oggi, nella preghiera di dedicazione di una nuova chiesa, il Vescovo chiede che essa sia ciò che per sua natura deve essere:
«[…] sia sempre per tutti un luogo santo […].
○•••••••••○
Non si accenna alla Nueva estetica delle corone misteriche kikiane
○•••••••••○
Qui il fonte della grazia lavi le nostre colpe, perché i tuoi figli muoiano al peccato e rinascano alla vita nel tuo Spirito.
○•••••••••○
Il Vescovo parla di fonte e non di piscina; dà per scontato che i cattolici vogliano battezzare i figli in chiesa e non nelle hall degli alberghi.
○•••••••••○
Qui la santa assemblea riunita intorno all’altare, celebri il memoriale della Pasqua e si nutra al banchetto della parola e del corpo di Cristo. Qui lieta risuoni la liturgia di lode e la voce degli uomini si unisca ai cori degli angeli;
○•••••••••○
Per unirsi ai cori degli angeli le voci non devono essere sguaiate, i canti devono essere liturgici e non inventati, gli strumenti devono essere degni.
○•••••••••○
qui salga a te la preghiera incessante per la salvezza del mondo. Qui il povero trovi misericordia, l’oppresso ottenga libertà vera e ogni uomo goda della dignità dei tuoi figli, finché tutti giungano alla gioia piena nella santa Gerusalemme del cielo».
La comunità cristiana non ha mai perseguito l’isolamento e non ha mai fatto della chiesa una città dalle porte chiuse.
○•••••••••○
Le Eucaristie neocatecumenali invece sono a porte chiuse e pattugliate da ostiari pronti a tutto pur di sviare eventuali intrusi parrocchiani della Messa delle 12
○•••••••••○
![]() |
Mezzo secolo di separatismo |
Formati al valore della vita comunitaria e alla ricerca del bene comune, i cristiani hanno sempre cercato l’inserimento nella società, pur nella consapevolezza di una alterità: essere nel mondo senza appartenere a esso e senza ridursi a esso (cfr. Lettera a Diogneto, 5-6). E anche nell’emergenza pandemica è emerso un grande senso di responsabilità: in ascolto e collaborazione con le autorità civili e con gli esperti, i Vescovi e le loro conferenze territoriali sono stati pronti ad assumere decisioni difficili e dolorose, fino alla sospensione prolungata della partecipazione dei fedeli alla celebrazione dell’Eucaristia.
Questa Congregazione è profondamente grata ai Vescovi per l’impegno e lo sforzo profusi nel tentare di dare risposta, nel modo migliore possibile, a una situazione imprevista e complessa.
Non appena però le circostanze lo consentono, è necessario e urgente tornare alla normalità della vita cristiana,
○•••••••••○
L'appello di tornare alla 'normalità della vita cristiana' andrebbe esteso a tutti coloro che, da anni, vivono separati in casa nella stessa parrocchia
○•••••••••○
che ha l’edificio chiesa come casa e la celebrazione della liturgia, particolarmente dell’Eucaristia, come «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua forza» (Sacrosanctum Concilium, 10).
○•••••••••○
È la chiesa la casa dei cattolici e il luogo delle celebrazioni liturgiche: non le salette, non i catecumenium, non le palestre, non gli alberghi
○•••••••••○
Consapevoli del fatto che Dio non abbandona mai l’umanità che ha creato, e che anche le prove più dure possono portare frutti di grazia, abbiamo accettato la lontananza dall’altare del Signore come un tempo di digiuno eucaristico, utile a farcene riscoprire l’importanza vitale, la bellezza e la preziosità incommensurabile. Appena possibile però, occorre tornare all’Eucaristia con il cuore purificato, con uno stupore rinnovato, con un accresciuto desiderio di incontrare il Signore, di stare con lui, di riceverlo per portarlo ai fratelli con la testimonianza di una vita piena di fede, di amore e di speranza.
○•••••••••○
Il digiuno Eucaristico dovrebbe far riflettere sulla preziosità del Corpo di Cristo e sulla necessità di parteciparvi in modo degno e devoto, secondo quanto previsto per tutti coloro che appartengono alla Chiesa. Quindi inginocchiandosi alla consacrazione e senza spargere briciole o rischiare profanazione del Corpo di Cristo.
○•••••••••○
![]() | |
Martiri di Abitene, Etiopia (303-4) «se senti il nome cristiano,sappi che lì c'è il dominicum» |
Questo tempo di privazione ci può dare la grazia di comprendere il cuore dei nostri fratelli martiri di Abitene (inizi del iv secolo), i quali risposero ai loro giudici con serena determinazione, pur di fronte a una sicura condanna a morte: «Sine Dominico non possumus».
○•••••••••○
I neocatecumenali avrebbero detto:
○•••••••••○
L’assoluto non possumus (non possiamo) e la pregnanza di significato del neutro sostantivato Dominicum (quello che è del Signore) non si possono tradurre con una sola parola. Una brevissima espressione compendia una grande ricchezza di sfumature e significati che si offrono oggi alla nostra meditazione:
— Non possiamo vivere, essere cristiani, realizzare appieno la nostra umanità e i desideri di bene e di felicità che albergano nel cuore senza la Parola del Signore, che nella celebrazione prende corpo e diventa parola viva, pronunciata da Dio per chi oggi apre il cuore all’ascolto;
○•••••••••○
Possibilmente la Parola non deve essere assoggettata a personale e kikiana interpretazione, ma deve essere rispettata la lettura che la Chiesa e la Tradizione hanno fatto per noi.
○•••••••••○
— Non possiamo vivere da cristiani senza partecipare al Sacrificio della Croce in cui il Signore Gesù si dona senza riserve per salvare, con la sua morte, l’uomo che era morto a causa del peccato; il Redentore associa a sé l’umanità e la riconduce al Padre; nell’abbraccio del Crocifisso trova luce e conforto ogni umana sofferenza;
○•••••••••○
La croce è luogo in cui uniamo la nostra sofferenza a quella di Cristo, non la croce gloriosa che trasforma tutto in gloria e in forzata allegria.
○•••••••••○
— Non possiamo senza il banchetto dell’Eucaristia, mensa del Signore alla quale siamo invitati come figli e fratelli per ricevere lo stesso Cristo Risorto, presente in corpo, sangue, anima e divinità in quel Pane del cielo che ci sostiene nelle gioie e nelle fatiche del pellegrinaggio terreno;
○•••••••••○
Il Pane eucaristico è Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo nostro Signore. Non è necessario il "coppone". Forse qualcosa di buono il Covid lo ha ottenuto
○•••••••••○
— Non possiamo senza la comunità cristiana, la famiglia del Signore: abbiamo bisogno di incontrare i fratelli che condividono la figliolanza di Dio, la fraternità di Cristo, la vocazione e la ricerca della santità e della salvezza delle loro anime nella ricca diversità di età, storie personali, carismi e vocazioni;
○•••••••••○
Ecco, la diversità di storie personali, di carismi e di vocazioni non viene assolutamente perseguita nelle Comunità neocatecumenali, dove ognuno deve assolutamente fare il percorso gnostico kikiano, una vera deriva abusante e settaria nel cuore della Chiesa cattolica: dal fango, al disprezzo per la propria vita spirituale precedente, l'idolatria nei confronti dei fondatori, l'obbedienza ai catechisti eccetera
○•••••••••○
— Non possiamo senza la casa del Signore, che è casa nostra, senza i luoghi santi dove siamo nati alla fede, dove abbiamo scoperto la presenza provvidente del Signore e ne abbiamo scoperto l’abbraccio misericordioso che rialza chi è caduto, dove abbiamo consacrato la nostra vocazione alla sequela religiosa o al matrimonio, dove abbiamo supplicato e ringraziato, gioito e pianto, dove abbiamo affidato al Padre i nostri cari che hanno completato il pellegrinaggio terreno;
○•••••••••○
Non possiamo, dicono i neocatecumenali, senza l'icona della Madonna di Kiko, i canti di Kiko, la liturgia invenzione di Kiko...
○•••••••••○
— Non possiamo senza il giorno del Signore, senza la Domenica che dà luce e senso al succedersi dei giorni del lavoro e delle responsabilità familiari e sociali.
○•••••••••○
Non possiamo senza il sabato sera, dicono i neocatecumenali, ma neppure senza il mercoledì o il giovedì e la convivenza della domenica...
○•••••••••○
Per quanto i mezzi di comunicazione svolgano un apprezzato servizio verso gli ammalati e coloro che sono impossibilitati a recarsi in chiesa, e hanno prestato un grande servizio nella trasmissione della Santa Messa nel tempo nel quale non c’era la possibilità di celebrare comunitariamente, nessuna trasmissione è equiparabile alla partecipazione personale o può sostituirla.
Anzi queste trasmissioni, da sole, rischiano di allontanarci da un incontro personale e intimo con il Dio incarnato che si è consegnato a noi non in modo virtuale, ma realmente, dicendo: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6, 56). Questo contatto fisico con il Signore è vitale, indispensabile, insostituibile.
○•••••••••○
I presbiteri neocatecumenali per dire la verità si sono attivati, su indicazioni di Kiko, e hanno consacrato un bel po' di particole consegnate a mo' di pizzette nelle case dei fratelli. Ma a questi 'bigottoni' di cattolici della Messa delle 12 non andava a genio: dicono che è un grave abuso eucaristico...
○•••••••••○
Una volta individuati e adottati gli accorgimenti concretamente esperibili per ridurre al minimo il contagio del virus, è necessario che tutti riprendano il loro posto nell’assemblea dei fratelli, riscoprano l’insostituibile preziosità e bellezza della celebrazione, richiamino e attraggano con il contagio dell’entusiasmo i fratelli e le sorelle scoraggiati, impauriti, da troppo tempo assenti o distratti.
○•••••••••○
E infatti i catechisti neocatecumenali si sono attivati da tempo per richiamare i fratelli. Ma pare che la lontananza che 'è come il tempo che fa dimenticare chi non s'ama' abbia riportato o stiano riportando molti fratelli alla parrocchia.
○•••••••••○
Questo Dicastero intende ribadire alcuni principi e suggerire alcune linee di azione per promuovere un rapido e sicuro ritorno alla celebrazione dell’Eucaristia.
La dovuta attenzione alle norme igieniche e di sicurezza non può portare alla sterilizzazione dei gesti e dei riti, all’induzione, anche inconsapevole, di timore e di insicurezza nei fedeli.
Si confida nell’azione prudente ma ferma dei Vescovi perché la partecipazione dei fedeli alla celebrazione dell’Eucaristia non sia derubricata dalle autorità pubbliche a un “assembramento”, e non sia considerata come equiparabile o persino subordinabile a forme di aggregazione ricreative.
Le norme liturgiche non sono materia sulla quale possono legiferare le autorità civili, ma soltanto le competenti autorità ecclesiastiche (cfr. Sacrosanctum Concilium, 22).
Si faciliti la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni, ma senza improvvisate sperimentazioni rituali e nel pieno rispetto delle norme, contenute nei libri liturgici, che ne regolano lo svolgimento.
○•••••••••○
Il rispetto della norme? Dei libri liturgici? Ma riguardano anche i neocatecumenali super approvati e disobbedienti alle norme della Chiesa da più di mezzo secolo?
○•••••••••○
Nella liturgia, esperienza di sacralità, di santità e di bellezza che trasfigura, si pregusta l’armonia della beatitudine eterna: si abbia cura quindi per la dignità dei luoghi, delle suppellettili sacre, delle modalità celebrative, secondo l’autorevole indicazione del Concilio Vaticano II: «I riti splendano per nobile semplicità» (Sacrosanctum Concilium, 34).
○•••••••••○
Ecco, nobile semplicità e limpidezza cattolica: via dunque i candelabri a nove braccia modello 'Leoni', i tavoloni inzeppati di fiori e frutta che sostituiscono gli altari; via i balletti ed i sorbetti; via le cantate sulle chitarrelle, le monizioni più lunghe delle omelie, le risonanze 'io non volevo venire qui stasera'
○•••••••••○
Si riconosca ai fedeli il diritto di ricevere il Corpo di Cristo e di adorare il Signore presente nell’Eucaristia nei modi previsti
○•••••••••○
È superfluo dire che 'i modi previsti' siano: genuflettendosi e ricevendo il Corpo di Cristo sulla lingua, non il 'sequestro' del Corpo di Cristo sulle mani in attesa della masticazione comunitaria.
○•••••••••○
senza limitazioni che vadano addirittura al di là di quanto previsto dalle norme igieniche emanate dalle autorità pubbliche o dai Vescovi.
I fedeli nella celebrazione eucaristica adorano Gesù Risorto presente; e vediamo che con tanta facilità si perde il senso della adorazione, la preghiera di adorazione. Chiediamo ai Pastori di insistere, nelle loro catechesi, sulla necessità dell’adorazione.
Un principio sicuro per non sbagliare è l’obbedienza.
Obbedienza alle norme della Chiesa, obbedienza ai Vescovi.
○•••••••••○
Non ai catechisti fai da te o a quelli che 'ci manda il Vescovo' e poi fanno ciò che gli pare.
Detto questo, ascoltiamo il Cardinale senza interromperlo più.
○•••••••••○
In tempi di difficoltà (ad esempio pensiamo alle guerre, alle pandemie) i Vescovi e le Conferenze Episcopali possono dare normative provvisorie alle quali si deve obbedire. La obbedienza custodisce il tesoro affidato alla Chiesa. Queste misure dettate dai Vescovi e dalle Conferenze Episcopali scadono quando la situazione torna alla normalità.
La Chiesa continuerà a custodire la persona umana nella sua totalità. Essa testimonia la speranza, invita a confidare in Dio, ricorda che l’esistenza terrena è importante, ma molto più importante è la vita eterna: condividere la stessa vita con Dio per l’eternità è la nostra meta, la nostra vocazione. Questa è la fede della Chiesa, testimoniata lungo i secoli da schiere di martiri e di santi, un annuncio positivo che libera da riduzionismi unidimensionali, dalle ideologie: alla preoccupazione doverosa per la salute pubblica la Chiesa unisce l’annuncio e l’accompagnamento verso la salvezza eterna delle anime. Continuiamo dunque ad affidarci con fiducia alla misericordia di Dio, a invocare l’intercessione della beata Vergine Maria, salus infirmorum et auxilium christianorum, per tutti coloro che sono provati duramente dalla pandemia e da ogni altra afflizione, perseveriamo nella preghiera per coloro che hanno lasciato questa vita, e al contempo rinnoviamo il proposito di essere testimoni del Risorto e annunciatori di una speranza certa, che trascende i limiti di questo mondo.
Dal Vaticano, 15 agosto 2020 Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria
Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa il 3 settembre 2020, al sottoscritto Cardinale Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha approvato la presente Lettera e ne ha ordinato la pubblicazione.
Robert Cardinale Sarah Prefetto