Per capire cosa c'entra la liturgia del Triduo pasquale con la nostra vita (terrena ed eterna), e per capire che morte e resurrezione di Gesù Cristo ci riguardano sul serio, si potrebbe anche meditare con calma il tema della risurrezione della carne.
Risurrezione della carne
Alla fine dei tempi, con la seconda venuta del Cristo, tutti i morti torneranno a vivere come Lui: le anime dei defunti riavranno i propri corpi coi quali formeranno nuovamente le identiche
persone umane vissute su questa terra.
Si tratta del maggiore di tutti i prodigi d'ordine fisico possibili in natura, ove ogni cosa comincia e finisce, secondo un processo rettilineo, irreversibile: nella
morte abbiamo come il simbolo della radicale inconsistenza del mondo corporeo...
La cultura classica non poteva rifiutare la «risurrezione» per la sua analogia con l'
apokatastasi, nota anche a Virgilio
(Egloga IV) e Ovidio
(Metamorfosi)... Il neoplatonico Porfirio parla persino di plagio della
dottrina stoica, ignorando le implicazioni di quella
cristiana quale definitiva rivelazione della potenza del Cristo-Capo, che, nella finale rianimazione delle sue membra, determina e guida l'universale
ritorno delle cose al loro Principio.
Realtà del prodigio
Rivelazione biblica
Il dogma della risurrezione è uno di quelli più esplicitamente formulati, più concordemente professati e difesi.
a) la Chiesa, fedele in ciò anche all'antica fede ebraica, ha dovuto sostenerlo contro i Pagani e alcuni credenti dell'età apostolica. Hanno negato la risurrezione Sadducei, Gnostici, Manichei, Albigesi, Sociniani, Avventisti, Razionalisti, Materialisti... Il Cristianesimo, per questo, sembra abbia sfidato le ire e i sarcasmi di moltitudini di miscredenti...
b) Abbiamo un primo e oscuro cenno alla risurrezione in Giobbe (19, 23-26). Ne parlano sempre più chiaramente Isaia (26, 19), Ezechiele (37, 1-14), Daniele (12,2); finché la fede ebraica non si rivela nella sua più inequivocabile chiarezza al tempo dei Maccabei, sotto la persecuzione di Antioco.
Uno dei sette fratelli uccisi per difendere il culto nazionale, non esitò a rivolgere al tiranno il rimprovero:
«Tu, scellerato, ci elimini dalla vita presente; ma il Re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna...». Anche la madre dei sette Eroi, per incoraggiarli, assicurava loro:
«Senza dubbio, il Creatore del mondo (...)
vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come ora voi, per le sue leggi, non vi curate di voi stessi...». E così lo storico delle gesta dei Maccabei, commentando la sollecitudine di Giuda per i suffragi dei soldati morti in battaglia, osserva: «Se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti...» (2Mc 7, 1-13; 12, 39-46).
c) Secondo il Nuovo Testamento la risurrezione sarà universale, perché comune agli eletti e ai reprobi: tutti udranno la voce del Figlio di Dio (Gv 5, 25), che dichiara di essere
«la Risurrezione e la Vita» (Gv 11, 25). E tale sarà specialmente per coloro che si nutriranno della sua carne e del suo sangue (Gv 6, 53-58).
Ai tempi di Gesù tutti i buoni Israeliti erano convinti del grande evento: Marta professa la propria fede a proposito del fratello defunto (Gv 11, 24). Pietro e Giovanni, subito dopo la Pentecoste, annunziano che in Gesù è la
«risurrezione dai morti» (At 4, 2). Paolo, nel Sinedrio,
«fu chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti...» (At 23, 6). Davanti al governatore Felice, ribadisce la propria fede - condivisa anche dai suoi accusatori -
che ci sarà risurrezione dei giusti e degl'ingiusti» (At 24, 15). Gesù è stato
«il primo tra i risorti da morte», dichiara al re Agrippa (At 26, 23).
«Se lo Spirito di Colui che ha risuscitato Gesù dai morti - spiega scrivendo ai Romani - abita in voi, Colui che ha risuscitato Cristo dai morti
darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi...» (Rm 8, 11).
Per l'Apostolo, la risurrezione è tutto, al punto che se essa fondasse una speranza del tutto illusoria, il Cristianesimo sarebbe un'impostura... (1Cor 15, 12-19). Essa, come prova della risurrezione di Cristo, dimostra la perenne vitalità del suo messaggio
(iv.).
Dunque, «Noi crediamo che Gesù è morto e risuscitato; e anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con Lui. Questo vi diciamo sulla parola del Signore...» (1Ts 4, 14s).
Catechesi dei Padri
Le istanze di Gnostici, Neoplatonici e Manichei obbligarono i Padri della Chiesa a difendere il dogma della risurrezione in base ai testi biblici citati. Gli Apologisti furono instancabili: la cultura platonizzante, col suo ostinato rifiuto della materia, diede filo da torcere fino a tutto il Medioevo... Il pubblico dei dotti poté leggere lucide e convincenti monografie di alcuni impegnati nella lotta (Giustino,
De resurrectione, Atenagora,
De resurrectione mortuorum, Tertulliano,
De carnis resurrectione, S. Metodio,
De resurrectione, Gregorio Nisseno,
De anima et resurrectione, G. Crisostomo,
De resurrectione homilia, Agostino,
De cura pro mortuis gerenda...)
Al riguardo, la professione di fede nel dogma era tanto più vigorosa ed intrepida quanto più gli assalti della cultura pagana tentavano di screditarlo, come ricorda anche Tertulliano:
«Noi ridemmo di queste cose...» (Apolog., 18, PL 1, 378).
«È più difficile credere nella risurrezione che nell'unità di Dio» (De resurrect., 2, PL 2, 797). Per essa, i cristiani erano ritenuti
«impostori e ciarlatani» (Taziano,
Adv. Graec. oratio, 6, PG 6, 817).
S. Agostino riconosce che la fede era bersagliata soprattutto a causa della risurrezione
(Enarr. in Ps 88, 5, PL 37, 1134). Ai tempi di S. Gregorio M., alcuni dubitavano, come lui stesso:
«...sicut et nos aliquando fuimus» (Hom. in Evang., II, 26, 12, PL 76, 1203).
Gli attacchi più duri erano dei Neoplatonici, tra i quali si distinguevano Celso e Porfirio. Sembra che ad essi Atenagora risponda, dimostrando la possibilità della risurrezione: le ragioni addotte sono ancora convincentissime... Taziano, a sua volta, argomenta: «Se il fuoco annienta la mia povera carne, il mondo contiene ancora questa materia che è andata in fumo; e se andrò a disperdermi in fiumi o in mari o sarò fatto a brani dalle fiere, io sarò come riposto nei magazzini di un ricco Signore»
(Adv. Graec. orat., 6, PG, 6, 819).
«...I cadaveri dei martiri - si legge negli
Atti dei Martiri di Lione - rimasero completamente esposti a cielo scoperto per sei giorni; indi furono bruciati e le ceneri furono da quegli empi gettate nel fiume Rodano che scorre qui vicino, affinché nessun resto ne rimanesse sulla terra. Ciò fecero credendo di poter vincere Dio e privare i morti di una novella nascita, e affinché, come essi andavano dicendo,
"non avessero neppure la speranza di risurrezione, nella quale confidando, hanno introdotto tra noi un culto straniero e nuovo e, sprezzando ogni tormento, vanno volenterosi ed esultanti incontro alla morte. Vedremo ora se essi risorgeranno, e se il loro Dio potrà venire in loro soccorso e liberarli dalle nostre mani"»
(iv., nn. 62-63, in Eusebio,
Hist. eccl., V, 1, 1-63).
Già legato sul rogo, il martire Pionio spiegava ai circostanti la ragione del suo coraggio che era appunto la speranza della risurrezione (Ruinart,
Acta Martyrum, p. 70).
Speranza fondata, afferma Tertulliano, secondo il quale - se così possiamo esprimerci - per Dio è più facile «risuscitare» i morti che produrre le cose dal nulla:
«...Idoneus est reficere qui fecit: quanto plus est fecisse, quam refecisse, initium dedisse quam reddidisse, ita restitutionem carnis faciliorem credas institutione» (De resurrect., 11, PL 2, 809s. - Cf. Giustino,
Apol., I, 19, PG 6, 356s; Taziano,
Adv. Graec. orat., 6, PG 6, 817-20).
S. Gregorio M. lo conferma valendosi già del linguaggio tecnico della teologia
(Hom. in Evang., II, 26, n. 12, PL 76, 1203).
Colui che ha sedato la tempesta, che moltiplica il seme che buore ed ha risuscitato Lazzaro, farà risorgere anche Damaso, il Papa che scrisse l'epitaffio per il suo sepolcro:
«...post cineres Damasum faciet (...) surgere credo» (A. Ferrua,
Epigrammata Damasiana, C.d.Vatic., 1942, p. 112).
La natura, d'altra parte, offriva splendide immagini della futura risurrezione... Anche S. Paolo aveva osservato che il seme non germoglia, se prima non muore (1Cor 15, 36. Cf. Gv 12, 24). «...A nostro conforto - nota Minucio Felice - tutta la natura simboleggia la nostra futura risurrezione: il Sole scompare e risorge...»
(Octavius, 34, PL 3, 347. - Cf. Tertulliano,
De resurrect., 12, PL 2, 810s).
L'archeologia cristiana ha conservato le tracce di tanta fede nelle scene bibliche che richiamano la risurrezione: da Giobbe seduto sul letamaio a Lazzaro, dai simboli (la fenice, ecc.) alle iscrizioni (H. Leclercq,
Monumenta Eccl. liturgica 1, Parisiis, 1902, nn. 2776s-2882, 3064, 4347s; S. Bour,
Epigraphie chrétienne, DTC V, 341s).
Il Magistero
La Chiesa, in tutti i
Simboli, dai più antichi ai più recenti, nelle dichiarazioni pontificie e conciliari, non ha mai esitato a professare e confermare la propria fede nella risurrezione, sfidando gli attacchi della miscredenza in generale e particolarmente del materialismo e del positivismo di questi ultimi secoli...
«La fede cristiana - dichiara il Vaticano II - insegna che la morte corporale, dalla quale l'uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato, sarà vinta quando l'uomo sarà restituito allo stato perduto per il peccato dall'onnipotenza e dalla misericordia del Salvatore. Dio infatti ha chiamato e chiama l'uomo a stringersi a Lui con tutta intera la sua natura in comunione perpetua con l'incorruttibile vita divina...» (GS 18).
Il dogma è accettato anche da teologi - specie protestanti - che negano la sopravvivenza personale delle anime.
Riepilogando:
- la risurrezione del «corpo» (e quindi la ricostituzione dell'intera «persona umana») sottende la sopravvivenza delle rispettive anime, che subito dopo la morte sono state premiate o punite. Una
risurrezione delle anime (essendo queste immateriali) equivarrebbe ad una loro
ri-creazione, che non può sostenersi...;
- la risurrezione della carne è realmente universale, ossia comune a buoni e cattivi, anche se quella degli uni sarà diversa da quella degli altri (1Cor 15, 35-53);
- l'evento dovrebbe interessare anche i bambini non battezzati, essendo anch'essi elevati all'ordine soprannaturale e redenti dal Cristo, pur se
membri non visibili della Chiesa. Questa l'opinione più probabile, una volta esclusa l'esistenza del
Limbo, mai definita dal Magistero... L'unica eccezione riguarda Maria SS.ma;
- il tempo della risurrezione coincide con quello della seconda venuta del Cristo...
- «il "come" supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione all'Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per opera di Cristo: «Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di due realtà, una terrena, l'altra celeste, così i nostri corpi che ricevono l'Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il germe della risurrezione»
(Cat., 1000; S. Ireneo,
Adv. haer., IV, 18, 4-5).
- il corpo risorto sarà specificamente «umano» e identico a quello proprio di ogni persona vissuta.
Cf.
Simboli antichi, D-S 2-150;
Tomus Damasi, iv., 72; I Conc. di Toledo,
iv. 190s; XI Conc. di Toledo,
iv. 540; XVI Conc. di Toledo,
iv. 574; Leone IV,
iv. 684; Innocenzo III,
iv. 797; II Conc. di Lione,
iv. 854; Benedetto XII,
iv. 1002; Conc. Later. IV,
iv. 801; Conc. Vatic. II, GS 18.
(citato da: Enrico Zoffoli, Cristianesimo. Corso di teologia cattolica, edizioni Segno, 1994, pagg. 933-937)