mercoledì 7 gennaio 2009

Chi è "anti-conciliare"? Leggete questo estratto spettacolare!


La fonte è MessaInLatino, un sito a cui è legato un Blog davvero spettacolare! Tra l'altro vi sono delle questioni legate ai "gruppi stabili" relativamente al rito Antico che vengono risolte con grande intelligenza e su cui torneremo. Ringrazio MessaInLatino per questo prezioso servizio!

Cito un brano tratto dalla sezione relativa al Concilio. Leggete e meditate, poi ne trarremo considerazioni.

"In questo senso, troviamo la chiave di interpretazione dell’intera Sacra Costituzione al n. 23: “non vi deve essere alcuna innovazione a meno che non lo richieda il vero e accertato bene della Chiesa”. Non solo: il medesimo articolo continua dicendo che “occorre aver cura che ogni nuova forma [liturgica] adottata cresca in qualche modo organicamente dalle forme già esistenti”. Ecco quindi sancito (vanamente, purtroppo) un duplice vincolo ad ogni innovazione: essa dev’essere veramente utile e opportuna, perché la regola è la conservazione dell’esistente, e in ogni caso quell’innovazione di cui sia accertata la sicura utilità dev’essere tale che si inserisca in un’evoluzione organica (quindi senza cesure, invenzioni, ritorni a forme arcaicizzanti) della liturgia come la vivevano i Padri conciliari (siamo nel 1963!).

Il Concilio Vaticano II non si è limitato a enunciare questi condivisibilissimi orientamenti generali di cauta riforma nel solco di un’evoluzione organica, ma ha anche normativamente stabilito quali fossero tali opportune riforme, elencandole in nove punti. Eccoli (SC 50 ss.):

1. Semplificare i riti, “conservando fedelmente la sostanza”, togliendo le duplicazioni e aggiunte superflue accumulate nel corso dei secoli e ripristinando elementi perduti.
2. Aprire maggiormente il tesoro della Bibbia ai fedeli
3. Considerare l’omelia come parte della liturgia specie domenicale
4. Reintrodurre la preghiera dei fedeli.
5. Nelle messe celebrate col popolo, una parte della liturgia può essere svolta nella lingua vernacolare. Quale parte? Precisa la Sacrosanctum Concilium: le letture e la preghiera dei fedeli; ma anche, se lo richiedessero le condizioni locali, quelle parti che pertengono al popolo. “Tuttavia” precisa subito il documento “occorre fare in modo che i fedeli siano in grado di rispondere o cantare le parti dell’ordinario della Messa che pertengono a loro”, ovviamente in latino. Poiché almeno tutto l’ordinario, nelle intenzioni dei Padri, doveva restare in latino, salvo casi affatto speciali (ad es. in terra di missione)! Anche al n. 36 leggiamo: “L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini. Dato però che, sia nella messa che nell'amministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia, non di rado l'uso della lingua nazionale può riuscire di grande utilità per il popolo, si conceda alla lingua nazionale una parte più ampia, specialmente nelle letture e nelle ammonizioni, in alcune preghiere e canti, secondo le norme esposte nei capitoli seguenti per i singoli casi”. Maggiore spazio alla lingua volgare è concesso (ma non concerne la Messa) per sacramenti e sacramentali; mentre per l’ufficio divino è disposto (SC101) “Secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia conservata nell'ufficio divino la lingua latina. L'ordinario tuttavia potrà concedere l'uso della versione in lingua nazionale [..] in casi singoli, a quei chierici per i quali l'uso della lingua latina costituisce un grave impedimento alla recita dell'ufficio nel modo dovuto”. Come si vede, per i Padri conciliari il latino è sempre e deve restare la regola, la lingua nazionale l’eccezione.
6. Se possibile, per la comunione ai fedeli siano adoperate ostie consacrate nella messa cui hanno partecipato. E’ anche introdotta la possibilità di comunione sotto le due specie, ma per casi ben delimitati, come al neo presbitero nella messa di ordinazione, al neo professo nella messa in cui prende i voti, al catecumeno nella messa che segue il suo battesimo.
7. Si precisa che la Messa si compone di una Liturgia della Parola e di una Liturgia eucaristica e che anche la prima è importante e va seguita (visto l’andazzo di molti che all’epoca entravano in chiesa solo dall’offertorio).
8. Si permette la concelebrazione in casi particolari e precisamente indicati ed elencati, dichiarando comunque lecito il rifiuto di concelebrare.
9. Si stabilisce che dev’essere fissato un nuovo rito per la concelebrazione.
Queste, e soltanto queste, le riforme volute dal Concilio.
...
Ma altrettanto importanti sono anche le cose che il Concilio NON ha detto. Ne facciamo un rapido (e non esaustivo) elenco:

1) Non ha detto che la celebrazione debba o possa effettuarsi rivolti al popolo anziché rivolti verso il Signore, come è sempre stato dai tempi apostolici, e non dal medioevo come spesso si ripete (cfr. Lang, Rivolti al Signore. L’orientamento nella preghiera liturgica, Cantagalli, 2006, passim, citato favorevolmente da S.S. Benedetto XVI nella prefazione al vol. XI della sua Opera omnia, Herder, 2009). E aggiungiamo: non solo non si dice nulla dell’orientamento del celebrante nella Sacrosanctum Concilium; non se ne parla nemmeno nei documenti preparatori: ‘girare gli altari’ è proprio questione aliena del tutto dal pensiero dei Padri conciliari.
2) Non ha detto che il Tabernacolo dovesse o potesse spostarsi dalla sua posizione centrale nel presbiterio; e men che meno che al suo posto dovesse intronizzarsi il celebrante ponendovi il suo seggio.
3) Non ha detto che la comunione possa riceversi in piedi, e ancor meno sulle mani anziché, come è sempre stato almeno dal VI secolo in poi, in ginocchio e sulla lingua
4) Non ha detto che si debbano, o anche solo che si possano rimuovere le balaustre del presbiterio, o che si debba o possa spostare l’altare in mezzo ai fedeli.
5) Non ha detto che si debbano o possano comporre nuovi canoni di consacrazione eucaristica o anche solo modificare il canone romano (attuale canone I). Di fatto, invece, dopo il Concilio fu modificato in parte il canone romano (e nella traduzione in italiano e in altre lingue, in modo molto evidente, traducendo infedelmente “pro multis”, riferito al sangue versato da Gesù, con “per tutti”); furono aggiunte altre preci eucaristiche: la II, la più breve e quindi la più usata, detta di S. Ippolito ma in realtà solo molto liberamente ispirata all’anafora di quest’ultimo, risalente al terzo secolo; la III, interamente di nuova fabbricazione; il canone IV, basato su un’anafora copta; nonché vari canoni locali, o per fanciulli, e così via.
6) Non ha detto che si dovessero limitare o eliminare devozioni tradizionali come processioni, adorazioni eucaristiche, rosario (in Italia, per fortuna, non abbiamo avuto su questo punto la furia iconoclasta di altri paesi, in particolare Francia, Olanda e Germania).
7) Non ha detto che vanno rimossi dalle chiese gli inginocchiatoi.
Anzi a ben vedere tutte queste cose sono state condannate genericamente e in via preventiva dal Concilio stesso, quando ha disposto che ogni riforma sia non solo cauta e risponda ad esigenze vere e accertate, ma soprattutto rappresenti uno sviluppo organico dall’esistente (SC 23). Cosa che, all’evidenza, non può dirsi di tali innovazioni.

E ancora, ha condannato in partenza (ma con ben poca efficacia) ogni creatività di celebranti e liturgisti, riservando alla gerarchia della Chiesa la regolazione della liturgia: “assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica” (SC 22 §. 3).

Un' altra citazione:

"In altri termini, e non è una battuta: sappiate che siete molto più “conciliari” voi che chiedete una Messa tridentina, che questi progressisti che la vedono come il fumo negli occhi e spacciano per un prodotto del Concilio quello che ben pochi dei Padri conciliari avrebbero non solo voluto, ma anche solo immaginato.

E poi: che cosa c’è di più conforme al Concilio, che ha promosso il ruolo dei laici, il pluralismo, la tolleranza, che un gruppo di persone che si danno da fare per aggiungere, tra le molte celebrazioni esistenti (in tutte le lingue e, spesso, con modalità diverse l’una dall’altra, pur se formalmente in base allo stesso Messale), la voce ulteriore di una Messa in latino per chi la vuole?"

14 commenti:

  1. C'è un riferimento molto interessante, anche a Paolo VI ed alle sue MEDIAZIONI. Leggete:

    "Questo non significa che il successore, Paolo VI, sia stato un cattivo pontefice. Egli però si trovò a gestire una situazione ecclesiale impazzita, poiché le attese millenaristiche suscitate dal Concilio (certo oltre la volontà di Giovanni XXIII), congiunte con la contestazione del Sessantotto, resero la Chiesa ingovernabile ed i suoi membri agitati dall’insana smania di gettare a mare tutto quel che li aveva preceduti, per creare l’uomo nuovo e la Chiesa nuova, e portare “l’immaginazione al potere”, secondo gli slogan allora in voga. Paolo VI ritenne prioritario di salvare da quel diluvio universale la sostanza dottrinale (ad esempio imponendo la revisione dell’eretico catechismo olandese pubblicato dalla Conferenza episcopale di quel paese, o pubblicando documenti come la Humanae Vitae in campo morale, o il Credo del Popolo di Dio in campo dogmatico); ma in contropartita a tutto ciò e per placare i novatori, e in parte anche perché convintone, accettò gravi concessioni in ambito liturgico (pur sforzandosi di ridurle: ad es. reintroducendo nella messa l’Orate fratres ed il concetto stesso di sacrificio accanto a quello, prettamente protestante, di ‘cena del Signore’).
    In tal modo però Paolo VI, credendo di salvare la dottrina sacrificando la liturgia, finì col sottostimare l’antico adagio per cui v’è diretta corrispondenza tra la lex orandi e la lex credendi; sicché, demolito l’antico edificio liturgico per costruirne uno totalmente nuovo (l’espressione è di Ratzinger, La mia vita, citato nella nostra pagina dedicata ai suoi scritti), era inevitabile che, a lungo andare, la percezione della millenaria fede cristiana venisse gravemente intaccata (oggi, ad es., 67% dei – pochi – praticanti francesi non credono più alla presenza reale, e un quarto nemmeno alla resurrezione: sondaggi de La Croix, quotidiano legato alla Conf. Episcop. franc.)."

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  2. Il reale problema della Chiesa e dei Fedeli, non sta tanto in ciò che un Coniclio non ha MAI detto, ma nella IDEOLOGIA che dopo questo concilio si è letteralmente IMPADRONITA della Chiesa a dispetto di ciò che essa stessa E' e INSEGNA nei secoli!

    Questo è il vero punto di "rottura".

    Il Concilio, certo, ha in alcune sue parti usato termini GENERICI.

    Ma tale genericità (mi viene in mente la materia dell'Ecumenismo, della "Libertà religiosa", del "dialogo religioso", soprattutto con gli ebrei, a cui tiene di più la San Pio X) è assolutamente risolvibile ed è RISOLTA rimanendo nel solco della Tradizione.

    Il problema si è creato, però, a causa della IDEOLOGIA "post-conciliare" che ha letteralmente ASSOGGETTATO la Chiesa fino ad oggi!

    La domanda è: COME E' POSSIBILE?

    E' a questa domanda che si deve rispondere! Non ad altre!

    Ed è questo il contributo che aspettiamo dalla San Pio X! Non la "chiusura" aprioristica a causa del disastro che abbiamo sotto gli occhi!

    I buoni servi del Signore non si limitano ad osservare il disastro e a dissociarsene... A condannarlo e a dire che bisogna rimanere a ciò che era prima, perchè quello che viene dopo è un male!

    Io credo che i buoni servi del Signore, vedendo la distruzione si METTONO A RICOSTRUIRE ANDANDO AVANTI E NON RIMANENDO INDIETRO!
    I buoni servi del signore, subendo sofferenze come quelle che hanno subito finora i fratelli della San Pio X, accettando il martirio nel nome di Gesù e Maria, soccorrono i Fedeli e si mettono a Servizio della Santa Chiesa e di Pietro.

    Oggi si inizia a vedere lo spiraglio. E' il risultato di tante sofferenze, che ancora non finiscono! Ma è dal chicco di grano che viene il frutto!

    Non è lamentandosi che ciò che viene fatto ancora non è "abbastanza", che si può uscire dal baratro!

    E' impegnandosi perchè da questo "Poco", si possa arrivare al "molto" di Evangelica memoria!

    Ma per farlo occorre una sinergia di forze, e l'accondiscenenza al METODO che ad oggi è l'unico scelto e possibile..

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  3. BENTROVATI!!!!!!!!!!!!!!!!
    ^____^


    e buon Anno a tutti....

    Ora mi aggiorno, intanto complimenti per la trasformazione grafica e per l'affidamento a santa Benedetta della Croce...

    Fraternamente CaterinaLD

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  4. Tre giorni al grande show che coinciderà con l'inizio di una campagna per ricostruire l'immagine di Israele nel mondo occidentale.
    Sarà un caso?

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  5. Ecco che cosa disse sulla liturgia Paolo VI nel suo discorso di chiusura della seconda sessione del Concilio:
    ...

    13 Se ora abbiamo semplificato qualche forma del culto perché sia meglio compresa dai fedeli e sia più consona alla mentalità contemporanea, non è certo Nostra intenzione dare meno importanza al pregare, né posporlo agli altri impegni del sacro ministero e dell’azione pastorale, né sottrarre qualcosa alla sua forza espressiva e all’eleganza dell’arte antica; bensì ricuperare la sacra Liturgia primitiva, affinché sia più aderente alle caratteristiche proprie della sua natura, sia più vicina alle sue fonti di verità e di grazia, e si traduca più facilmente in spirituale tesoro del popolo.

    14. Perché ciò avvenga felicemente, non vogliamo che nessuno vada contro le regole delle preghiere pubbliche della Chiesa, introducendo modifiche private o riti personali; non vogliamo che nessuno si arroghi il potere di applicare a suo arbitrio la Costituzione sulla Sacra Liturgia che oggi promulghiamo, prima che in merito siano divulgate norme opportune e fisse e siano legittimamente approvati i mutamenti che avranno predisposto le Commissioni da istituire appositamente dopo il Concilio. Questa nobile preghiera della Chiesa risuoni con voce concorde in tutto il mondo: nessuno la turbi, nessuno la violi.

    Mi sa che la frase :

    "bensì ricuperare la sacra Liturgia primitiva,"

    sia purtroppo una di quelle formulazioni ambigue=breccie che hanno permesso a chi sappiamo di inventarsi il suo rito

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  6. Bentornata Caterina. Auguri!!!!!

    Un razie a Stephanos per questo nuovo, ricco post.

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  7. Auguri anche a te Francesco. E grazie soprattutto a MessaInLatino, che ha dato un grande contributo e che fornisce molti spunti di riflessione ;-)

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  8. Dice Emma:

    Mi sa che la frase :

    "bensì ricuperare la sacra Liturgia primitiva,"

    sia purtroppo una di quelle formulazioni ambigue=breccie che hanno permesso a chi sappiamo di inventarsi il suo rito


    ...Beh forse. Ma per "Sacra Litrugia Primitiva" si è sempre intesa quella Gregoriana. Almeno prima della dittatura dell'ideologia del post-concilio!

    La Liturgia Gregoriana, usata da San Pio V e resa universale (con i dovuti "aggiustamenti" organici ad essa stessa), è fatta risalire nelle sue basi (la parte più importante, ovvero il Canone) a San Pietro Apostolo!!!!!!!!!!!!!

    Più antica di così!

    Ma, certamente l'uso di queste genericità è quantomeno poco "prudente"! Noi che andiamo continuamente appellandoci alla prudenza in modo sconsiderato(anche troppo...quando da "prudenza" si sconfina in "silenzio inopportuno"!)!

    Lo è se, come poi è successo, si sta INERMI davanti alla temperie ideologica che ha iniziato la sua DITTATURA nella Chiesa di Roma!

    Il problema è nella grande "paura"... La paura della fermezza. La paura della certezza! Paura della certezza della Verità!

    Paura di dissociarsi dall'errore e condannarlo a tutto beneficio di noi erranti! Che invece così siamo sbatuttti da una parte all'altra, da una dottrina ad un'altra...

    Ma, ad oggi, il rimedio ha preso una direzione precisa. E Pietro ha deciso di continuare a percorrere la strada della riforma e della proclamazione della Verità... Senza ancora procedere con la condanna... E noi dobbiamo servirlo secondo quanto ha deciso, proclamando e difendeno (nel nostroa ambito) la Verità che ci è stata consegnata...

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  9. "MessaInLatino" ribadisce con forza questo concetto:

    "Non dimentichiamo che i Padri del Concilio celebravano ogni giorno con la Messa tradizionale e che, se è vero (come appare dal testo della Sacrosanctum Concilium) che il Concilio voleva una (moderata) riforma, la vera Messa riformata secondo il Concilio è quella del 1965, che è molto simile a quella del 1962 cui si riferisce il motu proprio, ma con alcune semplificazioni e con la possibilità di usare in molte parti le lingue nazionali."

    Mi piacerebbe poter leggere il Messale Riformato. Il VERO Messale Riformato...del 1965...

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  10. ..Comunicazione di Servizio ^__^

    Il Santo Padre, in occasione della Festa del Battesimo del Signore, celebrerà nella Cappella Sistina nuovamente VERSUS DEUM!

    Questo all'indomani del presunto festeggiamento Nc!

    Chissà se vorrà dire qualcosa! ^__^

    ..Inoltre Mons. Marini, Dio lo benedica, ha dichiarato in un intervista la possibilità della Celebrazione del Santo Padre in Rito Gregoriano. Il "quando" sarà a "suo giudizio"...

    Chissà se vorrà dire qualcosa!^__^

    RispondiElimina
  11. Grazie Steph, per la esauriente trattazione della conciliarità autentica e di quella spuria, ai fini della riforma liturgica, che i fedeli cattolici hanno dovuto subìre e la cui lex orandi hanno dovuto interiorizzare per tantissimi anni.

    Abbiamo visto (hai giustamente citato le statistiche di La Croix) ma continuiamo a vedere e soffrire la crisi di fede del nostro tempo, cui non è estranea l'innovazione liturgica comprovatamente NON FEDELE alle indicazioni conciliari

    Pazienza e fiducia e preghiera e la Grazia prevarrà...

    RispondiElimina

  12. Pazienza e fiducia e preghiera e la Grazia prevarrà...


    Sì, ne sono convinto.

    Lentamente ma costantemente e tenacemente il vento inizia a girare...

    E dobbiamo "aiutare" la virata. Per quanto possiamo e con la prudenza che non è IMMOBILITA' o indugio!

    Non perdiamoci d'animo! Dio non abbandona il suo PICCOLO Gregge!

    La Beata SempreVergine Maria ci sia d'aiuto in questo tempo buio. Davvero buio.

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  13. Purtroppo sono solo di passaggio, non so quando tornerò a farmi vivo. Però, per adesso, lascio qui questa breve (spero breve) riflessione.

    Qualche giorno fa ero capitato su www.korazym.org, il sito infestato dai neocatecumenali.

    L'ultima notizia NC risaliva a luglio scorso, ed erano i festeggiamenti per la "vittoria" neocat contro la Chiesa.

    Stasera ci sono tornato e ho scoperto con sgomento che annunciano "la festa insieme al Papa" per i 40 anni del Cammino neocatecumenale.

    Salvo occasioni particolarissime, normalmente si festeggiano le cifre tonde, cioè venticinquesimi, cinquantesimi oppure centesimi anniversari.

    Quaranta non è una cifra tipica: è al più una ricorrenza "interna", un festeggiamento in tono minore.

    Ma poi... quaranta anni da cosa?

    Cosa è successo ai neocatecumenali tra la fine di dicembre 1968 e l'inizio di gennaio 1969 ?

    Si tratta di una data di nascita del tutto posticcia.

    Si tratta di un anniversario creato a tavolino.

    Infatti Kiko e Carmen si sono messi insieme nel 1964, facendo "esperienza" (così dicono) nei baraccati di Madrid fino al 1967.

    Nell'aprile 1970 gli iniziatori e i primi neocatecumenali si riuniscono a Majadahonda dove definiscono le linee generali del Cammino (è da lì che cominciano le trascrizioni delle boiate dette da Kiko e Carmen, divenendo i "mamotreti" che fanno scuola ancor oggi, imparati a memoria e ripetuti alla lettera).

    Dunque a rigor di logica la "data di nascita" del Cammino dovrebbe essere in aprile 1970.

    Oppure, se vogliamo considerare lo stato embrionale del Cammino, dovrebbe essere nel 1967.

    Oppure, se ipotizziamo che l'esperienza nei baraccati di Madrid sia stata assai simile a quella formalizzata nel '70, la data di nascita del Cammino dovrebbe essere nel 1964.

    E invece no.

    Nessuna di queste tre.

    I neocatecumenali vogliono in realtà festeggiare il quarantennale di un evento particolarissimo.

    Si tratta del loro arrivo a Roma: nel novembre 1968, alla parrocchia dei martiri canadesi.

    Vi prego di assaporare tutta l'importanza della questione: i neocatecumenali vogliono festeggiare il loro insediarsi nella capitale della cristianità.

    Questi novelli vandali non festeggiano la loro nascita, ma la loro irruzione parassita al centro della Chiesa cattolica.

    Capite?

    Non festeggiano la presunta ispirazione di Kiko e Carmen.

    Non festeggiano l'inizio delle attività (in Spagna) di Kiko e Carmen.

    Non festeggiano la messa per iscritto delle boiate kikiane-carmeniane (pomposamente chiamate "sintesi kerigmatico-catechetica").

    Festeggiano invece la loro calata su Roma... come se lo scopo della loro esistenza fosse quello di impiantarsi nel cuore della Chiesa cattolica e allargarsi come un tumore.

    Questo festeggiamento del quarantennio del loro insediamento ha perciò un retrogusto alquanto diabolico: non festeggiano una nascita, ma un impiantarsi da parassiti.

    Ma forse sono io che mi ostino a pensare che Kiko e Carmen siano intelligenti e freddi calcolatori.

    Magari la faccenda è assai più semplice: hanno solo inventato un festeggiamento posticcio per costringere il Papa a "benedire" il loro Statuto posticcio.

    Riempiranno piazza san Pietro, il Papa non potrà mica far finta di niente. "Dovrà" parlare, pur sapendo che hanno già intenzione di fraintendere le sue parole.

    Per questo un papa parla anche con i suoi silenzi.

    Giovanni Paolo II tacque per quasi quattro mesi prima di far cenno agli Statuti del giugno 2002.

    Benedetto XVI ha taciuto fino ad oggi per quasi otto mesi sugli Statuti del maggio 2008.

    Il silenzio di Giovanni Paolo II fu un indice assai significativo. E perciò il silenzio di Benedetto XVI è ancora più significativo.

    "C’è grande attesa per le prime parole del papa dopo l’approvazione definitiva degli Statuti", scrive lo spassoso Caredda dell'ineffabile Korazym.

    Purtroppo il Papa non potrà evitare di citare gli Statuti 2008.

    Non potrà neppure criticarli, perché la cosa verrebbe presentata alla stampa come "il Papa che sconfessa se stesso", e i nemici della Chiesa non aspettano altro. I neocat, nella foga di "festeggiare" per farsi elogiare, mettono il Papa in una scomodissima situazione.

    "All’inizio del 2009 il clima è senza dubbio più disteso", gongola Caredda, che però si contraddice appena qualche riga dopo, ammettendo a denti stretti che: "con l’ok agli Statuti non sono certamente svanite le numerose riserve (se non vere e proprie accuse) che in molti ambienti ecclesiastici si sono manifestate negli anni nei confronti del Cammino".

    Hai ragione, caro Caredda. Le riserve esistono ancora. Quelli che vogliono mostrarsi equilibrati e moderati, esprimono "numerose riserve" di fronte alle deviazioni dottrinali e liturgiche del Cammino, più o meno nascoste. Quelli che conoscono la situazione, non possono fare a meno di esprimere "vere e proprie accuse". Quelli che si ostinano ad ignorare la situazione (o hanno calcolato che possono trarre beneficio nell'ignorarla), si limitano ad una colpevole -colpevolissima- indifferenza.


    Gli articoli di Caredda sono utilissimi perché ci fanno capire che aria tira ai vertici del Cammino.

    Stanno festeggiando la sostituzione di Arinze, "colui che firmò la lettera del dicembre 2005" (vi prego, rileggete queste parole scritte con la bava alla bocca, sembrano un capo di imputazione da parte di un tribunale giacobino contro colui che firmò la lettera del dicembre 2005).

    Il cardinale Arinze verrà sostituito dal cardinale Cañizares Llovera, che i vertici neocatecumenali dichiarano di aver già abbindolato mostrandogli una celebrazione senza abusi (seppur lenta da morire)... sperando che sia più ingenuo di un bambino. Altrimenti, terminato lo show liturgico "senza abusi" costruito appositamente per lui, si ricorderà che nelle comunità neocatecumenali nulla è cambiato, né nella liturgia, né nella dottrina.

    I neocatecumenali credono ai loro stessi sogni, parlando come se il cardinale Antonio Cañizares Llovera avesse una linea totalmente diversa da quella del cardinale Francis Arinze (reo di essere colui che firmò la lettera del dicembre 2005). Dopotutto Kiko era quello che esclamava: "ora è il Papa a dover combattere con Arinze!" (conferenza stampa della presentazione degli statuti 2008), perciò non ci meraviglia che festeggi la partenza del cardinale Arinze.


    Circa due anni fa, nell'imminenza della scadenza degli Statuti temporanei, ipotizzavo che Kiko avrebbe tirato fuori qualche nuova invenzione per "costringere" la conferma degli Statuti. Chi legge le pagine di questo blog può verificare quanto mi sia stato facile essere profeta.

    Infatti il prossimo trucco kikiano è quello delle "comunità in missione" (novità presentata proprio in questa occasione, proprio come le aziende che annunciano un prodotto nuovo spacciandolo per innovativo, allo scopo di rilanciarsi sul mercato).

    Dato che a papa Benedetto XVI piace il latino (la lingua della Chiesa), Kiko le ha chiamate communitates in missionem, in perfetto stile neocatecumenale: dietro l'elegante facciata (tre parole in latino) si nasconde il solito lerciume liturgico-dottrinale neocat.

    Caredda fa sfoggio della sua ubbidienza a Kiko, affermando (pur sapendo che non è vero) che sarebbe la prima volta nella storia della Chiesa che intere comunità vengono inviate in missione. Può cadere nel tranello solo chi non conosce la storia della Chiesa, poiché per i neocat i primi tre secoli sarebbero tutto un profluvio di "primi cristiani" neocatecumenalizzanti e giudaizzanti, mentre i successivi sedici secoli sarebbero una parentesi buia, e il Concilio Vaticano II consisterebbe esclusivamente nel risveglio kikiano-carmeniano.

    Naturalmente, per Kiko occorre dare una martellata veramente forte alla Chiesa, e perciò si inventa anche le "Missio ad Gentes", mandando gruppi di 40-50 persone con "presbitero" incluso in omaggio (come il pacco di merendine con la sorpresa). Si tratta di una necessità di marketing: infatti, visto che i neocatecumenali faticano terribilmente a "creare" comunità appena giunti in missione, tanto vale mandare "ad gentes" (a quelle povere "gentes") delle comunità neocatecumenali preconfezionate che potranno meglio fagocitare i parrocchiani non troppo avveduti.

    Tali comunità, disponendo a tempo pieno di un "presbitero", saranno totalmente autonome ed isolate rispetto alla chiesa locale... tranne per i contatti necessari a catturarne i fedeli. È uno scisma di fatto, perché quel "presbitero" è funzionale ai neocat, e quei neocat sono lì solo per far crescere il Cammino. È proprio un cancro che si espande, è proprio un virus che si fionda su un corpo sano.


    Al termine dell'articolo (durante il quale il Caredda ripete il mantra menzognero del "Giovanni Paolo II mandò le famiglie neocat in missione"), emerge tutta l'ansia neocatecumenale per il discorso del pontefice "attorno al quale c’è viva curiosità".

    Temo che la curiosità sia solo dell'Agenzia Neocatecumenale delle Mistificazioni, che anche stavolta lavorerà sodo per sfruttare ogni più remoto appiglio per dare la notizia in stile "il Papa ci ha approvati".

    La tecnica era già stata collaudata con Giovanni Paolo II: Kiko e Carmen prima si presentano dal Papa per dirgli "mandiamo le famiglie in missione", e poi fanno scrivere ovunque che il Papa avrebbe "mandato le famiglie in missione". Ci son cascate perfino le redazioni dei più famosi quotidiani cattolici...

    Probabilmente i neocat hanno già preparato stampato i loro notiziari: "Benedetto XVI manda comunità neocatecumenali in missione", pronti per farseli pubblicare sulla stampa cattolica.


    Mitico Caredda, prima o poi ti chiederò un autografo. Nemmeno Stanlio e Ollio mi avevano mai fatto sbellicare tanto dalle risate. Nemmeno la Pravda riusciva a pubblicare notizie con una tal faccia di bronzo.



    Nota 1: ciò che riguarda i primi anni del Cammino (l'esperienza nei baraccati e il presunto interessamento dell'arcivescovo di Madrid) è documentato esclusivamente dai racconti di Kiko e Carmen; non risulta che esistano fonti per poter verificare quanto vanno raccontando.

    Nota 2: in realtà i neocatecumenali dicono sempre che stanno festeggiando qualcosa. Festeggiano sempre. Ogni volta festeggiano una qualche approvazione presente solo nei loro sogni. Riuscirono perfino a festeggiare la fatidica "lettera di Arinze" (contenente «le decisioni del Santo Padre»): l'intramontabile Gennarini, con sommo sprezzo del ridicolo, disse che la lettera recepiva le "variazioni" (cioè gli abusi) liturgici neocatecumenali, incurante del fatto che chiunque poteva leggerla e verificare l'esatto contrario.

    Nota 3: come definireste uno Statuto "definitivo ma incompleto"? Come non si fa a definire posticcio uno Statuto che rinvia ad un direttorio catechetico che a tutt'oggi ancora non è stato pubblicato? L'unica cosa notevole dello Statuto è il fatto che contiene la tanto deprecata "lettera di Arinze" (cfr. art. 13, comma 3, nota 49).

    Nota 4: la chiesa kikiana si è fabbricata i propri seminari dove allevare i propri "presbiteri" e li manda in missione autonomamente, infischiandosene del parere dei vescovi, o aggirandolo con mezzucci e trucchetti non proprio degni di un cristiano. Per quanto un vescovo possa essere "amico" del Cammino, riteniamo priva di credibilità l'ipotesi che possa onestamente accettare l'idea che tutti i suoi preti neocatecumenali sono a rischio di "missione" secondo le esigenze propagandistico-politiche di Kiko.

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